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giovedì 23 aprile 2015

Il primo genocidio del XX secolo


 Io sono armeno. Ես հայ եմ

di Alessandro Aramu
 Da qualche mese nel mio DNA c’è anche l’Armenia. Il mio patrimonio genetico è fatto di tutti i luoghi che ho visitato, di tutte le persone che ho incontrato, di tutti gli sguardi che ho incrociato. C’è un pezzo di loro in tutte le cose che faccio, in tutto ciò che credo.
Da qualche mese sono anche armeno, figlio adottivo di quel genocidio che ha sterminato cento anni fa milioni di persone. Lo sono in particolar modo da quando ho intervistato gli ultimi sopravvissuti, in una cavalcata di emozioni e pulsioni che mi ha portato in quel paese schiacciato tra la Turchia e l’Azerbaigian.
Sono loro ad avermi chiesto di ricordare quelle persecuzioni, quell’odio, quella ferocia che da un secolo si portano dentro. Un crimine che non dimenticano. Che nessuno deve dimenticare.
Le mani intrecciate sul rosario di Aharon, lo sguardo fiero di Silvard e la forza di Andranik sono la ragione che mi ha spinto a raccontare le loro storie, fatte di strappi, di lacerazioni, di affetti impossibili da ricongiungere. Di luoghi che non potranno più visitare perché qualcuno ha violentato, ma non ucciso, la loro identità di popolo.
Fotografie sparse su un tavolo, ricordi che si perdono nel tempo, quando ancora si era bambini e tutto sembrava avvolto da innocenza e ingenuità.
Ma poi vennero gli uomini cattivi, con le loro armi, a portare via mamma e papà. Fratelli. Sorelle. Nonni e zii. Uomini cattivi che non hanno neppure un volto.
Pensieri, silenzi. Ancora silenzi. E poi, improvvisi, ricordi che acquistano spessore, come quella pelle marchiata dal sole al termine di camminate interminabili. Dove c’era vita all’improvviso crebbe la morte, come una pianta infestante che sbuca fuori subito dopo averla estirpata.
Morte.
Sono armeno. Lo sono ogni giorno che passa, perché da quella gente ho imparato la dignità, la semplicità e l’affetto sincero. Invaso dal calore di una casa che si apre a uno sconosciuto e diventa anche un po’ tua.
Sono armeno perché ho il diritto e il dovere, come uomo e come giornalista, di ricordare quella violenza, che non scalfisce solo i corpi, non li violenta, non li deturpa. No, quella rabbia ha segni profondi che si imprimono nell’anima. E nella memoria collettiva di una nazione.
Ho sentito le loro grida, visto i ventri delle donne incinte squarciati dalle lame, le teste mozzate ed esposte come trofei. Corpi smembrati, ripiegati come cartacce da calpestare. Croci, tante croci. Simbolo di un cristianesimo negato. Luogo di morte per migliaia di persone.
Ecco perché “Il genocidio armeno: 100 anni di silenzio” non è un libro qualunque. Non è il mio libro. E neanche degli altri autori che hanno costruito insieme a me questo viaggio verso l’orrore, di ieri e di oggi. Perché, qui dentro c’è anche un pizzico della Siria contemporanea, con il suo sangue che scorre proprio nei luoghi dove migliaia di armeni trovarono rifugio o morte.
Siria e Armenia. Legate da un destino comune, abbracciate come le donne costrette a soffocare i propri figli in una stretta mortale. Perché tutto qui si mischia, sangue, sudore, polvere e sofferenza.
Questo è il libro di quei sopravvissuti, dei loro figli, dei loro nipoti. Un libro offerto in dono a chi vuole vivere in un mondo migliore, dove i giusti e i torturatori possono finalmente sedersi intorno a un tavolo nella consapevolezza del riconoscimento dell’orrore e del perdono. Un libro che deve unire, che deve far riflettere, che deve far sentire tutti un po’ figli di quella terra generosa che sa perdonare ma non potrà mai dimenticare.
Ecco perché sono armeno. Orgoglioso di esserlo diventato.


1915-2014










SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
Messa  per i fedeli di rito armeno
del 12 aprile 2015

Cari fratelli e sorelle armeni,
cari fratelli e sorelle!
In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra.
Anche oggi stiamo vivendo una sorta di genocidio causato dall’indifferenza generale e collettiva, dal silenzio complice di Caino che esclama: “A me che importa?”; «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9; Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).

La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come «il primo genocidio del XX secolo» (Giovanni Paolo II e Karekin II, Dichiarazione comune, Etchmiadzin, 27 settembre 2001); essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi. Le altre due furono quelle perpetrate dal nazismo e dallo stalinismo. E più recentemente altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. 
Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che “la guerra è una follia, una inutile strage” (cfr Omelia a Redipuglia, 13 settembre 2014).

Cari fedeli armeni, oggi ricordiamo con cuore trafitto dal dolore, ma colmo della speranza nel Signore Risorto, il centenario di quel tragico evento, di quell’immane e folle sterminio, che i vostri antenati hanno crudelmente patito. Ricordarli è necessario, anzi, doveroso, perché laddove non sussiste la memoria significa che il male tiene ancora aperta la ferita; nascondere o negare il male è come lasciare che una ferita continui a sanguinare senza medicarla!
Vi saluto con affetto e vi ringrazio per la vostra testimonianza.

Con la ferma certezza che il male non proviene mai da Dio, infinitamente Buono, e radicati nella fede, professiamo che la crudeltà non può mai essere attribuita all’opera di Dio e, per di più, non deve assolutamente trovare nel suo Santo Nome alcuna giustificazione. 
Viviamo insieme questa Celebrazione fissando il nostro sguardo su Gesù Cristo Risorto, Vincitore della morte e del male.




Il discorso di Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di Tutti gli Armeni:

http://www.news.va/it/news/il-discorso-di-sua-santita-karekin-ii-patriarca-su




Il Patriarca maronita: evitano di nominare il Genocidio armeno solo per paura delle conseguenze legali


Erevan (Agenzia Fides) - “Dopo cento anni, la comunità internazionale sta cercando una definizione per il Genocidio armeno e ha paura di chiamarlo Genocidio perché ne teme le conseguenze legali”. Così il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Bechara Boutros Rai, ha spiegato la riluttanza di nazioni e organismi internazionali a pronunciare la parola genocidio per indicare i massacri pianificati di armeni avvenuti in Anatolia nel 1915. Le dichiarazioni del Patriarca Rai sono state rilasciate a Erevan, dove il Primate della Chiesa maronita si trova per prendere parte alle commemorazioni ufficiali del centenario del Genocidio armeno. 

Senza citare espressamente la Turchia – che esercita pressioni diplomatiche a tutti i livelli e in tutte le direzioni per evitare che la definizione di Genocidio armeno sia utilizzata dai leader politici e religiosi, dalle istituzioni politiche delle singole nazioni e dagli organismi internazionali – il Patriarca maronita ha ribadito l'urgenza di riconoscere il Genocidio armeno “non per rivalersi, ma per evitare il ripetersi di altri Genocidi”. Se la comunità internazionale non riconosce il Genocidio armeno, ha avvertito il Cardinale Rai, “saranno commessi altri Genocidi” Mentre “nessun Genocidio, attacco o massacro può essere giustificato per ragioni economiche, come sta succedendo adesso”. 
Alle celebrazioni ufficiali in corso a Erevan prendono parte, oltre al Patriarca Rai, anche il Patriarca copto ortodosso Tawadros II e il Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II. La delegazione della Santa Sede è guidata dal Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani. 

martedì 21 aprile 2015

A due anni dal rapimento dei due vescovi ortodossi di Aleppo, Boulos Yazigi e Youhanna Ibrahim.


