“CIVILI BERSAGLIO DI UNA VIOLENZA CIECA”, UNA VOCE DA DAMASCO
“Mi dica lei che ragioni e che giustizia si possono invocare quando si uccidono brave persone che vanno a lavorare, donne inermi e persino bambini, che entravano a scuola. Questa è una guerra contro il buon senso, contro la pace, contro tutto il popolo siriano. E noi, la gente normale, siamo le vittime”: grida, la voce rotta dall’emozione, una religiosa francescana raggiunta dalla MISNA a Kfar Sousseh, il quartiere a sud di Damasco teatro, questa mattina, di un duplice attentato.
Secondo la televisione di stato, le esplosioni avvenute poco dopo le otto di mattina, avrebbero provocato almeno 50 morti e 170 feriti. Le immagini mostrano veicoli in fiamme, detriti e due enormi crateri nel punto in cui si sono verificate le detonazioni. Immancabile, subito dopo il diffondersi della notizia, il botta e risposta tra il governo siriano e i movimenti di opposizione, che si accusano a vicenda dell’attentato.
“Ormai non ci chiediamo più da che parte stia la ragione o il torto. Non c’è più ragione, per nessuna delle fazioni in lotta. Un regime che pretende di sopravvivere a qualsiasi costo e un movimento di banditi, criminali, che nasconde dietro gli slogan per la democrazia i soldi e le armi provenienti da alcuni dei regimi più illiberali del Golfo” dice ancora l’interlocutrice della MISNA, la cui voce è sovrastata dalle sirene delle autoambulanze
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http://www.misna.org/altro/civili-bersaglio-di-una-violenza-cieca-una-voce-da-damasco-10-05-2012-813.html
PATRIARCA MELKITA LAHAM, “BARBARIE SENZA PRECEDENTI, IL MONDO DICA BASTA”
“Eravamo in preghiera nella cappella della cattedrale quando un forte boato ha mandato in frantumi tutti i vetri. Le mura della sala sono state come scosse da uno spostamento d’aria improvviso, abbiamo pensato a un terremoto”: è ancora incredulo monsigonr Gregorios Laham III, patriarca dei greco-melkiti di Antiochia e di tutto l’Oriente mentre descrive alla MISNA gli attimi di terrore che hanno accompagnato questa mattina il duplice attentato nella capitale siriana.
La cattedrale di Bab Sharqi, alla fine della ‘via Recta’, che conduce alla cappella di Anania (il martire cristiano che fece recuperare la vista a San Paolo, ndr) si trova a due forse tre chilometri dal luogo dell’esplosione che ha causato finora, secondo un bilancio provvisorio, almeno 55 morti e oltre 300 feriti.
“Alla televisione hanno mostrato le immagini di un immenso cratere, automobili e palazzi divelti, sangue dappertutto. Il pullmino dei bambini che vengono a scuola da noi era passato per quella strada appena 10 minuti prima. È un miracolo che non siano rimasti coinvolti” racconta il religioso, presidente dell’assemblea della gerarchia cattolica in Siria, condannando “un atto di barbarie senza precedenti in Siria, che ha mostrato il vero volto delle forze che si agitano dietro quest’assurda guerra di propaganda”.
La voce del patriarca, scossa dall’emozione nel giorno del peggior attentato della storia recente del paese si leva anche contro il mondo che “non ascolta le grida di angoscia del popolo siriano”.
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http://www.misna.org/altro/patriarca-melkita-laham-barbarie-senza-precedenti-il-mondo-dica-basta-10-05-2012-813.html
CARICHI DI ARMI SOSPETTI, LIBANO CROCEVIA DI TRAFFICI VERSO SIRIA
Prima la Lutfallah II bloccata alla fine di aprile in un porto vicino la città libanese di Batroun con tre container di armi, probabilmente destinate all’opposizione siriana in conflitto con il regime di Bashar Al Assad; ora un’auto intercettata a Tripoli, sempre nel nord del Libano, con migliaia di caricatori.
Per la prima vicenda le autorità libanesi hanno fermato i componenti dell’equipaggio, di varia nazionalità, e hanno alla fine accusato 21 persone di traffico internazionale di armi. Tra gli accusati ci sono libici, siriani, libanesi, egiziani e indiani riferiscono i media libanesi. L’accusa, da dimostrare, riguarda in particolare il trasferimento illegale di un grosso quantitativo di armi dalle coste libiche a quelle libanesi.
Secondo il quotidiano libico in lingua inglese ‘Libya Herald’, un numero imprecisato di combattenti libici è effettivamente impegnato attualmente all’interno dei confini siriani contro le truppe regolari di Damasco. “E ci sono anche notizie da verificare – scrive lo stesso giornale – di armi trasferite attraverso pescherecci libici in Libano e da qui in Siria a disposizione dei ribelli”.
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