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lunedì 1 settembre 2014

"Se crollasse la Siria, per il Medio Oriente sarebbe una catastrofe"




























Giornata di preghiera per la Pace in Siria 
7 settembre 2014
a Roma
celebrazione liturgica in rito greco bizantino 

presieduta da Mons. Mtanoius Haddad 

Procuratore del Patriarca Greco Melkita Cattolico

presso la Basilica di Santa Maria in Cosmedin
Piazza Bocca della Verità , Roma, Ore 10.30


1 settembre: memoria di san Simeone stilita. Preghiamo perchè per la sua intercessione la Pace e la sicurezza tornino in Aleppo e in Siria

Intervista al Vicario Apostolico di Aleppo, mons. George Abu Khazen, in cui esprime i suoi timori per la situazione nel martoriato paese e spiega perché oggi sia fondamentale salvare lo Stato Siria




Roma, (Zenit.org)
 di  Naman Tarcha


ZENIT lo aveva già intervistato alcuni giorni fa in occasione di un incontro durante il Meeting di Rimini, al quale aveva partecipato insieme al suo predecessore Giuseppe Nazzaro. Tuttavia il Vicario Apostolico di Aleppo, George Abu Khazen, vescovo dei Latini in Siria, ha ancora tanto e tanto da dire. Non potrebbe essere altrimenti considerando che la sua opera si svolge nella città più antica del mondo ancora abitata, e oggi, purtroppo, la più pericolosa. Mite, con il sorriso abituale dei frati minori, ma forte e determinato come le montagne del Libano dove è nato e cresciuto, il presule ha partecipato al Meeting con grande entusiasmo, offrendo una toccante testimonianza durante l'incontro tenuto dal Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria. Nei suoi occhi c'è un misto di nostalgia e commozione. Tutti lo cercano, e lui si presta umilmente a interviste e conferenze, cosciente della grande responsabilità verso il suo popolo. "Prima di partire da Aleppo tutti mi dicevano: porta nostri saluti e racconta al mondo ciò che succede a noi!"

Quale è la situazione della popolazione civile oggi in Siria?
Dipende dalla zona, la situazione varia da un posto all’altro, in alcune zone la gente vive in sicurezza lontana dagli scontri, realisticamente tranquilla, anche se tutti i siriani sono stati colpiti, sia personalmente, sia per la presenza di un altissimo numero di sfollati. Le zone degli scontri sono invece molto più pericolose, distrutte e danneggiate. Ad esempio ad Aleppo manca tutto: acqua, corrente, combustibili, aumento spropositato del costo della vita, sommati ad una totale disoccupazione. Gli unici che riescono oggi ad arrangiarsi sono gli impiegati statali e i pensionati, mentre tutti gli altri vivono di aiuti e sussidi. Immaginate un padre di famiglia che arriva alla sera senza poter comprare la cena ai suoi figli! Ovviamente tutto ciò unito alle minacce quotidiane di razzi e colpi di mortaio, a case distrutte e una lista quotidiana di vittime. Tutti i giorni contiamo decine di vittime civili perfino nei quartieri cristiani.

Dopo quattro anni l’Occidente si è accorto che le minacce ai cristiani del Medio Oriente sono una realtà? Ma quale è la vera minaccia?
Mi domando se davvero l'Occidente è preoccupato per le minacce ai cristiani in Medio Oriente. E' un punto interrogativo. Il pericolo più grande è l’espansione dell’estremismo: l'esempio più eclatante è il cosiddetto Stato Islamico, che rappresenta oggi un vero pericolo non solo per i cristiani, ma per tutte le minoranze etnico religiose, oltre all’Islam moderato. I cristiani di Aleppo ad esempio vivono quotidianamente con il timore e la paura, perché l’IS è a soli 20km di distanza dal centro della città. Se mai l’Is dovesse arrivare ad Aleppo, una città già di per sè molto complessa, non ci sarà scampo e sarà una distruzione totale.

L’Occidente teme più per la sorte dei cristiani o per i propri interessi?
Per me l’Occidente di sicuro non è preoccupato per i siriani cristiani, perché in quattro anni quando erano davvero in pericolo nessuno ha mosso un dito. Anzi, ci accusavano di essere schierati, di stravolgere le realtà, di dire il falso, e che sbagliavamo in tutto. Se si sono mossi oggi è per altri motivi. In Occidente si mobilitano tutti per salvare un animale minacciato di estinzione e proteggere il suo habitat, mentre intere popolazioni etniche e religiose vengono sradicate dalle loro terre d’origine dove vivono da secoli, e nessuno apre bocca.

Quale è la situazione dei villaggi cristiani nella provincia di Idlib?
A Ghassaniyeh la presenza dei cristiani è stata cancellata totalmente, non sappiamo nulla delle chiese e dei conventi, se sono stati distrutti, bruciati o saccheggiati. Nelle altre tre Kunayeh, Yakibiyeh e Jidayde è rimasto un piccolo nucleo di famiglie cristiane: circa 700 persone con due frati, che servono i loro parrocchiani spiritualmente e socialmente. Le parrocchie cattoliche e quelle ortodosse sono rimaste invece senza nessuno. Quando sono entrati i jihadisti dello Stato Islamico, avevano ordinato nei villaggi di togliere tutti i simboli cristiani, croci, statue e immagini sacre, dentro e fuori le chiese e le abitazioni, obbligando le donne a coprirsi. Oggi invece sono sotto altri gruppi armati ma con il pericolo continuo dei saccheggi.

L'Occidente ha ignorato a lungo i timori della Chiesa in Siria. Essa, però, è divenuta oggi un punto di riferimento per tutti?
La Chiesa in Siria non è schierata politicamente, ha sempre adottato una posizione obiettiva perché raccontava la verità e la realtà dei fatti, anzi tanti l’hanno accusata ingiustamente di essere di parte. Il suo obiettivo era salvaguardare il Paese e i suoi cittadini, in particolare i cristiani, perché aveva una chiara visione di come sarebbero andate le cose. Ed eccoci oggi, vediamo cosa accade. Era una posizione profetica piuttosto che una posizione schierata. La Chiesa in Siria è attualmente molto vicina ai cittadini, sia cristiani che non: nessun vescovo ha lasciato la sua gente, nessun parroco ha abbandonato la propria parrocchia, le nostre possibilità sono limitate ma offriamo soccorso ed aiuto concreto. Ospitiamo tutti i siriani sfollati senza distinzione: cristiani, cattolici, ortodossi, e musulmani. Il popolo siriano, abituato alla convivenza pacifica, oggi è coeso più di prima, e ha riscoperto in questi momenti difficili il vero volto della solidarietà, della carità e dell’accoglienza dell’altro, e forse questo è un segno in un mondo marchiato dall’individualismo e dal razzismo.

