Traduci

venerdì 6 luglio 2012

TRA I CRISTIANI IN FUGA DA HAMA

«Il regime siriano ci proteggeva ora non possiamo uscire da casa


03 luglio 2012 – La Repubblica, pag. 19

DAMASCO - «Per anni abbiamo vissuto nel Paese più sicuro del mondo. Ci siamo sentiti protetti, rispettati. Ma quando abbiamo visto che non potevamo più neanche affacciarci alla finestra senza rischiare di esser uccisi, abbiamo deciso che non era più il caso di restare e abbiamo lasciato le nostre case».
Ai piedi del convento della Vergine Maria, a Saidnaya, una delle culle dei cristiani d' Oriente, dove si parla ancora l' aramaico, la lingua dei Vangeli, Abdu e George ricordano la loro fuga, pochi giorni fa, da Hama. George è definitivo: «Io avevo dieci anni, nell' 82, quando l' esercito siriano schiacciò la rivolta dei Fratelli musulmani, ma quello che sta succedendo oggi è peggio». Il luogo è lo stesso, Hama, l' antica città sull' Oronte, ma le circostanze sono diverse. La città martire della repressione ordinata da Hafez al-Assad nel febbraio 1982 contro i Fratelli musulmani, è ora uno dei fronti caldi della rivolta che da un anno e mezzo infiamma la Siria.
Ma per Abdu le parole del suo amico riflettono una realtà del tutto nuova: «Quello che vogliamo dire è che oggi, a differenza di 30 anni fa, l' esistenza dei cristiani è minacciata a Hama, dove eravamo una comunità di ventimila persone e adesso sono rimasti soltanto quelli che non hanno nulla da mangiare». Lo stesso succede a Homs e nelle altre città in cui i cristiani, dopo essere rimasti per mesi estranei al conflitto, si sono visti mettere sempre di più nel mirino di gruppi armati, spesso d' incerta provenienza, genericamente definiti "salafiti", integralisti islamici di fede sunnita, che, anche solo per infiammare lo scontro con l' esercito, o per diffondere il panico, hanno imposto la loro presenza nei quartieri cristiani. «Gente venuta da fuori - dice George -. Violenti, arroganti. Entrano in casa, controllano i documenti, interrogano. E se non sono convinti, magari ritornano la notte. Vicino a casa mia si sono portati via una ragazza di 20 anni ritrovata morta qualche ora dopo».
Se non fosse per le parole di questi profughi, seppure di categoria benestante, artigiani, tecnici, commercianti, sarebbe difficile cogliere, a Saidnaya, i segni della tragedia siriana. Il convento risalente all' XI secolo, costruito su una rocca scoscesa, domina come una fortezza inespugnabile una vallata immobile e silenziosa sotto il sole cocente. Qui nulla sembra turbare la calma di questo paesaggio da sempre uguale a se stesso.

Eppure sono giorni di grande tensione per la Siria, che sembra scivolare verso la sua dissoluzione. Una deriva che niente e nessuno sembra in grado di fermare. Non certo le divisioni in seno alla comunità internazionale, con Stati Uniti e Russia su posizioni sempre inconciliabili, né quelle esplose nei ranghi dell' opposizione. L' ultima riprova viene dal Cairo, dove, in base al piano approvato a Ginevra dalle cinque potenze del Consiglio di sicurezza, s' è riunita ieri l' opposizione per elaborare una strategia condivisa sulla proposta di dar vita ad un governo di unità nazionale, per guidare la transizione, con la partecipazione tanto di esponenti del regime che della rivolta.
Ma i ribelli armati, fra i quali i disertori del Libero esercito siriano e alcuni gruppi "indipendenti", hanno subito fatto appello al boicottaggio del vertice, cui invece hanno preso parte rappresentanti del Consiglio nazionale siriano, che raggruppa i dissidenti all' estero. Ma per i cristiani di questo Paese, circa 2 milioni di persone, intorno al 10 per cento della popolazione, l' opposizione è soltanto una pedina della "grande trama" imbastita alle spalle della Siria.
Determinati a difendere la loro identità di "siriani di religione cristiana", prima ancora che di "cristiani di nazionalità siriana", quelli che incontriamo a Maalula, altra meta di pellegrinaggi, dove riposano i resti di Santa Tecla, ad una quarantina di chilometri da Damasco, vedono proprio nelle manovre della comunità internazionale la causa della rivolta che sta scardinando il regime. I guai della Siria, dice in sostanza Gabriel, un comandante della marina commerciale che lavora sulle rotte mediterranee delle compagnie greche, «derivano dalle interferenze americane, per far saltare un equilibrio che non soddisfa i loro interessi, né quelli israeliani, né quelli dell' Arabia Saudita. E l' Europa, vergogna, li segue ciecamente».

In questo contesto, le prospettive di un cambiamento di regime fanno paura. «Non posso dire - afferma nel suo elegante studio di Damasco l' architetto Maria Sadeeh, recentemente eletta come indipendente in Parlamento - che Assad sia il protettore dei cristiani ma dico che noi viviamo in un regime laico che protegge i cristiani. L' Occidente deve stare molto attento a combattere i regimi laici del Medio Oriente perché non si sa quello che potrebbe arrivare dopo. Qui in Siria c' è un tessuto multi religioso che fa parte della storia del Paese. Un regime diverso finirebbe per annullare questo elemento imprescindibile dell' identità siriana. Un sistema salafita lo rifiuteremmo».

ALBERTO STABILE



Busso e ti bombardo

Origine e paradossi delle «guerre umanitarie»


Le guerre del XX e XXI secolo offrono una prevalenza di guerre civili, in cui le popolazioni non sono più solo elementi passivi dei conflitti. Con il tempo, queste guerre hanno innescato l’inedito fenomeno delle guerre umanitarie, la cui origine risale alla vecchia pratica del ricorso al male minore. Oggi lo spazio occupato dagli interventi umanitari e dalla militarizzazione dei diritti umani ha dato vita alla nozione di violenza legalizzata. «Bussare prima di bombardare» è la formula adottata nella guerra di Gaza, conflitto in cui la natura elastica del diritto umanitario («un atto proibito diventa lecito se compiuto da un numero consistente di paesi»), è stato messo alla prova. Questi e altri sono alcuni dei concetti che emergono dal libro di Carlo Jean, con Germano Dottori, Guerre umanitarie. La militarizzazione dei diritti umani (Milano, Dalai editore, 2012, pagine 304, euro 17,50) in cui, a integrazione di quelle studiate da Eyal Weizman, le guerre prese in esame sono descritte come una fisiologia. Nate come guerre civili, si trasformano in guerre umanitarie quando le parti più deboli riescono ad assicurarsi il sostegno dell’opinione pubblica internazionale e di conseguenza l’intervento di Stati soccorritori. Così i musulmani di Bosnia e gli albanesi del Kosovo hanno trovato salvezza dall’oppressione serba. Non senza far ricorso tuttavia a trappole, provocazioni, inganni e pretesti congegnati in modo tale da fare apparire vittime innocenti i loro ideatori e criminali coloro che nelle provocazioni sono cascati determinando reazioni sproporzionate.

Paradossi e ossimori: è nell’ambito dei conflitti umanitari, dove nessun belligerante ammette di combattere una guerra non giusta, che hanno trovato spazio fenomeni come quello degli scudi umani. Bimbi messi a protezione di autobus lanciati in operazioni belliche. Il fatto nuovo è che oggi per prendere parte a una guerra umanitaria si va accompagnati dall’avvocato (che sorveglia la legalità delle azioni in cui ci si impegna), dal responsabile delle risorse umane (vigila che le regole di ingaggio siano rispettate) e dall’addetto alle pubbliche relazioni (sceglie il tipo di intervento in base all’opinione pubblica). Secondo Joseph S Nye, docente a Harvard, il tempo degli interventi umanitari è scaduto («La Stampa» 12 giugno): il detto «le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni» appare sempre più vero.
Oddone Camerana
6 luglio 2012

giovedì 5 luglio 2012


Convivialità e solidarietà: la Siria che rifiuta la guerra

Da: Agenzia Fides

Foto tratta da Ilsole-24ore
Damasco (Agenzia Fides) – Una larga parte della società siriana rifiuta la guerra civile che sta devastando e paralizzando il paese. Uomini e donne di buona volontà, di ogni etnia e religione, rifiutano il settarismo e la logica perversa di un conflitto che ha costretto oltre due milioni di siriani ad abbandonare le loro città e villaggi e a cercare rifugio in zone più tranquille.

