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giovedì 13 febbraio 2020

Il ministro della Difesa turco chiede alla NATO e all'Europa di intervenire a Idlib


Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar ieri, nell'intervista con AP, ha chiesto alla NATO e all'Europa di intervenire a Idlib al di là degli aiuti umanitari. Dovrebbero "prevenire questi attacchi indipendentemente dalle loro relazioni con Russia e Siria".

Akar ha detto esattamente:
I paesi della NATO, la NATO, l'Europa e il mondo devono esaminare più da vicino la questione e fornire un sostegno serio e concreto. Devono fermare questi attacchi non solo da una prospettiva umanitaria, a prescindere dalle loro relazioni con la Russia e la Siria.
Inoltre, ha sottolineato che la Turchia non lascerà nessuno dei suoi 12 posti di osservazione, alcuni dei quali si trovano in aree riconquistate dell'esercito siriano. Ha assicurato che se le truppe siriane li dovessero attaccare, la Turchia risponderebbe con attacchi di ritorsione molto "più potenti".

Con l'aiuto russo e iraniano, le truppe siriane sono in avanzamento a Idlib e vogliono sconfiggere l'ultima roccaforte estremista nel paese. Oltre a decine di villaggi e città che sono già stati riconquistati, le unità di combattimento siriane sono state recentemente in grado di riprendere il pieno controllo della superstrada M5 strategicamente importante, che collega la Siria meridionale e settentrionale, per la prima volta dal 2012.

Il ministro della Difesa turco ha chiesto che le truppe siriane si ritirassero da questa.
Abbiamo chiesto che le unità del regime si ritirino immediatamente dalla autostrada M5 e continueremo a farlo. A questo proposito, non abbiamo altri punti di vista, nessun cambiamento di posizione. Stiamo facendo tutto il possibile per garantire che questo tema venga realizzato al più presto. Allo stesso modo, abbiamo chiesto alla Russia di farlo attraverso una molteplicità di incontri, faccia a faccia o per telefono. Stiamo aspettando”

Ha esortato la Russia a usare la sua influenza sul governo siriano per fermare gli attacchi a Idlib.

La Russia, a sua volta, critica la Turchia, che non ha rispettato gli impegni assunti con Idlib secondo gli accordi comuni. Ha mancato di separare i nemici "moderati" del governo da quei terroristi radicali che si rifiutano di dialogare e che fanno affidamento su attacchi quotidiani.

La Turchia sostiene gli oppositori del governo a Idlib, nei cui ranghi si mescolano anche estremisti dell'ex Fronte di Al Nusra. Dopo due scontri diretti tra truppe turche e siriane che hanno provocato morti da entrambe le parti, le tensioni sono aumentate e la Turchia ha risposto con massicci contrattacchi, presumibilmente uccidendo dozzine di soldati siriani. Inoltre, la Turchia sta trasferendo massicciamente i militari turchi nella regione e si sta preparando per un'offensiva insieme alle milizie.

Il ministro turco ha anche chiesto alle forze siriane di ritirarsi dietro le frontiere dai negoziati di Astana.
Il regime si trova assolutamente nell'area della de-escalation ... c'è una mappa creata con il processo di Astana, ci sono linee di confine nella regione di Idlib dove si stanno diffondendo le tensioni, ed è per questo che vogliamo che il regime si tiri indietro su queste linee.
Il ministro ha affermato che l'obiettivo della Turchia a Idlib era sostenere un accordo di cessate il fuoco per Idlib e prevenire un flusso di rifugiati.”
Si dice che circa 700.000 persone siano in fuga dalla regione di Idlib .
Il presidente turco ha parlato di Idlib oggi e ha minacciato le truppe siriane:
“ A
nnuncio che da oggi in poi attaccheremo ovunque le forze del regime in caso di danni anche minori ai nostri soldati, senza essere vincolati dall'Idlib o dai limiti dell'Accordo di Sochi.”
   Fonte : https://deutsch.rt.com/


Gli accordi di Astana sono ora imposti dall'Esercito Siriano

di Eliah Magnier
Tradotto da Alice Censi

E’ dal 2012 che l’autostrada M5 che collega Damasco ad Aleppo è sotto il controllo dei gruppi jihadisti. L’esercito siriano l’ha appena liberata, riconquistando 140 città, villaggi e colline strategiche. La Turchia con gli Uzbeki, gli Uiguri e Hayat Tahrir al-Sham (ex al-Nusra) non è riuscita a proteggere le sue postazioni fortificate e le ha abbandonate ritirandosi nella zona attorno a Idlib. 
Per la prima volta l’esercito turco è stato bombardato da quello siriano. Cinque soldati turchi sono morti nell’aeroporto militare di Taftanaz, la base in cui sono radunati soldati turchi e jihadisti. Ankara è stata obbligata a schierare le sue truppe in Siria a sostegno dei suoi alleati jihadisti in evidente difficoltà dal punto di vista militare. 

La liberazione di tutti i 432 km dell’autostrada M5 dalla presenza dei jihadisti era prevista negli accordi di Astana siglati nell’ottobre 2018,  accordi che però la Turchia in questi anni non è stata in grado di rispettare. Da allora l’esercito siriano è avanzato per ben tre volte verso l’autostrada ma stavolta il governo ha preso la decisione  di riconquistarla definitivamente. E’ il messaggio, chiaro, della Russia e della Siria al presidente Erdogan in riferimento a Idlib: il tempo è scaduto. Ma la prova di forza tra la Turchia e la Russia va oltre i confini della Siria e si manifesta in Ucraina e in Libia dove la Turchia sta cercando di avere un ruolo importante. 

La Russia sta fornendo all’esercito siriano attrezzature militari d’avanguardia e decine di carri armati T-90 efficaci anche nelle offensive notturne. Tutto questo, unito alle centinaia di raid aerei condotti dall’aviazione russa ha fatto in modo che avvenisse la liberazione di tutta l’area a est dell’autostrada e di molte zone a ovest dove le operazioni militari continuano. La Russia ha inoltre garantito all’esercito siriano una intelligence militare senza precedenti, il suo aiuto nella pianificazione di questa operazione vincente e la sua partecipazione al bombardamento delle linee dei jihadisti anche alle loro spalle durante la ritirata. 

La cosa sorprendente è stata la scoperta di chilometri di tunnel sotterranei in tutte le aree liberate su entrambi i lati della M5 e nelle città più importanti come Saraqeb e El-Eiss, gallerie sotterranee in cui c’erano ospedali da campo, munizioni e vettovaglie per resistere ad un lunghissimo assedio. Questi tunnel erano collegati tra loro, univano i vari villaggi e alcuni erano anche profondi 20 metri, per proteggerli dai bombardamenti aerei. I jihadisti in fuga li hanno evacuati lasciandosi dietro ogni cosa. 
Una delle tattiche dell’esercito siriano negli ultimi anni è quella di lasciare una via aperta ai jihadisti che permetta loro di andarsene prima di essere circondati. Dopo la liberazione di Aleppo l’esercito siriano ha sempre evitato di assediare le città per non dare spago alla propaganda a favore dei jihadisti portata avanti dai mezzi di informazione e dagli interventisti stranieri che farebbero di tutto per impedire la liberazione della Siria e la sua riunificazione. Ecco perché c’erano sempre strade aperte per la fuga dei jihadisti prima dell’assalto finale.

La Turchia in realtà non è in grado di proteggere i suoi alleati jihadisti e non può intervenire con l’aviazione in loro soccorso. E’ la Russia che ha il controllo dello spazio aereo siriano e Damasco aveva avvertito la Turchia che avrebbe abbattuto i suoi aerei se avessero violato il suo cielo. 
La liberazione di Maarat al-Nu’man, di Saraqeb, di Tal el-Eiss e del distretto di Rashidin4 segna una svolta strategica nella guerra in Siria. Indica che alla lunga la Turchia farà molta fatica a proteggere i suoi jihadisti. La stabilità della Siria è strettamente legata alla liberazione di tutto il suo territorio ma non solo, questa stabilità è essenziale per la Russia e i suoi obbiettivi di sicurezza nazionale. La Russia è entrata nel Levante per metter fine alla guerra. E’ in gioco la sua credibilità. Ha una grande base navale che offre un accesso unico al mar Mediterraneo. E’ inoltre nell’interesse di Mosca eliminare al-Qaeda e tutti quei gruppi che ne condividono l’ideologia takfira nonostante abbiano priorità e nomi diversi. I jihadisti uzbeki e uiguri che si trovano in Siria non hanno nessun altro posto dove andare per cui molto probabilmente combatteranno fino all’ultimo. 

La Turchia sta mostrando i denti alla Russia, si rifiuta di riconoscere la Crimea e offre armi all’Ucraina per 33 miliardi di dollari. Sta cercando di avere un ruolo di primo piano in Libia e  il governo centrale ha richiesto ufficialmente il suo appoggio. La situazione in Siria però è diversa. Ankara sa che la sua presenza in Siria non può durare ancora a lungo e che la liberazione di Idlib, sebbene non sia prevista subito, avverrà a breve. E’ solo questione di tempo. 

Le forze d’occupazione statunitensi sono confinate in una zona limitata del nordest della Siria dove possono rubare il petrolio siriano, come ha affermato il presidente Trump. La loro presenza non è però una priorità per l’esercito siriano. Prima verrà liberata Idlib e poi Afrin. E questo è il motivo per cui la Turchia sta cercando di aumentare e stabilizzare la sua influenza in Siria. Quattro incontri ci sono stati tra membri di alto livello dell’intelligence siriana e turca per trovare nuovi accordi. La Turchia vorrebbe modificare gli accordi di Adana del 1998 con la Siria perché il suo esercito possa dare la caccia al PKK curdo in territorio siriano. 

