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venerdì 14 novembre 2014

I Vescovi siriani e 'il gioco del domino mondiale'

Trattative per la tregua di Aleppo. Il Vescovo Abou Khazen: è utile solo se ci avvicina alla pace vera


Agenzia Fides 12/11/2014

Aleppo  – “Tra la popolazione di Aleppo c'è speranza, ma anche scetticismo davanti all'ipotesi di una tregua che faccia tacere le armi nella regione di Aleppo”: così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive i sentimenti contrastanti tra gli abitanti della metropoli siriana davanti alle trattative messe in campo dall'Onu per raggiungere in quell'area un cessate il fuoco nel conflitto tra esercito siriano e milizie ribelli.
La possibilità che si arrivi alla fine delle violenze è ovviamente auspicata da tutta la popolazione civile. “Ma tutti - spiega all'Agenzia Fides il Vescovo francescano - desiderano che la tregua rappresenti solo il primo passo per instaurare un processo autentico di pace e di riconciliazione. 
In caso contrario, un cessate il fuoco provvisorio darebbe solo alle parti in lotta il tempo di riorganizzarsi, provare a infiltrarsi nei territori controllati dall'altra parte e riprendere la lotta con ancor più virulenza, come è già capitato altre volte. 
In questo senso - chiarisce il Vescovo Abou Khazen - le espressioni che parlano di 'congelamento' della situazione sul campo non convincono, e finiscono per alimentare scetticismo. La popolazione è esausta, non ce la fa più, vuole la pace vera e duratura. E spera che Aleppo possa fare da battistrada a un processo di pacificazione che si allarghi gradualmente a tutto il Paese”. 

La proposta di una tregua nell'area di Aleppo è portata avanti dall'inviato delle Nazioni Unite in Siria, Staffan de Mistura, che a tale scopo in questi giorni sta svolgendo una missione nel Paese arabo. 
Ieri, durante una conferenza stampa a Damasco, ha parlato di ''interesse costruttivo'' espresso dal governo siriano davanti all'ipotesi di un cessate il fuoco nella metropoli contesa tra esercito fedele a Assad e milizie ribelli.



L'Arcivescovo Hindo: se gli Usa attaccano l'esercito siriano, avremo una seconda Libia



Agenzia Fides 14/11/2014

Hassakè - “Se l'intervento a guida Usa contro i jihadisti dello Stato Islamico finirà per rivolgersi contro l'esercito siriano, in Siria potremmo avere una seconda Libia”. Così l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare dell'arcieparchia di Hassakè-Nisibi, descrive le incognite e i pericoli connessi ai possibili sviluppi delle iniziative militari a guida Usa realizzate anche in territorio siriano contro le postazioni dello Stato Islamico. 
In una conversazione con l'Agenzia Fides, l'Arcivescovo cattolico di rito orientale conferma che per ora le incursioni aeree dell'esercito siriano contro le postazioni dei jihadisti si sommano a quelle compiute contro gli stessi obiettivi dagli aerei Usa. 
Descrive poi, con toni preoccupati, la condizione incerta vissuta dalle popolazioni nella regione che comprende le città di Hassake e Qamishli, nella provincia siriana nord-orientale di Jazira.
 “Più di un mese fa - riferisce a Fides mons. Hindo - l'esercito siriano ha attaccato il quartiere di Hassakè dove si trovavano circa 250 militanti dello Stato Islamico, prendendone il controllo. Da allora, nei due centri abitati si vive una relativa calma. Ma le postazioni dei jihadisti sono solo a 15 chilometri da Hassakè e a una ventina da Qamishli. Se decidono di attaccare, magari coi rinforzi delle loro milizie cacciate dall'Iraq, una loro offensiva su larga scala metterebbe in pericolo la vita di quasi un milione di persone, tra cui 60mila curdi e 120mila cristiani”.
L'Arcivescovo Hindo ridimensiona anche le notizie circolate in rete su presunte “milizie cristiane” in azione nella regione: “si tratta solo di qualche centinaio di assiri, collegati in parte alle milizie curde e in parte alle truppe dell'esercito regolare. Ma è una piccola fazione che non può avere nessun peso determinante nel caso di un'escalation degli scontri armati”.



Siria: il gioco del domino mondiale e la variabile dei gruppi jihadisti

di Patrizio Ricci


Cosa conta veramente in Siria? La vita dei civili e la democrazia? La parola ai fatti, mai ascoltati. 

leggi su: La  Perfetta Letizia  : http://nblo.gs/11mj8F


Isis in Syria: In the shadow of death, a few thousand Christians remain to defy militants

Robert Fisk ,  Qamishli, Wednesday 12 November 2014


Micalessin: "In Siria massacrano i cristiani e Obama si affida a ribelli moderati che non esistono"

     leggi qui

http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/14/11/14/siria-crisi-intervista-gian-micalessin.html 

lunedì 27 ottobre 2014

Le voci dei pastori della Chiesa di Aleppo : perchè non fate niente per evitare lo sterminio di queste comunità cristiane?

 "Questa guerra ci sta dissanguando. Ma senza cristiani il Medio Oriente non sarà più come prima"


Il Giornale 21/10/2014 
di Gian Micalessin 

Aleppo (Siria)
«Guai a un Medio Oriente senza i cristiani. Senza di noi qui nulla sarà più come prima. Diventerà come l'Afghanistan, la Somalia o qualche altro Paese di quelli. E non sarà una perdita solo per il Medio Oriente o per i cristiani sarà una perdita soprattutto per l'Europa e per il resto del mondo». Il vescovo cattolico George Abu Khazen è arrivato ad Aleppo da meno di 12 mesi, ma quest'anno vissuto pericolosamente gli è bastato per capire le insidie e i pericoli che minacciano la sua comunità. 
«Tempo fa abbiamo perso una suora a due passi dall'arcivescovado. Stava attraversando la strada e un missile l'ha centrata in pieno. Di lei non abbiamo trovato più nulla. È letteralmente scomparsa. Quel che è successo a quella suora  succede ogni giorno a tanti cristiani della nostra comunità. I loro appartamenti qui nel centro di Aleppo vengono colpiti dai colpi di mortaio e dai missili dei ribelli».

