Conferenza di Monsignor Giuseppe Nazzaro, Vicario Apostolico emerito di Aleppo, presso l'Istituto Veritatis Splendor a Bologna, il 30 ottobre 2014
Mi
sia concesso iniziare questa mia presentazione affermando che, prima
del 15 marzo 2011 non erano tantissime le persone al mondo che
conoscevano dove trovare la Siria sulla carta geografica. Era un
problema di pochi addetti ai lavori. Raggiungeva piuttosto certi
ambienti colti che si interessavano di archeologia, dei popoli legati
alle antiche civiltà assiro-babilonesi o di storia del
cristianesimo.
Il
mondo intero, oggi, parla della Siria e si interessa di questo paese
di circa 185.180 kmq, che si estende sulla costa del Mediterraneo
Orientale per circa 80 Kilometri.
I
prodromi della situazione
La
data del 15 marzo 2011, ufficialmente, coincide con quella che
possiamo definire: l’inizio
di una rivoluzione nata 'quasi per gioco' al confine con la Giordania,
sui muri della città di Dera’a, ad opera di dodicenni che s’erano
divertiti a scrivere dei graffiti del seguente tenore: “abbasso
il regime”.
Ciò
che all’inizio, poteva sembrare un gioco o, meglio, una ragazzata,
in realtà, non era altro che l’inizio di una richiesta di maggiore
apertura al Governo centrale del paese che, per i non addetti ai
lavori o per chi non aveva conosciuto la Siria prima dell’anno
2000, avrebbe potuto anche essere una richiesta legittima. Chi invece
vi è vissuto, ha visto e costatato con i propri occhi non solo l’apertura del Governo verso le riforme
sociali, ma soprattutto ha visto il benessere che le riforme avevano
già portato e continuavano a portare al popolo siriano.
Ora
non penso di dire un’eresia se affermo che il giovane dottore
Bachar El-Assad, dopo alcuni mesi dalla sua elezione alla Presidenza
della Repubblica Araba Siriana, ha iniziato immediatamente una serie
di riforme per il benessere del paese e dei suoi compatrioti:
commercio con l’estero, turismo interno ed estero, soprattutto
libertà di movimento, di istruzione per uomini e donne. Le donne
libere professioniste in continuo aumento, l’Università aperta a
tutti senza distinzione di sesso. Un paese dove vivevano diverse
etnie e 23 gruppi religiosi e tutti si rispettavano e si accettavano
in quanto facenti parte, come in realtà si ritenevano, di un’unica
realtà e figli di un unico paese che era la Siria, casa e Patria
comune a tutti. Dal punto di vista religioso tutti erano liberi di
esercitare e vivere il loro credo rispettati ed accettati da tutti.
I
cristiani siriani, dopo l’Egitto, costituivano la comunità più
numerosa del Medio Oriente. Erano circa il 10-11% su una popolazione
totale di circa 23.500.000, godevano di una legislazione propria per
quanto riguarda i tribunali ecclesiastici, l’eredità, l’adozione
dei bambini (cosa non ammessa dalla Legge islamica), ecc. Le
relazioni con tutti erano improntate sul reciproco rispetto. Dobbiamo
dire, ad onore del vero che, dopo il viaggio del Pontefice oggi San
Giovanni Paolo II, effettuato nel Maggio del 2001, il popolo siriano e gli intellettuali hanno preso una maggiore coscienza riconoscendo
ai cristiani siriani un ruolo non irrilevante nel paese ed hanno
contribuito in modo determinante al benessere della Siria. Tutto
questo si concretizza in maniera pubblica ed ufficiale quando in
diverse circostanze il Grand Moufti di Siria, Dott. Badr Ed-Dine
Hassoun, dichiara pubblicamente che “i
cristiani sono cittadini siriani a tutti gli effetti, la Siria è la loro casa, fanno male ad abbandonarla, dovunque andranno, saranno
sempre degli estranei, mentre in
Siria no, perchè sono a casa propria”,
e questo fu il messaggio che lo stesso Mufti inviò al Sommo
Pontefice al momento in cui rientrava in Italia l’allora Nunzio
Apostolico, S.E. Giovanni Battista Morandini.