Ormai sono passati due anni dal rapimento (22 aprile 2013) nel nord della Siria di due vescovi ortodossi: il Metropolita greco-ortodosso di Aleppo, Boulos Yazegi e il Metropolita siriaco-ortodosso della stessa città, Youhanna Ibrahim. D'allora non si è mai più saputo nulla di concreto e verificabile sulla sorte di questi due religiosi. .... :
http://ilsismografo.blogspot.it/2015/04/siria-due-anni-dal-rapimento-in-siria.html

Un armeno nell'inferno di Aleppo "Il genocidio è ricominciato, 100 anni dopo"


La Nuova Bussola quotidiana, 18-04-2015di Stefano Magni




 Accolta mentre era in fuga dal genocidio turco del 1915-16, la comunità armena rivive gli orrori della persecuzione. E’ come una nemesi storica: ora stanno morendo proprio nella città che li salvò.Uno di loro, un armeno siriano, un pastore protestante che chiameremo Seraphim (per motivi di sicurezza), lo abbiamo incontrato in Italia, in questi giorni, invitato dall’associazione Open Doors. Ci racconta brevemente che cosa voglia dire spostarsi in tempo di guerra, chiuso in un bus, con le tende tirate, senza possibilità di muoversi, con la paura che qualche cecchino inizi a sparare sui passeggeri. Il bus attraversa infatti aree urbane controllate dagli jihadisti. Un viaggio che in tempo di pace avrebbe comportato otto ore, in tempo di guerra ne dura il doppio, per arrivare fino a Beirut e giungere a contatto col mondo esterno, per ottenere un visto (rimandato tre volte) per poter arrivare fino all’Italia, che lui chiama “il paradiso”. Fra non molto, però, sarà destinato a tornare nell’inferno siriano, in quello che ormai, chiama “la mia vita normale”. Ed è una vita fatta necessariamente di poco: spostamenti ridotti al minimo (“Quando la città era assediata, non potevo muovermi oltre un migliaio di metri attorno alla mia casa”), acqua e luce razionati, a volte disponibili anche solo per un’ora ogni due giorni, niente carne, code e lotte per il pane, medicine reperibili solo al mercato nero. Il tutto a poche centinaia metri dalle linee tenute dagli jihadisti, che non si fanno scrupoli a sparare razzi contro la sua chiesa, a rapire i suoi fedeli. E non c’è mai la certezza di risvegliarsi il giorno dopo, perché i bombardamenti e i proiettili vaganti sono una minaccia continua, per cui si deve necessariamente dormire lontano da muri esterni e finestre, possibilmente in cantina.


Seraphim, come era la vita prima che iniziasse questo inferno?
Come qui in Italia, forse anche più sicura. La Siria era uno dei posti più sicuri del mondo. Potevo girare indisturbato anche a mezzanotte. Le donne potevano circolare liberamente, sia di giorno che di sera e nessuno le importunava. Come cristiani, era rispettato il nostro diritto di praticare la nostra fede e di esprimerci apertamente. Dal 2011 in poi è cambiato tutto. Gli islamici più fanatici sono dappertutto. Se sei cristiano, puoi essere ucciso per la tua fede, il rischio è altissimo. Ora è uno dei posti più pericolosi del mondo.

Se definisce la Siria d’ante-guerra come uno dei luoghi più sicuri al mondo, perché è scoppiata la rivoluzione, secondo lei?
Prima di tutto non la chiamerei una “rivoluzione”. La chiamo “caos”, un caos che è stato alimentato per far attecchire il radicalismo islamico, oltre che per distruggere un sistema politico in cui, da cristiani, eravamo liberi. Ed è scoppiata perché i Fratelli Musulmani vogliono governare il Paese.
Non sono un politico, ma secondo me questo caos, per come è iniziato all’improvviso, è stato pianificato. Erano la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita che volevano cambiare la mappa del Medio Oriente, cambiare i governi in carica e la testa della gente. La guerra è scoppiata, nel nostro Paese, nel nome della democrazia. Ma io mi sono sempre chiesto: perché non si parla mai di democrazia in Arabia Saudita? E’ una democrazia, per caso, la monarchia assoluta saudita? Tutti sanno che i paesi meno liberi sono proprio quelli del Golfo, dove alle donne non è neppure consentito di guidare l’auto. In Siria, ai cristiani era permesso di costruire nuove chiese. In Arabia Saudita non c’è neppure una chiesa. Qualcuno se l’è chiesto? In Turchia è difficile ottenere il permesso per costruire nuove chiese, anche solo per riparare quelle già costruite. Dalle monarchie del Golfo non è arrivata democrazia, né libertà. Hanno esportato il wahhabismo, hanno prodotto l’Isis, hanno prodotto Al Nusrah. E la copertura per tutto questo è chiamata “democrazia”. Che democrazia è mai quella in cui i fanatici islamici sgozzano i cristiani?

Suleimaniya è stato bombardato nei giorni scorsi…
E’ importante notare che il quartiere di Suleimaniya è prevalentemente abitato da cristiani armeni. Essendo armeno, io vedo ancora la mano della Turchia dietro a queste azioni. Perché è stata la Turchia ad aprire i suoi confini meridionali, per far passare tutti questi fanatici. In un certo senso, è come se la Turchia stia cercando di completare il genocidio degli armeni, a 100 anni di distanza. E quel che è più grottesco, è che lo fa nel nome della “democrazia”. C’è una definizione del Vangelo che descrive molto bene questo modo di comportarsi: “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci” (Mt 7,15-20). Nella Turchia vedo questo falso profeta, questo lupo travestito di valori democratici. E lo si deduce anche dalla reazione che ha avuto il Gran Muftì turco dopo le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno. Quel che sta avvenendo è una prosecuzione del genocidio, non vogliono gli armeni, nemmeno vicino ai loro confini.

Quanti cristiani hanno deciso di restare ad Aleppo?
Non conosciamo le cifre esatte. Posso parlare, per esperienza diretta, della mia comunità. Ogni domenica nella mia chiesa si radunano fra le 240 e le 260 persone, nonostante debbano camminare per almeno mezzora per arrivarci. E camminare, ad Aleppo, vuol dire sfidare cecchini, granate, bombardamenti improvvisi, sempre nuovi posti di blocco stabiliti dai fanatici. Difficile dire chi voglia restare o andare. Ognuno ha i suoi piani personali e familiari. Il nostro scopo è quello di far sì che la gente sopravviva, perché continui a testimoniare la fede e sia capace di ricostruire ancora la vita dopo la guerra.

Ma come è possibile continuare a vivere ad Aleppo?
Dal punto di vista umano, devo dire che è impossibile. Immagini di vivere senza energia elettrica, senza acqua, dormire e correre il rischio concreto di essere ammazzato da una bomba, all’improvviso, nel sonno, lanciata da un fanatico islamico. E’ impossibile continuare a vivere così. Ma al tempo stesso, quali sono le alternative? Nessuna. L’unica vera alternativa è essere uccisi o sopravvivere. Scappare? E dove? Il Libano sta chiudendo le porte, la Turchia è contro di noi, nel resto della Siria c’è guerra, abbiamo tre fronti attorno alla nostra città. Quindi l’unica alternativa è sopravvivere alla morte.