Perché oggi è fondamentale salvare la Siria?
Se crollasse lo Stato siriano, con tutto ciò che rappresenta  - e non parlo di un governo, ma dello Stato Siria - sarebbe una vera catastrofe che devasterebbe tutto il Medio Oriente. Dobbiamo salvare la Siria, come Istituzione, come idea, con i suoi principi di convivenza, dialogo, moderazione e diversità, ed è questo ciò che tanti purtroppo non vogliono.
La nostra speranza è forte come la nostra fede. Il mio destino, quello di questa comunità e di questo Paese, non è nelle mani di un singolo, né di una forze regionale, né di una potenza mondiale, ma nelle mani di Dio, e questo destino lo riprenderemo per ritornare ad essere testimonianza vivente per gli altri, in tutto il Medio Oriente.

http://www.zenit.org/it/articles/se-crollasse-la-siria-per-il-medio-oriente-sarebbe-una-catastrofe

mercoledì 18 giugno 2014

La situazione dei cristiani siriani : cittadini in uno stato laico

Fra Firas Lutfi, giovane francescano siriano, racconta di quale cambiamento abbia realmente bisogno il suo paese e la difficoltà di ricostruire l'anima ferita dei suoi connazionali





Zenit
seconda parte dell'intervista di Naman Tarcha a fra Firas Lufti



Qual è la situazione dei siriani cristiani?
I siriani cristiani hanno goduto da sempre di una libertà religiosa, potevano praticare ed esercitare le loro funzioni liberamente dentro e fuori delle chiese, perfino in affollate processioni nelle strade durante il mese mariano o nella settimana santa. Ovvio che in alcuni casi si chiedono i permessi, come in tutte le parti, avvisando le autorità per proteggere le funzioni, e questo è una cosa molto importante perché esprime la tua fede nel rispetto delle altre fedi. Questa libertà religiosa è garantita perché la Siria è uno stato laico e non uno stato teocratico, perché se lo fosse il siriano di fede cristiana sarebbe cittadino di serie B come in altri paesi arabi. E questo, in uno stato civile, è una questione inaccettabile in uno società che crede nella cittadinanza nel quale io e te siamo pari, e malgrado la nostra diversa appartenenza etnica o religiosa abbiamo gli stessi diritti e doveri. I cristiani in Siria e in tutto il Medio Oriente vorrebbero vivere in questo contesto sociale senza privilegi ma con parità e uguaglianza nella cittadinanza. Nonostante il numero dei siriani cristiani non sia altissimo, crediamo che il numero non è la misura,  non avevano mai subito persecuzioni e minacce quotidiane alla loro vita ed esistenza. Oggi le cose sono cambiate e l'esempio palese è la città di Al Raqaa dove ai cristiani viene richiesto il dazio per lasciarli in vita.

Tanti accusano i siriani cristiani di avere una posizione ambigua. Cosa vogliono davvero?
Prima della crisi siriana i cristiani siriani avevano diverse richieste, come ad esempio la questione dell'appartenenza completa al paese dentro la costituzione siriana, la quale indica che il Presidente della Repubblica deve essere esclusivamente di fede mussulmana. Ma se vogliamo uno stato con l'uguaglianza dei cittadini la fede non dovrebbe essere un problema, bensì conta l'appartenenza al paese. Da cristiano la mia storia e radici risalgono a migliaia di anni e ho il diritto di raggiungere la più alta carica dello stato.
Oggi i cristiani vogliono invece almeno ritornare al passato. Soprattutto vedendo i conventi e le chiese profanate, saccheggiate, bruciate e distrutte, mentre il cristiano viene giustiziato con l'accusa di essere miscredente e infedele, o di essere lealista e vicino al governo. In questa situazione si trovano tanti giovani nell'esercito siriano, che prestano il servizio di leva: il giovane cristiano serve il suo paese convinto che é un suo dovere civile nel difendere la patria ma anche dovere religioso contro un pericolo di Jihadismo ed estremismo. Per questo motivo i cristiani difendono lo stato partendo dal principio della cittadinanza, e se non fosse la cittadinanza la misura della convivenza, qualsiasi misura sarebbe squilibrata. Se la misura é numerica siamo minoranza e si consacrerà il potere di una maggioranza sugli altri; se il criterio fosse settario, allora io mussulmano vengo prima poi gli altri sono di serie B; e allo stessi modo se la misura è su base etnica,  la società viene divisa e vengono esclusi curdi, armeni, cerchesi, turcmeni.
Sono una persona e non un numero, nè una percentuale; sono nato su questa terra, e vorrei continuare a viverci e l'altro dovrebbe riconoscermi come partner, non come ospite, al quale concede alcuni diritti. La cosa principale è questa: chi si considera amico dei siriani, o che pensa di lavorare per il loro bene, ci lasci decidere noi stessi, e  non decida al nostro posto, senza trattarci come deficienti o incapaci di ragionare. Abbiamo tutto il diritto di decidere il nostro destino. La civiltà siriana ha lasciato le sue impronte su tutto, perciò i siriani sono maturi abbastanza per capire ciò che è il loro bene è il loro male.

C'è in atto una persecuzione dei siriani cristiani?
Sì, i cristiani sono presi di mira. All'inizio le cose non erano chiare, oggi invece i siriani conoscono bene l'identità dei combattenti e la loro provenienza e appartenenza, soprattutto dopo quel che é accaduto nelle città cristiane vicino a Idlib. Quelli che parlano oggi del cosiddetto Esercito Libero come forza d'opposizione moderata sanno di mentire, e sanno bene che i diversi gruppi armati sono in un conflitto interno su terreni e sui bottini di guerra. I casi sono infiniti, vorrei ricordare i due arcivescovi siriani di Aleppo, Ibrahim, Siro-ortodosso, e Yazji, greco-ortodosso, ancora nelle mani dei ribelli, insieme ai due giovani sacerdoti Michael Kayal armeno cattolico e Isaak Mahfuz greco ortodosso spariti nel nulla. L'ultimo martire é il padre gesuita Franz Van der Lught, di nazionalità olandese che ha scelto di restare a fianco dei suoi parrocchiani a Homs, e ucciso barbaramente dai gruppi armati dopo aver tentato di prenderlo in ostaggio.
Quelli che prendono di mira i cristiani non sono siriani, perché un siriano mussulmano che ha vissuto accanto a suo fratello cristiano, non può farlo, sa come vive, a cosa crede e come si comporta, mentre chi viene da fuori, gli estremisti, indottrinati dal pensiero salafita e wahhabita, porta con sè un profondo odio dell'altro, del diverso, e non ha mai conosciuto un cristiano. Per lui la vita inizia e finisce nell'islam e tutti quelli che non appartengono alla sua presunta religione, sono miscredenti ed è lecito ucciderli.


Ha vissuto un’esperienza molto dolorosa. Cosa è accaduto a Ghassaniye?
il martire padre François Murad
Ero in servizio nella provincia di Idlib, dove sono stati assaltati tre villaggi cristiani, e lì viveva padre François Murad, un monaco che ha costruito un piccolo monastero per far rivivere la spiritualità del monachesimo orientale, e quando sono arrivati i ribelli ha aperto le porte a loro, ospitandoli, dopo un breve periodo l'hanno cacciato via occupando casa sua, e abbiamo dovuto ospitarlo nel nostro convento francescano, dove c'erano tre suore che offrivano il servizio di ambulatorio ai civili rimasti.
I ribelli hanno tentato diverse volte di assaltare il convento, e alla fine sono riusciti. Appena mi hanno avvisato sono corso, trovandomi davanti ad una scena agghiacciante. Avevano rubato e saccheggiato tutto, distruggendo croci e statue, e profanando la chiesa sgozzando il cane del convento sull'altare, e uccidendo padre Francois con sette colpi di pistola. Bastava una per ammazzare un uomo indifeso e disarmato, ma hanno preferito ucciderlo con sette colpi nel petto, e io l'ho sepolto.

