1 ottobre 2014 : Scuola primaria Akrema , Homs: autobombe di 'ribelli moderati' , esplose al momento dell'uscita dalla scuola, uccidono 52 persone , di cui 46 bambini .
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giovedì 2 ottobre 2014
martedì 30 settembre 2014
Il Patriarca caldeo: dietro la guerra, giochi politici sporchi
«Se non ci aiuta il Signore, per noi non c’è futuro». Si avverte anche sofferenza e apprensione nel Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I. L'apprensione del pastore che vede il gregge in pericolo. La sofferenza del figlio della Chiesa caldea che vede correre verso la dissipazione una lunga storia cristiana, quella che ha irrigato per millenni le terre tra i due fiumi della Mesopotamia. E a angustiarlo non sono soltanto i sanguinari jihadisti dello Stato Islamico.
Vaticaninsider - 29/09/2014
Intervista di Gianni Valente
Davanti alle sofferenze del suo popolo, cosa si può fare fare? Qual è, adesso, il vostro compito?
La prima cosa è consolare chi soffre e ha paura, aiutare tutti, e soprattutto incoraggiare la gente a perseverare e restare saldi nella loro fede e nella loro terra. A non andar via. A rimanere. Quelli che vogliono, certo. Senza forzare nessuno. Ma è nostro dovere orientare le persone con lo sguardo che ci suggerisce il Vangelo. Quelli che vanno via devono sapere che l'Occidente non è la terra promessa, tantomeno il Paradiso.
Ma tanti vogliono solo scappare.
Il momento che stiamo vivendo è anche una prova. Ognuno di noi è chiamato a guardare nel suo cuore, e può scoprire anche che la consolazione del Signore è l'unica forza e l'unico tesoro. Quello che abbiamo di più caro. Ma molti sono vittime di questa frenesia di fuggire. Non riescono nemmeno a pensare a quello che sta succedendo davvero alle loro vite. Cercano un futuro. Ma la speranza di un futuro migliore, per chi ha il dono della fede, non può ridursi solo alla ricerca di una vita più agevole.
Eppure un vescovo, negli Stati Uniti, sta trattando anche con la Casa Bianca per organizzare il trasferimento negli Usa di decine di migliaia di caldei.
Quel vescovo pensa sicuramente “all'americana”, ma non sembra pensare e agire secondo il Vangelo. E poi è fuori dalla situazione concreta in cui viviamo. In America hanno messo i cesti con le richieste di asilo sopra l'altare, durante la messa. Come se la migrazione di migliaia di cristiani iracheni negli Usa fosse qualcosa su cui invocare la benedizione di Dio. Una scena strana, che non fa che confondere la fede di tanti. Purtroppo alcuni ecclesiastici diventano businessmen invece di rimanere pastori delle anime. Ragionano in termini di business e non di pastorale evangelica, anche riguardo ai fedeli. Per qualcuno sono soltanto numeri, con cui far crescere sulla carta la quota dei battezzati su cui hanno giurisdizione. Li fanno trasferire da una situazione brutta a un'altra che alla lunga può risultare ancora più miserabile. Lasciati a se stessi, senza una adeguata cura pastorale.
Lei cosa si sente di dire a chi vuole andar via?
Lo ripeto: ogni cristiano, nella sua coscienza, deve pensare a quale futuro cerca. Provare a sentire l'amore di Dio in questa situazione. Interrogarsi su cosa gli sta chiedendo il Signore in questo momento. E magari accorgersi che noi abbiamo un futuro qui, in questa nostra terra martoriata e benedetta. E che tutto il Paese rappresenta la nostra missione.
Il Presidente curdo Barzani, quando è venuto a trovarci con Hollande, ci ha detto: voi dovete avere pazienza, dovete rimanere. Dovete imparare da noi curdi, che abbiamo sofferto ma adesso abbiamo i nostri diritti. Prendere lezioni di perseveranza. A noi cristiani può far bene anche questo.
Intanto, gruppi cristiani con base negli Usa cercano - e dicono di trovare – proseliti nei campi profughi. Anche tra i non cristiani.
È un guaio. Una cosa immorale. Approfittano delle difficoltà e delle sofferenze di un popolo. Anche loro ragionano in termini di business, da manager della religione in cerca di clienti.
Contro i jihadisti dello Stato Islamico si sono costituiti anche gruppi armati che si presentano come “milizie cristiane”. Cosa ne pensa?
Ai politici, anche cristiani, che me l'hanno chiesto, ho detto sempre: se alcuni cristiani vogliono partecipare alla difesa o alla lotta per liberare le terre conquistate dai jihadisti, che entrino nell'esercito curdo o in quello nazionale iracheno. Fare delle “milizie cristiane”, che si connotano in maniera etnico-religiosa, è una follia e un suicidio, oltre a essere illegale.
Gli Usa hanno iniziato l'intervento armato con la “coalizione”. In Iraq, qualcosa del genere lo avete già visto.
Tutto questo mi sembra un gioco politico sporco. Bombardare questi jihadisti non li farà certo sparire. C'è il pericolo di uccidere tanti innocenti. Si distruggono le infrastrutture, che rimarranno distrutte. Gli americani già lo hanno fatto: hanno distrutto il Paese e non lo hanno ricostruito. La cosa più grave è che adesso tutti ripetono: la guerra durerà anni. Così mandano un doppio messaggio, pericolosissimo. Ai jihadisti dicono: tranquilli, avete tempo per organizzarvi con calma, trovare altri soldi, arruolare altri militanti a pagamento. Agli altri, al popolo dei rifugiati dicono: ne avrete per anni, per voi il futuro è possibile solo altrove, lontano dalle vostre case. E' meglio che ve ne andiate, se ci riuscite. Se si vuole davvero farla finita con i gruppi estremisti, si deve lavorare sull’educazione e sulla formazione, con programmi che davvero facciano percepire la falsità e la mostruosità di quell’ideologia sanguinaria.
Intanto, in Occidente, qualcuno ha provato a ritirar fuori lo stereotipo dello scontro di civiltà e degli islamici nemici della civiltà occidentale.
La realtà è che l'Occidente non ha altri moventi oltre ai propri interessi economici e di potere. Anche quest'ultima entità che si fa chiamare Stato Islamico è stata nutrita per anni con soldi e armi che venivano da Paesi cosiddetti “amici” dell'Occidente. Coi servizi segreti, quando vogliono, possono sapere tutto di ognuno di noi. Come mai non sanno da dove passano le armi, o a chi vendono oggi il petrolio? Gli Usa si sono mossi quando hanno decapitato i 2 poveri americani. E tutti quelli - siriani, iracheni, cristiani e musulmani – che avevano ammazzato e sgozzato fino a allora?
In tutto questo, c'è qualcosa che la fa sperare?
La scorsa settimana, a Baghdad, noi sacerdoti abbiamo fatto tutti insieme gli esercizi spirituali. I nostri preti fanno miracoli, malgrado tutta questa situazione: liturgie, catechismo, attività sociali e di carità, teatro, tante cose belle. A questo ci chiama oggi il Signore: consolare le persone, aiutarle a avere pazienza, a non perdere la speranza. Adesso è la cosa più importante.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/iraq-iraq-irak-sako-36598/
Vaticaninsider - 29/09/2014
Intervista di Gianni Valente
Davanti alle sofferenze del suo popolo, cosa si può fare fare? Qual è, adesso, il vostro compito?
La prima cosa è consolare chi soffre e ha paura, aiutare tutti, e soprattutto incoraggiare la gente a perseverare e restare saldi nella loro fede e nella loro terra. A non andar via. A rimanere. Quelli che vogliono, certo. Senza forzare nessuno. Ma è nostro dovere orientare le persone con lo sguardo che ci suggerisce il Vangelo. Quelli che vanno via devono sapere che l'Occidente non è la terra promessa, tantomeno il Paradiso.
Ma tanti vogliono solo scappare.
Il momento che stiamo vivendo è anche una prova. Ognuno di noi è chiamato a guardare nel suo cuore, e può scoprire anche che la consolazione del Signore è l'unica forza e l'unico tesoro. Quello che abbiamo di più caro. Ma molti sono vittime di questa frenesia di fuggire. Non riescono nemmeno a pensare a quello che sta succedendo davvero alle loro vite. Cercano un futuro. Ma la speranza di un futuro migliore, per chi ha il dono della fede, non può ridursi solo alla ricerca di una vita più agevole.
Eppure un vescovo, negli Stati Uniti, sta trattando anche con la Casa Bianca per organizzare il trasferimento negli Usa di decine di migliaia di caldei.
Quel vescovo pensa sicuramente “all'americana”, ma non sembra pensare e agire secondo il Vangelo. E poi è fuori dalla situazione concreta in cui viviamo. In America hanno messo i cesti con le richieste di asilo sopra l'altare, durante la messa. Come se la migrazione di migliaia di cristiani iracheni negli Usa fosse qualcosa su cui invocare la benedizione di Dio. Una scena strana, che non fa che confondere la fede di tanti. Purtroppo alcuni ecclesiastici diventano businessmen invece di rimanere pastori delle anime. Ragionano in termini di business e non di pastorale evangelica, anche riguardo ai fedeli. Per qualcuno sono soltanto numeri, con cui far crescere sulla carta la quota dei battezzati su cui hanno giurisdizione. Li fanno trasferire da una situazione brutta a un'altra che alla lunga può risultare ancora più miserabile. Lasciati a se stessi, senza una adeguata cura pastorale.
Lei cosa si sente di dire a chi vuole andar via?
Lo ripeto: ogni cristiano, nella sua coscienza, deve pensare a quale futuro cerca. Provare a sentire l'amore di Dio in questa situazione. Interrogarsi su cosa gli sta chiedendo il Signore in questo momento. E magari accorgersi che noi abbiamo un futuro qui, in questa nostra terra martoriata e benedetta. E che tutto il Paese rappresenta la nostra missione.
Il Presidente curdo Barzani, quando è venuto a trovarci con Hollande, ci ha detto: voi dovete avere pazienza, dovete rimanere. Dovete imparare da noi curdi, che abbiamo sofferto ma adesso abbiamo i nostri diritti. Prendere lezioni di perseveranza. A noi cristiani può far bene anche questo.
