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mercoledì 24 ottobre 2012

Perchè le Sorelle rimangono in Siria? Diario dalla Trappa di 'Azeir


'Azeir Siria
29 agosto 2012

Dalle lettere delle Monache Trappiste in Siria



 

Vi ringraziamo immensamente per le vostre preghiere per noi e per la pace qui in Siria. Speriamo, speriamo presto la Pace, il Signore, la Sua e nostra Madre siano propizi.

Noi stiamo bene, ma la gente è stanca di una guerra così iniqua e atroce…. La Siria è bagnata di sangue: incredibile perché non si capisce una guerra così insensata e iniqua. Preghiamo, preghiamo perché tutto è possibile al Signore!!!

Continuiamo la vita normale e regolare, anche se le cose diventano più difficili perché è come tutto paralizzato, gli spostamenti e i viaggi è meglio non farli e quindi la gente e gli operai non possono venire e lavorare ecc….

L’orto intanto produce tanti frutti di ogni genere, tantissime le fragole che abbiamo utilizzato per marmellate le abbiamo date anche agli operai…

I giardini sono stupendi, abbiamo sempre dei fiori e rose tutto l’anno, bellissime in Chiesa e poi tutte le piante che diventano grandi e crescono…. E gli uccelli cantano le lodi di Dio con noi.

Sta per suonare e devo terminare.

A vicenda preghiamo e supplichiamo anche tutti i santi del Cielo che vengano in nostro aiuto. Un caro abbraccio.


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La cosa più importante da dirvi non è una novità per voi: pregate per la Siria! Perché questo popolo, ormai unificato nel nome di una patria comune, non perda questa coscienza di essere un popolo unico, anche se composto da etnie e religioni diverse, che non si spacchi, che non perda i tradizionali valori di tolleranza e ospitalità verso il diverso e lo straniero che vive accanto….

Anche se i nostri vicini, specie quelli a Sud e a Nord, aiutano ben poco, per non dire di peggio. Continuamente mi stupisco dalla pazienza con cui la gente è riuscita fino ad ora a portare la situazione, nonostante le sanzioni che tolgono il pane dalla bocca ai più poveri (e sono tanti!), e l’ostilità aperta, e cieca ad ogni evidenza, delle Potenze che contano. La Siria, ormai da tempo cerca di resistere ad invasori prezzolati che agiscono spietatamente nei riguardi di tutti, dei militari in primis, ma anche contro le minoranze e persino contro i loro stessi correligionari, se non si piegano alle loro pretese. Tutto questo in una tempesta informatica che purtroppo coinvolge anche testate che dovrebbero invece essere garanti della verità dei fatti.

Noi, ci chiediamo continuamente: ma possibile che non si rendano conto, all’estero di come le cose sono manipolate? E tutte, convergono verso la distruzione della Siria, verso l’asservimento totale, civile e religioso, di questo popolo che amiamo sempre di più!.

La gente semplice in mezzo a cui viviamo è sconfortata. Già il nostro villaggio, così piccino, può contare dei morti, sia tra i civili che tra i giovani in servizio militare. Ed altri ne stanno partendo, richiamati per combattere in questa guerra che ormai è chiaramente una guerra di invasione. La Siria è diventata un campo di battaglia per avversari che sono più grandi di lei, e vengono a combattere qui, servendosi di questa terra e della gente (e di altri ancora: sapeste tutti i mercenari, quanti sono e da quante parti del mondo arrivano!) per dirimere i loro grandi conflitti.

Pregate! Grazie.


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Le cose sembrano aggravarsi sempre più e non resta che implorare sempre più la pace per questa nazione e per tutte le nazioni in guerra.

Quanto sangue versato!!! E per che cosa??? Per interessi politici che ci sono dietro?? Quanti giovani ragazzi, bambini innocenti, donne…. E di morti atroci….

Preghiamo, preghiamo per tutto il mondo, ora mi sto rendendo conto di che cos’è la guerra.

 

 

 

Le sorelle vi avranno già detto dell’assurdità che vediamo attraverso questa guerra – ma già lo sapete – Io, vi chiedo di pregare prima di tutto per il nostro custode /uomo di fiducia – perché non lo richiamino alle armi…. Per lui, per noi.

E per i giovani qui….. Cominciano a rivolgersi un po’ a noi, hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a pensare, a crescere, a riflettere….