La Russia e l’Iran giocano un ruolo importante nel cercare di sciogliere le tensioni esistenti tra Turchia e Siria ma un ritiro totale della Turchia dalla Siria è fondamentale. 
La Turchia ha comprato il sistema missilistico di difesa aerea  S-400 dalla Russia e il gasdotto TurkStream, che riduce il passaggio del gas russo dall’Ucraina, è stato inaugurato il mese scorso. Ma la Turchia fa anche parte della NATO e ha una importante base militare americana sui suoi confini. Ankara avrà mille difficoltà a stare in equilibrio tra le due superpotenze e contemporaneamente a proteggere i suoi jihadisti in Siria. E’ arrivato il momento, per la Turchia, di valutare con attenzione le diverse opzioni. 

lunedì 10 febbraio 2020

Cosa succede a Idlib?


di Gianandrea Gaiani 

Scontri annunciati e poi smentiti o ridimensionati tra truppe regolari siriane ed esercito turco, tensione alle stelle negli avamposti turchi nel nord ovest della Siria ormai circondati dalle truppe di Bashar Assad e russe; ed infine l’Iran, che a conferma della gravità della situazione, si offre di mediare tra Ankara e Damasco.
L’ennesima fase di tensione tra turchi e siriani, dopo l’attacco di Ankara nel nord della Siria dell’ottobre scorso, si è aperta nella provincia nord-occidentale di Idlib, ultima roccaforte dei ribelli jihadisti sostenuti con armi e truppe dalla Turchia.

L’Esercito Arabo Siriano ha lanciato da un paio di settimane un’offensiva che potrebbe rivelarsi risolutiva spazzando via le milizie qaediste e di altri gruppi estremisti islamici e riconquistando la regione di confine con la Turchia nel nord ovest.
L'8 febbraio l’esercito siriano, sostenuto da aerei e truppe russi, ha conquistato dopo due giorni di duri combattimenti Saraqeb, crocevia strategico nella regione all'incrocio delle autostrade Latakia-Aleppo e Hama-Aleppo.
Mercoledì scorso i media governativi avevano annunciato la presa di Saraqeb, ma fonti sul terreno e miliziani anti-regime avevano smentito la circostanza.
L' Onu ha documentato lo sfollamento di più di 200mila persone nelle ultime due settimane dalla zona di Saraqeb e dei distretti circostanti investiti dall' offensiva governativa e russa. In tutto, sempre secondo l'Onu, sono quasi 600mila i civili sfollati a Idlib da inizio dicembre scorso, quando prese il via l’operazione siriana che potrebbe concludere la guerra civile in atto dal 2012.

Nei giorni precedenti, l’offensiva siriana aveva determinato numerosi contatti con le forze turche. L’uccisione di 5 soldati e 3 contractors di Ankara (già quasi 150 i caduti turchi in Siria), dopo che i siriani avevano lamentato l’arrivo di un convoglio di 240 camion turchi carichi di rifornimenti per i ribelli, aveva determinato un bombardamento di rappresaglia che avrebbe ucciso 13 soldati siriani e ferendone una ventina, anche se il ministro della Difesa di Ankara, Hulusi Akar, ha rivendicato l'uccisione di 76 militari di Damasco.
Le forze governative siriane avevano poi circondato la postazione di osservazione militare turca di Tell Tuqan, nei pressi di Saraqeb, a est del capoluogo di Idlib e teatro degli scontri tra turchi e siriani.

Consapevole delle ripercussioni interne di un inasprimento del conflitto siriano, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha annunciato prossime consultazioni con Mosca, un asse strategico che finora ha garantito un equilibrio lungo tutto il confine siro-turco. Un accordo che prevedeva anche la tregua a Idlib anche se il legittimo desiderio di Assad di chiudere la guerra con la vittoria nell’ultima roccaforte dei ribelli jihadisti non può essere messo in discussione, soprattutto sul piano giuridico.

È evidente che la presenza di milizie jihadiste così come di militari turchi nel nord e statunitensi (questi ultimi intorno a un paio di pozzi petroliferi nella Siria orientale) è del tutto illegittima e autorizza Assad a compiere ogni azione per liberare il territorio nazionale.
La posizione russa mostra ambiguità poiché da un lato tende a rassicurare i turchi circa gli accordi raggiunti nelle zone di "de-escalation" ma poi appoggia con truppe e raid aerei ed elicotteri le offensive di Assad a Idlib.

Il 5 febbraio Erdogan è tornato a minacciare i siriani promettendo che Ankara "interverrà" se gli uomini di Damasco non si ritireranno entro febbraio dalle aree di Idlib dove sono presenti i turchi. "Ne ho parlato con il presidente russo Vladimir Putin e ho detto che il regime deve ritirarsi dalle aree dei nostri check point entro febbraio, come stabilito dagli accordi di Sochi, se il ritiro non avverrà saremo costretti a intervenire", ha detto Erdogan. "A Idlib abbiamo dei check-point costituiti d'accordo con la Russia e non vogliamo avere problemi con i nostri alleati con cui gli accordi e i patti saranno mantenuti. Con la Russia abbiamo relazioni ottime e ci aspettiamo sensibilità da parte di Mosca nel capire la nostra posizione in Siria”.
Damasco ha risposto con un portavoce del ministero della Difesa che ha reso noto che "i militari risponderanno a ogni attacco proveniente dalle forze turche nella regione di Idlib”.
L’obiettivo di Assad (e di Mosca) sembra quindi essere quello di ottenere rapidi successi sul fronte nord occidentale ma senza attaccare direttamente gli avamposti turchi per mettere Ankara di fronte alla rapida riconquista della provincia e indurre le truppe turche al ritiro.

Non è certo la prima volta che Siria e Turchia si trovano ai ferri corti dall’inizio del conflitto civile (largamente ispirato da Ankara) e certo Erdogan può mettere in campo un discreto dispositivo militare, ma sul fronte interno non può permettersi ulteriori gravi perdite tra i suoi soldati che avrebbero un forte peso sociale. Anche per questo i turchi impiegano preferibilmente, in Siria come in Libia, volontari e mercenari siriani arruolati tra i disertori sunniti dell’esercito di Assad, le milizie jihadiste sunnite e la minoranza turcomanna.

Fonte: https://lanuovabq.it/it/scontri-a-idlib-siria-e-turchia-non-si-tengono

I media non vi dicono perché la Turchia ha invaso la Siria. Facciamo chiarezza

Da parte dell’informazione su Idlib sembra in atto una congiura del silenzio. Anzi peggio: è in atto una distorsione delle notizie, una selezione e sostituzione delle parole (“ribelli” invece di pericolosi takfiri), la censura di altre. Finché a capovolgere in maniera diametralmente opposta i fatti, ci sono le campagne mediatiche dei soliti media center (in passato abbondantemente smascherati ma tornati magicamente alla ribalta).
Mentre questo fuoco di sbarramento informativo è per noi, la parte più dura la devono sopportare i siriani: le sanzioni internazionali rimangono, le centrali elettriche, i depositi di energia e impianti petroliferi siriani vengono attaccati frequentemente da droni di ”paesi” la cui tecnologia non è alla portata dei militanti jihadisti. Infine il simbolo ecco più efficace: Europa che si dice che lotta contro il terrorismo, ha minacciosamente mandato sulle coste della Siria la portaerei francese Charles de Gaulle. Non male per far sentire tutta la nostra amicizia, in un momento per la Siria di estrema difficoltà.
......
Poi c’ è un altro punto mai toccato riguardo alle tensioni tra Turchia e Siria di questi giorni. Nessuna testata giornalistica dice chiaramente cosa sta effettivamente facendo Erdogan,
 ovvero chi sono i soggetti che si combattono nella provincia di Idlib, chi la detiene, che tipo di vita conduce la popolazione e chi è l’aggressore. Non fornire mai questi elementi al giudizio pubblico, è molto scorretto da parte dell’informazione.

Il vero motivo per cui la Turchia non vuol mollare la Siria

Eppure è molto semplice : Erdogan”, fa ogni cosa, fa tutto ciò che sta facendo, ha preoccupazioni umanistiche perché semplicemente non vuol lasciare la Siria. Ed in questi giorni ha ammassato intorno ad Idlib una mole gigantesca di mezzi e truppe che vanno in crescendo. In questo contesto, gli Stati Uniti, già fanno per riavvicinarsi ad Erdogan mostrando il proprio sostegno. Nulla importa se in quell’area all’ufficio comunale siede il capo locale di al Qaeda, che ad amministrare la legge ci sia il tribunale della Sharia e che alle scuole i minorenni imparino solo la dottrina whabita. Non ci troviamo in Venezuela e non occorre un Guaido da contrapporre al cattivissimo Maduro, in Siria vanno bene i tagliagole di al Qaeda.
Ma lasciamo stare le ambiguità occidentali, alla sua lotta al terrorismo che serve solo a sfornare una nuova scusa utile all’occorrenza per intervenire dove si vuole o giustificare una sottrazione di libertà ai propri cittadini all’insegna della sicurezza. Torniamo a noi dicevo, torniamo ad Erdogan: a cosa mira Erdogan? Cosa si aspetta da tutto questo ”il Sultano”, a cosa mira? La risposta è semplice, anche se nessuno la proferisce: Erdogan semplicemente cerca di cambiare il quadro etnico nelle regioni del paese occupato dalla Turchia – per cacciare i curdi e gli arabi, per formare enclavi compatte per i turchi – Turkmeni siriani vicino ai turchi in lingua e cultura.
Nelle aree sotto il controllo dell’esercito turco, la lira turca è in circolazione e le scuole sono introdotte secondo gli standard turchi. Cosa c’è da capire? Viene a pensare che la stampa occidentale mentre si strappa le vesti per i civili che muoiono sotto i bombardamenti, sia in linea con Erdogan. Altrimenti caccerebbe le bande di Tharir al Sham da Idlib e restituirebbe la sovranità al paese. La stessa cosa farebbero gli USA la nord della Siria dove continuano ad uno stato sovrano (riconosciuto dalle Nazioni Unite), a distogliere risorse e a costruire basi.
L’Europa ed il mondo occidentale in genere, non parla chiaro, e questo non parlar mai chiaro non può uscire mai niente di buono anche se molti sono convinti del contrario. L’ambito che oggi detiene i principali diritti dell’uomo dell’uomo non si rende conto che agire in modo disonesto ed essere bravi solo con gli alleati ed agire in modo disonesto con tutti gli altri, alla lunga non paga. Agire in questo modo equivale a barare. Non si può intrattenere buoni rapporti solo con partner strategici: anche un piccolo paese deve poter essere sovrano, indipendente, rispettato  e vivere dignitosamente.