Fonti locali di Fides rimarcano, in questa fase di violenza, lo straordinario spirito di aiuto reciproco tra le differenti comunità che compongono il mosaico della società siriana. Famiglie cristiane, sfrattate dalle loro case a causa della violenza, sono accolte da famiglie musulmane; famiglie musulmane sunnite sono rifugiate in casa di alawiti; famiglie alawite e musulmane sono ospitate da cristiani. Valori come solidarietà e ospitalità prendono il sopravvento su violenza e odio. All'interno della società siriana sono nate iniziative spontanee di solidarietà verso le vittime del conflitto. Nella provincia di Damasco abitazioni private appartenenti a famiglie benestanti sono state immediatamente rese disponibili per gli sfollati. Moschee, chiese, sale di comunità, hanno aperto le loro porte. Comitati popolari composti da volontari stanno lavorando duramente al servizio degli sfollati. Le barriere, anche quelle fra “governo e opposizione”, spesso enfatizzate dai mass media stranieri, sono saltate. In alcune aree i comitati popolari della Mezzaluna Rossa siriana, fedeli allo stato, lavorano con i volontari dei comitati di coordinamento della rivoluzione, senza alcuna distinzione di religione, comunità o appartenenza politica. Gli aiuti raccolti da associazioni musulmane sono distribuiti ai cristiani e gli aiuti raccolti da associazioni cristiane sono distribuiti ai musulmani. Il dolore e la sofferenza unisce la Siria e la riporta alla sua struttura sociale originaria: quella basata su un patto sociale che trascende la configurazione politica.

Vi sono, naturalmente, alcune eccezioni: ad esempio nella città di Nebek, dove imperversano bande armate fuori controllo, gli sfollati di Homs sono stati dichiarati “sgraditi” ed allontanati. Come notano fonti di Fides, alcune fazioni armate e organizzazioni criminali stanno approfittando per trarre vantaggio dal caos: beni e proprietà private vengono così saccheggiate. Tutte le comunità, cristiani, musulmani, drusi, alawiti, lamentano violenza, distruzione, insicurezza e instabilità, e chiedono uno sforzo comune per la pace. (PA) (Agenzia Fides 5/7/2012)

giovedì 28 giugno 2012

La via di Damasco non è una strada qualunque

Accorato appello del Papa per la riconciliazione in Siria, ormai da molti mesi entrata nel gorgo di una lotta intestina probabilmente alimentata da precisi interessi stranieri. Il Papa si recherà anche in Libano dopo l'estate per consegnare ufficialmente gli esiti del Sinodo dei Vescovi dedicato al Medio Oriente.
Medio Oriente e Mediterraneo sono il test più drammatico della fatica che il mondo contemporaneo fa nel ricercare forme e modi di convivenza pacifica.
L'apparente calma garantita dalle dittature del mediterraneo è stata travolta dalle rivolte della cosiddetta primavera araba che hanno destato l'entusiasmo un po' ingenuo di tanti intellettuali occidentali e anche solleticato gli interessi economici di tante potenze europee.

Il dramma della Libia, tutt'altro che pacificata dopo un conflitto di cui non si capisce ancora a chi abbia giovato se non a quei paesi che hanno rapidamente sostituito l'Italia nei rapporti economici soprattutto petroliferi; la situazione in bilico dell'Egitto; il terrorismo salafita in Tunisia che pure sembra essersi incamminata positivamente verso forme democratiche; tutto questo testimonia della complessità di una situazione che non può essere compresa né aiutata applicando rigidamente schemi buoni per le democrazie occidentali.

L'Europa che ha sdegnosamente messo ai margini della politica il riferimento alla propria identità storica (le famose radici cristiane per cui tanto si spese Giovanni Paolo II) si trova incapace di un vero dialogo con paesi in cui la religione gioca un ruolo fondamentale nel progettare il proprio futuro.

Analoga incapacità troviamo nei confronti della Siria dove la dittatura di una minoranza (quella che esprime la famiglia degli Assad, peraltro insediati in quel ruolo dalla Francia che ebbe il protettorato su quel territorio dopo la seconda guerra mondiale) aveva consentito la presenza di una forte comunità cristiana (circa il dieci per cento della popolazione, forte rispetto ad altri paesi arabi).

La parola di Benedetto suona così anche come la proposta politica più forte perché invita a ricercare le condizioni di una riconciliazione nazionale unico modo per impedire la dissoluzione dello Stato. Tutelare e difendere i cristiani della Siria dovrebbe essere un compito assai più presente alle cancellerie europee di quanto non succeda normalmente. La via di Damasco non è una strada qualunque ma - luogo della conversione di san Paolo, l'apostolo delle genti- sta proprio all'origine della civiltà europea e della cultura occidentale. Perderne la memoria sarebbe in qualche modo perdere il senso stesso della nostra civiltà.
http://www.dipopolo.it/sulla_via_di_damasco.html

mercoledì 27 giugno 2012

“Pace in Siria”: cresce il movimento popolare di riconciliazione “Mussalaha”

Nuovi incontri e nuove iniziative per il movimento popolare interreligioso “Mussalaha” (“Riconciliazione”), che propone una “riconciliazione dal basso” a partire dalle famiglie, dai clan, dalle diverse comunità della società civile siriana, stanca del conflitto
Mentre il paese è dilaniato dal conflitto, iniziative e incontri di pace si stanno moltiplicando, nascendo in modo del tutto spontaneo e indipendente: nei giorni scorsi un nuovo incontro che ha visto coinvolti leader civili, leader religiosi moderati, cristiani e musulmani, leader tribali, cittadini sunniti e alawiti del mosaico che compone la società siriana, si è tenuto a Deir Ezzor, nella provincia di Djazirah (Siria orientale), nei pressi dell’Eufrate. Il movimento, notano fonti di Fides, intende dire “No” alla guerra civile e rimarca che “non si può continuare con un bilancio che si attesta fra 40 e 100 vittime al giorno. La nazione viene dissanguata, perde i giovani e le sue forze migliori”. Per questo urge una iniziativa nuova che viene dal “genio popolare”, da persone “che desiderano una vita dignitosa, che rifiutano la violenza settaria e il conflitto confessionale, come le contrapposizioni ideologiche e politiche precostituite”. In molte città siriane, dove da un lato vi sono scontri e vittime – riferiscono fonti di Fides – “crescono gesti di amicizia e di riconciliazione, offerti da leader civili moderati verso rappresentanti di comunità considerate ostili (accade fra alawiti e sunniti), nello spirito di garantire sicurezza e pace grazie alla società civile”. Il movimento spera di trovare un riferimento istituzionale nel Ministro per la Riconciliazione, il socialista Ali Haider, nominato nel nuovo esecutivo siriano e proveniente dal partito di opposizione “People's Will Party”.
Ma intanto sta trovando sostegno anche all’estero: l’irlandese Mairead Maguire, Premio Nobel per la pace nel 1976 con Betty Williams e leader del movimento “The Peace People”, in un comunicato inviato a Fides dice “No alla guerra in Siria”, e afferma: “Dobbiamo metterci nei panni del popolo siriano e trovare vie pacifiche per fermare questa folle corsa verso una guerra che le madri, i padri e figli della Siria non vogliono e non meritano”. Il testo aggiunge: “Urge sostenere quanti lavorano per la pace in Siria e che cercano un modo di aiutare i 22 milioni di siriani a risolvere il loro conflitto, senza promuovere il caos o la violenza”. La Premio Nobel invita le Nazioni Unite ad “essere un forum dove tali voci siriane siano ascoltate”, le voci di “persone che hanno lavorato duro per la Siria, per l'idea della Siria come paese laico, pacifico e moderno”. (Agenzia Fides 27/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39402&lan=ita