…. Pregate come già fate, per noi, e per tutta la Siria.

…. Siamo molto grate alla Madre che ci permette di rimanere. E’ molto importante, anzi, direi che fa parte dell’essere qui, ma non solo: è il senso della stabilità. E’ nella logica dell’Incarnazione. Abbiamo una vita che ci lega a un popolo, una terra, ciascuna delle nostre comunità.
 
                               le vostre Sorelle di 'Azeir


Perchè le Sorelle restano in Siria?
Risponde  Madre  Monica, la Superiora della casa-madre, la Trappa di Valserena




Tutto ciò che è stato detto nella circostanza della visita del Papa in Libano sull’importanza della presenza dei cristiani in Siria, e ancora prima quello che è stato detto in occasione del Sinodo per il Medio Oriente, costituisce l’esatta motivazione del nostro rimanere lì.
Siamo andate sulla traccia dei fratelli di Algeria, che avevano costruito a Tibhirine una convivenza pacifica tra un insediamento cristiano contemplativo, il monastero appunto, e una popolazione autoctona musulmana, religiosa e naturalmente contemplativa, che accoglieva con rispetto e anche con gratitudine la loro presenza solidale e fraterna.
Sappiamo il seguito della storia ad opera di gruppi fondamentalisti; ma rimane in noi la convinzione che sia possibile una convivenza costruttiva e pacifica fra popoli e fedi diverse. In Siria, lo abbiamo detto molte volte, abbiamo trovato una cultura antichissima nata dall’incrocio di molte civiltà e aperta, abituata all’accoglienza e alla convivenza, desiderosa di mantenere questa sua identità.
Le forze negative che tentano di distruggere tutto questo, e che provengono per la maggior parte dall’esterno del paese, checché ne dica una certa congiura mediatica della disinformazione, sono all’opera ora anche in Siria.
Ma le sorelle che sono partite per fondare un monastero, come è nella logica dei nostri insediamenti, sono partite per rimanere, e per divenire, se Dio vorrà e col tempo che ci vorrà, decenni o secoli, non importa, parte di quel popolo.
Sono partite (siamo partite, perché fondare un monastero è la decisione di tutta una comunità sia di chi parte sia di chi resta) siamo partite nella fiducia che un punto di preghiera, un luogo dove Dio è adorato nella sua presenza reale, sia eucaristica che ecclesiale nella preghiera e nella comunione fraterna, nella vita cristiana di una sia pur piccola comunità, sia una benedizione per tutti.
Abbiamo trovato, come ho detto, una popolazione accogliente e pacifica, capace di apprezzamento e rispetto reciproco.
Abbiamo trovato, più specificamente, nella zona in cui siamo stabilite, un piccolo villaggio cristiano, una chiesa e una comunità civile che ci ha accolte. Questa comunità è ora duramente provata, come tutto il popolo siriano. Gli abitanti del villaggio non hanno un altro luogo dove andare, un altro paese in cui riparare, a meno di scegliere la sorte dei profughi. Se ormai facciamo parte di questa comunità, a prescindere da una nazionalità italiana e dalle risorse ad essa connesse che possiamo ancora avere, non possiamo andarcene nel tempo della prova. La loro sorte è la nostra sorte. Restiamo per chiedere per tutti la protezione del cielo, per chiedere la pace, anche per essere un piccolo segno di speranza: siamo venute e restiamo. Andarsene ora, sarebbe una desolazione.
La nostra fiducia nell’uomo viene dalla speranza cristiana – Dio ci ha creati e Cristo ci ha redenti –ed è più forte di tutti gli orrori. Il cristiano è chiamato a testimoniare questo nel mondo, noi siamo state chiamate in Siria, adesso. Perché andarcene?
Fuggiremmo nel momento in cui si trattasse solo di salvare la vita, momento in cui tutta la popolazione dovesse fare questa scelta. Dio non voglia.
                                                                                            madre Monica
 

 "Le donne di Dio."
  VIDEO - di Gian Micalessin
 
 ll mio reportage sulle suore trappiste del convento di 'Azer in Siria. Nel monastero costruito per ricordare i sette monaci trappisti uccisi nel 1996 a Tibherin dai fondamentalisti algerini cinque suore italiane rivivono, nel cuore della guerra, l'esperienza della fede e del sacrificio personale.





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