I
Fatti (o presunti tali)
Nella
mattinata di martedì 4 aprile secondo quanto si può giudicare dalle
ombre nei filmati, o intorno a mezzogiorno secondo il rapporto del
portavoce delle forze aerospaziali russe presenti in Siria, due
aviogetti Sukhoi della aviazione militare siriana avrebbero attaccato
con armi chimiche il villaggio di Khan Sheikhoun provocando, a
seconda delle fonti, tutte rigidamente riconducibili alle formazioni
jihadiste, o 59 morti di cui 11 bambini o 79 morti di cui 28
bambini o 45 morti di cui 11 bambini. Le fonti affermavano che
l’aggressivo chimico utilizzato era gas nervino Sarin. A seguito di
questo attacco e nonostante la smentita e del governo siriano e delle
forze russe operanti in Siria, senza che alcuna inchiesta
indipendente potesse accertare i fatti, gli alleati occidentali della
NATO, l’amministrazione USA e le monarchie del golfo con a capo
l’Arabia Saudita condannavano l’uso di armi di distruzione di
massa attribuendone senza riserve la responsabilità al governo
siriano. Solo il veto russo impediva la condanna dello stesso da
parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Il presidente americano
Trump affermava poi che una linea rossa era stata superata e che
provvedimenti adeguati sarebbero stati presi anche al di fuori delle
direttive dell’ONU. Nella notte tra il 6 e il 7 aprile due
cacciatorpedinieri della sesta flotta USA, in navigazione al
largo di Creta, lanciavano una salva di 59 missili Tomahawk come
ritorsione contro la base aerea dalla quale erano partiti gli aerei
per il raid su Khan Sheikhoun.
Alcune
considerazioni tecniche.
L’accusa
alle forze armate siriane di aver usato armi chimiche nel raid del 4
aprile dovrebbe confutarsi da sola poichè le forze armate siriane
non dispongono più di armi chimiche. Queste sono state consegnate
alle Nazioni Unite e distrutte per idrolisi nel mediterraneo nel
2013, a seguito dell’incidente di Ghouta (sobborgo di Damasco) in
cui i governativi siriani vennero accusati di aver impiegato
aggressivi chimici contro la popolazione. Accusa poi dimostrata
infondata da numerose inchieste indipendenti tra cui quella del MIT
di Boston, di Carla del Ponte, già magistrato del tribunale
internazionale dell’Aia, e del giornalista premio pulitzer Seymour
Hersch. Per evitare la rappresaglia minacciata dal Presidente Obama,
con la mediazione della Russia il governo di Damasco acconsentì a
consegnare tutto il suo arsenale chimico e di sottostare alle
ispezioni dell’agenzia internazionale per la eliminazione dello
stesso. Inoltre l’accusa parla specificatamente di gas nervino che
l’apparato industriale siriano, dopo le distruzioni causate da 6
anni di guerra non è più in grado di produrre mancando anche dei
precursori che non può acquistare sul mercato internazionale per via
dell’embargo .
L’uso
di gas nervino verrebbe smentito anche dai filmati prodotti a prova
dell’aggressione. Il Sarin è un agente neurotossico che inibisce
la trasmissione neuroelettrica degli impulsi che nel sistema nervoso
provocando il blocco della muscolatura volontaria e involontaria. La
morte avviene, a seconda della concentrazione del gas, in pochi
secondi o al massimo in pochi minuti salvo che si pratichi
immediatamente una iniezione di atropina che neutralizza l’azione
della neurotossina. L’assorbimento avviene per inalazione o
per penetrazione cutanea per cui la maschera antigas è assolutamente
inutile se non associata ad una tuta completa impermeabile e stagna.
Nei filmati si vedono i soccorritori [i rinomati White Helmets]
trattare le vittime a mani nude ovvero con guanti di lattice che sono
porosi e permeabili alla molecola del gas o ancora con mascherine di
carta assolutamente ridicole in aree contaminate dal Sarin.
Si
vedono anche soccorritori lavare le persone con getti d’acqua,
altra cosa inutile perchè occorre unire all’acqua dei detergenti
che provochino la scomposizione della molecola del gas nervino. In
poche parole se ci fosse stato un attacco col Sarin o con
qualsivoglia altro neurotossico derivato dall’acido ortofosforico
(Tabun o Soman) tutte le persone che si vedono nei filmati sarebbero
dovute morire in pochi minuti. Un'altra considerazione che smentisce
l’uso del Sarin viene dalle condizioni meteorologiche del giorno,
invero perfette per un attacco chimico, che però se ci fosse stato
avrebbe provocato non un centinaio ma decine di migliaia di morti.