Vi sentite perseguitati?
«Ad Aleppo soffriamo le conseguenze della guerra. Oltre all'insicurezza fisica dobbiamo fare i conti con le difficoltà economiche. Qui industrie e attività commerciali sono andate tutte distrutte. Gli unici che possono contare su un'entrata fissa sono i funzionari del governo e i pensionati. Per questo almeno il 60% dei 200mila cristiani di Aleppo ha abbandonato la città.
 Questa guerra ci sta dissanguando».

Altrove è anche peggio...
«Certo nelle zone controllate dallo Stato Islamico come Raqqa o Deir Ez Zor i cristiani sono scappati tutti. Lì un cristiano rischia di venir scannato o di venir venduto schiavo al mercato come è capitato alle minoranze Yazidi in Iraq. Quando l'Isis ha occupato le nostre tre parrocchie lungo il fiume Oronte, nella provincia di Idlib, i nostri fedeli sono stati costretti a togliere la croce da tutti gli edifici, a pregare solo dentro le chiese e a nascondere le statue e i simboli sacri. Praticamente sono tornati al tempo delle catacombe».

L'Occidente e l'Europa comprendono il vostro dramma?
«Incominciano ora. Fino ad oggi i nostri fedeli sono rimasti molto delusi dal vostro atteggiamento. Avete dimenticato comunità cristiane antiche migliaia di anni come gli Assiri e i Caldei. In Italia vi preoccupate molto per gli orsi e le specie in via di estinzione, ma non fate niente per evitare lo sterminio di queste comunità costrette a scavarsi la fossa».

Siete stati accusati di eccessiva simpatia per il regime di Bashar Assad
«Noi non stiamo con il regime in quanto regime, ma con l'ordine.
 Se il regime viene rimosso chi prende il potere al suo posto? Cos'è successo in Iraq? Cos'è successo in Libia? E cosa sarebbe successo in Egitto se non fosse intervenuto l'esercito? Questo regime non è come lo immaginano fuori dalla Siria. Con questo presidente la Siria ha fatto tanti passi avanti sia nel campo della liberalizzazione, sia della modernizzazione. Noi vogliamo soltanto che questo continui».

In Europa speravano che la rivolta portasse libertà e democrazia...
«La democrazia non arriva in una notte. E non arriva da chi cerca d'imporla con la forza e le armi. La democrazia è una questione d'educazione e l'Europa in questo poteva giocare un ruolo importante. Molti Paesi del Mediterraneo aspiravano ad associarsi all'Unione Europea e per farlo erano pronti ad accettare le sue condizioni. Anche in Siria qualcosa incominciava a muoversi. Con un po' di pazienza si poteva costruire una sorta di democrazia adattata alla mentalità e alla cultura mediorientale».

http://www.ilgiornale.it/news/politica/vescovo-litalia-pi-preoccupata-orsi-che-i-perseguitati-1061289.html

"L'Isis è una multinazionale con uffici di accoglienza per mercenari. L'Europa ha una responsabilità grandissima di non averne capito l'emergenza due anni fa": lo dice Monsignor Jean Jeanbart, vescovo melchita cattolico di Aleppo. 
  video qui: 



Padre Adel Daher Parroco della Chiesa Melchita Cattolica “Nostra Signora dell’Assunzione” di Aleppo ci mostra le bombe cadute sulla sua chiesa. Oltre a danneggiare il luogo di culto, le bombe sono costate a Padre Daher la perdita di un occhio e placche metalliche nel braccio
  video qui: 

Tra le macerie di Aleppo che il mondo non vuol vedere. 

Ecco le immagini dei suoi monumenti più celebri, prima  e dopo la distruzione della guerra. Il governatore: "È irriconoscibile"

martedì 21 ottobre 2014

ISIS/ Micalessin da Aleppo: "c’è la Turchia dietro il massacro dei cristiani"

Dietro lo sterminio dei cristiani e il nuovo genocidio degli armeni in Siria per  mano dell’Isis c’è la mente della Turchia che vuole ricostruire l’impero  ottomano. Il califfato sevizia, uccide e abbatte chiese millenarie con il  supporto logistico del regime di Erdogan, il più potente Stato membro della Nato  in Medio oriente. Un progetto cui con grandi dosi di ingenuità hanno contribuito  gli stessi Stati Uniti, che si sono fidati ciecamente dell’alleato turco e hanno  lavorato per abbattere Assad, l’unico argine all’estremismo in Siria. L’inviato  di guerra Gian Micalessin si trova ad Aleppo, città nel Nord della Siria dove si  combatte strada per strada, e ci documenta una versione dei fatti profondamente  diversa da quella raccontata dai “media ufficiali”.



 Il Sussidiario,  20 ottobre 2014
intervista di Pietro Vernizzi a Gian Micalessin  

Lei ha assistito di persona agli scontri tra Isis ed esercito di Assad. Com’è la  situazione sul terreno? 
Aleppo è una città sotto assedio dal 2012. La situazione qui è stata estremamente difficile fino al febbraio di quest’anno, quando i governativi sono  riusciti a riaprire la strada che da Damasco porta ad Aleppo. Dalla primavera  scorsa l’assedio è stato rotto, consentendo ai rifornimenti di arrivare in città  e migliorando la vita della popolazione civile. Aleppo resta però una città in  guerra, dove governativi e ribelli si alternano a macchia di leopardo arrivando  fino all’antica cittadella, attorno alla quale si combatte senza sosta.

Quali incontri l’hanno colpita di più durante la sua visita nei quartieri  cristiani di Aleppo?
Ho incontrato i vescovi cristiani di Aleppo, tra cui il vescovo latino Georges  Abou Khazen, il quale mi ha detto: “Se noi cristiani ce ne andiamo, questo Paese  diventerà come l’Afghanistan dei talebani”. La paura dei cristiani rimasti è  quella di essere costretti ad abbandonare il Paese, dopo che il 70 per cento di  loro se n’è già andato. Chi resta nelle zone controllate dall’Isis è soggetto a  vere e proprie persecuzioni.

