Qalb
Loze. Facciate ovest e sud.
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LETTURE PER CAPIRE (3° PARTE)
(2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI)
di Maria Antonietta Carta
Nel
suo libro sulle Città morte, Joseph Mattern scrive: ‘’Qalb Loze
è attualmente più difficile da raggiungere di quando ci siamo stati
nell’agosto 1928. Allora, partendo da Aleppo verso Antiochia,
oltrepassata ‘Ain Delfe si svoltava a sinistra in direzione di
Harim1.
Dopo la
cessione del Sangiaccato di Alessandretta alla Turchia [1939] e la
rettifica delle frontiere, ‘Ain Delfe e il tratto della strada che
portava a Harim sono in territorio turco. Si sta studiando un nuovo
percorso per Idlib… Quindi, posso raccontare quel che vidi nella
precedente escursione archeologica, avvenuta in condizioni eccellenti
con la guida del vecchio sheikh druzo di Qalb Loze che ci attendeva a
Harim’’.
(J. Mattern, Villes
Mortes de Haute Syrie, pag 105, Beirouth 1944).
Com’era
dolce percorrere la Siria prima della guerra!
Io,
invece, per arrivare a Qalb Loze partendo da Latakia, percorrevo la
strada che conduce a Jisr al-Shughur. Da lì, svoltando a sinistra per
Qnaye e, lungo l’antico percorso della via Apamea-Antiochia verso
Derkush, dove facendosi strada in una profonda gola del Gebel
Wastani, che Strabone chiamò Cariddi, si riversa il fiume Oronte.
Derkush: un’oasi di pace e di memorie antiche. I bei campi di
melograni coloravano di smeraldo le acque del fiume.
Derkush.
Il fiume Oronte
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A
ridosso del villaggio, tagliate nel fianco della montagna, le cave di epoca romana che avevano fornito i blocchi di calcare per edificare gli edifici
monumentali pubblici e privati della grande metropoli di Antiochia,
allora capitale della Siria Prima. Ora, invece, in certi tratti,
sull’altra sponda dell’Oronte si è praticamente già in Turchia.
Grazie ai Francesi. I ragazzini giocavano lieti a tuffarsi da un
vecchio ponte nel fiume dove in primavera si rispecchiavano i
melograni in fiore, e in autunno centinaia e centinaia di cassette
di frutti rossi rubino affiancavano la strada in attesa di essere
trasportati altrove… E le grotte oracolari e il sepolcro di un
giovane soldato romano con una lapide che recita: ‘’Mamma non
piangere. Gli uomini sono mortali’’.
Quante
migliaia di giovani vite si sta portando via oggi il rovinoso uragano
di un’altra guerra insensata e crudele che da nove anni travolge la
mia amata Siria!
Armanaz,
antico centro si pensa fondato da vetrai fenici e famosa per la
lavorazione della ceramica tradizionale. Harim, fortezza bizantina
edificata da Niceforo Focas e teatro di una famosa battaglia tra
l’esercito crociato e Norandino che lì ebbe la meglio e catturò
Raymondo III di Tripoli, Boemondo III di Antiochia, Ugo VIII di
Lusignano e Joscelin III di Edessa. Paesaggi verdeggianti o gialli
assolati o color dell’ocra e grigi calcari con macchie color della
ruggine: una indimenticabile tavolozza. Uliveti strappati alle rocce
coltivati con sapienza. E continui richiami al passato di una terra
antica ricca di tante vicissitudini e di grande civiltà. Con me
sempre accogliente. Poco più in basso, che mi sembrava di poterla
toccare, la fertile piana di Antiochia e ogni volta a quella vista
mi arrabbiavo per la prepotenza feroce e i cinici soprusi del
colonialismo.
L’archeologo
P. Pasquale Castellana e sullo sfondo la Piana di Antiochia
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I
ricordi si affollano e vogliono essere rievocati. Mi accade sempre
quando inizio a raccontare i miei giorni siriani, di cui ho profonda
nostalgia. È difficile smettere, anche se con essi si rinnova lo
strazio insopportabile per le vicende terribili che insanguinano,
distruggono, saccheggiano e tentano con ogni genere di nefandezze di
smembrare quello splendido Paese, fino a dieci anni fa in pace e ora
vittima della guerra imposta dal nostro incivile Occidente.
Rabbrividisco ogni volta al pensiero di questa incessante
persecuzione cruenta e dell’ingordigia dei Turchi che si vogliono
impadronire di un’altra parte della sua terra e della sua anima.
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Qalb
Loze (il Cuore del Mandorlo in arabo) - situato sulla sommità di un
colle tra due altri borghi antichi, Qirq Bize e Behio - fa parte di
un gruppo di villaggi drusi del Jebel el-A’la, nati a partire dal X
secolo e lontani dalle principali concentrazioni del sud della Siria.
Fino a metà degli anni 50 del secolo scorso, i Druzi vivevano
nelle abitazioni antiche. La regione del Jebel el-A’la fa parte
della provincia di Idlib. Quella provincia che la Turchia sogna di
annettersi con la complicità dell’Occidente, come accadde 80 anni
fa grazie ai colonizzatori francesi, che per averla dalla loro parte
contro la Germania durante la seconda guerra mondiale le regalarono
una parte della Siria. La turpe abitudine di spartirsi i territori
altrui continua cinicamente a procurare sofferenze indicibili in
questa parte del mondo.
Dopo
le rovine di Benabil - con le sue ville antiche ornate di cornici,
capitelli dorici e corinzi, timpani, porte e finestre scolpite, sopra
il villaggio su un piedistallo l’unica colonna alta 10 metri di un
sepolcro romano che un tempo era distilo – e oltrepassati i siti
antichi di Khirbet Barish e Kirk Bize, si arriva alla Basilica di
Qalb Loze: capolavoro architettonico della seconda metà del V
secolo.
