Nell'anniversario della morte (26 ottobre 2015), ci è caro rinnovare il ricordo dell'indimenticabile Padre Nazzaro, che fu Custode di Terra Santa dal '92 al '98 e in seguito Vicario Apostolico di Aleppo, a cui OraproSiria è particolarmente legata da affetto filiale. Ci sembra degna di nota la coincidenza di questo evento con la festa celebrata in questo giorno dai cristiani di Terra Santa: Nostra Signora Regina di Palestina...Caro Padre Giuseppe, intercedi dal Cielo per la Terra Santa martoriata!
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giovedì 26 ottobre 2023
26 ottobre, Festa di Nostra Signora Regina della Palestina
martedì 24 ottobre 2023
Lettera a tutta la Diocesi del Card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme
icona della Vergine Maria, Regina della Palestina |
Carissimi, il Signore vi dia pace!
Stiamo attraversando uno dei periodi più difficili e dolorosi della nostra storia recente. Da ormai più di due settimane siamo stati inondati da immagini di orrore, che hanno risvegliato traumi antichi, aperto nuove ferite, e fatto esplodere dentro tutti noi dolore, frustrazione e rabbia. Molto sembra parlare di morte e di odio senza fine. Tanti “perché” si accavallano nella nostra mente, facendo aumentare così il nostro senso di smarrimento.
Tutto il mondo guarda a questa nostra Terra Santa, come ad un luogo che è causa continua di guerre e divisioni. Proprio per questo è stato bello che qualche giorno fa, tutto il mondo fosse invece unito a noi con una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Uno sguardo bello sulla Terra Santa e un importante momento di unità con la nostra Chiesa. E questo sguardo continua. Il prossimo 27 ottobre il Papa ha indetto una seconda giornata di preghiera e di digiuno, perché la nostra intercessione continui. Sarà una giornata che celebreremo con convinzione. È forse la cosa principale che noi cristiani in questo momento possiamo fare: pregare, fare penitenza, intercedere. E di questo ringraziamo il Santo Padre di vero cuore.
In tutto questo frastuono dove il rumore assordante delle bombe si mischia alle tante voci di dolore e ai tanti contrastanti sentimenti, sento il bisogno di condividere con voi una parola che abbia la sua origine nel Vangelo di Gesù, perché in fondo è da lì che tutti noi dobbiamo partire e lì dobbiamo sempre ritornare. Una parola di Vangelo che ci aiuti a vivere questo tragico mo-mento unendo i nostri sentimenti a quelli di Gesù.
Guardare a Gesù, ovviamente, non significa sentirci esonerati dal dovere di dire, denunciare, richiamare, oltre che consolare e incoraggiare. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo di domenica scorsa, è necessario rendere “a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Matt. 22,21). Guardando a Dio, vogliamo dunque, innanzitutto, rendere a Cesare ciò che è suo.
La coscienza e il dovere morale mi impongono di affermare con chiarezza che quanto è avvenuto il 7 ottobre scorso nel sud di Israele, non è in alcun modo ammissibile e non possiamo non condannarlo. Non ci sono ragioni per una atrocità del genere. Si, abbiamo il dovere di affermarlo e denunciarlo. Il ricorso alla violenza non è compatibile col Vangelo, e non conduce alla pace. La vita di ogni persona umana ha una dignità uguale davanti a Dio, che ci ha creati tutti a Sua immagine.
La stessa coscienza, tuttavia, con un grande peso sul cuore, mi porta oggi ad affermare con altrettanta chiarezza che questo nuovo ciclo di violenza ha portato a Gaza oltre cinquemila morti, tra cui molte donne e bambini, decine di migliaia di feriti, quartieri rasi al suolo, mancanza di medicinali, acqua, e beni di prima necessità per oltre due milioni di persone. Sono tragedie che non sono comprensibili e che abbiamo il dovere di denunciare e condannare senza riserve. I continui pesanti bombardamenti che da giorni martellano Gaza causeranno solo morte e distruzione e non faranno altro che aumentare odio e rancore, non risolveranno alcun problema, ma anzi ne creeranno dei nuovi. È tempo di fermare questa guerra, questa violenza insensata.
