Traduci

giovedì 12 giugno 2025

Homs , spari contro la chiesa della Santa Cintura


 Agenzia Fides 12/6/2025

Proiettili contro la croce innalzata sulla facciata della cattedrale siro- ortodossa della città siriana di Homs. L’atto sacrilego e intimidatorio viene riferito con “cuore pieno di dolore” dall’arcidiocesi siro- ortodossa si Homs, Hama e Tartus, guidata dal 2021 dall’Arcivescovo Timotheos Matta Al-Khoury.

I proiettili contro la Cattedrale di Santa Maria della Cintura Sacra (Umm Al-Zannar), nel quartiere di Bustan Al-Diwan – riferisce l’arcidiocesi in un comunicato – sono stati sparati all'alba di domenica scorsa, alimentando i timori e il senso di insicurezza condivisi da molti nelle comunità cristiane di Siria nell’attuale congiuntura storica attraversata dal Paese.

“Consideriamo questo attacco brutale” si legge nel comunicato “come un attacco diretto contro la pace civile e la convivenza, e affermiamo che simili atti non hanno nulla a che vedere con la morale della brava gente della città di Homs e di tutti i siriani onesti, ma piuttosto puntano a seminare discordia e destabilizzare”.

I responsabili della Arcidiocesi siro-ortodossa chiedono agli attuali detentori del potere in Siria di individuare e perseguire penalmente i responsabili dell’atto di violenza e garantire la sicurezza dei luoghi sacri delle diverse comunità di fede. Chiedono anche ai figli e alle figlie della Chiesa di non lasciarsi travolgere dalla paura, mostrando che simili atti violenti “non ci scoraggeranno dall'aderire al messaggio di amore e di pace invocato da nostro Signore Gesù Cristo, e aumenteranno solo la nostra determinazione a consolidare lo spirito di fratellanza tra tutti i figli della Patria e l'amore per la terra di Siria, per quanto gravi siano le avversità da affrontare”.

La storica Cattedrale di Santa Maria della Cintura Sacra (Um Al Zennar), meta di pellegrinaggi mariani, è la sede dell'Arcivescovo siro ortodosso du Homs, Hama e Tartus. L’attuale struttura risale al XIX secolo, ma diverse fonti attestano che sul sito su cui sorge la chiesa esistevano luoghi di culto cristiani fin dai primi secoli del cristianesimo. Secondo l’esarca greco melchita Joseph Nasrallah (1911-1993), l'esistenza di una chiesa dedicata a Maria a Homs è attestata già nel 478 d. C. 

http://www.fides.org/it/news/76465-ASIA_SIRIA_Homs_spari_contro_la_croce_della_cattedrale_siro_ortodossa

venerdì 6 giugno 2025

La Pasqua di Sr Adriana

 

A cura delle Sorelle di Fons Pacis

­
­

 Carissimi,

come sapete a distanza di sole tre settimane abbiamo accompagnato un’altra sorella attraverso il passaggio alla vita eterna; sr Adriana (Andreana in realtà) è morta la mattina del 31 maggio, festa liturgica della Visitazione. Ancora una volta una data significativa, quella in cui le comunità della nostra filiazione di Vaiserena rinnovano la consacrazione di ciascuna sorella a Maria, e una festa significativa per i nostri fratelli di Tibhirine, che nella Visitazione vedevano il mistero della loro presenza in terra d’Islam come portatori del Cristo e della sua salvezza.

 

 

Sapete anche che da anni sr Adriana era gravemente ammalata, con un tumore ormai in metastasi da molto tempo. Lei conosceva ogni dettaglio della sua malattia, e da tempo si preparava a questo momento della morte. In realtà, già da più di due anni, quasi tre. Perché nell’autunno 2022 il medico aveva detto chiaramente che la chemioterapia, che in precedenza aveva garantito una ripresa quasi miracolosa, non aveva più effetto, e che, secondo la sua esperienza ( dato che le zone tumorali erano molto estese, nel fegato, nel cervello, e in altre parti del corpo) aveva davanti davvero pochi mesi di vita.
Così abbiamo cominciato, un po’ nascostamente a dire il vero, a preparare il nostro cimitero.
Fin dall’inizio della fondazione avevamo deciso dove sarebbe stato: al confine ovest del terreno, in un punto panoramico da cui si vedono l’orizzonte del mare, le montagne del Libano, le colline della Siria...Alla fine di campi di melograni e mandorli. Un bel posto per risorgere !
Ma ancora non si era fatto alcun lavoro. Era tempo di preparare, e così abbiamo recintato il terreno con un muretto di sassi, abbiamo tracciato un sentierino di ghiaino bianco, preparato un altare con le pietre, messo la Croce. Senza dire nulla a Adriana. Ma lei un giorno, mentre eravamo insieme nella torretta dell’acqua ( lei che per anni a Valserena si era occupata delle manutenzioni, cioè dei piccoli e grandi lavori che si fanno all’interno del monastero per mantenere gli edifici e gli impianti), mi dice: “guarda che devi cominciare a preparare il cimitero, ci vuole tempo...”. Eravamo al terzo piano, e sorridendo le ho detto: “Guarda fuori, in fondo.. Vedi la croce bianca ? “..E lei: “...andiamo subito a vedere! “. Detto, fatto. Siamo andate, e le è piaciuto. Ha scelto il suo posto, quello dove l’abbiamo deposta pochi giorni fa. Non solo, alla fine dell’anno avevamo con noi per quindici giorni un sacerdote francese, Don Dominique, che era con noi per celebrare la Novena e il Natale. Così gli abbiamo chiesto di consacrare il cimitero, e siamo andate tutte insieme, in un bel giorno di vento e cielo blu.

