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sabato 26 aprile 2014

"In un certo senso, il mio spirito è rimasto là, e la mia preghiera continua e non cesserà fino a quando la vendetta cederà il posto alla riconciliazione e al riconoscimento dei reciproci diritti." Papa G.Paolo II





 GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 16 maggio 2001

1. Una settimana fa si è concluso il mio pellegrinaggio sulle orme di San Paolo, che mi ha condotto in Grecia, in Siria e a Malta. Sono lieto oggi di soffermarmi con voi su questo evento, che costituisce l'ultima parte dell'itinerario giubilare attraverso i principali luoghi della storia della salvezza. Sono grato a tutti coloro che mi hanno seguito con la preghiera in questo indimenticabile "ritorno alle sorgenti", ove attingere la freschezza dell'iniziale esperienza cristiana.
Rinnovo i sentimenti di cordiale riconoscenza al Presidente della Repubblica Ellenica, Signor Kostas Stephanopoulos, per avermi invitato a visitare la Grecia. Ringrazio il Presidente della Repubblica Araba Siriana, Signor Bashàr Al-Assad, e il Presidente della Repubblica di Malta, Signor Guido De Marco, che mi hanno accolto tanto cortesemente a Damasco e a Valletta.
Ovunque ho voluto testimoniare alle Chiese Ortodosse l'affetto e la stima della Chiesa Cattolica, col desiderio che la memoria delle colpe passate contro la comunione venga pienamente purificata e lasci spazio alla riconciliazione ed alla fraternità. Ho avuto, inoltre, modo di riaffermare la sincera apertura con cui la Chiesa si rivolge ai credenti dell'Islam, ai quali ci unisce l'adorazione dell'unico Dio.
Sento come una grazia particolare quella di aver potuto incontrare, soprattutto nei loro campi di missione, i Vescovi cattolici di Grecia, di Siria, di Malta, e, insieme con loro, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e numerosi fedeli laici. Sulle orme di Paolo, il successore di Pietro ha potuto confortare e incoraggiare quelle Comunità, esortandole alla fedeltà e al tempo stesso all'apertura e alla carità fraterna.

3. Dopo la Grecia, mi sono recato in Siria, là dove, sulla via di Damasco, Cristo risorto apparve a Saulo di Tarso, trasformandolo da feroce persecutore in apostolo instancabile del Vangelo. E' stato un andare alle origini - come per Abramo -, un risalire alla chiamata, alla vocazione. Questo pensavo visitando il Memoriale di San Paolo. La storia di Dio con gli uomini parte sempre da una chiamata, che invita a lasciare se stessi e le proprie sicurezze per incamminarsi verso una nuova terra, fidandosi di Colui che chiama. E' stato così per Abramo, Mosè, Maria, Pietro e gli altri Apostoli. Così anche per Paolo.
La Siria è oggi un Paese abitato prevalentemente da musulmani, che credono in un unico Dio e cercano di sottomettersi a Lui sull'esempio di Abramo a cui essi volentieri si riferiscono (cfr Nostra aetate, 3). Il dialogo interreligioso con l'Islam diventa sempre più importante e necessario, all'inizio del terzo millennio. In tal senso è stata davvero incoraggiante la calorosa accoglienza riservatami dalle autorità civili e dal Gran Mufti, il quale mi ha accompagnato nella storica visita alla Grande Moschea degli Omayyadi, dove si trova il Memoriale di san Giovanni Battista, assai venerato anche dai musulmani.
A Damasco il mio pellegrinaggio ha assunto soprattutto un forte carattere ecumenico, grazie particolarmente alla visita che ho avuto la gioia di compiere nelle rispettive Cattedrali a Sua Beatitudine Ignace IV, Patriarca greco-ortodosso, e a Sua Santità Mor Ignatius Zakka I, Patriarca siro-ortodosso. Nella storica Cattedrale greco-ortodossa della Dormizione della Vergine Maria, poi, abbiamo celebrato un solenne Incontro di preghiera. Con intima commozione ho visto così realizzarsi uno degli scopi principali del pellegrinaggio giubilare, quello cioè di "radunarci nei luoghi della nostra origine comune, per testimoniare Cristo nostra unità (cfr Ut unum sint, 23) e confermare il reciproco impegno verso il ristabilimento della piena comunione" (Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza, 11).

4. In Siria non potevo non rivolgere a Dio una speciale supplica per la pace in Medio Oriente, spinto anche, purtroppo, dalla drammatica situazione attuale, che diventa sempre più preoccupante. Mi sono recato, sulle Alture del Golan, nella chiesa di Quneitra semidistrutta dalla guerra, e là ho elevato la mia supplica. In un certo senso, il mio spirito è rimasto là, e la mia preghiera continua e non cesserà fino a quando la vendetta cederà il posto alla riconciliazione e al riconoscimento dei reciproci diritti.
Questa speranza si fonda sulla fede. E' la speranza che ho affidato ai giovani della Siria, che ho avuto la gioia di incontrare proprio la sera prima di lasciare Damasco. Porto nel cuore il calore del loro saluto, e prego il Dio della pace, perché i giovani cristiani, musulmani ed ebrei possano crescere insieme come figli dell'unico Dio.

Ancora una volta ho voluto indicare la via della santità quale via maestra per i credenti del terzo millennio. Nel vasto oceano della storia, la Chiesa non teme le sfide e le insidie che incontra nella sua navigazione, se tiene fermo il timone sulla rotta della santità, verso la quale l'ha indirizzata il Grande Giubileo del Duemila (cfr Novo millennio ineunte, 30).
Che così sia per tutti, grazie anche all'intercessione di Maria, a cui facciamo costante ricorso durante questo mese di maggio, a Lei consacrato. La Vergine aiuti ogni cristiano, ogni famiglia ed ogni comunità a proseguire con rinnovato slancio nel suo impegno di quotidiana fedeltà al Vangelo.

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/2001/documents/hf_jp-ii_aud_20010516_it.html

Siria 2001, il primo papa in moschea

leggi:   http://www.asianews.it/index.php?l=it&art=2950

Papa Giovanni Paolo II - Discorso all'aeroporto di Damasco, Siria - 6 maggio 2001

read: 
http://australiansforreconciliationinsyria.org/pope-john-paul-in-syria-2001/

giovedì 24 aprile 2014

Novantanovesimo anniversario del genocidio degli Armeni. Un Popolo perseguitato perché cristiano.