Aleppo, la città più antica al mondo, oggi si trova in una situazione disastrosa...
Aleppo sta soffrendo in una condizione disumana e tragica, perché l'essere umano può anche supportare le difficoltà e i pericoli, ma quando viene privato dei bisogni primari restando senza acqua e cibo, perde tutta la dignità umana. La gente cerca di sopravvivere malgrado il costo della vita altissimo e la mancanza di introiti, senza benzina nè gas nè corrente e acqua. Anche se i quartieri cristiani della città sono relativamente sicuri, questa zona viene presa di mira dai gruppi armati con lanci continui di colpi di mortaio e missili artigianali, perfino la nostra cattedrale ha subito danni da questi missili. L'ultimo incidente é stato quando i ribelli hanno fatto saltare il palazzo della camera di commercio: è caduto il vetro della chiesa durante la messa, tanta era la forza dell'esplosione. I frati cercano di sostenere e aiutare la gente come possono, aprendo le porte ai bisognosi, e offrendo l'acqua potabile a tutti, mentre la scuola francescana ospita i bambini dell'orfanotrofio islamico. La sfida principale infatti é la sfida morale e spirituale, perché se l'uomo perde la speranza non riesce a superare e sopportare le difficoltà, senza la speranza la vita diventa senza senso nè futuro.

Ultima parola?
Durante le Crociate, San Francesco è riuscito ad ottenere il permesso di custodire la terra santa non con la forza delle spade e della violenza, ma con l'intelligenza, la semplicità e il dialogo. Questo conferma che l'unica strada per ottenere ciò che desidero dall'altro è nel riconoscimento e nel rispetto reciproco, senza ammazzare nè farmi ammazzare. Dobbiamo insistere sul dire tutta la verità con amore, e insistere nel dialogo con l'altro, senza questo dialogo saremo  distanti dalla nostra vita.

http://www.zenit.org/it/articles/la-siria-ha-bisogno-di-evoluzione-non-di-rivoluzione-seconda-parte

martedì 3 giugno 2014

Perchè il popolo siriano vuole votare? : la Siria ha bisogno di evoluzione, non di rivoluzione!










Fra Firas Lutfi, giovane francescano siriano, racconta di quale cambiamento abbia realmente bisogno il suo paese e della difficoltà a ricostruire l'anima ferita dei suoi connazionali





Sguardo fisso, presenza calma, dialogo franco, una vita dedicata a servire gli ultimi sulle orme di San Francesco. E' una figura che colpisce quella del giovane francescano fra Firas Lutfi. 
Figlio di Hama, la città che ha vissuto negli anni '80 la distruzione a causa di un colpo di stato fallito, il frate, mentre la sua famiglia si divideva tra Hama e Homs, ha servito la principale parrocchia cattolica dal 2004 fino a che è scoppiata la crisi siriana nel suo amato paese. 

Zenit,   

di   Naman Tarcha


Partono oggi le elezioni presidenziali siriane con una significativa partecipazione dei siriani malgrado le minacce e il terrorismo. C'è tanta voglia di un cambiamento?

Fra Firas Lutfi: La Siria come tutti i paesi del mondo aveva bisogno di cambiamento, ma per modernizzare il paese non c'era bisogno di una rivoluzione bensì di una evoluzione. L'Europa ha attraversato guerre mondiali devastanti prima di raggiungere una certa democrazia e considerare l'essere umano al centro. Il mio paese è sempre stato in mezzo a conflitti e guerre che hanno colpito la nostra regione dall'inizio dei secoli; é stato oggetto di contese e conflitti tra le forze regionali ed allo stesso tempo una delle regioni dove sono passate più civiltà, con conseguenze negative ma anche positive, offrendo tanta ricchezza e diversità meritando così di essere considerata la culla di tante civiltà. La Siria per 400 anni é rimasta sotto l'occupazione ottomana e poi l'occupazione francese, ottenendo la sua indipendenza solo trent'anni fa. Allora come si può chiedere ad un paese così giovane di essere libero indipendente stabile democratico al 100%?

Perché l'Occidente ha impedito ai siriani di votare all'estero definendo le elezioni "una farsa"?
Fra Firas Lufti: L'Occidente non riesce a cogliere due questioni: la prima è che i paesi in via di sviluppo hanno bisogno di tempo necessario per i cambiamenti, non si può chiedere ad un bambino di gareggiare in una maratona o attraversare il mare prima che cresca e possa essere autonomo. 
La seconda questione é l'indipendenza: oggi tutti i siriani lottano contro la violazione della sovranità siriana e l'ingerenza, perché credono che questa terra benedetta é la loro terra, la terra dei loro antenati, e hanno tutto il diritto di viverci in dignità. Il modello democratico nei paesi arabi é diverso da quello occidentale. La differenza é proprio nella forma mentis. L'Occidente si concentra sulla persona e sull'individualismo mentre nelle società mediorientali si vive ancora con il concetto di Pater Familias, della comunità, delle tribù. La democrazia di cui parliamo é la scelta del leader su cui viene trovato accordo per il bene comune e il meglio per il paese. Perciò dobbiamo rispettare le caratteristiche e le particolarità dei popoli senza voler applicare a loro i sistemi di altri paesi.

Tutti parlano a nome dei siriani ma cosa vogliono i siriani stessi?  

Fra Firas Lufti: C'erano da sempre ostacoli che impedivano il cambiamento e la modernizzazione del nostro paese, in primis la questione della liberazione dei nostri territori delle alture del Golan occupato. Fino ad oggi siamo in uno stato di guerra per difendere il nostro paese da un altro vicino che occupa i nostri terreni, malgrado le decine di risoluzioni delle Nazioni Unite che ribadiscono il nostro diritti ad averli. Il cittadino siriano bramava un sviluppo del paese a tutti i livelli, e vedeva nel presidente e nel governo attuale una vera speranza per questo cambiamento in un paese ricco di risorse ma colpito dalla crisi economica mondiale e dalla corruzione come in tanti altri paesi. 
Il paese di sicuro aveva bisogno di cambiamenti, alcuni già avviati e altri ritardati. Siamo tutti d'accordo sulla necessità di un cambiamento. La domanda però è: "Quale cambiamento?". Per l'opposizione siriana esterna, rappresentata dalla coalizione nazionale e l'opposizione armata, questo cambiamento avviene attraverso la violenza con l'appoggio e l'intervento militare esterno dall'Occidente, mentre per il cittadino siriano, che ha sopportato di tutto in questi tre anni, questo fatto é completamente inaccettabile. Sarebbe violazione della sovranità del paese e del rispetto dell'indipendenza degli Stati sancito dalle Nazioni Unite...

L'Occidente ancora parla di una rivoluzione del popolo siriano?
Fra Firas Lufti: I siriani, in modo particolare i cristiani, dopo tutti questi eventi sono convinti che ciò che accade é una distruzione dello stato e non un cambiamento o miglioramento, e che si va verso la trasformazione di un sistema politico, considerato dall'Occidente una dittatura laica, ad una dittatura religiosa di salafiti ed estremista. Forse all'inizio alcuni siriani si erano illusi, ma oggi tutto é più chiaro come rivelano i rapporti internazionali delle Nazioni Unite. Allora io da siriano potrei anche essere scontento di un mio governo, e non essere d'accordo con chi guida il mio paese, ma non capisco cosa c'entrano ceceni, afgani, libici, sauditi, a partecipare alla cosiddetta rivoluzione del mio paese. 
E mi chiedo pure: quale rivoluzione è questa se ci sono mercenari ed estremisti? Il cambiamento si fa per migliorare non per peggiorare. I cristiani vogliono un vero cambiamento radicale partendo da un riforma costituzionale, che è stata effettuata e approvata con un referendum e poi con una visione moderna del futuro del paese dove la religione é per Dio e il paese é di tutti.