Lei ritiene che sia possibile che l’Isis possa conquistare Aleppo?
Nessuno lo può sapere. Guardi cosa è successo a Mosul: in un solo giorno hanno preso la città, quando nessuno se l’aspettava. In un giorno è cambiato tutto. Se il Qatar e la Turchia continuano ad appoggiarli, lo possono fare anche altrove, anche ad Aleppo. L’esercito siriano dichiara di fare tutto il possibile per tenere l’Isis fuori dalla città, ma non riesce ad impedire loro di lanciare i razzi contro i quartieri cristiani. L’anno scorso, quando il Fronte Al Nusrah attaccò una cittadina armena, nel Nordovest della Siria, la Turchia gli spalancò le porte. I miliziani entrarono nella città, distrussero case e chiese, distrussero tutto. In sintesi, finché la Turchia non chiuderà i suoi confini ai fanatici, questa guerra andrà avanti. Finché Qatar e Arabia Saudita non continueranno a dare ai fanatici i loro soldi sporchi, questa guerra andrà avanti.

Cosa significa la persecuzione, vissuta dai cristiani?
I fanatici ci lanciano un messaggio molto chiaro: o diventi musulmano, o ti sottometti e paghi la relativa tassa, o morirai. Ma anche se accetti di restare e pagare la tassa di sottomissione, loro ti uccideranno. Per loro, l’uccisione di cristiani è premiata con il Paradiso.

venerdì 17 aprile 2015

La Passione della Siria continua: gli ultimi sviluppi e le prospettive per il futuro.


Lo schema con cui i media mainstream seguono alcune vicende internazionali si ripete con inesorabile monotonia. Inizialmente i mezzi di “informazione” sostengono -con grande dispiego di mezzi- la versione politically correct voluta dai cosiddetti poteri forti, successivamente, se le cose non vanno nel senso sperato da questi ultimi, fanno calare un silenzio tombale sull'argomento. E' quanto si è verificato anche per la tragedia siriana: a partire da marzo 2011 la realtà presentata dai media è stata quella di un popolo che lottava (inizialmente con mezzi pacifici e poi, per pura necessità, con le armi) contro un tiranno sanguinario, il Presidente Assad, i cui giorni erano però, si assicurava, contati. Qualche mese ed un piccolo aiuto delle potenze occidentali ed anche il “tiranno” di Damasco avrebbe fatto la fine di Gheddafi e di Saddam Hussein. Le cose però non sono andate così: in primo luogo l'esercito siriano, contrariamente ai desiderata di certe potenze occidentali, non si è dissolto dividendosi per linee confessionali, ma ha continuato a difendere compatto il Paese, per cui il sogno di una marcia trionfale su Damasco, che sembrava a portata di mano nel 2012, non si è realizzato. In secondo luogo i cosiddetti “ribelli” anti Assad si sono lasciati andare ad un tal numero di efferatezze, di stragi, di atti di pura barbarie che è diventato difficile, anche per una stampa mediamente priva di dignità come la nostra, continuare a presentarli come degli indomiti combattenti per la libertà e la democrazia. Infine la Russia si è messa di traverso ad un eventuale intervento delle potenze occidentali e non in senso metaforico, ma materiale, schierando le proprie navi tra le coste della Siria e le flotte dei paesi Nato nel momento in cui sembrava certo l'inizio dei bombardamenti.

La reazione dei media a queste “sfavorevoli circostanze” è stata quella consueta: far calare il silenzio sulla tragedia siriana.

Alcuni rovesci subiti dall'esercito di Damasco nelle ultime settimane hanno però risvegliato la speranza di una rapida caduta del “tiranno” ed ecco allora nuovamente i media occuparsi della vicenda, salvo ovviamente ignorare o deformare l'orrendo episodio dei missili su Aleppo nel giorno della Pasqua ortodossa.  

 Ma cosa sta succedendo veramente in Siria?, l'esercito regolare ed i suoi alleati (Hezbollah libanesi e milizie locali) sono realmente a rischio di essere travolti?, l'ISIL è effettivamente alle porte di Damasco?


Per poter tentare di dare una risposta è necessario sapere che, attualmente, in Siria sono attivi ben ottantadue fronti di guerra distribuiti praticamente su tutto il territorio siriano. Nei primi mesi del 2015, su molti di questi fronti l'iniziativa militare è stata nelle mani dell'esercito regolare che ha conseguito alcuni significativi anche se limitati successi. In particolare l'esercito siriano ha continuato il repulisti di tutta la regione frontaliera con il Libano (purtroppo creando problemi a quest'ultimo perchè gli islamisti in difficoltà in Siria passano il confine e vanno ad ingrossare le file di quelli libanesi). In questo settore è proprio di questi giorni la riconquista quasi totale della strategica area di Zabadani. Progressi sono stati registrati anche sul fronte di Deir Ezzor dove i paracadutisti del Generale druso Issam Zahreddine, aiutati da alcune milizie tribali sunnite, sono riusciti a riconquistare un'isola al centro della città ed alcuni villaggi del circondario, Al Kahanamat e Al Mahala, allontanando per ora la minaccia sull'aeroporto. Anche nei dintorni della città orientale di Hasaka diversi villaggi sono stati abbandonati dall'ISIL sotto la pressione delle truppe regolari siriane appoggiate, in questa zona, da milizie cristiane assire.




La situazione è invece molto delicata sul fronte nord, lungo il confine con la Turchia. Qui le varie sigle della galassia islamista possono contare su due fattori strategici a loro favore. In primo luogo l'appoggio logistico di ampi settori della sicurezza e delle forze armate turche che permettono il continuo passaggio di rinforzi e rifornimenti per le organizzazioni guerrigliere e che, secondo alcune fonti, talvolta intervengono direttamente negli scontri. In secondo luogo il fatto che nella regione le organizzazioni islamiste godono di diffuse simpatie presso alcuni settori della comunità sunnita. In altri termini in questa zona possono contare su un relativo appoggio popolare che manca loro, per fare un esempio, nella città di Damasco. A febbraio vi è stata comunque un'offensiva dell'esercito siriano anche a nord di Aleppo con la riconquista di numerose posizioni e la “quasi” liberazione di due villaggi sciiti assediati da due anni. Nelle settimane successive però, grazie a massicci aiuti arrivati attraverso il confine turco, le milizie islamiste sono riuscite a recuperare le posizioni perdute.


Complessa anche la situazione nel fronte sud, al confine con la Giordania e Israele. Anche in questo settore gli aiuti che arrivano da oltreconfine, permettono ai guerriglieri di resistere alle azioni dell'esercito regolare e di passare sovente al contrattacco.



Tre avvenimenti recenti sono stati indicati come significativi delle difficoltà in cui si troverebbe attualmente l'esercito di Damasco:la caduta delle città di Idleb al confine con la Turchia e di Boshra sul fronte sud e la conquista del campo profughi palestinese di Yarmuk, alle porte di Damasco, da parte dell'ISIL. 
Come valutare queste sconfitte? Devo premettere che, secondo me, l'esercito siriano non potrà mai sconfiggere completamente le milizie islamiste nè conseguire il controllo di tutto il territorio. Lo impediscono due fattori: la natura delle forze armate di Damasco, concepite più per grandi battaglie campali che per una azione di controguerriglia che richiede autonomia di decisione anche nei piccoli reparti e rapidità di azione, ma soprattutto il massiccio afflusso di aiuti e rinforzi che arriva ai guerriglieri attraverso i confini turco e giordano. Una guerriglia che dispone di “santuari” così importanti nei paesi confinanti e che viene dagli stessi continuamente alimentata non è eliminabile. Basti pensare che, dall'inizio della guerra ad oggi, si calcolano in molte decine di migliaia i guerriglieri eliminati, senza che questo abbia influito più di tanto sulla capacità operativa delle milizie islamiste. Segno che queste ricevono dall'estero un continuo flusso di nuovi combattenti, volontari o mercenari che siano.