Il 24 aprile del 1915, 99 anni fa, le autorità turche arrestarono, a Istambul, l’intera classe dirigente del popolo armeno presente nella capitale dell’allora Impero Ottomano. Uomini di cultura, professionisti, imprenditori, politici e sacerdoti vennero imprigionati e poi assassinati dando così avvio al primo genocidio perpetrato nel secolo scorso. 
In realtà la persecuzione aveva avuto avvio l’anno precedente con l’apertura delle ostilità tra gli imperi centrali e le potenze dell’intesa. Sul fronte del Caucaso i militari Armeni dell’esercito turco erano stati disarmati e adibiti a lavori di retrovia svolti con modalità disumane, lavori forzati volti a stroncare chi vi era adibito con fame e fatica. La scusa addotta fu la scarsa affidabilità a fronte di un nemico, i Russi, da sempre attivi come protettori dei cristiani d’oriente. Ma l' intenzione genocida dei “Giovani Turchi” raggruppati nell' 'Unione per il Progresso' era chiara. Lo sterminio venne programmato con cura sino ad arrivare ai fatti del 24 aprile che resta come data ufficiale dell’inizio della tragedia che si sarebbe consumata a fasi alterne sino alla sconfitta finale dei turchi ad opera delle forze dell’intesa, portando allo sterminio di almeno due terzi della popolazione armena presente nell’impero. Il calvario degli Armeni, così come gli atti di valore che lo accompagnarono, sono stati descritti in numerose opere che hanno trovato autori sia nella diaspora, sia nella memorialistica dei diplomatici neutrali o alleati presenti nell’impero. (1) 

 Ufficiali e sottufficiali armeni, scampati ai massacri, tentarono di organizzare sui monti la resistenza. Nell'aprile 1915, nella città di Van, alcune migliaia di civili riuscirono a disarmare la locale guarnigione turca, barricandosi nel nucleo urbano dove resistettero per molti giorni alla controffensiva; fino all'arrivo, provvidenziale, di una divisione di cavalleria russa che nel mese di maggio liberò dall'assedio quei disperati. 
Eguale successo ebbe poi la famosa resistenza del massiccio montuoso del Musa Dagh, nei pressi di Antiochia (Golfo di Alessandretta). Su questo acrocoro non meno di 4.000 disperati resistettero per ben quaranta giorni agli attacchi dei reparti regolari dell'esercito ottomano e dei "volontari" civili turchi, segnando una delle pagine più eroiche della storia del popolo armeno. Alla fine, proprio quando la resistenza sembrava dover cedere di fronte alla preponderanza dell'avversario, i reduci vennero salvati dal provvidenziale arrivo nel Golfo di Alessandretta di una squadra navale francese che riuscì in gran parte a trarli in salvo. Altri tentativi di resistenza non ebbero la medesima fortuna, come accadde ad Urfa. Qui, tutta la guarnigione armena, composta di ex-militari e civili, dovette soccombere alle soverchianti forze ottomane che, a battaglia conclusa, massacrarono tutti i difensori ancora in vita, compresi i feriti.

 Ma le tribolazioni di questo popolo non erano destinate a terminare con la fine della prima guerra mondiale così come non erano mancate nei secoli del dominio Ottomano. La caduta del regime turco alla fine del conflitto mondiale e la seguente ascesa alla guida del paese di Kemal Ataturk non cambiò la situazione. Infatti, tra il 1920 e il 1922, con l'attacco alla Cilicia armena ed il massacro di Smirne, il nuovo governo portò a compimento il genocidio. Cosi come la diplomazia dei vincitori, che aveva riconosciuto nel trattato di Sevres l’indipendenza della nazione Armena sui territori dell’Armenia storica, col successivo trattato di Losanna dimenticò le sue promesse di fronte al fatto compiuto della vittoria di Ataturk nella guerra contro i Greci. 

 Restava la piccola repubblica costituita dagli Armeni, nel 1918, sui territori già appartenuti all’impero degli Zar ma la sua indipendenza ebbe vita breve, occupata dalle armate bolsceviche, venne incorporata nell’Unione Sovietica e con un ukase di Lenin privata di una delle sue regioni storiche, l’Artzak (Nagorno-Karabach) assegnato all’Azerbaigian, e poi sottoposta a tutti gli orrori del “terrore staliniano”. 

 E ancora, negli ultimi anni dell’URSS, gli Armeni dell’Azerbaigian dovettero subire l’ennesimo massacro a Sumgait e poi a Baku e nel Nagorno-Karabach dove scoppiò una guerra sanguinosa tra le due repubbliche neo indipendenti di Armenia e Azerbaigian. Una guerra che conta ancora oggi quotidianamente i suoi morti su una linea armistiziale più che fragile.


saveKessab

 E infine,  la tragedia continua in Siria, ad Aleppo come a Kessab, dove i Turchi, per interposta persona dei terroristi salafiti ben appoggiati dalle loro artiglierie, cercano ancora di realizzare una “soluzione finale” del problema armeno. 

 Sembra veramente che le tribolazioni di questo popolo non debbano mai finire. Sembra, come ho avuto occasione di rimarcare recentemente, che l’ "Omicida sin dall’inizio” voglia fargli scontare, in questo mondo di cui appare sempre più padrone, la primogenitura nella conversione come popolo, l’opera svolta, nella sua associazione dinastica con la corte bizantina, nella conversione degli slavi e della Rus, l’ essere stati fra i più fedeli alleati dei crociati e forse, come alcuni recenti studi confermerebbero, l’ aver custodito, conservato e venerato per 700 anni, a Edessa, nella piccola Armenia di Cilicia, la più straordinaria reliquia della cristianità, la Santa Sindone testimone della resurrezione di Cristo.