È solo ponendo fine a decenni di occupazione, e alle sue tragiche conseguenze, e dando una chiara e sicura prospettiva nazionale al popolo palestinese che si potrà avviare un serio processo di pace. Se non si risolverà questo problema alla sua radice, non ci sarà mai la stabilità che tutti auspichiamo. La tragedia di questi giorni deve condurci tutti, religiosi, politici, società civile, comunità internazionale, ad un impegno in questo senso più serio di quanto fatto fino ad ora. Solo così si potranno evitare altre tragedie come quella che stiamo vivendo ora. Lo dobbiamo alle tante, troppe vittime di questi giorni, e di tutti questi anni. Non abbiamo il diritto di lasciare ad altri questo compito.
Ma non posso vivere questo tempo estremamente doloroso, senza rivolgere lo sguardo verso l’Alto, senza guardare a Cristo, senza che la fede illumini il mio, il nostro sguardo su quanto stiamo vivendo, senza rivolgere a Dio il nostro pensiero. Abbiamo bisogno di una Parola che ci accompagni, ci consoli e ci incoraggi. Ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo.
“Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).
Ci troviamo alla vigilia della passione di Gesù. Egli rivolge queste parole ai suoi discepoli, che di lì a poco saranno sballottati come in una tempesta di fronte alla Sua morte. Saranno presi dal panico, si disperderanno e fuggiranno, come pecore senza pastore.
Ma questa ultima parola di Gesù è un incoraggiamento. Non dice che vincerà, ma che ha già vinto. Anche nel dramma che verrà, i discepoli potranno avere pace. Non si tratta di una pace irenica campata in aria, né di rassegnazione al fatto che il mondo è malvagio e che non possiamo fare nulla per cambiarlo. Ma di avere la certezza che proprio dentro tutta questa malvagità, Gesù ha vinto. Nonostante il male che devasta il mondo, Gesù ha conseguito una vittoria, ha stabilito una nuova realtà, un nuovo ordine, che dopo la risurrezione sarà assunto dai discepoli rinati nello Spirito.
È sulla croce che Gesù ha vinto. Non con le armi, non con il potere politico, non con grandi mezzi, né imponendosi. La pace di cui parla non ha nulla a che fare con la vittoria sull’altro. Ha vinto il mondo, amandolo. È vero che sulla croce inizia una nuova realtà e un nuovo ordine, quello di chi dona la vita per amore. E con la Risurrezione e con il dono dello Spirito, quella realtà e quell’ordine appartengono ai suoi discepoli. A noi. La risposta di Dio alla domanda sul perché della sofferenza del giusto, non è una spiegazione, ma una Presenza. È Cristo sulla croce.
È su questo che si gioca la nostra fede oggi. Gesù in quel versetto parla giustamente di coraggio. Una pace così, un amore così, richiedono un grande coraggio.
Avere il coraggio dell’amore e della pace qui, oggi, significa non permettere che odio, vendetta, rabbia e dolore occupino tutto lo spazio del nostro cuore, dei nostri discorsi, del nostro pensare. Significa impegnarsi personalmente per la giustizia, essere capaci di affermare e denunciare la verità dolorosa delle ingiustizie e del male che ci circonda, senza però che questo inquini le nostre relazioni. Significa impegnarsi, essere convinti che valga ancora la pena di fare tutto il possibile per la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la riconciliazione. Il nostro parlare non deve essere pieno di morte e porte chiuse. Al contrario, le nostre parole devono essere creative, dare vita, creare prospettive, aprire orizzonti.
Ci vuole coraggio per essere capaci di chiedere giustizia senza spargere odio. Ci vuole coraggio per domandare misericordia, rifiutare l’oppressione, promuovere uguaglianza senza pretendere l’uniformità, mantenendosi liberi. Ci vuole coraggio oggi, anche nella nostra diocesi e nelle nostre comunità, per mantenere l’unità, sentirsi uniti l’uno all’altro, pur nelle diversità delle nostre opinioni, delle nostre sensibilità e visioni.