giovedì 6 febbraio 2020

Aggiornamento di vita siriana

I lavori di manutenzione dopo l'attacco sono ancora in corso nella stazione Al-Rayyan, negli impianti di gas a sud della regione centrale e di Ebla, e nella raffineria di Homs

La mia cara amica Lilly Martin Sahiounie scrive da Latakia:
6 febbraio 2019: "Soffriamo per la scarsezza dell'elettricità. Erogazione dalle 6 alle 8 am; dalle 12alle 2 pm; dalle 6alle 8 pm. 6 ore al giorno non sono sufficienti per svolgere le faccende domestiche e lavorative ...
Non è disponibile gas di cucina. La Siria ha il suo gas vicino a Homs e la sicurezza è buona lì, senza terroristi. Ma i pozzi di gas sono stati ripetutamente attaccati dai droni che arrivano dal mare e sono di origine straniera. Non provengono da alcun gruppo terroristico, ma da un Paese.
 Produciamo elettricità in Siria, dal gas naturale che è un prodotto locale, ma quando gli impianti a gas vengono attaccati, significa che non c'è gas da cucina e meno elettricità. I due sono interdipendenti. 
Si annuncia un'ennesima carenza di benzina per le auto, poiché non ci è permesso importare benzina, petrolio, gas naturale o altri prodotti petroliferi. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno imposto sanzioni alla Siria che ci impediscono di vivere, cucinare e conseguire i materiali necessari per riedificare le case.
 Abbiamo ancora soldi, ma gli Stati Uniti e l'Europa ci vietano di importare gli articoli di cui abbiamo bisogno per ricostruire la Siria. 
L'esercito siriano sta compiendo enormi progressi nella sconfitta dei terroristi di al Qaeda a Idlib, ma il Segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato di condannare la Siria per aver attaccato i terroristi e riguadagnato la propria terra. ... È molto difficile sentire un ufficiale americano che difende apertamente al-Qaeda. Sembra la fine di ogni decenza nel governo degli Stati Uniti."
   Maria Antonietta Carta

lunedì 3 febbraio 2020

Un documentario bello ma ingannevole: “For Sama”





Nascondere i fatti fondamentali su Aleppo

di Rick Sterling
trad.  Gb.P.  Oraprosiria

Il film documentario "For Sama" ha vinto numerosi premi in Europa e Nord America. I suoi produttori e protagonisti, i siriani Waad Kateab e suo marito Dr. Hamza Kateab e il regista inglese Edward Watts , hanno ricevuto elogi entusiasti. Ed i premi probabilmente continueranno ad arrivare.
Sfortunatamente, dietro una storia di interesse umano, il film "For Sama" è PROPAGANDA : parziale, fuorviante e politicamente partigiano.

For Sama” è un ampio documentario con una storia personale commovente. Combina la storia di un giovane amore e la nascita di un bambino - Sama - nel mezzo della guerra. Questo lo rende avvincente e personale. Ma il film distorce sostanzialmente la realtà di Aleppo orientale negli anni 2012-2016. Mentre la narrazione personale può essere vera, il contesto e l'ambiente sono distorti e occultati. Lo spettatore non avrà idea della realtà:
  • La maggior parte dei residenti di Aleppo orientale non voleva che i militanti prendessero il controllo dei loro quartieri. Il breve video 'Nine Days from my Window' (Nove giorni dalla mia finestra), mostra l'occupazione di un quartiere. Molti civili fuggirono dal lato est di Aleppo dopo che i "ribelli" presero il sopravvento. Quelli che rimasero erano per lo più militanti (e le loro famiglie) più quelli che non avevano nessun altro posto dove andare o pensavano di poter aspettare.
  • I militanti che presero il controllo di Aleppo est divennero sempre più impopolari. Come scrisse il giornalista americano James Foley: “Aleppo, una città di circa 3 milioni di abitanti, una volta era il cuore finanziario della Siria. Mentre questo continua a decadere, molti civili qui stanno perdendo la pazienza con l'opposizione sempre più violenta e irriconoscibile - stante che è intralciata da lotte interne e dalla mancanza di struttura, e profondamente infiltrata sia da combattenti stranieri che da gruppi terroristici.” L'onesto resoconto di Foley potrebbe aver contribuito alla sua condanna a morte.
  • Il gruppo di opposizione che arrivò a dominare Aleppo est era la versione siriana di Al Qaeda, Jabhat al Nusra. Il film "For Sama" ignora il loro dominio, l'estremismo e le politiche settarie. C'è solo un riferimento fugace e nessun video che mostri chi stesse esattamente governando Aleppo est.
  • In effetti, i militanti (noti anche come "ribelli") erano incredibilmente violenti e viziosi. Alcuni esempi sono: quando hanno gettato i lavoratori delle poste dal tetto dell'edificio, quando hanno inviato l'autobomba suicida all'ospedale di Al Kindi, quando hanno massacrato i soldati siriani in difesa dell'ospedale e quando si sono registrati un video decapitando un ragazzino.
  • L'85% dei civili di Aleppo viveva nella parte occidentale di Aleppo controllata dal governo. Migliaia di persone furono uccise da cecchini "ribelli", da mortai e missili lanciati dai "cannoni dell'inferno" (un mortaio autocostruito per lanciare bombole riempite di esplosivo e chiodi - NDT) lanciati da Aleppo est. Questo breve video descrive la situazione nella parte occidentale di Aleppo, completamente ignorata da For Sama .
L'ospedale Al Quds NON è stato distrutto

"L'ospedale Al Quds" è descritto nel documentario "For Sama". E' dove Hamza lavorava e dove è nata Sama. Secondo il film, l'ospedale è stato distrutto nel febbraio 2016. All'epoca c'era un'enorme pubblicità sull'ospedale e accuse contro i russi che avevano bombardato di proposito l'ospedale. Medici Senza Frontiere (Medecins sans Frontieres) ha twittato: "Siamo indignati per la distruzione dell'ospedale Al Quds di #Aleppo " . Queste affermazioni sono ripetute nel documentario. All'epoca c'erano domande e sfide sull'autenticità dell'account. Si è scoperto che "Al Quds Hospital" non esisteva prima del conflitto ed era null'altro che uno o due piani di un condominio. Si è scoperto che Medici Senza Frontiere non aveva personale in loco e ha semplicemente accettato l'account che gli era stato comunicato. Dopo la liberazione di Aleppo Est, un importante medico di Aleppo Ovest, il dott. Nabil Antaki , visitò il luogo per scoprire la verità. E' un medico di lunga data ma non aveva mai sentito parlare dell'ospedale Al Quds.
 Ha riferito:
Sono andato domenica 12 febbraio 2017 a visitare il quartiere di Ansari-Sukari per vedere gli ospedali Zarzour e Al Quds. La mia guida era un giovane che viveva lì e conosce molto bene la zona.
La mia prima sosta è stata l'ospedale Zarzour (menzionato nel rapporto di MSF) ed ho scoperto che era stato bruciato. La mia guida mi ha detto che i ribelli l'hanno bruciato il giorno prima dell'evacuazione (informazioni confermate da un'alto funzionario responsabile della Mezzaluna Rossa Siriana). Sul marciapiede laterale, ho trovato centinaia di nuove sacche di sangue bruciate (per la raccolta di donazioni di sangue). Un uomo incontrato lì mi ha invitato a visitare il suo edificio proprio accanto all'ospedale. Anche il suo edificio è stato bruciato e sui pavimenti ho trovato centinaia di sacche di soluzione IV. 
Quindi, ci siamo trasferiti nella scuola di Ain Jalout. In realtà, ci sono 3 scuole contigue. Due sono completamente distrutte; una lo è parzialmente. Dietro le scuole, c'è una moschea chiamata moschea Abbas con il suo minareto. Rispondendo alla mia sorpresa nel vedere scuole distrutte da attacchi aerei, la mia guida mi disse che la moschea era un quartier generale dei ribelli e una scuola era un deposito di munizioni e l'altra era un deposito di cibo. Ho notato la bandiera di Al Nosra dipinta sul muro esterno della scuola e dozzine di edifici nei dintorni parzialmente distrutti. 
In seguito, ci siamo spostati per vedere l'ospedale Al Quds. Ovviamente, è l'edificio più conservato della strada. Ovviamente, non è stato colpito direttamente dalle bombe e probabilmente ha ricevuto alcuni frammenti dalle bombe cadute su altri edifici. Ho chiesto alla mia guida se sono stati eseguiti restauri o riparazioni. Ha detto di no.
La mia impressione è la seguente: la scuola di Ain Jalout era il bersaglio degli attacchi, gli edifici distrutti circostanti erano danni collaterali e l'ospedale di Al Quds non è stato direttamente colpito dal bombardamento. "

Quindi abbiamo un resoconto di testimoni oculari, oltre a fotografie e video, che dimostrano che è falso che "l'ospedale Al Quds" sia stato distrutto. Ciò significa che anche le affermazioni nel film sulla morte di un medico all'ospedale Al Quds, presumibilmente ripreso da una telecamera con sottotitoli, sono false.