 Massimo Granata 

 1. Tra le tante opere apparse (purtroppo non moltissime in italiano) ci piace ricordare e consigliare la lettura di: La masseria delle Allodole, di Antonia Arslan; I quaranta giorni di Musa Dagh, di Franz Werfel; dal punto di vista della documentazione : Diario 1913-1916, di Henry Morgenthau Sr. Ambasciatore USA in Turchia dal 1913 al 1917; Il genocidio armeno nella storia e nella memoria, di Immacolata Maciotti; Survivors. Il genocidio degli Armeni raccontato da chi allora era bambino, di Donald E. Miller e Lorna Tourian Miller.

http://www.appunti.ru/articolo.aspx?id=700&type=home





PREGHIERA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Memoriale di Tzitzernakaberd
Yerevan, 26 settembre 2001

O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!
Ascolta, o Signore, il lamento che si leva da questo luogo,

l’invocazione dei morti dagli abissi del Metz Yeghérn,
il grido del sangue innocente che implora come il sangue di Abele,
come Rachele che piange per i suoi figli perché non sono più.
Ascolta, o Signore, la voce del Vescovo di Roma,
che riecheggia la supplica del suo Predecessore, il Papa Benedetto XV,
quando nel 1915 alzò la voce in difesa
"del popolo armeno gravemente afflitto,
condotto alla soglia dell’annientamento".

Guarda al popolo di questa terra,
che da così lungo tempo ha posto in te la sua fiducia,
che è passato attraverso la grande tribolazione
e mai è venuto meno alla fedeltà verso di te.
Asciuga ogni lacrima dai suoi occhi
e fa' che la sua agonia nel ventesimo secolo
lasci il posto ad una messe di vita che dura per sempre.

Profondamente turbati dalla terribile violenza inflitta al popolo armeno,
ci chiediamo con sgomento come il mondo possa ancora
conoscere aberrazioni tanto disumane.
Ma rinnovando la nostra speranza nella tua promessa, o Signore,
imploriamo riposo per i defunti nella pace che non ha fine,
e la guarigione, mediante la potenza del tuo amore, di ferite ancora aperte.


La nostra anima anela a te, Signore, più che la sentinella il mattino,
mentre attendiamo il compimento della redenzione conquistata sulla Croce,
la luce di Pasqua che è l’alba di una vita invincibile,
la gloria della nuova Gerusalemme dove la morte non sarà più.

O Giudice dei vivi e dei morti, abbi pietà di noi!

mercoledì 23 aprile 2014

Chi ha paura delle elezioni in Siria?

Le elezioni siriane e il villaggio in cui si parla la lingua di Gesù



da: Piccole Note
23 aprile 2014, festa di San Giorgio

Assad annuncia le prossime elezioni siriane: si terranno il 3 giugno. L’opposizione parla di «buffonata», di elezioni farsa e via dicendo. Né potrebbe essere altrimenti.  Ma, nonostante le critiche, si terranno ed è probabile, così stimano anche gli oppositori di Assad, che sanciranno una vittoria dell’attuale presidente. 
Né, anche in questo caso, potrebbe essere altrimenti: il popolo siriano conosce i limiti di Assad e i tanti limiti del suo governo. 

A Raqqa ISIL punisce : fumava in pubblico!
Ma in questi anni ha conosciuto bene anche i suoi oppositori, ovvero quei personaggi che da Londra e da altri Stati Esteri parlano di democrazia e di libertà, mentre sul terreno affidano il trionfo di questi alti ideali ai tagliagole di Al Qaeda i quali, imbottiti di Captagon – una droga sintetizzata nei laboratori Nato che non fa sentire dolore e privazioni e rende capaci delle efferatezze più inaudite – ammazzano nelle maniere più fantasiose islamici e cristiani che da secoli convivevano pacificamente in questo Paese.

Ma al di là del teatrino della propaganda, è interessante il luogo scelto da Assad per dare questo annuncio: il monastero di Maalula, un villaggio nel quale si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. 
Assad si è fatto riprendere dalla Tv di Stato mentre visitava il monastero accompagnato da alcuni esponenti della comunità cristiana locale. Era il giorno di Pasqua e questo filmato, al di là delle polemiche suscitate, ha mostrato al mondo, tramite la Tv di Stato siriana, la devastazione portata all’edificio cristiano dai miliziani di Al Nusra che l’avevano occupato. Mossa a effetto, certo, ma favorita da chi quel luogo l’ha distrutto, rapendo le suore che vi si trovavano e portando morte all’intorno.
 Con questa uscita, Assad vuole accreditarsi come difensore delle minoranze, spiegano i giornali occidentali, e dare al mondo un’immagine positiva, contraria a quella ritagliata su di lui dalla propaganda occidentale. 
Resta il fatto che quando i miliziani di Al Qaeda presero Maalula nessun uomo politico dell’Occidente ebbe a dire una sola parola per deprecare l’accaduto, né per condannare le atrocità di cui si stavano macchiando i ribelli, che si aggiungevano alle innumerevoli commesse in precedenza. 

Così questo accreditamento di Assad suona più verosimile dell’ipocrisia di tante autorevoli voci occidentali che oggi si dicono scandalizzate dalla propaganda di regime.



Ma al di là,  le immagini del monastero devastato che sono andate in onda sulla Tv siriana hanno riportato alla memoria una testimonianza da Maalula pubblicata sul nostro sito, che invitiamo, chi non l’avesse letta, a leggere. Perché racconta molto più di altre cronache quanto si sta consumando in Siria.



Gregorio III: è un vero crimine di guerra la distruzione delle chiese di Maaloula


Asia News, 22/04/2014 
di Fady Noun

Il Patriarca ha visitato il villaggio di Maaloula, ripreso dall'esercito al fronte islamico al-Nosra. "Ci si è presentato uno spettacolo apocalittico". L'Occidente assiste "con indifferenza criminale" alla distruzione della Siria. 

 La distruzione delle chiese di Maaloula è stata definita "un vero crimine di guerra" dal patriarca di Antiochia dei greco-melchiti cattolici Gregorio III Laham, che domenica ha potuto visitare lo storico villaggio cristiano, riconquistato dall'esercito siriano al Fronte islamico al-Nosra.
"E' il mistero dell'iniquità che si vede all'opera", ha detto ancora, non trovando parole abbastanza forti per tradurre i sui sentimenti davanti allo spettacolo di desolazione che gli si è offerto. "E' la devastazione del Tempio, il mistero dell'iniquità", ha ripetuto in un colloquio telefonico da Beirut, la sera della sua visita.
Il Patriarca greco-cattolico ha visitato il villaggio insieme con il patriarca greco-ortodosso Youhanna Yazigi e con i rappresentanti del patriarcato siriaco-ortodosso, armeno-ortodosso e siriaco-cattolico, accompagnati da alcuni giornalisti e da uomini della sicurezza. E poco dopo ha anche reso visita al capo di Stato siriano, anch'egli in visita al villaggio.
"Ci si è presentato uno spettacolo apocalittico. Altre chiese sono state distrutte in Siria, ma io non ho mai visto cose così. Ho pianto e ho cercato inutilmente un momento di solitudine per pregare. Sono affranto", ha detto ancora il prelato.
"Le quattro chiese storiche di Maaloula sono state colpite. La nostra chiesa parrocchiale, dedicata a san Giorgio, è crivellata di colpi. La cupola del convento è lesionata in due punti. Le mura sono sventrate dalle cannonate. Alcune parti del convento rischiano di crollare e debbono essere ricostruite. Le icone sono sparse a terra, sporcate o rubate. Attualmente è del tutto inabitabile".