Vi racconto tutto questo perché credo sia stato molto importante, per sr Adriana e per la comunità, vivere la sua malattia e il suo cammino verso la morte parlandone apertamente, persino scherzando insieme.. Sì, perché poi.. i tre mesi previsti sono passati...e abbiamo celebrato il Natale del 22...E poi la Pasqua del 23...e il Natale 23. E la Pasqua del 24, e poi Natale del 24... Da brava sarda, ha avuto una resistenza incredibile alla malattia. La prendevamo in giro. Lei diceva: “Vi preparo il quaderno delle ricette...Qualcuno deve prendere l’incarico di guardare le olive, le marmellate. Ci vuole qualcuno che segua i fiori del giardinetto, perché io fra poco muoio.”. E noi “eh sì, tanto non ci crede più nessuno, continui a dire che devi morire ma tanto non muori mai”...
Chi ha conosciuto sr Adriana, può immaginare il sorrisetto di soddisfazione con cui reagiva a tutto questo. “Eh, sì.. hanno detto che non dovevo vivere più di tre mesi.”
L’oncologo, un medico musulmano, veramente bravo, era sconcertato: “Con sr Adriana io devo dimenticare tutto quello che ho imparato studiando medicina... Io non ho fatto nulla, questo viene da Dio !”.
 Credo che dobbiamo veramente ringraziare Dio, ed anche sr Adriana lo faceva, perché per il tipo di tumore che aveva avrebbe dovuto avere moltissimo dolore, da tanto tempo, e invece fino all’ultimo la malattia è stata sopportabile, e le ha permesso di partecipare quasi pienamente alla vita comunitaria. Le ha permesso di vedere questa nuova fase di Fons Pacis, con i lavori del monastero che avanzavano, l’esperienza di Ghada e Judit, l’arrivo di sr Carinia e sr Mikaela e un anno dopo sr Liliana. Ogni tanto facevamo qualche passeggiata sul cantiere, e lei diceva : “Sono contenta di essere arrivata a vedere tutto questo”. Infatti, quando ancora il cantiere era all’inizio, e si gettavano le fondamenta di quello che è il piano sotterraneo, lei aveva messo nel cemento la sua croce, il più vicino possibile a quello che sarebbe stato poi il luogo della chiesa...pensando di non vederne la realizzazione.
Certo, la sofferenza più grande, con l’avanzare del tempo, era quella di non poter fare più tutto quello che avrebbe voluto per aiutare la comunità; poco a poco camminare fuori, nel giardino, si è fatto difficile, ed anche camminare in casa. L’ultima volta che è venuta in refettorio con noi, è stato per il pranzo di Natale del 2024. Ma già usavamo un po’ la carrozzella, e poco a poco si è completamente allettata. Da gennaio non è più riuscita ad alzarsi, nemmeno per stare un breve tempo sulla poltrona. Già da un po’ di tempo si era trasferita nell’unica stanzetta che abbiamo a  pianterreno, vicino alla cappellina, e così poteva seguire la preghiera della comunità... E un po’ la vita comune..
Poco a poco la situazione è peggiorata, non eravamo molto sicure di quando fosse presente o meno. A volte evidentemente sì, le risposte erano pertinenti, ed anzi si poteva parlare a lungo con lei, che raccontava alle nuove arrivate tante cose della fondazione. Invece in altri momenti era completamente perduta, vedendo cose e persone nella sua stanza, confondendo i luoghi e parlandoci di Roma come fosse a dieci minuti di distanza... In questi mesi più volte un medico amico è venuto per toglierle liquido dall’addome, liquido dovuto alla crescita del tumore e che le rendeva più difficile la respirazione... Anche i dolori sono aumentati. Quando sr Marita è morta, lei non riusciva a darsene ragione. “ Ma come? Fino a ieri era qui a darmi le medicine, e così, in due ore è andata? E io che da anni aspetto, perché il Signore non mi prende?”. Ovviamente non ha potuto partecipare al funerale, ma ha voluto vedere sr Marita mentre la vegliavamo nella cappellina, e siamo riuscite a fare un breve collegamento video dalla chiesa alla sua stanza. E poi...

Mah, lei e sr Marita hanno vissuto molti anni insieme, hanno lavorato ai profumi a Valserena... E così ...è andata presto a farle compagnia, seconda pietra di questa fondazione.
Sr Adriana negli ultimi giorni ha cominciato a non mangiare più, non riusciva più neppure a bere. La pressione era quasi inesistente, e non eravamo sicure di quando fosse cosciente o meno.
Probabilmente, andava a momenti. Quindi abbiamo chiamato un infermiere perché le mettesse delle flebo; era già venerdi 30, e ha recuperato un po’ la pressione ma era chiaro che non era che un beneficio momentaneo. Già da mesi a turno dormivamo nella stanza accanto a lei, ma ora era necessario vegliarla continuamente, e così abbiamo fatto. Vedevamo i suoi riflessi diminuire a poco a poco, ed è difficile dire fino a quando è stata cosciente. Ho ascoltato con lei la Messa online del 31 maggio, e poco dopo l’abbiamo vista declinare rapidamente. Il respiro era ancora buono, ma il cuore sembrava affaticato e iniziava una emorragia cerebrale, visibile per un versamento di sangue nell’occhio sinistro.
 Abbiamo raccolto la comunità, pregato accanto a lei, raccomandato la sua anima, e verso le 9,45 abbiamo constatato e verificato la sua morte. Era la mattina del 31 maggio, e sr Mariangela aveva da poco posto sull’altare anche la sua rosa, insieme alle nostre, segno della sua offerta a Maria.

E, come per sr Marita, subito tutto il villaggio ci è stato vicino. I nostri operai, i nostri vicini, già sapevano cosa fare, ed hanno preparato tutta la chiesa e il cimitero. La celebrazione era prevista  per il giorno seguente, domenica. Evidentemente era difficile per il nostro vescovo venire, ma padre Fadhi, il nostro “parroco” francescano di Lattakie, si è detto disponibile a venire, fra una messa e l’altra ( Lattakie è a due ore di distanza).
 Le signore ci hanno offerto il loro aiuto, hanno preparato il caffè cerimoniale, e dopo che abbiamo preparato sr Adriana con l’abito monastico e l’abbiamo posta nella bara, è cominciata la veglia di preghiera, delle sorelle ma anche di tanti che hanno fatto visita. Ci hanno commosso le lacrime di tante persone, quelle della signora che aiutava in cucina, o dell’operaio che ha lavorato con sr Adriana nel giardino, quando lei non aveva più la forza di zappare i fiori.
Il giorno dopo, domenica, abbiamo terminato di preparare tutto, i fiori, i canti; sono arrivati per la celebrazione, che era alle 11 del mattino, anche il parroco del villaggio, P. Abdallah, e un amico sacerdote, anche lui Maronita, padre Bassam. Così il corpo di Adriana ha ricevuto, come sr Marita, la doppia benedizione secondo i due riti ( segno bello di comunione e di unità), questa volta però prima di iniziare la Messa.... 
 Tanti amici non hanno potuto venire; perché era domenica, e perché le strade da Aleppo non sono troppo sicure. Altri, che non avevano potuto partecipare al funerale di sr Marita, sono arrivati invece questa volta, vivendo con noi questo “kairos”  forte per la comunità della doppia pasqua delle nostre sorelle...