L’ipotesi che si sia trattato di un attacco con vescicanti come
l’iprite, che agisce sulle mucose dei polmoni distruggendole e
provocando la morte per asfissia viene smentita dall’assenza sui
corpi delle vittime (come appaiono nei filmati che sono stati
prodotti esclusivamente dai jihadisti) di ulcerazioni che
invece avrebbero dovuto essere presenti stante l’abbigliamento
leggero. Resta il cloro che però non viene citato dai soccorritori
forse per sviare i sospetti visto che proprio il cloro è stato usato
più volte, sia ad Aleppo che contro i Curdi e in Iraq dalle milizie
salafite di Al Nusra e dell’Isis. Sempre dal punto di vista tecnico
poi bisogna rilevare che i cacciabombardieri Sukhoi impiegati nel
raid non hanno gli attacchi per i dispenser per la diffusione del
cloro o per la diffusione di qualsivoglia altro aerosol. Le immagini
poi dell’edificio teoricamente epicentro dell’attacco lo mostrano
completamente distrutto, segno evidente di un bombardamento con bombe
ad alto potenziale esplosivo. Se veramente fosse stato attaccato con
ordigni caricati con aggressivi chimici avrebbe avuto al massimo
qualche buco nei muri o sul tetto, non parliamo poi se il gas fosse
stato disperso come aerosol , l’edificio sarebbe stato
perfettamente intatto. Tutto questo fa pensare che se una
contaminazione da aggressivi chimici c’è stata questi fossero
stoccati nell’edificio distrutto da un bombardamento convenzionale.
Da
ultimo, prima di passare ad altro genere di considerazioni, se alla
base di Al Shayrat ci fosse stato stoccaggio di armi chimiche il
bombardamento americano ne avrebbe provocato la dispersione e
comunque il pericolo che potessero disperdersi avrebbe impedito la
ripresa dell’operatività della base il giorno dopo l’attacco.
Passiamo
ora a considerazioni di carattere etico, stante che la verità è la
prima vittima della guerra e la menzogna una delle sue armi più
micidiali.
Sorvolando
sul fatto che un attacco aereo americano, effettuato il 12 aprile
sull’area di Deir Ezzor, ha colpito un deposito di armi chimiche
delle forze dell’ISIS che assediano la città provocando una nube
tossica che ucciso centinaia di civili senza che alcuna protesta si
levasse da parte delle anime candide dell’occidente, e senza che i
media mainstream ne facessero cenno, i filmati, e le foto, che
possiamo vedere in abbondanza su internet pongono una serie di
pesanti interrogativi. Per prima cosa nessuno di loro è stato
diffuso da una fonte indipendente. I diffusori sono stati i
famigerati Caschi Bianchi associazione “umanitaria” affiliata ad
Al Nusra, l’osservatorio di Londra composto da un solo individuo
che vive in Inghilterra da anni ed è finanziato da una moltitudine
di sigle tutte riconducibili ai nemici giurati del presidente Assad e
la televisione ufficiale del partito curdo iracheno di Al Barzani
notoriamente sostenuto e finanziato da Israele. Il medico che,
nonostante la dichiarata grave emergenza, invece di stare al
capezzale dei pazienti, ha trovato il tempo di esibirsi davanti alle
telecamere denunciando il fatto che i feriti ricoverati avevano
evidentemente subito un attacco con gas nervino, risultava poi essere
il Dott. Sjahul Islam, cittadino del Regno Unito, ricercato dall’MI6
britannico come terrorista per aver partecipato al rapimento da parte
dell’ISIS di due giornalisti John Cantlie e Jeoren Orlemans di cui
uno ancora prigioniero dei Jihadisti. La moltitudine di
immagini profuse poi sul web ha permesso di constatare che
stranamente in nessuna comparivano, nè morti nè vivi, i genitori
delle piccole vittime il che pone il dubbio che i bambini non fossero
di Khan Sheikhoun ma quelli rapiti durante l’offensiva della fine
di marzo nei villaggi cristiani occupati dai miliziani. E in effetti
la stessa cose era successa a Ghouta nel 2013 quando le uniche
piccole vittime identificate provenivano dai villaggi Alawiti vicino
a Latakia dove erano stati rapiti dai Jihadisti. Compare poi nelle
immagini un “salvato” riconoscibilissimo per struttura corporea e
particolarità del volto, che già compariva nelle vesti di Casco
Bianco ad Aleppo prima della liberazione della città, poi ancora ad
Aleppo come vittima estratta dalle macerie, poi sempre ad Aleppo come
donatore di sangue, quindi a Idlib come ferito e finalmente a Khan
Sheikhoun come sopravvissuto all’attacco chimico. Esiste un filmato
in cui uno dei bimbi “morti” non si accorge che la telecamera è
ancora puntata su di lui e apre gli occhi. Da ultimo i Dottori
Svedesi per i Diritti Umani (swedhr.org) hanno analizzato un video,
relativo ad un altro episodio denunciato dai Caschi Bianchi come
attacco chimico da parte di forze governative, dove viene
filmata un’operazione per salvare un bambino vittima di aggressivi
chimici. I dottori hanno constatato che nel video sono chiaramente
presenti delle falsificazioni, dal momento che in sottofondo si
sentono delle autentiche indicazioni “di regia” in arabo, e che
la cosiddetta “operazione” è in realtà un omicidio. Un’analisi
superficiale del video sembrerebbe infatti suggerire che i medici
stessero cercando di rianimare un bambino che era ormai clinicamente
morto (https://youtu.be/WAxg9_T-W7Y).In
realtà, dopo un più attento esame, il gruppo di SWEDHR ha accertato
che il bambino aveva perso coscienza a causa di un’overdose di
oppiacei. Nel video si vede il bambino che riceve un’iniezione al
petto, nel settore cardiaco, iniezione che alla fine lo ha ucciso,
mentre gli veniva data una falsa dose di adrenalina. Si è trattato
di un omicidio.