 "Nel convento dei santi Sarkis e Bakhos (nella foto), lo storico altare pagano, convertito in altare cristiano, il solo di tale tipo, è rotto in due".

Lo stesso spettacolo di devastazione si offre agli sguardi nelle chiese di sant'Elia e santa Tecla, del patriarcato greco-ortodosso.
A giudizio di Gregorio III, la devastazione di Maaloula è "un crimine organizzato" e "un vero crimine di guerra".
La Carta di Londra (1946) definisce crimini di guerra "il saccheggio di beni pubblici o privati, distruzione senza motivo di città e villaggi, o la devastazione non giustificata da esigenze militari".
"Non c'è - dice ancora il Patriarca - alcuna giustificazione militare al vandalismo che c'è stato. Si ha l'impressione che fosse un vandalismo comandato". E perché aver fatto delle nostre chiese delle posizioni trincerate?- per tentare di darsi una spiegazione di tutte queste distruzioni.

Con amarezza, Gregorio III accusa il mondo occidentale di essere cieco sulla verità della guerra in Siria. Secondo lui, non si è assolutamente di fronte a una "guerra siriana" o a una "guerra civile". Certo, c'è una parte del conflitto che oppone i musulmani tra loro, ma non è una guerra islamo-cristiana. E' un crimine organizzato.

Sul piano della sicurezza, la popolazione di Maaloula può sognare di tornare, sostiene il Patriarca, malgrado l'incertezza sulla situazione delle infrastrutture (elettricità, acqua, telefoni). Egli aggiunge che alcuni giovani stanno tornando, per ispezionare le case e studiare la possibilità di rientro.
Ma Gregorio III attira l'attenzione sulla difficoltà che si avrà a riparare il legame sociale tra i cristiani di Maaloula e la popolazione musulmana. Alcune famiglie del villaggio si sono schierate con i ribelli islamisti e la ricostruzione della fiducia pone effettivamente dei problemi. Molti giovani non vogliono una riconciliazione superficiale, degli "abbracci ipocriti".
La Chiesa ha il dovere di impedire che tutta la popolazione musulmana sia assimilata a ciò che alcuni hanno fatto. I cristiani non devono vivere in un ghetto, dice, in sostanza, Gregorio III.
A suo avviso il vero complotto è là. Mira a lacerare il tessuto sociale della società siriana, nella quale non c'è mai stata discordia tra islamici e cristiani. E insiste sulla barbarie di comportamenti che, ai suoi occhi, non si spiegano che nella volontà di distruzione della Siria "profonda".

A sostegno di ciò che sostiene, egli indica l'atroce morte, davanti a testimoni, di un fornaio di Adra, una borgata vicino a Damasco. Lo sventurato è stato gettato, vivo e insieme con i suoi figli nel forno nel quale aveva appena cotto il pane per i combattenti islamisti.

Gregorio III denuncia "l'indifferenza criminale con la quale il mondo occidentale, col falso pretesto della difesa della democrazia, continua ad assistere a questo spettacolo di distruzione. Bisogna assolutamente impedire che il virus dell'odio si diffonda", conclude, dopo aver ricordato che ancora non si hanno notizie dei sei abitanti di Maaloula rapiti, come dei vescovi greco-ortodosso e siriaco-ortodosso di Aleppo, scomparsi da più di un anno.

http://www.asianews.it/notizie-it/Gregorio-III,-%C3%A8-un-vero-crimine-di-guerra-la-distruzione-delle-chiese-di-Maaloula-30883.html
Assad annuncia le prossime elezioni siriane: si terranno il 3 giugno. L’opposizione parla di «buffonata», di elezioni farsa e via dicendo. Né potrebbe essere altrimenti. Ma, nonostante le critiche, si terranno ed è probabile, così stimano anche gli oppositori di Assad, che sanciranno una vittoria dell’attuale presidente. Né, anche in questo caso, potrebbe essere altrimenti: il popolo siriano conosce i limiti di Assad e i tanti limiti del suo governo. Ma in questi anni ha conosciuto bene anche i suoi oppositori, ovvero quei personaggi che da Londra e da altri Stati Esteri parlano di democrazia e di libertà, mentre sul terreno affidano il trionfo di questi alti ideali ai tagliagole di Al Qaeda i quali, imbottiti di Captagon – una droga sintetizzata nei laboratori Nato che non fa sentire dolore e privazioni e rende capaci delle efferatezze più inaudite – ammazzano nelle maniere più fantasiose islamici e cristiani che da secoli convivevano pacificamente in questo Paese.
Ma al di là del teatrino della propaganda, è interessante il luogo scelto da Assad per dare questo annuncio: il monastero di Maalula, un villaggio nel quale si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. Assad si è fatto riprendere dalla Tv di Stato mentre visitava il monastero accompagnato da alcuni esponenti della comunità cristiana locale. Era il giorno di Pasqua e questo filmato, al di là delle polemiche suscitate, ha mostrato al mondo, tramite la Tv di Stato siriana, la devastazione portata all’edificio cristiano dai miliziani di Al Nusra che l’avevano occupato. Mossa a effetto, certo, ma favorita da chi quel luogo l’ha distrutto, rapendo le suore che vi si trovavano e portando morte all’intorno.
Con questa uscita, Assad vuole accreditarsi come difensore delle minoranze, spiegano i giornali occidentali, e dare al mondo un’immagine positiva, contraria a quella ritagliata su di lui dalla propaganda occidentale. Resta il fatto che quando i miliziani di Al Qaeda presero Maalula nessun uomo politico dell’Occidente ebbe a dire una sola parola per deprecare l’accaduto, né per condannare le atrocità di cui si stavano macchiando i ribelli, che si aggiungevano alle innumerevoli commesse in precedenza. Così questo accreditamento di Assad suona più verosimile dell’ipocrisia di tante autorevoli voci occidentali che oggi si dicono scandalizzate dalla propaganda di regime.
Ma al di là, le immagini del monastero devastato che sono andate in onda sulla Tv siriana hanno riportato alla memoria una testimonianza da Maalula pubblicata sul nostro sito, che invitiamo, chi non l’avesse letta, a leggere. Perché racconta molto più di altre cronache quanto si sta consumando in Siria.

lunedì 21 aprile 2014

A tutti i cristiani del mondo: invocazione per il rilascio dei Vescovi di Aleppo, rapiti il 22 aprile 2013




























Venerdì Santo nella cattedrale di Sant'Ephrem: quella cattedra vuota ... 