La
primavera siriana.
Naturalmente,
la polizia si rese subito conto che dietro i graffiti di Dera’a vi
era qualcuno e qualcosa di più grosso del semplice gioco o di una
ragazzata. Vi era un mandante o dei mandanti, tanto per stare nel
clima di quei popoli e della loro mentalità: lanciare
il sasso e nascondere il braccio, o se si vuole meglio: servirsi di
scudi umani non perseguibili.
Circa
una settimana dopo a Damasco vi furono delle manifestazioni di piazza
che chiedevano delle riforme, nello specifico si chiedeva:
l’abolizione della
legge di emergenza
(una legge che
risaliva agli inizi degli anni 60 ma che in realtà non era più
applicata tanto che lasciò molti scioccati chiedendosi se veramente
esisteva detta
legge); una
nuova Costituzione;
una Università
islamica; il velo alle donne negli uffici governativi e
pluripartitismo.
La
risposta del Governo ai richiedenti fu immediata, concedendo ciò che avevano chiesto: abolizione della vecchia legge di
emergenza, la creazione di una Commissione di giuristi per riscrivere
la Costituzione, l’Università islamica ed il velo alle donne sul
lavoro e libertà di unirsi in differenti formazioni politiche.
Con
queste risposte il Governo spiazzò i richiedenti. Evidentemente
questi non si attendevano un esito positivo a loro favore.
Continuarono le manifestazioni di piazza, ma non le fiumane di gente
che trasmetteva l’emittente Al-Jiazirah, passando immediatamente ad
azioni terroristiche, prima con un attentato di enormi proporzioni in
Damasco, contro una caserma in centro città ed in pieno quartiere
cristiano, poi con un altro attentato in un crocevia
frequentatissimo: entrambi gli attentati lasciarono per terra decine
e decine di morti. Dal sud del paese, e precisamente, dalla vicina
Giordania entrarono i combattenti Salafiti (dove avevano il loro
campo di addestramento) ed attaccarono subito la città di Banias,
sulla costa mediterranea, nel cuore della regione a maggioranza
Alawita. Combatterono per oltre due mesi; non avendo avuto
ragione dell’esercito, abbandonarono Banias e si diressero sulle
città dell’interno quali Homs ed Hama.
Nella
città di Homs lo scorso 7 aprile è stato ucciso il campione del
dialogo e della convivenza islamo-cristiana, P. Franz Van der Lugt
sj, oggi la sua tomba è meta di continui pellegrinaggi di cristiani
e musulmani.
Il
resto del paese, possiamo dire, viveva quasi tutto nella normalità.
L’unica cosa che faceva stare allerta la popolazione erano i
continui blocchi stradali che i viaggiatori dovevano attraversare: molti
erano derubati di quanto avevano, altri fermati finché non venisse
pagato per loro un riscatto. In questa sorta di guerra erano presi
di mira i cristiani, i religiosi, e le persone facoltose sia
cristiani che musulmani ai quali veniva richiesta una somma esosa per
il proprio riscatto. Qualche volta il riscatto veniva pagato, ma il
prigioniero non era rilasciato ed allora si capiva che era stato
eliminato; a questi blocchi stradali si potevano incontrare
terroristi Afgani, Pakistani o Ceceni.
Il
sottoscritto, come Vescovo della comunità cattolica latina, ha
potuto girare tranquillamente per tutta la Siria, eccetto la zona di
Homs e di Hama, fino al mese di Agosto 2012. Poi il viaggiare è
diventato rischioso, ma usando alcuni accorgimenti di prudenza e in
momenti particolari mi potevo muovere anche fuori la zona di Aleppo
dove vivevo abitualmente.