Al Quds Hospital” (piano terra del condominio sull'angolo)
(credito fotografico Dr. Nabil Antaki)

L'opposizione armata e i suoi sostenitori occidentali hanno simulato eventi per demonizzare il governo siriano sin dall'inizio. Un esempio che divenne pubblico fu la bufala del rapimento di Richard Engels, dove i militanti organizzarono il rapimento e il "salvataggio" di Engels e della sua squadra.

Pagato e promosso dall'Occidente

Waad aveva una costosa videocamera e un'infinità di dischi rigidi. Aveva persino un drone per riprendere video dall'alto. Come confermato da Hillary Clinton nel suo libro "Hard Choices", gli Stati Uniti hanno fornito "computer collegati al satellite, telefoni, telecamere e formazione per oltre un migliaio di attivisti, studenti e giornalisti indipendenti". Waad afferma di essere una cittadina giornalista ma è stata pagata e fornita da governi che hanno a lungo cercato il rovesciamento del governo siriano. Anche nel 2005, la conduttrice della CNN Christiane Amanpour ha avvertito Bashar al Assad che "la retorica del cambio di regime è diretta verso di te dagli Stati Uniti. Stanno attivamente cercando un nuovo leader siriano ... Stanno parlando di isolarti diplomaticamente e, forse, un colpo di stato o la rovina del tuo regime. "

Dal 2011, i governi occidentali, Turchia, Israele e monarchie del Golfo hanno speso molti miliardi di dollari nel tentativo di rovesciare il governo siriano. Solo il budget della CIA per la Siria era vicino a un miliardo all'anno. La componente "soft power" include apparecchiature video e addestramento a persone come Waad per sostenere l'insurrezione armata, demonizzare il governo siriano e convincere il pubblico a continuare la guerra.

"Abbiamo sofferto tutti ... La differenza è che alcuni la guerra la volevano!"

Il medico di Aleppo occidentale, il dottor Nabil Antaki, non nega la sofferenza nell'est di Aleppo. Ma sottolinea la discrepanza nella copertura mediatica in cui tutta l'attenzione è rivolta ai "ribelli". Sottolinea inoltre che tutti hanno sofferto, ma non tutti erano responsabili. Alcuni, in particolare i sostenitori della "rivoluzione", hanno iniziato e continuato il conflitto. Egli dice:

C'erano molte storie simili a 'For Sama' nella parte occidentale di Aleppo. Sfortunatamente, nessuno ha avuto l'idea di documentarle perché eravamo impegnati a cercare di proteggerci dai razzi, di trovare acqua da bere, di trovare pane e prodotti essenziali che non erano disponibili a causa del blocco di Aleppo da parte dei gruppi armati. Hanno interrotto l'energia elettrica, il riscaldamento, ecc. Sì, le persone che si trovavano nei quartieri orientali hanno sofferto della guerra così come quelle che vivevano nei quartieri occidentali. Tutti, noi tutti, abbiamo sofferto. La differenza è che alcune persone hanno voluto la guerra, l'hanno iniziata, l'hanno sostenuta e ne hanno sofferto. Gli altri non l'hanno mai voluta o sostenuta e purtroppo ne hanno sofferto anch'essi. "

Postumi

Waad Al Kateab e suo marito Hamza vivono attualmente nel Regno Unito. Lui lavora per una società di trasferimento di denaro e si occupa di "Al Quds Hospital" a Idlib. Come indicato nel film, Waad non è mai stata orgogliosa di essere siriana e voleva emigrare in Occidente. Da lontano, afferma di essere orgogliosa della "rivoluzione" che ha portato a questa distruzione e tragedia umana.

Nel frattempo la gente sta tornando ad Aleppo e sta ricostruendo la città. Ci sono anche alcuni turisti . Sebbene ci siano sacche di cecchini in Aleppo, l'estremismo di Al Qaeda è per lo più limitato alla provincia di Idlib.

Save Idlib?

Il film documentario del 2019 “Of Fathers and Sons” tratta di un regista che ha vissuto con militanti a Idlib. Parte di ciò che è nascosto in "For Sama" è rivelato in questo documentario. Mostra la vita nella provincia di Idlib dominata da Al Nusra. Le donne sono confinate in casa e devono essere velate. Ragazzi di dieci anni vengono inviati alla scuola di sharia e all'addestramento militare, preparandosi ad unirsi ad Al Nusra. Credono nei Talebani, glorificano l'11 settembre e espellono o puniscono le persone che non si adeguano alla loro religione fondamentalista. I giovani sono indottrinati con l'ideologia estremista e la fede nella violenza. Questo è il regime che coloro che vogliono "salvare Idlib" stanno proteggendo.

Militanti di Al Nusra uccidono i soldati siriani che hanno cercato di difendere l'ospedale Al Kindi (cattura video)

Per decenni l'Occidente ha sostenuto organizzazioni estremiste fanatiche per rovesciare o minare stati indipendenti laici socialisti. La maggior parte delle persone in Occidente non ne sono consapevoli, sebbene sia ben documentato in "Il gioco del diavolo: come gli Stati Uniti hanno aiutato a scatenare l'Islam fondamentalista" e nel nuovo libro "La gestione della barbarie: come lo stato di sicurezza nazionale americano ha alimentato l'ascesa di Al Qaeda, ISIS e Donald Trump” .

Il futuro

Cosa sconosciuta in Occidente: la maggior parte dei Siriani sostiene il proprio governo, ammira il proprio presidente e sente che l'Esercito Siriano li sta proteggendo. Anche coloro che sono critici nei confronti del governo lo preferiscono al caos o al fondamentalismo salafita.
Waad e Hamza Al Kateab rappresentano una piccola minoranza di siriani. Le loro voci e la prospettiva di Edward Watts, il regista che non è mai stato in Siria, vengono ampiamente proiettate e diffuse attraverso "For Sama" mentre le altre vengono ignorate.

Quando Waad e Hamza lasciarono Aleppo con i militanti di Al Nusra, la stragrande maggioranza degli Aleppini festeggiava!
In superficie, "For Sama" è un racconto romantico, di nascita. Ma nel fondo è molto politico, come confermano le interviste con i produttori.
Ho il sospetto che sia stato ampiamente promosso proprio perché dà un'immagine distorta. Per continuare la sporca guerra in Siria , sono richiesti travisamenti pubblici.

giovedì 30 gennaio 2020

L’Assemblea degli Ordinari Cattolici risponde al Piano “Peace-to-Prosperity” e invita alla preghiera tutte le Chiese cristiane del mondo


Comunicato sul Piano “Peace-to-Prosperity”

Il conflitto israelo-palestinese da decenni è al centro di molte iniziative di pace e proposte di soluzione.

Come detto più volte in passato, pensiamo che nessuna proposta e nessuna prospettiva seria possa essere raggiunta senza l’accordo dei due popoli, israeliano e palestinese. Queste proposte devono essere basate sull’uguaglianza dei diritti e sulla dignità.

Il piano “Peace-to-Prosperity” presentato ieri non contiene queste condizioni. Non dà dignità e diritti ai palestinesi. È da considerarsi un’iniziativa unilaterale, poiché sostiene quasi tutte le richieste di una parte, quella israeliana, e la sua agenda politica. D’altra parte, questo piano non prende veramente in considerazione le giuste richieste del popolo palestinese per la sua terra d’origine, i suoi diritti e una vita dignitosa.

Questo piano non porterà alcuna soluzione, ma al contrario creerà più tensioni e probabilmente più violenza e spargimento di sangue.

Ci aspettiamo che i precedenti accordi firmati tra le due parti siano rispettati e migliorati sulla base di una completa uguaglianza tra i popoli.

Invitiamo tutte le Chiese del mondo a pregare per la Terra Santa, a lavorare per la giustizia e la pace e ad essere la voce dei senza voce.

Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia” (Giacomo 3, 18)

 Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa
Gerusalemme, 29 gennaio 2020


mercoledì 29 gennaio 2020

La Quaresima anticipata dei siriani


Testimonianza di mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, inviata ad AsiaNews che testimonia le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione siriana. Quasi nove anni di guerra civile, le violenze dei gruppi jihadisti (da al-Nusra allo Stato islamico) che hanno insanguinato gran parte del territorio, l’emergenza profughi, le sanzioni internazionali contro Damasco e la crisi delle banche libanesi hanno messo in ginocchio il Paese. E i più colpiti, osserva mons. Nassar, sono “soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani“


Dall’austerità alla povertà
Immaginate che la vostra famiglia debba sopravvivere con un salario che è diminuito almeno del 50% in tre mesi. Uno scenario caotico che stravolge l’esistenza, che ha fatto innalzare in maniera vertiginosa i prezzi e che finisce per colpire la vita quotidiana di tutte le famiglie, in particolare modo quelle più povere e modeste. 
Infatti, l’inflazione vertiginosa e l’impennata dei prezzi si ripercuotono su cittadini che già vivono in condizioni di austerità, facendo sperimentare loro povertà e una grande miseria. 
La mancanza di carburante, del gas per uso domestico e della corrente elettrica, hanno fatto precipitare i più vulnerabili - soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani - nella più completa oscurità. Un dramma acuito dalle temperature glaciali, i cui effetti possono essere letali.  

Carità congelata
La crisi bancaria del Libano ha di fatto bloccato i conti correnti dei siriani, sia quelli dei privati cittadini che delle imprese. Fra queste ultime sono comprese anche le associazioni caritative, che oggi sono costretti a dichiararsi incapaci di operare in un contesto contraddistinto da profonde ed enormi difficoltà. Sono giorni di miseria. 
Oggi non è più possibile far fronte alle esigenze di base e ai bisogni primari e i poveri sono abbandonati a loro stessi e al loro triste destino. I loro miseri risparmi sono bloccati o congelati negli istituti bancari, pressoché inaccessibili.
Le condizioni socio-economiche della popolazione si fanno ogni giorno di più urgenti e drammatiche, e rischiano di aggravarsi ancora di più anche e soprattutto per il braccio di ferro in atto fra Iran e Stati Uniti. Uno scontro frontale che blocca la strada ai vari “Simone di Cirene” che cercano di portare aiuto, e impediscono di fatto qualsiasi forma di compassione, lasciando aperta la via dell’escalation e a un peggioramento ulteriore della situazione. 