Ed è cominciata la processione.. Verso la chiesa nuova, e poi verso il cimitero. Quando siamo arrivate alla chiesa nuova, nell’abside c’erano, messe lì come prova del prossimo lavoro, tre pietre, scolpite a mano e preparate per edificare. Ci è sembrato un segno commovente. Sr Marita, sr Adriana, e dietro la roccia vera, che è Cristo. Questa volta eravamo un po’ più preparate, e così alla fine tutte abbiamo asperso la salma con l’acqua benedetta, prima dell’ultimo bacio e saluto, dato anche da parte di tutta la sua famiglia. 

 Come la volta precedente, anche i nostri operai musulmani erano presenti.. Ed hanno aiutato a portare la bara. Le parole di P. Fadhi  all’omelia hanno illuminato il senso cristiano del dare la vita con gioia per il Signore, con il sorriso sulle labbra, là dove il Signore ci ha posti, nella semplicità della vita quotidiana. E ancora una volta, l’esperienza di un funerale ed una sepoltura nel segno della speranza, con il cimitero luminoso e fiorito, ha aiutato molti a sentire il Signore presente in mezzo al suo popolo. 
“Non sembra nemmeno un funerale”... Ecco, va bene così, se funerale è un pianto senza speranza. Desideriamo che le nostre lacrime, come tutta la nostra vita, siano simili a quelle di Gesù, che nel dolore umano che anche lui ha vissuto non ha perso la fiducia nel Padre buono, e a lui si e affidato..

Per la comunità, è un passaggio forte. In meno di un mese, due delle quattro fondatrici sono scese nella terra, salite nel cielo. Se è vero che il regno dei cieli va preso un po’ anche con la forza, allora benediciamo il Signore per la forza del dono della vita (e di tutte se stesse) di queste due sorelle, pietre fondatrici, che una dopo l’altra, in questo mese di maggio dedicato a Maria, hanno pronunciato un voto di stabilità in questa terra di Siria, bagnata dal sangue della violenza ma anche da quello di tanti martiri e santi che hanno fecondato la chiesa ed anche la vita monastica.

Molti di voi ci hanno scritto, e ci sono vicini, certi che questi due semi di grano porteranno molto frutto.. Ne siamo certe anche noi, e affidiamo il nostro cammino alla vostra preghiera.

Le sorelle di Fons Pacis.

lunedì 2 giugno 2025

La Siria e la caduta di Assad: il ruolo cruciale e nascosto della guerra cyber

 

Riprendiamo dal sito INSIDEOVER un fondamentale articolo di Roberto Vivaldelli  di chiarimento delle dinamiche della caduta del governo siriano a dicembre 2024 

  •  

La repentina caduta del regime di Bashar al-Assad, culminata con la perdita di Damasco l’8 dicembre 2024 e l’ascesa Ahmed Husayn al-Sharaa, meglio noto come Abu Muhammad Al Jolanileader del gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (Hts), rappresenta uno degli eventi più significativi della storia recente della Siria. Un’inchiesta condotta da Newlines Magazine getta luce su un aspetto meno visibile e conosciuto della fine di Assad: una sofisticata operazione di guerra cibernetica che ha sfruttato la vulnerabilità di un esercito già indebolito da anni di conflitto, crisi economica e morale. La narrazione tradizionale di una sconfitta militare dovuta a un attacco dell’opposizione a Aleppo non basta a spiegare l’improvvisa dissoluzione dell’esercito siriano. Dietro le quinte, infatti, un’applicazione mobile, apparentemente innocua, ha svolto un ruolo cruciale, trasformando gli smartphone degli ufficiali in strumenti di spionaggio.

La guerra cyber ha giocato un ruolo fondamentale

Secondo Newlines Magazine, un’applicazione chiamata STFD-686, distribuita tramite un canale Telegram sotto il nome di Syria Trust for Development (un’organizzazione umanitaria legata ad Asma al-Assad), si è rivelata una trappola. Promettendo aiuti economici, l’app chiedeva agli ufficiali di inserire dati personali e militari sensibili, come nome, grado, posizione e dettagli sulle unità di appartenenza. Questi dati, raccolti tramite un’interfaccia web che reindirizzava a siti fasulli come syr1.store e syr1.online, hanno permesso agli operatori dell’attacco di mappare in tempo reale le posizioni dell’esercito siriano, individuando punti deboli e depositi di armi. L’app installava inoltre SpyMax, un software di sorveglianza che consentiva di accedere a chiamate, messaggi, foto e persino alla videocamera dei dispositivi, trasformando i telefoni in strumenti di spionaggio remoto.

L’inchiesta evidenzia come questa operazione abbia sfruttato non solo la tecnologia, ma anche la disperazione degli ufficiali siriani. Con salari ridotti a circa 20 dollari al mese a causa del crollo della lira siriana (da 50 a 15.000 contro il dollaro tra il 2011 e il 2023), molti militari erano demoralizzati e inclini ad accettare qualsiasi promessa di aiuto finanziario. La mancata applicazione di protocolli di sicurezza, come dimostrato dall’episodio del 2020 in cui un telefono lasciato acceso in un veicolo Pantsir-S1 portò a un attacco aereo israeliano, ha amplificato le vulnerabilità. L’esercito siriano, già logorato da anni di guerra, corruzione e stagnazione politica, non ha mai intrapreso contromisure efficaci contro queste minacce cibernetiche.

L’impatto dell’attacco è stato devastante. La raccolta di dati sensibili ha permesso agli oppositori del regime di pianificare l’Operazione Deterrenza dell’Aggressione, iniziata a novembre 2024, che ha portato alla rapida conquista di Aleppo e, successivamente, di Damasco. L’inchiesta suggerisce che i dati raccolti abbiano facilitato attacchi mirati, come quello alla sala operativa militare di Aleppo, e creato confusione tra i comandi, come nel caso dello scontro tra le forze dei generali Saleh al-Abdullah e Suhail al-Hassan il 6 dicembre 2024. Non è chiaro chi abbia orchestrato l’attacco: potrebbe trattarsi di fazioni dell’opposizione, servizi segreti regionali o internazionali, o persino attori non ancora identificati. Tuttavia, l’efficacia dell’operazione evidenzia una nuova era di guerra ibrida, in cui la tecnologia si intreccia con le debolezze umane e istituzionali.

La fine delle sanzioni europee sulla Siria

In risposta alla caduta del regime di Assad, l’Unione Europea ha deciso di appoggiare politicamente la transizione del Paese e il governo di al-Sharaa. Il 20 maggio scorso, il Consiglio dell’Ue ha infatti avviato l’iter per la rimozione di tutte le sanzioni economiche contro la Siria, ad eccezione di quelle motivate da ragioni di sicurezza. Questa decisione, come dichiarato da Kaja Kallas, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, mira a “sostenere il popolo siriano nel riunirsi e ricostruire una Siria nuova, inclusiva, pluralistica e pacifica”.