Intanto, gruppi cristiani con base negli Usa cercano - e dicono di trovare – proseliti nei campi profughi. Anche tra i non cristiani.
È un guaio. Una cosa immorale. Approfittano delle difficoltà e delle sofferenze di un popolo. Anche loro ragionano in termini di business, da manager della religione in cerca di clienti.
Contro i jihadisti dello Stato Islamico si sono costituiti anche gruppi armati che si presentano come “milizie cristiane”. Cosa ne pensa?
Ai politici, anche cristiani, che me l'hanno chiesto, ho detto sempre: se alcuni cristiani vogliono partecipare alla difesa o alla lotta per liberare le terre conquistate dai jihadisti, che entrino nell'esercito curdo o in quello nazionale iracheno. Fare delle “milizie cristiane”, che si connotano in maniera etnico-religiosa, è una follia e un suicidio, oltre a essere illegale.
Gli Usa hanno iniziato l'intervento armato con la “coalizione”. In Iraq, qualcosa del genere lo avete già visto.
Tutto questo mi sembra un gioco politico sporco. Bombardare questi jihadisti non li farà certo sparire. C'è il pericolo di uccidere tanti innocenti. Si distruggono le infrastrutture, che rimarranno distrutte. Gli americani già lo hanno fatto: hanno distrutto il Paese e non lo hanno ricostruito. La cosa più grave è che adesso tutti ripetono: la guerra durerà anni. Così mandano un doppio messaggio, pericolosissimo. Ai jihadisti dicono: tranquilli, avete tempo per organizzarvi con calma, trovare altri soldi, arruolare altri militanti a pagamento. Agli altri, al popolo dei rifugiati dicono: ne avrete per anni, per voi il futuro è possibile solo altrove, lontano dalle vostre case. E' meglio che ve ne andiate, se ci riuscite. Se si vuole davvero farla finita con i gruppi estremisti, si deve lavorare sull’educazione e sulla formazione, con programmi che davvero facciano percepire la falsità e la mostruosità di quell’ideologia sanguinaria.
Intanto, in Occidente, qualcuno ha provato a ritirar fuori lo stereotipo dello scontro di civiltà e degli islamici nemici della civiltà occidentale.
La realtà è che l'Occidente non ha altri moventi oltre ai propri interessi economici e di potere. Anche quest'ultima entità che si fa chiamare Stato Islamico è stata nutrita per anni con soldi e armi che venivano da Paesi cosiddetti “amici” dell'Occidente. Coi servizi segreti, quando vogliono, possono sapere tutto di ognuno di noi. Come mai non sanno da dove passano le armi, o a chi vendono oggi il petrolio? Gli Usa si sono mossi quando hanno decapitato i 2 poveri americani. E tutti quelli - siriani, iracheni, cristiani e musulmani – che avevano ammazzato e sgozzato fino a allora?
In tutto questo, c'è qualcosa che la fa sperare?
La scorsa settimana, a Baghdad, noi sacerdoti abbiamo fatto tutti insieme gli esercizi spirituali. I nostri preti fanno miracoli, malgrado tutta questa situazione: liturgie, catechismo, attività sociali e di carità, teatro, tante cose belle. A questo ci chiama oggi il Signore: consolare le persone, aiutarle a avere pazienza, a non perdere la speranza. Adesso è la cosa più importante.
http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/iraq-iraq-irak-sako-36598/
L’Arcivescovo armeno di Aleppo: per il popolo, gli autori dei raid non sono certo dei “liberatori”
Agenzia Fides - 24/9/2014
I raid aerei contro le basi jihadiste in Siria, realizzati dagli Usa con il sostegno di alcuni Paesi arabi, non suscitano attese positive tra la popolazione siriana di Aleppo, timorosa “che questo tipo di intervento esterno possa peggiorare la situazione”. Lo riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati. “Qui la gente non ha una visione chiara di quello che sta succedendo - fa notare l'Arcivescovo - ma certo non vede gli autori dei bombardamenti come dei 'liberatori'. Il sentimento prevalente è che i raid non risolveranno i problemi, e potrebbero addirittura aumentarli. Aumenta ancora l'incertezza che tutti vivono ogni giorno. Quella con cui, ogni giorno, i padri e le madri di famiglia si chiedono se sia ancora possibile rimanere o se l'unica salvezza sia ormai da cercare nella fuga”.
Intanto le scuole nei quartieri di Aleppo controllati dal governo hanno riaperto. I capi delle Chiese e delle comunità cristiane si incontrano una volta al mese – la prossima riunione sarà sabato prossimo – per fare il punto della situazione e trovare forme condivise per alleviare le sofferenze e le difficoltà del popolo: “noi rimaniamo qui - ripete l'Arcivescovo Marayati - e cerchiamo di sostenere tutti per fare in modo che rimangano qui, che non vadano via, finchè è possibile. C'è acqua solo due ore al giorno, sui nostri quartieri cadono ogni giorno i missili dei ribelli, manca il cibo. Tanti vanno via. Ma c'è anche chi è tornato dal Libano e dall'area costiera di Lattakia, quando sono ricominciate le scuole. Il nostro unico compito, in questa situazione, è cercare di far vivere i germogli di speranza che fioriscono tra le macerie”.
Intanto le scuole nei quartieri di Aleppo controllati dal governo hanno riaperto. I capi delle Chiese e delle comunità cristiane si incontrano una volta al mese – la prossima riunione sarà sabato prossimo – per fare il punto della situazione e trovare forme condivise per alleviare le sofferenze e le difficoltà del popolo: “noi rimaniamo qui - ripete l'Arcivescovo Marayati - e cerchiamo di sostenere tutti per fare in modo che rimangano qui, che non vadano via, finchè è possibile. C'è acqua solo due ore al giorno, sui nostri quartieri cadono ogni giorno i missili dei ribelli, manca il cibo. Tanti vanno via. Ma c'è anche chi è tornato dal Libano e dall'area costiera di Lattakia, quando sono ricominciate le scuole. Il nostro unico compito, in questa situazione, è cercare di far vivere i germogli di speranza che fioriscono tra le macerie”.
venerdì 26 settembre 2014
Il Vescovo di Aleppo: l'intervento armato contro l'ISIS porterà altro caos
Intervista a padre Georges Abou Khazen
di Davide
Malacaria
Ormai il 60%
della popolazione ha abbandonato Aleppo, la città siriana che sta diventando il
simbolo di questa guerra che dura tempo e che molti si ostinano a chiamare
civile, ma che di civile non ha nulla. Simbolo perché la presenza cristiana è
più numerosa che altrove in Siria, anche se ora è ridotta a un piccolo gregge.
E perché ormai da anni resta in un tragico stallo che vede metà città occupata
dai tagliagole anti-Assad che rendono impossibile la vita nei quartieri non
occupati. I cosiddetti ribelli vi imperversano con bombardamenti continui,
giorno e notte, e nei mesi scorsi hanno tagliato per ben due volte le tubature
che rifornivano di acqua l’intera popolazione civile. Il vescovo di Aleppo,
padre Georges Abou Khazen, racconta di quei giorni, quando flussi continui di
gente si affollavano presso le fontane edificate vicino a chiese e moschee per
tentare di limitare i danni di quell’atto terroristico che ha prostrato la
città. Una penuria di acqua che ancora continua, nonostante il ripristino della
rete idrica, aumentando i disagi di una popolazione stremata dai bombardamenti
continui.
È a Roma il
vescovo, come altri nuovi vescovi di fresca nomina riuniti in Vaticano. E lo
incontriamo alla Delegazione di Terra Santa, sua dimora provvisoria prima di
tornare alla sua città che da poco, rivela, sta conoscendo un nuovo orrore: i
cannoni dell’inferno, come gli jihadisti chiamano il loro ultimo ritrovato
balistico. Si tratta di bombole di gas che i cosiddetti ribelli anti-Assad
lanciano a grande distanza e fanno esplodere contro civili inermi, spesso
modificati applicando sulla bomba artigianale pezzi si ferro e altro che,
nell’esplosione, spandono all’intorno schegge, aumentandone la portata letale.
Una sorta di bombe a frammentazione fatte in casa, vietate dalle convenzioni
internazionali. Bombole di gas che probabilmente arrivano in Siria sotto forma
di aiuti umanitari alla popolazione…
Inoltre,
prosegue il presule, i miliziani hanno iniziato a usare i tunnel sotterranei
che partono dalla cittadella, l’antica fortezza di Aleppo, per raggiungere le
varie zone della città: in particolare per piazzare i loro ordigni esplosivi
sotto gli edifici storici; ormai il suk, dichiarato patrimonio dell’umanità
dall’Unesco, è un cumulo di macerie.
A monsignore
chiediamo dell’Isis, che incombe a 20 chilometri da Aleppo. «Ora si parla tanto
di Isis – risponde – e americani e altri vogliono intervenire per fermarlo. Ma
temo che si stia ripetendo un tragico errore: ogni volta che gli americani sono
intervenuti militarmente in una regione hanno solo alimentato il caos e le
divisioni. A proposito di questo Isis c’è poi da ricordare che Hillary Clinton
di recente ha detto che gli Usa si trovano a combattere ciò che hanno creato
loro stessi. Già perché l’Isis fu creato per andare contro Assad… ».
Non che non
serva intervenire, specifica monsignore, ma per fermare questo mostro serve ben
altro che le bombe: «Anzitutto occorre fermare i finanziamenti e il flusso di
armi verso questi miliziani: hanno armi sofisticatissime, chi gliele dà?». Gli
diciamo che sui giornali italiani scrivono che questi armamenti sono stati
saccheggiati dall’Isis all’esercito iracheno. Sorride ironico: vero in parte,
spiega, e in parte no. «Poi bisogna smettere di comprare il petrolio dall’Isis»,
continua. Anche qui accenniamo a quanto riferiscono i giornali, secondo i quali
sarebbe venduto ad Assad e agli iracheni. Sorride di nuovo: «Lo comprano le
grandi compagnie petrolifere, a dieci dollari al barile invece che a cento…»,
afferma con sicurezza, come di cosa che in Siria sanno anche i sassi.