Quaresima anticipata
Questa crisi mai vista prima, nemmeno durante gli anni della guerra, getta i nostri fedeli in un tempo di digiuno e di Quaresima anticipato. Assicurare il pane quotidiano e un po’ di cibo sulle tavole è diventato l’incubo ricorrente di ogni giornata. Questa condizione del tutto nuova ha impoverito la Chiesa stessa, un “muro del pianto” dove ciascuno viene per piangere lacrime, gridare aiuto, cercare senza ostentarlo e nel silenzio più assoluto un po’ di consolazione. Un modo per vivere la passione di Cristo ben prima della Settimana Santa.
Sta emergendo sempre più una nuova vocazione con i colori delle Beatitudini e fondata sull’amore, sul perdono, sulla condivisione, sulla compassione. Una vocazione che è illuminata dalla luce della speranza della Pasqua.

Quaresima 2020


Risultati immagini per Siria miseria
«Dopo la guerra delle armi, ora combattiamo la guerra della fame»
Intervista di Rodolfo Casadei a padre Ibrahim Alsabagh
TEMPI, 29 gennaio 2020

«Non è vero che la guerra ad Aleppo è finita tre anni fa. Mentre io sono qui in Italia, cadono razzi e bombe lanciati dai ribelli su Jamiet al-Zahra e Hamdaniya, i due quartieri più occidentali della città. Nel corso di questo mese sono morte già 12 persone e vari edifici sono stati distrutti. È il modo con cui i jihadisti si vendicano dell’offensiva governativa nell’Idlib, da dove non lasciano uscire i civili che vorrebbero trasferirsi in luoghi più sicuri, e invece cadono vittime del fuoco incrociato». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano della parrocchia latina di Aleppo, è in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che le sofferenze dei siriani e le traversìe dei cristiani non sono affatto finite, anche se i media europei si occupano ormai di altre crisi internazionali: Libia, Iran, ecc.

Gas e elettricità
«Stiamo combattendo contro due mostri: il freddo e il carovita», esordisce. «Il gasolio per il riscaldamento scarseggia a causa delle sanzioni contro la Siria e contro l’Iran, solo in alcune zone della città si riesce ad acquistare quello del governo a prezzo calmierato, che è circa la metà del prezzo di mercato. Per le bombole del gas da cucina bisogna fare la fila dalle 5 di mattina, e magari si riesce a fare l’acquisto alle 11. C’è gente che si fa pagare per tenere il posto nella coda a chi non può stare lì tutta la mattina dall’alba. L’elettricità va e viene in modo del tutto irregolare anche nei quartieri più centrali di Aleppo come il nostro: ciò provoca cortocircuiti e incendi. La città continua ad essere economicamente soffocata perché continua a non disporre più del suo hinterland: a nord ci sono i territori controllati dai turchi e dai curdi, a ovest c’è la regione dell’Idlib dove i governativi combattono contro i jihadisti. L’autostrada che collegava Aleppo al sud del paese continua ad essere impraticabile: adesso è sotto il fuoco dell’esercito, che cerca di riconquistarla da anni. A questi problemi di vecchia data si è aggiunta la crisi del Libano: per tutti gli anni della guerra è stato un polmone per la Siria, tanti avevano spostato lì i loro conti bancari e attività finanziarie per aggirare le sanzioni. Ma da quando sono iniziate le proteste di piazza, anche il sistema bancario libanese è andato in difficoltà: le banche restano chiuse per giorni a causa delle manifestazioni, e quando sono aperte non permettono di prelevare più di 1.000 dollari alla settimana dai conti correnti bancari. Anche per chi deve aiutare i poveri e i bisognosi questo è diventato un grosso guaio».

La guerra della fame
L’insieme di tutti questi problemi, ai quali vanno aggiunti i contrasti fra il presidente e l’uomo d’affari più ricco del paese, suo cugino Rami Makhlouf, hanno provocato una forte svalutazione della lira siriana, che negli ultimi dodici mesi ha perduto metà del suo valore rispetto al dollaro, e nelle sole due prime settimane di gennaio 2020 il 33 per cento, col cambio che passava da 900 a 1.250 lire siriane per un dollaro. «Il governo ha arrestato alcuni speculatori e ha aumentato alcuni stipendi, ma non abbastanza da restituire il potere d’acquisto dei salari eroso dall’inflazione», riprende padre Ibrahim. «Ormai i siriani parlano di “guerra della fame” che ha preso il posto della guerra con le armi, che si continua a combattere nell’Idlib e nelle campagne attorno ad Aleppo. Quasi la metà delle 580 famiglie della nostra parrocchia vive sotto la soglia della povertà assoluta: recentemente abbiamo tenuto una riunione di emergenza per deliberare l’acquisto e il dono di 100 litri di gasolio a 250 nostre famiglie che altrimenti morirebbero letteralmente di freddo. Altre risorse importanti vanno alle cure mediche: è vero che in Siria funziona il progetto Ospedali Aperti per curare nelle cliniche private malati gravi che non hanno da pagare, ma ad Aleppo non c’è nessuno convenzionato per chi ha bisogno di chemioterapia, e la nostra gente dovrebbe andare a Damasco. Insieme ai pacchi alimentari periodici, ai pannolini e al latte in polvere per i neonati, queste sono le nostre spese principali».

Non dimenticatevi di noi
Padre Ibrahim conclude con un appello accorato: «Siamo riusciti a salire sopra l’onda che stava per travolgerci, grazie a Dio e a tutti quelli che ci hanno aiutato. Ma il momento decisivo per evitare che la presenza cristiana sia spazzata via da Aleppo viene adesso. Non dimenticatevi di noi».

domenica 26 gennaio 2020

Riunione del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente: Gerusalemme Est sia “la Capitale dello Stato palestinese indipendente”