Come vivono i cristiani nelle aree rimaste sotto il regime di Assad?
Anche in grandi città come Aleppo e Damasco, per i cristiani diventa sempre più  difficile sostentarsi economicamente perché non c’è più lavoro. Aleppo era fino  a poco tempo fa la Milano della Siria, in quanto rappresentava il motore  economico del Paese. Oggi invece tutta la sua zona industriale è completamente  distrutta. Mi hanno colpito molto anche gli anziani cristiani della comunità  armena di Midan, uno dei quartieri di Aleppo. Uno di loro, di 82 anni, mi ha  detto: “Quanto sta avvenendo adesso è esattamente quello che è successo cento  anni fa: è un nuovo genocidio e dietro c’è ancora una volta la Turchia”.

immagini tratte dal video-reportage de ilGiornale.it
"Dentro quello che rimane della chiesa di Kivork, il simbolo di quello che gli armeni cristiani di Midan considerano il loro nuovo martirio - Servizio di Gian Micalessin"

http://www.ilgiornale.it/video/mondo/aleppo-chiesa-simbolo-nuovo-martirio-1060711.html

Perché la Turchia, un alleato della Nato, sta tenendo questa posizione?
L’obiettivo della Turchia è fare rinascere l’impero ottomano, e quindi  riprendere il controllo di tutti i territori a partire dalla Siria, che la  Turchia considera parte integrante del suo Stato. Ankara vuole riprendersi  Aleppo, l’area curda e le altre regioni che fino alla fine della prima guerra  mondiale e a Lawrence d’Arabia erano territori turchi.

Quale ideologia c’è dietro a questo tentativo?
Il presidente Erdogan interpreta alla perfezione il concetto di  neo-ottomanesimo, ispiratogli dal suo primo ministro, Ahmet Davutoglu, vero  ideologo del regime. Non è un caso che la Turchia sia diventata il retroterra di  tutti i gruppi ribelli che hanno condotto la guerra contro Bashar Assad, nonché  il principale sostenitore dell’Isis che aveva libertà di passaggio sui territori  turchi.

Negli ultimi giorni ci sono stati 15 raid Usa in Siria. Quanto sono stati  efficaci?
Dopo settimane di indecisione e di atteggiamento passivo, gli Usa hanno capito  di essere costretti a fare qualcosa per evitare che Kobane cadesse. Quanto sta  avvenendo dimostra che quando c’è la volontà di farlo, l’Isis può essere  fermato. Anche se il tempo perso nei mesi scorsi ha prodotto le conseguenze che  sono sotto gli occhi di tutti.




Gli alleati stanno spingendo Obama a non limitarsi ai raid aerei. Che cosa  bisogna fare?
Le guerre non si vincono con l’aviazione né solo con l’esercito, bensì con un  insieme di fattori che non possono prescindere da un chiaro disegno politico.
Finché in Iraq i sunniti non saranno reintegrati nella vita pubblica, pensare di  sconfiggere l’Isis sarà un’utopia perché gran parte delle tribù sunnite  continueranno a combattere dalla parte del califfato. Gli Stati Uniti presto o  tardi dovranno capire che pur con tutti i suoi difetti, il regime di Assad è  assolutamente migliore dell’Isis e del fanatismo. Meglio quindi l’alleanza “di  comodo” con il regime piuttosto che condurre una guerra su due fronti.

Qual è il ruolo dell’Iran in Siria e Iraq?
L’Iran è coinvolto nel conflitto in corso sia in Siria sia in Iraq. Il regime di  Damasco è il ponte naturale dell’asse sciita che da Teheran arriva in Libano con  Hezbollah. Per l’Iran perdere Assad significherebbe rinunciare alla sua  posizione dominante in Medio Oriente. D’altra parte in Iraq il 60 per cento  della popolazione è sciita, e per l’Iran è naturale appoggiare il regime di  Baghdad che considera suo alleato. Tehran è inoltre convinto di essere la grande  potenza regionale, e quindi di dover contendere agli Stati Uniti il ruolo  egemone in Medio Oriente.

 http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2014/10/20/ISIS-Micalessin-c-e-la-Turchia-dietro-il-massacro-dei-cristiani/544671/

martedì 7 ottobre 2014

Rapimento di padre Hanna Jallouf OFM: chiediamo la preghiera di tutti i cristiani!


A Maria, regina della vittoria di Lepanto, nostra Signora del Rosario , chiediamo la liberazione del Parroco e dei tanti cristiani del villaggio di Knayeh  rapiti dagli islamisti  e la protezione per i frati e delle suore che vivono nelle zone controllate dalle brigate di Al Nusra

Il Vescovo Khazen conferma: rapiti il parroco e una ventina di cristiani del villaggio di Knayeh

Agenzia Fides 7/10/2014

“Purtroppo devo confermare la notizia del rapimento di padre Hanna Jallouf OFM, parroco siriano nel villaggio di Knayeh, che è stato sequestrato insieme a una ventina di cristiani”. Così riferisce all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen O.F.M., Vicario Apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. 
“Il sequestro collettivo - aggiunge il Vescovo Khazen - è avvenuto nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Al momento non sappiamo chi li abbia sequestrati, se sono stati gruppi di jihadisti o altri. Non riusciamo a contattare nessuno, e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo soltanto che anche ieri il convento è stato saccheggiato, e altre persone del villaggio si sono nascoste. Tra i rapiti ci sono giovani, sia ragazzi che ragazze”.
Knayeh è un villaggio cristiano nella valle dell'Oronte, nella Siria settentrionale, vicino al confine con la Turchia. I frati minori della Custodia di Terra Santa sono presenti nella valle dell'Oronte da oltre 125 anni. Prima che iniziasse il conflitto, il convento, il centro giovanile, l'asilo e l'ambulatorio, gestito dalle suore francescane, erano, come lo sono anche oggi, il centro della vita del villaggio. Padre Jallouf animava con entusiasmo le attività parrocchiali, l'oratorio, le iniziative estive, le giornate di ritiro e di spiritualità.




In Siria un frate della Custodia rapito con una ventina di parrocchiani

Terrasanta.net | 7 ottobre 2014

Da Gerusalemme, dove ha sede la curia della Custodia di Terra Santa, giunge la conferma del rapimento in Siria di un frate della comunità: il siriano fra Hanna Jallouf (52 anni). 
Il religioso è parroco del villaggio cristiano di Knayeh, nella vallata del fiume Oronte vicino al confine con la Turchia, ed è stato prelevato nella notte tra il 5 e 6 ottobre con una ventina di altri ostaggi. Gli autori del sequestro sarebbero uomini armati vicini al movimento jihadista Jahbat Al-Nusra. Alcune suore francescane sono riuscite a scampare al sequestro trovando rifugio in alcune case private.