"But, and after waiting a full year, we proclaim that the international community holds the responsibility of the silence that covers this case with all its aspects, and ask them to do deeds rather than saying words."





SETTIMANA SANTA IN QUESTA ALEPPO ...
( Ousbou Al Alaam )

La Settimana Santa è chiamata in arabo : Ousbou Al Alaam , che significa Settimana del Dolore. 
E’ una vera sofferenza quella che viviamo in Aleppo da una settimana. La Settimana "Santa"  è iniziata  il Sabato prima della Domenica delle Palme e dura fino a Sabato, il giorno della veglia pasquale. Infatti, vi è un blocco (de facto) di Aleppo da una settimana  a causa dei combattimenti in corso nelle vicinanze dell’unica strada che collega Aleppo al mondo. Pertanto, nessuno ha potuto uscire o tornare in città . Neppure le materie prime e merci, il che ha portato in pochi giorni a una penuria ancora più grave di quella che abbiamo sperimentato pochi mesi fa.. 
Noi non abbiamo più benzina , olio, carne , nessun pollo in tutta Aleppo ( città di 2,5 milioni di abitanti ), nessuna  verdura o frutta . 
Inoltre, tutti i fronti di Aleppo si sono accesi nello stesso momento e, di conseguenza, un rumore continuo di cannoni , giorno e notte, decine di colpi di mortaio che cadono su di noi ogni giorno ; una media di 10 civili uccisi al giorno senza contare i feriti. 
 La gente di Aleppo soffre e HA PAURA . Molte chiamate al giorno dalle famiglie di cui ci prendiamo cura, per dirci il loro dolore , la loro angoscia e paura . 
E per coronare il tutto, non abbiamo acqua ( non una goccia ) nè elettricità dalle ultime 48 ore .
 Per fortuna, la gente di Aleppo, in questa festa di Pasqua, ha fede nella Speranza della Risurrezione . Noi resistiamo perché crediamo che la vita è più forte della morte, e che  la luce alla fine emergerà dalle tenebre .
 Buona Pasqua a tutti i nostri amici 
 Nabil Antaki
 *Il Dr Nabil Antaki è un volontario dei Maristi Blu  in Aleppo.

sabato 19 aprile 2014

Anche tu hai una resurrezione!

Lettera pasquale 2014

di Sua Beatitudine Gregorios III
Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente
di Alessandria e di Gerusalemme


Stiamo celebrando la festa della Resurrezione gloriosa del Signore nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo, per la quarta volta consecutiva mentre gli eventi disastrosi della cosiddetta "primavera araba" stanno distruggendo migliaia di cittadini di diversi paesi arabi, dalla Libia all'Egitto, Palestina e in Iraq e soprattutto in Siria.

È proprio in questi paesi che i cristiani sono stati designati "figli della Risurrezione". Sono tutti chiamati a partecipare alla Risurrezione di Gesù .

..........

Appello al mondo

All'inizio del quarto anno della sanguinosa e tragica crisi siriana , lancio questo appello della Chiesa di Damasco sofferente e orante , che ha digiunato durante la santa Quaresima e continua la sua via crucis con tutti i cittadini di questo amato Paese , la culla del Cristianesimo, delle religioni e delle civiltà .

In questa grande festa della Resurrezione, nell'amore e nella speranza, di nuovo facciamo un accorato, potente, supplice appello .

Forti della nostra fede cristiana e per la missione spirituale e il ruolo di pastore e Patriarca , ci rivolgiamo a tutti: il Presidente del nostro paese e i suoi collaboratori, tutti i paesi arabi , gli Stati Uniti d' America, la Federazione Russa , i paesi dell'Unione Europea , tutte le nazioni del mondo, i pacifisti , i titolari di premi Nobel per la Pace , tutti gli uomini e le donne di buona volontà, i puri di cuore, i responsabili dei social media , gente di lettere, i pensatori, i capitani d'industria e di commercio, i mercanti d'armi ... noi invitiamo tutti a dispiegare ogni sforzo possibile per la pace in Siria . La tragedia siriana ha superato ogni misura e ogni limite! Essa ha percosso quasi ogni cittadino siriano . Chiediamo a Dio di ascoltare questo appello . Voglia Egli guidare i vostri cuori ad ascoltare questo Suo e nostro appello.

La morte regna in Siria ! Non possiamo continuare la marcia della morte ! Dobbiamo riunire i nostri sforzi , in patria e all'estero , il governo, l'opposizione , tutti i partiti e le persone di buona volontà , per arrestare il flusso di sangue siriano e camminare verso la resurrezione ! Siamo tutti figli e figlie della Siria , a cui Dio ha dato la luce della vita . Siamo chiamati alla vita, non alla morte . Come cittadino siriano e Patriarca siriano , supplico ogni siriano di camminare, con i suoi concittadini, sulla strada della risurrezione e della vita , che tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza ( cf. Gv 10 , 10 ) . Non più guerra! Mai più violenza! Niente più massacri !

Noi tutti dobbiamo tentare di realizzare la tregua per la vita . Dobbiamo rifiutare la logica della guerra e del potere: è una logica egoista e omicida !

Sto lanciando questo appello a tutto il mondo , in nome dei poveri, delle vedove, dei deboli , delle vittime, dei morti e dei feriti, dei mutilati , di quelli rimasti sfigurati, degli sfollati, dei rifugiati, dei senza casa , degli affamati , dei bambini e degli anziani, delle donne in gravidanza , dei portatori di handicap , di tutti quelli che sono nella disperazione, nel dolore e nello sconforto, come le persone che incontro spesso al confine siro-libanese quando viaggio da Beirut a Damasco, o durante le mie visite alle famiglie delle vittime e alle persone colpite dalla catastrofe . Essi sono sotto il peso della paura per il futuro e il destino delle loro famiglie, dei bambini e dei giovani .