Io voglio, noi vogliamo essere parte di questo nuovo ordine inaugurato da Cristo. Vogliamo chiedere a Dio quel coraggio. Vogliamo essere vittoriosi sul mondo, assumendo su di noi quella stessa Croce, che è anche nostra, fatta di dolore e di amore, di verità e di paura, di ingiustizia e di dono, di grido e di perdono.
Prego per tutti noi, e in particolare per la piccola comunità di Gaza, che più di tutte sta soffrendo. In particolare, il nostro pensiero va ai 18 fratelli e sorelle periti recentemente, e alle loro famiglie, che conosciamo personalmente. Il loro dolore è grande, eppure, ogni giorno di più mi rendo conto che loro sono in pace. Spaventati, scossi, sconvolti, ma con la pace nel cuore. Siamo tutti con loro, nella preghiera e nella solidarietà concreta, ringraziandoli della loro bella testimonianza.
Preghiamo infine per tutte le vittime innocenti. La sofferenza degli innocenti davanti a Dio ha un valore prezioso e redentivo, perché si unisce alla sofferenza redentrice di Cristo. Che la loro sofferenza avvicini sempre di più la pace!
Ci stiamo avvicinando alla solennità della Regina di Palestina, la patrona della nostra diocesi. Quel santuario fu eretto in un altro periodo di guerra, e fu scelto come luogo speciale per pregare per la pace. In quei giorni riconsacreremo nuovamente la nostra Chiesa e la nostra terra alla Regina di Palestina! Chiedo a tutte le chiese nel mondo di unirsi al Santo Padre e a noi nella preghiera, e nella ricerca di giustizia e pace.
Non potremo quest’anno ritrovarci tutti, perché la situazione non lo permette. Ma sono certo che tutta la diocesi sarà unita in quel giorno per pregare unita e solidale per la pace, non quella del mondo, ma quella che ci dona Cristo.
Con l’augurio di ogni bene,
†Pierbattista Card. Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini
https://www.lpj.org/it/posts/letter-to-the-entire-diocese.html
lunedì 16 ottobre 2023
I cristiani siriani sono vicini alla gente che soffre in Terra Santa
"Siamo vicini alla gente che soffre per la violenza e per la guerra in Terra Santa. Non possiamo che pregare per la pace. Ci uniamo spiritualmente e concretamente a tutti i fedeli che il 17 ottobre e nei giorni successivi vivranno giornate e momenti di preghiera e digiuno per la pace. Desideriamo la pace per la Terra Santa, come il bene più grande, come dono di Dio", dice all'Agenzia Fides mons. Mounir Saccal, Vicario generale dell’eparchia siro-cattolica di Aleppo e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Siria.
Il popolo siriano, provato da anni di guerra, racconta mons. Saccal, “comprende nel profondo le difficoltà, i disagi, le sofferenze della popolazione civile sconvolta e affranta in Palestina. Il popolo siriano vive ancora una situazione post bellica, in un fase di ripresa molto, molto lenta. A livello economico c'è ancora scarsità di carburante e i servizi sociali come le scuole funzionano a singhiozzo e con difficoltà. I passi avanti sono lenti e si procede con difficoltà, ma la speranza resta. Oggi è raro trovare una famiglia intera, le famiglie si sono frammentate per l'emigrazione, dopo dodici anni di guerra. E sono i giovani a risentirne di più. Questa situazione si riflette anche sulle nostre Chiese, sulle persone che partecipano alla vita della comunità e ha conseguenze sulle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Gli ultimi quattro anni sono stati i più difficili”.