Questo però non vuole dire che l'esercito siriano sia sul punto di crollare e che quindi agli islamisti stiano per spalancarsi le porte per l'agognata cavalcata su Damasco. Le strutture militari sono tuttora ben salde ed ancora recentemente l'ambasciatore di Russia in Siria ha assicurato che il suo paese fornirà a Damasco le armi di cui ha necessità per la sua difesa. Anche l'appoggio popolare al regime di Assad è ancora consistente. Damasco è una città di tre milioni di abitanti, in stragrande maggioranza favorevoli al regime baathista. Analogo discorso per Latakia e la regione costiera. Difficile credere che queste realtà siano disponibili a consegnarsi a persone che hanno dimostrato di trattare i loro nemici (o presunti tali) con spaventosa crudeltà. Le immagine di persone torturate, bruciate vive, decapitate, crocefisse sono ben presenti a tutti quei siriani che, in qualche modo, per appartenenza politica o credo religioso, ritengono di poter essere nel mirino degli islamisti. Anche i recenti vantati successi della guerriglia non sembrano poi essere così decisivi: Idleb è stata abbandonata dall'esercito a causa della sua inferiorità numerica al momento dell'attacco nemico. Attualmente però le forze armate di Damasco, dopo aver ricevuto rinforzi, sono attestate tutto intorno alla città e stanno cercando di tagliare le linee di approvvigionamento dei guerriglieri con la Turchia anche se, per il momento, non sembrano intenzionate a tentare la riconquista del centro urbano. Yarmuk era già, da almeno due anni, quasi interamente controllato da fazioni palestinesi legate ad Hamas e contrarie ad Assad. La novità consiste solo nel fatto che queste fazioni hanno stretto un'alleanza con l'ISIL che ha potuto così entrare nel campo dove, peraltro, non sono presenti truppe siriane. Boshra infine è una cittadina la cui perdita – peraltro non confermata – starebbe solo a dimostrare l'incapacità dell'esercito siriano a controllare contemporaneamente tutto il territorio coinvolto dalle operazioni belliche.


E quindi? Se la guerriglia -così massicciamente appoggiata dall'esterno- non può essere definitivamente sconfitta, ma il governo baathista ha ancora sufficienti forze per resistere quale potrà essere il futuro prossimo della Siria? Purtroppo solo la prosecuzione della guerra, con nuovi lutti, nuove distruzioni, nuovi sanguinari atti di crudeltà e fanatismo, nuove sofferenze. Spegnere questo incendio, le cui fiamme già hanno avvolto il vicino Iraq e stanno lambendo il Libano, è una decisione che potrebbe essere presa solo dalla comunità internazionale. Duecentocinquantamila morti e la quasi totale distruzione del Paese non sono state sufficienti a spingere verso questa scelta. Evidentemente qualcuno, da qualche parte, ha deciso che, per l'umanità è giunta l'ora di spalancare le porte del Caos...

M. Villani per 'Appunti'

martedì 14 aprile 2015

Grido da Aleppo: basta con la distruzione e la desolazione! Basta essere un laboratorio per armi di una guerra devastante!

«Ovunque spavento, terrore, distruzione», la testimonianza del parroco di Aleppo




Terrasanta.net, 14  aprile 2015
di Carlo Giorgi

«È stato un massacro, una catastrofe, un atto omicida: bombardare con missili così potenti edifici in cui ci sono bambini, famiglie, gente che sta dormendo!». 

Fra Ibrahim Sabbagh, parroco latino di Aleppo, in Siria, suo malgrado è abituato ai bombardamenti. Ma descrive l’ultimo di cui è stato testimone, quello avvenuto nella notte tra venerdì e sabato scorso, come qualcosa di inaudito. Per la prima volta, infatti, l’artiglieria dei ribelli ostili al presidente Bashar Al Assad avrebbe bombardato il quartiere di Suleimaniye con missili Grad, dalla potenza distruttiva superiore a quelli usati fino ad ora, lasciando sul campo almeno 9 vittime e decine di feriti.

«Dopo il bombardamento, alla mattina presto, sono andato nel quartiere devastato», racconta fra Ibrahim. «Sono entrato nelle case, ho pregato con chi pregava... Ovunque c’era spavento, terrore, distruzione. Sono stato in una casa in cui due genitori stavano pregando e mi sono messo a pregare con loro... Solo dopo mi sono reso conto che aspettavano di conoscere la sorte dei due figli, sommersi dalle macerie, al piano superiore…».

Oltre che causare morti e feriti, il bombardamento di sabato ha prodotto pesanti ripercussioni di tipo psicologico: la potenza di fuoco, inaspettata, ha fatto pensare a molti cittadini di Aleppo che si sia vicini alla disfatta delle forze governative e all’arrivo in città del fronte islamista, come è già capitato in numerose regioni della Siria e dell’Iraq. A molti il bombardamento è sembrata la conferma che l’epicentro della guerra si sia spostato ad Aleppo e che qui si stia combattendo la battaglia decisiva per il controllo di tutta la Siria. Ciò ha causato la fuga precipitosa di molte delle famiglie fin qui rimaste: almeno 700 hanno abbandonato il quartiere di Suleimaniye, rifugiandosi nelle città costiere di Latakia e Tartus o in casa di amici, in quartieri vicini di Aleppo.

«Da parte nostra abbiamo avuto dei danni alla succursale della parrocchia – racconta fra Ibrahim –, e stiamo lavorando per sistemare i danni e tornare a celebrarvi la messa, per dare un segno di speranza ai cristiani. Ma a chi domanda se il nostro convento è stato colpito o danneggiato, rispondiamo che questa è l’ultima cosa a cui pensiamo! Noi pensiamo alla vita della gente; la cosa importante è la vita delle nostre famiglie! Siamo convinti che in alcuni momenti della storia la Chiesa può vivere anche senza gli edifici di pietra, la cosa importante è che ci sia una Chiesa fatta di uomini resi vivi dalla resurrezione di Gesù. Questo è sufficiente per riprendere a vivere».

La Custodia di Terra Santa, è presente ad Aleppo con quattro frati, che gestiscono una parrocchia nel quartiere di Azizieh (attiguo al quartiere bombardato di Suleimaniye) e un collegio (nel quartiere di Tour de Ville, all’ingresso della città). Considerata la situazione attuale, con un tragico e continuo precipitare degli eventi, i frati hanno deciso di trasformare il collegio di Terra Santa – oggi in una zona ancora relativamente tranquilla – in un luogo di accoglienza permanente, per famiglie di profughi.

«Ma l’accoglienza nel nostro collegio di Terra Santa è già cominciata – racconta fra Ibrahim –: un ospizio gestito dalla San Vincenzo de Paoli ci ha chiesto di farci carico dei suoi ospiti che non sanno dove andare…; domenica sono fuggiti dal loro quartiere e li abbiamo ricevuti noi: sono venti anziani e dieci infermieri. Poi stiamo dando accoglienza al clero: al momento ospitiamo un vescovo melchita con un suo sacerdote, fuggiti dalla loro zona; ma siamo disponibili a dare ospitalità a tutti i sacerdoti che potranno aver bisogno».
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Fra Ibrahim Sabbagh, 44enne siriano di Damasco, era per studio in Italia fino allo scorso anno. Si è offerto di tornare in patria anche per collaborare con i suoi confratelli nell’assistenza spirituale e materiale ai fedeli. Ha lasciato Roma per la Siria nel novembre scorso. Prima di partire ha spiegato cosa lo spinga in questo breve video .