Nel caso di Homs sono stati raggiunti alcuni accordi e tregue di cui non si ha notizia visto che, questi, sono stati ignorati dai media occidentali. Queste esperienze si potrebbero replicare in altre parti?
Fra Firas Lufti: Homs é una città famosa per i suoi cittadini pacifici e miti, auto ironici tanto da raccontare perfino barzellette su se stessi. Dopo l'uscita dei gruppi armati dalla città, la gente è ritornata di corsa per controllare le proprie case e abitazioni, ma purtroppo il 90% della città è stata distrutta. In ogni caso i palazzi si possono ricostruire mentre è più difficile ricostruire l'anima ferita e la fiducia nell'altro. Il popolo siriano è solido di natura e questa guerra ha danneggiato lo spirito dei cittadini, soprattutto i bambini, testimoni di una violenza inaudita dove nel nome di Dio si uccide l'altro perché é nemico, essendo diverso per etnia e religione. Ben vengano allora tutti gli sforzi per una riconciliazione, per liberare un rapito o salvare una famiglia... Se sono riusciti a Homs sono sicuro che verranno replicati in altre zone.

http://www.zenit.org/it/articles/la-siria-ha-bisogno-di-evoluzione-non-di-rivoluzione-prima-parte

giovedì 13 febbraio 2014

Vescovi , sacerdoti e monache : scudi umani e merce di scambio

Vescovi rapiti in Siria: trattative in corso per il rilascio

L'Assistente dell'invitato speciale Onu in Siria ha confermato che uno dei due presuli è nelle mani di un nuovo gruppo armato, pronto a rilasciarlo solo dopo accordo con il governo siriano


Zenit.org, di: Naman Tarcha 


La guerra in atto in Siria tra le varie brigate estremiste e i gruppi terroristi che continuano ad annientarsi a vicenda, e ormai sono completamente fuori controllo, ha posto in luce nuove rivelazioni sul destino dei due vescovi ortodossi rapiti circa un anno fa.

La buona notizia arriva da Mukhtar Lamani, assistente dell'invitato speciale dell’Onu in Siria Al Akhdar Al Ibrahimi, che attualmente guida il nuovo round dei negoziati di Ginevra: "Abbiamo le prove che uno dei due vescovi è nelle mani di un nuovo gruppo armato". Lamani, però, non ha voluto rivelare però di quale dei due si tratti - e ha precisato che "i contatti con i rapitori con sede ad Istanbul in Turchia continuano, ma si temono pressioni e ingerenze dal governo turco".
Le fonti parlano di trattative in stato avanzato, e di un rilascio imminente, dopo l'assalto di un gruppo armato alla sede di una brigata rivale, dove hanno ritrovato solo uno dei due presuli rapiti.
Il gruppo armato si dichiara pronto a rilasciare il vescovo all'interno di un'accordo, tuttavia non vuole negoziare attraverso il generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, bensì direttamente con il governo siriano, e chiede un corridoio sicuro per consegnare il vescovo alle forze siriane.

Il 23 aprile 2013 era giunta la notizia del rapimento in Siria di due Vescovi della città di Aleppo: Yohanna Ibrahim, vescovo Siro Ortodosso e Bulos Yazigi, metropolita Greco Ortodosso, e fratello dell’attuale Patriarca della Chiesa Greco ortodossa. Secondo le informazioni raccolte al momento, a rapire i due vescovi era un gruppo armato di nazionalità cecena, che aveva ucciso il diacono che li accompagnava e portato i due prelati in un luogo sconosciuto.
Il rapimento è accaduto a circa 30km dal confine turco, mentre i due vescovi, erano diretti ad Aleppo, dopo una missione umanitaria in Turchia volta a liberare altri ostaggi. Ovvero i due sacerdoti padre Michel Kayyal, armeno cattolico, e padre Maher Mahfuz, greco ortodosso.
I due erano stati rapiti da un gruppo armato jihadista, nel corso del sequestro del minibus che li portava a Damasco. Da allora dei due sacerdoti si sono perse le tracce. Sgomento, preoccupazione, voci contrastanti sono state diffuse in questi mesi sulla sorte dei due vescovi: alcuni li davano per morti, altri affermavano che erano vivi e in buona salute.

Il problema è che non c’è mai stata una vera rivendicazione e non sono state avanzate richieste dai rapitori. L'assenza di uno dei vescovi, insieme alle voci di un ostaggio ferito, fanno temere il peggio. Forse uno dei due non c'è più. Le trattative insistenti e silenziose per il rilascio dei vescovi non si sono mai fermate, così come le preghiere dei siriani cristiani, che oggi acquisiscono un nuovo barlume di speranza.

http://www.zenit.org/it/articles/vescovi-rapiti-in-siria-trattative-in-corso-per-il-rilascio

Difficoltà per far liberare le suore rapite a Maalula

Il gruppo di Jabhat Al Nusra ha bloccato le trattative per liberare le 12 religiose

Roma,  (Zenit.org) - Naman Tarcha 

Sono passati due mesi al clamoroso assalto dei ribelli alla cittadina di Maalula.
Dopo la condanna unanime della barbarie perpetuata, sono iniziati i negoziati e si sono intensificate le trattative con i ribelli, per il rilascio delle monache. A mediare le trattative il Generale Abbass Ibrahim, Capo della Sicurezza Nazionale libanese, e una delegazione del governo del Qatar, in contatto diretto con i ribelli.
Al Jazeera, la tv di stato del Qatar, ha mandato in onda immagini delle suore mentre si trovavano in un luogo non identificato, sedute in un salotto, apparentemente tranquille, ma prive delle proprie croci al collo. In questo filmato le religiose affermavano di stare bene e chiedevano di accettare le condizioni dei loro rapitori.

Secondo alcune fonti le monache di Maalula sono ancora nelle mani del gruppo Jabhat Al Nusra. Si troverebbero nella città cristiana di Yabroud nella zona di Al Qalamun, sotto il controllo di un jihadista di nazionalità kuwaitiana che conduce negoziati.
George Hasswani, uomo d’affari cristiano della zona, coinvolto direttamente nelle trattative, aveva già offerto la propria abitazione ai terroristi, per ospitare le suore sequestrate. I negoziati sono andati avanti, e proprio quando sembrava aver raggiunto un accordo, tutto si è bloccato.

Le trattative sono state bloccate da un’esponente saudita del gruppo di Jabhat Al Nusra, che si dice molto vicino ai servizi segreti dell’Arabia Saudita. Le condizioni poste dal gruppo estremista sono le seguenti: interrompere nell'immediato le trattative attraverso il Qatar, rilasciare al più presto i 500 jihadisti di Jabhat Al Nusra detenuti nelle prigioni siriane e libanesi, e soprattutto ottenere la garanzia da parte del governo siriano di non attaccare la città di Yabroud, occupata dai ribelli di Al Nusra, attualmente assediata dall’esercito siriano.

http://www.zenit.org/it/articles/difficolta-per-far-liberare-le-suore-rapite-a-maalula


La strategia dell'islam per colpire tutti i luoghi sacri cristiani 





IlSussidiario -  12 febbraio 2014
Intervista a  Samaan Daoud

“Dietro il rapimento delle suore di Maaloula si nasconde uno sporco gioco: rafforzare il potere dei gruppi qaedisti e salafiti in tre Stati chiave quali Siria, Iraq e Libano”. 
Lo spiega Samaan Daoud, siriano cattolico di Damasco, dopo che Al-Jazeera ha diffuso un video nel quale si mostrano le 12 suore rapite lo scorso dicembre dal convento di Mar Takla a Maalula. Per l’intera durata del filmato le suore rimangono in silenzio, mentre un commentatore afferma che “sono in buona salute, non sono state maltrattate e attendono la loro liberazione per fare ritorno al convento”. Una voce fuori campo annuncia inoltre che le suore “ringraziano tutti coloro che hanno cercato di ottenere il loro rilascio e chiedono la scarcerazione di tutti i prigionieri”.