"Oggi – aggiunge – vediamo con dolore il sorgere di una nuova guerra in Medio Oriente, e consideriamo con grande preoccupazione i rischi di un possibile allargamento regionale del conflitto. Viviamo in una terra martoriata. Ma ora, purtroppo, non possiamo fare nulla per la gente che soffre in Terra Santa. E' impossibile pensare di organizzare e portare aiuti umanitari. E’ possibile alimentare la comunione spirituale. Preghiamo per la pace e confidiamo in Dio onnipotente, che può cambiare e convertire i cuori”.
Conclude mons. Saccal: "Da battezzati in Siria, attendiamo e seguiamo le raccomandazioni dei nostri Patriarchi per dare una risposta di fede, speranza e carità, come comunità cristiane di tutte le confessioni, in questa terra dove è vissuto Cristo Gesù. Tutto questo accade nel mese missionario e mentre ci prepariamo alla Giornata Missionaria Mondiale del 22 ottobre. Diciamo allora, con Papa Francesco: viviamo questo tempo difficile di violenza e di guerra con i cuori ardenti, accesi dalla Parola di Gesù, e con i piedi in cammino, per annunciare il suo amore”.
sabato 14 ottobre 2023
Guerra e gas naturale: l'invasione israeliana e i giacimenti offshore di Gaza
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Sabato 7 ottobre 2023, Hamas ha lanciato l'operazione "Al-Aqsa Storm", guidata dal suo leader militare Mohammed Deif . Lo stesso giorno, Netanyahu ha confermato la cosiddetta “preparazione alla guerra”. Israele ha ora dichiarato ufficialmente una guerra illegale contro la Palestina.
Le operazioni militari vengono sempre pianificate con largo anticipo . L’operazione “Tempesta Al-Aqsa” è stata un “attacco a sorpresa”? Netanyahu e il suo vasto apparato di intelligence militare erano a conoscenza dell’attacco di Hamas? È stato preso in considerazione un piano attentamente formulato per intraprendere una guerra totale contro la Palestina prima del lancio dell’operazione Al-Aqsa Storm?
L'analisi del Dott. Filiph Giraldi:
La lotta tra Gaza e Israele è “una falsa bandiera”? Hanno lasciato che accadesse? Il loro obiettivo è “cancellare Gaza dalla mappa”?
Sono l’unico che ha letto di un discorso tenuto da Netanyahu o da qualcuno nel suo gabinetto circa una settimana fa in cui lui/loro hanno fatto riferimento di sfuggita ad una “situazione di sicurezza in via di sviluppo” che piuttosto suggerisce (a me) che avrebbero potuto sapere sviluppi a Gaza e hanno scelto di lasciare che ciò accadesse in modo da poter cancellare Gaza dalla mappa come rappresaglia e, forse facendo affidamento sull’impegno degli Stati Uniti di “coprire le spalle” di Israele, coinvolgendo poi l’Iran e attaccando quel paese?
Non riesco a trovare un collegamento, ma ho un ricordo abbastanza forte di ciò che lessi perché all'epoca pensavo che sarebbe servito come pretesto per un altro massacro di palestinesi.
Come ex ufficiale dell’intelligence, trovo impossibile credere che Israele non avesse molteplici informatori all’interno di Gaza e dispositivi di ascolto elettronici lungo tutto il muro di confine che avrebbero rilevato i movimenti di gruppi e veicoli.
In altre parole, l’intera faccenda potrebbe essere un intreccio di bugie, come spesso accade. E come sempre accade, Joe Biden si prepara a inviare alcuni miliardi di dollari al povero piccolo Israele per pagare la sua “difesa”.
Bisogna anche comprendere che la dichiarazione di guerra illegale di Netanyahu contro Gaza il 7 ottobre 2023 è una continuazione dell’invasione di Gaza nel 2008-2009 come parte dell’Operazione Piombo Fuso . L’obiettivo di fondo è l’occupazione militare totale di Gaza da parte delle forze di difesa israeliane e l’espulsione dei palestinesi dalla loro terra natale (patria).