Giovedì Santo ad Aleppo: i quartieri occidentali
investiti da pesanti attacchi dei ribelli: più di
100 morti e altrettanti feriti, in gran parte civili.
Di fronte a questa immagine oscura e sanguinosa del nostro amato paese, la Siria, mi rivolgo alle nazioni di tutto il mondo e le supplico: Abbiate pietà della Siria ! Lasciate la Siria ai Siriani! Basta con le vostre armi, i vostri combattenti, i vostri mercenari, i vostri avventurieri armati, i vostri jihadisti, i vostri takfiri!

Noi diciamo a tutti loro francamente : la guerra non è riuscita ! La violenza non è riuscita! Le armi non sono riuscite! Armare gruppi con tutti i tipi di armi non è riuscito ! Le vostre visioni, le vostre teorie e profezie dall'inizio della crisi nel 2011 sulla caduta della Siria, del Presidente e del governo siriano non sono state soddisfatte . La vostra propaganda pubblicitaria falsificata non è riuscita. I progetti e le trame di alcuni paesi arabi ed europei non sono riusciti . Le sanzioni economiche non hanno avuto successo. Le minacce di ferro e fuoco non sono riuscite. Le alleanze non sono riuscite .

Davanti a tutti questi fallimenti, non è tempo per il mondo di rendersi conto che nessuno vince con la guerra, che la soluzione politica è migliore, e che i Siriani sono i soli che decideranno del loro futuro e diranno chi dovrà essere il loro Presidente e il loro governo e quale dovrebbe essere la 
loro Costituzione?
accade a Kessab: no comment ...

O veramente il mondo è determinato, come sembra essere il caso, a continuare una guerra di sterminio del popolo siriano e di distruzione delle sue istituzioni, del suo patrimonio, delle sue chiese e moschee, una guerra che affama, impoverisce, disperde e uccide la nostra gente e i bambini, rompendo la sua resistenza e il morale , al fine di realizzare i propri interessi e progetti ?

E chi è la vittima ? E' il popolo siriano, sofferente, ferito, come ho descritto sopra .

In nome della Siria, supplico il mondo : Giù le mani dalla Siria ! Arrestate la strategia della guerra! Lasciate che la Siria e tutti i paesi  del mondo 
amanti della pace  lavorino insieme, per permettere che la pace prevalga in Siria! Perché la pace della Siria significa pace per l'intera regione del Medio Oriente , e in particolare della Terra Santa ! La Siria merita l'interesse, l'amore e la fiducia di tutto il mondo !

Non vogliamo che la Siria sia la terra della guerra, dell'omicidio, della violenza e del terrorismo ; ma piuttosto, come si legge sui manifesti per le strade di Damasco : "Siria, la tua terra è santa, una terra di amore e di pace" .

A te Resurrezione, o Siria!

La Siria è la terra della Risurrezione . Alle porte di Damasco, Paolo di Tarso vide Cristo risorto dai morti. Egli veniva a Damasco come un persecutore. Da qui è partito come apostolo e predicatore della Risurrezione. Questo è il motivo per cui la Siria è la terra della Risurrezione. Come abbiamo detto : il titolo dei suoi figli è "Figli della Risurrezione".

Oggi ci rivolgiamo ai nostri concittadini, i figli e le figlie della Siria, dando loro questo splendido appellativo storico : oh figli e figlie della Siria ! Voi siete i figli della Risurrezione , figli della vita. Voi non siete né i figli della morte, né strumenti di morte. Non siete figli della violenza, del terrore, della tortura e dei massacri. Siate per sempre figli della Risurrezione e della vita !

Che se ne vadano dalla terra pura della Siria coloro che cercano di distruggere il nostro amore, il nostro vivere insieme, uccidendo e causando lo spargimento di sangue nella nostra terra, e seminando idee di takfirismo, di odio, di inimicizia, di divisione e sedizione ! Sono solo  operatori di morte !

Noi diciamo alla Siria ciò che Gesù ha detto in una sinagoga, quando ha guarito la donna piegata in due : "Donna, tu sei sciolta dalla tua infermità." (Luca 13 : 12 )

Noi le diciamo: Tu, Siria, hai una resurrezione ! Hai una resurrezione, tu mio fratello cristiano ! Hai una resurrezione, tu mio fratello musulmano ! Hai una resurrezione, tu che stai nascosto sotto terra ! Hai una resurrezione, tu mio fratello combattente!

Auguri per la festa
Damasco: dopo 10 anni, il 17 aprile, Cristo
ha consegnato un nuovo messaggio a Myrna
a Soufanieh

Qui porgo i miei auguri per la festa della Resurrezione gloriosa , questa festa della Pasqua del Signore, celebrata quest'anno nella stessa data per tutte le nostre Chiese . Offro questi auguri ai miei fratelli Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi, membri del nostro Santo Sinodo, ai miei fratelli e figli sacerdoti, diaconi, monaci, suore e tutti i fedeli delle nostre parrocchie nei paesi arabi e nei paesi dell'emigrazione ( soprattutto quelli che ricevono recenti emigrati siriani ). 
 Offro questi auguri a tutti i cristiani, mentre celebriamo la Pasqua insieme quest'anno , e anche per i nostri concittadini musulmani che credono nella resurrezione, come possiamo leggere in questo versetto coranico : " Pace su di me il giorno in cui sono nato, e il giorno della mia morte e il giorno in cui sarò risuscitato " ( Sura 19 : 33 Maryam )

Termino questa lettera con uno dei più bei canti della celebrazione della Resurrezione gloriosa in cui ci rivolgiamo al Cristo risorto , fieri della sua risurrezione ( nona Ode di Orthros ) : " O divina delizia , O ineffabile dolcezza della tua voce! Perchè tu ci hai veramente promesso, o Cristo, di essere con noi fino alla fine dei tempi ; e noi fedeli, avendo su questa promessa il fondamento della speranza, esultiamo di gioia ".

Con il mio affetto e la mia benedizione
+ Gregorios III
Damasco, 20 aprile 2014

(trad FMG)
  il testo completo della lettera qui:
inglese:  http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Paschal-Letter-2014
francese:  http://www.pgc-lb.org/fre/gregorios/view/Paschal-Letter-2014


AGGIORNAMENTO : DOMENICA DI PASQUA  IL SANTO PADRE FRANCESCO...