Il grido dei capi delle Chiese di Aleppo


Terrasanta.net | 14 aprile 2015

Riceviamo e rilanciamo dalla Siria, questo Comunicato stampa del Consiglio dei capi delle confessioni cristiane ad Aleppo, stilato ieri dopo giornate di aspri bombardamenti sulla città, avvenute la scorsa settimana, proprio in prossimità della Pasqua ortodossa che si è celebrata il 12 aprile, seguendo il calendario gregoriano delle Chiese d’Oriente.


Resurrezione del Salvatore o sepoltura dei fedeli?

Durante la settimana della Passione redentrice e dei giorni di Pasqua, la nostra città e il nostro popolo hanno sofferto un dolore intenso, una profonda angoscia e sconforto, la notte in cui sono stati presi di mira i quartieri civili della città con granate a razzo la cui capacità distruttiva non avevamo mai sentito e visto prima d’ora!
Siamo andati e abbiamo visto e abbiamo pianto: corpi estratti dalle macerie, brandelli attaccati alle pareti e sangue mescolato al suolo della patria! Decine di martiri di ogni religione e confessione, feriti e mutilati, uomini e donne, anziani e bambini. Abbiamo ascoltato il pianto delle vedove e i lamenti dei bambini e abbiamo visto il panico sui volti della gente.

Dal profondo della sofferenza e della grande angoscia, facciamo appello, gridando, alle persone di retta coscienza, nel caso ci sia qualcuno disposto ad ascoltare:  basta con la distruzione e la desolazione! Basta essere un laboratorio per armi di una guerra devastante! Siamo stanchi! Chiudete le porte della vendita di armi e fermate gli strumenti di morte e la fornitura di munizioni. Siamo stanchi!

Che cosa volete da noi? Ditecelo! Perché siamo stanchi!

Volete che restiamo: feriti e umiliati, mutilati e privati di ogni dignità umana?

Oppure che ce ne andiamo con la forza, e siamo distrutti manifestamente?

Ma noi vogliamo vivere in pace, cittadini onesti insieme agli altri figli di questo paese.

Noi non abbiamo paura del martirio, ma rifiutiamo di morire e che il nostro sangue sia il prezzo di un fine sospetto e meschino.

Noi rifiutiamo che vi sia la “Aleppo dei martiri” ma vogliamo che resti la “Aleppo al-Shahbah (letteralmente «la grigia», dal tipico colore dei suoi edifici - ndt)”, testimone della tenerezza, dell’amore e della pace, del perdono e del dialogo. Aleppo la città, il gioiello prezioso sulla corona del nostro Paese, la Siria, con tutte le sue componenti e la sua diversità di civiltà, culturale, religiosa e confessionale.

La misericordia ai nostri martiri, la guarigione ai nostri malati, la tranquillità nell’animo dei nostri figli e la sicurezza e la pace a tutti i nostri cittadini.
13 aprile 2015
(traduzione dall'arabo a cura della redazione)




Asianews, 14/04/2015 
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I vescovi cattolici hanno lanciato un appello alla comunità internazionale, perché intervenga a fermare il conflitto. Tuttavia, aggiunge il vicario di Aleppo, è proprio la comunità internazionale, sono le potenze in campo (Stati Uniti, Arabi Saudita, Turchia, Francia che forniscono armi, combattenti, addestramento militare e ideologico) che “soffiano sul conflitto e forniscono armi sempre più pesanti e letali ai combattenti”. 
“Abbiamo pianto nel vedere le sofferenze negli occhi della gente - racconta mons. Georges - i molti corpi sotto le macerie delle case crollate. Solo nella parte cristiana abbiamo già seppellito 12 persone, di cui quattro della stessa famiglia. Ma ci sono ancora diversi corpi sotto le macerie, oltre che diversi feriti gravi e temiamo che il bilancio si possa aggravare nelle prossime ore”. 
“Siamo stanchi della guerra, non mandate più armi” è l’appello del prelato, secondo cui è in atto “un progetto mirato” per “sradicare i cristiani” dalla Siria, dall’Iraq, dal Medio oriente. “Bombe e missili - aggiunge - non sono fatti per stuzzicare, ma per uccidere” e per far crollare il mosaico di convivenza e sentimenti comuni che era la Siria prima della guerra, dove cristiani e musulmani “vivevano uniti e senza tensioni di natura confessionale”. 

domenica 12 aprile 2015

La Pasqua di Aleppo: tragedia nei quartieri cristiani attaccati con missili dei ribelli

Questo messaggio é giunto stamattina dalla città di Aleppo:
Si prega di diffondere: Una settimana piena di sangue per i cristiani di Aleppo.

Missili Grad sull
e zone cristiane, chiese, case. Decine di morti, famiglie sotto le macerie,

 palazzi interi  per terra, ospedali pieni di feriti. E' tutta gente povera che aveva solo la

propria casa, e ora non sa dove andare! Non sappiamo che fare!

Ma fino a quando questo compromesso  silenzio internazionale?!

firma: Sacerdote Cattolico Aleppino.

La guerra in Siria colpisce ancora due giovani di Don Bosco 

Ancora una volta la Famiglia Salesiana di Aleppo  saluta due giovani dell'oratorio in partenza per il cielo.La tempesta della feroce guerra in corso in Siria ha colpito di nuovo i ragazzi di Don Bosco.
Con tanta tristezza abbiamo ricevuto la notizia della morte dei due giovani fratelli Anwar Samaan e Misho Samaan insieme alla madre Minerva, causata da un razzo caduto sulla loro casa oggi 10 aprile 2015.
Anwar e Misho hanno trascorso la loro fanciullezza e giovinezza nella casa di Don Bosco, e da animatori hanno lasciato nell'animo di tanti un segno di gioia e di amore alla vita. Anwar è il fratello maggiore (nato il 20 luglio 1993) mentre Misho è il minore (07 settembre 1998): due giovani nel fiore della vita.
I Salesiani del Medio Oriente danno le condoglianze alla loro famiglia e a tutti i loro amici e conoscenti.
Preghiamo affinché la pace e la gioia del Signore Risorto raggiunga il cuore del nostro Medio Oriente ferito.
I salesiani del Medio Oriente

Operatore della Caritas muore sotto i bombardamenti ad Aleppo

Agenzia Fides 9/4/2015

L'operatore di Caritas Siria, Safouh Al-Mosleh, è rimasto ucciso a mezzogiorno di martedì 7 aprile, nel bombardamento che ha centrato la sua casa, situata nella zona di piazza Farhat, dove sono concentrate le cattedrali greco-cattolica, armena e maronita. 
Il quartiere, caratterizzato da una forte presenza cristiana, di recente è stato colpito da pesanti bombardamenti da parte dei gruppi ribelli di matrice jihadista che continuano a combattere contro il regime di Assad. 
Secondo la ricostruzione fornita da Caritas Internationalis, la famiglia di Safouh Al Mosleh era stata già evacuata, e lui era tornato a casa per un controllo veloce quando l'abitazione è stata raggiunta dai colpi di artiglieria. Safouh aveva circa quarant'anni, apparteneva alla comunità greco-cattolica e aveva iniziato a lavorare per la Caritas da più di un anno. 
Secondo informazioni fornite da Caritas Siria e pervenute all'Agenzia Fides, l'intensità del conflitto nel nord del Paese sta aumentando di giorno in giorno, dopo che le milizie jihadiste hanno conquistato la città di Idlib, situata non lontano dalla strada che unisce Aleppo a Damasco. 
Aleppo ora è minacciata sia dai jihadisti dello Stato Islamico che da quelli che fanno capo al Fronte Al Nusra, legato ad al-Qaida. Finora, in quella parte della Siria, le due entità jihadiste continuano a essere in lotta tra loro. Anche nella notte tra il 7 e l'8 aprile un attacco kamikaze compiuto da adepti dello Stato Islamico ha colpito postazioni quaidiste a nord di Aleppo, provocando decine di morti, compreso l'emiro Abu Maria, legato ad al Nusra.