Uno sguardo al passato: l’operazione “Piombo Fuso” (2008-2009)
Gaza appartiene alla Palestina. Nel dicembre 2008, le forze israeliane hanno invaso la Striscia di Gaza come parte dell’operazione Piombo Fuso. Questa invasione è stata giustificata da “persistenti attività terroristiche e una costante minaccia di missili provenienti dalla Striscia di Gaza e diretti contro i civili israeliani”.
Qual era l'obiettivo nascosto?
L’operazione “Piombo Fuso” mirava a confiscare le riserve marittime di gas naturale della Palestina.
Dopo l’invasione, i giacimenti di gas palestinesi furono di fatto confiscati da Israele, in violazione del diritto internazionale.
Un anno dopo l’operazione Piombo Fuso, Tel Aviv annunciò la scoperta del giacimento di gas naturale Leviathan nel Mediterraneo orientale “al largo delle coste di Israele”.
All’epoca, questo giacimento di gas era “…il più grande giacimento mai scoperto nell’area sottoesplorata del bacino levantino, che copre circa 83.000 chilometri quadrati della regione del Mediterraneo orientale”. Se a ciò aggiungiamo il giacimento Tamar, situato nello stesso luogo e scoperto nel 2009, le prospettive sono quelle di una manna energetica per Israele, per Noble Energy, con sede a Houston (Texas), e per i suoi partner Delek Drilling, Avner Oil Esplorazione e rapporto di esplorazione petrolifera.
VEDI : -di F. William Engdahl Gas e petrolio nel Bacino di Levante
-di Imad Fawzi Shueibi La Siria al centro della guerra del gas nel Medio Oriente
e su - IL SOLE 24ORE Dopo la terra tocca al mare dividere israeliani e libanesi
L' articolo seguente è stato originariamente pubblicato il 12 gennaio 2009:
L’invasione militare della Striscia di Gaza da parte delle forze israeliane è direttamente collegata al possesso e al controllo delle riserve strategiche di gas in mare.
È una guerra di conquista: nel 2002 sono state scoperte vaste riserve di gas al largo di Gaza.
In un accordo firmato nel novembre 1999, l’Autorità Palestinese (AP) ha garantito 25 anni di diritti di esplorazione di gas e petrolio a British Gas (BG Group) e al suo partner con sede ad Atene Consolidated Contractors International Company (CCC), di proprietà della libanese Sabbagh e famiglie Koury.
Questi diritti sui giacimenti di gas offshore sono del 60% per British Gas, 30% per Consolidated Contractors e 10% per il Fondo di investimento palestinese. (Haaretz, 21 ottobre 2007) L'accordo AP-BG-CCC prevede lo sfruttamento dei giacimenti e la costruzione di un gasdotto. ( Digest economico del Medio Oriente , 5 gennaio 2001)
La licenza della BG copre l'intera area marittima al largo della costa di Gaza, contigua a diversi impianti di gas israeliani. Va notato che il 60% delle riserve di gas lungo la costa di Gaza e Israele appartengono alla Palestina.
BG Group ha perforato due pozzi nel 2000: Gaza Marine-1 e Gaza Marine-2. British Gas stima che le riserve siano nell’ordine di 1,4 trilioni di piedi cubi, per un valore di circa 4 miliardi di dollari. Questi sono i dati pubblicati da British Gas. La dimensione delle riserve di gas palestinesi potrebbe rivelarsi molto maggiore.
Chi possiede le riserve di gas?
La questione della sovranità sui giacimenti di gas di Gaza è cruciale. Da un punto di vista legale, queste riserve appartengono alla Palestina.
La morte di Yasser Arafat, l’elezione del governo di Hamas, così come la debacle dell’Autorità Palestinese hanno consentito a Israele di assumere di fatto il controllo di queste riserve.
British Gas (BG Group) ha negoziato con il governo di Tel Aviv. D'altro canto, il governo di Hamas non è stato consultato per quanto riguarda la prospezione e lo sfruttamento dei giacimenti di gas.