Situazione disperata per le famiglie cristiane a Homs, dove ormai è guerriglia urbana

Si fa terribile la situazione dei civili nel centro storico di Homs. I circa 400 civili cristiani, intrappolati nel quartieri di Hamidiyeh e Bustan Diwan insieme con altri 400 civili musulmani sunniti, lanciano un grido disperato tramite i sacerdoti siriani, delle diverse Chiese cristiane presenti a Homs, che i civili riescono a contattare.
Come confermato a Fides dai sacerdoti siriani di Homs p. Abdallah Amaz, p. Michel Naaman e p. Maxime El Jamale, si tratta di famiglie siro-cattoliche, greco-cattoliche e greco-ortodosse, che vivono nascoste e sperano di poter uscire vive da una situazione che si fa sempre più dura e pericolosa. Nei giorni scorsi la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa, dopo lunghi negoziati fra le parti in lotta, erano riuscite a ottenere un cessate-il-fuoco, con la speranza di poter entrare nell’area ed evacuare i civili dai quartieri di Khalidiyah, Hamidiyeh e Bustan Diwan. Ma la tregua non è stata rispettata ed è stato impossibile portare avanti le operazioni umanitarie.
“I civili non possono uscire dai loro nascondigli e sono terrorizzati. C’è un solo panificio funzionante e solo alcuni, sfidando la sorte, escono una volta al giorno per procurare cibo. Alcuni dei civili si trovano in luoghi vicini a dove sono arroccati i miliziani armati” spiegano le fonti di Fides a Homs. I gruppi armati dell’opposizione hanno scelto di arroccarsi nei quartieri cristiani perché sono formati da un dedalo di viuzze, dove non possono entrare mezzi militari pesanti. Intanto la truppe dell’esercito siriano, da circa tre giorni, sembrano aver cambiato strategia: invece di bombardamenti indiscriminati, penetrano nella “zona calda” con piccole unità militari, tramite un varco nelle vicinanze del quartiere di Khalidiyah, area dove risiedono altre 1.000 famiglie di civili musulmani sunniti. I soldati cercano di stanare i gruppi ribelli in quella che si prospetta, d’ora in poi, come una vera e propria guerriglia urbana. Un civile di Khalidiyah è stato ferito ieri dal fuoco incrociato. Molti altri, avvertono le fonti di Fides, potrebbero restarne vittime. (PA) (Agenzia Fides 27/6/2012

lunedì 25 giugno 2012

Siria accanto a chi soffre

Pubblicato in data 25/giu/2012 da



Una popolazione immobilizzata, che vive nella paura per gli attacchi che si moltiplicano nel paese, quella della Siria, dove la comunità cristiana soffre accanto ai musulmani -per una situazione sempre più complessa. Anche oggi a Homs ed in altre città sono in corso bombardamenti delle forze governative. Solo ieri i morti sono stati 80, mentre da Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, giunge la notizia che la chiesa greco-cattolica di Sant'Elia è stata occupata da un gruppo di miliziani dell'opposizione siriana. Abbiamo raggiunto telefonicamente mons Mario Zenari, veronese, da oltre 3 anni nunzio a Damasco, in Siria.

Intervista a:

Mons. MARIO ZENARI
Nunzio Apostolico a Damasco - Siria

Intervista di Sara Fornari

Turchia e Siria sull'orlo del conflitto. Ankara chiede consultazioni Nato. Ruolo dell'Onu?

Da : Il Sole 24ORE
La Nato, su richiesta di Ankara, ha convocato per martedi un incontro a Bruxelles per discutere dell'abbattimento di un caccia turco da parte della contraerea siriana e delle possibili reazioni del Patto Atlantico. La richiesta turca e' stata inoltrata invocando l'articolo 4 del Patto Atlantico, secondo cui un attacco contro un paese membro dell'alleanza e' un attacco contro tutti. Polveriera mediorentale a rischio di esplodere, dunque?
di Mario Platero - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/mTJor

Quando si dice che la Siria non è la Libia - proprio questa mattina il ministro degli esteri Giulio Terzi ha escluso «che ci siano le condizioni per un'azione di tipo libico» a una domanda su cosa la Turchia chiederà domani al consiglio atlantico Nato - la differenza si coglie proprio in questo "incidente" che ha portato all'abbattimento del caccia turco da parte della contraerea siriana.
La Guerra Fredda tra Est e Ovest può diventare calda per la crisi siriana come abbiamo avuto modo di scrivere più volte in questi mesi: la Siria è una "linea rossa" per l'Iran, storico alleato di Damasco, ma anche della Russia di Putin che non soltanto mantiene il controllo del porto di Tartous, l'ultimo mel Mediterraneo, ma anche un sistema radar sofisticato. Una sorta di risposta allo scudo anti-missile piazzato dalla Nato nella base turca di Malatya, la stessa dove venerdì scorso è decollato il Phantom F 4 turco. Questo sistema dell'Alleanza tiene di mira sia l'Iran che le basi russe nel Mar Nero.
 La Turchia queste cose le sa benissimo: in un eventuale conflitto con la Siria sarà in prima linea e naturalmente vuole evitare di andare in guerra da sola e senza un adeguato sostegno militare della Nato e politico delle Nazioni Unite dove ha già inviato una lettera al Consiglio di Sicurezza in attesa della riunione dell'Alleanza atlantica di domani.
di Alberto Negri - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/nyZrj

Molti dettagli circa l'abbattimento del caccia turco F-4 nello spazio aereo siriano non sono ancora stati chiariti. Incerta la sorte dei due uomini d'equipaggio, probabilmente paracadutatisi in mare, e silenzio totale sulla natura della missione effettuata da almeno due cacciabombardieri turchi poiché i velivoli militari si muovono sempre in coppia. Certo l'equipaggio del secondo Phantom potrebbe rivelare molte informazioni utili e di certo ben diverse dalle improbabili dichiarazioni rilasciate dal presidente turco, Abdullah Gul, secondo il quale il jet potrebbe aver violato lo spazio aereo siriano a causa dell'alta velocità.
"E' routine per i caccia alcune volte passare avanti e indietro i confini nazionali" ha affermato Gul, citato dall'agenzia d'informazione Anadolu. "Non si tratta di azioni malintenzionate ma sono incontrollabili a causa dell'alta velocità dei jet". In realtà da quanto si è appreso i jet volavano ad elevata velocità e a quota molto bassa, quella necessaria a spingersi in territorio "nemico" cercando di non farsi individuare dai radar. Foprse una missione per "testare" le difese aeree siriane anche se ambienti vicini all'aeronautica militare turca hanno rivelato che il jet abbattuto era un RF-4E, versione da ricognizione del Phantom decollato dalla base di Ehrac. Non si può quindi escludere che la sua missione fosse proprio quella di scoprire la dislocazione delle truppe siriane nel nord del Paese per girare le informazioni agli insorti siriani che in Turchia non hanno solo le basi ma anche i centri di arrivo delle armi fornite da Stati Uniti (tramite gli uomini della CIA segnalati recentemente dal New York Times) e Paesi arabi. Armi per i ribelli arriverebbero anche da Israele, probabilmente attraverso il confine libanese, poiché fonti siriane hanno riferito all'Ansa che i miliziani a Homs hanno ricevuto missili israeliani di ultima generazione utili ''contro i carri armati T-72'' in dotazione all'esercito siriano.
di Gianandrea Gaiani - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/WMs08

sabato 23 giugno 2012

Kofi Annan: "Bisogna agire in fretta per riportare la pace in Siria." Ma nel frattempo ...