La
città di Aleppo, come ho potuto costatare, non ha partecipato
attivamente alla rivolta contro il Governo. Aleppo e gli Aleppini,
che sono sempre stati il motore dell’economia del paese con le più
di 1500 fabbriche, tra grandi e piccole, non voleva certamente
perdere il benessere che s’era acquistato con sacrifici enormi sia
prima che dopo l’apertura economica operata dal Presidente in
carica; purtroppo, oggi di questo benessere non esiste più nulla, tutte le fabbriche sono state saccheggiate dei loro macchinari e
trapiantate in Turchia. Certamente questo saccheggio non è stato ad
opera dei legittimi proprietari, magari per fuggire le tasse come
succede altrove, esse sono state saccheggiate dai terroristi che han
tutto venduto per finanziarsi, prima che subentrassero i
finanziamenti di alcuni stati arabi ben conosciuti ed appoggiati
dalla benedizione del grande fratello. (cfr. Corriere della Sera,
24/09/2014- Antonio Ferrari, pag. 3)
Inizialmente
si assisteva a delle manifestazioni per le strade che, dopo la preghiera
del venerdì, partivano in corteo gridando abbasso il regime.
Partecipavano a questi cortei i fedeli delle moschee che avevano un
Imam wahabita, cioè pro Arabia Saudita che, tra l’altro, riforniva
di dollari questi Imam: 10 dollari a testa distribuiti a chi
scendeva per strada almeno per un’ora gridando: “abbasso
il regime”.
In
molte zone della città di Aleppo la gente invece è scesa in strada a
protestare contro questi prezzolati perché turbavano la pace e la
tranquillità. La reazione della popolazione si spiega perché in
alcune zone si erano formati gruppi di guerriglieri che combattevano
contro tutto e tutti, coinvolgendo non solo la polizia locale ma
anche l’esercito che, non essendo preparato alla guerriglia
cittadina, ha risposto prima con armi semi pesanti e poi con quelle
pesanti. In questo modo sono state distrutte molte case e molti
quartieri periferici di Aleppo. Dal canto loro i ribelli hanno
incendiato, distruggendolo, il famoso souk coperto di Aleppo dopo
averlo saccheggiato dei suoi tesori.
Alcuni
di questi guerriglieri, venuti dai paesi sopra citati, sono stati
fatti prigionieri ed hanno confessato di essere stati inviati a
combattere per liberare Gerusalemme, molti di loro erano dei condannati delle prigioni reali dell’Arabia Saudita e liberati,
appunto, perché andassero a liberare la città santa di Gerusalemme
passando prima per la Siria.
Con
l’avvento dei terroristi stranieri compaiono anche le formazioni
terroristiche vere e proprie, quali: Jabhat al-Nusra – Da’esh
– Al-Qaeda che si dividono le zone di influenza e competenza. Jabhat al-Nusra si schiera nel Governatorato di Idleb a sud di
Aleppo e controlla il collegamento tra Aleppo e la città portuale di
Lattakia. Daesh ed Al-Qaeda si schierano nel governatorato di Raqqa
ad est di Aleppo, controllando tutta la zona fino al confine con
l’Iraq.
Le Jabhat al-Nusra
, agli inizi del 2012 fecero una incursione
notturna nel villaggio cristiano di Ghassanieh costringendo gli
abitanti a lasciare le loro case altrimenti sarebbero stati tutti
decapitati. Sempre loro, il 2 giugno 2012, hanno
decapitato 120 poliziotti nella cittadina di Gisser El-Choughour,
nella Provincia di Idleb. Testimoni oculari affermano che le teste di
questi poliziotti furono affisse sul frontespizio della caserma, altre furono
issate sulla torre pubblica ed i loro corpi gettati nel fiume Oronte.
In conseguenza di questi avvenimenti la Missione francescana del
vicino villaggio di Kanayé fu invasa dai rifugiati, cristiani,
sunniti ed alawiti. Il Padre riuscì a sistemare tutti facendo in
modo che non si scontrassero l’uno con l’altro, cioè il sunnita
con l’alawita, ecc.
Il
23 giugno 2013, sempre i guerriglieri della Jabhat al-Nusra
uccisero, nel convento francescano di Ghassanieh, il P. François
Mourad. Avevo visitato questo villaggio il venerdì 22 marzo 2013 e
vi trovai, dopo l’esodo obbligato da parte dei terroristi, meno di 20
persone tra cui due sacerdoti e tre Suore. Tutti, in seguito
all’uccisione di P. François, furono evacuati. Oggi il villaggio è
totalmente in mano ai terroristi.