L’elezione del Primo Ministro Ariel Sharon nel 2001 ha rappresentato un importante punto di svolta in questa vicenda. All'epoca, la sovranità palestinese sulle riserve di gas offshore era messa in discussione dalla Corte Suprema israeliana. Sharon ha affermato senza ambiguità che "Israele non comprerebbe mai il gas dalla Palestina", suggerendo così che le riserve marine di Gaza appartenessero a Israele.
Nel 2003, Ariel Sharon pose il veto a un accordo iniziale, che avrebbe consentito alla British Gas di fornire a Israele gas naturale dai pozzi marini di Gaza. ( The Independent , 19 agosto 2003).
La vittoria elettorale di Hamas nel 2006 ha contribuito alla caduta dell'Autorità Palestinese, di conseguenza confinata in Cisgiordania sotto il regime mandatario di Mahmoud Abbas.
Nel 2006, la British Gas “era vicina a firmare un accordo per portare il gas in Egitto. » (Times, 28 maggio 2007). Secondo alcuni rapporti, l'allora primo ministro britannico Tony Blair sarebbe intervenuto in favore di Israele per far fallire l'accordo con l'Egitto.
L'anno successivo, nel maggio 2007, il governo israeliano approvò la proposta del primo ministro Ehud Olmert di "acquistare gas dall'Autorità Palestinese". Il contratto proposto era di 4 miliardi di dollari e i profitti proposti ammontavano a 2 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo sarebbe andato ai palestinesi.
Tuttavia, Tel Aviv non aveva intenzione di condividere le proprie entrate con la Palestina. Una squadra di negoziatori israeliani è stata riunita dal governo israeliano per raggiungere un accordo con il gruppo BG escludendo sia il governo di Hamas che l'Autorità Palestinese.
“I funzionari della difesa israeliani vogliono che i palestinesi siano pagati in beni e servizi, e insistono affinché il governo di Hamas non riceva denaro ”.
L'obiettivo era soprattutto quello di rendere obsoleto il contratto firmato nel 1999 tra il Gruppo BG e l'Autorità Palestinese, allora guidata da Yasser Arafat. Secondo l’accordo proposto nel 2007 con la BG, il gas palestinese proveniente dai pozzi marini di Gaza doveva essere trasportato al porto israeliano di Ashkelon attraverso un gasdotto sottomarino, trasferendo così il controllo della vendita di gas naturale a Israele. Il piano fallì e le trattative furono sospese.
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Gaza e la geopolitica dell’energia
Cosa possiamo aspettarci dopo l’invasione? Qual è l'intenzione di Israele riguardo al gas naturale palestinese? Ci sarà un nuovo assetto territoriale, con lo stazionamento di truppe israeliane e/o la presenza di “forze di pace”? Assisteremo alla militarizzazione di tutta la costa di Gaza, strategica per Israele?L’occupazione militare di Gaza mira a trasferire la sovranità sui giacimenti di gas a Israele, in violazione del diritto internazionale.
Queste varie strutture offshore si collegano anche al corridoio di trasporto energetico israeliano, che si estende dal porto di Eilat, il porto marittimo terminale del gasdotto sul Mar Rosso, al terminal del gasdotto di Ashkelon e ad Haifa nel nord. Il corridoio si collegherebbe infine, tramite un gasdotto israelo-turco, attualmente in fase di studio, al porto turco di Ceyhan. Ceyhan è il terminale del gasdotto transcaspico Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC). “Stiamo valutando la possibilità di collegare il gasdotto BTC al gasdotto trans-israeliano Eilat-Ashkelon, noto anche come Israel’s Tipline. » (Vedi Michel Chossudovsky, La guerra al Libano e la battaglia per il petrolio , Global Research, 23 luglio 2006).I giacimenti di gas palestinesi verranno confiscati a titolo definitivo e la sovranità israeliana sulle zone marittime della Striscia di Gaza sarà dichiarata unilateralmente? Se ciò dovesse accadere, i giacimenti di gas di Gaza verrebbero integrati con le adiacenti installazioni offshore di Israele.
https://www.globalresearch.ca/is-the-gaza-israel-fighting-a-false-flag-they-let-it-happen-their-objective-is-to-wipe-gaza-off-the-map/5835310FONTI:
sabato 7 ottobre 2023
91 morti, 277 feriti in un attacco terroristico a Homs, in Siria
I 91 morti includono 31 donne e 5 bambini mentre presenziavano con i loro familiari alla cerimonia di laurea presso l'Accademia militare di Homs, mentre 277 sono rimasti feriti.