" Ti supplichiamo, in particolare, per la Siria, l’amata Siria, perché quanti soffrono le conseguenze del conflitto possano ricevere i necessari aiuti umanitari e le parti in causa non usino più la forza per seminare morte, soprattutto contro la popolazione inerme, ma abbiano l’audacia di negoziare la pace, ormai da troppo tempo attesa!"

giovedì 17 aprile 2014

Ogni giorno i cristiani del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: ricordiamoli nel Venerdì Santo

Il card. Sandri: cristiani del Medio Oriente in gravi difficoltà, aiutiamoli a non fuggire



In occasione dell’annuale Colletta per la Terra Santa, la Congregazione per le Chiese Orientali ha indirizzato in questo tempo di Quaresima una lettera ai vescovi di tutto il mondo. Il documento — firmato dal cardinale prefetto Leonardo Sandri e dall’arcivescovo segretario Cyril Vasil’— raccomanda il sostegno della Chiesa universale ai cristiani d’oriente, che portano la responsabilità di custodire i luoghi delle origini della nostra fede e ancor più di essere essi stessi i testimoni viventi di quelle origini. Il giorno scelto dai Pontefici per l’importante iniziativa di fraternità è il Venerdì Santo. Le singole  diocesi potranno trovare altri momenti consoni ad esprimere la possibile sollecitudine verso  la Chiesa latina e le altre Chiese cattoliche orientali operanti nella Terra della Redenzione. È un dovere di gratitudine a Cristo e alla Chiesa collaborare perché la celebrazione dei misteri della salvezza sia garantita là dove ebbe inizio l’annunzio del Vangelo.   

LETTERA DEL PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


La Quaresima, quale cammino con Cristo verso la croce e la risurrezione, risveglia la fratellanza con quanti vivono nei luoghi santi. Là gli apostoli hanno ascoltato per primi la voce del Signore Gesù, ne hanno condiviso per grazia il mistero, e poi lo hanno annunciato e testimoniato. Attorno a essi sono fiorite le prime comunità cristiane, cominciando da Gerusalemme.

L’unità in Cristo redentore ci spinge a promuovere anche quest’anno l’importante iniziativa della Collecta pro Terra Sancta, adempiendo al debito della Chiesa universale verso quella Chiesa madre. Papa Francesco lo ha ribadito ricevendo i patriarchi, gli arcivescovi maggiori, i padri cardinali e i vescovi nella sessione plenaria della Congregazione per le Chiese orientali: «Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa — l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti — la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. È “la luce dell’Oriente” che “ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1, 78), Gesù Cristo, nostro Signore” (Lett. ap. Orientale Lumen, 1). Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni» (21 novembre 2013).

Ancora oggi la colletta è la fonte principale per il sostentamento della loro vita e delle loro opere, secondo la volontà sollecita dei sommi Pontefici, i quali, specie nell’imminenza del Venerdì santo, hanno sempre esortato a gesti di autentica carità fraterna.
Ogni giorno i cristiani in varie regioni del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: vivono nell’insicurezza o subiscono violenza per il solo fatto di professare la loro e nostra fede. Ogni giorno ci sono fratelli e sorelle che resistono, scegliendo di restare là dove Dio ha compiuto in Cristo il disegno della universale riconciliazione. Da quella terra sono partiti coloro che, sulla parola di Cristo, hanno portato l’Evangelo ai quattro angoli del mondo. È là che la Chiesa ritrova sempre, con le sue radici, la “grande speranza” che porta il nome di Gesù, ma la situazione attuale è veramente delicata: basti pensare al conflitto tra Israele e Palestina, all’evoluzione che investe l’Egitto, alla tragedia della Siria. 

Nel Venerdì santo vorremo elevare al Crocifisso il grido della pace per Gerusalemme e perché il mondo, cominciando dalla terra di Gesù, divenga la città della pace. Ai discepoli di Cristo si chiede di operare per la pace ricordando che «le guerre costituiscono — tra l’altro — il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2014). Sono parole che assumono un significato preciso e chiaro in relazione all’odierna Colletta pro Terra Santa. La situazione di pesante incertezza sociale, e addirittura di guerra, si è aggravata, colpendo a ogni livello il fragile equilibrio dell’intera area e riversando sul Libano e sulla Giordania profughi e rifugiati che moltiplicano a dismisura campi di accoglienza sempre meno adeguati. Si rimane sconvolti per il numero di rapimenti e omicidi di cristiani in Siria e altrove, per la distruzione di chiese, case e scuole. Ciò non fa che alimentare l’esodo dei cristiani e la dispersione di famiglie e comunità. 

Tanti fratelli e sorelle nella fede stanno scrivendo una pagina della storia con “l’ecumenismo del sangue”, che li affratella, e noi vogliamo essere al loro fianco con ogni sollecitudine.
Le comunità cattoliche di Terra Santa, quella latina della diocesi patriarcale di Gerusalemme, come della Custodia francescana e delle altre circoscrizioni, e quelle greco-melchita, copta, maronita, sira, caldea, armena, con le famiglie religiose e organismi di ogni genere, grazie alla colletta del Venerdì santo, riceveranno il sostegno per essere vicine ai poveri e ai sofferenti senza distinzione di credo o di etnia. Le parrocchie manterranno aperte le porte a ogni bisogno; così le scuole, ove cristiani e musulmani insieme preparano un futuro di rispetto e collaborazione; gli ospedali e ambulatori, gli ospizi e i centri di ritrovo continueranno a offrire la loro assistenza, affinché nello smarrimento di questi nostri giorni, la carità ecclesiale faccia risuonare la parola di Gesù: «Coraggio... non temete» (Mc 6, 50). 

Così accompagneremo fin da ora Papa Francesco, che si appresta a farsi pellegrino di unità e pace in Terra Santa: una visita tanto attesa, desiderata e necessaria. Essa confermi nella fede i cristiani, li renda ancora e sempre più capaci di misericordia, di perdono e di amore. 

A lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della colletta, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco, col grazie della Congregazione per le Chiese orientali. E invoco copiose benedizioni divine, mentre porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.