Come
potete notare, le
decapitazioni sono iniziate ben due anni prima, nessuno ne ha mai tenuto conto, eccetto il
sottoscritto che l’ha
denunziato al mondo
intero ma non s’è dato credito alle sue parole. Tirate le
conclusioni che volete!
L’esempio
di Ghassanieh la dice lunga per tutti i villaggi cristiani che si
trovano lungo il fiume Oronte. Agli inizi di dicembre 2013 ai
terroristi delle Jabhat al-Nusra subentrano, nella Provincia di Idleb, i terroristi dell’organizzazione Daesh che non sono da meno.
Il capo di questa organizzazione s’è presentato nel villaggio di
Kanayé chiedendo al Missionario, senza mezzi termini, che se voleva
vivere doveva farsi musulmano, doveva far sparire la croce dalla
Chiesa, le Statue dei Santi, non doveva suonare le campane, le donne
uscendo di casa (anche se tutte cristiane in un villaggio cristiano) velarsi il capo, perché nel califfato non esistono altro che
islamici. Chi vuole vivere all’ombra del califfo o diventa
musulmano o sarà eliminato. Siccome il Missionario in questione è un
sacerdote che conosce la storia del paese e dell’islam, ha
apostrofato l’emissario del califfo ricordandogli che lo stesso Omar aveva
accettato i cristiani nel califfato. Questi, vistosi spiazzato fece
dietrofront, accontentandosi dell’applicazione delle sue richieste.
Al Missionario che chiedeva: e se non accettassimo le vostre
richieste? La risposta fu: in tre giorni mineremo il villaggio e
salterete tutti in aria.
Chi
è dietro i terroristi?
In
parte perché essi stessi l’hanno ammesso, in parte lo si arguisce
per i famosi 10 dollari a testa distribuiti ai manifestanti di
Aleppo, e per il poco buon sangue che è sempre intercorso tra sciiti
e sunniti, in parte per interessi economici tra i potenti della
regione che chiedevano alla Siria di far passare sul proprio
territorio il gasdotto verso l’Europa ed il pipeline dell’oro
nero fino alla Turchia ed il Mediterraneo...
I
fratelli ricchi si sono visti rifiutare il passaggio che, per altro, non
poteva essere concesso perché anche l’Iran chiedeva altrettanto e l’amica Russia non vedeva di buon occhio queste concessioni, ed
oltretutto bisognava anche proteggere il proprio prodotto.
Quindi,
si pesca nel torbido malumore che esisteva contro il Governo, come
del resto esiste dappertutto. Allora ci si rivolge ai paladini della
democrazia soffiando al loro orecchio: "come? voi, paladini della
democrazia mondiale, non sapete che vi è un paese al mondo che non è
democratico? È una
dittatura, e per giunta, non sono neppure rispettati i diritti umani."
C’è
da domandarsi però: chi ascoltava e prendeva in considerazione queste
accuse si chiedeva se in casa degli accusatori esistevano ed
esistono i diritti umani? Vi è a casa loro una Costituzione e questa garantiva e garantisce i propri sudditi? È sufficiente
ricordarsi quanto è successo nel Bahrein al momento delle richieste
della maggioranza sciita del paese, quale è stata la reazione dei
paesi confinanti il piccolo sultanato ...
Il
grande paladino delle libertà democratiche interviene e detta la sua
legge che non è rispettata. Allora che fare? si approfitta di un certo
malessere che è nel paese, si armano i malcontenti più facinorosi
che attaccano con armi in pugno creando la guerriglia tra le strade
cittadine. Tra questi vi è gente che si rifà ad Al-Qaeda, Jabhat al-Nusra , Daesh, e gente che non ha nulla da perdere, viene in
Siria non solo per soldi, ma anche per trovare in una jihad che
non gli appartiene nuove emozioni alla loro vita altrimenti fallita.