E invece
continuano a rullare i tamburi di guerra. «Un intervento militare – prosegue il
presule – aumenterà la destabilizzazione e renderà ancora più difficile la
convivenza tra islamici e cristiani. E dire che questa è andata avanti per
secoli, nonostante episodi critici. La Siria era esemplare in questo: c’era
convivenza, pluralismo, rispetto. Una caratteristica che ancora dura, anche
sotto le bombe cristiani e musulmani si sostengono a vicenda, si aiutano come
possono. Questo anche perché per secoli il punto di riferimento degli islamici
è stata l’Università di Al Azar, al Cairo, che propugnava un islam moderato.
Oggi si sta diffondendo un islam più intransigente, quello wahabita dell’Arabia
Saudita: i miliziani apportatori di morte e distruzione vengono da queste
scuole, sono formati da muftì e imam di questo ramo islamico. Anche in Siria,
quando arrivano, cacciano le autorità religiose locali e mettono le loro. E
istituiscono i loro tribunali. Sono cose ignote all’islam della regione. E dire
che l’Arabia Saudita sembra sia l’asse portante dell’alleanza che si sta
formando contro l’Isis… ». Chiosa monsignore. Lo incalziamo, spiegando che in
Occidente si pensa che siamo di fronte a una guerra tra islam e cristianesimo.
Non è così, ripete: gli jihadisti ammazzano anche gli islamici che non la
pensano come loro, buttano giù le loro moschee. Non è così, ripete.
Gli Stati
Uniti, oltre a programmare l’intervento militare, hanno deciso di armare i
ribelli moderati siriani. Chiediamo a monsignore cosa ne pensa di questa
decisione. «Moderati? E quali sono? Ce lo dicano, noi in Siria non ne vediamo.
Tutto il mondo ora parla dell’Isis, ma tutti i gruppi armati che stanno
insanguinando la Siria fanno barbarie simili a quelle dell’Isis. Un tempo
c’erano anche siriani tra i cosiddetti ribelli, ma oggi l’80% di questi sono
stranieri. Non ci sono moderati in Siria. Tra l’altro lo stesso Obama ha detto
solo un mese fa che parlare di ribelli moderati in Siria è solo “fantasia”… non
ne verrà nulla di buono da questa decisione. Sono armi che vanno in mano a
terroristi, ad Al Qaeda». Tra l’altro racconta dei tanti siriani che sono
fuoriusciti dalle fila dei ribelli per tornare con Damasco. Un fenomeno carsico
che ha interessato centinaia, se non migliaia di persone, del quale l’Occidente
ignora l’esistenza.
Resta che
Assad è dipinto come un tiranno sanguinario da tutti i media nostrani… «Non
sarà la Regina d’Inghilterra, ma ci sono tanti regimi dispotici nel mondo arabo
– risponde monsignore -. Parlano delle violazioni dei diritti dell’uomo da
parte di Assad… guardino l’Arabia Saudita, dove alle donne è proibito
praticamente tutto. Dove a chi non è wahabita è proibito anche pregare in
pubblico… Avevano chiesto che il regime si aprisse: Assad ha aperto al
pluralismo e nelle ultime elezioni c’erano diversi partiti. Nonostante la
guerra sono state abolite le leggi d’emergenza. Ha dato vita a una nuova
Costituzione. Alle elezioni il popolo lo ha votato in massa. Certo, non si
tratta di una democrazia occidentale, ma ci sono regimi molto peggiori in Medio
Oriente…», conclude. E aggiunge che dei cristiani non c’è più traccia nelle
zone cadute in mano ai ribelli: le chiese sono state distrutte e non ci sono
più sacerdoti né suore né fedeli. Una situazione particolarmente dolorosa per
il vescovo.
Già, la
Chiesa, come vive in questa tempesta? Monsignor Abou Khazen non fa discorsi
teorici, parla di cose. E racconta dei 25.000 pasti che i gesuiti preparano
ogni giorno per gli abitanti di Aleppo, cristiani e islamici. Un’opera
sostenuta anche grazie alle donazioni di musulmani in quello che appare un
ecumenismo della carità. Come tanta è la carità dispiegata nei quartieri
cristiani verso i profughi musulmani che vi si affollano. Racconta
dell’ospitalità delle famiglie cristiane, della loro sollecitudine verso questa
gente che ha perso tutto. «Ci sono tanti ragazzi volontari che portano
assistenza a queste persone, sia a livello umanitario, sia a livello
psicologico, con particolare riguardo ai bambini». Ma cose analoghe capitano
anche all’inverso, nei quartieri islamici dove trovano rifugio i cristiani.
Quindi
racconta degli anziani e dei portatori di handicap ospitati in un locale del
Vicariato: «Si trovavano in una struttura islamica che è stata bombardata dai
miliziani, così li abbiamo ospitati noi. All’inizio c’erano anche dei bambini
di un orfanotrofio, ma questi ultimi abbiamo dovuto spostarli in un’altra
struttura, dal momento che era un po’ ingestibile. Questi locali appartenevano
a uno studentato tenuto dalle suore. Pieni di crocifissi e immagini religiose.
Immagini e crocifissi sono ancora tutti lì, insieme ai nostri ospiti che li
hanno rispettati in maniera commovente». Il volto di monsignore si illumina
mentre parla dei suoi “ospiti”, e rallegra il cuore.
Lo
studentato è dedicato a “Gesù operaio”, specifica il presule. Quel titolo umile
sta ancora lì, scolpito sulla pietra all’ingresso di questa struttura che
ospita gli ultimi degli ultimi. Stride questa umiltà con il mostro feroce che
ruggisce d’attorno.. Ma da queste parti è così da duemila anni. Dalla strage
degli innocenti. Quella compiuta da Erode: non un truce islamista, ma uno
scaltro funzionario dell’Impero.
«Mi viene da piangere confrontando quello che Aleppo e la Siria hanno rappresentato per secoli nella cultura, nell’arte e nella religione con lo scempio a cui siamo sottoposti in questi mesi. Ma sono convinto che siamo ancora in tempo per salvare questo tesoro dell’umanità»
............
mercoledì 24 settembre 2014
E' tempo di una nuova alleanza per fermare chi vuole distruggere il nostro Paese ...
Lettera di Padre Daniel
Mar
Yakub ,
venerdì 19 settembre 2014
venerdì 19 settembre 2014
14 settembre
Oggi è una giornata particolare per diverse ragioni: il 14 settembre del 2000 questa comunità è stata fondata , dopo la ricostruzione delle rovine dell’antico monastero del VI secolo, sotto la supervisione di Madre Agnes-Mariam e due sorelle.
Oggi si festeggia anche – in Oriente e Occidente – la festa della Esaltazione della Croce. Nella liturgia Bizantina, questa festa è accompagnata con una adorazione della croce. Ci ricorda l’inaugurazione della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme il 13 settembre 335: secondo un’antica tradizione, Sant' Elena avrebbe ritrovato un pezzo della Santa Croce e l’avrebbe portata a Roma. Il papa siriano “Sergio” (687-701) istituì un’adorazione adeguata per il popolo.
Oggi viene il nostro prete bizantino, che celebra le appropriate preghiere e canti dopo l’eucaristia e nel frattempo facciamo la processione con la croce e con le candele accese. Dopo, adoriamo la croce, come si fa il venerdì santo nella liturgia Latina. La cena è come una festa popolare con alcune famiglie nell'atrio vicino al giardino. Nel giardino abbiamo raccolto un po’ di legna per fare dei fuochi d’ artificio in onore della Santa Croce.
Oggi era anche il primo giorno di scuola per i bambini: sono ritornati con le loro uniformi color celeste come piccoli soldati orgogliosi.
Una cecità maliziosa
Nella
stampa occidentale non manca l’informazione sui diversi gruppi di
terroristi in Medio-Oriente, sulle loro atrocità , la loro
diffusione e sul modo in cui i diversi Paesi vogliono combatterlo.
Si suggerisce anche che i popoli del Medio-Oriente possono ancora
imparare dalle democrazie occidentali e dalla loro libertà,
soprattutto dalla loro separazione fondamentale di stato e fede.
Essi speravano che questa separazione sarebbe stata conquistata con la
“primavera araba”.
Quello
che manca nella stampa occidentale, è che tutta la confusione
attuale nel Medio-Oriente è stato provocata dallo stesso Occidente
solo per motivi di potere e avidità. Naturalmente, questa realtà è
stata subito negata con l’argomento di una teoria di complotto,
senza fondamenti.
La distruzione di una delle più antiche
civilizzazioni e di una cristianità di 2000 anni, con centinaia di
migliaia di morti, nel 2003 non era fatta da musulmani fanatici, ma da
cristiani occidentali, americani e inglesi, con il pretesto di
“libertà per l’Iraq” e con il pretesto di eliminare le armi
di distruzione di massa. Infatti, quello che succede oggi è la
conseguenza logica e la conclusione consapevole dell’azione in Iraq. L'Iraq è da dividere in 3 parti per dominarlo meglio. Se l’Occidente
volesse vedere la realtà, allora i colpevoli sarebbero già stati
giudicati dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro
l’umanità e non ci sarebbe stata l’odierna avanzata dell’IS
(Stato Islamico).
Grazie
ad identiche menzogne, la Libia è stata massacrata e distrutta,
mentre Gheddafi aveva sollevato il suo paese poverissimo fino al 21° posto dei più ricchi stati del mondo e al più prospero stato dell’
Africa. Per attaccare la Siria, non hanno avuto bisogno
dell’autorizzazione del Consiglio Europeo. Un incontro tra America,
Inghilterra, Francia e Turchia in Italia bastava. No, i dominatori
mondiali volevano anche l’ oro, le banche ed il petrolio di questo
paese. Apparentemente, Gheddafi voleva dividere la ricchezza del
paese con la sua popolazione e non con l’America. Gheddafi voleva
anche costruire una sorta di “Stati Uniti di Africa” e pensava di
avere la Francia come amico. Sarkozy non potrà mai più negare di aver ricevuto un mucchio di soldi da Gheddafi per la sua campagna
elettorale. Era veramente il compito della NATO di bombardare la
Libia e ributtare quel paese fino all’età della pietra in una
miseria senza speranza, solo per servire i dominatori anglosassoni?