Nel 2008 quando la Siria non era ancora stata stravolta dal conflitto in atto, un servizio al lavoro di fra Hanna era stato pubblicato su Eco di Terra Santa. I frati minori della Custodia – riferivamo - sono presenti nella valle dell’Oronte da oltre 125 anni. Il convento, il centro giovanile, l’asilo e l’ambulatorio di Knayeh, gestito dalle suore francescane, sono anche oggi il centro della vita del villaggio, che conserva con orgoglio una forte identità cristiana e ha fornito alla Chiesa siriana molte vocazioni sacerdotali e religiose, sia maschili sia femminili. 
«Secondo la tradizione – spiegava fra Hanna al nostro direttore Giuseppe Caffulli - san Paolo dopo aver avuto la notizia e la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c’erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia. Una era la strada militare verso Aleppo, un’altra passava vicino al corso dell’Oronte, per sei mesi impraticabile a causa delle piene; una terza passava proprio dietro questa collina. Senz’altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Insomma, siamo certamente i discendenti dei primi cristiani convertiti dall’apostolo missionario».
Abuna Hanna ad Amman (in Giordania) è stato direttore del prestigioso Collegio di Terra Santa, ma poi è tornato tra le montagne dell’Oronte. «La mia famiglia – spiegava ai lettori di Eco - proviene da queste valli e per me è stato un gradito ritorno a casa. Ma anche una nuova sfida, perché i villaggi dell’Oronte, un tempo il fiore all’occhiello del cattolicesimo di Siria, stanno conoscendo oggi una pesante diaspora… I giovani se ne vanno in cerca di lavoro e di fortuna. E questo indebolisce le comunità cristiane, mette in pericolo l’esistenza stessa delle nostre chiese. Di fronte a questa situazione, serve nuovamente scommettere sul futuro».

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6911&wi_codseq= &language=it

Syria: Statement of the Custody: 

http://fr.custodia.org/default.asp?id=1019&id_n=27828



Da due anni lui e i suoi fedeli vivevano sul filo del rasoio. Tollerati e sopportati, ma minacciati e controllati.

Il Giornale Mar, 07/10/2014 
Gian Micalessin

 Ora anche quell'incerto limbo è tramontato. Da domenica notte il padre francescano Hanna Jallouf e venti suoi parrocchiani sono prigionieri, ostaggi dei militanti Al Qaidisti di Al Nusra. E per duemila cristiani, stretti tra la frontiera turca e la turbolenta regione di Idlib roccaforte dei ribelli jihadisti di Al Nusra rischiano di aprirsi le porte dell'inferno.
Loro sono i cristiani di Knayem, Yacoubieh e Jdeideh, tre parrocchie del fiume Oronte dove la cristianità è di casa da duemila anni. Il primo ultimatum era arrivato un anno fa quando i capi jihadisti della zona avevano sancito le condizioni alle quali erano disposti a sopportar ela presenza cristiana sui propri territori. "Tutte le croci debbono sparire. È proibito suonare le campane. Le donne non debbono uscire di casa senza coprirsi la faccia e i capelli. Le statue devono sparire. In caso d'inadempienza, si applicherà la legge islamica". Come dire chi non si adegua o se ne va o verrà fatto fuori. Quell’ultimo terribile “aut aut” riassumeva le condizioni imposte non solo ai Cristiani dell’Oronte, ma a quelli di tutta la Siria. Padre Hanna Jallouf, il parroco di Knaye conosciuto dai fedeli come Abu Hanna, l’aveva capito da tempo. 
..........
continua la lettura qui: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-padre-francescano-rapito-dai-jihadisti-nusra-1057812.html

giovedì 4 settembre 2014

Una giornata di preghiera e un rosario di pallottole

Ad un anno dalla giornata di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco per la Siria, il Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria propone un momento di preghiera e riflessione per questo martoriato Paese e per i suoi fedeli














Le foto di Samaan Daoud mostrano una Aleppo distrutta e Monsignor Georges Abu Khazen (successore di  Monsignor Nazzaro ed attuale Vicario Apostolico di Aleppo) con un rosario di pallottole fatto con i proiettili raccolti intorno alla sua sede di Aleppo


























LE INTENZIONI DI PREGHIERA DA NOI  PROPOSTE : 

A un anno dalla storica Giornata di Preghiera per la Pace in Siria proclamata da Papa Francesco,  rinnoviamo oggi con le parole del Papa il grido al Cielo per la Pace in Siria, da parte di tutto il popolo cristiano:
Per i nostri fratelli in Siria indifesi e perseguitati, ricordando che sono nel cuore della Chiesa e che la Chiesa soffre con loro ed è fiera di loro, fiera di avere tali figli, perché sono la sua forza e la testimonianza concreta e autentica del suo messaggio di salvezza, di perdono e di amore,  perché il Signore li benedica e li protegga sempre, preghiamo:

Ricordando le parole di Papa Francesco, che ci ha detto che la chiesa è Madre e, come tutte le madri, sa accompagnare il figlio bisognoso, sollevare il figlio caduto, curare il malato, cercare il perduto e scuotere quello addormentato e anche difendere i figli indifesi e perseguitati, preghiamo per i nostri fratelli cristiani che soffrono persecuzione in Siria, in Iraq e in molte parti del mondo. Perché il Signore li accompagni e sostenga il loro cammino, preghiamo:




Un anno fa ero a Damasco... Attorno a me si muoveva, in quei giorni, un'umanità sbigottita, spaventata, disorientata.  L'incontravo la mattina,  mi fermava per strada, mi chiedeva "Veramente Obama ci vuol bombardare? Veramente l'America e voi Europei non  capite quel che  succede  qui? Non lo  vedete? Siamo assediati....bombardandoci ci condannerete a morte... Dopo i vostri aerei arriveranno quelli con le bandiere nere, quelli che dicono di uccidere nel nome di Dio e ci spazzeranno via...Come potete permetterlo? Non siete Cristiani anche voi?"....
   leggi il racconto di Micalessin :  http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-preghiera-pace-1049092.html


Noi con voi dal cuore della Siria .........