Oggi, sul suolo siriano, si contano terroristi di circa 80 paesi che
contribuiscono alla distruzione di un paese straordinariamente bello
e ricco. Bello per i suoi paesaggi naturali, ricco per la sua
ricchezza del sottosuolo, la sua storia, ma soprattutto per la sua
ricchezza d’animo, per la sua bontà, per la sua ospitalità, ed il
rispetto per gli altri.
Tutti
fanno del proprio meglio per armare questi signori venuti da lontano.
D’altro canto ci sono anche coloro che sostengono il Governo e lo riforniscono di armi. Tutti, in questa bolgia infernale, sparano e
ammazzano. Gli armatori stanno a guardare e attendono l’ora in cui
non esisterà più nulla della Siria che abbiamo conosciuto.
Le armi
che noi abbiamo regalato han fatto il loro dovere: hanno distrutto
tutto col nostro aiuto. È arrivato, così, il momento di uscire allo
scoperto per presentarsi da grandi benefattori altruisti: "ricostruiamo il tutto, voi non dovete preoccuparvi di nulla, salvo
pagare il conto alla fine.
Noi,
sempre generosamente, li esoneriamo dal pagare il conto e chiediamo
loro di lavorare per noi per tot numero di anni, nelle fabbriche che
abbiamo ricostruito. Noi vi daremo tutto il materiale necessario per
la produzione, vi pagheremo pure un salario perché possiate vivere e
produrre per noi. Dopo tot anni noi, sì o no, vi diremo grazie
lasciandovi le fabbriche già diventate vecchie che necessitano di
essere rinnovate perché il progresso ne ha inventate di più
moderne."
Tutto
questo in nome della democrazia mentre, in realtà, non è altro che
una neo colonizzazione.
La
città di Aleppo
Ho
accennato al fatto che la città di Aleppo e i suoi abitanti non si son fatti
trascinare dalla situazione per lungo tempo. In realtà, la città ha
goduto di una quasi totale tranquillità, eccetto una parte della sua
periferia est, fino quasi alla fine di novembre 2012. Lo stesso
aeroporto internazionale è rimasto aperto fino agli inizi di gennaio
2013, quando fu chiuso al traffico perché era continuamente sotto
tiro dei terroristi.
La
città ha cominciato a soffrire dal novembre 2012. Molti, soprattutto
chi aveva beni, hanno portato la famiglia al sicuro nel vicino
Libano, mentre in città restavano gli uomini per continuare la loro
attività. Questo sistema è andato avanti finché non si son trovate
le fabbriche, una dopo l’altra, vuote dei macchinari perché
rubati e venduti in Turchia.
I
terroristi hanno attaccato in massa alcuni quartieri della città e
così abbiamo avuti i primi sfollati che si sono rifugiati,
occupandolo, nel campus universitario. Molti commercianti hanno
abbandonato i loro esercizi creandosi uno spazio commerciale sui
marciapiedi attorno all’Università, s’era creata così una
tendopoli nella stessa città.
Il 15 gennaio 2013, a pochi metri dal
Vescovado ci fu una enorme esplosione di due bombe che fece sul posto
oltre 90 vittime: tra queste una religiosa, Sr. Rima Nasri, che
dirigeva il convitto Universitario per ragazze povere situato
soltanto a una decina di metri dall’esplosione. La Suora stava
rientrando in casa quando ci fu lo scoppio e di essa non è mai stato
trovato neppure un resto....
La
città allora ha cominciato a subire interruzioni di acqua potabile, di elettricità, gasolio per il riscaldamento, benzina. I commercianti
in nero iniziarono i loro affari d’oro. L’acqua è stata
inquinata perché i terroristi hanno fatto saltare le fogne che si
sono riversate nei bacini dell’acqua potabile e così molti han
dovuto far ricorso agli ospedali con sintomi di colera.
Oggi la città è per buona parte approvvigionata di acqua
dai pozzi che già esistevano in alcune chiese e moschee. Lo stesso
Vescovo Latino ne ha fatto perforare uno nel recinto del Vescovado ed
ha trovato l’acqua ad oltre 150 metri. Coloro che non possono
accedere ai pozzi, perché troppo lontani da casa o corrono pericolo
per raggiungerli, continuano a dissetarsi con acque inquinate.