Suo dev.mo
Card. Leonardo Sandri,
Prefetto
Cyril Vasil’, S.I.,
Arcivescovo Segretario

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/03/07/0168/00352.html#LETTERA%20DEL%20PREFETTO%20DELLA%20CONGREGAZIONE%20PER%20LE%20CHIESE%20ORIENTALI

Tra i profughi aumenta il numero dei cristiani


Agenzia Fides 14/4/2014

Amman  - Tra i profughi siriani rifugiati in Giordania i cristiani “sono in continuo aumento e si preparano a vivere una Pasqua segnata per loro dallo sconforto e dalla stanchezza spirituale”.
Lo riferisce all'Agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania. “Avevamo pensato di far celebrare delle liturgie per i rifugiati siriani di fede cattolica” spiega Suleiman, “ma ci siamo accorti che non c'era tra loro la disposizione d'animo adeguata. Preferiscono partecipare alle celebrazioni nelle parrocchie della Giordania, in mezzo ai fedeli di qui. Sono stanchi, rassegnati, e non sono interessati a celebrazioni e liturgie riservate a loro, che li richiamerebbero alla loro condizione di sfollati e alle sofferenze che hanno vissuto. Attendono con speranza, questo sì, l'arrivo in Giordania di Papa Francesco. Nel programma della visita papale è previsto che il Papa incontri alcuni di loro a Betania, oltre il Giordano, vicino al luogo del battesimo di Gesù”.

Il direttore di Caritas Giordania conferma a Fides il progressivo aumento dei cristiani nella moltitudine di rifugiati siriani oggi presenti nel Regno Hascemita: “Non è come all'inizio, quando nelle prime ondate di profughi non c'erano cristiani. Adesso” spiega Suleiman “sono sicuramente più di 20mila. Un numero esiguo rispetto alla massa di un milione e 300mila profughi siriani che secondo i dati del governo di Amman sono ospitati in Giordania. Ma si può prevedere che difficilmente i cristiani fuggiti torneranno in Siria alla fine della guerra. Questo vuol dire che in alcune città, come Homs o Aleppo, tanti quartieri cristiani rimarranno vuoti dei loro abitanti di un tempo”.



Quel che resta dei cristiani d'Oriente


Nei paesi arabi sono sempre di meno, spinti all'esodo da crescenti ostilità. Una mappa aggiornata di quanti sono e chi sono, tre mesi prima del viaggio del papa in Terra Santa

di Sandro Magister

   leggi qui:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350714

martedì 15 aprile 2014

La settimana di Passione è iniziata in Siria...

R.I.P. Sinar Ghaith Mtanios
Stamattina la morte è passata a Bab Tuma di nuovo, ma questa volta è entrata dentro il cortile della scuola. Più di 60 feriti ed un bimbo salito al cielo. Una bimba ha perso le due gambe.





Razzo sulla scuola armena cattolica: un bambino ucciso, 61 feriti

Agenzia Fides 15/4/2014

 Un bambino morto, 61 feriti tra bambini, genitori e professori. E' questo l'esito tragico del razzo caduto stamattina sulla scuola armeno-cattolica di Damasco, nel quartiere storico di Bab Tuma, nella città vecchia, dove sono concentrate molte chiese e scuole cristiane. 



“Stamane, intorno alle 7,30” spiega all'Agenzia Fides padre George Bahi, sacerdote armeno cattolico dell'esarcato patriarcale di Damasco “un missile è caduto sulla folla di bambini, genitori e professori che attendevano l'apertura della scuola. Un bambino è morto e 61 tra bambini e adulti sono rimasti feriti. I soccorsi sono arrivati presto e i feriti sono stati portati in tre ospedali della zona. Con il Vescovo Joseph Arnaouti stiamo facendo il giro dei reparti ospedalieri per assistere e confortare anche i genitori, i parenti e gli amici dei feriti, tutti sconvolti per quello che è accaduto”.

http://www.fides.org/it/news/55029-ASIA_SIRIA_Razzo_sulla_scuola_armena_cattolica_un_bambino_ucciso_61_feriti#.U00b5kaKDwo


 Maalula liberata, ma chiese devastate e icone profanate


Agenzia Fides 15/4/2014

Maalula  - Dopo la riconquista del villaggio cristiano di Maalula – 55 chilometri a nord est di Damasco - da parte dell'esercito governativo siriano, le immagini e le descrizioni diffuse dalle fonti governative e anche dalle agenzie giornalistiche internazionali documentano la devastazione subita dai luoghi di culto cristiani durante i 4 mesi in cui la città è rimasta sotto l'occupazione delle milizie ribelli. 

In particolare, danni gravi sono stati subiti dal santuario greco-melchita di Mar Sarkis, dove la chiesa appare devastata, il pavimento è cosparso di oggetti religiosi, immagini e libri sacri danneggiati, sono scomparse le icone conservate nella sacrestia e non ci sono più né le campane né la croce che sormontava la cupola del convento greco-melchita. Il santuario, fondato alla fine del V secolo, è dedicato ai santi Sergio e Bacco, militari romani martirizzati per la loro fede sotto l'Imperatore Galerio. (250-311 d.C.). 




Sull’altura che sovrasta il santuario c'è l' Hotel Safir, un albergo che dominava il villaggio e che era stato scelto come quartier generale dalle milizie ribelli. 
Prima di venire travolto dalla guerra civile, nel villaggio rupestre di Maalula - che oggi appare disabitato - vivevano 5mila siriani, in grande maggioranza cristiani (greco-cattolici e greco-ortodossi). La riconquista di Sarkha, Maalula e Jibbeh è il risultato dell'offensiva con cui l'esercito siriano governativo ha ripreso il controllo quasi integrale della regione del Qalamun, dove passa anche la via strategica con cui i ribelli facevano giungere armi alle loro roccaforti nei dintorni di Damasco. 


In tale offensiva i reparti militari siriani vengono supportati dalle milizie sciite libanesi di Hezbollah. Proprio tre operatori della rete televisiva di Hezbollah al-Manar TV sono stati uccisi da raffiche sparate da cecchini mentre stavano documentando la riconquista di Maalula. 


http://www.fides.org/it/news/55024-ASIA_SIRIA_A_Maalula_chiese_devastate_e_icone_profanate#.U00cIvl_uXs


Uomini armati affiliati ad estremisti hanno devastato la tomba di un santo sacerdote nella chiesa di Qara nel Qalamoun : hanno scavato la sua tomba , frugato tra le reliquie del suo corpo , distrutta la sua urna .