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lunedì 2 giugno 2025

La Siria e la caduta di Assad: il ruolo cruciale e nascosto della guerra cyber

 

Riprendiamo dal sito INSIDEOVER un fondamentale articolo di Roberto Vivaldelli  di chiarimento delle dinamiche della caduta del governo siriano a dicembre 2024 

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La repentina caduta del regime di Bashar al-Assad, culminata con la perdita di Damasco l’8 dicembre 2024 e l’ascesa Ahmed Husayn al-Sharaa, meglio noto come Abu Muhammad Al Jolanileader del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), rappresenta uno degli eventi più significativi della storia recente della Siria. Un’inchiesta condotta da Newlines Magazine getta luce su un aspetto meno visibile e conosciuto della fine di Assad: una sofisticata operazione di guerra cibernetica che ha sfruttato la vulnerabilità di un esercito già indebolito da anni di conflitto, crisi economica e morale. La narrazione tradizionale di una sconfitta militare dovuta a un attacco dell’opposizione a Aleppo non basta a spiegare l’improvvisa dissoluzione dell’esercito siriano. Dietro le quinte, infatti, un’applicazione mobile, apparentemente innocua, ha svolto un ruolo cruciale, trasformando gli smartphone degli ufficiali in strumenti di spionaggio.

La guerra cyber ha giocato un ruolo fondamentale

Secondo Newlines Magazine, un’applicazione chiamata STFD-686, distribuita tramite un canale Telegram sotto il nome di Syria Trust for Development (un’organizzazione umanitaria legata ad Asma al-Assad), si è rivelata una trappola. Promettendo aiuti economici, l’app chiedeva agli ufficiali di inserire dati personali e militari sensibili, come nome, grado, posizione e dettagli sulle unità di appartenenza. Questi dati, raccolti tramite un’interfaccia web che reindirizzava a siti fasulli come syr1.store e syr1.online, hanno permesso agli operatori dell’attacco di mappare in tempo reale le posizioni dell’esercito siriano, individuando punti deboli e depositi di armi. L’app installava inoltre SpyMax, un software di sorveglianza che consentiva di accedere a chiamate, messaggi, foto e persino alla videocamera dei dispositivi, trasformando i telefoni in strumenti di spionaggio remoto.

L’inchiesta evidenzia come questa operazione abbia sfruttato non solo la tecnologia, ma anche la disperazione degli ufficiali siriani. Con salari ridotti a circa 20 dollari al mese a causa del crollo della lira siriana (da 50 a 15.000 contro il dollaro tra il 2011 e il 2023), molti militari erano demoralizzati e inclini ad accettare qualsiasi promessa di aiuto finanziario. La mancata applicazione di protocolli di sicurezza, come dimostrato dall’episodio del 2020 in cui un telefono lasciato acceso in un veicolo Pantsir-S1 portò a un attacco aereo israeliano, ha amplificato le vulnerabilità. L’esercito siriano, già logorato da anni di guerra, corruzione e stagnazione politica, non ha mai intrapreso contromisure efficaci contro queste minacce cibernetiche.

L’impatto dell’attacco è stato devastante. La raccolta di dati sensibili ha permesso agli oppositori del regime di pianificare l’Operazione Deterrenza dell’Aggressione, iniziata a novembre 2024, che ha portato alla rapida conquista di Aleppo e, successivamente, di Damasco. L’inchiesta suggerisce che i dati raccolti abbiano facilitato attacchi mirati, come quello alla sala operativa militare di Aleppo, e creato confusione tra i comandi, come nel caso dello scontro tra le forze dei generali Saleh al-Abdullah e Suhail al-Hassan il 6 dicembre 2024. Non è chiaro chi abbia orchestrato l’attacco: potrebbe trattarsi di fazioni dell’opposizione, servizi segreti regionali o internazionali, o persino attori non ancora identificati. Tuttavia, l’efficacia dell’operazione evidenzia una nuova era di guerra ibrida, in cui la tecnologia si intreccia con le debolezze umane e istituzionali.