“E' necessario il sostegno di tutta la comunità internazionale per risolvere la situazione in Siria” ed è necessario agire in fretta. E’ l’appello lanciato da Kofi Annan, inviato dell'Onu e della Lega Araba in Siria, parlando in conferenza stampa a Ginevra. La situazione del Paese si sta sempre più deteriorando: oggi ore di scontri a Qudsaya, sobborgo vicino Damasco hanno provocato diverse vittime. Secondo le Nazioni Unite oltre un milione e mezzo di siriani hanno bisogno di aiuti umanitari. "
Alzare il livello di pressione" per convincere le parti a fermare le uccisioni e a iniziare il dialogo". E’ quanto ha chiesto alla comunità internazionale e soprattutto ai Paesi con più influenza, incluso l’Iran, l’inviato dell’ONU in Siria, Kofi Annan. ''Bisogna agire ora, ha insistito, quello in Siria non può essere un processo senza fine' perché più tempo passa più il futuro del Paese “sarà nero''. Annan ha anche riferito di essersi recato in questi giorni in diverse capitali del mondo per parlare dei prossimi passi per l'attuazione del piano di pace'' e organizzare una conferenza internazionale in Svizzera alla fine del mese. Un richiamo a fare di più per trovare una soluzione è venuto anche dal ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov in un colloquio con il suo omologo siriano.
http://www.radiovaticana.org/it1/articolo.asp?c=598899

Siria, la CIA arma e seleziona i ribelli
da "La Perfetta Letizia" 23- 06-12

Gli Stati Uniti armano i ribelli in Siria. Non è un novità, ma quando lo scrive il New York Times fa sempre un certo effetto
Secondo il più importante quotidiano Usa, un gruppo di agenti della Cia, l’intelligence degli Stati Uniti, si trova nella Turchia meridionale, sul confine con la Siria, e partecipa alla consegna di armi ad alcuni gruppi di opposizione al regime di Bashar al-Assad. Il New York Times cita funzionari statunitensi e fonti di servizi di intelligence arabi. In particolare, secondo le fonti, gli uomini inviati dagli Stati Uniti partecipano alla scelta dei gruppi a cui consegnare le armi e operano per evitare che finiscano in mano a combattenti vicini ad al-Qaeda o ad altri gruppi terroristici.Gli Stati Uniti non forniscono direttamente le armi, il cui acquisto è invece finanziato da Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Si tratta in gran parte di fucili automatici, lanciarazzi, munizioni e un certo numero di armi anticarro, fatte entrare in Siria attraverso il confine turco e consegnate ai combattenti da intermediari, come i Fratelli Musulmani locali. L’obiettivo degli Stati Uniti non e’ solo quello di armare un gruppo selezionato di combattenti, ma anche di raccogliere informazioni sulla galassia piuttosto ambigua e mutevole dell’opposizione siriana.
http://www.laperfettaletizia.com/2012/06/siria-la-cia-arma-e-seleziona-i-ribelli.html

giovedì 21 giugno 2012

Benedetto XVI: appello per la pace in Siria

Riproponiamo l'appello di Benedetto XVI in video:

Pubblicato in data 21/giu/2012 da



Un appello per la pace in Siria è stato rivolto da Benedetto XVI nel discorso di stamattina (21 giugno 2012) ai partecipanti all'assemblea della Roaco, l'opera di aiuto per le Chiese orientali che fa parte della Congregazione per le Chiese Orientali. Benedetto XVI ha ricordato che il diritto alla libertà religiosa personale e comunitaria va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio. Per quanto riguarda la Siria il papa si è rivolto alle autorità del paese ed alle istituzioni internazionali affinchè cessi ogni violenza.

Pressante e accorato appello del Papa per la Siria

La riconciliazione fermi una violenza che rischia di coinvolgere l'intera regione
Da Radio Vaticana 21-06-12
Benedetto XVI chiede che “non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza” e che “sia garantita la necessaria assistenza umanitaria”. L’accorato appello del Papa è contenuto nel discorso multilingue rivolto ai circa 80 partecipanti all’85.ma Assemblea della Roaco, Riunione delle Opere in aiuto alle Chiese Orientali, ricevuti stamani in udienza nella Sala Clementina, in Vaticano. La Roaco, lo ricordiamo, si è riunita in assemblea a Roma da lunedì scorso fino a ieri. 
Lo sguardo di Benedetto XVI abbraccia la Siria e le sue ferite. Nel discorso alla Roaco, guidata dal suo presidente, il cardinale Leonardo Sandri, anche prefetto della Congregazione per le Chiesa orientali, il Papa chiede aiuto per questo Paese martoriato:

“Que ne soit épargné aucun effort, également de la part de la communauté...
Non venga risparmiato alcuno sforzo, anche da parte della comunità internazionale, per far uscire la Siria dall’attuale situazione di violenza e di crisi, che dura già da molto tempo e rischia di diventare un conflitto generalizzato che avrebbe conseguenze fortemente negative per il Paese e per l’intera Regione”.

“J’élève aussi un pressant et douloureux appel pour que, face au besoin extrême…
Elevo anche un pressante e accorato appello perché, davanti al bisogno estremo della popolazione, sia garantita la necessaria assistenza umanitaria, anche a tante persone che hanno dovuto lasciare le loro case, alcune rifugiandosi nei Paesi vicini”.

Il valore della vita umana è un bene prezioso da tutelare sempre, ricorda infatti Benedetto XVI che esprime anche la sua vicinanza “alle grandi sofferenze dei fratelli e delle sorelle di Siria, in particolare dei piccoli innocenti e dei più indifesi”.

“Que notre prière, notre engagement et notre fraternité concrète dans le Christ, …
La nostra preghiera, il nostro impegno e la nostra fraternità concreta in Cristo, come olio di consolazione, li aiuti a non smarrire la luce della speranza in questi momenti di buio e ottenga da Dio la sapienza del cuore per chi ha responsabilità, affinché cessi ogni spargimento di sangue e la violenza, che porta solo dolore e morte, lasci spazio alla riconciliazione, alla concordia e alla pace”.

Il Papa rivolge quindi con forza l’esortazione a perseverare nel movimento di carità che la Congregazione segue affinché la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano “il necessario sostegno spirituale e materiale”. L’attuale congiuntura economico-sociale colpisce, in modo ancora più preoccupante, le aree del mondo più svantaggiate, nota il Pontefice. E questo processo coinvolge in modo particolare l’Oriente, “madrepatria di antiche tradizioni cristiane”, generando “insicurezza e instabilità anche a livello ecclesiale e in campo ecumenico e interreligioso”. “Si tratta di fattori – sottolinea ancora Benedetto XVI – che alimentano le endemiche ferite della storia e contribuiscono a rendere più fragili il dialogo, la pace e la convivenza fra i popoli, come pure il rispetto dei diritti umani, specialmente quello alla libertà religiosa personale e comunitaria”.

Tale diritto va garantito nella sua professione pubblica e non solo in termini cultuali, ma anche pastorali, educativi, assistenziali e sociali, tutti aspetti indispensabili al suo effettivo esercizio”.

Quindi, il Papa ribadisce il richiamo a essere “segni eloquenti della carità che sgorga dal cuore di Cristo” e “presenta al mondo la Chiesa nella sua più vera identità e missione, ponendola al servizio di Dio, che è Amore”. Benedetto XVI ricorda poi che l’Anno della Fede “offrirà fecondi orientamenti alle Opere di Aiuto alle Chiese Orientali” e chiede l’intercessione di Maria per le Chiese Orientali in madrepatria e nella diaspora:

“Sia Lei a vegliare anche sul prossimo Viaggio che – a Dio piacendo – compirò in Libano per porre il sigillo sull’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi”.