Che cosa ne pensa del video delle suore di Maaloula trasmesso da Al-Jazeera?
Il montaggio del filmato è studiato apposta per coprire la falsità dei rapitori delle suore. Questi salafiti vogliono mostrarsi come degli agnelli, ma nella realtà sono dei lupi. I volti delle suore lasciano trasparire chiaramente che loro non sono per nulla tranquille, e il fatto stesso che nel video appaiano senza croci la dice lunga.

In che senso?
Questo particolare evidenzia che le suore in prigionia non sono libere di esercitare la loro fede. La croce è il simbolo che caratterizza un religioso in quanto tale, e se le suore in prigionia non possono indossarla significa che non sono affatto trattate bene. Tutto il contrario rispetto a quanto è stato affermato nel video trasmesso da Al-Jazeera. L’obiettivo di chi ha girato il filmato è soltanto quello di toccare i sentimenti di chi lo guarda in tutto il mondo, facendo credere che le brigate islamiste in Siria stiano trattando bene i cristiani. La verità al contrario è che questi gruppi stanno compiendo delle stragi di cristiani, e che non si fanno scrupoli a mettere in mezzo dei religiosi come le suore per raggiungere i loro obiettivi.

Quali sono i veri loro obiettivi?
Innanzitutto fare pressioni sul governo siriano e sull’opinione pubblica internazionale. Membri di questi gruppi salafiti sono prigionieri in Siria, in Iraq e in Libano, e il fanatismo cui stiamo assistendo in Siria non è presente soltanto all’interno del nostro Paese. 
Jabhat al-Nusra (il gruppo ribelle legato ad Al Qaeda, Ndr) ha un suo braccio operativo anche in Libano, dove ha annunciato l’intenzione di condurre una guerra contro tutti gli sciiti. Un altro gruppo attivo in Siria, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, è nato appunto in Iraq. Il progetto dei gruppi salafiti è quindi ramificato in tutti e tre gli Stati, e non è un caso che le suore rapite a Maaloula siano di nazionalità siriana, libanese e irakena. E’ questo lo sporco gioco che si nasconde dietro la cattura delle religiose.

A questo obiettivo si aggiunge anche quello di colpire i cristiani nel mondo arabo?
I salafiti stanno già attaccando tutti i luoghi sacri dei cristiani che considerano come infedeli. La fatwa emessa dagli imam più fanatici ha permesso alla brigata islamista di compiere questo rapimento. In realtà però, al di là delle motivazioni religiose, dietro il loro comportamento c’è soprattutto un grande opportunismo. La cattura delle suore è cioè un mezzo per colpire l’opinione pubblica internazionale, e ottenere lo scambio con i jihadisti in carcere.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/2/12/SUORE-RAPITE-Douad-la-strategia-dell-islam-per-colpire-tutti-i-luoghi-sacri-cristiani/466125/

giovedì 6 febbraio 2014

Al Raqaa: l'inferno dei cristiani nella città di Al Qaeda

La chiesa dell'Annunciazione della comunità greco-cattolica prima e dopo l'insediamento ISIL in Raqqa


Zenit.org,  

di Naman Tarcha |


“Cristiani in Siria. Che fate ancora li'?”: questa la domanda che una signora mi ha fatto all’uscita della chiesa.
Ho cercato di spiegare che i cristiani mediorientali sono la popolazione originale di quei Paesi, e proprio ad Antiochia, la capitale dell’antica Siria, sono stati chiamati cristiani per la prima volta, mentre San Paolo, da Damasco, è partito per portare al mondo la Buona Novella. In poche parole, andare via significherebbe cancellare una parte della storia della cristianità.

Sin dall’inizio del conflitto siriano, la comunità cristiana, per il suo ruolo storico, aveva ben chiara la necessità di salvaguardare lo Stato nella sua integrità, sovranità e indipendenza.
Una guerra, in un Paese mosaico di etnie e religioni, porterebbe solo più distruzione.
Questa posizione di rispetto delle istituzioni, e rifiuto totale della violenza e dell’uso delle armi, era anche motivata dalla minaccia di sempre, che sta diventando purtroppo una realtà e cioè l'eliminazione dal Medio Oriente della componente cristiana.

Il primo round di Ginevra 2 (la conferenza di pace per la Siria) si è concluso senza risultati concreti, a parte aver convinto il governo siriano di sedersi allo stesso tavolo con una parte dell’opposizione siriana. Purtroppo non c’è pace, il conflitto armato procede in diverse zone del Paese seminando morte e distruzione.
Le notizie preoccupanti riguardano soprattutto i siriani cristiani che arrivano da Al Raqaa, una città intera sotto il controllo di Al Qaeda.
Al Raqaa è da circa due anni nelle mani del gruppo terroristico chiamato ISIS, cioè Stato Islamico Iraq e Levante, il quale compie massacri quotidiani, stragi, e impone la sharia (legge coranica) sui cittadini rassegnati.
L’ISIS, in seguito ad una riunione che si è svolta in settimana ha intimato ai cristiani rimasti nella città di Al Raqaa: “convertitevi all'islam o abbandonate la città. Queste sono le vostre uniche opzioni”.
Tanti cristiani avevano già abbandonato la città sin dai primi assalti dei gruppi terroristici, soprattutto dopo che i jihadisti dell'ISIS avevano saccheggiato, devastato e bruciato tante chiese e conventi, come la chiesa dell'Annunciazione della comunità greco-cattolica e la Chiesa Armena dei Martiri.
In queste chiese, dopo la distruzione dei simboli cristiani, al posto del crocifisso sulla cupola sventola la bandiera di Al Qaeda.
Le chiese sono state trasformate in sedi operative dei terroristi.
Proprio nella città di Al Raqaa è stato rapito padre Dall’Oglio. Lo stesso gruppo terrorista è responsabile del rapimento di due arcivescovi ortodossi e di due giovani preti cattolici spariti nel nulla.

Le persecuzioni sono iniziate sotto forma di vera e propria delinquenza: sequestro di persone e di beni, rapimenti, condanne a morte ed esecuzioni, tutto legalizzato dalle corti religiose, usando una falsa interpretazione dell’Islam. 
Lo stravolgimento è enorme perché i cristiani in Siria da sempre godono, a differenza di tanti altri Paesi arabi, di pari diritti, e non esiste nessun riferimento alla religione nei documenti.
L’arrivo dei fondamentalisti ha cancellato la civile convivenza.