La fine delle sanzioni europee sulla Siria

In risposta alla caduta del regime di Assad, l’Unione Europea ha deciso di appoggiare politicamente la transizione del Paese e il governo di al-Sharaa. Il 20 maggio scorso, il Consiglio dell’Ue ha infatti avviato l’iter per la rimozione di tutte le sanzioni economiche contro la Siria, ad eccezione di quelle motivate da ragioni di sicurezza. Questa decisione, come dichiarato da Kaja Kallas, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, mira a “sostenere il popolo siriano nel riunirsi e ricostruire una Siria nuova, inclusiva, pluralistica e pacifica”.

Sono state rimosse dalle liste delle sanzioni 24 entità, tra cui la Banca Centrale di Siria e aziende operanti nei settori del petrolio, del cotone e delle telecomunicazioni. Tuttavia, l’Ue ha esteso fino al 1° giugno 2026 le sanzioni contro individui ed entità legate al regime di Assad e ha introdotto nuove misure restrittive contro due individui e tre entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nella regione costiera siriana di marzo 2025: violenze che, come abbiamo raccontato su InsideOver, sono state commesse con il tacito assenso degli uomini di al-Jolani.

Il primo attacco dell’Isis al nuovo governo siriano

Parallelamente alla transizione politica, la Siria deve affrontare la minaccia dell’ISis, che ha rivendicato il suo primo attacco contro le forze del nuovo governo siriano dopo la caduta di Assad. Secondo Site Intelligence Group e l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, l’attacco, avvenuto mercoledì 29 maggio nella provincia meridionale di Sweida, ha coinvolto un ordigno esplosivo telecomandato che ha colpito un veicolo della 70ª Divisione dell’esercito siriano, uccidendo una persona e ferendo tre soldati. Sebbene l’Isis sia stato territorialmente sconfitto in Siria nel 2019, il gruppo mantiene una presenza nel deserto e continua a colpire, soprattutto le forze curde nel nord-est.

Recentemente, le autorità siriane hanno arrestato membri di una cellula Isis vicino a Damasco, accusati di pianificare attacchi, mentre un’operazione ad Aleppo ha portato alla morte di un ufficiale e tre membri dello Stato Islamico. Durante un incontro a Riyadh, il presidente statunitense Donald Trump ha esortato il leader siriano ad interim, Ahmad al-Sharaa, a collaborare per prevenire la rinascita dell’Isis, sottolineando l’importanza di una vigilanza costante.

https://it.insideover.com/politica/la-siria-e-la-caduta-di-assad-il-ruolo-cruciale-e-nascosto-della-guerra-cyber.html

sabato 13 luglio 2024

'Ribellione dei ribelli' sponsorizzati da Turchia nel Nord della Siria

 

di Mauro Indelicato da INSIDEOVER

Bandiere turche date alle fiamme, blindati dell’esercito di Ankara assaltati e oggetto del lancio di pietre e ordigni rudimentali: lo scenario descritto non appartiene a quello delle fasi più calde dello scontro tra turchi e curdi. Al contrario, il contesto in questione riguarda il Nord della Siria. Proprio le regioni cioè che diversi anni sono controllate quasi direttamente da Ankara.

Centinaia di siriani hanno assaltato postazioni turche, con il governo di Erdogan costretto a emanare una nota urgente in cui si ordina l’evacuazione dei funzionari turchi presenti nel cantone di Afrin, a Nord di Aleppo, e in alcune aree della provincia di Idlib.

La Turchia e il Nord della Siria

Per comprendere al meglio cosa sta accadendo, occorre fare un passo indietro e ricordare il motivo per cui dei blindati e dei mezzi di Ankara sono presenti all’interno di questa parte del territorio siriano. La Siria, come ben noto, sta affrontando una dura 'guerra civile' dal 2011 e il presidente turco Erdogan, già dai primi mesi di conflitto, ha sostenuto attivamente i gruppi definiti ribelli che hanno imbracciato le armi contro il governo del presidente Assad.