Papa Francesco ci chiama al digiuno e alla preghiera. Ci chiede di farlo per la situazione tragica della Siria, per trovare la strada del confronto, della mediazione e abbandonare l’ingiustizia e la follia di un intervento armato che porterebbe ancora più morte e distruzione. Ma non solo.
«C’è un giudizio di Dio». Non affrettiamoci a liquidare questa frase pensando a coloro che hanno usato le armi chimiche, chiunque essi siano. Anche chi ha fatto a pezzi i cadaveri, e ha gettato la carne dei morti ai cani ha passato la linea rossa. Anche chi stupra, chi uccide i bambini sulle ginocchia dei genitori, chi massacra con disprezzo, in Siria e altrove. Chi fa, con la guerra i propri interessi, chi la usa per affermare la sua politica… Ma anche chi fa a pezzi i bambini nelle nostre cliniche dell’aborto, chi elimina gli "inutili" e gli anziani, chi perseguita la libertà di coscienza. È la stessa logica: ne stiamo passando tante, di linee rosse. Su tutto questo, «c’è un giudizio di Dio»… Non affrettiamoci a far giustizia, se non siamo disposti a cominciare da noi stessi.

............ leggi il racconto delle Monache Trappiste:  http://oraprosiria.blogspot.it/2013/09/noi-con-voi-dal-cuore-della-siria.html

mercoledì 11 giugno 2014

«Aleppo, la guerra dell'acqua»




Un religioso racconta a ilGiornale.it i piani ribelli per assetare il popolo assediato

Gian Micalessin - Mar, 10/06/2014 - 17:14

È una guerra crudele e spietata. È la guerra dell'acqua. È scoppiata ai primi di maggio e da allora si riaccende a periodi alterni.
È l'ultima inutile e folle sofferenza imposta ai civili dai ribelli jihadisti che assediano Aleppo. "Ai primi di giugno l'acqua è incominciata a mancare di nuovo. Un mese fa, dopo lunghe trattative, i ribelli avevano accettato di riaprire tubature e stazioni di pompaggio, ma adesso è rincominciata. L'acqua manca già da otto giorni. E non sappiamo quanto ritornerà", racconta in questo colloquio telefonico con ilGiornale.it padre George, un religioso cristiano rimasto in questa città martoriata, abitata - un tempo - da quasi due milioni e mezzo di siriani.
L'assedio ribelle iniziato nell'agosto del 2012 ha trasformato Aleppo, un tempo il principale centro commerciale della Siria, nell'anticamera dell'inferno. Da allora un milione di aleppini ha dovuto dire addio alle proprie case minacciate da guerra e carestia. La periferia orientale, roccaforte delle milizie al qaidiste di Al Nusra, si è trasformata in una distesa macerie bersagliate dai bombardamenti dell'aviazione governativa. Sui quartieri occidentali cadono invece i colpi di mortaio di un'opposizione armata decisa a punire i civili rimasti nelle aree fedeli a Bashar Assad. Ai primi di maggio i comandanti di Al Nusra - frustati per le sconfitte subite ad Homs e in altre zone del paese - hanno progettato un'altra, più crudele, forma di punizione collettiva. Il piano del gruppo jihadista prevedeva il blocco selettivo di alcune stazioni di pompaggio in modo da mantenere il flusso idrico nei quartieri occupati dagli insorti e ridurre alla sete il versante governativo. Il progetto non teneva conto delle complesse regole dei vasi comunicanti che regolano la distribuzione idrica in un vasto centro urbano e così l'intera Aleppo, quartieri ribelli compresi, si è ritrovata a secco. Ma il problema maggiore, come spiega padre George, è il rischio di gravi epidemie. "Aleppo è una città antica e i vecchi pozzi garantiscono l'accesso alle faglie idriche. Da più di un anno la nostra comunità ha avviato un programma per la riapertura degli antichi pozzi dentro alle chiese e nelle moschee. Ma quell'acqua non sempre è potabile di solito viene usata per lavarsi e ripulire i vestiti. Quando un mese fa i ribelli hanno tagliato l'acqua potabile molti hanno incominciato a dissetarsi con l'acqua dei pozzi. E con quella stessa acqua stiamo sopravvivendo in questi ultimi otto giorni. Quest'acqua, però, non è potabile. Andrebbe bollita e purificata, ma non sappiamo se tutto lo stiano facendo. Il rischio è la diffusione di contagi ed epidemie".

Il blocco delle forniture, verificatosi alla vigilia delle elezioni presidenziali organizzate nei quartieri sotto controllo governativo, è, fa capire padre George - tutt'altro che casuale. "La sospensione delle forniture - racconta a ilGiornale.it - è stata causata anche stavolta dai ribelli che hanno fatto esplodere un ordigno in un tunnel vicino dalla stazione principale della città dove affluisce l'acqua dall'Eufrate". Come già a maggio anche stavolta la ripresa delle forniture dipende dalle delicate trattative intraprese dalla Mezzaluna Rossa con i capi ribelli. Spetterà ai delegati dell'organizzazione islamica, l'equivalente della nostra Croce Rossa, ristabilire il delicato equilibrio concordato nel corso di questi 22 mesi di assedio durante i quali il governo ha accettato di fornire carburante alle aree ribelli per mantenere in funzione le pompe che garantiscono le forniture idriche a tutta la popolazione civile.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/esteri/aleppo-guerra-dellacqua-1026401.html 

mercoledì 18 dicembre 2013

L'Esercito Siriano Libero è finito?


Nella Siria settentrionale nuove geometrie tra i ribelli

Terrasanta.net | 13 dicembre 2013


 - Tra i ribelli della Siria settentrionale cresce pericolosamente la componente islamista e rimpicciolisce quella laica. Al punto da convincere le potenze occidentali di chiudere il rubinetto degli aiuti militari. Secondo la Bbc, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avrebbero deciso di sospendere l’invio di materiale bellico «non letale» (ogni genere di equipaggiamento militare escluse le armi pesanti) ai ribelli che combattono il regime di Bashar al Assad nel Nord della Siria. L’Occidente non può permettersi il rischio di sostenere involontariamente chi punta a trasformare la Siria in uno stato islamico.