E il Papa conclude, infatti, con un abbraccio “di padre e di fratello” alla Chiesa e alla nazione libanese.

http://press.catholica.va/news_services/bulletin/news/29387.php?index=29387&lang=it#TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598374



AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE: URGENZA SIRIA 
Appello per la sopravvivenza di 500 famiglie cristiane rifugiate a Marmarita

I siriani sono in stato di shock. Hanno paura. Essi temono un "secondo Iraq". Secondo le stime dell'ONU, le rivolte arabe da marzo 2011 ad oggi, eufemisticamente descritte come primavera araba, sono costate oltre 8.000 vite. In Homs, le Brigate Faruq, parte del cosiddetto "esercito siriano libero" hanno massacrato da 350 a 400 persone inermi, secondo informazioni. Fonti ortodosse hanno riferito che queste brigate cacciavano specificamente i cristiani dalle loro case, poi vi si insediavano.  Ad oggi, ci sono 230 mila siriani che sono fuggiti dai combattimenti in Homs. Secondo il vescovo Nicolas Sawwaf, il vescovo greco-cattolico, 500 famiglie di profughi hanno cercato rifugio in Marmarita, vicino al confine libanese. Il vescovo ha fatto il possibile per fornire cibo e alloggi temporanei a loro disposizione.  I cristiani siriani vedono il futuro con ansia. Anche se rifiutano la brutalità di Assad, temono che il potere passi nelle mani degli estremisti islamici.  "I vescovi cattolici mettono in guardia contro una presa di potere da parte degli islamisti. Essi temono un'ondata ancora più grande di assalti e intimidazioni contro i cristiani, come quello che è successo in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein", possiamo leggere una lettera della Pontificia Missione a Beirut.
Su circa 300.000 cattolici caldei che vivono in Siria, 200.000 provengono dall'Iraq! Ora, il vescovo Sawwaf si fa carico non solo dei rifugiati, ma anche di 500 famiglie siriane che hanno bisogno di temporaneo alloggio, vitto e assistenza medica. Mentre i rifugiati musulmani sono supportati da stati arabi come l'Arabia Saudita e Qatar, la Chiesa rappresenta l'unica speranza dei rifugiati cristiani. In totale, circa 1.000 famiglie che aspettano un aiuto esterno.
Aiuto alla Chiesa che Soffre ha promesso  80 000. Tale somma può provvedere a 500 famiglie per sei mesi.
La Missione Pontificia stessa coordinerà gli aiuti alimentari.
Per sopravvivere, ciascuna delle 500 famiglie  ha bisogno di quasi $ 30 al mese per il cibo.
$ 30 X 500 (famiglie) X 6 (mesi) = $ 90.000 o circa € 80 000.
Hanno urgente bisogno del nostro aiuto!per versare il tuo contributo online :




Tregua a Homs, ma i civili non possono ancora lasciare la città
 Agenzia Fides 21/6/2012
Homs (Agenzia Fides) – E’ tregua fra esercito siriano e ribelli: dopo lunghi e difficili negoziati, è stato raggiunto un accordo di cessate-il-fuoco per consentire l’uscita dei civili intrappolati a Homs. Tuttavia, riferiscono fonti di Fides a Homs, l’evacuazione non è ancora iniziata perché i ribelli non hanno ancora dato il “via libera”, mentre testimoni locali riferiscono di colpi di mortaio sulla città anche questa mattina. Secondo l’accordo, la tregua dovrebbe durare per l’intera giornata di oggi e poi, nei prossimi giorni, per due ore al giorno, al mattino. Nel negoziato fra le parti sono coinvolte la Croce Rossa Internazionale, la Mezzaluna Rossa e alcuni sacerdoti cristiani vicini alle famiglie dei civili intrappolati, esponenti del movimento interreligioso per la riconciliazione “Mussalaha”. Come riferiscono fonti di Fides a Homs, i civili sono circa 800 (400 cristiani e 400 musulmani sunniti). nei quartieri di Hamidiyeh e Bustan Al Diwan, A costoro di aggiungono altre mille famiglie, tutte musulmane, che si trovano nell’area di Khalidiyeh, ma anche di Warcheh e Salibi.
I civili sono assistiti da alcuni sacerdoti cristiani cattolici e ortodossi, che intendono facilitare le operazioni di salvataggio. “La tregua ci dà una speranza, ci appelliamo ora a tutti perché possa iniziare la sospirata uscita dei civili, fra i quali donne, bambini sotto i dieci anni, anziani bisognosi di cure” dice a Fides il sacerdote greco cattolico p. Abdallah Amaz, che si trova ad Homs.
Da altri quartieri della città, intanto, molte famiglie stanno fuggendo, trasferendosi soprattutto a Jaramana, area residenziale alle porte di Homs, a maggioranza cristiana e drusa. La Chiesa siriana ha lanciato un appello per l’assistenza di almeno 500 famiglie di profughi cristiani fuggiti da Homs nei mesi scorsi, che hanno trovato rifugio a Marmarita, vicino al confine libanese, per i quali si sta facendo ogni sforzo per fornire cibo, alloggio temporaneo e assistenza medica. 



"LA GUERRA CIVILE NON E' L'UNICA SCELTA"




"Guardiamo all'Iraq, guardiamo alla Tunisia, guardiamo alla Libia, guardiamo in Egitto e non vogliamo diventare una tale situazione di anarchia o di estremismo", ha detto. Nel frattempo, egli sta esortando i cattolici di tutto il mondo a continuare a sostenere la Chiesa in Siria attraverso la preghiera, promuovendo l'informazione e un aiuto finanziario, se possibile.
http://www.catholicnewsagency.com/news/syrian-bishop-says-civil-war-not-the-only-option/

martedì 19 giugno 2012

Le chiese ferite di Homs

da VOX CLAMANTIS in D.D.
17 giugno 2012
HOMS: The red square inside Homs defines the antic cristian area in the old city from where 80000 cristians were expelled and where their precious religiouse heritage was desecrated

HOLY SPIRIT CATHEDRAL

SYRIAC CATHOLIC BISHOPRIC

HOLY SPIRIT CATHEDRAL HAMIDYEH

HAMIDIYEH

HOLY SPIRIT CATHEDRAL


OUR LADY OF THE BELT’S SHRINE (1st century)

Some of those factions have lately occupied the churches for a while, installing in them their headquarters. For example the Armenian Cathedral (no photos were possible because the armed opposition elements are still there).




L’esercito: “Sì all’uscita dei civili da Homs”, ma diventano scudi umani

Homs (Agenzia Fides) – Gli 800 civili intrappolati a Homs sono stretti fra il fuoco incrociato, impossibilitati a uscire, strumentalizzati nel conflitto, ora utilizzati come scudi umani: è l’allarme che giunge all’Agenzia Fides da esponenti della Chiesa locale impegnati a cercare una soluzione per la salvezza delle loro vite. Una fazione dell’esercito ribelle asserragliato in città non vuole farli evacuare per impedire all’esercito siriano di assumere posizioni favorevoli con i mezzi militari. Come ha riferito a Fides il sacerdote cristiano ortodosso p. Boutros Al Zein, “fra loro vi sono circa 400 civili cristiani, per la maggior parte anziani e donne, vittime di un autentico sequestro, bloccati nelle strade di Al Bustan Diwan e Hamidiyyeh. I civili – spiega – sono stati raccolti e diretti verso il confine di queste due strade, divenendo scudi umani per evitare l'assalto delle forze siriane regolari”.
Nei giorni scorsi due sacerdoti cristiani ortodossi, p. Maximos Al Jamal e p. Boutros Al Jamal, hanno cercato di negoziare per liberare gli ostaggi, ma l'iniziativa è fallita. Ora l’esercito siriano ha detto ufficialmente di “concedere l’evacuazione dei civili, senza precondizioni” e di aver predisposto un corridoio di uscita. Il Ministero degli esteri siriano ha dichiarato di “aver ordinato al governatore di Homs di provvedere all’uscita di tutti i cittadini dalle aree di conflitto”. Gli esponenti della Chiesa locale chiedono a tutti i gruppi armati di “non utilizzare i civili innocenti, facilitare la loro evacuazione, rispettare la loro vita e la loro libertà”. Agenzia Fides 19/6/2012
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39344&lan=ita

sabato 16 giugno 2012

A che punto è la notte? L’editoriale di padre Lombardi

Radio Vaticana 16/06/2012 
 Non abbandonare la Siria travolta da violenze che non sembrano avere fine. E’ l’appello pressante che viene dalla popolazione e, in particolare, dai cristiani in Siria, mentre gli osservatori Onu sospendono la loro attività nel Paese. Un grido di dolore a cui si richiama padre Federico Lombardi nel suo editoriale per “Octava Dies”, il settimanale d’informazione del centro Televisivo Vaticano:

Da diverse località della Siria continuano ad arrivare ogni giorno notizie di una strage di persone innocenti di ogni età e credo religioso, con un crescendo sempre maggiore da ormai almeno 15 mesi. Ormai sono sempre più quelli che affermano che si debba parlare di una vera situazione di guerra civile. Un Paese caratterizzato dalla convivenza fra componenti diverse del mondo musulmano, e dove anche i rapporti ecumenici fra i cristiani di diverse confessioni e riti e i rapporti interreligiosi fra cristiani e musulmani erano tradizionalmente sereni – indimenticabile il viaggio di Giovanni Paolo II nel 2001 – precipita ora nella violenza, nel caos, nel rischio di disintegrazione, senza che si veda una via d’uscita: una “lenta discesa agli inferi”, ha detto il nunzio apostolico, mons. Zenari.

Le attese di libertà e di maggior partecipazione nella vita politica presenti in tanti giovani siriani come in altri Paesi coinvolti dal vento di cambiamento della regione non sono state dovutamente ascoltate da parte dei governanti, mentre nel campo degli oppositori si sono inserite e hanno preso piede componenti violente.

Nonostante gli appelli ripetuti del Papa come di tanti leader religiosi e civili, la comunità internazionale appare finora incapace di agire efficacemente. Influisce certo il fatto che la Siria si trovi proprio in un’area particolarmente delicata per gli equilibri politici internazionali. Il piano di Kofi Annan non ha trovato spazio, e l’ipotesi di un intervento internazionale armato è immensamente preoccupante. Fino a quando dunque la dinamica della violenza continuerà a crescere e la gente a morire e a fuggire dalle sue case? Per i credenti è tempo di compassione, di preghiera, di soccorso ai sofferenti per quanto possibile, di invito e di sostegno alle iniziative di dialogo ad ogni livello, barlumi di speranza.

 Non dimentichiamo né abbandoniamo la Siria.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597036


Monseigneur Audo, évêque chaldéen d’Alep.
Interview au sujet de la situation de la Syrie. Metz le 13 juin 2012.

Quelle est la situation actuelle de la Syrie ?

Comme vous le savez par les médias, la Syrie est actuellement au centre d’une crise politique et culturelle, régionale et internationale. En parler est très complexe car il s’agit de regarder en détail ce qui se vit en Syrie et aussi tenir compte de la situation internationale.
Actuellement, les chrétiens sont une petite minorité ancrée dans le pays et très affectée. Nous sommes plutôt dans une situation d’inquiétude par rapport à l’avenir, car nous ne savons pas ce qui peut arriver d’ici un mois, un an… Nous continuons à vivre malgré la crise économique et malgré les poches de violence qui se répandent un peu partout en Syrie. Nous restons dans une grande inquiétude. Nous essayons, en tant que chrétiens, de prier pour la paix et de susciter des dialogues et de la conciliation, mais ce n’est pas avec beaucoup de facilité.
Le printemps arabe a-t-il été un élément déclencheur de ce qui se passe en Syrie ?
On a développé beaucoup de choses sur le printemps arabe. A vrai dire, nous sommes tous d’accord pour dire que nous avons besoin de démocratie, de la dignité de l’homme, du respect, de toutes les valeurs de la liberté. Tous les régimes mis en place il y a une cinquantaine d’années ont besoin de cette démocratie. Le simple peuple comme les intellectuels sont assoiffés de valeurs de la modernité. Mais la modernité et la démocratie ne viennent pas du jour au lendemain. Il faut une éducation, une formation politique, une pensée personnelle, une liberté pour choisir. Actuellement, nous n’avons pas une culture qui soit capable de porter tout cela. Le risque est de remplacer une dictature militaire par une autre dictature théocratique. C’est ce que l’on craint. En étant réaliste, voyez ce que l’Irak a donné : la moitié des chrétiens a quitté le pays et moi je les ai vu arriver, nombreux, en Syrie. Regardons aussi ce qui se passe en Tunisie. Le mot laïcité est rentré dans le vocabulaire pour dire séculier. En Egypte, il y a aussi des points d’interrogation on se demande ce que cela va donner.
Nous cherchons un avenir pour nos églises. L’idéal qui nous conduit est de travailler au service de l’homme pour qu'il y ait plus de justice, pour qu’il y ait un dialogue interreligieux sincère et franc suivant toutes les valeurs que le concile Vatican II nous a encouragé à développer : la liberté religieuse, le dialogue interreligieux, l’œcuménisme pour que toute cette approche du religieux soit capable de nourrir une théologie musulmane qui ne soit pas dans le sens de l’enfermement.
Si le régime de Bachar-al Assad en venait à la stabilité, est-ce qu’il pourrait maintenir la région ?
Tout dépend. La solution n’est plus dans les mains du régime syrien. Cela le dépasse. Il faut une entente internationale entre la Russie et les Etats-Unis et qu’il y ait des pressions sur l’Arabie Saoudite, l’Iran et la Turquie pour qu’il y ait une nouvelle distribution du pouvoir.
 Y a-t-il un risque d’ingérence occidental au travers des médias ?
Oui, je le crois. Au commencement, spontanément, en regardant les télévisions, je me suis dit qu’il y avait une orchestration médiatique. Les médias sont une force extraordinaire. Ils peuvent exagérer… C’est très complexe.
intervista completa su:
http://metz.catholique.fr/index.php?option=com_content&task=view&id=1233&Itemid=182

venerdì 15 giugno 2012

Chiesa occupata dai miliziani: i cristiani chiedono il rispetto dei luoghi sacri

Qusayr (Agenzia Fides) – La chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, è stata occupata da un gruppo di miliziani dell’opposizione siriana, che vi hanno stabilito la loro base.
Secondo quanto riferito a Fides da testimoni oculari, la mattina del 13 giugno, gli uomini, probabilmente islamici radicali, avevano fatto irruzione nella chiesa, forzando la porta, suonando le campane e compiendo un’azione dimostrativa di scherno che aveva sollevato preoccupazione nei leader cristiani locali (vedi Fides 13/6/2012). Ma il gruppo, invece di lasciare l’edificio, si è accampato all’interno dell’aula liturgica e vi soggiorna ora in modo permanente, espletandovi tutte le proprie attività. La Chiesa locale condanna l’episodio, definendo “inaccettabile tale comportamento irrispettoso verso un luogo sacro”, come hanno dichiarato a Fides esponenti della gerarchia della diocesi di Homs, che lanciano un appello perchè nel conflitto in corso “non si degeneri nella dissacrazione di templi e luoghi sacri, di tutte le comunità”.
Fonti di Fides confermano che – come asseriscono da settimane diversi osservatori – nella città di Qusayr, a Sud di Homs, vi sono gruppi di radicali islamici salafiti che “intendono combattere una guerra di religione”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39317&lan=ita