Sono state rimosse dalle liste delle sanzioni 24 entità, tra cui la Banca Centrale di Siria e aziende operanti nei settori del petrolio, del cotone e delle telecomunicazioni. Tuttavia, l’Ue ha esteso fino al 1° giugno 2026 le sanzioni contro individui ed entità legate al regime di Assad e ha introdotto nuove misure restrittive contro due individui e tre entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani nella regione costiera siriana di marzo 2025: violenze che, come abbiamo raccontato su InsideOver, sono state commesse con il tacito assenso degli uomini di al-Jolani.

Il primo attacco dell’Isis al nuovo governo siriano

Parallelamente alla transizione politica, la Siria deve affrontare la minaccia dell’ISis, che ha rivendicato il suo primo attacco contro le forze del nuovo governo siriano dopo la caduta di Assad. Secondo Site Intelligence Group e l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, l’attacco, avvenuto mercoledì 29 maggio nella provincia meridionale di Sweida, ha coinvolto un ordigno esplosivo telecomandato che ha colpito un veicolo della 70ª Divisione dell’esercito siriano, uccidendo una persona e ferendo tre soldati. Sebbene l’Isis sia stato territorialmente sconfitto in Siria nel 2019, il gruppo mantiene una presenza nel deserto e continua a colpire, soprattutto le forze curde nel nord-est.

Recentemente, le autorità siriane hanno arrestato membri di una cellula Isis vicino a Damasco, accusati di pianificare attacchi, mentre un’operazione ad Aleppo ha portato alla morte di un ufficiale e tre membri dello Stato Islamico. Durante un incontro a Riyadh, il presidente statunitense Donald Trump ha esortato il leader siriano ad interim, Ahmad al-Sharaa, a collaborare per prevenire la rinascita dell’Isis, sottolineando l’importanza di una vigilanza costante.

https://it.insideover.com/politica/la-siria-e-la-caduta-di-assad-il-ruolo-cruciale-e-nascosto-della-guerra-cyber.html

domenica 18 maggio 2025

Quale prezzo pagherà la Siria per la revoca delle sanzioni

Pubblichiamo a scopo di documentazione, dopo un primo articolo circa le decisioni raggiunte in Arabia Saudita, il punto di vista di Naram Sarjoun perchè ci sembra interessante anche rispetto alle prospettive di frammentazione della Siria e all'impatto della diffusione della realtà jihadista radicale in altri paesi del sud partendo da una Siria che vede queste formazioni al potere legittimate a livello internazionale.  OraProSiria   

Introduzione di Mouna Alno-Nakhal su Mondialisation.ca

Il popolo siriano ha indubbiamente ogni diritto di rallegrarsi per la revoca delle sanzioni statunitensi annunciata dal presidente degli Stati uniti Donald Trump, in occasione del Forum di investimenti Usa-Arabia saudita 2025 tenutosi a Riad il 13 aprile. Sì, ma...

È un annuncio che risponde alla richiesta del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e del principe ereditario saudita Mohammad ben Salman come ha precisato Trump nel suo discorso, senza mai pronunciare la parola «democrazia» come richiesta degli Stati Uniti alla Siria: «Sono molto lieto di annunciare che il segretario di Stato Marco Rubio incontrerà il nuovo ministro degli esteri siriano in Turchia nel corso della settimana e, soprattutto, dopo aver discusso la situazione in Siria con il principe ereditario, il vostro principe ereditario, e con il presidente turco Erdogan, che mi ha chiamato l'altro giorno per chiedermi una cosa molto simile, così come con altri amici, persone per le quali ho molto rispetto in Medio Oriente. Ordinerò la revoca delle sanzioni contro la Siria per dare al paese una possibilità di prosperare...». 

Partiamo da qui, e dal fatto che Arabia saudita, Turchia, Qatar sono stati i principali responsabili regionali della caduta dello Stato siriano che fu prospero e indipendente. Ci permettiamo di sottolineare le note stonate di questo inno gioioso dei siriani che porta alle stelle Trump, Ben Salman e Erdogan. E' innegabile che le sanzioni statunitensi abbiano raggiunto il loro obiettivo: il paese è distrutto e impoverito dal punto di vista delle ricchezze umane e materiali. I siriani sono ormai alla mercé della cricca di al-Jolani, il terrorista nemmeno pentito: sulla sua testa Washington aveva posto una taglia di 10 milioni di dollari, ma l'auto-nominato presidente siriano sarebbe piaciuto a Trump perché «giovane, attraente e tosto», malgrado i massacri che a partire dalla sua presa del potere fino ad oggi si sono susseguiti sulla costa siriana, a Homs e altrove.

Sanno, i siriani, che gli investitori di ogni parte, ai quali al-Jolani ha aperto le porte della loro patria per consolidare il proprio potere, sono ancora più felici di loro per la revoca delle sanzioni? Credono, i siriani, che gli Stati Uniti abbiano davvero frenato le ambizioni di Israele di rubare la loro terra solo perché Trump ha lisciato il pelo di al-Jolani?

La risposta appartiene ai siriani che hanno vissuto la tragedia del paese: i massacri, il lutto e le privazioni a volte mortali prodotte dalle sanzioni. Il famoso scrittore e patriota siriano, Naram Sarjoun, ne fa parte e ci risponde.

Qui di seguito l’articolo di Naram Sarjoun.

So che forse non mi leggerete o non mi sentirete, a causa delle feste, dei fucili levati e degli spari verso il cielo, i cui bossoli rischiano di riempire i social network, perché gli imbecilli ballano di gioia dopo l'annuncio dell'«accordo» pagato con la carne della Siria, il suo cuore e il suo sangue. 

So che quelli che si prostrano e lodano Dio mattina e sera, a causa della benedizione del presidente degli Stati Uniti d'America, non si preoccuperanno delle mie parole, perché i musulmani sono diventati «adoratori di Trump», il quale si è mostrato soddisfatto di loro e ha accettato al-Jolani come simbolo della loro fede. 

Nessuno si aspettava l'approccio generoso di Trump verso al-Jolani, perché non era obbligato a farlo. Ma il fatto è che otterrà tutto ciò che vuole da lui e dagli arabi senza fare alcuna concessione. In effetti, il suo annuncio dice chiaramente che la Siria di al-Jolani ha accettato un trattato di pace con Israele e si è ritirata dal conflitto arabo-sionista.