Tutto questo indica rispetto per il compito delle Nazione Unite e
per le leggi internazionali? Tutto questo costituisce il sostegno europeo e occidentale ad un popolo in via di sviluppo?
Ugualmente,
questi stessi dominatori mondiali hanno organizzato la guerra contro
la Siria, con il pretesto che dovevano proteggere il popolo siriano
contro un dittatore, mentre la Siria era una delle società più
armoniose del Medio-Oriente. Nonostante il fatto che oggi tutti
sappiano che sono i gruppi terroristi che assassinano e distruggono
la popolazione siriana , l’Occidente continua comunque ad
addestrare, armare e inviare questi gruppi verso la Siria. Nel
frattempo, in tutta la Siria e nell’estero, ogni giorno e già da 3 anni, musulmani e cristiani riuniti come una grande famiglia siriana unica, continuano a protestare e manifestare contro questo
ipocrisia occidentale.
Finché
l’Occidente continua a diffondere questo inganno, popoli e paesi
innocenti saranno preda di questi dominatori mondiali con la loro
sete di potere e avidità.
E i nostri giornalisti scrivano – ciechi alla realtà – che la battaglia tra gruppi musulmani si
estende da Siria fino al Libano e all’ Iraq. E così, i veri
colpevoli rimangano fuori tiro e si possano anche presentare come i
salvatori...
Un' alleanza per l’autodifesa?
Secondo l'articolo 5, il compito fondamentale della NATO è l’autodifesa
collettiva. Questo compito sembra molto eufemistico, come abbiamo
visto con la distruzione della Libia e oggi con la guerra
in Siria. Primo, non è un alleanza di partner equivalenti, che
promuovono mutualmente la propria sovranità e benessere. E difatti, il
comando supremo è nelle mani di un generale americano, che è il
capo delle forze armate. L’alleanza della NATO non ha
solo scopo di difesa. La NATO è stata fondata nel 1949 come
difesa contro l’espansione Sovietica, mentre il patto di Varsavia è stato costruito solo nel 1955. Dopo la caduta del USSR, l’ Europa
- contro gli accordi – ha inserito i Paesi del patto di Varsavia forzatamente e adesso vuole a tutti costi anche inserire l’Ucraina
nell’alleanza militare della NATO. La verità è che la NATO è un
vassallo di America e Inghilterra che mira a dividere l'Europa in 2 blocchi e danneggiare la Russia il più possibile. La NATO è anche economicamente orientata. Ma non è più produttivo dialogare in modo sincero invece di
provocare continuamente pretesti per fare guerre altrove?
No,
noi qui non facciamo politica e noi qui non facciamo parte di nessun
partito politico. Tuttavia, è nostro compito di cercare la verità –
anche se la verità è molto complessa. Dobbiamo smascherare
l’inganno attuale ed estirpare il veleno malizioso della propaganda
di guerra a servizio dei tiranni mondiali. Verità e giustizia sono
valori per tutta la famiglia dell’umanità.
Il futuro ?
Ma
ci sono anche forze controcorrente. Lunedì scorso, nella conferenza
di pace e sicurezza, Sergei Lavrov ha denunciato il comportamento
ambiguo dell’ Occidente e ha dichiarato apertamente che la Russia
sosterrà militarmente l’Iraq e la Siria per combattere IS (Stato
Islamico). Lavrov ha anche aggiunto che la Russia dispone di mezzi e
anche dei motivi necessari per ragioni comuni. I Siriani – e
anche altre potenze mondiali – sanno il valore di una
parola data dalla Russia. Se le potenze mondiali vogliono,
possono anche dividersi i compiti in modo diplomatico: USA si occupa
dell’ Iraq e la Russia si occupa della Siria.
Nel
frattempo, la popolazione Siriana continua insieme la sua Via Crucis,
ma fermamente decisa a resistere contro le forze internazionali che
vogliono ancora distruggere il suo paese. Il grande Mufti dr. Ahmad
Badr-Eddin Hassoun ha fatto ancora una volta un appello in Tartous per
creare un movimento ampio di solidarietà, affinché ogni siriano
assista il suo concittadino, soprattutto le famiglie dei “martiri” e le famiglie senza padre, senza tetto o senza
stipendio. E quello è il vero spirito per il quale il popolo siriano
resisterà. L’esercito siriano continua di eliminare gruppi
di ribelli nel suo paese e continua a ricuperare il suo territorio,
nonostante il fatto che gli attentati non smettono. Hanno scoperto
una galleria in Adra (un borgo di operai e impiegati 20 chilometri a nord di Damasco. L'11 dicembre dello scorso anno 80 civili vi furono trucidati perché appartenenti alle minoranze religiose e dipendenti pubblici . NDR) di 11 m di profondità e 500 m di lunghezza.
Ogni giorno l’esercito confisca grande quantità di armi e
esplosivi. Tanti gruppi di ribelli si arrendono.
Noi
stessi continuiamo a lavorare, sperare e pregare affinché un giorno
ritorni la pace in questo bel paese per questa coraggiosa e ospitale
popolazione. Nel frattempo il piccolo atrio ci dà un' immagine
dell’intenzione di Dio per la sua creazione e per la salvezza
dell’uomo: vita e fertilità in abbondanza. Ogni giorno la nostra
speranza è alimentata e colorata da pomodori, zucchine, melograni,
meloni, uve,…. ma nello stesso tempo dobbiamo eliminare l’erbaccia
mortale dello Stato Islamico.
Le manifestazioni non bastano. Una
politica adeguata deve arrestare il Califfo e i suoi aiutanti, e
condannarli per le loro atrocità, tagliare i loro redditi e impedire
il flusso di combattenti. Se le organizzazioni internazionali non lo
faranno, allora i politici delle Nazioni devono prendere
iniziative e fare pressioni. C’è molto lavoro da fare e anche
urgentemente.
con affetto, padre Daniel
con affetto, padre Daniel
(Traduzione fiammingo/italiano- A. Wilking)
MAWTINI (Patria mia):
My homeland My homeland...
Glory and beauty, Sublimity and splendor
Are in your hills, Are in your hills
Life and deliverance, Pleasure and hope
Are in your air, Are in your Air
Will I see you? Will I see you?
Safe and comforted, Sound and honored
Will I see you in your eminence?
Reaching to the stars, Reaching to the stars
My homeland, My homeland ...
Glory and beauty, Sublimity and splendor
Are in your hills, Are in your hills
Life and deliverance, Pleasure and hope
Are in your air, Are in your Air
Will I see you? Will I see you?
Safe and comforted, Sound and honored
Will I see you in your eminence?
Reaching to the stars, Reaching to the stars
My homeland, My homeland ...
lunedì 22 settembre 2014
La vera ragione della guerra alla Siria : intervento del Vescovo Nazzaro
Il 16 settembre 2014, i capi delle Chiese del Medio Oriente, riunitisi a Ginevra, hanno fatto appello alle Nazioni Unite affinché vengano tutelate le minoranze in Iraq e in Siria, denunciando i «massacri e le atrocità, insieme ai crimini contro l'umanità» commessi dallo Stato islamico che «sta rovinando l’intero sistema dei diritti umani».
Qui il testo dell'intervento di Monsignor Giuseppe Nazzaro , Vicario Apostolico emerito di Aleppo , relativo alla situazione siriana
Qui il testo dell'intervento di Monsignor Giuseppe Nazzaro , Vicario Apostolico emerito di Aleppo , relativo alla situazione siriana
Sulla
guerra in Siria è stato detto e scritto molto, anzi moltissimo. Mai
nessuno, a mio avviso, ha detto o scritto circa il perché di questa
guerra fratricida. Sono stati gettati fiumi di inchiostro dicendo che
si doveva 'eliminare un dittatore', il che, sempre a mio avviso, è
tutto da provare, perché, guardandomi attorno onestamente, faccio
molta fatica a trovare nello scacchiere medio orientale un paese
dove non esista dittatura. Chiamateli con tutti i nomi che volete e,
alla fine, siete costretti ad ammettere che, in quello scacchiere,
tutti a modo loro sono dei dittatori.
La
ragione di questa guerra è da ricercarsi nell’interpretazione
della legge predominante in quei paesi. Il
Signor Bashar El Assad aveva instaurato nel suo paese un governo a
carattere laico, che è in netto contrasto con il sistema di quelle
regioni.
Una
guerra la si fa almeno per due motivi: difensiva od offensiva. In
Siria non è stato così perché il paese viveva in pace, il
progresso economico era in continuo aumento, il rispetto dei valori
umani esisteva. Certo, vi saranno anche state cose che forse sfuggono ad
un comune schema sociale-politico, ma in quale paese di questo mondo tutto fila
liscio come l’olio? Ogni paese ha i propri scheletri nascosti. È
inutile proclamarsi fautori di 'libertà' e di tante belle cose che si
attribuiscono a questo termine e che, nella maggior parte dei casi,
stridono col profondo senso della libertà stessa.
La
guerra in Siria è stata iniziata, sostenuta e finanziata, non in
nome di una libertà che, proprio con la guerra, è
stata tolta al paese ed ai suoi cittadini;
non in nome di un benessere che già esisteva e si espandeva
continuamente. Guardiamo per esempio: quante sono state le fabbriche
saccheggiate dei loro macchinari dalla regione di Aleppo e
trasportate in Turchia, e non dai padroni siriani perché magari
volevano evadere le tasse locali, come avviene altrove. (Le stime parlano di circa 2.000 fabbriche saccheggiate e svuotate dei
propri macchinari). Il turismo era in continuo aumento, sia quello
religioso che veniva per scoprire, conoscere e venerare le vestigia
del primo cristianesimo, sia il semplice turismo a carattere
culturale o, se vogliamo, di curiosità, per conoscere altri popoli,
usi e costume locali ecc…. La guerra in Siria ha avuto ed ha un
solo scopo: il commercio di armi per l’Occidente
e l' ideologia religiosa per i fautori locali.
