“Sperando
contro ogni speranza” e rimettendosi nelle mani della “giustizia
di Dio”: con questa coscienza il Consiglio
dei patriarchi cattolici d’oriente
ha pubblicato il comunicato finale della sua sessione annuale (10-11
agosto 2017), tenutosi a Dimane (nord del Libano), sede estiva del
patriarcato maronita.
Non
senza tristezza, i patriarchi rimproverano la comunità
internazionale di assistere allo spegnersi - a causa dell’insicurezza
e dell’emigrazione - l’una dopo l’altra le Chiese orientali in
Iraq, Siria, ma anche in Palestina, Libano e perfino in Egitto, senza
che la loro reazione sia all’altezza della tragedia. Essi avvertono
che se questo stato di cose continuerà, si tratterà di un vero
“progetto di genocidio” e di un “affronto contro l’umanità”.
Il
loro messaggio coincide con la pubblicazione di cifre eloquenti sulla
diminuzione dei cristiani nei vari Paesi del Medio oriente, in
particolare in Iraq, Siria e Terra santa. In quest’ultimo spazio
condiviso dal punto geografico fra Israele e i Territori occupati, i
cristiani rappresentano solo l’1,2% della popolazione; in Siria,
per il fatto della guerra scoppiata nel 2011, il loro numero è in
caduta da 250mila a 100mila, secondo statistiche recenti. E intanto
anche il patriarca dei caldei fa fatica a convincere i cristiani
della Piana di Ninive a riguadagnare il suolo natale, riconquistato a
Daesh.
In
un “appello generale” un po’ confuso, forse per essere stato
scritto a più mani, dove la speranza di mescola alle grida e ai
lamenti, i patriarchi affermano: “È tempo di lanciare un appello
profetico a testimonianza della verità… siamo invitati a restare
attaccati alla nostra identità orientale e a restare fedeli alla
nostra missione. Assumendo la cura del piccolo gregge, noi patriarchi
orientali siamo afflitti nell’assistere all’emorragia umana dei
cristiani che abbandonano le loro terre natali in Medio oriente”.
“Gli
oppressori che agiscono in piena cognizione di causa, gli insensati
che abusano del nostro pacifismo, sappiano che la giustizia di Dio
avrà l’ultima parola. Ai nostri fedeli, diciamo che ormai noi
somigliamo al lievito nella pasta, alla luce che brilla in un mondo
assetato dello Spirito vivificante. Restiamo radicati nella terra dei
padri e degli antenati, sperando contro ogni speranza in un avvenire
in cui, come componenti di un patrimonio autentico e specifico,
saremo compresi come delle fonti di arricchimento per le nostre
società e per la Chiesa universale in Oriente e in Occidente”.
“Dobbiamo
rimanere attaccati alla proclamazione della verità nella carità, e
a proclamare con coraggio la legittimità della separazione fra Stato
e religione nella costituzione delle nostre patrie, e
dell’uguaglianza di tutti per diritti e doveri, senza badare
all’appartenenza religiosa o comunitaria. Si tratta di una
condizione sine qua non perché vengano rassicurati i cristiani e gli
altri piccoli componenti nazionali”.
Appello
alla comunità internazionale
“Alle
Nazioni Unite e ai Paesi interessati in modo diretto dalla guerra in
Sira, Iraq e Palestina, noi domandiamo di fermare le guerre, i cui
obbiettivi sono ormai chiari: distruggere, uccidere, spingere
all’esodo, rilanciare le organizzazioni terroriste, diffondere lo
spirito d’intolleranza e di conflitto fra le religioni e le
culture. Il prosieguo di questa situazione e l’incapacità a
stabilire una pace giusta, globale e duratura nella regione,
assicurando il ritorno dei rifugiati e degli sfollati al loro
focolare nella dignità e nella giustizia, rimarrà come uno stigma
di vergogna per tutto il XXI secolo”.
Appello
a papa Francesco
“Al
successore di Pietro, diciamo che siamo pronti a rispondere
all’appello per la santità, seguendo il Salvatore sul cammino
della Passione. Ma ricordiamo pure che noi rappresentiamo delle
Chiese fiorite in terra d’Oriente fin dall’epoca apostolica... e
la cui esistenza è in reale pericolo”.
“Abbiamo
tutti partecipato a conferenze, seminari, fatto incontri; abbiamo
cercato di trasmettere al mondo la bruttura della sorte inflitta al
popolo cristiano. Ma non siamo una “nazione” con larghe
frontiere, o che attiri l’attenzione dei giganti della finanza; noi
siamo ormai un ‘piccolo gregge’ pacifico! Un piccolo gregge che
non conta su nessun altro che voi per invitare i grandi che
presidiano ai destini del mondo, che continuano a spingere all’esodo
i cristiani del Medio oriente e, senza dubbio, a un progetto di
genocidio, una catastrofe umana, come pure uno scacco alla civiltà e
un affronto a tutta l’umanità”.
In
Libano scuole a rischio chiusura
In
altra parte, il comunicato registra la sequenza ecumenica
tradizionale, tenutasi al primo giorno, con la presenza dei
patriarchi orientali ortodossi e la visita al capo di Stato. Come è
ovvio, i patriarchi ortodossi orientali condividono le stesse
preoccupazioni e sono di fronte alle stesse sfide.
Il
comunicato esprime anche l’inquietudine del Segretariato delle
scuole cattoliche del Libano (che accolgono il 70% della popolazione
scolastica), di fronte all’approvazione della nuova griglia
salariale di cui beneficiano gli insegnanti e che andrà a gonfiare
almeno del 20% i costi del funzionamento. Il segretariato prevede che
numerose scuole gratuite, sovvenzionate dallo Stato, specie in
provincia e nel mondo rurale, saranno incapaci di far fronte agli
aumenti e dovranno chiudere. Essi hanno dunque espresso la loro
preoccupazione nel vedere “centinaia” di insegnanti lasciati
disoccupati e domandano allo Stato libanese di supplire agli aumenti
generati.
Il
comunicato non ha mancato di presentare il Libano come un modello
democratico, che tutti i Paesi arabi dovrebbero imitare, a causa del
principio della separazione fra lo Stato e la religione; ed ha infine
domandato il ritorno degli sfollati [siriani e palestinesi - ndr]
accolti dal Libano e divenuti “un pesante fardello e una minaccia
per la sicurezza politica, economica e sociale” del Paese.
Fra
i partecipanti al raduno vi sono: i patriarchi cattolici
Béchara-Raï (maroniti); Ignace Youssef Younan III (siro-cattolici);
Joseph Absi (greco-melchiti cattolici); Ibrahim Isaac Sidrak
(patriarca emerito copto cattolico, presidente del consiglio dei
patriarchi e vescovi cattolici d’Egitto); Louis Raphaël I Sako
(caldeo); Gregorio Bédros XX (armeno cattolico); William
Shomali (rappresentante di mons. Pierbattista Pizzaballa,
amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme).
Fra
i capi religiosi presenti alla sessione ecumenica: patriarca Youhanna
X (greco-ortodosso); patriarca Ignatius Ephrem II
(Siro-ortodosso); Catholicos Aram I ( armeno ortodosso); Salim
Sahyouni (presidente della Comunità evangelica in Siria e Libano).
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