Riunione del comitato esecutivo del MECC - Cipro, 21-22 gennaio 2020 - Dichiarazione finale
Nel corso di due giorni (21-22 gennaio 2020), il Comitato Esecutivo si è riunito regolarmente a Larnaca - Cipro. L'incontro è stato generosamente ospitato da Sua Beatitudine Chrysostomos II°, Arcivescovo di Nova Justiniana e Tutta Cipro della Chiesa greco-ortodossa di Cipro. I membri del Comitato Esecutivo che hanno partecipato alla riunione provenivano da Cipro, Egitto, Siria, Libano, Iraq, Giordania e Palestina.
L'incontro è stato presieduto da Sua Beatitudine Youhanna X°, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente per il Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e presidente del Consiglio per la Comunità Greco-Ortodossa, da Sua Santità Mor Ignazio Aphrem II°, Patriarca di Antiochia e tutto l' Oriente e Capo supremo della Chiesa Ortodossa Siriaca Universale che è presidente del Consiglio per la Famiglia Ortodossa Orientale, da Sua Beatitudine Mar Louis Raphael Sako, Patriarca di Babilonia per i Caldei e presidente del Consiglio per la Comunità Cattolica, e da Right Rev Dr. Habib Badr , Presidente dell'Unione Evangelica Nazionale del Libano e presidente del Consiglio per la Famiglia Evangelica.
Questo incontro si tiene nel mezzo di un periodo pieno di eventi dolorosi e sofferenze che affliggono i nostri paesi del Medio Oriente. I membri del Comitato Esecutivo sono pienamente consapevoli della sofferenza, delle afflizioni e delle sfide che devono affrontare le genti e le Chiese della regione. Hanno contemplato l'affetto divino di Nostro Signore Gesù Cristo e il suo impareggiabile amore per l'umanità. Invitano i credenti cristiani in Medio Oriente a conservare la loro Fede e Speranza e a credere che Dio è in mezzo a noi, ci sostiene e ci coinvolge nella Sua vita divina. Esortano anche le Chiese membri del Consiglio ad essere pienamente presenti accanto a tutti i rifugiati e gli sfollati che soffrono dopo aver perso la famiglia, gli amici o le proprietà a causa della violenza e della guerra, in modo che le Chiese rimangano un'icona della tenerezza e prossimità del Signore.
Dopo la preghiera di apertura, l'ordine del giorno è stato approvato e sono stati adottati i verbali della riunione del Comitato esecutivo tenutasi presso il Patriarcato siriano ortodosso di Antiochia (Atchaneh - Bickfaya - Libano / 22-23 gennaio 2019) . Le discussioni del primo giorno hanno affrontato molti argomenti come il rinnovamento spirituale, le sfide ecumeniche, geopolitiche e il dialogo interreligioso, nonché lo sviluppo istituzionale del MECC e il suo potenziamento dopo la crisi che ha attraversato. Ciò porterà allo sviluppo del suo orientamento strategico in preparazione della 12ª Assemblea Generale. Il secondo giorno, i partecipanti hanno discusso della relazione della dott.ssa Souraya Bechealany, il segretario generale, che include i risultati del Consiglio nel 2019 e le sue prospettive future. Hanno anche esaminato le relazioni annuali dei dipartimenti e la relazione finanziaria.
Sulla base delle discussioni, incentrate principalmente sulle sfide affrontate dai Cristiani in Medio Oriente e dai loro partner in materia di cittadinanza, il Comitato esecutivo ha sottolineato le seguenti linee guida:
1- Promuovere la cooperazione ecumenica tra le Chiese del Medio Oriente a livello teologico, dei servizi sociali e dei media per confermare la loro scelta di unità nella testimonianza di Gesù Cristo risorto.
2- Pregare perchè si possa conoscere la sorte delle loro Eminenze l'arcivescovo Boulous Yazigi e l'arcivescovo Youhanna Ibrahim che sono stati rapiti nell'aprile 2013 e richiesta alla coscienza internazionale di lavorare per il loro ritorno sicuro e di consentire loro di continuare la loro missione che si concentra sulla costruzione della pace e dignità umana.
3- L'escalation della tensione in Medio Oriente e nel mondo arabo richiede preghiera e lavoro per la pace e nuove iniziative per contrastare le ondate di estremismo al fine di preservare la pace nella società, proteggere la dignità umana e spianare la strada a saggi dialoghi e alla risoluzione dei conflitti respingendo la violenza e la guerra.
4- Il movimento popolare a cui si sta assistendo in Iraq chiede un contributo attivo per ottenere giustizia sociale, integrità economica, buon governo, sovranità nazionale e rafforzare i principi di responsabilità e lotta alla corruzione attraverso un sistema giudiziario equo.
5- L'esacerbazione della sofferenza del popolo siriano richiede immensi sforzi in tutti i settori per l'eliminazione dell'embargo, promuovere il percorso di costruzione della pace, il ripristino della sicurezza e lavorare con forza per garantire le condizioni appropriate che consentano il ritorno nella loro terra dei rifugiati e degli sfollati.
6- Riconoscere gli sforzi del Regno Hascemita di Giordania a cui è stata affidata la protezione dei siti sacri cristiani e musulmani nella città santa di Gerusalemme, nonché il rafforzamento della presenza cristiana in collaborazione con le Chiese. Oltre a ciò, ha lavorato per la promozione del dialogo cristiano-musulmano e per vivere insieme nella cittadinanza.
7- I partecipanti pregano per il Libano che sta assistendo a proteste di massa condotte dal popolo libanese che chiede una vita dignitosa e una buona gestione delle loro risorse comuni; così che il Libano, il "Messaggio", riacquista il suo ruolo culturale come modello di pluralismo per il bene comune e come esempio di libertà responsabile.
8- Sostenere tutti gli sforzi per ripristinare l'unità di Cipro al fine di unificare il popolo cipriota, promuovere la pace regionale e internazionale e porre fine all'occupazione che ha causato la divisione dell'isola.
9- Sostenere continuamente le Chiese in Palestina e riconoscere la resilienza delle persone nonostante la loro sofferenza di fronte all'occupazione, alla segregazione e alla colonizzazione. Chiedere il rispetto della libertà di religione per tutti i Palestinesi, compresi Cristiani e Musulmani, e il rispetto dello status quo legale e storico riguardo al fatto che Gerusalemme Est è la capitale di un vivibile Stato Palestinese Indipendente.
10 -Il popolo Egiziano ha sempre aspirato a consolidare il principio di cittadinanza, libero dall'estremismo e dall'isolamento. Sta impegnandosi insieme per promuovere la convivenza, il che ci porta a confermare che sono collettivamente consapevoli delle conseguenze positive che vengono a crearsi nel loro Paese.
11 - Il fatto che i popoli nella regione chiedano una cittadinanza completa basata sulla parità di diritti e doveri e sulla diversità, richiede una revisione dei sistemi e delle leggi. Ciò dimostra la necessità urgente di formulare un percorso che sottolinei la comprensione dell'unità nella diversità, considerando che la diversità è ricchezza, lontano dalle esortazioni settarie e di fazione e da tutte le forme di intolleranza.
12 - La povertà e l'emarginazione di cui soffrono alcune classi della società nella regione chiamano tutti gli stati e le istituzioni ecclesiali a progettare politiche di sviluppo sostenibili che garantiscano una vita dignitosa per ogni essere umano e che contribuiscano alla giustizia sociale e alla prosperità economica.
13 - Il MECC invita i cristiani in questo benedetto Medio Oriente a restare nelle loro terre con fede e speranza, costituendo esse la loro eredità e la loro identità, e a rafforzare il loro ruolo nel consolidamento della convivenza, del rispetto reciproco e della solidarietà sociale.
14 - L'attuale crisi dei rifugiati e degli sfollati richiede intensi sforzi da parte della comunità internazionale, in particolare delle Nazioni Unite e delle organizzazioni religiose, per facilitare il ritorno di questi rifugiati e sfollati nei loro paesi di origine, offrendo loro una dignità e proteggendo la loro identità e civiltà. Questa situazione richiede anche il costante sostegno alle comunità ospitanti e la garanzia di componenti di resilienza, nonché la protezione dei rifugiati e degli sfollati fino al loro sicuro ritorno.
15 - Garantire un coordinamento e una comunicazione attivi in preparazione dell'Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente che si terrà tra il 16 e il 19 settembre 2020 in Libano. Si intitolerà “Coraggio , sono Io; non temere”. (Matteo 14:27) e sarà generosamente ospitato dal Sua Beatitudine il cardinale Mar Bechara Boutros Al-Rai, Patriarca maronita di Antiochia e di tutto l'Oriente - a Bkerki.
In conclusione, i membri del Comitato Esecutivo del MECC ringraziano Sua Beatitudine Chrysostomos II° e la Chiesa greco-ortodossa di Cipro per aver ospitato generosamente questo incontro e ringraziano Nostro Signore Gesù Cristo, che raccoglie la sua Chiesa attraverso il suo amore. I membri del Comitato Esecutivo del MECC sono fiduciosi che le Chiese del Medio Oriente non sono state e non saranno mai sole nella loro testimonianza, rinnovando la loro fede nella promessa di Dio: "Io sono sempre con te, fino alla fine dei tempi". (Matteo 28:20). Riteniamo inoltre che il cammino verso la XIIª Assemblea Generale rappresenterà la comune testimonianza delle Chiese e farà luce da una prospettiva realistica e profetica sul ruolo dei cristiani nel Medio Oriente sofferente, in particolare nella lotta per la dignità umana. Ciò richiede la solidarietà dei leader e una solida cooperazione per garantire un futuro luminoso degno per questo Medio Oriente e il suo valore, in cui la diversità è un modello di convivenza.
 (Trad Gb. P. OraproSiria) 
https://www.mecc.org/mecc/mecc-excom-meeting-larnaca

mercoledì 22 gennaio 2020

I calcoli spregiudicati di Trump in Siria


di Fulvio Scaglione 
Quante cose in più capiremmo se solo riuscissimo ad affrancarci dall’abitudine di considerare delle specie di minorati mentali tutti i leader che non ci piacciono. È successo con Boris Johnson, che alla fine con la sua idea di Brexit ha convinto gli inglesi. E succede regolarmente con Donald Trump. Prendiamo la politica in Medio Oriente, che è «sua» quando pare fallimentare ed è di altri (generali, consiglieri, Stato profondo) quando pare avere successo. In particolare, guardiamo le ultime vicende relative alla Siria.
Il 6 ottobre scorso Trump annunciò l’intenzione di ritirare le truppe (un migliaio di soldati) dispiegate sul territorio siriano. Pochi giorni dopo, però, arrivò l’annuncio contrario: non ci ritiriamo, restiamo. Tutti cominciarono a dire: ecco, il solito confusionario. Sicuri? A posteriori, e visti anche gli esiti della crisi semi-militare con l’Iran, la realtà sembra un po’ diversa. A Trump (o a chi per lui) interessava garantire a Erdogan la possibilità di occupare una fetta di territorio siriano. Non a caso il 17 ottobre Mike Pompeo, segretario di Stato Usa, volò a Istanbul per incontrare il presidente turco e consegnarli l’approvazione della Casa Bianca al piano che sarebbe stato poi condiviso anche dalla Russia di Vladimir Putin.
E veniamo alle truppe mai ritirate. Trump spiegò che le lasciava nel Nord-Est della Siria per mettere sotto controllo i pozzi di petrolio siriani. Aggiunse anzi che avrebbe cercato di coinvolgere una qualche grande compagnia petrolifera americana, per fare le cose per bene. Anche in quel caso Trump fu dileggiato. Qualcuno fece notare che i pozzi siriani estraevano, prima della guerra civile, meno di 400 mila barili al giorno, un’inezia per gli Usa che, grazie allo shale oil, sono diventati il primo produttore mondiale di petrolio. E che, ovviamente, nessuna compagnia petrolifera aveva risposto al suggerimento presidenziale, visto che i costi sarebbero stati molto superiori ai ricavi.
Ma è davvero un po’ di petrolio ciò che cerca Trump in Siria? In realtà, controllando quei pochi pozzi la Casa Bianca centra una serie di obiettivi. Azzoppa la rinascita della Siria di Bashar al-Assad, che prima del 2011 vantava una quasi assoluta autonomia energetica. Tiene sotto pressione l’Iran e le milizie sciite filo-iraniane che operano nel confinante Iraq. Dà da pensare a Russia e Turchia, che sempre più spesso (dopo la Siria, anche in Libia) filano d’amore e d’accordo. In caso di necessità, ha risorse economiche pronte per finanziare le milizie curde fedeli agli Usa.
Il tutto, tra l’altro, a un costo ridicolo. I mille soldati americani che fanno la guardia ai pozzi siriani sono lo 0,5 per cento di tutte le truppe che gli Usa dispiegano all’estero. E dal momento dell’intervento in Siria nel 2014, sono morti sul campo «solo» otto soldati americani. Dal punto di vista americano, e chiunque l’abbia deciso, un intervento redditizio.
https://www.terrasanta.net/2020/01/trump-e-la-siria-da-unaltra-prospettiva/

domenica 19 gennaio 2020

Sanzionare la Siria.