Già da diversi giorni si è capito che il Libero esercito siriano, la parte «laica» delle forze combattenti antagoniste al regime, ha perso il suo ruolo di guida nel fronte di opposizione. Il 22 novembre scorso, infatti si è costituito un nuovo Fronte islamico anti-Assad, una coalizione che riunisce sette differenti gruppi armati prima divisi tra loro (Ahrar al-Sham, Jaysh al-Islam, Suqour al-Sham, Liwa al-Tawhid, Liwa al-Haqq, Ansar al-Sham e il Fronte islamico curdo) e che può così contare su 45 mila miliziani: più di quelli in servizio nel Libero esercito siriano (circa 30 mila) o tra le fila degli estremisti vicini ad al-Qaeda e allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (circa 12 mila).
L’opposizione armata ad Assad si trova così divisa in tre grandi gruppi, in lotta tra loro per la leadership. Una lotta che ha le sue ripercussioni anche nei campi di raccolta per i profughi siriani nei Paesi vicini. Secondo quanto pubblica il quotidiano libanese al-Akhbar, ad esempio, la città di Ersal, nella valle della Bekaa, in Libano, accoglie oggi circa 80 mila profughi. Ma verrebbe scelta come meta soprattutto dai fuggitivi in sintonia con le posizioni del Libero esercito siriano, i cui emissari in questo momento comandano nell’area.
Il Fronte islamico nato da poco si dipinge come indipendente da ogni altro gruppo politico e si propone di far cadere Assad e di instaurare uno stato islamico confessionale.
Pur distinguendosi da al-Qaeda e dai gruppi più estremisti, questa nuova formazione ha deciso di ritirarsi dal Consiglio militare supremo del Libero esercito siriano, dimostrando di agire in autonomia dallo schieramento «laico». Anche per dimostrare in fondo chi comanda tra i ribelli, quattro giorni fa i miliziani del Fronte islamico hanno occupato le basi e i magazzini del Libero esercito siriano, nella cittadina di Bab al-Hawa, nella provincia nord-occidentale di Idlib. Nei magazzini erano stipate armi ed equipaggiamenti militari di provenienza americana (inclusi ordigni anti-aerei e missili anti-blindati) arrivati in Siria attraverso il confine turco. I miliziani del Fronte islamico hanno issato la propria bandiera al posto di quella del Libero esercito, chiedendo al personale di abbandonare la base. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, convincendo Stati Uniti e Gran Bretagna ad annunciare la fine degli aiuti.

Fino ad oggi gli Usa avrebbero provveduto i ribelli siriani con equipaggiamento «non letale» per quasi 190 milioni di euro (ufficialmente spesi in razioni di cibo, medicinali, materiale di comunicazioni e veicoli); la Gran Bretagna avrebbe provveduto per 24 milioni di euro (per veicoli, generatori, kit per depurare l’acqua ed equipaggiamento contro la guerra chimica).
Gli Stati Uniti hanno comunque assicurato che l’aiuto «non letale» ai ribelli, interrotto nelle regioni del Nord della Siria, continuerà per i ribelli che operano nel Sud, attraverso il confine con la Giordania.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5841&wi_codseq=SI001 &language=it

Drammatiche testimonianze dalla Valle dell'Oronte nel nord della Siria

Terrasanta.net | 16 dicembre 2013

- Le notizie che filtrano dalla Siria settentrionale negli ultimi giorni confermano il rafforzamento sul terreno delle forze islamiste venute a combattere dall’estero.
Nel Nord del Paese, sfuggito al controllo delle forze governative, si indebolisce la presenza della componente più laica antagonista al regime di Bashar al-Assad, a vantaggio degli elementi estremisti più o meno contigui ad al-Qaeda.
Testimonianze dirette provenienti dalla Valle del fiume Oronte, punteggiata di villaggi - come Knayeh, Yacoubieh, Jdeideh, Ghassanieh - fino ad oggi interamente o prevalentemente cristiani, confermano che i gruppi estremisti hanno assunto il pieno controllo del territorio e che lo governano come un «emirato».
La situazione è particolarmente desolante e pericolosa per i cristiani, ai quali è stato imposto di far sparire croci e statue e di far tacere le campane. Le donne possono presentarsi in pubblico solo a viso (o, quanto meno, a capo) coperto.

Chi contravviene alle disposizioni incorre nelle sanzioni previste dalle più rigide norme religiose musulmane. L’obiettivo sembra essere chiaro: indurre la popolazione cristiana ad andarsene. L’alternativa è restare e rischiare la pelle.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=5852&wi_codseq=SI001 &language=it


Alla fine, Londra e Washington danno ragione a Mosca


La Bussola Quotidiana 
di Gianandrea Gaiani13-12-2013 

venerdì 20 settembre 2013

Il vero crimine è non fermare questa guerra



La Bussola Quotidiana-  18-09-2013
di Riccardo Cascioli

Stando a quanto si legge da alcuni giorni e alle dichiarazioni dei leader politici mondiali, sembrerebbe che la questione fondamentale riguardo la guerra in Siria ruoti tutta attorno al possibile uso delle armi chimiche e alla ricostruzione precisa della strage dello scorso 21 agosto compiuta a Ghouta con il gas sarin. Peraltro ci sono anche su questo punto molte perplessità.
Un primo rapporto presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu punta chiaramente il dito contro il regime di Assad quale responsabile della strage (pur senza mai nominarlo direttamente). E il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rilasciato dichiarazioni pesanti sull’uso di queste armi e sulla necessità di punirne i responsabili, proprio il giorno dopo l’accordo tra Russia e Usa per mettere sotto controllo l’arsenale chimico di Assad. Oltretutto lo scorso 13 settembre una nota rilasciata dalle Nazioni Unite spiegava chiaramente che la Missione degli esperti incaricati di accertare quanto accaduto non è finita e che gli stessi esperti devono tornare in Siria «per completare la propria indagine e preparare il rapporto finale».  Dunque, tempi e modi scelti da Ban Ki-moon per il suo discorso sono quanto meno intempestivi e fanno nascere molte domande.
La cosa però più grave è che la questione delle armi chimiche rischia di far passare in secondo piano la vera tragedia della Siria: una guerra civile sanguinosa che va avanti da due anni e mezzo, ha provocato intorno ai 100mila morti e quasi due milioni di profughi. La testimonianza di Domenico Quirico dopo il rilascio, e le immagini viste in questi giorni delle violenze perpetrate sia dai ribelli sia dai soldati di Assad, fanno largamente percepire l’abisso di male in cui questo paese è caduto.