In particolare, l'annuncio dice che le Alture del Golan sono ufficialmente cedute, vendute o affittate per 99 anni. Dice anche che, come concordato con il governo al-Jolani, anche le alture del monte Hermon sono cedute allo Stato israeliano. Che il Sud della Siria viene smilitarizzato e sottoposto al controllo israeliano e non ha il diritto di disporre delle proprie ricchezze e delle proprie acque senza l'autorizzazione di Israele. 

Di conseguenza, il governo siriano avrà solo una presenza formale nelle province meridionali, che che beneficeranno di un regime autonomo formalmente legato a Damasco, ma le cui relazioni economiche e commerciali saranno implicitamente legate a Israele. In altre parole, al sud della Siria sarà applicato lo status del Sinai demilitarizzato, visto che il governo di al-Jolani si è impegnato a perseguire qualsiasi atto ostile contro Israele e a rendere sicuri i confini israeliani. E le forze di sicurezza del paese agiranno come le forze di sicurezza palestinesi di Mahmoud Abbas contro qualsiasi atto di resistenza all'occupazione israeliana. 

Quanto all'Est della Siria, Al-Jolani e il suo team hanno concordato che non ci sarà alcuna interferenza da parte loro e che la sua amministrazione sarebbe stata lasciata alle autorità delle Fds [Forze Democratiche Siriane, guidate dai curdi] che godrebbero di una relativa indipendenza. Da notare che l'annuncio di Trump ha coinciso con l'annuncio, due giorni prima, dello scioglimento del Partito dei lavoratori del Kurdistan [Pkk] in Turchia. Ciò significa che Trump ha ora affidato la questione curda alle Fds, le quali hanno spostato le loro armi dalla Turchia alla Siria. Con questa operazione, la Turchia ha quindi esportato il suo fardello curdo in Siria dove il Pkk trasferirà i suoi quadri e membri per costruire il Rojava.

Per quanto riguarda il nord della Siria e più precisamente il governatorato di Aleppo, il governo Usa ha concordato con Erdogan che sarà sotto tutela turca. Ciò significa che la Turchia avrà un controllo assoluto fino ai confini di Homs. 

Al contrario, la costa siriana rimane un argomento di trattativa tra gli Stati Uniti e il partner Russo. I Turchi propongono che il governo al-Jolani conceda agli Stati Uniti investimenti in gas e petrolio siriani, nonché basi militari, riservando una piccola parte alla Russia e alla Turchia.

I Turchi propongono anche di mantenere la costa siriana in uno status meno indipendente rispetto al Sud e all'Est della Siria, perché, vista la minaccia di un ritorno dell'Iran, l’area deve rimanere controllata dalla paura. Da qui la funzione dei massacri degli alawiti nel caso in cui pensassero a un'alleanza con l'Iran. E se l'accordo di pace fra Iran e Stati Uniti si concretizza, la costa siriana è candidata all'auto-amministrazione su cui il governo siriano non avrà alcuna autorità e avrà il diritto di concludere accordi economici con gli Stati Uniti senza riferirsi a Damasco.

La ragione per cui Trump e Netanyahu vogliono dare ad al-Jolani un tale slancio è semplice: al-Jolani firmerà il trattato di pace con Israele come rappresentante dell'Islam dato che è un jihadista sunnita. Infatti, Israele deve fare la pace con l'Islam politico affinché l'Islam e i suoi rappresentanti rinuncino ai loro luoghi santi nella Palestina occupata. La firma dell'accordo di pace da parte di al-Jolani costituisce quindi il riconoscimento da parte dell'Islam della giudeità d'Israele e l'atto di concessione della moschea di al-Aqsa e di Gerusalemme a Israele. Questo solleva Erdogan e il regno dell'Arabia Saudita dall'onere morale della vendita di questi due luoghi santi dell'Islam.

La legittimità dei jihadisti che hanno firmato il documento di concessione deriverebbe dal fatto che avrebbero ottenuto il potere attraverso una conquista musulmana che darebbe loro la forza morale di agire a loro piacimento. Sono i conquistatori. Il conquistatore può fare quello che vuole perché è il più competente in materia di affari e interessi dei musulmani. Da un simile ragionamento, comprendiamo perché l'amministrazione statunitense ha sostenuto il progetto di islamizzazione della regione e ha sostenuto i Fratelli musulmani in Turchia, Siria, Egitto e persino in Tunisia. Voleva una firma legale che approvasse la vendita di al-Aqsa e di Gerusalemme a Israele. Per questo aveva bisogno di un leader musulmano sunnita. Quando l'ex presidente egiziano Mohamed Morsi ha fallito, ha immediatamente preso al-Jolani al suo servizio. 

Voleva una firma legale che approvasse la vendita di Al-Aqsa e di Gerusalemme a Israele. Per questo aveva bisogno di un leader musulmano sunnita. Quando l'ex presidente egiziano Mohamed Morsi ha fallito, ha immediatamente preso al-Joulani al suo servizio.

E dopo la firma dell'accordo di pace con Israele da parte degli islamisti siriani, l'Arabia Saudita potrà giustificare un accordo di pace e di normalizzazione con lo Stato sionista, poiché il regime siriano, suppostamente successore degli Omayyadi, musulmano sunnita, spalleggiato dalla Fratellanza musulmana e jihadista ha dichiarato la fine della jihad con gli ebrei e si è riconciliato con loro. Ecco perché Mohammed bin Salman ha salutato con entusiasmo l'annuncio della revoca delle sanzioni, saltando di gioia come quando un calciatore favorito segna un gol. Non si sentirà più in imbarazzo nel firmare accordi con Israele..

Ma la ragione più importante dell'annuncio della revoca delle sanzioni da parte di Trump è che al-Jolani ha accettato di attuare la parte più pericolosa dell'accordo, quella di unirsi alla battaglia per il regolamento dei conti con gli Hezbollah del Libano. Una delle ultime sacche di resistenza che Israele vuole eliminare. Da qui una seconda ragione per cui l'amministrazione statunitense non ha ancora deciso sullo status della costa siriana: il timore che cellule dormienti non partecipino alla prossima battaglia con Hezbollah una volta che Al-Joulani l'avrà lanciata in coordinamento con Israele. 

In secondo luogo, è probabile che al-Julani accetti di lavorare con gli Stati Uniti per combattere le Forze irachene di mobilitazione popolare per espellere l'Iran dall'Iraq. Due eliminazioni che dovrebbero precedere la caduta dell'Iran o pacificamente o con la guerra, per escludere definitivamente la Cina e la Russia da qualsiasi competizione dopo aver chiuso il Medio Oriente a questi due paesi. 