L’interruzione
di erogazione di gas da cucina, gasolio da riscaldamento, ha indotto
la gente a tagliare selvaggiamente gli alberi dei viali e dei
giardini pubblici di cui Aleppo andava fiera. Passare un inverno ad
Aleppo senza il minimo riscaldamento è qualcosa di terribile, il
freddo vi penetra nelle ossa.
Aleppo,
una volta città opulenta per le sue fabbriche, per il suo souk ed il
suo commercio, oggi è prostrata, la gente è affamata, gli unici che
dispongono di qualche soldo sono coloro che lavorano col Governo,
tutto il settore privato è morto.
Oggi,
non solo Aleppo, ma tutto il paese vive una situazione veramente
tragica. La gente teme l’avanzata dei terroristi tagliagole di
ISIS. L’esercito governativo è riuscito a creare un varco
abbastanza sicuro per approvvigionare la città, ma quanti possono
comperare? La Chiesa, grazie agli aiuti economici che riusciamo a
raccogliere e far arrivare, riesce a sollevare un po' le pene di
tanta gente che, altrimenti, morrebbe di fame.
La
comunità cristiana della città si è ridotta del 60% circa. In
città sono rimasti coloro che non hanno alcuna possibilità di
trasferirsi altrove, perché privi di mezzi o non hanno parenti
in altre zone o Paesi su cui appoggiarsi.
In
tutto questo disastro, resta salda sempre la presenza dei missionari
religiosi siriani e stranieri: francescani, gesuiti, salesiani,
lazaristi, cappuccini, religiosi del Verbo Incarnato, Fratelli
Maristi di Champagnat; più uno svariato numero di religiose
appartenenti a diverse congregazioni, quali Salesiane, suore di San
Giuseppe dell’Apparizione, Suore della Carità, Suore di Madre
Teresa di Calcutta, Suore del Verbo Incarnato, Suore dei Santi Cuori,
Suore di Besançon, Suore Carmelitane Scalze di clausura ed
Apostoliche, Suore Francescane Missionarie di Maria e Suore
Francescane del Cuore Immacolato di Maria, Suore di Jesus and Mary.
Tutti
questi Istituti si dedicano oggi ad assistere e sostenere quanti a
loro si rivolgono per usufruire delle mense che sono state create nei
vari Istituti: tutti senza distinzione di credo si rivolgono a loro e
tutti sono aiutati, perché tutti figli di uno stesso Padre Celeste.
Lo stesso Vicariato Apostolico di Aleppo ha ospitato nel pensionato
universitario “Gesù Operaio” un Istituto islamico per
handicappati e persone anziane.
Ai
religiosi siriani e stranieri dobbiamo rispetto e ammirazione perché
potevano abbandonare le loro posizioni per lidi più tranquilli, dove
non si corre pericolo della vita: invece, sono rimasti al loro
rispettivo posto per aiutare e confortare quanti sono nel dolore e
nella necessità.
I
mass media, me lo lascino dire, non sempre hanno reso un buon
servizio all’umanità a proposito di questa guerra siriana.
Hanno
sempre insistito nel colpevolizzare solo e soltanto il dittatore ed il
suo esercito: "L’esercito ha ucciso tante persone..., i morti in Siria
fatti dall’esercito sono saliti a questa cifra..., l’esercito ha
ucciso tanti bambini..., l’esercito ha creato le fosse comuni.."; un mese e mezzo fa alle Nazioni Unite a Ginevra, nell’ambito della
Conferenza sui Diritti umani, ho dovuto ascoltare dal rappresentante
di un paese occidentale che (solo) l’esercito siriano continuava ad
uccidere. Evidentemente, i terroristi, armati da quel paese e dai
loro alleati, non sono mai esistiti; oppure, se c’erano,
combattevano l’esercito con armi giocattolo, perciò non
facevano vittime...
I
Media, non potendo discostarsi dal palinsesto voluto dai potenti, non
potevano dire che i terroristi si sono serviti di scudi umani, una
cosa caratteristica di quei popoli, creando così una totale
disinformazione in occidente.