E così siamo finiti nelle mani di un terrorismo di carattere
internazionale, ma sempre pagato e sostenuto da chi ha soffiato sul
fuoco della cosiddetta 'dittatura' (gli stessi terroristi hanno fatto il
nome dei paesi medio orientali che li finanziavano), dei cosiddetti 'diritti umani' e tutti hanno seguito questo coro.
Nessuno s’è
posto il problema: ma questi che puntano il dito contro la Siria con
la scusa che è governata da una dittatura, che non rispetta i diritti
umani, chi sono?:
come governano i loro paesi, presso di loro i diritti umani sono rispettati?
Un attimo di riflessione signore e
signori, è d’obbligo!
Questi che puntano il dito contro la Siria ed il suo governo: cosa
intendono per diritti umani? Veramente loro intendono i diritti umani
di cui ci parla la “Carta delle Nazioni Unite?” Oppure, loro
parlano di “diritti umani” che corrispondono soltanto al loro
credo religioso?
La
conseguenza di tutto ciò è che siamo caduti in mano a varie
categorie di terroristi che si potrebbero semplicemente definire mercenari
seminatori di morte. Perché la presenza di giovani occidentali in
mezzo alle bande armate dell’ISIS non si può spiegare soltanto
per le loro convinzioni religiose. Ormai è risaputo che nell’ISIS
vi sono anche individui annoiati della vita in Occidente e che sotto
l’effetto della droga vanno per il mondo a sperimentare altri
stimoli alla loro bestialità. L’ISIS tagliando la testa ai
malcapitati che non la pensano come loro, fornisce a questi
sbandati un senso di ebbrezza.
L’Occidente
s’è svegliato soltanto ora dal proprio letargo perché quei banditi hanno eseguito in diretta due decapitazioni di due
occidentali. E le migliaia di morti degli ultimi due anni,
appartenenti a qualsiasi credo religioso, compresi sunniti? perché "non erano abbastanza feroci da uccidere un loro fratello, non sono dei
duri, quindi non meritano di vivere e noi li eliminiamo" ?
L’Occidente
ha mai saputo che da due anni ISIS recluta ragazzini ed impartisce
loro lezioni pratiche come si deve tagliare la testa ad un infedele? L’Occidente ha mai saputo che le mamme profughe in Giordania hanno
venduto e vendono le proprie bambine agli sceicchi del golfo? Sono
cose che accadono alla luce del giorno da qualche anno. Noi dinanzi a queste terribili situazioni rispondiamo con noncuranza: non ci
interessa. E perché? perché non sono toccati i nostri interessi. I
due decapitati che il mondo intero ha visto tramite la TV erano dei
nostri; perciò, dobbiamo intervenire! Altrimenti che fine faremo? .. . E,
tutti gli altri decapitati? Iniziando dai 120 poliziotti siriani che
furono decapitati a Gisser Choughour il 2 giugno 2012? Chi sono? Cosa
sono? Sono esseri umani come noi o noi li consideriamo semplicemente
come animali che non hanno valore e non ci interessano? Non erano pure
quelli uomini come noi? Perché abbiamo permesso tutto questo? Quale
è stato il motivo? Il motivo è stato ed è sempre lo stesso:
vendere armi, sfruttare i più deboli, portando via ciò che
possiedono. Per fortuna non si riesce a portare via la loro dignità
di uomini, di esseri umani, di creature figli di Dio.
L’assedio
alla città di Aleppo, ha privato milioni di persone di acqua
potabile per mesi, e questa situazione continua ancora oggi; lo sa
l’Occidente che la maggior parte degli aleppini si disseta con
acque inquinate o dai pozzi che esistono nelle moschee e nelle
chiese. L’aver interrotto l’erogazione dell’elettricità, del
gas da cucina, ha costretto gli aleppini a spogliare i loro bei
giardini pubblici. Aleppo aveva degli splendidi giardini, oggi sono
quasi tutti spogli di alberi, la gente li taglia per cuocere il cibo,
per riscaldarsi d’inverno, il gasolio da riscaldamento non esiste
più e se si trova costa enormemente e non tutti possono
acquistarne.
Aleppo,
una volta città opulenta per le sue fabbriche e per il suo
commercio, oggi è prostrata, ridotta ad un cumulo di macerie. La
gente è affamata. Gli unici che dispongono di qualche soldo sono
coloro che ancora lavorano impiegati dal Governo, tutto il settore
privato è morto.
Tutto ciò perché l’asino dal minareto tiene tutti sotto tiro. Chi si muove è passibile di morte.
“Chi ha
portato l’asino sul minareto conosce il modo per farlo scendere”.
È
un proverbio della sapienza popolare orientale. Esso ci insegna che: l’uomo è capace di fare tante cose: le buone e le meno buone, e qualche volta, le seconde si trasformano in pessime.
Chi
ha creato ISIS? Un personaggio che fino ad un paio d’anni addietro
era l’incontrastato dominatore in Medio Oriente oggi ha il coraggio
di scrivere che: purtroppo la creatura che
abbiamo messo al mondo ci è sfuggita di mano e la dobbiamo combattere...
E chi aspettano a far scendere l’asino dal minareto? Questa persona
col suo governo assieme agli sceicchi l’hanno fatto salire, che lo
facciano scendere immediatamente, se vogliono realmente fare del bene
all’umanità.
"Sì, l’asino deve scendere dal minareto, ma non saremo
noi a farlo. Noi creeremo un' altra creatura che farà scendere
l’asino". Poveri illusi! Non si vuole comprendere che non siamo
all’altezza di nulla. Siamo capaci soltanto di creare altri guai.
Si vuol far credere al mondo che armando la cosiddetta opposizione
moderata siriana, questa farà scendere l’asino dal minareto?
Niente di più stupido. Anche un ragazzino comprende che ISIS fa
tutto questo non solo per crearsi il proprio califfato, ma anche per
spodestare il presidente Assad, e questo è l’obiettivo della
cosiddetta opposizione al Regime (che la chiamiate opposizione moderata o fondamentalista, tutti vogliono la stessa cosa), e in conseguenza di tutto
ciò avremo che le file di Isis si ingrosseranno anche degli ultimi
arrivati, preparati ed armati da 40 Stati della cosiddetta Coalizione.
(Eppure la storia del Medio Oriente degli ultimi 20 anni ci dovrebbe
illuminare, perché già vi è stato qualche altro che ha creato un
asino simile per combattere una sigla nella zona, ed ora questo asino
combatte chi l’ha creato). Siamo troppo intelligenti per
impegolarci in una guerriglia in Medio Oriente. Perciò, in barba a
tutti gli appelli di persone di buona volontà e raziocinio, continuiamo ad
armarli pur di star bene noi e sfruttare, poi, i poveri malcapitati
che furbescamente abbiamo armati...
+ Giuseppe Nazzaro
I leader religiosi del Medio Oriente alle Nazioni Unite
Traduzione del testo integrale dell’Appello presentato alle Nazioni Unite a Ginevra
Noi, Patriarchi e Vescovi delle Chiese del Medio Oriente, compreso l’Iraq e la Siria, invitati dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, siamo venuti a testimoniare la drammatica situazione di questi paesi, che colpisce le nostre comunità e l’intera popolazione.
Per quasi 2.000 anni, le comunità cristiane hanno vissuto nella zona con continuità. Ma ora, soprattutto in Iraq e in Siria, siamo il bersaglio dei criminali dello Stato islamico che ci perseguita “in nome di Dio” per il nostro credo religioso: una flagrante violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa. L’ideologia sulla quale lo Stato islamico giustifica la sua aggressività è fondamentalmente contraria ai diritti umani, perché conduce al genocidio, alla morte di persone innocenti, e ad altri abusi gravi.
Così, lo Stato islamico è una minaccia non solo per i cristiani e per gli altri gruppi etnici e religiosi, ma per l’intera società, in Medio Oriente, e verso tutta la comunità internazionale. Se non viene fermamente condannato ed efficacemente spazzato via, questa ideologia porterà alla rovina dell’intero sistema dei diritti umani, creando un pericoloso precedente di indifferenza per la protezione delle persone vulnerabili.
I massacri e le atrocità commesse dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, che attualmente restano impuniti, costituiscono anche crimini contro l’umanità.
Di conseguenza, sulla base del diritto umanitario internazionale, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e la responsabilità di proteggere le comunità e gli individui colpiti, come indicato nelle definizioni stabilite dall’Assemblea Generale nel corso degli ultimi anni. La responsabilità di proteggere si applica quando lo Stato – come è il caso dell’Iraq – non è in grado di proteggere i propri cittadini.
I cristiani in Iraq non dovrebbero essere privati dei loro diritti in quanto comunità religiosa, come definito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I cristiani devono essere riconosciuti e trattati come cittadini uguali. Loro hanno il diritto di rimanere in sicurezza nel loro paese d’origine ed essere protetti dal loro governo secondo un sistema giuridico conforme ai Diritti dell’Uomo.
Chiediamo fortemente che sia fornito alle nostre comunità un sostegno umanitario, finanziario e sociale e sia garantita la loro sicurezza. È urgente, soprattutto con l’arrivo dell’inverno, che si garantisca un riparo per gli sfollati, insieme a delle adeguate condizioni di vita, ad appropriate cure mediche, e alla scolarizzazione per i bambini.
Se tali disposizioni sono necessarie e molto urgenti, il giusto ritorno di queste persone nelle loro case e nelle loro proprietà dovrebbe essere agevolato dalla comunità internazionale e garantito dall’azione delle Nazioni Unite, fino a quando le autorità nazionali potranno esercitare la loro responsabilità su tutto il territorio del paese.
La priorità è ora la necessità di sconfiggere lo Stato islamico e di ripristinare la possibilità di coesistenza pacifica, in cui la dignità e i diritti e i doveri di ogni cittadino siano applicati e rispettati.