La discriminazione non riguarda solo i cristiani ma anche i musulmani moderati.
I gruppi estremisti non distinguono tra cristiani e musulmani, e sono contro tutti quelli che non rispettano i codici di abbigliamento e i comportamenti fondamentalisti.
Delle 300 famiglie cristiane che vivevano in città, sono rimasti solo un centinaio di civili, costretti a sopportare minacce, rapimenti e sequestri di persona, pagando riscatti e una sorta di dazio per essere lasciati vivi.
Le fatwa sui comportamenti morali devono essere rispettate da tutti: donne, uomini, bambini cristiani e musulmani, e prevedono il divieto di fumare e di consumare alcolici, la chiusura dei negozi nell’orario della preghiera, la chiusura definitiva degli esercizi non 'halal', compreso sartorie, mini market, vendite di abbigliamento etc.
Il controllo dell’applicazione della sharia è affidato ai jihadisti, che si comportano allo stesso modo della polizia religiosa in Arabia Saudita: posti di blocco, perquisizione e sequestro di tutto quello che non è considerato morale. Chi non rispetta i precetti imposti viene imprigionato, castigato e frustato, e in caso di adulterio e fornicazione scatta la condanna a morte.
C’è poi la Brigata di Al Khanssa per le missioni speciali: controllare e perquisire le donne, e accertare che siano accompagnate da un tutor della propria famiglia e che in ogni caso portino il velo completo.

La pattuglia femminile gira nelle strade e richiama a tornare sulla retta via le donne senza velo: “Copriti infedele! Dove il tuo niqab miscredente?"
Questo gruppo di donne velate ed armate, spesso non siriane provenienti da altri Paesi arabi e islamici, è stato formato per prevenire attentati di donne kamikaze, rivali dell’ISIS. E’ in atto infatti una lotta aperta tra i diversi gruppi e le brigate dei ribelli.

Per i siriani cristiani la situazione è gravissima. Sotto gli attacchi degli estremisti, tante famiglie cristiane hanno dovuto lasciare la propria abitazione, sfollare in altre zone più tranquille.
Quelli che avevano più mezzi economici hanno abbandonato il paese, e sono emigrati in Libano ed Europa.
Altri, più numerosi, hanno deciso di resistere e restare in Siria, correndo rischi enormi.
Quelli che vivono nelle aeree controllate dai ribelli sono segregati e costretti a una vita disumana.
Quelli che vivono nelle zone sotto il controllo dell'esercito siriano vengono presi di mira dai terroristi. 
Il timore più grande è quello che non ci saranno più cristiani in Siria. 



http://www.zenit.org/it/articles/raqaa-l-inferno-dei-cristiani-nella-citta-di-al-qaeda

domenica 2 febbraio 2014

Richiesta di preghiera per la Valle dei Cristiani




A che cosa è servita Ginevra2 ? 
Noi siriani (cristiani compresi) abbiamo avuto una grande speranza in Ginevra2, perchè siamo veramente stanchi. Stanchi di vedere sangue, sentire storie angoscianti, ma purtroppo questa speranza è completamente sparita, quando l’America- e prima che finisse Ginevra2 !!-  ha dato la via libera ad armare i ribelli cosiddetti moderati . * Gli stessi ribelli moderati di cui parla l’America hanno subito accolto la decisione Americana, e le loro basi militari che si trovano al confine siro-libanese sulla fascia nord del Libano (Wady Khaled e Irsal) ( io parlo di vere basi militari , con carri armati, attrezzi per scavare sotto terra, perchè sono ben coperti politicamente dal partito libanese filo saudita Almustakbal) , hanno cominciato a mandare i loro uomini . Ne sono arrivati da tutto il mondo (Egiziani, Libici, Libanesi, tunisini, Sauditi…) ad infiltrarsi nei terreni siriani dalla parte nord-ovest di Homs. Sfruttando il fatto che i villaggi in quella zona di confine sono difficili da controllare (per la struttura del terreno), hanno attaccato un blocco militare che si trova vicino al villaggio del Krac dei Cavalieri (Zara) ed hanno tagliato la testa a 7 soldati dell'esercito regolare, e cosi è scoppiata di nuovo una battaglia in quella zona. Merita dire che quella zona era rimasta tranquilla dopo che vi erano state delle riconciliazioni tra il governo e i ribelli siriani. E io stesso sono testimone di una bella riconciliazione che c'è stata a Talkalakh che era considerata la grande base dei combattenti e che forniva armi ai ribelli Salafiti che si trovano tuttora insediati nel villaggio del Krac. Sono in corso delle battaglie furibonde tra i militari regolari contro i ribelli, una volta avanzano i militari, poi riprendono terreno i ribelli, poi di nuovo i militari, ecc… : ma la popolazione della Valle dei Cristiani è in grave pericolo! I ribelli , oltre ad essere ben armati (carri, missili), appena sono alle strette scappano velocemente in Libano per organizzarsi per poi attaccare di nuovo per il Jihad.    
 Per questo l’esercito regolare si sta preparando a colpire la città di Yabrud (dove c'è l’Emiro Islamico) dove le 12 suore di Maalula sono state portate come ostaggi. Madre Marie Agnes , in una intervista radiofonica, ha dichiarato che i rapitori delle Monache sono entrati in contatto con lei, domandando che a Yaboud sia inviato del pane: Madre Agnese ha compreso che le Suore sono ancora in vita ma che la loro situazione umanitaria è tragica a motivo del protrarsi del loro sequestro.
Allora la mia amara risposta alla domanda sopra detta è:  la Ginevra2 è servita ad armare in modo lecito e chiaro i fanatici ribelli che combattono in Siria, è servita a dare più legna all’inferno siriano, è servita a fare cadere più vittime.
Samaan Daoud
 * vedi: http://www.examiner.com/article/congress-ships-more-weapons-to-syrian-rebels


Perchè a Homs non si raggiunge un accordo umanitario?

HOMS : quel che resta della Chiesa della Santa Cintura

(Zenit.org)  - di   Naman Tarcha | 


Le sorti della città di Homs sono la questione più urgente che la Conferenza di pace "Ginevra 2" sta affrontando in questi giorni. L’inviato dell’Onu, Al Ibrahimi, ha annunciato che, secondo i negoziati in corso, si intende liberare il centro storico dall’assedio. I civili sperano, i ribelli del Fronte Islamico intrappolati si consultano; al governo di Damasco tocca la decisione finale.


La delegazione del vertice siriano ha proposto di evacuare donne e bambini che vogliono uscire volontariamente senza condizioni, mentre per gli uomini è necessaria una lista di nomi per verificare che non ci siano terroristi combattenti tra loro.

Il Sindaco della città di Homs ha raccontato che da mesi sono in atto delle trattative in collaborazione con la Croce Rossa per aprire corridori umanitari ed evacuare i civili, ma i ribelli non permettono ai civili di uscire, e sparano sui convogli umanitari che si avvicinano alla zona.
Cosa succede davvero dentro questa città, assediata e completamente distrutta dai combattimenti? La vecchia Homs come viene chiamata (2300 A.C.) è composta da sette quartieri su una superfice di 16 chilometri quadrati. Si tratta di quartieri residenziali a maggioranza cristiana, circondata da zone ormai divise tra governativi e oppositori. Un giovane di Homs ha dichiarato a ZENIT: “Oggi non è rimasto nulla, il 90% del centro storico è andato completamente distrutto”.
Fino al 2012, la vecchia Homs era l’unica zona lontana dagli scontri armati perché i ribelli non erano ancora riusciti ad entrarvi. Poi il quartiere Bab Amor è stato occupato dai ribelli, sono arrivati i governativi e il quartiere cristiano Hamidye è diventato una zona di guerra. Dopo intensi combattimenti i governativi hanno preso il controllo del 70% della città. Rimangono però zone controllate dai ribelli e i combattimenti non hanno tregua.