 Témoignage: frère Georges Sabé, des maristes d'Alep, lance un appel à l’aide au Pape et à la communauté internationale. 
Il estime que la ville pourrait bientôt tomber aux mains des djihadistes, tout comme Idleb, contrôlée depuis la fin du mois de mars par le Front Al-Nosra. 
En Syrie, la situation s’aggrave à Alep. Les combats se sont intensifiés ces dernières heures. Des quartiers chrétiens ont été attaqués notamment vendredi soir, par des missiles, faisant un nombre de victimes indéterminé. Jusqu’à présent, les chrétiens d’Alep étaient surtout ciblés par des attaques aux mortiers. Les missiles font beaucoup plus de dégâts et montrent que les rebelles disposent d’un armement de plus en plus menaçant. Dans ce contexte de chaos, la communauté des frères maristes d’Alep tente de venir en aide aux personnes sinistrées. 
"Depuis bientôt une semaine les quartiers chrétiens de la ville sont en train de recevoir des missiles, et des mortiers. Et récemment, il y a trois jours, la cathédrale maronite, la cathédrale grecque-catholique, et tout le quartier qui les entoure, ont reçu un bombardement massif, ce qui a fait tomber les toits des deux cathédrales, et ont obligé l'évêque grec-catholique à déménager avec tous les bureaux de l'évêché vers un autre point un peu plus sécurisé. Nous sentions que la tension était en train de monter terriblement. Les gens appréhendaient les moments difficiles par lesquels ils allaient passer. Mais hier soir, à partir de 22 heures, sur un autre quartier chrétien de la ville, et j'insiste à dire que c'est un quartier chrétien, donc ça a été bien visé. Il y a eu plusieurs missiles qui sont tombés sur les immeubles, détruisant complètement les immeubles et obligeant les gens à errer dans la rue, à sortir, à essayer de sortir des décombres leurs parents, leurs enfants, et c'est une situation dramatique que nous vivons depuis hier soir, dans ce quartier ou encore résidait la petite communauté chrétienne. C'est affreux, je peux vous dire que c'est horrible, tout ce qui est en train de se passer depuis hier soir. 
Nous ne savons pas les conséquences de tout cela et surtout nous ne savons pas comment va évoluer la situation dans les heures qui viennent. C'est vraiment dramatique tout ce qui est en train de se passer, les gens ont perdu leur maison, des gens qui avaient déjà été déplacés une première fois, une deuxième fois, se retrouvent pour une troisième fois dans la rue sans savoir où aller. Ce n'est pas possible que nous puissions continuer à vivre ce drame tel qu'il est, et tel qu'il se présente à toutes nos familles chrétiennes. C'est très grave ce qui est en train de se passer.
Vous savez précisément qui sont les agresseurs ?   Nous savons que ce sont les rebelles, les opposants. Je ne peux pas dire si c'est le Front Al-Nosra ou bien si c'est d'autres rebelles mais nous savons que ce que des hommes armés sont en train de tirer actuellement, ce ne sont plus des mortiers, ce sont des missiles. Et les missiles ont une capacité de destruction terrible. Nous avions accepté, supporté que des mortiers tombent mais maintenant avec les missiles et donc une destruction massive de ces quartiers c'est une vraie menace pour les populations. A travers votre radio, je lance un appel à Sa Sainteté : il faut bouger. Nous avons accueilli en communauté des familles qui depuis hier, dans la nuit, ont dû évacuer leur maison pour essayer de trouver un refuge, et nous nous retrouvons dans une situation vraiment terrible. Je vous disais que je voulais faire un appel à Sa Sainteté : aidez-nous ! Aidez-nous ! S'il faut que les chrétiens restent au Moyen-Orient, s'il faut que nous restions à Alep en tant que chrétiens, on a besoin de toute l'aide, que ça soit publique, politique, humaine, pour sauvegarder la toute petite minorité qui reste à Alep.



ctuellement à Alep, est-ce que vous avez une idée du nombre de chrétiens qui restent à Alep, et du nombre de victimes de ces dernières attaques?   Je ne saurai pas vous dire le nombre exact parce qu'il y a une hémorragie terrible qui sévissait dans la ville depuis un certain temps. Mais je peux vous assurer que, aujourd'hui, beaucoup de personnes ont pris le chemin de partir de la ville après les évènements de la nuit. Beaucoup ont exprimé la volonté de quitter la ville et de partir. Je sais qu'il y a des gens qui sont encore sous les décombres, je sais qu'il y a des gens blessés qu'on emmène aux hôpitaux jusqu'à maintenant, mais il n'y a aucune statistique. La vision rappelle un peu une vision apocalyptique, de la capacité de détruire, et de faire peur, et de créer chez les gens une peur horrible. En tant que frères nous essayons dans la mesure du possible d'accueillir dans nos communautés des familles réfugiées, qui emmènent le peu de choses qu'il leur reste. On accueille les enfants, on accueille aussi les adultes pour essayer de sécuriser un peu  le drame qu'ils sont en train de vivre
Et la ville est vulnérable à une entrée des djihadistes? Une entrée des djihadistes en ville aujourd'hui ça vous parait possible ?   Oui tout à fait, il y a des incursions en ville depuis une semaine, c'est très menaçant, ce qui s'est passé hier était un prélude à une avancée, et les gens ont vu l'exemple d'une autre ville du nord-ouest de la Syrie, Idleb, qui a été complètement envahie par les djihadistes. Les gens ont peur que ce soit d'un moment à l'autre une invasion totale avec  tout ce qui pourrait arriver comme conséquences. On a dans notre arrière-pensée les images de Mossoul et ça revient à la conscience de chacun de se voir dans les rues. Nous savons très bien que nous sommes encerclés de tous côtés. Ces forces pourraient détruire l'unique voie, l'unique chemin qui pourrait nous faire sortir de la ville.
C'est un Samedi Saint pour toute l'Église orthodoxe, et aujourd'hui nous sommes en train de vivre vraiment le drame de la Passion. Je ne sais pas si on peut parler pour la ville d'Alep d'une possible espérance. Nous sommes en train de subir vraiment un Calvaire. Et je voudrai aussi dire au Saint-Père, de tout mon coeur: nous avons besoin de vous !

giovedì 9 aprile 2015

Individui disintegrati in un “nuovo ordine mondiale”

"In Occidente la persecuzione non fa strage di sangue, è più subdola e passa attraverso non le armi ma le carte. In nome dell’uomo e della libertà si vuole distruggere l’uomo. Cari Amici, se non ascoltassimo questo grido che sale dalla terra bagnata dal loro sangue, la nostra preghiera non avrebbe ali per salire fino al cuore di Dio. 
Non dobbiamo temere. “Non temete, sono io”, dice il Risorto. Il dovere della vicinanza e della condivisione è serio, ma anche il dovere della speranza è serio. La fede ci dice che il Signore è uscito dalla tomba a vita nuova, gloriosa: con Lui un nuovo mondo è nato, più bello e umano, perché abitato dalla presenza di Dio che è Amore, Luce, Vita. Vi sono momenti nella storia nei quali il potere delle tenebre sembra sovrastare, ma – ricordiamo – sulla barca in mezzo al mare infuriato, Gesù c’era, anche se sembrava che dormisse. C’era. Il Signore è risorto e vive con noi. Per questo la speranza non può morire né per noi né per il mondo." 
Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo di Genova

lettera da padre Daniel Maes
Qara, 27 marzo 2015

I nostri media sono sintonizzati con gli ultimi eventi, presentati senza prospettiva più ampia, scrivono quello che è appena successo e lo scrivono subito. Tutto questo crea sensazione e divertimento. Tuttavia, le persone che considerano gli eventi in modo più ampio non possono negare che stiamo vivendo una globale disintegrazione della dignità dell'uomo. Allo stesso tempo, l’umanità non è solo testimone di questa situazione, ma è anche la vittima di questo sviluppo.  In breve: stanno staccando l’uomo da Dio, dal suo paese, dalla sua cultura, e anche dalla sua famiglia e alla fine da se stesso. E questo è contemporaneamente elaborato dalla tecnica, dall’ etica e dalla politica. Tutte le forze mondiali collaborano per ridurre l’uomo ad un individuo artificiale, solo, indifeso, disposto ad accettare qualsiasi cosa offerta dal "nuovo ordine mondiale”