Ginevra, 16 settembre 2014
S.B. Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa cattolica caldea
S.B. Ignace III Yousif Yunan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica d’Antiochia
S.E. mons. Nicodemo Daoud Sharaf, Arcivescovo di Mosul (Chiesa siro-ortodossa d’Antiochia e di tutto l’Oriente)
S.E. Ignazio Alhoshi, Metropolita di Francia e dell’Europa meridionale e occidentale (Arcidiocesi di Francia ortodossa d’Antiochia, Chiesa greco-ortodossa)
Mons. Cyrille Salim Bustros, Arcivescovo di Beirut (Chiesa melkita greco-cattolica)
S.E. Anba Louka E-Baramoussi, Arcivescovo della Svizzera occidentale e della Francia meridionale (Chiesa copto-ortodossa)
S.E. Giuseppe Nazzaro, Custode di Terra Santa emerito, vicario apostolico emerito di Aleppo (Chiesa cattolica romana)
Mons. Ghossan Aljanian, Luogotenente della diocesi della Svizzera (Chiesa armena ortodossa)
Traduzione italiana del Patriarcato latino di Gerusalemme
Fonte: Radio Vaticana
Noi, Patriarchi e Vescovi delle Chiese del Medio Oriente, compreso l’Iraq e la Siria, invitati dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, siamo venuti a testimoniare la drammatica situazione di questi paesi, che colpisce le nostre comunità e l’intera popolazione.
Per quasi 2.000 anni, le comunità cristiane hanno vissuto nella zona con continuità. Ma ora, soprattutto in Iraq e in Siria, siamo il bersaglio dei criminali dello Stato islamico che ci perseguita “in nome di Dio” per il nostro credo religioso: una flagrante violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa. L’ideologia sulla quale lo Stato islamico giustifica la sua aggressività è fondamentalmente contraria ai diritti umani, perché conduce al genocidio, alla morte di persone innocenti, e ad altri abusi gravi.
Così, lo Stato islamico è una minaccia non solo per i cristiani e per gli altri gruppi etnici e religiosi, ma per l’intera società, in Medio Oriente, e verso tutta la comunità internazionale. Se non viene fermamente condannato ed efficacemente spazzato via, questa ideologia porterà alla rovina dell’intero sistema dei diritti umani, creando un pericoloso precedente di indifferenza per la protezione delle persone vulnerabili.
I massacri e le atrocità commesse dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, che attualmente restano impuniti, costituiscono anche crimini contro l’umanità.
Di conseguenza, sulla base del diritto umanitario internazionale, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e la responsabilità di proteggere le comunità e gli individui colpiti, come indicato nelle definizioni stabilite dall’Assemblea Generale nel corso degli ultimi anni. La responsabilità di proteggere si applica quando lo Stato – come è il caso dell’Iraq – non è in grado di proteggere i propri cittadini.
I cristiani in Iraq non dovrebbero essere privati dei loro diritti in quanto comunità religiosa, come definito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I cristiani devono essere riconosciuti e trattati come cittadini uguali. Loro hanno il diritto di rimanere in sicurezza nel loro paese d’origine ed essere protetti dal loro governo secondo un sistema giuridico conforme ai Diritti dell’Uomo.
Chiediamo fortemente che sia fornito alle nostre comunità un sostegno umanitario, finanziario e sociale e sia garantita la loro sicurezza. È urgente, soprattutto con l’arrivo dell’inverno, che si garantisca un riparo per gli sfollati, insieme a delle adeguate condizioni di vita, ad appropriate cure mediche, e alla scolarizzazione per i bambini.
Se tali disposizioni sono necessarie e molto urgenti, il giusto ritorno di queste persone nelle loro case e nelle loro proprietà dovrebbe essere agevolato dalla comunità internazionale e garantito dall’azione delle Nazioni Unite, fino a quando le autorità nazionali potranno esercitare la loro responsabilità su tutto il territorio del paese.
La priorità è ora la necessità di sconfiggere lo Stato islamico e di ripristinare la possibilità di coesistenza pacifica, in cui la dignità e i diritti e i doveri di ogni cittadino siano applicati e rispettati.
Ginevra, 16 settembre 2014
S.B. Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa cattolica caldea
S.B. Ignace III Yousif Yunan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica d’Antiochia
S.E. mons. Nicodemo Daoud Sharaf, Arcivescovo di Mosul (Chiesa siro-ortodossa d’Antiochia e di tutto l’Oriente)
S.E. Ignazio Alhoshi, Metropolita di Francia e dell’Europa meridionale e occidentale (Arcidiocesi di Francia ortodossa d’Antiochia, Chiesa greco-ortodossa)
Mons. Cyrille Salim Bustros, Arcivescovo di Beirut (Chiesa melkita greco-cattolica)
S.E. Anba Louka E-Baramoussi, Arcivescovo della Svizzera occidentale e della Francia meridionale (Chiesa copto-ortodossa)
S.E. Giuseppe Nazzaro, Custode di Terra Santa emerito, vicario apostolico emerito di Aleppo (Chiesa cattolica romana)
Mons. Ghossan Aljanian, Luogotenente della diocesi della Svizzera (Chiesa armena ortodossa)
Traduzione italiana del Patriarcato latino di Gerusalemme
Fonte: Radio Vaticana
giovedì 18 settembre 2014
INTERVISTA A MONS. ANTOINE AUDO: FERMATEVI NELLA DISTRUZIONE DELLA SIRIA!
A colloquio con il vescovo caldeo di Aleppo, il gesuita Antoine Audo, a margine dell’incontro di ‘Caritas internationalis’ sulla situazione in Medio Oriente – La minaccia incombente dello’ Stato islamico’ – Le differenze tra Iraq e Siria – L’azione della ‘Caritas’ per cristiani e musulmani – L’ ‘orchestrazione mediatica’ contro la Siria
www.rossoporpora.org – 17 settembre 2014
di Giuseppe Rusconi
Il sessantanovenne Antoine Audo, gesuita e dal 1992 vescovo caldeo di Aleppo, è tra le figure più note del cristianesimo medio-orientale ed è molto impegnato sul fronte dell’aiuto ad Aleppo e in tutta la Siria a chiunque ne abbia bisogno, senza distinzione di religione, seguendo la stella polare della dottrina sociale della Chiesa. L’avevamo intervistato per “Il Consulente RE” 4/2008 e in quell’occasione ci aveva delineato con chiarezza significato e pratica della ‘dhimmitudine’ (condizione di sottomissione ad Allah che i musulmani poi chiedono, per loro stessi, ai cristiani). Proprio da quell’intervista siamo partiti per il colloquio odierno a San Calisto, a margine dell’incontro di Caritas internationalis sulla drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente…
Monsignor Audo, partiamo da una domanda dell’intervista del 2008: in Siria i cristiani oggi vivono o sopravvivono?
Noi vogliamo sempre essere vivi. Molti tra noi sono attaccati al nostro Paese, alla sua bellezza, al vivere insieme… un sentimento profondo che ancora esiste malgrado tutto. Tuttavia devo aggiungere, per essere franco, che dopo quello che è successo due mesi fa in Iraq, soprattutto a Mosul e nella Piana di Ninive, è come se a noi cristiani di Siria avessero dato il colpo di grazia: Ma è possibile che succeda questo? Siamo storditi, sentiamo sempre di più la vicinanza del Daech, dello ‘Stato islamico’, di questo gruppo armato che può conquistare Aleppo, anche Damasco… intanto attacca villaggi cristiani nella regione di Hamah, tra Aleppo e Homs, con forte presenza greco-ortodossa. E’ una minaccia diretta che ci inquieta molto.
Sempre riferendoci all’intervista del 2008, a proposito della situazione dei cristiani in Iraq, Lei aveva detto: “Temo che tutto questo possa capitare anche a noi…. Allora mi difendo cercando di trovare delle soluzioni preventive”. Un timore purtroppo giustificato…
Credo che sia questione un po’ del mio modo di analizzare le cose che succedono. Conosco bene l’Iraq, i cristiani dell’Iraq… la mia famiglia è originaria dell’Iraq, sono un vescovo caldeo e conosco la mia Chiesa, i suoi fedeli e i suoi pastori… Vedevo la vicinanza tra Iraq e Siria… sono due Paesi che si somigliano per tanti versi… Dicevo dei miei presentimenti ai vescovi e patriarchi in Siria che mi consideravano un po’ pessimista. Ora invece hanno dovuto, purtroppo, ricredersi.
Però tra Iraq e Siria resta anche qualche differenza importante…
Le somiglianze sono tante, ma è vero che la Siria non è l’Iraq. Da una parte i cristiani siriani hanno un radicamento storico, culturale, politico diverso da quello dei loro fratelli iracheni. In Siria i cristiani hanno inciso culturalmente e politicamente molto di più nel tessuto nazionale e hanno assimilato maggiormente tutto ciò che è arabo: cultura, nazionalismo, soprattutto tra i greco-ortodossi. D’altra parte è tre anni e mezzo che in Siria c’è la guerra e, nonostante tutto, lo Stato siriano tiene, l’esercito tiene… la situazione è differente da quella irachena.
Ancora nell’intervista del 2008 aveva aggiunto di difendersi dalla prospettiva peggiore “cercando delle soluzioni preventive”… Le ha cercate e concretizzate?
Ho cercato di accrescere l’impegno dei cristiani come tali e come cittadini del Paese, trovando ragioni di speranza: costruzione di chiese, creazione di sale parrocchiali, formazione dei sacerdoti… ora purtroppo ho un po’ l’impressione che tutto questo si stia sbriciolando…
Molti cristiani hanno già abbandonato Aleppo, forse la metà di quelli che c’erano agli inizi del XXI secolo. Anche tra i ‘suoi’ caldei si registra il medesimo fenomeno?
Soprattutto nel nord-est della Siria si sentono molto isolati e minacciati… per esempio in un villaggio su 150 famiglie caldee ne sono restate una cinquantina. Pensano ormai solo a partire. Ad Aleppo se ne sono andati soprattutto i più ricchi, circa un terzo. L’insicurezza è grande, la disoccupazione altissima… ci sono persone che lottano ogni giorno per non morire di fame… tante altre famiglie che sono costrette a vendere quel poco oro che hanno, i loro tappeti… la situazione è drammatica!
Tra il 2008 e il 2014 sono cambiati i rapporti con i musulmani?