18 milioni di siriani in balia dell'embargo da 8 anni: BASTA!


pubblicato il 10 gennaio 2020 da Chris Ray
trad. Gb.P. OraproSiria
Le Nazioni Unite erano disposte a pagare per porte, finestre e cavi elettrici nell'appartamento di Alaa Dahood, ma non per le riparazioni alle pareti del suo soggiorno forate da colpi di mortaio. Quella era considerata "ricostruzione", una categoria di aiuti vietata in Siria. "Mia madre e io abbiamo usato i nostri risparmi per riparare noi stessi il muro", mi ha detto Alaa, un insegnante di inglese della scuola elementare.
Alaa vive con la madre vedova Walaa a Saif al-Dawla, un sobborgo di Aleppo che è diventato una linea del fronte tra truppe governative e forze di opposizione nel 2012. Dopo che il loro isolato residenziale è finito sotto il fuoco dei cecchini, la famiglia è fuggita in un settore della città controllato dal governo, e successivamente, nella relativa sicurezza di Damasco. “Lo stress fu fatale per mio padre: era un uomo nervoso ed è morto a causa di un infarto nel 2013. Mia madre ed io siamo tornati a casa nel 2017, quando Aleppo era al sicuro ”, racconta Alaa mentre serve caffè speziato nel salotto della sua modesta casa con due camere da letto.
Più di 521.000 Aleppini sfollati dalla guerra sono tornati a casa entro la fine del 2018, secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Pochissimi hanno trovato le loro proprietà intatte. Tuttavia, in tutta la Siria, solo 42.000 residenti hanno ottenuto aiuti di "ripristino" delle Nazioni Unite, la categoria di assistenza che copriva le riparazioni di Alaa. L'aiuto delle Nazioni Unite era in gran parte limitato agli aiuti d'emergenza a breve termine, l'unica categoria di aiuti accettabile per i principali donatori delle Nazioni Unite che si oppongono alla continuazione del governo del presidente Bashar al-Assad. Alaa non ha avuto alcun aiuto per il suo muro, ma le sue finestre finanziate dall'ONU sono almeno in vetro. Ad Hanano, un sobborgo della parte orientale di Aleppo precedentemente sotto il controllo dei ribelli, una giovane guardia di sicurezza, Mohamed, mi ha mostrato il suo appartamento di famiglia, che si affaccia su un campo da calcio pieno zeppo di carcasse di autobus e macchine distrutti. Mohamed ha installato finestre realizzate con teli di plastica lo scorso inverno, quando la temperatura è scesa sotto lo zero. Ha ottenuto la plastica in un "kit di riparazione" fai-da-te fornito dalle Nazioni Unite che includeva legno di pino per serramenti, pannelli di fibra per porte, schiuma di espansione, chiodi e attrezzi.
Mohamed e sua sorella Asma fuori dal loro condominio di Aleppo
Mohamed e sua sorella Asma
 fuori dal loro condominio di Aleppo
"La plastica non va bene per l'inverno ma è meglio di niente", ha detto Mohamed, che non voleva che fosse pubblicato il suo cognome. Nonostante una grave carenza di carburante, è riuscito a comprare abbastanza olio combustibile per riscaldare la camera da letto della sua fragile sorella di 13 anni, Asma, per un paio d'ore ogni notte. Mohamed ha sostituito la plastica con il vetro in una finestra e sta mettendo da parte i soldi per fare il resto.
I kit di riparazione rientrano nell'elenco degli aiuti di emergenza a breve termine. L'UNHCR afferma che i kit coprivano circa 92.000 siriani nel 2018, più del doppio del numero di coloro che hanno beneficiato del ripristino abitativo. Secondo le agenzie siriane che attuano programmi finanziati a livello internazionale, le Nazioni Unite valutano i kit di accoglienza circa 500 Dollari, ma i destinatari spesso li vendono per molto meno o bruciano la legna come combustibile.
Uno dei maggiori partner siriani delle Nazioni Unite, l'agenzia di aiuti greco-ortodossa Gopa-Derd, rifiuta di distribuire i kit. “Non collaboreremo a far mettere fogli di plastica sui telai delle finestre dove dovrebbero esserci dei vetri. I fogli di plastica non ripareranno un buco nel muro nè terranno al caldo una famiglia in inverno ", ha dichiarato Sara Savva, vicedirettore di Gopa-Derd.
Un altro partner delle Nazioni Unite, il Syria Trust for Development, che ha gestito le riparazioni di Alaa, desidera che i soldi dei kit di protezione vengano reindirizzati al ripristino. “Nel 2017 abbiamo realizzato 1000 kit di protezione, poi abbiamo deciso basta. Sono una perdita di tempo e risorse ", ha dichiarato il direttore del Trust in Aleppo, Jean Maghamez. Ha aggiunto, tuttavia, che il programma di ripristino del Trust ha riguardato solo 200 appartamenti di Aleppo nel 2019 a causa di tagli ai finanziamenti delle Nazioni Unite.
In una dichiarazione congiunta di marzo 2019 i governi di Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania hanno ribadito la loro opposizione a qualsiasi assistenza per la ricostruzione in Siria fino a quando "un processo politico credibile, sostanziale e autentico sia irreversibilmente in corso". La posizione delle Nazioni Unite è stata espressa in una Direttiva interna del 2018 dal suo Office of Political Affairs, guidata da un diplomatico di carriera americano, Jeffrey Feltman. "Solo una volta che vi fosse una transizione politica autentica e inclusiva negoziata dalle parti, le Nazioni Unite sarebbero pronte a facilitare la ricostruzione", ha affermato.
Una soluzione negoziata rimane distante, tuttavia. Un piano di pace sostenuto dall'ONU elaborato nel 2012 è moribondo. Anche i colloqui separati supervisionati dai sostenitori di Assad, Russia e Iran, insieme alla Turchia, la quale sostiene elementi dell'opposizione jihadista, hanno fatto pochi progressi. L'uso dei fondi delle Nazioni Unite per ricostruire il muro dell'appartamento di Alaa Dahood avrebbe rischiato di attraversare ciò che il personale delle Nazioni Unite in Siria definisce una "linea rossa" tra ripristino e ricostruzione. Nessuno dei due termini è chiaramente definito, ma la linea è zelantemente controllata. Il personale delle Nazioni Unite a Damasco mi ha detto che spesso devono rispondere alle domande di governi, altri donatori delle Nazioni Unite e "controllori dei diritti umani" che mettono in guardia da qualsiasi violazione del divieto di ricostruzione.
Residents of Aleppo rebuilding their war-damaged homes
I residenti di Aleppo ricostruiscono le loro case danneggiate dalla guerra
Un rapporto di giugno di Human Rights Watch con sede a New York ha palesemente disapprovato il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), Oxfam e altri per aver ricostruito reti di servizi igienico-sanitari e strutture sanitarie nella parte di Siria controllata dal governo. Qualsiasi progetto volto a "ricostruire e ripristinare in modo sostenibile infrastrutture, servizi, abitazioni, strutture e mezzi di sussistenza può comportare rischi di implicazione in gravi violazioni dei diritti umani", ha affermato Human Rights Watch. “Per evitare di violare il divieto di ricostruzione, il Syria Trust generalmente non ricostruirà nessun muro dell'appartamento con un buco più grande di due metri quadrati”, mi ha detto il suo ingegnere capo ad Aleppo, Ragheb Al Mudarres. Gopa-Derd vuole che il ripristino sia ampiamente interpretato per consentire alle case di essere rese sicure e abitabili. “Se c'è un buco nel muro, lo blocchiamo, se l'acqua gocciola dal soffitto, lo ripariamo, se non ci sono porte o finestre le installiamo. Alcuni donatori ritengono che questa sia una ricostruzione, noi no ”, ha detto Sara Savva.
I dipendenti delle Nazioni Unite affermano di seguire una linea guida non scritta per evitare lavori su qualsiasi edificio pubblico con danni strutturali superiori al 30%. In qualche caso, il divieto di ricostruzione obbligava le agenzie a respingere la richiesta del comitato di vicinato di aiutare a ricostruire tre scuole. I fondi erano disponibili, la proposta era tecnicamente valida e le scuole erano nella parte orientale di Aleppo, un tempo salutata dai sostenitori del cambio di regime come un bastione della rivoluzione. In tutto il paese, 1,75 milioni di bambini non hanno scuola da frequentare e la necessità nell'est di Aleppo è particolarmente acuta. Tuttavia, a quanto pare la sua popolazione può aspettarsi poco aiuto dagli ex sponsor stranieri che se ne sono andati dopo la fine delle sparatorie.
Le Nazioni Unite descrivono i bisogni umanitari della Siria come "sconcertanti". Circa 5,6 milioni di persone sono andate all'estero - circa i due terzi come rifugiati - e circa l'80% dei 18 milioni che rimangono hanno bisogno di assistenza. Un terzo del patrimonio immobiliare è stato distrutto, lasciando oltre sei milioni di persone senza una casa permanente. Circa 7,6 milioni soffrono di un'acuta mancanza di acqua potabile pulita e 4,3 milioni di donne e bambini sono malnutriti. Malattie precedentemente sradicate come poliomielite, tifo, morbillo e rosolia sono tornate e un bambino su tre non prende i vaccini salvavita. Circa 1,5 milioni di persone vivono con disabilità permanenti legate al conflitto.
In questo contesto, le restrizioni agli aiuti esteri sono pesanti, ma le sanzioni commerciali e finanziarie sono letali. Hanno "contribuito alla sofferenza del popolo siriano" bloccando le importazioni di farmaci antitumorali, antibiotici e vaccini contro il rotavirus, attrezzature mediche, cibo, carburante, semi delle colture, pompe per l'acqua e altri elementi essenziali, ha segnalato già nel 2018 il relatore speciale delle Nazioni Unite sulle sanzioni, Idriss Jazairy . Jazairy ha definito le sanzioni "perniciose" e ha affermato che hanno ostacolato gli sforzi per ripristinare scuole, ospedali, acqua pulita, abitazioni e lavoro.
Le misure statunitensi sono le più punitive dei regimi sanzionatori sovrapposti applicati anche da Unione Europea, Giappone, Canada, Australia e altri. Nelle parole di un ex ambasciatore degli Stati Uniti in Siria, Robert Ford, gli Stati Uniti stanno conducendo una "guerra economica" per "strangolare a morte" il governo di Assad. Le vittime sono i poveri, i malati e i bambini, non l'élite politica e economica.
A Damasco, i missili ribelli non cadono più nei distretti residenziali che sono rimasti fedeli al governo durante quasi nove anni di guerra. Tuttavia, piuttosto che celebrare la relativa sicurezza, i siriani che incontro sono sfiniti da difficoltà economiche prolungate e in peggioramento. “Ho vissuto con la guerra ogni giorno per sette anni e mi ci sono abituato. Non riesco ad abituarmi a non essere in grado di nutrire la mia famiglia ", dice un impiegato statale.
Gli embargo sui carburanti dell'UE e degli Stati Uniti hanno colpito duramente, con carenze di elettricità a livello nazionale e lunghe code per benzina e gas in bombole razionati. I prodotti farmaceutici sono ancora più difficili da ottenere rispetto al carburante. L'Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che le sanzioni bloccano l'importazione di farmaci antitumorali, che erano sovvenzionati a basso prezzo dal sistema sanitario pubblico prima della guerra. Sara Savva ha affermato che le medicine per il diabete o le malattie cardiache, se disponibili, potrebbero costare un impiegato medio un mese di stipendio. "Dimenticate la chemioterapia o i farmaci antitumorali: è ridicolmente costoso", ha detto. Le apparecchiature mediche sono obsolete perché il Ministero della salute non può importare parti o aggiornare il software. I medici di un importante ospedale di Damasco hanno riferito a Reuters che circa il 10% dei pazienti affetti da insufficienza renale sta morendo a causa dell'impossibilità dell'ospedale di procurarsi parti di macchine per dialisi di produzione europea.
Presumibilmente esistono esenzioni umanitarie dalle sanzioni, ma sono difficili e costose da ottenere. In ogni caso, le sanzioni finanziarie hanno isolato il paese dai sistemi bancari e di pagamento globali, motivo per cui bancomat e carte di credito straniere sono inutili in Siria. Perfino le organizzazioni umanitarie internazionali sono costrette a trasportare denaro attraverso il confine libanese con veicoli o ad utilizzare commercianti di denaro informali. Il cappio è così stretto che le banche europee hanno rifiutato di aprire conti bancari per il personale delle Nazioni Unite quando la parola "Siria" è apparsa nel loro titolo professionale.
Le Nazioni Unite non hanno approvato sanzioni ma il loro effetto sugli aiuti umanitari è stato "agghiacciante", ha detto Jazairy. Gli esportatori, le compagnie di trasporto e gli assicuratori si sono rifiutati di fare affari con la Siria per paura di violare inavvertitamente le sanzioni statunitensi, che sono extraterritoriali. Si applicano a qualsiasi transazione che implichi una connessione negli Stati Uniti, ad esempio beni con oltre il 10 percento di contenuti statunitensi o l'uso di dollari USA.
In un caso, i produttori europei hanno rifiutato di presentare offerte per la fornitura di sedie a rotelle alle Nazioni Unite in Siria. Il mercato è potenzialmente grande - circa 86.000 siriani hanno perso arti nel conflitto - ma non abbastanza redditizio da giustificare il rischio di perdere l'accesso ai clienti statunitensi. Nel suo rapporto del 2018, Jazairy ha proposto il rilascio di risorse della banca centrale siriana "congelate" dall'UE. Il suo suggerimento di mettere a parte i soldi per pagare le importazioni di grano e foraggi animali per soddisfare le "urgenti esigenze di sopravvivenza della popolazione" è stato ignorato.
Le Nazioni Unite affermano che le sue operazioni siriane completano semplicemente il lavoro degli organismi statali, che sono i principali responsabili per far fronte all'emergenza umanitaria. Tuttavia, il bilancio nazionale per il 2019 è stato fissato a meno di 9 miliardi di dollari USA - metà del livello del 2011 - e la spesa effettiva è quasi certamente inferiore. In otto anni di guerra, il PIL è diminuito della metà o dei due terzi. Nel dicembre 2019, la sterlina siriana è scesa a circa il sei percento del suo valore prebellico.
Syria trust for Development remedial class for children in Hanano, a former rebel-controlled zone in Aleppo
Syria trust for Development ,
classe di recupero in Hanano,
 