Appello dei civili in pericolo di vita a Homs: “Lasciateci andare!”
“Lasciateci andare, in nome di Dio!”: è il disperato appello lanciato dalle famiglie cristiane e musulmane sunnite intrappolate nel centro storico di Homs. Si tratta di circa 800 civili, fra i quali donne, anziani, giovani, bambini, disabili che oggi – riferisce una fonte di Fides impegnata nel tentativo di negoziato – “sono in reale pericolo di vita. Non hanno nulla, vivono nel panico, sono nel bel mezzo di bombardamenti e combattimenti”. Le famiglie bloccate in città, racconta la fonte di Fides, lanciano un appello “per ragioni umanitarie”, chiedendo l’aiuto delle Nazioni Unite, della Croce Rossa, della Mezzaluna Rossa, perché possa essere salvata la loro vita.
Le famiglie si trovano nelle aree di Warsheh, Salibi, Bustan Diwan, Ozon, Hamidiyeh, Wadi Sayeh, tutte nel cuore di Homs. Attualmente l’esercito siriano sarebbe disponibile a un cessate-il-fuoco per far uscire i civili, ma una delle fazioni dei ribelli asserragliati in città, capeggiata dal leader Abou Maan, si rifiuta di acconsentire. I miliziani, infatti, temono che, una volta usciti i civili, l’esercito siriano possa rafforzare la sua offensiva verso il centro città. La situazione è ancora in fase di stallo, ma la condizione delle famiglie peggiora di ora in ora. I circa 400 cristiani sono gli ultimi rimasti degli oltre 80mila che popolavano Homs prima dell’inizio del conflitto. (Agenzia Fides 15/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39319&lan=ita

SIRIA : L'ascesa di al-Qaeda nel Mediterraneo è più pericolosa del nucleare iraniano


Teheran (AsiaNews/ Agenzie) - "La presenza di al-Qaeda in Siria e Libano è più pericolosa delle bombe nucleari". E' la provocazione lanciata dal gen. Hassan Firouzabadi, capo di Stato maggiore dell'esercito iraniano, in vista dell'incontro fra Teheran e 5+1 (i membri rappresentanti del Consiglio di sicurezza Onu - Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, più la Germania) in programma nei prossimi giorni a Mosca. Secondo il militare, il movimento terrorista islamico avrebbe già sostituito il defunto Osama bin-Laden con un nuovo leader e spostato nel Mediterraneo le sue truppe finora attive in Afghanistan, Iraq e Pakistan. E questo con la complicità delle forze occidentali. Le dichiarazioni "faziose" di Firouzabadi hanno però un loro fondamento di verità.

Negata per mesi da Onu e Paesi occidentali, la presenza di uomini di al-Qaeda fra le fila dell'esercito libero siriano è stata denunciata nei giorni scorsi da William Hague, segretario di Stato britannico e in maggio dallo stesso Ban ki-moon, segretario generale dell'Onu. Notizie di miliziani stranieri che tentano di passare il confine fra Turchia e Siria, con il benestare della autorità di Ankara sono all'ordine del giorno. In un'intervista rilasciata ad AsiaNews lo scorso 24 maggio, mons. Nazzaro, vicario apostolico ad Aleppo denunciava la presenza di forze straniere che non vogliono la pace in Siria. Il Paese è ormai preda di guerriglieri provenienti da Tunisia, Libia, Turchia, Pakistan e altri Stati islamici. Armi e denaro passano attraverso i confini e alimentano questa spirale di violenza".

Chris Dobson, esperto di terrorismo e strategia militare, ritiene che al-Qaeda avrebbe sfruttato la crisi siriana e libica e il sostegno dei Paesi occidentali ai ribelli del Free Syrian Army (Fsa) per far entrare i suoi uomini nel Mediterraneo. "I terroristi - afferma - sono usciti dai loro nascondigli e risiedono ora nelle basi dei ribelli del Fsa". Secondo Dobson, la Siria e il Libano sono in una posizione ideale per lanciare attacchi contro i Paesi occidentali una volta terminata la guerra contro il regime siriano. Alla rete di terroristi farebbero gola gli arsenali militari di Bashar al-Assad, che contengono oltre ad armi pesanti di fabbricazione russa, anche missili a media gittata, in grado di abbattere arei di linea, e armi chimiche.

Lo scorso 13 giugno, il quotidiano britannico The Sun ha pubblicato una foto e un filmato che ritraggono guerriglieri armati che espongono la bandiera nera del movimento islamico. Le immagini mostrano un uomo che brandisce una mitragliatrice pesante e un lancia razzi, mentre inneggia alla guerra contro Assad. Il video è stato diffuso da un gruppo chiamato al-Nusra su un sito jihadista legato al-Qaeda. Nei giorni scorsi un altro sito estremista ha pubblicato l'ultimo messaggio di Abu Yahya al-Libi, N.2 della rete terrorista, ucciso da un drone statunitense lo scorso 5 giugno nell'area tribale pakistana al confine con l'Afghanistan. In un filmato di 15 minuti, il leader lancia un appello a tutta la Siria ad unirsi ad al-Qaeda nella battaglia per sconfiggere il regime. "I siriani - afferma - devono abbandonare l'illusione di una fine pacifica del conflitto. Essi devono combattere Assad e la cospirazione ordita dagli Stati Uniti contro la rivoluzione islamica".
http://www.asianews.it/notizie-it/L'ascesa-di-al-Qaeda-nel-Mediterraneo-più-pericolosa-del-nucleare-iraniano-25037.html

giovedì 14 giugno 2012

Waqqaf (Al Jazeera): bambini come scudi umani, vi spiego perché è falso

Una cosa sola è certa: la popolazione civile siriana sta soffrendo oltre ogni possibile immaginazione, e a subire le peggiori atrocità sono i più indifesi, cioè i bambini.
da Il Sussidiario - Intervista a Ammar Waqqaf di Pietro Vernizzi

Per il resto, nelle ultime settimane le notizie si rincorrono in una corsa folle nella quale è difficile distinguere la propaganda dalla verità. L’ultima è che i bambini siriani sarebbero stati usati dall’Esercito come scudi umani. Diversi piccoli con meno di dieci anni sarebbero stati piazzati all’esterno di carri armati e pullman militari, per scoraggiare i ribelli dall’attaccarli. Ad affermarlo è il rappresentante speciale dell’Onu, anche se riesce difficile immaginare su quali basi abbia verificato la notizia. Per Ammar Waqqaf, un opinionista siriano di BBC e Al Jazeera che anche in questi mesi difficili vive facendo la spola tra Londra e Damasco, “il rapporto dell’Onu è inattendibile, in quanto l’Esercito siriano è composto da professionisti che appartengono a tutte le religioni. Se Assad ordinasse una strage di civili in un villaggio sunnita, provocherebbe la diserzione in massa di tutti i soldati sunniti”.
Che cosa ne pensa del rapporto sui bambini usati come scudi umani dall’Esercito?
 Ritengo che la notizia non sia affatto vera. Innanzitutto dovremmo appurarne la fonte, nonostante sia stata citata dall’Onu, in quanto di recente le Nazioni Unite hanno accusato il regime di violazioni che in realtà erano state commesse dai ribelli. In secondo luogo c’è un enorme tentativo di demonizzare l’Esercito siriano. Per esempio dopo il recente massacro di Hula si è affermato che i bambini sarebbero stati uccisi dall’Esercito, per poi scoprire che non era stato così.
Vuole dire che l’Esercito non ha nessuna responsabilità?
 L’Esercito sta conducendo delle operazioni militari contro i gruppi armati dei ribelli. Le vittime civili e la distruzione di abitazioni sono un effetto collaterale inevitabile di questa situazione. Non ritengo però affatto plausibile che l’Esercito commetta direttamente abusi sui bambini o li uccida. E’ piuttosto il fronte opposto a rendersi responsabile di queste azioni.
 Per quale motivo?
Perché una parte consistente dei ribelli è mossa dall’ideologia fondamentalista che li autorizza a commettere queste uccisioni nei confronti di chiunque appartenga a una religione diversa dalla loro. L’Esercito è invece un’istituzione dello Stato ed è formato da professionisti che appartengono a tutte le religioni, dai quali non ci si può aspettare l’obbedienza a un’ideologia ma soltanto a una disciplina militare. Di fronte all’ordine di utilizzare bambini come scudi umani, è quindi molto probabile che ufficiali e soldati diserterebbero.
continua la lettura qui: http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/6/13/SIRIA-Waqqaf-Al-Jazeera-bambini-come-scudi-umani-vi-spiego-perche-e-falso/290890/

martedì 12 giugno 2012

“Mussalaha”, “Riconciliazione!”: la società civile siriana in campo per una soluzione non violenta