Non sostanzialmente. I cristiani sanno fare la differenza tra i musulmani estremisti e no. Sanno che in Siria è feroce la lotta per il potere tra sunniti e alawiti (cui appartiene Bashar Assad), una variante della lotta interregionale tra sunniti e sciiti, che si odiano. In genere i musulmani in Siria rispettano ancora i cristiani in quanto tali. Ne sono sicuro. Li considerano un esempio di ‘buoni cittadini’, soprattutto quando constatano l’attività della Caritas…
Caritas, di cui Lei è presidente nazionale, aiuta anche i musulmani…
Non si fanno distinzioni di religioni. Tutti i nostri programmi, pur se lavoriamo come Chiesa cattolica, sono al servizio dell’essere umano e della sua dignità. Ecco la novità fondamentale. Lavoriamo con donne col velo, con studenti musulmani, che vengono ai centri perché ne hanno bisogno: abbiamo programmi alimentari, sanitari, scolastici, per gli sfrattati che non riescono a pagare l’affitto, per gli anziani isolati e in difficoltà. Noi includiamo in questi programmi tutti quelli che ne hanno necessità… a volte ciò non è ben compreso dai nostri cristiani poveri che ci dicono: “Perché dare ai musulmani, considerato che loro non ci danno niente di niente?”..
Che cosa risponde monsignor Audo?
Noi cristiani abbiamo una stella polare che è la dottrina sociale della Chiesa, che ci impone di dare dignità alla vita di ogni uomo, di essere solidali e di praticare la sussidiarietà quando lo Stato non ci arriva. Non è facile da far capire. Perfino alcuni vescovi non riescono a capire.
Ma come si è giunti a tale drammatica situazione?
Da una parte vediamo la grande lotta tra sunniti e sciiti a livello interregionale, impersonati da Arabia Saudita e Iran. E’ un odio tenace che muove gli uni contro gli altri… penso che sia la ragione più profonda, il motore di quanto succede oggi… in Iraq, in Siria, nel Libano, anche negli Emirati come nel Bahrein. Dall’altra non saremmo in una Siria in guerra se essa non fosse stata nutrita dall’estero, con il denaro, con le armi, con l’aiuto dei media…
Certamente anche di molti media che hanno presentato la situazione in modo semplicistico, volutamente – si può pensare – semplicistico: di qua i presunti buoni, di là i presunti cattivi…
Ero a Roma, alla Radio Vaticana, quando in Siria tutto è incominciato. Spontaneamente ho utilizzato l’espressione: “orchestrazione mediatica”… si diceva “Bashar Assad è un mostro, uccide i bambini, massacra le donne….”. Ero sorpreso… il regime di Bashar è un regime militare, certo non è un angelo, ma sarebbe meglio studiare seriamente una situazione molto complessa in un contesto storico altrettanto complesso…
Del resto l’ex-segretario di Stato americano Hillary Clinton, in un’intervista del 10 agosto a ‘The Atlantic’, ha definito “fallimentare” la politica estera statunitense in Siria, rilevando che ha finito per dare un aiuto importante alla crescita dello ‘Stato islamico’…
E’ così. Il mostro si è ingrandito e si ritorce contro di loro. Sono anche profondamente convinto che lo Stato islamico non ha alcun avvenire; secondo me lo Stato islamico (Isis, Daech) è un’altra delle invenzioni con l’obiettivo finale di abbattere Bashar Assad, ampliando il potere dei sunniti contro gli sciiti. Guardi la Turchia sunnita come strumentalizza l’Islam per i suoi fini, così come altre potenze ben note.
Chiudiamo con un appello…
Bisogna prima di tutto cessare di armare lo ‘Stato islamico’, non strumentalizzare più la religione islamica indegnamente posta al servizio di obiettivi politici, distruzioni, violenze. E’ veramente un crimine distruggere un Paese così bello e così nobile come la Siria… una storia intensa, un’ammirevole convivenza tra etnie e religioni diverse, una presenza cristiana preziosissima e di grande valore storico-culturale. Basta con finanziamenti e forniture di armi dall’estero per obiettivi di potere: fermatevi nella distruzione della Siria! Se la Siria fosse distrutta, sarebbe un perdita gravissima per i cristiani del Medio Oriente, per la Chiesa universale, anche per l’Islam e il mondo arabo, che non avrebbe più al suo interno un’alterità di presenza ricca e portata al dialogo.
Come una certa volontà internazionale ha voluto puntare sulla distruzione della Siria, è ora fondamentale che ce ne sia un’altra che non permetta più di continuare il massacro e trovi urgentemente una soluzione politica adeguata. In caso contrario la violenza avrebbe partita vinta.
http://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/411-intervista-a-mons-antoine-audo-fermatevi-nella-distruzione-della-siria.html
SYRIE : « nous vivons dans la hantise de l’arrivée des islamistes »
AED ,Le 16 septembre 2014
Un extrait du discours de Mgr Audo, évêque chadéen d’Alep en Syrie, prononcé ce dimanche 14 septembre à Ausburg (Allemagne) lors d’une manifestation de soutien aux chrétiens persécutés organisée avec l’AED. L’évêque a notamment attiré l’attention sur la situation des deux grandesVILLES irakienne et syrienne; Mossoul et Alep.
ici: http://www.aed-france.org/actualite/syrie-nous-vivons-dans-la-hantise-de-larrivee-des-islamistes/
ici: http://www.aed-france.org/actualite/syrie-nous-vivons-dans-la-hantise-de-larrivee-des-islamistes/
martedì 16 settembre 2014
Salesiani di Siria: “ Non c’è più speranza ? ”
Visita
alla Siria
dal 2 luglio – 4
agosto
Introduzione
In
Siria, dopo ormai tre anni di conflitto armato, le persone e i giovani
sono rassegnati e hanno perso molta della loro speranza e fiducia, ma
non hanno perso la fede pur essendo provata. È molto difficile
andare avanti perchè è quasi impossibile prevedere quando la guerra
finirà e soprattutto è difficile capire cosa succederà dopo, e
quanto tempo ci vorrà per ricostruire tutto. E, come se non
bastasse, si ha grande paura degli estremisti islamici e di quello
che potrebbe accadere.
Per
questo motivo moltissime persone, senza alcuna distinzione religiosa,
stanno emigrando. La percentuale di cristiani che è partita è molto
elevata e questo fenomeno ha gettato nello sconforto le persone che
hanno deciso di rimanere. Pur di partire, intere famiglie sono pronte
a vendere tutti i loro averi e a correre rischi enormi.
La
perdita del lavoro, il caro-vita e una situazione politica molto
complessa sono sicuramente tra le cause di questo fenomeno migratorio
massiccio.
Non
dobbiamo poi dimenticare tutto ciò che sta accadendo attorno alla
Siria. Si pensi alla situazione dei Cristiani in Iraq, o a ciò che
sta accadendo in Libano.
Il
problema dell’emigrazione è un dramma da conoscere e da affrontare
e tutti, a partire dalla Comunità Internazionale e dalle Nazioni
Unite, dovrebbero contribuire a risolvere questa grande
catastrofe.
È
difficile continuare a mantenere viva la speranza, ma ci sono segnali
positivi che fanno capire che le persone che restano in Siria fanno
affidamento sul loro grandissimo coraggio. La vita continua, ci si
sposa, si organizzano feste. I giovani continuano ad andare a scuola
e all’università e chi può si inventa un nuovo lavoro, svolgendo
anche attività molto umili. C’è forte spirito di adattamento e
ogni occasione è buona per poter festeggiare. Chi rimane, non ha
alcun timore a mettersi in gioco, ma fino a quando questa forza di
volontà durerà?
Queste
considerazioni e riflessioni sono come una premessa e un risultato
della mia recente visita alle presenze Salesiane in Siria e al vicino
Libano. Questa mia comunicazione è come un resoconto di tale mia
visita, e in essa vorrei presentare sia l’aspetto umano e sociale,
sia le opere salesiane e le loro attività in tali frangenti.
Salesiani
di Kafroun
Mercoledì
2 luglio 2014 sono entrato in Siria dal Libano e ho immediatamente
visitato la comunità di Kafroun. La strada che ho percorso era
relativamente tranquilla, ma sono rimasto impressionato dalle
numerose foto, poste ai lati della strada, che sono lì a ricordare i
tanti caduti di questa guerra che dura ormai da tre anni.
La
comunità di Kafroun accoglie gli sfollati provenienti soprattutto
dalla famiglia Salesiana di Aleppo. Gli sfollati sono prevalentemente
familiari dei cooperatori, parenti dei Salesiani o familiari di
qualche collaboratore.
La
casa è meravigliosamente diretta da un unico missionario italiano,
Don Luciano Buratti, che può contare sul prezioso aiuto dei
cooperatori salesiani, tutti laici che portano avanti le attività
presso l’oratorio e il Centro Giovanile.
Per
la prima volta, all’interno dell’Ispettoria del Medio Oriente
(MOR), l’amministrazione della casa è stata affidata a un economo
laico, il Sig. Johnny Ghazi.
Durante
la mia visita ho avuto il piacere di partecipare alle attività
dell’oratorio e, in particolare, all’inizio dell’Estate Ragazzi
che ha visto la partecipazione di almeno 300/350 ragazzi di cui molti
sono sfollati. La zona di Kafroun è una delle più tranquille della
Siria. Per questo motivo molte famiglie provenienti da Homs, Damasco
e Aleppo sono venute a vivere in questa vallata.
Mi
hanno chiesto di inaugurare le attività e di fare un discorso di
apertura. Ho voluto parlare ai ragazzi della vera gioia, quella che
nasce dal cuore grazie al nostro incontro con Cristo. Ho detto loro
che nelle situazioni di grande sofferenza dobbiamo affidarci a Cristo
che sicuramente ci darà conforto.
In
oratorio sono stati aperti anche corsi di preparazione alla scuola
media e di preparazione agli esami di maturità. I Salesiani sono
riusciti a coinvolgere un buon numero di professori che ora insegnano
ai ragazzi.