Questo è stato uno degli attacchi più mortali contro l'esercito siriano ed è stato programmato per avvenire alla fine della cerimonia, quando le famiglie sono scese nel cortile per salutare personalmente i loro cari che erano passati da cadetto ad ufficiale.
La Siria ha dichiarato tre giorni di lutto.
Gli attacchi sono stati compiuti dagli uiguri del Partito islamico del Turkistan (TIP) e della Brigata degli Emigranti. Questi due gruppi armati sono noti per le loro capacità tecnologiche nel condurre attacchi con droni.
Gli esperti ritengono che l'attacco all'accademia militare siriana e al suo pubblico civile composto da familiari sia stato provocato dalla visita del presidente siriano Bashar al-Assad in Cina, dove si sono aperti i 19° Giochi asiatici e hanno visto la partecipazione di atleti siriani.
Il massiccio attacco è stato scioccante poiché il conflitto siriano è in una situazione di stallo e i campi di battaglia tacciono dal 2017, quando il presidente degli Stati Uniti Trump ha tagliato il programma da un miliardo di dollari della CIA, Timber Sycamore, che finanziava i terroristi islamici radicali in Siria che lottavano per rovesciare il governo siriano di Damasco. Due terzi della Siria sono sotto il controllo del governo, ad eccezione dell’occupazione curdo-americana del nord-est e della provincia di Idlib controllata dai terroristi nel nord-ovest.
Secondo la televisione Al Mayadeen, i droni avanzati utilizzati nell'attacco sono stati consegnati tre mesi fa dalla Francia al TIP. Questa organizzazione terroristica è alleata con il gruppo terroristico Hayat Tahrir al-Sham, precedentemente chiamato Jibhat al-Nusra, affiliato di Al Qaeda in Siria. TIP è composto da uiguri, un gruppo etnico turco originario della Cina nordoccidentale. I suoi combattenti hanno sede nelle zone montuose di Latakia e Idlib in Siria, al confine con la Turchia.
Il Ministero della Difesa siriano aveva precedentemente riferito di aver abbattuto due droni a nord di Aleppo che avevano preso di mira i civili in piccoli villaggi.
Chi sono gli uiguri?
TIP è un gruppo terroristico uiguro armato che in Siria combatte a fianco dei terroristi sponsorizzati dagli Stati Uniti, l' Esercito siriano libero (FSA), dal 2015. Il Long War Journal ha riferito nel 2015 che TIP aveva legami con Al Qaeda.
Le chiese siriane sono state distrutte dal TIP e a Jisr al-Shughur sulla croce di una chiesa era posta una bandiera del TIP. La provincia di Idlib è stata sottoposta alla pulizia etnica dei cristiani da parte del TIP, che ha ucciso un cristiano e sua moglie. Nelle precedenti battaglie a Idlib e Homs, TIP ha combattuto al fianco di Al Qaeda e ISIS.
I campi di addestramento dei bambini come terroristi sono gestiti da TIP. I bambini soldato uiguri mentre vengono addestrati con le armi da fuoco sono stati raffigurati in un video diffuso da TIP.
Il sostegno della Turchia agli uiguri
Gli uiguri sono un gruppo etnico musulmano di lingua turca che ha una parentela linguistica, religiosa e culturale comune con il popolo turco.
In passato, quando era sindaco di Istanbul, Erdogan descrisse gli uiguri come gli antichi antenati della nazione turca, e la loro area nella Cina occidentale come la culla della storia, della civiltà e della cultura turca.