Per finire, ecco il prezzo della revoca delle sanzioni che gli stolti celebrano come hanno festeggiato la caduta del loro paese e del loro Stato: 

- Firmare un trattato di pace tra la Siria e Israele.

- Creare un'ambasciata israeliana a Damasco.

- Prendere le distanze dalla questione palestinese, modificare i programmi scolastici e educativi, insegnare alle generazioni future che i confini meridionali della Siria sono Israele e la Giordania con mappe geografiche già stampate.

- Accettare la giudaizzazione di Gerusalemme e di Al-Aqsa.

- Accettare il carattere giudaico dello Stato israeliano e il trasferimento di popolazioni.

- Le alture del Golan sono ora israeliane.

- Il monte Hermon è ora israeliano.

- La Siria meridionale è una regione autogovernata.

- La Siria orientale è curda e la Turchia è sollevata dal rompicapo curdo per almeno dieci anni.

- Aleppo è diventata turca.

- I jihadisti di tutto il mondo si concentreranno a Damasco e nel centro della Siria per lanciare battaglie jihadiste nel sud del Libano, poi in Iraq, poi in Asia e in Africa.

- I jihadisti siriani parteciperanno alla guerra contro Hezbollah e faciliteranno il reclutamento di tutti gli immigrati jihadisti che desiderano unirsi alla battaglia per eliminare Hezbollah e le ultime tasche dell'Iran.

- La costa siriana diventa un crocevia internazionale con un progetto di indipendenza da raggiungere dopo la scadenza del mandato di Al-Jolani.

- Tutte le ricchezze della Siria saranno cedute a imprese statunitensi, britanniche, francesi e tedesche... e Israele avrà la sua parte. 

Insomma, un prezzo esorbitante... per una barba, un velo e un presidente sunnita! 

Questo è il senso dell'annuncio di Trump perché la revoca delle sanzioni deve precedere una dichiarazione di pace con Israele per essere legittima, e affinché al-Jolani sia legittimato come conquistatore che ha revocato le sanzioni e alleggerito il fardello del popolo siriano. È dunque diventato un eroe, come il presidente egiziano Anwar al-Sadat divenne un eroe della pace quando abbandonò la Siria durante la guerra arabo-israeliana dell'ottobre 1973. 

Il prezzo esorbitante pagato dagli islamisti per tale riconoscimento straniero graverà sulle spalle delle generazioni future nei decenni. E la generazione di adesso dovrà rendere conto di questo crimine e di questo suicidio collettivo.

A meno che non si manifesti una forza inaspettata, i musulmani vedranno presto la Cupola e la Moschea Al-Aqsa distrutti, come la Mecca....  Qui la storia comincia o finisce. Il futuro ce lo dirà. Gli adoratori di Trump vogliono una cosa, ma Dio potrebbe volere qualcos'altro...

Naram Sarjoun

14/05/2025

sabato 17 maggio 2025

Udienza di Papa Leone XIV, discorso ai partecipanti al Giubileo delle Chiese Orientali


 ...  «Ai nostri giorni tanti fratelli e sorelle orientali, tra cui diversi di voi, costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà, rischiano, arrivando in Occidente, di perdere, oltre alla patria, anche la propria identità religiosa. E così, con il passare delle generazioni, si smarrisce il patrimonio inestimabile delle Chiese Orientali. (…) Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora; qui, oltre ad erigere, dove possibile e opportuno, delle circoscrizioni orientali, occorre sensibilizzare i latini. In questo senso
 chiedo al Dicastero per le Chiese Orientali, che ringrazio per il suo lavoro, di aiutarmi a definire principi, norme, linee-guida attraverso cui i Pastori latini possano concretamente sostenere i cattolici orientali della diaspora a preservare le loro tradizioni viventi e ad arricchire con la loro specificità il contesto in cui vivono».

«Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana! E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali! Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista. Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti».

«Chi più di voi può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza? Chi più di voi, che conoscete da vicino gli orrori della guerra, tanto che Papa Francesco chiamò le vostre Chiese “martiriali”? È vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza! E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del Papa, ma di Cristo, che ripete: «Pace a voi!» (Gv 20,19.21.26). E specifica: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27).La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare».

«Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi».

«La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani – orientali e latini – che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!»

Papa Leone XIV, 14 maggio 2025, udienza ai pellegrini ed ecclesiastici delle Chiese cattoliche di rito orientale

venerdì 16 maggio 2025

Il tycoon e il qaedista: prosegue la legittimazione internazionale della nuova Siria

 

   di Marinella Correggia

Il primo presidente siriano a incontrare dopo 25 anni il suo omologo statunitense è stato Ahmad al-Sharaa, nom de guerre Abu Mohammed al-Jolani. Ieri a Riad l’ex jihadista, già aderente ad al-Qaeda e per un periodo perfino braccio destro dell’emiro al-Baghdadi poi leader dell’Isis, ha stretto la mano a un sorridente Donald Trump. Trenta minuti a porte chiuse, presente il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman; al telefono il principale alleato diplomatico e politico dell’attuale regime di Damasco, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

 

Prosegue dunque spedita la legittimazione internazionale della nuova Siria, dopo l’amichevole visita di al-Sharaa a Parigi da Emmanuel Macron e dopo la dichiarazione statunitense di martedì: via le sanzioni, improvvisamente da tutti condannate come «davvero devastanti, molto potenti», per dirla con Trump. I siriani sperano che la loro rimozione (l’Unione europea proseguirà nel processo già avviato mesi fa) li faccia uscire dalla miseria di massa alla quale la guerra e l’isolamento internazionale li avevano condannati.

Sull’Air Force One che dopo Riad lo portava in Qatar, Trump ha evocato un «incontro great, con un tipo giovane, attraente, tosto. Dal passato forte. Molto forte. Combattente». Aggiungendo di ritenere che Damasco aderirà agli Accordi di Abramo e normalizzerà i rapporti con Israele: «Gli ho detto “spero che ne farai parte” e lui ha risposto “sì ma c’è molto lavoro da fare”». Tace prudente sulla partita israeliana il comunicato ufficiale dell’agenzia Sana; salutando invece la partnership con gli Usa «negli sforzi contro il terrorismo e contro gli attori non statali e i gruppi armati che minacciano la stabilità regionale». Finora non è andata così: dall’arrivo al potere dei gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al-Sham (Hts), assassini, abusi, espropri sono all’ordine del giorno; impuniti per ora i massacri contro migliaia di civili alawiti perpetrati sulla costa e gli omicidi contro i drusi.