Gas o non gas, ciò che davvero è urgente in questo momento è fermare questa guerra, e su questo la comunità internazionale dovrebbe sentirsi tutta coinvolta. L’aver bloccato l’intervento armato di Stati Uniti e Francia è stato il primo passo, si è almeno evitata una escalation che avrebbe rapidamente propagato l’incendio siriano ai paesi confinanti. Ma non può bastare, e sarebbe davvero tragico se i paesi più influenti si sentissero già a posto con la coscienza per aver trovato l’accordo sul controllo delle armi chimiche.
Lo ripeto: è necessario fare di tutto per fermare questa guerra, il che implica – ad esempio - bloccare sul serio l’afflusso di armi verso l’uno e l’altro fronte e costringere tutte le parti a sedersi intorno a un tavolo negoziale. Passaggio sicuramente non facile perché due anni e mezzo di guerra hanno reso tutti più “cattivi” e poi le potenze regionali e mondiali devono davvero convincersi che la pace conviene a tutti, senza dimenticare – come abbiamo scritto ieri – che tra i ribelli ci sono tantissimi miliziani stranieri venuti in Siria per combattere la “guerra santa”.

Eppure, per quanto difficile, questa strada non ha alternative credibili.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-vero-criminee-non-fermarequesta-guerra-7313.htm


Maaloula, il martirio della Chiesa d'Oriente




La Bussola Quotidiana - 16-09-2013
di Giorgio Bernardelli 

La festa dell'Esaltazione della Croce - la festa per eccellenza dei cristiani di Maaloula - vissuta da esuli nelle chiese di Damasco. Mentre nella loro città continua la battaglia tra esercito siriano e guerriglieri islamisti di Jabat al Nusra.
Grazie ai reportage di Gian Micalessin mandati in onda dai RaiNews24, abbiamo potuto vedere in questi giorni quale sia la situazione in questa città dalle antichissime radici cristiane, divenuta il simbolo della sofferenza delle Chiese d'Oriente. Dopo l'assalto degli islamisti iniziato ormai una decina di giorni fa, l'esercito siriano è rientrato a Maaloula. Ma la cittadina - nota per il fatto che qui si parla ancora l'aramaico, la lingua utilizzata da Gesù - è appoggiata a una montagna impervia. E da lì i miliziani di al Nusra sparano sulle case, ormai in gran parte abbandonate dalla gente fuggita a Damasco, che dista appena 50 chilometri.
Le notizie più aggiornate ieri sera le ha fornite l'agenzia russa Itar-Tass: secondo un suo corrispondente che si trova sul posto, anche ieri gli scontri sarebbero stati molto pesanti: i ribelli avrebbero cercato di contrattaccare scendendo dalla montagna, ma sarebbero stati respinti. Una fonte dell'esercito siriano ha parlato all'Itar-Tass di 300 o 400 miliziani uccisi; numeri impossibili da verificare nella guerra di propaganda che puntualmente affianca quella che si combatte in questo angolo della Siria. Ma il dato certo è che si continua a sparare in questo luogo simbolo del cristianesimo siriaco. E dunque chi fino a pochi giorni fa affollava le sue chiese si è dovuto unire ai 450 mila cristiani che - secondo il dato fornito dal patriarca greco-melchita Gregorio III Laham - hanno già dovuto abbandonare le loro case a causa di questo conflitto. Lasciando solo gli uomini e le donne di Dio - i monaci - a tenere radicata una tradizione cristiana millenaria (e a stare accanto ai più deboli, quelli che dal cuore di una guerra non possono nemmeno fuggire).


È la storia di Maaloula, divenuta in questi giorni simbolo potente grazie anche alla sua vicinanza rispetto a Damasco. Bisognerebbe però anche cominciare a ricordare che non è una storia nuova: la stessa cosa è già successa ai cristiani di Homs, a quelli di Aleppo, agli armeni di Deir el Zor... Luoghi importanti quanto Maaloula per la storia del cristianesimo d'Oriente. Luoghi che sono come le stazioni di una Via Crucis che coinvolge intere comunità.

Proprio in questi giorni si è tenuto in Libano il Sinodo della Chiesa siro-ortodossa, che insieme a greco-ortodossi e melchiti rappresentano le tre maggiori confessioni cristiane della Siria. Bastava guardare l'ordine del giorno dei lavori per rendersi conto della situazione: tra i punti in discussione figurava la vicenda del rapimento di uno dei vescovi che avrebbero dovuto essere lì presenti: il metropolita di Aleppo Youhanna Ibrahim, sequestrato nell'aprile scorso insieme al greco-ortodosso Boulos Yazigi. Il Sinodo non ha potuto far altro che ripetere come nessun gruppo abbia rivendicato il rapimento e che la Chiesa non può far altro che appellarsi «agli uomini di buona volontà, ai religiosi e a quanti cercano la pace, siano essi governi o istituzioni umanitarie, per proseguire gli sforzi per il loro rilascio».

Ma anche questo è un dramma che, nella catena senza fine delle lacrime della Siria, ne richiama subito tanti altri. «Le chiese e i monasteri dei cristiani del Medio Oriente oggi sono distrutti – scrivono i vescovi siro-ortodossi allargando lo sguardo -, le nostre istituzioni demolite, le famiglie disperse e bandite dalla terra dei propri padri e dei propri antenati, forzate a cambiare la propria religione, innocenti per queste tragedie e violenze subite. Molti sono i martiri per i quali invochiamo la misericordia dell'Altissimo e offriamo ai parenti le nostre condoglianze. Noi vescovi del Santo Sinodo - scrivono ancora - facciamo appello alle nazioni del mondo, specialmente a quelle che hanno più influenza, affinché operino per preservare quest'area da calamità e disastri che potrebbero estendersi ad altre parti del mondo. E chiediamo ai nostri fedeli di essere pazienti e continuare a pregare nonostante tutte queste avversità, per salvaguardare la nostra storia, la nostra tradizione, la nostra fede e anche la nostra lingua siriaca (l'aramaico ndr) che fu parlata da Nostro Signore Gesù Cristo e fu anche la lingua dell'antica Siria».