Parte della città è invasa da centinaia di combattenti e da jihadisti di tutte le nazionalità. I residenti sono costretti con la forza ad abbandonare le loro abitazioni che vengono occupate o date alle fiamme. I Monasteri vengono distrutti e le Chiese saccheggiate. La sede episcopale della Chiesa Siro Cattolica è stata data alle fiamme, e una delle più antiche chiese in Oriente, dedicata alla Sacra Cintura della Madonna, è stata trasformata in una base dei ribelli.
Uno studente cristiano ha appena accompagnato la sua famiglia in Svezia dove chiederanno asilo. “Non mi è rimasto nessuno a Homs, sono tutti andati via - ha ammesso con tristezza a ZENIT - l’ultima rimasta è mia sorella che è scappata in seguito alle minacce dei ribelli”.

La Coalizione Nazionale dell’Opposizione sostiene che ci sono circa 1500 civili assediati, un gruppo di circa 320 famiglie. I numeri non sono certi, si presume che la maggior parte degli abitanti del quartiere cristiano siano già scappati rifugiandosi nelle zone limitrofe e nei villaggi sulle montagne nella provincia di Homs. La delegazione governativa sostiene di aver raccolto informazioni da funzionari dell’amministrazione locale ancora presenti nella città, da cui risulta che il numero dei civili sia molto più basso, non superando le 200 unità.
La Coalizione insiste per salvare i circa 400 ribelli del Fronte Islamico ancora presenti dentro la città. L’esercito siriano li ha assediati ed ha tagliato a loro tutte le vie di fuga, oltre a bloccare i tunnel scavati sotto terra per le forniture di cibo e il traffico di armi. I pochi civili rimasti sono in gravissime condizioni; i ribelli disperati intendono utilizzarli come scudi umani e come ostaggi, cercando di impedire l’avanzamento dell’esercito siriano.

Una preziosa testimonianza che ci arriva da Homs è quella di padre Franz Van Der Lugt, un gesuita olandese, in Siria dal 1966, psicoterapeuta impegnato nell’assistenza di bambini e adulti con problemi mentali.
Pére Franz, come viene chiamato dai siriani, è l’unico europeo rimasto dentro la città assediata. E’ chiuso nella scuola dei gesuiti a Bustan Al Diwan, insieme a circa 80 persone, una famiglia cristiana e alcune famiglie musulmane. Si è rifiutato di abbandonare i suoi concittadini e di essere evacuato senza avere con sé tutti i civili.
In un arabo perfetto Pére Franz ha lanciato un vigoroso appello: 
“Musulmani e cristiani, stiamo vivendo in condizioni difficili e dolorose, e soffriamo soprattutto la fame. Non accetto che stiamo morendo di fame, che stiamo annegando nel mare della fame, facendoci travolgere dalle onde della morte. Noi amiamo la vita, vogliamo vivere”.

http://www.zenit.org/it/articles/dalla-citta-di-homs-un-appello-amiamo-la-vita-vogliamo-vivere



venerdì 17 gennaio 2014

@Pontifex_it: "Quanto è potente la preghiera! Non perdiamo mai il coraggio di dire: Signore, donaci la tua pace"

GREGORIO III


Invito a pregare per la Siria alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2

16 1 2014

 La Conferenza di Ginevra 2 si aprirà il 22 gennaio 2014. Come presidente dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, rivolgo questo appello ai miei colleghi e vescovi amati, a tutti i nostri figli, preti, monaci, suore, fedeli, confraternite, movimenti giovanili, le famiglie, i giovani e i bambini ...
Questo è un invito per la celebrazione di preghiere quotidiane nelle chiese, case, incontri pastorali ... per il successo della Conferenza di Ginevra 2, per la pace nella cara Siria  e per la cessazione di tutti gli atti di violenza, distruzione e guerra.
Uniamo la nostra voce a quella di Sua Santità Papa Francesco, che ha auspicato, nel suo discorso al corpo diplomatico, il 13 di questo mese, il successo della Conferenza di Ginevra 2 e perché essa " segni l'inizio del processo di pace desiderata . "
Gesù, nostro Signore è il Principe della pace, ci ha detto: " Vi lascio la pace, la mia pace io do a voi ... Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti ! "(Giovanni 14: 27). Lo imploriamo di ascoltare le nostre preghiere, rispondere alle nostre grida di angoscia e alla sofferenza delle vittime, che ci conceda il grande dono della pace! Noi lo preghiamo di ispirare nei Paesi e nei loro rappresentanti che sono in procinto di incontrarsi a Ginevra, tutti i mezzi per la pace, la sicurezza e un futuro migliore per i siriani.
Alziamo la nostra preghiera a nostra Madre, la Madre di Dio e sempre Vergine Maria, che veneriamo nei nostri numerosi santuari, chiese, nelle preghiere e inni, perché lei interceda per il miracolo della pace, un miracolo speciale dal suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, Principe della pace.
Spero che questo appello sarà pubblicato in tutte le eparchie e parrocchie anche al di fuori della Siria! 
Sia una campagna di preghiera mondiale per la pace in Siria, Terra Santa, il mondo arabo e il mondo intero.
Dio della Pace, concedi la pace al nostro paese!
Con il mio affetto e la benedizione
+ Gregorios III,  Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme


Prot. 16/2014C Cairo, 14/01/2014

Da Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III

Alla vigilia della Conferenza di Ginevra 2 


In occasione dello svolgimento della Conferenza di Ginevra 2 per la pace in Siria, come presidente dell'Assemblea dei Gerarchi Cattolici in Siria, ho appena scritto un appello di preghiera per il successo di tale Conferenza.
Ora vorrei esprimere i miei migliori auguri per il successo di tale conferenza, insieme alle seguenti considerazioni.
1 - Le preghiere saranno innalzate in ogni casa in Siria per il successo della Conferenza di Ginevra 2, per la pace che viene da Gesù Cristo, Principe della Pace. La pace è uno dei nomi di Dio nel Corano. La pace è il programma della Festa di Natale per tutta l'umanità: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli! Pace in terra agli uomini di buona volontà! ": Questo potrebbe davvero essere un buon programma per Ginevra 2.
2 - Preghiamo per una vera riconciliazione tra tutti i siriani a Ginevra 2, non solo per per degli accordi di sicurezza e i tanto necessari aiuti umanitari, ma anche per una riconciliazione nella fede, una riconciliazione umana, cordiale, nazionale, davvero siriana, che è cruciale per il successo di Ginevra 2.
3 - Preghiamo per una posizione unitaria a Ginevra2 degli Stati Uniti d'America, della Federazione russa, l'Unione europea, (in particolare Francia, Gran Bretagna e Germania) e la Cina e l'Iran! Questa unità occidentale e orientale è la garanzia per il successo di Ginevra 2.
4 - Tale unità sarà in grado di generare l'unità araba che è così necessaria per il successo di Ginevra 2! Preghiamo per questa unità.
5 - Questa doppia unità internazionale e araba è la garanzia per il successo di Ginevra, 2 ed è il vero modo per fermare l'afflusso di armi ai gruppi armati stranieri in Siria e nell'intera regione. Cercando regole di pace anzichè invio di armi, poichè la pace non ha bisogno di armi.
6 - Noi desideriamo e preghiamo perchè la pace sia siriana , anche se siamo grati a tutti quei paesi che stanno lavorando per la pace siriana! I loro sforzi dovrebbero essere concentrati su come ottenere una pace che sia davvero siriana , perché sarebbe la vera pace e la migliore e più adatta per tutte le parti coinvolte nel conflitto e per tutti i siriani.
7 - Così tutta la Siria diventerà una chiesa o santuario, con le mani alzate in preghiera. Questa preghiera è per tutti i siriani, preghiera per tutti coloro che stanno combattendo, qualunque sia il loro orientamento politico, inclinazione o adesione! Stiamo pregando per tutti, in modo che tutti possano preparare la strada per il successo di Ginevra 2.
8 - Ieri (13 gennaio) una riunione per il successo di questa Conferenza si è tenuta in Vaticano.
9 - Su iniziativa del Consiglio Mondiale delle Chiese, una riunione si terrà a Ginevra (15-17 gennaio 2014). Insieme a molti rappresentanti di varie Chiese di tutto il mondo, io parteciperò. Parleremo sul ruolo della Chiesa in questo particolare momento storico che è così importante, non solo per la Siria e la regione circostante, in particolare il Libano, la Giordania, l'Iraq, la Terra Santa, la Palestina, il conflitto israelo-palestinese ... ma per tutto il Medio Oriente e per la pace nel mondo. Noi pregheremo insieme, rifletteremo insieme e quindi abbozzeremo e lanceremo un appello globale sotto forma di uno spirituale, umano, messaggio cristiano universale, in particolare ai partecipanti alla Conferenza di Ginevra 2: questo sarà il nostro modo di partecipare alla Conferenza.
10 - Con questa lettera e iniziativa, vorremmo sottolineare in particolare il ruolo dei cristiani e le Chiese di Siria nel lavorare insieme per la pace, la riconciliazione, l'amore, il perdono, la compassione, l'affetto, la solidarietà, il sostegno reciproco ... un futuro migliore per la Siria e la regione !