Da
questo a pensare che ci si trovi di fronte ad una messa in scena
“Hollywoodiana” non ci fa sentire particolarmente colpevoli o in
malafede.
Chiudiamo
con alcune considerazioni di carattere politico e strategico. Se
Assad che nel 2013, quando la situazione del legittimo governo
siriano era difficile se non disperata, ha accettato di disfarsi del
suo arsenale chimico, avesse ordinato oggi, quando la vittoria è
alle porte, grazie all’intervento degli alleati russi, iraniani ed
Hezbollah, un inutile attacco chimico con armi non si sa bene come
conservate, si dimostrerebbe come uno stupido incapace mentre nei sei
anni di guerra passati aveva dimostrato al contrario di essere un
politico estremamente accorto nel gestire la situazione.
Il
presidente Trump ponendosi fuori della legalità internazionale
ordinando una rappresaglia senza avere alcuna prova concreta di
quanto è accaduto, ha dimostrato che negli USA la politica estera
non è gestita dalla Casa Bianca ma dai circoli “neo conservatori”
legati al complesso militare industriale. Questi ultimi credono di
poter gestire il mondo dall’alto di una potenza militare calcolata
avendo come parametro i miliardi di dollari che ogni anno vengono
profusi nel comparto militare, tanto da aver portato il
bilancio USA della difesa ad essere superiore alla somma di quelli
delle 5 potenze, di cui 3 alleate, che li seguono nella classifica.
In verità però il risultato del lancio di 59 missili cruise
Tomahawk, per una spesa complessiva di 90 milioni di dollari, è
stato a dir poco deludente. Solo 23 sono arrivati sul bersaglio o
nelle sue prossimità, probabilmente perché deviati in mare dalle
contromisure elettroniche del sistema di difesa aerea installato
dalle forze armate russe, cosi come pare fosse successo nel 2013 a
due lanci ordinati da Obama. Quelli che hanno colpito il bersaglio
hanno fatto danni così irrilevanti da permettere che la base
tornasse operativa 48 ore dopo l’attacco Se fossi un ammiraglio
della “marina più potente nel mondo” sarei un po' preoccupato.
Alcuni
commentatori solitamente dispensatori di analisi acute come Maurizio
Blondet e Thierry Meyssan ritengono che anche la rappresaglia sia
stata una messa in scena ad uso interno per risollevare le sorti di
una presidenza sempre più assediata dall’apparato. L’attacco
sarebbe stato concordato con i Russi, avvertiti, questo è assodato,
in anticipo, per fare il minor danno possibile in Siria e il maggior
effetto possibile a Washington mettendo così la mordacchia agli
esagitati alla McCain. Aderirei a quest’analisi se non ci fossero
state le due mosse successive e cioè la virata di 180 gradi
nell’impostazione politica sulla Siria che è passata dal
sostanziale riconoscimento della legittimità del governo di Assad
(cosa per altro dato di fatto dal punto di vista del diritto
internazionale) al porre come priorità il suo rovesciamento che, se
tentato porrebbe gli USA in rotta di collisione con la Federazione
Russa, l’Iran e probabilmente anche con la Cina. Federazione Russa
che per altro ha già fatto sapere che qualsiasi altro tentativo di
aggressione alla Siria darà luogo a risposte militari. La
seconda mossa ben più preoccupante consiste nell’invio della
lettera di richiamo a 150.000 riservisti cioè l’organico di 30
brigate. Atto che non si può fare per mera attività di propaganda
perché corrisponde, mutatis mutandis, alla mobilitazione generale
proclamata dalle potenze europee nell’agosto del 1914.
A
noi osservatori impotenti non resta che stare a guardare nella
speranza, ahimè flebile, che i potenti d’Oltreoceano rinsaviscano.
S.E.
http://www.appunti.ru/articolo.aspx?id=930&type=home
S.E.
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