Restare nei luoghi della propria storia. È quanto chiedono i cristiani di Maaloula, che si augurano di poter tornare al più presto nella propria città. Ed è quanto anche i vescovi siro-ortodossi si sono impegnati in prima persona a fare. Tra i punti in discussione del Sinodo c'era, infatti, anche la questione della sede patriarcale: storicamente sarebbe Antiochia, ma dal 1959 è già stata trasferita a Damasco, la capitale della Siria. E domani? Il Sinodo ha dato una risposta chiara: «Abbiamo deciso - scrivono i presuli - che Damasco deve rimanere la capitale spirituale della Chiesa ortodossa siriaca, mantenendo così viva la tradizione apostolica. E abbiamo insistito sul fatto che non la sposteremo da Damasco in nessuna circostanza».
Di fronte alle minacce degli islamisti, parlano anche di questo oggi i cristiani in Siria. Sapendo che la fedeltà alla propria terra e alle proprie radici potrebbe comportare anche un prezzo molto alto da pagare.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-maaloulail-martirio-della-chiesa-doriente-7295.htm


Siria, il business dei sequestri di persona. Reportage di Gian Micalessin

A Damasco e nel resto del paese l'estendersi della guerra ha portato ad un drammatico deterioramento della sicurezza. Sequestri e rapimenti si susseguono a ritmo continuo e nessuno può più dirsi al sicuro. Ma più esposti sono molto spesso i cristiani.

martedì 10 settembre 2013

Maalula, i giornalisti e gli islamisti

Notizie contraddittorie sulla situazione di Maalula, mentre la liberazione di Quirico e del belga Piccinin infliggono un duro colpo all'immagine dei guerriglieri. La proposta russa.

11/09 : l'armata siriana libera il monastero di Mar Tekla






"Welcome to Maalula", il cartello di benvenuto ancora resiste sulle macerie all'ingresso del villaggio cristiano


Maalula è ancora controllata da bande armate islamiste e sappiamo ben poco di quello che sta avvenendo al suo interno. Purtroppo la notizia di una sua liberazione da parte dell'esercito regolare -che avevamo riportato nel precedente articolo- è poi risultata infondata. Inoltre intorno alla cittadina simbolo della Cristianità orientale si è scatenata una ridda di false informazioni che rendono quasi impossibile conoscere la situazione. Anche le testimonianze che giungono dal suo interno devono essere prese con molta circospezione perchè è possibile che vi siano persone – ed anche religiosi- che sono, di fatto ostaggio dei guerriglieri islamici e che quindi inviano messaggi sotto costrizione. 


Damasco: sconforto dei cristiani al funerale dei martiri di Maloula


Le operazioni dell'esercito regolare sono rese difficili dalla impossibilità di utilizzare massicciamente le armi pesanti per non causare danni irreparabili agli edifici storici ed esporsi così (come probabilmente gli islamisti vorrebbero) alla pesante critica dei media internazionali. In queste condizioni liberare la cittadina non sarà facile anche considerando che presumibilmente l'esercito siriano riterrà oggi prioritario concentrare le sue forze nella preparazione della difesa da un eventuale attacco aereo e missilistico da parte di americani e francesi.
 Non resta che pregare e sperare continuando a ripetere, in ogni occasione possibile, una parola d'ordine: “Giù le mani da Maalula!”.


Maaloula resident talks to BBC



Sulla situazione siriana però vi sono due fatti nuovi che meritano di essere riportati. Dopo mesi di prigionia nelle mani dei ribelli è stato liberato Domenico Quirico e con lui un ostaggio belga Pierre Piccinin. Le dichiarazioni rilasciate dai due concordano nel definire durissime le condizioni della detenzione. Quirico ha apertamente dichiarato di essere stato tradito dalla “rivoluzione” che lui aveva appoggiato e sostenuto. “E' diventata qualcosa di altro” ha dichiarato, intendendo dire che il movimento rivoluzionario avrebbe perso il suo carattere iniziale laico e democratico per divenire islamista. 
Mi spiace doverlo contraddire sul punto. Non esiste una rivoluzione siriana dei primi tempi ed una attuale. Esiste una rivoluzione siriana vista da lontano ed una vista da vicino. La rivolta siriana è sempre stata, fin dall'inizio, egemonizzata dagli islamisti e solo chi, a tutti i costi, voleva vedervi un movimento sinceramente democratico si è lasciato ingannare. Il che è successo ad un buon numero di osservatori occidentali ed a qualche militante anti-Assad che sperava di poter utilizzare gli islamisti per abbattere il regime per poi metterli da parte successivamente. 
Piccinin con le sue dichiarazione è andato anche oltre, affermando di aver sentito i suoi rapitori parlare dell'attacco con il gas nervino ed affermare che si trattava di un'operazione orchestrata dalla stessa opposizione. In altre parole avrebbe scagionato Assad. Quirico questa mattina in alcune interviste ha confermato le inumane condizioni della sua detenzione. Ha confermato anche la conversazione riferita da Piccinin sull'uso delle armi chimiche da parte dei ribelli. Solo ha dichiarato di non sapere quanto autorevoli e informati potessero essere le persone che parlavano, uno dei quali, comunque, si autodefiniva "generale" dei ribelli. 

Il secondo fatto nuovo è rappresentato dalla proposta russa di mettere sotto controllo internazionale le armi chimiche di Damasco, proposta che la Siria ha già accettato. Ora nelle mani di Obama e Kerry vi è veramente una patata bollente. Come giustificare, di fronte ad una opinione pubblica interna ed internazionale sempre più ostile ad un attacco, la decisione di voler bombardare la Siria per impedire l'utilizzo di armi che il Governo di Damasco sarebbe comunque disposto a consegnare pacificamente? Fino ad oggi, nel contesto di questa gravissima crisi, la Russia si è mossa con intelligenza e determinazione e con questa proposta forse è riuscita a spegnere la miccia che era ormai arrivata vicinissima alle polveri. 
Tornano alla mente le parole della Santa Vergine ai pastorelli di Fatima: “La Russia si convertirà ed il Mondo avrà un periodo di pace...” ed è impossibile non rilevare come questo spiraglio di soluzione pacifica (il primo dopo un lungo periodo di crescente tensione) si manifesti il giorno immediatamente successivo alla giornata di preghiera promossa da Papa Francesco. Maria Regina della Pace, prega per noi...

Mario Villani


I funerali delle vittime della battaglia di Maaloula. 

Il racconto di Gian Micalessin

In Siria a Damasco si sono svolti i funerali delle vittime della battaglia di Maaloula, la cittadina cristiana attaccata nei giorni scorsi dai ribelli di al Qaeda. Il racconto Gian Micalessin di questa giornata di dolore.

http://www.rainews24.it/it/video.php?id=35903 



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