Il comunicato dell’addetta stampa della Casa bianca Karoline Lewitt conferma che Trump ha anche suggerito ad al-Sharaa di «chiedere a tutti i terroristi stranieri di lasciare la Siria» (molti però fanno già parte del nuovo esercito), di aiutare gli Usa nello scongiurare ogni ripresa dello Stato islamico e di «assumersi la responsabilità» di diversi centri di detenzione nei quali si trovano migliaia di sospetti membri dell’Isis (la loro difficilissima gestione grava da anni sulle spalle dei curdi siriani).

Ma il comunicato della Casa bianca conferma anche il lato business dell’incontro: siccome dopo l’accordo fra Damasco e l’amministrazione curda «le frontiere con Iraq e Turchia, gli aeroporti e i pozzi petroliferi del nord-est torneranno sotto il controllo del governo alla fine dell’anno, al-Sharaa ha espresso la “speranza che la Siria sarà centrale nel commercio fra est e ovest”, e ha invitato le compagnie Usa a investire nel petrolio e gas del paese». Secondo indiscrezioni rilanciate già martedì dal Times, fra le offerte al tycoon ci sarebbe la costruzione di una Trump Tower a Damasco.

Erdogan, riporta l’agenzia stampa turca Anadolu, saluta «la strada adesso spianata per opportunità di investimento in diversi settori», ribadisce «il continuo sostegno della Turchia alla lotta di Damasco contro i gruppi terroristi, in particolare l’Isis», esprime «il desiderio di una Siria stabile e prospera che collabori con i vicini della regione e non ponga minacce nei loro confronti».  Dimenticando di aver destabilizzato il paese vicino permettendo il passaggio di decine di migliaia di jihadisti stranieri fin dal 2012; con il finanziamento da parte delle monarchie del Golfo (Qatar soprattutto), le stesse che adesso parlano di «stabilità, sovranità, integrità» del paese e sono pronte agli investimenti – finora ostacolati soprattutto dai meccanismi sanzionatori degli Usa.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva cercato di frenare Trump: troppo presto per togliere le sanzioni. Comunque, Damasco ormai intrattiene rapporti con Tel Aviv dove manda, discretamente, negoziatori.

In una Siria che sarà divisa in aree di influenza, la Banca mondiale stima che la ricostruzione dopo 13 anni di guerra costerà oltre 250 miliardi di dollari.

Il Manifesto, 15/05/25

martedì 13 maggio 2025

Pasqua di suor Marita

 

Suor Maria Rita Mantovani è nata nel 1946 ad Adria (Italia), laureata in medicina è entrata nel monastero cistercense di Valserena nel 1973 e ha emesso la professione solenne nel 1979. Dal 2005 ha fatto parte del gruppo delle fondatrici di Fons Pacis ad Azer in Siria. L'8 maggio 2025, memoriale dei fratelli di Tibhirine, suor Marita ha celebrato la sua vera Pasqua. Aveva 79 anni e da 49 era monaca.

O.C.S.O.

 Carissimi,  tanti di voi ci stanno scrivendo in questo momento. Ci siete vicini, e per dirvi grazie ci sembra che la cosa più bella che possiamo fare sia condividere con voi qualcosa di questa Pasqua così inattesa di Sr Marita, passaggio tanto veloce quanto pieno di significato, colmo di rimpianto e di Grazia, da questa vita alle braccia del Padre. 

Da qualche anno Marita affrontava una forma tumorale; la cura era efficace e per ora la situazione era sotto controllo. Qualche disturbo minore, ultimamente il cuore dava qualche colpetto irregolare, ma niente di grave. Da poco aveva fatto una visita cardiologica, e prendeva una medicina molto leggera per regolarizzare il battito.

 Come sempre, sr Marita aveva dato tutta se stessa per la preparazione della Settimana Santa. Abbiamo sentito ancora la sua voce nel canto delle Lamentazioni, nel Popule Meus cantato in arabo, nei salmi e canti della Veglia Pasquale,  fino all’ultimo “Regina Coeli” polifonico il giorno di Pasqua. Poi a vespro del giorno della Risurrezione si è sentita molto male, brividi che la scuotevano tanto da dover lasciare il coro, e farsi aiutare per andare nella sua stanza. Ci ha rassicurato che era lo stress, la stanchezza di quei giorni. E che aveva solo bisogno di riposo. Le ho chiesto se volesse fare un controllo al cuore, ma lei era tranquilla e mi ha detto che non era necessario. Nei giorni seguenti ha preso un tempo di riposo, e si è curata.. Ma non è stato sufficiente; di fatto, pensiamo che il giorno di Pasqua lei abbia avuto un infarto, o un inizio di infarto, insomma un episodio molto più grave di quello che appariva. O che lei ha voluto lasciar apparire, sapendo che già eravamo molto occupate nell’assistenza ad un’altra nostra sorella ammalata. Il 6 maggio, piano piano, abbiamo fatto un'ultima vista al cantiere del monastero, con sr Mariangela e sr Carinia; Marita era molto soddisfatta e mi ha dato ancora qualche consiglio sulle arcate..

 La mattina dell’8 maggio, prima di lodi, sono passata a vedere come stava. Era riuscita a riposare, dopo le prime ore insonni, e tutto era nella normalità. Prima della Celebrazione, alle sette e quaranta circa, è passata da lei sr Mariangela, portandole un po’ di colazione. Le ha detto che stava benino, solo non si sentiva di scendere per la celebrazione. Poco dopo, verso le 8,15, durante la Messa, ho sentito tossire sulle scale, sono uscita di corsa e l’ho trovata seduta sui gradini, che non riusciva a respirare. Mi ha chiesto i suoi farmaci, abbiamo cercato di stabilizzarla, ma non siamo riuscite. La situazione ci è sembrata subito gravissima, abbiamo chiamato i nostri operai per aiutarci a metterla in macchina e portarla all’ospedale. Sr Liliana le sosteneva il capo e un braccio, io la tenevo da davanti, ma a metà percorso l’abbiamo vista spalancare gli occhi ed emettere un piccolo gemito. Non ha più risposto e siamo certe che sia morta in quel momento, prima di arrivare in ospedale. I medici hanno comunque cercato di rianimarla, per almeno tre volte, ma dopo un’ora ci hanno comunicato ufficialmente il suo decesso.

 Così, in un attimo. Un’ora, due. Ed era già nelle braccia del Padre. 