In
cima a un colle solenne e imponente, nonostante la semplicità della
pietra calcare scolpita con sobria eleganza, essa ci ricorda la
maestria degli antichi artigiani. I grossi blocchi di calcare sono
perfettamente lavorati e uniti senza alcun elemento coesivo. Il suo
interno, che misura m. 25 x 15, è diviso in tre ampie navate
separate da due file di tre larghe arcate poggianti su eleganti
capitelli corinzi di possenti pilastri e decorate con motivi floreali
e geometrici. La navata centrale termina in una grande abside
semicircolare di blocchi di pietra ben lavorati. L’archivolto
scolpito dell’abside con una colonnetta a ogni lato è veramente di
grande effetto. Sulla chiave di volta, era rappresentato il
Cristo sostenuto da due angeli. Nei muri sopra gli
archi, si apre il claristorio con finestre rettangolari separate da
mensole e colonnette che sopportavano l’armatura del tetto sopra la
navata centrale. Una cornice regge i beccatelli su cui posano le
sottili colonne che alleggeriscono la grande parete. Il coro,
sopraelevato, si estende oltre l’abside e vi si accede da cinque
gradini. Dietro i muri che racchiudono il coro, a sinistra la
prothesis e a destra
il diaconicon. Il diaconicon era riservato al clero; la prothesis
era invece aperta
ai fedeli che vi portavano le loro offerte. Sopra questi due locali
si alzavano le camere che attraverso una porta conducevano a un
balcone nel coro. La copertura della grande
navata era in legno, mentre le navate laterali avevano il tetto a
terrazza, con lastroni lunghi 5 m circa, che permetteva una
illuminazione migliore dalle finestre del claristorio, L’abside
semicircolare conserva intatta la sua cupola e il presbiterio
sopraelevato.
Nelle
proporzioni e nei motivi scolpiti (archi, acanti, intrecci, simboli
cristologici e floreali etc.) gli elementi greco-romani si incontrano
armoniosamente con le innovazioni degli architetti e
artigiani-scultori siriani. Infatti, al piano basilicale classico si
uniscono i pilastri e i grandi archi che rappresentano una novità.
La
sostituzione delle colonne con pilastri sarebbe diventato un elemento
caratteristico delle chiese siriane posteriori quali la basilica di
S. Sergio a Resafe (480-500) e quella di Bizos del VI secolo a
Ruweiha, dove saranno ancora più massicci.
Le
innovazioni più notevoli si riscontrano però all’esterno. Le
basiliche edificate nello stesso periodo in Italia, a Costantinopoli
o altrove in Europa, normalmente molto ricche all’interno, a parte
la facciata principale non presentano rilievi e ornamenti; invece i
Siriani le abbelliscono con simboli e motivi vegetali scolpiti, con colonnette e modanature in rilievo che incoronano le finestre.
Basilica
di Qalb Loze. Sezione della navata centrale, (de Vogüé)
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Qalb Loze. Particolare interno della Navata laterale sud
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Di
particolare interesse è la facciata Ovest, con due torri laterali su
tre piani che incorniciavano un vasto portico con arco a tutto tondo
sormontato da una terrazza. Oggi, di essa resta soltanto la base del
lato sinistro dell’arcata, oltre la quale si apre un portale, dove
l’arco di scarico sostiene il peso del muro sopra la porta. A Qalb
Loze, questo elemento caratteristico dell’architettura siriana, già
presente a Palmira e nel tempio di Giove a Damasco, raggiunge la sua
piena realizzazione. Tra le volute delle finestre delle torri, al
piano terra, sono scolpite colonnette di stilita.
Basilica
di Qalb Loze. Facciata ovest
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Nella
facciata sud, si aprono tre porte, di cui una destinata agli uomini e
una, la più lontana dal santuario, alle donne: entrambe decorate
finemente1,
e numerose finestre coronate con modanature, altro tratto originale,
che si prolungano ad avvolgere l’edificio.
Basilica
di Qalb Loze. Facciata sud
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Basilica
di Qalb Loze.
chiave
di volta dell’arco dell’abside. (Tchalenko)
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A
est, dietro il presbiterio, l’abside semicircolare sporge dal muro
dritto: ancora un elemento nuovo. Nella maggior parte delle chiese
siriane precedenti, essa era incassata nel muro dritto e ciò
necessitava un lavoro complesso e una muratura massiccia. L’esterno
dell’abside, simile a quella della basilica di S. Simeone, è
abbellito da un doppio ordine di sei colonnine addossate e incoronato
da una cornice classica. Le colonne dell’ordine superiore
poggiavano direttamente sul capitello di quelle inferiori.
Basilica
di Qalb Loze. Abside (de Vogüé)
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Basilica
di Qalb Loze. Abside.
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Qalb
Loze è indubbiamente una delle più belle chiese paleocristiane che
gli antichi Siriani abbiano edificato. Come abbiamo già visto, qui
alla classica pianta basilicale si uniscono innovazioni importanti
dell’arte architettonica e decorativa autoctona quali lo
spettacolare arco del nartece e le torri laterali, che troveranno
compimento secoli dopo nell’arte romanica in Europa. Speriamo che
la barbarie la risparmi.
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(1)
La Harenc dei Crociati, che l’occuparono nel febbraio del 1098 dopo
la vittoria di Boemondo sui Turchi a Jisr el Hadid. Essi vi
stabilirono una sede vescovile.
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