Quale fine per i cristiani?
Il Sussidiario- 16 febbraio 2013
Come rileva Robi Ronza nel suo editoriale "La lezione di Assad all'Italia",
forse ci si sta rendendo conto che la
questione siriana non è risolvibile con una manichea distinzione tra “buoni” e “cattivi” e che la cacciata di
Assad è tutt’altro che imminente.
Ci si sta anche rendendo conto che la caduta
di Assad senza un adeguato periodo di transizione e una qualche idea, seria,
sul dopo regime rischia di far cadere la
Siria “dalla padella nella brace; e in una brace ben peggiore dell’attuale padella.”
Pare che di ciò sia cosciente anche una parte
dell’opposizione, che ha offerto trattative con il regime, se le parti più
coinvolte nella repressione verranno messe da parte. E’ probabile, purtroppo, che
l’iniziativa presa da Moaz al-Khatib, leader della Coalizione nazionale dell'opposizione,
sia ostacolata da buona parte dei ribelli e dai loro sostenitori, in
particolare dall’Arabia Saudita.
Acqua sul fuoco è stata gettata anche dal
Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov , che ha dichiarato alla televisione
tedesca Ard che Assad “pensa che la storia sia dalla sua parte” e non ha
nessuna intenzione di ritirarsi. Per cui, ogni eventuale proposta deve passare
da lui, cosa inaccettabile per molti dei suoi oppositori.
Come è noto, la Russia è il principale
alleato di Assad, insieme all’Iran, e alcune frasi di Lavrov sono quindi
particolarmente significative, come quando afferma che “il regime ha commesso
molti errori. Per troppo tempo ha ignorato le legittime richieste delle
opposizioni.” Aggiungendo che il destino di Assad è una questione che riguarda
i siriani e che la Russia è interessata solo “al destino dei Siriani.”
Il punto su cui sempre più commentatori
concordano, l’ex inviato dell’Onu Kofi Annan incluso, è che la guerra civile
durerà a lungo, anche perché Assad sta conducendo una guerra di logoramento, usando
aviazione e artiglieria e risparmiando le sue forze sul campo. Così il massacro
continua e le stime dell’Onu parlano di almeno 70000 vittime e di cinque
milioni di profughi.
La Ard ha intervistato anche Assad, il quale
ha ripetuto la sua versione secondo la quale in Siria non vi è nessun problema
e tutto è opera di terroristi sostenuti da potenze straniere: “Sono loro che hanno
iniziato ad ammazzare la gente. Noi ci difendiamo, nei modi richiesti dalle
circostanze, come richiedono le tattiche usate dagli avversari. Loro usano armi
pesanti, perciò noi rispondiamo nello stesso modo.”
L’impressione è che per venirne fuori occorre
che tutte le forze coinvolte, soprattutto i sostenitori esterni di tutte le
fazioni in lotta, mettano da parte i loro particolari interessi per fermare il
massacro, cercando il miglior compromesso possibile. Cosa già questa molto difficile
di per sé, visti gli interessi geopolitici in gioco, ma resa ancor più difficile
dalla frammentazione del blocco degli oppositori. E’ per esempio impensabile
ottenere un accordo degli estremisti salafiti o di Al Kaeda, che pongono una
sanguinosa ipoteca anche sul dopo Assad.
In questo drammatico quadro, qual è la
situazione dei cristiani? Può essere d’aiuto quanto scrive Gregorio III Laham,
Patriarca greco melchita cattolico, nella sua lettera ai fedeli per la
Quaresima. La descrizione è tragica: decine di chiese distrutte o abbandonate,
numerose scuole cattoliche evacuate, un migliaio di cristiani uccisi.
Sono le condizioni in cui si trova buona
parte della Siria, soprattutto le zone in mano agli oppositori, distrutte dai combattimenti
e poi bombardate dall’esercito lealista.
Il Patriarca continua descrivendo le
tragiche condizioni in cui vivono i milioni di siriani profughi nel loro Paese,
senza alloggi, lavoro, sostentamenti, dentro la crisi economica che attanaglia
sempre di più la Siria. Tutte le Chiese siriane si sono unite per portare
soccorso ai tanti che ne hanno bisogno, cristiani e musulmani, e pressante è
l’invito perché anche dall’estero arrivino contributi.
Il Patriarca di Antiochia ricorda nella
lettera come proprio ad Antiochia per la prima volta fu usato il termine di
“cristiani”, riconosciuti per come si amavano tra loro, e il Patriarca lancia
un accorato appello alla solidarietà cristiana, ma anche islamo-cristiana,
perché “il fine è di servire la nostra società, le nostre patrie arabe senza
distinzione, come è stato lungo la storia. Dobbiamo essere solidali, cristiani
e musulmani, per un futuro migliore per le generazioni che verranno”.
Ecco descritta la situazione dei cristiani in
Siria, e più in generale nel mondo arabo, e il loro ruolo in questi Paesi. Ma
la presenza cristiana è fortemente minacciata, continua il Patriarca: “Facciamo
appello ai nostri fratelli musulmani perché sostengano i nostri sforzi per conservare
la presenza cristiana con loro e per loro. Essi sanno quanto la presenza
cristiana è stata ed è tuttora così importante - ed efficace – nella storia del
mondo arabo a tutti i livelli.”
Un invito già lanciato in passato, che non ha
come unici interlocutori i compatrioti musulmani e che va anche al di là delle
parti in lotta, che pretenderebbero di avere i cristiani schierati con la propria
fazione. Un richiamo rivolto in particolare all’Occidente e da questo già
ampiamente ignorato, anche dall’Unione europea che si appresta a discutere se
irrigidire le sanzioni, se mantenere l’embargo sulle armi, o allentarlo per
armare più pesantemente le opposizioni, come pare voglia proporre il Regno
Unito, seguito forse dalla Francia, i protagonisti della bella impresa libica.
Come sembra lontano e fuori dal mondo
l’invito del Patriarca “a rispettare la pratica del digiuno, dell’astinenza e delle
mortificazioni…senza mai dimenticare la virtù, la misericordia, il perdono e la
carità…. Cominciamo la Quaresima nella gioia.”
Chissà se qualcuno nelle capitali che contano
riuscirà ad ascoltare queste parole, cominciamo quindi noi ad unirci all’invito
e alle preghiere dei cristiani di Siria.
©
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