Il dolore, enorme, lo potete immaginare, e di fatto già ci state dimostrando di viverlo e sentirlo insieme a noi. Ma vorrei scrivervi di tutta la Grazia, i grandi segni e i piccoli gesti che hanno accompagnato questa Pasqua. I due segni più grandi, in assoluto, per noi: l’8 maggio è per il nostro Ordine, e non solo, la festa liturgica dei martiri di Algeria, fra i quali i nostri sette fratelli monaci di Tibhirine. Loro sono venuti ad accompagnarla nel grande passaggio, sigillo indelebile sulla sua vocazione tanto amata e sofferta. Insieme alla Madonna di Pompei, (e anche di nostra Signora di Lujan). E, comunque, è il mese di Maggio ! In quel giorno, anche l’elezione del Papa, l’inizio di un nuovo cammino per la Chiesa.. 


Il secondo segno è come il Signore abbia fatto di sr Marita il chicco di grano di questa fondazione; ne siamo certe, darà molto frutto. Già le stiamo chiedendo tantissime cose! Nelle fondazioni diciamo che con il primo monaco o la prima monaca che muore la comunità mette le radici anche nel cielo. Ora, con lei che riposa in questa terra, siamo divenute veramente stabili in questo luogo. Ora è fondatrice due volte.. 

E poi.... Marita che fino all’ultimo ha servito la comunità: la sera precedente, pur essendo molto stanca, l’ho trovata in farmacia un bel po’ dopo Compieta. Si era alzata, perchè si era ricordata che doveva preparare le dosi di omeopatia che le sorelle avrebbero dovuto prendere il mattino seguente..Tutte poi abbiamo trovato la nostra dose pronta... La mattina, quando l’abbiamo portata letteralmente di peso in ospedale, ci hanno aiutata a sollevarla i nostri operai: insieme, un ragazzo cristiano, un alauita, un murshidin.. Arrivati all’ospedale, per metterla sulla barella, ha dato una mano anche un soldato di quelli che noi chiamiamo “i barbuti”, che per un attimo ha dimenticato il suo fucile e l’ha messo da parte. Più tardi, per riportarla a casa, avevamo bisogno di una macchina adatta ( qui non c’è disponibilità di ambulanze..).. E l’amico sunnita di Talkalakh, che vende automobili, ci ha prestato un pulmino nuovo fiammante.. Sapete quanto per Marita fosse significativo il vangelo di Giovanni (“e ho altre pecore che non sono di questo ovile..”).. Intanto Charbel, il nostro aiuto al monastero, aveva avvisato il parroco, le campane avevano suonato e la notizia si è diffusa subito: arrivati al villaggio, come è usanza qui, la gente ci aspettava lungo la strada, gettando petali di rose. E’ stato davvero commovente.. Sono saliti in moltissimi dietro di noi fino al monastero. Hanno aspettato che noi sorelle potessimo pregare un po’ accanto a lei, in privato, in uno dei trullini ( una stanza della foresteria.) e che preparassimo sr Marita con l’abito monastico e la cocolla, e poi ci hanno aiutato a portare la bara nella processione verso la cappellina. 

E’ iniziata la veglia di preghiera, alla quale si sono alternati in tanti, uomini e donne, con raccoglimento e commozione. Le donne hanno preparato il caffè delle cerimonie, un caffè super ristretto, come si usa qui, ed hanno pensato ad accogliere chi veniva per una visita, una preghiera. Ci hanno aiutate in tutto.. Qualcuno ha preparato gratuitamente il pranzo per gli ospiti, qualcuno era già andato al mattino a prendere la bara... insomma, un’esperienza di vicinanza molto bella, di cui siamo molto grate. I nostri operai, insieme a tanti altri giovani, hanno ripulito tutta la chiesa, ancora in costruzione, da ghiaia, mattoni, legni, e il chiostro che dalla chiesa porta allo scalone che scende verso il cimitero; hanno sistemato la strada dei campi, tagliato l’erba, preparato ogni cosa affinchè potessimo celebrare i funerali nel monastero tanto desiderato. 

Sr Marita, il prossimo 7 dicembre, memoria di S. Ambrogio, avrebbe celebrato il suo 50 ° di professione monastica. Volevamo arrivare a celebrarlo nella chiesa nuova. E in un certo senso è stato così, secondo la fantasia di Dio che sempre ci aspetta un po’ più avanti. 

La mattina del nove maggio, ancora gli ultimi preparativi. Sono state portate le sedie, il tavolo per l’altare, il leggio, il cavo di corrente per l’organo, il cero pasquale, ogni cosa. Noi con loro, preparando la chiesa per questa prima Messa che è stata una specie di consacrazione. Sono arrivati amici da Aleppo, fra loro anche il nostro Vescovo latino con un altro sacerdote. E il parroco maronita di Azer, Abuna Abdallah. 

 Prima di iniziare la Messa, con gli uomini che hanno portato il feretro a spalla ( e fra loro anche i nostri operai non cristiani ) la processione si è avviata verso la Chiesa, con le campane che suonavano dal villaggio. Siamo passati vicino alla fontana della nostra Madonnina, Fonte della Pace, arrivati fino alla scala principale che sale alla chiesa, e una volta entrati tutto era lì, semplice ma non spoglio.. Ci è sembrato tanto naturale, come preparato da tempo per questo momento... E poi la Messa, in rito latino ma anche con la doppia benedizione della salma, perchè poi anche Padre Abdallah ha benedetto secondo il rito Maronita. E il coro degli uccellini, continuo! La chiesa è ancora aperta, l’edificio è pieno di nidi, e i nidi pieni di piccoli.  Alla fine, un ultimo bacio e un segno di croce. La processione è ripartita, ancora al suono delle campane di Azer. La “via sacra”, questo braccio di chiostro tanto pensato e amato da sr. Marita, che dall’altare, anzi dall’abside con la sua luce dell’Oriente conduce dritta dritta verso il tramonto del sole, e quindi verso il cimitero, ci ha portati in un silenzio pieno di preghiera, attraverso i campi, le montagne del Libano alla sinistra, melograni e mandorli sulla destra, e il mare all’orizzonte, verso il luogo dove noi tutte speriamo di riposare attendendo insieme il giorno della Risurrezione. Anche il rito della sepoltura è stato bello, semplice e commovente. Per la gente che è venuta, un’esperienza pasquale di serenità e speranza.

 Noi ora abbiamo bisogno di tempo, per meditare nel cuore tutto quanto abbiamo vissuto. Ma sentiamo con forza che sr Marita continua ad essere presente fra noi, pietra viva nella costruzione di questa comunità.

 Suor Marta e la Comunità di Azer