Una mossa che però si è rivelata un boomerang: lo sfaldamento dello Stato siriano nel Nord del Paese, nelle zone cioè confinanti con la Turchia, ha portato al rafforzamento dei curdi siriani i quali hanno iniziato a controllare vaste porzioni di territorio lungo le frontiere turche. Non solo, ma la guerra ha anche comportato per Ankara l’afflusso massiccio e incontrollabile di milioni di profughi

Nel 2016, a seguito del riavvicinamento tra Erdogan e Putin, con quest’ultimo primo sponsor di Assad, si è giunti a un compromesso: la Turchia non avrebbe più lavorato per abbattere il potere del presidente siriano, in cambio Mosca ha concesso l’opportunità a Erdogan di entrare in territorio siriano in funzione anti curda. Ankara ha così sostenuto e armato interi gruppi di ribelli, spesso riconducibili alla galassia islamista, i quali hanno solidificato il proprio potere nelle aree settentrionali della Siria. Si tratta di formazioni che non hanno la forza di creare veri e propri apparati amministrativi, Erdogan ha così inviato soldati, poliziotti e funzionari per controllare il territorio in possesso dei suoi alleati.

Gli scontri tra siriani e turchi

A partire da sabato però, sia da Afrin che da alcune aree della provincia di Idlib, sono arrivate immagini di battaglie urbane ingaggiate dai combattenti siriani proprio contro i turchi. I soldati di Ankara sono stati colti di sorpresa e hanno dovuto improvvisamente organizzarsi per difendere le postazioni e, in certi casi, anche abbandonare alcune aree sotto il loro controllo. Particolarmente significativo che gli scontri più importanti siano avvenuti ad Afrin: cantone in maggioranza curda prima della guerra, qui gran parte dei miliziani presenti sono stati direttamente armati e addestrati dai turchi e vengono ancora oggi finanziati per fronteggiare la mai domata guerriglia curda.

Al momento è difficile capire quali sono le sigle ribelli che hanno ingaggiato gli scontri contro i turchi. Nei video, alcuni combattenti indossano le divise del Free Syrian Army (Fsa) sostenuto dalla Turchia, altri invece non hanno uniformi addosso ma appaiono ben addestrati nell’uso di armi e ordigni. Non si tratterebbe quindi di civili, bensì di quegli stessi miliziani appoggiati da Erdogan.

Un delicato equilibrio

Ma qual è l’origine degli scontri? Inizialmente tutto era stato ricollegato alle frasi di Erdogan che, nei giorni precedenti all’inizio dei disordini, aveva annunciato l’avvio di una fase di normalizzazione dei rapporti con il governo di Assad. In realtà, come fatto notare dalla stampa turca, tutto è partito dalla stessa Turchia. Qui la scorsa settimana sono scoppiate rivolte contro i rifugiati siriani. In alcuni casi, come ad esempio a Kayseri, è partita una vera “caccia” alle famiglie siriane. Con tanto di auto, case e negozi appartenenti ai siriani dati alle fiamme. Il motivo di questa ondata di scontri anti-migranti, secondo la ricostruzione fatta dalle agenzie turche, è da ricercare nella notizia dell’arresto di un rifugiato siriano per molestie sessuali contro una bimba sua connazionale di sette anni. Il fatto è avvenuto sempre a Kayseri e, subito dopo la scoperta dell’abuso, sui social e per strada la situazione è sfuggita di mano. 

Dall’altra parte del confine, dunque, i siriani hanno reagito scagliandosi contro soldati ma anche civili e funzionari turchi. Erdogan teme adesso l’implosione dei delicati equilibri interni e di quelli legati al Nord della Siria. Sul fronte interno infatti, in tanti stanno accusando il presidente di essere responsabile di un’immigrazione siriana giudicata fuori controllo. In Siria invece, il leader turco teme ora di perdere il controllo delle regioni in cui ha sostenuto l’opposizione.

Non è un caso se le autorità di Ankara hanno reagito arrestando più di 400 persone accusate dei saccheggi e delle violenze contro i rifugiati siriani. Lo stesso Erdogan ha parlato di “odio e xenofobia inaccettabili”: segno della volontà di mostrare, al di là del confine, di aver già punito chi ha commesso violenze contro i migranti.

https://it.insideover.com/guerra/guai-pesanti-per-erdogan-nel-pentolone-siriano.html