Quanti
hanno realmente compreso che fin dal primo anno e mezzo di guerra la
cosiddetta opposizione siriana non esisteva più, non aveva più da
dire una sua parola? Chi comandava e chi dirigeva le operazioni erano le varie organizzazioni venute dall’estero, tutto andava
verso una direzione che dapprima è sfociata nella creazione del
califfato del Levante e poi nella organizzazione attuale del
Califfato con il proprio califfo El-Baghdadi (ben conosciuto da
chi l’aveva prigioniero e lo ha liberato) e l’esercito dei tagliagole di ISIS. L’ISIS
ha fatto e continua a fare il bello ed il cattivo tempo in Siria ed
in Iraq, creando migliaia e migliaia di sfollati, ha tagliato gole a
centinaia di persone: cristiani, yazidi, sciiti, sunniti, che non erano
del loro stesso parere, ha venduto le donne come schiave o per
altro scopo, soprattutto se vergini.
Noi di tutto questo siamo stati edotti dai Mass Media, abbiamo gridato
condannando con ottima retorica questi orrori, però non abbiamo
fatto più di tanto, perché non toccavano i nostri interessi.
Quando
i tagliagole di ISIS hanno osato avvicinarsi ai nostri interessi, quando hanno assassinato due-tre nostri fratelli occidentali, allora
immediatamente s’è gridato allo scandalo: 'questo è inammissibile,
dobbiamo agire'. Sì, dobbiamo agire! E le teste tagliate prima, non ci
hanno fatto riflettere?
La
riflessione che è stata fatta da un personaggio che fino due anni
addietro era la stratega incontrastata della politica in Medio
Oriente, e ha cavalcato il cavallo delle cosiddette “primavere
arabe” a suo piacimento nei differenti paesi dove quel cavallo ha
corso, questo personaggio, oggi, dinanzi al potere sfrenato e tanto
potente di ISIS, ha dichiarato; “ora
dobbiamo combattere ciò che abbiamo creato”.
Nel
mondo arabo esiste un proverbio che suona così: “Chi
è riuscito a far salire l’asino sul minareto, conosce anche la
strada come farlo scendere”.
Sembra
che la strada per far scendere l’asino dal minareto debba essere
quella della coalizione che include pure gli stati arabi come
l’Arabia Saudita, il Qatar ed altri, oltre che armare circa 50.000
siriani della cosidetta opposizione moderata al Presidente Bashar
El-Assad.
Io
non sono e non intendo essere affatto un politico. Però il progetto
accennato sopra per far scendere l’asino dal minareto zoppica
fortemente. Zoppica perché i paesi arabi della coalizione,
intervenendo in Siria vanno a nozze, perché finalmente hanno una
copertura per prendersi la rivincita su colui che non ha concesso
loro il passaggio del pipeline e del gasdotto. Hanno tentato di
prendersi la rivincita armando e sostenendo ISIS, ma ora, temendo che
questo possa arrivare fino a loro, è bene combatterlo a casa di chi
ha fatto loro l’affronto del rifiuto, prima che arrivi a casa loro
e faccia saltare per aria tutto il loro sistema.
La
seconda riflessione è questa: se la scelta è armare circa 50.000 'siriani
dell’opposizione moderata' e prepararli a combattere ISIS, signori,
ci rendiamo conto che giochiamo ignorando pure il significato del
termine moderato? Il moderato è tale proprio perché non ha mai
preso le armi in mano. Ha fatto opposizione dialettica e con la
propria intelligenza ha tentato di far capire a chi di dovere che le
cose dovevano cambiare. Costoro hanno avanzato delle richieste che,
come abbiamo già detto, sono state concesse. Il braccio facinoroso
ed armato è fin dall'inizio sceso in piazza con attentati, aiutato
immediatamente dai salafiti arrivati dalla Giordania, non è
certamente l’opposizione moderata che ha fatto salire l’asino sul
minareto....
Chi
ritiene di essere il padrone del mondo, impari prima ad essere il
padrone di se stesso!!!