11 - Infine, vorrei anche rivolgere un appello alla preghiera per il successo del voto sulla nuova Costituzione in Egitto, che sarà posta in votazione il 15 gennaio, proprio alla vigilia di Ginevra, 2. Penso che il consenso degli egiziani a questa costituzione sarebbe anche un evento storico di grande importanza e avrebbe un impatto sul processo di pace, libertà, democrazia, cittadinanza, convivenza, l'accettazione reciproca l'uno dell'altro, il rispetto reciproco, il dialogo islamo-cristiano , la prosperità e il progresso in tutti i paesi arabi che amiamo.
Preghiamo: Dio della Pace, concedi la pace ai nostri paesi!
+ Gregorios III
Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme

WCC: Statement for Geneva 2 talks on Syria 

https://www.oikoumene.org/en/resources/documents/wcc-programmes/public-witness-addressing-power-affirming-peace/middle-east-peace/statement-for-geneva-2-talks-on-syria

SIRIA: SUMMIT CHIESE CRISTIANE "GINEVRA 2". IL "PACCHETTO" DELLE RICHIESTE


Si è svolto a Ginevra dal 15 al 17 gennaio presso la sede del Consiglio ecumenico delle Chiese un summit a cui hanno partecipato una trentina di leader e rappresentanti delle Chiese cristiane di Siria e del mondo. Scopo della consultazione, la pubblicazione di una dichiarazione-appello da rivolgere il 22 gennaio alla Conferenza internazionale sulla Siria denominata “Ginevra 2”. Nella Dichiarazione, le Chiese siriane ribadiscono che “non c’è alcuna soluzione militare alla crisi del nostro Paese” e presentano una serie di richieste per la pace. La prima è “perseguire una immediata cessazione di tutti gli scontri armati e le ostilità all’interno della Siria”. “Facciamo appello a tutte le parti in conflitto – scrivono i leader religiosi siriani - di rilasciare le persone detenute e rapite. Esortiamo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di attuare misure che pongano fine al traffico delle armi e dei combattenti stranieri in Siria”. 
La seconda “richiesta” è “garantire che tutte le comunità vulnerabili in Siria e i rifugiati nei Paesi limitrofi ricevano un’adeguata assistenza umanitaria”. “Quando larghe fasce di popolazioni sono a grave rischio, è essenziale nel rispetto del diritto internazionale ed una responsabilità il pieno accesso all’aiuto umanitario”. 
La terza richiesta è “sviluppare un processo globale e inclusivo verso l’instaurazione di una pace giusta e la ricostruzione della Siria. Tutti i settori della società (tra cui il governo, l’opposizione e la società civile) devono essere inclusi in una soluzione siriana per il popolo siriano”. Le Chiese chiedono anche che in questo processo siano inclusi “le donne e i giovani” e aggiungono: “Qualsiasi processo di costruzione della pace deve essere condotta dai siriani. Deve essere trasparente e credibile. Tale processo richiede il sostegno della Lega Araba, delle Nazioni Unite e l’impegno costruttivo di tutte le parti coinvolte nella crisi attuale”. 
“Noi rappresentiamo la maggioranza silenziosa, la voce dei senza voce”, ha detto il Catholicos Aram I, capo della Santa Sede di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena, rivolgendosi a Lakhdar Brahimi, del comitato congiunto Nazioni Unite e Lega araba per la Siria che ha incontrato i rappresentanti delle chiese e al quale è stata consegnata la Dichiarazione. E rivolgendosi a Ginevra 2, il Catholicos ha aggiunto: “La vostra missione non è facile. È una missione critica e cruciale. Vogliamo assicurarvi che avete tutto il nostro supporto, il pieno sostegno di tutte le Chiese e della comunità mondiale cristiana”. “Il popolo della Siria che piange per la pace, merita il successo dei prossimi colloqui di Ginevra 2”, ha detto il segretario del Wcc Tveit. L’incontro è stato accompagnato da una preghiera ecumenica per la pace in Siria.

http://www.agensir.eu/ita/viewArticolo.jsp?id=0&url=http%3A%2F%2Fwww.agensir.it%2Fpls%2Fsir%2Fv4_s2doc_b.rss%3Fid_oggetto%3D278625%23278625&stit=Quotidiano|SIRIA%3A+SUMMIT+CHIESE+CRISTIANE+%22GINEVRA+2%22.+IL+%22PACCHETTO%22+DELLE+RICHIESTE


"Venti di pace per le famiglie della Siria"

il 18 e 19 gennaio, nei campi di calcio con Lega Calcio Serie A

 

L’appello del Papa è raccolto e rilanciato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia e Caritas Italia.  Testimonianza in tal senso è stata l’iniziativa “Le famiglie del mondo per le famiglie della Siria”, che il Pontificio Consiglio per la Famiglia in collaborazione con Caritas Italia aveva lanciato in occasione del Pellegrinaggio mondiale delle Famiglie alla Tomba di San Pietro (26 e 27 ottobre 2013). Il progetto, che ha la durata di un anno, prevede la fornitura di aiuti umanitari alle famiglie siriane in difficoltà, e prioritariamente con bambini; la realizzazione di alloggi temporanei per le famiglie sfollate; l’assistenza medico‐sanitaria a malati, bambini e anziani. I beneficiari del progetto sono circa 5.400 famiglie siriane (oltre 20.000 persone).

L’iniziativa avrà un’eco importante il prossimo fine settimana, negli stadi di dieci squadre della Serie A. La Lega Calcio Serie A, infatti, ha deciso di esporre al centro dei campi uno striscione con la scritta “Venti di pace per le famiglie della Siria” e, in contemporanea  sui maxischermi, sarà trasmesso uno spot  di Federico Fazzuoli e Elisa Greco  con immagini dei campi profughi  libanesi.
Un chiaro segnale di come eventi quotidiani possono trasformare i venti di guerra in "venti di pace".

http://www.zenit.org/it/articles/venti-di-pace-per-le-famiglie-della-siria





Il prossimo 26 gennaio 2014 si terrà la Sesta Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa 
















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