Dobbiamo
ringraziare la Provvidenza che, tramite parecchi benefattori, negli
ultimi due anni ci è venuta incontro e ci ha permesso di accogliere
e ospitare gratuitamente una cinquantina di famiglie. Dobbiamo,
inoltre, ringraziare i tanti collaboratori e benefattori che ci hanno
aiutato e sostenuto nel portare avanti le attività dell’oratorio.
Salesiani
di Aleppo
Sabato
5 luglio 2014, accompagnato da una famiglia, siamo partiti in auto
per raggiungere Aleppo. Abbiamo percorso una strada relativamente
sicura, ma che mi ha permesso di vedere la grande distruzione che
questa lunga guerra ha provocato. Ho pensato a quante persone hanno
combattuto, hanno sofferto e sono morte. Ho visto i segni di una
guerra feroce un po' dappertutto. Ho visto villaggi completamente
vuoti, case diroccate o completamente distrutte. La distruzione fa
piangere il cuore e la brutalità della guerra ha profondamente
colpito la vita quotidiana delle persone.
Dopo
quasi 7 ore di viaggio e diversi posti di blocco superati, siamo
arrivati ad Aleppo utilizzando una strada secondaria. Non venivo qui
da almeno un anno e mi ha davvero impressionato vedere una città
sofferente, interamente colpita e fiaccata dalla guerra. Si nota
chiaramente che in città regna il caos, come si capisce benissimo
che Aleppo è stata una delle città più colpite dal conflitto.
È
sempre molto emozionante arrivare al Centro Salesiano dove io sono
nato, sono cresciuto e ho vissuto da Salesiano. Ho gioito molto nel
vedere i Salesiani, i ragazzi e giovani. Sono stato accolto molto
calorosamente da tutti. Mi hanno abbracciato, baciato e gettato
addosso dell’acqua, ovvero il loro bene più prezioso. È da almeno
quattro mesi che manca l’acqua potabile!
Abbiamo
cantato, abbiamo gioito e ci siamo abbracciati. Il centro salesiano è
veramente un’oasi di pace e di speranza!
Prima
di andare a dormire sono rimasto colpito dal cartello che ho trovato
affisso sulla porta di camera mia. C’era scritto: “Benvenuto ad
Aleppo che resiste pur essendo considerata una delle città più
pericolose al mondo”.
La
domenica mattina ho celebrato una messa in ricordo di Jacques, un
ragazzo di 11 anni morto mentre veniva da noi al catechismo nel
gennaio 2014.
Durante
la mia permanenza ad Aleppo ho cercato di visitare diverse zone della
città e ho visto solamente distruzione e dolore. La quotidianità è
caratterizzata dai combattimenti e dalla mancanza di elettricità e
acqua. Si è cercato di sopperire alla mancanza d’acqua scavando
alcuni pozzi, ma parte della popolazione si è ammalata perché
l’acqua è infetta. In alcuni casi è possibile comprare acqua di
pessima qualità a prezzi molto alti e questo fa soffrire molto le
persone.
Ogni
famiglia ha un parente ferito, morto o rapito. I giovani non ce la
fanno più e vorrebbero partire, sarebbe disposti ad andare ovunque.
I giovani hanno perso la speranza. Negli ultimi due anni non sono mai
usciti dalla città e ogni giorno convivono con la morte, uscendo di
casa senza sapere se saranno in grado di tornarci a causa delle
continue esplosioni.
Le
persone sono stanche, stressate e depresse. Ecco perché molti di
loro hanno lasciato Aleppo per spostarsi in altre zone o per emigrare
all’estero.
I
Salesiani, assieme alla chiesa locale e a tutti gli uomini di buona
volontà non cristiani stanno facendo veri e propri miracoli per
sostenere in tutti i modi la popolazione. All’estate ragazzi si
sono iscritti più di 600 ragazzi e giovani. La popolazione ha
ringraziato i Salesiani per tutto ciò che stanno facendo attraverso
il sostegno economico alle famiglie e l’organizzazione di attività
spirituali e ricreative per tutti. Il direttore Don Georges Fattal,
assieme a Don Simon Zakarian e il diacono Pierre, che li ha aiutati
nel periodo estivo, hanno dato una grande testimonianza di
generosità, amore e dedizione per i giovani.
Ho avuto un bell’incontro con gli animatori che, nonostante tutte le varie difficoltà, danno gratuitamente il loro tempo per stare con i ragazzi e trasmettere loro gioia e un pò di serenità. Ho incontrato anche i Salesiani cooperatori, che sono indispensabili, e ho infine avuto modo di incontrare singolarmente alcune famiglie e alcuni giovani. È molto importante ascoltare le loro sofferenze: hanno bisogno di condividere spiritualmente e umanamente ciò che stanno provando. Avevano bisogno di sfogarsi e io ho fatto del mio meglio per confortarli.
Ho avuto un bell’incontro con gli animatori che, nonostante tutte le varie difficoltà, danno gratuitamente il loro tempo per stare con i ragazzi e trasmettere loro gioia e un pò di serenità. Ho incontrato anche i Salesiani cooperatori, che sono indispensabili, e ho infine avuto modo di incontrare singolarmente alcune famiglie e alcuni giovani. È molto importante ascoltare le loro sofferenze: hanno bisogno di condividere spiritualmente e umanamente ciò che stanno provando. Avevano bisogno di sfogarsi e io ho fatto del mio meglio per confortarli.
Il
Signore poi ci ha benedetti e ci ha donato una nuova vocazione,
l’unica di tutta l’ispettoria MOR (Medio Oriente) proviene da un luogo di grande
sofferenza.
Salesiani
di Damasco
Da
Aleppo sono dapprima tornato a Kafroun e poi mi sono diretto a
Damasco, accompagnato da una famiglia. Sulla strada che abbiamo
percorso si vedevano chiaramente le conseguenza della guerra in corso.
Arrivato
alla Casa di Damasco ho avuto la gioia di incontrare i confratelli,
ovvero il Direttore Don Alejandro Leon, il suo vicario Don Munir
Hanasci e Don Felice Cantele. I tre confratelli sono stati coadiuvati
dal prenovizio siriano Mehràn, delle zone della Mesopotamia, che
quest’anno parte per il suo periodo di noviziato a Genzano di Roma.
Ho
avuto il piacere di partecipare alle attività dell’Estate Ragazzi
che hanno visto l’afflusso di più di 350 ragazzi e giovani
provenienti da zone abbastanza lontane dal centro, a circa un’ora
di macchina. È stato bello vedere come i ragazzi abbiano voluto
partecipare alle attività, pur dovendo rischiare a causa dei
molteplici posti di blocco sulla strada. Per aiutarli i Salesiani li
vanno a prendere e li riportano a casa in pullman e garantiscono loro
almeno un pasto presso il Centro.
I
ragazzi partecipano con gioia alle tante attività preparate dagli
animatori e sono entusiasti di poter vivere qualche momento di
tranquillità, pace e spensieratezza.
Abbiamo
celebrato una Messa in cortile perchè la chiesa non riusciva a
contenere tutti i presenti e l’abbiamo terminata con una
processione e l’ostensione del Santissimo a cui abbiamo affidato la
pace in Siria.
Ho
discusso con i ragazzi di quello che sta accadendo nel loro Paese e
di come la Siria sia stata colpita dal Maligno. Nessuno di loro
riusciva ad accettare che fosse possibile compiere così tante
atrocità.
Ho
poi incontrato entrambe le comunità delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Nella prima le suore gestiscono una scuola per
l’infanzia e organizzano corsi di tagli e cucito per le donne,
mentre l’altra comunità gestisce l’ospedale italiano di Damasco.
Anche
qui a Damasco, come succede a Kafroun e ad Aleppo, i nostri Salesiani
portano avanti attività di supporto socio-economico per alcune
famiglie. Ho incontrato alcune di loro in diversi quartieri della
città. Una di queste famiglie, che vive in una zona di frontiera e
il cui padre è appena morto per malattia, mi ha fatto capire cosa
sia la rassegnazione. Pur essendo in zona di guerra nessuno di loro
vuole lasciare la propria casa, perché con la morte del loro padre
per loro la vita è finita. Continuavano a ripetermi Inte
u hàzzak,
dipende tutto da quanto sarai fortunato. Perciò, biddna
na’ìsh,
vogliamo vivere! Nonostante tutto, anche se solamente in alcuni
quartieri, la vita quotidiana continua e negozi e ristoranti sono
aperti.
I
Salesiani, infine, sono riusciti a organizzare un bel campeggio e
hanno portato i ragazzi e i giovani nel nostro centro di accoglienza
di Maarra e hanno passato diversi giorni tutti insieme in un clima di
fraternità e di serenità.
Da
Damasco sono tornato nuovamente in Libano per visitare e incontrare i
nostri confratelli Salesiani a Al Houssoun dove abbiamo un
oratorio/centro giovanile e a Al Fidàr dove c’è invece una scuola
tecnica. Anche in questa comunità i Salesiani, insieme con i
cooperatori, portano conforto e assistenza ai nostri profughi siriani
che vivono in situazioni difficili e possono contare su un sostegno
spirituale e socio-economico.
Conclusione
Ciò che sta capitando in Siria è molto complesso, poichè operano varie
componenti e potenze interne ed esterne, ed è difficile capire quale
sarà la soluzione di tutto ciò. Ad oggi non c’è alcun segnale
che faccia percepire la volontà di arrivare a una pace duratura. Ci
sono molti interessi in gioco e a pagarne le conseguenze sono le
persone comuni e i ragazzi e giovani, e in modo speciale anche le
minoranze cristiane.
È
un momento particolare per tutto il Medio Oriente, è un momento
delicato e di grande trasformazione storico-politica. Le conseguenze
di queste guerre porteranno alla costruzione di un altro Medio
Oriente che sarà ferito, debole e diviso, dove sono a rischio le
comunità cristiane ed altre minoranze.
Per
questo motivo chiediamo al Signore di darci la vera pace e di
purificare il cuore degli uomini, affinché ne possano capire il
senso e ambire a una convivenza il più possibile pacifica. Che il
Signore conceda forza, coraggio, costanza ai nostri fratelli
cristiani in questi momenti drammatici della nostra storia, e a tutto
il popolo “dell’amata Siria”.
Abuna
Munir El Rai
SDBMOR
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