Nel 2014 gli uiguri hanno compiuto un attacco terroristico a Kunming, in Cina. I terroristi sorpresi a fuggire dall'attacco avevano con sé passaporti turchi mentre tentavano di viaggiare attraverso l'Indonesia.
Secondo la Jamestown Foundation , i collegamenti turchi sono stati utilizzati da TIP per recarsi in Siria attraverso l'associazione umanitaria Uyghur East Turkistan Education and Solidarity Association (ETESA) che ha sede in Turchia. Il presidente turco Erdogan ha diretto personalmente un elaborato piano di viaggio affinché gli uiguri in Cina arrivassero in Siria per uccidere.
Erdogan ha ordinato il rilascio di passaporti falsi per gli uiguri, che sono stati poi utilizzati per viaggiare dalla Cina a Istanbul, dove i passaporti falsi sono stati poi confiscati dai funzionari dell'immigrazione turchi, e gli agenti dell'intelligence turca hanno trasportato clandestinamente i terroristi da Istanbul a Idlib.
TIP sollecita donazioni utilizzando il servizio postale turco, che invia le donazioni alle banche turche.
Nel 2017, l’Associated Press ha riferito che almeno 5.000 uiguri combattevano in Siria e diverse centinaia si erano uniti all’Isis.
Nel 2006 gli Stati Uniti hanno catturato 22 terroristi uiguri dalle zone di combattimento in Afghanistan perché erano collegati ad Al Qaeda. Sono stati imprigionati senza processo per cinque-sette anni a Guantanamo Bay, ma poi rilasciati negli Stati Uniti, nonostante gli avvertimenti dei politici e le lamentele del pubblico che temeva che la prigione non fosse sicura.
Gli Stati Uniti hanno abbattuto oggi un drone turco in Siria , come riportato da Mark Alfred del Daily Beast.
Un F-16 americano ha abbattuto un drone turco nel nord-est della Siria dopo che le autorità lo avevano ritenuto una minaccia per le forze americane.
La Turchia, alleata della NATO, ha effettuato attacchi aerei contro militanti curdi sostenuti dagli Stati Uniti e ha 900 soldati statunitensi nelle vicinanze che occupano i giacimenti di petrolio e gas siriani nel nord-est.
L’abbattimento del drone turco potrebbe aumentare le tensioni tra gli alleati, con il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin che incontrerà i funzionari turchi.
L’attacco di ieri a Homs dimostra gli sforzi persistenti per destabilizzare la Siria e terrorizzare la sua popolazione.
Le sanzioni statunitensi hanno portato migliaia di siriani a rischiare una migrazione mortale via mare verso l’Europa.
Il presidente Obama e il suo vicepresidente Joe Biden hanno lanciato un attacco USA-NATO alla Siria nel marzo 2011, che ha fallito l’obiettivo di un cambio di regime, ma è riuscito a distruggere il paese.
Steven Sahiounie
DICHIARAZIONE di Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II Patriarca di Antiochia e dell' East, Capo della Universale Chiesa Siriaco Ortodossa
" Preghiamo per le vittime dell'Accademia Militare e le loro famiglie a Homs-Siria, tra cui un padre cristiano e 3 figli che partecipavano alla cerimonia di laurea di uno dei figli. Tutti e quattro sono stati martirizzati."
Dalla dichiarazione (sulla pagina facebook) di Mons. Hanna Jallouf Vicario Apostolico dei Latini in Siria
"Laviamo il carbone mille volte e non diventerà bianco. Così è il cuore di alcune persone, qualunque cosa tu faccia con loro.
A nome mio e della comunità latina in Siria, porgo le mie condoglianze alle famiglie di tutte le vittime cadute in Patria in questi giorni, chiedendo a Dio misericordia per i martiri e guarigione per i feriti .
Possa Dio Onnipotente rimuovere la calamità dal popolo e dal Paese, affinché la pace, l’armonia, la stabilità e la prosperità possano ritornare in questo Paese ferito e sanguinante."