Agenzia Fides 12/6/2012

Si chiama “Mussalaha”, che significa “Riconciliazione”, ed è una straordinaria iniziativa popolare non-violenta nata nella società civile di Homs, città martoriata dal conflitto fra esercito regolare e forze di opposizione. E’ la dimostrazione, e anche la speranza, di una “terza via”, alternativa al conflitto armato ma anche alternativa a un possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio Nazionale Siriano, che coordina l’opposizione siriana.
E’ una iniziativa che, come riferito a Fides, “colma un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”. Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Fra quanti si sono spesi ed esposti personalmente, vi sono i due preti greco cattolici, p. Michelle e p. Abdallah, il sacerdote siro-cattolico p. Iyad, il maronita p. Alaa, il siro-ortodosso p. Khazal. Costoro hanno messo in campo tutte le loro energie, persuadendo larghe fasce di popolazione sul fatto che “in questa situazione di stallo, c’è bisogno di una scossa: è scoccata l’ora del riconciliazione”.
L’iniziativa ha preso forma con l’organizzazione di due incontri tenutisi nei giorni scorsi ad Homs, con straordinaria partecipazione popolare, in cui erano presenti membri dei tutte le comunità che compongono la società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi. In questi incontri si è già avuto un risultato straordinario e impensabile: è stata sancita da dichiarazioni comuni, abbracci e impegni solenni, la riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite – protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del rispetto reciproco. Mentre Homs è ancora al centro del conflitto, la società civile rispolvera termini come “dialogo e riconciliazione”, finora dimenticati, per dire “no a una guerra confessionale in Siria”, lanciando un pressante appello a tutti i leader in campo e alle parti in lotta, perchè restituiscano “pace e sicurezza al paese e alla popolazione”. La “Mussalaha” va avanti e prevede altri incontri pubblici nei prossimi giorni, con la speranza di “contagiare” ben presto tutte le città siriane. http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39288&lan=ita

Un cristiano ucciso a Qusayr, dove due preti confermano l’ultimatum ai cristiani
Il cristiano Maurice Bitar è stato ucciso a Qusayr, la cittadina nei pressi di Homs dove la popolazione cristiana presente – circa mille persone sui 10mila che vi risiedevano prima dell’inizio della violenza – è stata costretta a fuggire dopo l’ultimatum lanciato da una fazione armata, nelle forze di opposizione, guidata dal generale Abdel Salam Harba (vedi Fides 9/6/2012).
Gli abitanti cristiani di Qusayr, riferiscono fonti locali di Fides, subiscono vessazioni come il divieto di circolare per strada e l’obbligo di “cedere il passo” se incontrano un musulmano, “come ai tempi del califfato ottomano”.
L’opposizione armata, infatti, come confermano numerosi osservatori in Siria e all’estero, si sta gradualmente radicalizzando verso una ideologia sunnita estremista, di marca salafita. Sono numerose le bande e i gruppi militari che operano in modo del tutto indipendente, al di fuori del coordinamento dell’Esercito Siriano di Liberazione. L’ultimatum lanciato dalla fazione di Abdel Salam Harba, ad esempio, non è stato ratificato da altri gruppi: in un comunicato inviato a Fides, il coordinamento dello stesso Esercito Siriano di Liberazione, di stanza a Qusayr, si dice “scioccato per la notizia” e rigetta tale ultimatum, affermando di non esserne responsabile e di non condividerlo in alcun modo. Due sacerdoti cattolici fuggiti nei giorni scorsi da Qusayr, raggiunti dall’Agenzia Fides, confermano, invece, di aver sentito “con i loro orecchi” l’ultimatum, ripetuto anche dai minareti delle moschee, e di aver lasciato la città con numerose famiglie di profughi.
Secondo fonti di Fides, “la situazione nella zona è insostenibile ed esposta a totale illegalità “. I cristiani si confrontano con un dura realtà: o unirsi all’opposizione, arruolando i loro giovani, o essere vittime di vessazioni, discriminazioni, violenze. La sorte dei cristiani di Qusyar, conclude la fonte, potrebbe ben presto toccare ai 10mila fedeli che popolano altri villaggi nell’area, come Dmeineh, Rableh e Hamra.  (Agenzia Fides 12/6/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39285&lan=ita

FIDES - AGGIORNAMENTI DEL 13 GIUGNO
Ci sono circa 800 civili intrappolati nel centro storico di Homs, da mettere in salvo, mentre infuriano gli scontri fra esercito regolare e forze di opposizione asserragliate in città. Fra i civili vi sono circa 400 cristiani e circa 400 musulmani sunniti stanziati nei quartieri di Bustan Diwan e Hamidiye, che costituiscono la parte più antica di Homs. I civili rischiano di trovarsi nel bel mezzo di spari e bombardamenti, per questo, i rappresentanti della comunità cristiana e della neonata iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”) stanno operando instancabilmente da due giorni per negoziare un cessate-il-fuoco per ragioni umanitarie. Fra i mediatori vi sono due sacerdoti cristiani che, insieme ai rappresentanti Onu, hanno intessuto fitti colloqui con i leader militari dell’esercito e con i rappresentanti militari dell’opposizione. Al centro dei difficili negoziati, un duplice cessate il fuoco: quello per consentire a operatori umanitari e convogli Onu di entrare in città e soccorrere i civili e quello per permettere l’evacuazione dei civili dalla città. Sulla prima ipotesi di tregua, le forze dell’Esercito Siriano di Liberazione hanno posto un “veto”. Sulla seconda ipotesi, è l’esercito regolare siriano a frenare, temendo che fra i civili sunniti possano nascondersi ribelli e terroristi. “La situazione è in stallo ed è davvero critica per i civili, che in questo momento vengono strumentalizzati. Visti i furiosi combattimenti, si rischiano moltissimi feriti o morti fra gente innocente” nota con preoccupazione una fonte di Fides.
Intanto, secondo le informazioni giunte a Fides, i diversi Vescovi di Homs, di tutte le confessioni, esprimono sostegno all’iniziativa popolare non-violenta “Mussalaha” (“Riconciliazione”), nata dalla società civile di Homs, che ha ricevuto subito l’appoggio di comunità cristiane, sunnite, alawite, e di altre. Come appreso da Fides, hanno espresso “pieno appoggio e grandi speranze” il Vescovo siro-ortodosso di Homs, Mons. Silvanos; il Vescovo siro-cattolico Mons. Kassab; il Vescovo maronita, Mons Gihad; il Vescovo greco ortodosso Mons. Abouzakah, che sovrintende alla comunità cristiana maggioritaria a Homs. Per ora, nelle file dell’opposizione siriana l’iniziativa non ha trovato valido sostegno: secondo alcuni rappresentanti va rimandata fino al momento in cui la rivoluzione “non avrà raggiunto i suoi obiettivi principali”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39297&lan=ita

Chiesa greco cattolica profanata a Qusayr: un segnale di allarme
Una banda di miliziani radicali ha fatto irruzione questa mattina nella chiesa greco-cattolica di Sant’Elia a Qusayr, cittadina nei pressi di Homs, profanandola. I miliziani hanno forzato la porta, hanno suonato le campane in segno di scherno, hanno deriso simboli sacri della fede cristiana con il solo scopo di compiere un’azione dimostrativa e deridere la comunità cristiana. “E’ la prima volta che, nel conflitto in corso, accade un episodio del genere, in cui si colpiscono deliberatamente simboli sacri”, nota con preoccupazione una fonte locale di Fides. Alcuni testimoni oculari hanno raccontato a Fides l’irruzione nella chiesa di Qusayr dicendosi “addolorati e terrorizzati". Il gesto è stato condannato da sacerdoti e autorità cattoliche che parlano di “segnale preoccupante, che conferma il tentativo di alcune bande armate di scatenare una guerra confessionale”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39298&lan=ita