In primo luogo, l'essere umano è staccato da Dio. Di questo, l'Europa è un esempio eloquente. Le radici cristiane sono state spezzate, mentre la civiltà occidentale è proprio nata e cresciuta dalla fede giudaico-cristiana. Il nostro intero sistema della sicurezza sociale trova la sua origine nelle iniziative di sacerdoti, religiosi e fedeli, spinti dallo spirito del Vangelo per curare con cuore i malati, i disabili, i poveri, gli orfani e le vedove, e anche l'educazione dei figli. Le nostre università sono emerse dalle istituzioni religiose. Nel campo culturale, le più grandi opere d'arte (cattedrali, sculture, pitture, musica, letteratura, teatro) sono ispirate dalla Bibbia e dalla fede cristiana. 
La Rivoluzione Francese non era nient’altro che un precursore dello Stato Islamico con gli orrori di omicidio e distruzione. La libertà, l’uguaglianza e la fraternità sono valori evangelici e hanno senso solo alla luce della fede cristiana. Ora si rimuovono e si vietano in modo sistematico tutti i riferimenti alla fede cristiana. E in tutto il mondo, i cristiani sono i più perseguitati e loro chiese distrutte. 
L’unico obiettivo di tutto questo: creare un uomo nuovo, distaccato da Dio, secondo i principi della massoneria.

In seguito, l'uomo è staccato dalla propria cultura e dal proprio paese. Per questo, la sovranità dei popoli e dei paesi è abolita in tutto il mondo. Questo processo è in fase avanzata. Contemporaneamente all'eliminazione di 2000 anni di cristianesimo, i  resti della più antica civiltà mesopotamica in Iraq e in Siria sono quasi tutti rasi al suolo. Le loro atrocità vengono visualizzate, non con immagini da dilettanti ma con riprese di qualità alla Hollywood, per scioccare l'opinione pubblica, per quanto possibile in modo tale che i padroni reali (dagli Stati Uniti-Israele, NATO, Stati del Golfo) ricevano ancora più credito per continuare. Una coalizione mondiale opera non per combattere il terrorismo, ma per distruggere le infrastrutture dell'Iraq e della Siria. Nel frattempo, i terroristi sono riforniti con le ultime armi, con il migliore addestramento, e con il migliore materiale di comunicazione, sotto la protezione occidentale e con tantissimi soldi provenienti dal petrolio rubato. 
La Francia fornisce le armi, l'Inghilterra invia ora 75 istruttori in Siria per aiutare i terroristi. Adesso, gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita stanno aiutando al Qaeda e Daesh per distruggere lo Yemen. Stanno bombardando Idlib con missili TOW americani e nella città antica di Bosra, che era già nominata in papiri egiziani dell' ottavo secolo a.C. - e riconosciuta come eredità mondiale , stanno distruggendo questi preziosi tesori archeologici. Poiché la Russia è l'unica potenza mondiale che ha il coraggio di protestare contro questo folle nuovo ordine mondiale, tutte le forze, potenze e organizzazioni mondiali, sono mobilitate per distruggere l'Ucraina,  imporre pesanti sanzioni e sabotare il gasdotto di Gazprom, far deprezzare il rublo, per far collassare il prezzo del petrolio, ecc. ecc. Fortunatamente, queste barbarie occidentali contro la Russia evocano una rinascita come mai prima. Allo stesso modo in Siria, dove le uccisioni e le distruzioni causate dall'Occidente e dai suoi alleati hanno anche suscitato una resistenza unita che non può essere rotta.

Inoltre, l'uomo viene strappato dalla sua famiglia e dai suo parenti. Il nuovo ordine mondiale offre individui separati. Il matrimonio e la famiglia sono già eliminati in gran parte e sostituiti da tutti tipi di relazione senza impegno. Le famiglie sono frammentate. Le persone non sono più considerate come appartenenti ad una famiglia stretta e allargata, ma come individui separati. La famiglia non è più la cellula fondamentale della società, ma è diventata una vittima della società. Nello stesso tempo, c’è anche da menzionare la tendenza di strappare l’uomo da se stesso e di distruggere la sua identità con la cosiddetta ideologia del gender. La distinzione tra l’uomo e la donna, tra ragazzo e ragazza, è abolita. La realtà della differenza dei sessi che ci è stato data come il più grande ricchezza dalla creazione è stata sostituita da qualcosa di neutro, dove ognuno può scegliere. Con tutto questo ci fanno credere che noi siamo uguali alle scimmie.

Come è stato organizzata questa lotta per la disumanizzazione a livello tecnico, si può costatare nei bambini in provetta. Ora ci manca ancora un utero artificiale per fabbricare "l’uomo perfetto" in laboratorio, in modo freddo e inumano. Le pratiche eugenetiche dei nazisti, che sono stati respinte con disgusto, sono ora difese con passione dai nostri teologi autorevoli e dai nostri medici e anche propagandate come progresso. Il buon senso ci dice invece che non è il compito della medicina di produrre in modo artificiale un bambino per una coppia che soffre di infertilità. Il compito della medicina invece è di studiare le cause dell’infertilità e di porvi un rimedio. Questa è la ginecologia degna e questo è il progresso vero.

Sul livello morale, la popolazione mondiale è già al massimo del degrado dei valori umani: la sessualità è stata staccata dalla fertilità ed è generalmente accettata come un modo di rilassarsi, il matrimonio è stato sciolto e la famiglia non c’è quasi più. La causa di tutto è la contraccezione. Già la parola "contra" indica una rivolta contro la concezione, cioè contro la vita. Qui si tocca direttamente la responsabilità. E la responsabilità è il nucleo della vita umana. Dalla contraccezione sono emanate tutte le altre disfunzioni come l'aborto, la sterilizzazione, l'eutanasia, le relazioni senza impegno in tutte le combinazioni possibili, l’eliminazione dell’essenza dell'uomo e della donna, del ragazzo e della ragazza dalla teoria del “gender", le tecniche di riproduzione veterinarie, l'abolizione della distinzione tra madre e padre ... Nel frattempo, i "diritti" dei LGBT (Lesbiche, Gay, Bi, Trans) sono onorati nell’ONU e nell'UE come pilastri della democrazia.