Il governo continua a sovvenzionare carburante, pane, riso e altri alimenti di base, ma, con la riduzione dei budget del ministero, i servizi di assistenza sociale sono sempre più forniti da organizzazioni locali non governative come la Mezzaluna Rossa Araba Siriana, Gopa-Derd e il Syria Trust. Nel sobborgo di Hanano di Aleppo, il Trust gestisce un centro comunitario finanziato dall'UNHCR, ospitato in un ex carcere dello Stato islamico. Il giorno che l'ho visitato, un insegnante stava aiutando i bambini a modellare la relazione della Terra con il Sole con l'uso di globi e torce. Il patrocinio è stato offerto alle donne divorziate in cerca di affidamento di minori e una dottoressa stava vedendo dei pazienti. Il centro fornisce anche quello che il suo insegnante di inglese, Walaa Kanawati, ha definito un "servizio di consulenza psicologica". Ha affermato che questo era molto richiesto dai genitori preoccupati per il comportamento dei bambini e delle donne sottoposte a violenza domestica. Secondo Kanawati, il centro impegna molto tempo a cercare di insegnare ai bambini e ai giovani come non essere d'accordo senza combattere. "Facciamo due personaggi o due squadre e aiutiamo ciascuna parte a difendere la propria opinione", ha affermato. “Proponiamo argomenti che nascono nella società, come il matrimonio precoce, che è un grosso problema in questa zona. Abbiamo madri di appena 15 anni. ”
Walaa Kanawati del Trust for Development siriano insegna inglese ai giovani Aleppini in un ex carcere dello Stato Islamico ad Hanano, nella parte orientale di Aleppo. Il Trust tiene anche corsi di recupero di inglese e di matematica per i bambini che avevano perso anni di scuola quando vivevano in distretti tenuti dai ribelli. Kanawati ha detto che quei bambini hanno difficoltà a tenere il passo con le lezioni e spesso abbandonano la scuola.
Alaa Dahood, l'insegnante di scuola elementare di Saif al-Dawla ha anche parlato della sfida di educare gli studenti a quella che lei ha definito "l'altra parte". "Sono due, tre e quattro anni indietro rispetto agli altri bambini e devo restare dopo le lezioni per insegnare loro a leggere e scrivere ", ha detto. Alcuni non hanno studiato nelle zone controllate dall'opposizione, mentre altri hanno ricevuto solo istruzioni religiose. Ma “i genitori dell'altra parte di solito apprezzano l'educazione. Vogliono che i loro figli siano bravi quanto i loro compagni di classe ", ha detto Alaa.
A Damasco Gopa-Derd gestisce un centro comunitario finanziato dall'ONU nel sobborgo orientale di Dweila. L'area è un inquietante mix di residenti sottoposti a anni di colpi di mortaio dalla vicina Ghouta, una roccaforte jihadista in tempo di guerra, e rifugiati di Ghouta che sono fuggiti dagli attacchi aerei che hanno portato alla riconquista dell'esercito nel 2018. Il personale del centro cerca di promuovere l'integrazione mettendo a disposizione i servizi per entrambi i gruppi. Incoraggiano anche ragazzi e ragazze a frequentare le lezioni insieme. Le famiglie sfollate dalle aree di opposizione in genere credono che i sessi debbano essere separati in giovane età e "solo i maschi sono importanti", afferma Remi Al Khouri, manager di Gopa-Derd. Lei dice che le classi delle scuole primarie a sesso singolo erano sconosciute in Siria prima "della crisi", aggiungendo: "Vogliamo dimostrare che è normale che ragazzi e ragazze vadano a lezione insieme e giochino insieme".
Nel vicino sobborgo di Kashkoul, un altro centro della comunità Gopa-Derd è concentrato sulla lotta contro l'abuso sessuale dei bambini. Secondo la direttrice del centro, Lina Saker, gli abusi sui minori sono peggiorati durante la guerra. Ho osservato una classe di ragazzi e ragazze di età compresa tra i cinque e i dieci anni impegnati in un esercizio di "sicurezza del corpo e dei confini personali"; un'insegnante di sesso femminile ha usato un poster sul muro per indicare le aree "no touch" del corpo. "Alcuni di questi bambini sono già delle vittime e vogliamo che sappiano che è inaccettabile che le persone tocchino determinate parti del loro corpo", ha detto la signora Saker. Togliere i bambini dalle strade per portarli a scuola li renderebbe meno vulnerabili, ma le famiglie sfollate spesso fanno affidamento su figli e figlie per avere un po' di reddito. Il centro sta cercando di aiutare i bambini di nove anni che vendono pane per strada, preparano tubi di shisha (narghilè ndt) nei caffè, raccolgono rifiuti da riciclare e aiutano nei cantieri. Ha organizzato cure mediche e scolarizzazione per una ragazza di 14 anni la cui salute ha sofferto per il suo lavoro in una fabbrica di carbone. Mentre la lezione sulla sicurezza del corpo era in sessione, le madri dei bambini erano in una stanza vicina a parlare del matrimonio precoce. La maggior parte di loro si era sposata prima dell'età legale dei 18 anni e un impiegato del centro le incoraggiava ad aprirsi sulle conseguenze fisiche, emotive e materiali. "Vogliamo convincerle a impedire alle loro figlie di sposarsi troppo presto e a dare loro una buona istruzione", conclude Lina Saker.
https://mronline.org/2020/01/10/sanctioning-syria/