Sul piano politico, il nostro mondo è un disastro, ma i media e i politici sono riusciti a presentare l’attuale situazione miserabile come una fase intermedia necessaria verso un mondo di libertà e di democrazia, di prosperità e di sicurezza. Le devastazioni in Iraq, Libia, e in Siria sono intese come il poter consentire a queste popolazioni di poter fruire della democrazia occidentale e della prosperità. Cosi si presenta l’utopia della prosperità e della democrazia, della libertà e della stabilità sotto il potere di un super-stato-mondiale, un totalitarismo, con la maschera di un volto amichevole, una sorta di fascismo e di nazismo. Qui i presidenti e i capi di stato non sono i veri leader. Loro ottengono il potere se dimostrano che sono brave marionette. Invece sono I super-banchieri e i padroni dell'industria delle armi, che tirano le redini come oligarchi nell'ombra. Anche tutte le grandi organizzazioni mondiali e le multinazionali sono sottomesse a loro. La pace non rende nulla a loro. La guerra e il caos sono i mezzi per abolire e ri-organizzare gli stati sovrani secondo le norme del loro nuovo ordine mondiale. Le guerre sono miniere d'oro per loro, cioè ricchezza e potere. 

Un mezzo più sofisticato per arricchirsi e far crollare gli altri in povertà è creare “l’ideologia dell'ecologia." Negli ultimi mille anni, il nostro pianeta terra ha subito sempre periodi di riscaldamento e raffreddamento. Questo non ha nulla a che fare con l'attività dell'uomo, ma con il sole, come ci hanno insegnato I veri scienziati e come hanno mostrato anche sugli altri pianeti. Tuttavia, gli oligarchi hanno visto nel riscaldamento un mezzo ideale per imporre tasse su tutta la terra e su tutto ciò che fa l’uomo. Cosi si possono impoverire i poveri popoli ancora di più e cosi si può tassare qualsiasi cosa, come per l’auto, il treno, l’aereo, ogni lavoro umano in agricoltura, nell'industria o dovunque. E così questi dominatori possono imporre leggi arbitrarie a tutte le nazioni. Ecologia, nel vero senso, vuol dire dimostrare rispetto per la creazione di Dio, per l’uomo e per il ritmo umano, per il matrimonio e per la famiglia, che implica alcune limitazioni nella vita personale e sociale. Ma la persona che osa menzionare tutto questo sarà presto "scomunicata" nei media e nella politica, perché nessuna restrizione del divertimento e del consumo individuale è accettata.

I pensieri qui sopra riportati, li ho elaborati a modo mio. Alcuni elementi li ho prelevati dallo splendido discorso di Madre Agnes Mariam a Parigi. Le idee di base sono di Guillaume de Prémare. Guillaume di Prémare, il delegato generale di "Ichthus", è un editorialista di Radio Espérance e lui é anche l'ex presidente del movimento “Manif Pour Tous”. Insieme con il giornalista Eric Letty, Guillaume de Prémare ha pubblicato questo mese il libro: "La déshumanisation, 'autoroute vers l’utopie du meilleur des mondes", Ed. Pierre-Guillaume de Roux, 2015. È stato intervistato da "Rouge et Noire" (R & N), un sito web di informazioni, di riflessioni e di analisi. R & N non vuole presentarsi come la voce ufficiale della Chiesa o del clero, ma vuole essere al centro della Chiesa e in unione con il Papa di Roma.

Il punto di partenza è il romanzo dello scrittore e filosofo inglese Aldous Huxley, Brave New World (1932) con sua “fiction” satirica di un mondo nuovo. Si tratta di un mondo cosiddetto "perfetto", immorale, totalitario, senza amore, senza fortuna. Lui percepisce che le persone vivono in una grande prigione senza mura, da cui non si pensa neppure di scappare. L’unica cosa che fanno queste persone è rilassarsi e consumare. Questo mondo è suddiviso in diversi gruppi di persone: dalle persone molto intelligenti fino ai più sciocchi. Huxley ha già pre-sentito lo spostamento dalla modernità alla cosi detta società perfetta con una immagine dell'uomo completamente nuova, che è del tutto disumanizzata. Qui l'uomo è diventato un individuo infermo, bisognoso d’aiuto, completamente dipendente da ciò che il super-stato mondiale gli offre o gli impone.


Che possiamo fare?

Ci vuole una resistenza attiva. Sul campo politico, vediamo che la Russia sta ritornando alle sue radici tradizionali e che sta vivendo una rinascita come mai prima. La vita monastica e religiosa è in piena fioritura. La maggior parte dei russi ha capito la strategia distruttiva dell'Occidente e vogliono proteggere il loro paese contro questo. Per questa ragione, la Russia è sempre più il bersaglio della propaganda di guerra internazionale. La Siria, la culla della civiltà e del cristianesimo è già stata distrutta, ma non si piega al nuovo ordine mondiale imposto. La Siria resiste ed è un modello per gli altri paesi di resistenza.

I princìpi della resistenza sono quelli della fede cristiana e della dottrina sociale della Chiesa. L'ispirazione per la resistenza si trova nel genio del cristianesimo. Il punto centrale è la dignità dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l'uomo. Noi riconosciamo l'unità dell'uomo nella sua dimensione fisica, psicologica e spirituale, con una vocazione terrena ed eterna. Qui ci appoggiamo sui grandi principi della dottrina sociale della Chiesa: l'interesse comune, la libertà e la responsabilità di ogni essere umano, il principio di sussidiarietà, la destinazione universale dei beni della terra, la solidarietà sulla base dell'amore cristiano. Infine, una rivoluzione autentica richiede sempre una conversione personale.

La base-cellula della resistenza è la famiglia. Una famiglia cristiana contiene tutte le risposte alle disintegrazioni di questo tempo. La Francia sta facendo un' azione buonissima con il suo LMPT (Manif Pour Tous) cioè di protestare in modo massiccio contro tutte le leggi che attaccano la dignità del matrimonio e della famiglia. Naturalmente, ci vogliono molte più azioni, cioè la formazione di normali sane famiglie cristiane, in cui i bambini sono educati in tutta la ricchezza della fede cristiana per poter sviluppare la loro individualità. Per questo, però, c’è prima da pulire i resti della cultura contraccettiva distruttiva dell' ultimo mezzo secolo. Pierre Simon, l'ex Gran Maestro della massoneria francese, si rese conto molto presto che la contraccezione, era il “trigger/la leva” di tutti gli altri mezzi di disintegrazione desiderati. I nostri teologi e tutti gli nostri intellettuali lo hanno seguito, consciamente o inconsciamente. Contro la dottrina della Chiesa, hanno sostenuto che la contraccezione non era "un male in sé". Usavano grandi parole come "olistici" e "personalistica" e non si rendevano neanche conto che tramite la pillola stavano riducendo la sessualità umana ad un livello puramente biologico. Quasi tutti i nostri teologi autorevoli, giornalisti e leader della chiesa hanno utilizzato un personalismo deforme per permettere una cauta apertura verso la contraccezione. Una generazione più tardi, "la pillola" è già stata data alle ragazze adolescenti con naturalmente tutte le conseguenze disintegranti nefaste.. Tanta gente non ha ancora capito le conseguenze distruttive della contraccezione sul livello fisico, morale, sociale e religioso. Durante un mezzo secolo ci hanno fregato. Le devastazioni sono ormai molto chiare. Il tempo è maturo per trarne le conclusioni. Nello stesso tempo ci sono state presentate nuove prospettive. Hanno sviluppato una meravigliosa "teologia del corpo" che dimostra la dottrina costante della Chiesa e ci sono anche abbastanza metodi naturali scientificamente fondati per la regolazione della fertilità, come il Sensiplan® per genitori auto-coscienti. Il mito della "contraccezione sicura" è finito. Nuove prospettive stanno emergendo, basate sulla dottrina autentica della Chiesa. Non si tratta di slogans, ma è solo la punta dell’ iceberg; e sono tutti provati in modo esplicito. 
Cerchiamo tutti di partecipare in modo attivo alla lotta per la verità liberatrice per preparare il prossimo Sinodo della famiglia dell' ottobre prossimo.

P. Daniel 

(traduzione di A. Wilking)