Traduci

Visualizzazione post con etichetta Custodia Terra Santa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Custodia Terra Santa. Mostra tutti i post

sabato 10 luglio 2021

Emergenza luce: cala il buio sulla Siria

Diamo troppo spesso per scontato la possibilità di schiacciare un interruttore. La prossima volta che accenderete una luce, pensate di accenderla in Siria, per la Siria. 

La luce, un bene essenziale quasi scontato

In Siria l’energia pubblica c’è un paio d’ore al giorno. Per il resto della giornata i cittadini devono arrangiarsi. Per le vie di Aleppo, ci sono migliaia di fili intrecciati per le strade collegati ad alcuni generatori privati disposti in alcuni punti della città. Chi vuole, ma soprattutto chi può permetterselo, si attacca al generatore e gli viene erogata una certa quantità di corrente elettrica. I costi sono esorbitanti.

Noi nelle nostre case (qui in Italia) siamo abituati alla luce, alla corrente elettrica come un bene scontato e indispensabile. Lo standard in Italia si aggira intorno ai dieci ampere.  Lì il costo per uno o due ampere di corrente elettrica è davvero alto. Con un ampere accendi due o tre lampadine, con due ampere tiene accese quattro lampadine ,  ma un solo ampere costa 1 euro per settimana. 

Due ore al giorno di elettricità. Due Ampere a settimana per un totale di 2€, 3.000 Lire Siriane. Con l’elettricità pubblica si riescono a tenere 4 lampadine accese o una lampadina e, forse, un frigorifero sempre per due ore al giorno, di solito verso mezzogiorno e alla sera.

Poi sulla Siria cala il buio della notte e della crisi energetica che continua a imperversare sul Paese dall’imposizione dei dazi sul petrolio da parte di Stati Uniti ed Europa. E la popolazione è sempre più in ginocchio.  

Crisi economica ed emergenza luce 

A causa della crisi, la disoccupazione in Siria è dilagante. Chi ancora lavora e percepisce uno stipendio che, mediamente, si attesta a 650.000 Lire Siriane al mese, poco meno di 500€, ha risparmiato e comprato un generatore alimentato a benzina. 

Dopo pazienti code ai distributori, un’attesa per una tanica che può durare una giornata, i più fortunati riescono ad accendere i generatori per qualche ora ancora. Chi non è riuscito a fare benzina non può fare altro che comprarne al mercato nero a prezzi folli. 

Famiglie e palazzi si sono addirittura organizzati per avere in casa due quadri elettrici: uno normale e uno alimentato dai generatori che scatta quando salta l’elettricità. Se però una delle famiglie non riesce a saldare il conto mensile, l’energia non c’è per nessuno. 

Gli ospedali sono forse gli unici edifici che hanno una continuità nell’alimentazione mentre nelle case private e negli uffici, elettrodomestici e computer possono essere accesi per pochi minuti e tutti insieme, rischiando un sovraccarico e un blackout. 

Quando la vita ruota attorno ad una lampadina accesa 

L’intera vita dei siriani, lavorativa e privata, ruota attorno a quelle poche ore in cui l’elettricità, miracolosamente, c’è. I più colpiti rimangono i bambini in età scolastica: la mancanza cronica di elettricità ha impedito di portare avanti la didattica a distanza. 

Lo Stato ha deciso così di terminare l’anno scolastico con mesi di anticipo. L’abbandono degli studi ha subito un’impennata improvvisa e il lavoro minorile è tornato ad essere una triste realtà. 

Nel mondo del lavoro regolare, soprattutto nel settore secondario e terziario, per quanti sono sopravvissuti a una tremenda ondata di licenziamenti rimane una routine completamente capovolta.  

Rete elettrica e rete solidale 

Dove manca la rete elettrica, è però nata un’altra tipologia di rete, quella della solidarietà fra famiglie e singoli. I Siriani hanno affrontato l’ennesima crisi con una nuova consapevolezza: solo nell’unità si può trovare una soluzione

È così che i palazzi, i quartieri, hanno ricominciato ad essere piccole comunità dove la condivisione di quelle poche risorse che rimangono diventa fondamentale per la sopravvivenza di tutti. 

È grazie a questa spinta dal basso, grazie agli sforzi dello staff locale di Pro Terra Sancta e grazie all’aiuto dei nostri sostenitori che siamo riusciti a sfruttare questo già esistente network solidale per aiutare più di 300 famiglie da febbraio 2020.  

Con piccoli aiuti economici riusciamo ad aiutare una famiglia ad acquistare il gasolio necessario per avere la corrente elettrica necessaria per un mese. Ma i numeri di richieste aumentano e le famiglie che si rivolgono a noi sono arrivate ad essere più di 3000

La risposta di Pro Terra Sancta a l’emergenza luce 

Pro Terra Sancta vuole ora sviluppare un progetto che risponda ad un’esigenza immediata: avere il minimo indispensabile in termini energetici, e ad un piano a lungo termine, ossia trovare fonti di energia alternative che garantiscano un rifornimento costante di elettricità. 

https://www.proterrasancta.org/it/luce-siria/#dona


Quella che per la maggior parte di noi sarebbe una situazione insostenibile, per Ayham, che lavora con Pro Terra Sancta a Damasco, è la realtà quotidiana: “Non potete immaginare l’impatto negativo che la mancanza di elettricità ha sulla nostra vita”, ci dice.

A causa di guerra, dazi ed embarghi, l’emergenza luce va avanti ormai da 10 anni ma, dopo le ulteriori sanzioni imposte da USA e UE sulla Siria, il Covid e l’aggravarsi della crisi economica, l’elettricità è diventata un lusso che in pochi si possono permettere. 

Batterie scariche e strade buie: “è molto deprimente qui” 

“Per mantenere carica la batteria di laptop e cellulare fino a fine giornata, bisogna seguire una vera e propria strategia”, continua a spiegare Ayham. Caricabatterie e batterie, poi, sono venduti a prezzi altissimi. La speculazione sugli apparecchi elettronici è fuori controllo. 

Quando cala la sera, le strade rimangono buie. Chi può permettersi di fare benzina e spostarsi in auto cerca di farlo con la luce perché non ci sono lampioni e semafori in funzione: guidare è pericolosissimo. 

Negozi, case e uffici sono al buio, compreso l’ufficio di Pro Terra Sancta a Damasco che rimane senza elettricità per 15 ore ogni giorno: non c’è la benzina per attivare i generatori per computer e stampanti, è meglio tenerla per gli ambulatori. 

L’impatto della mancanza di elettricità sul lavoro di Ayham e dei suoi colleghi è molto negativo. “Ogni giorno lavoro da casa e poi, quando c’è l’elettricità, alle cinque vado in ufficio per finire il mio lavoro”. 

Tagrid, la nostra Wonder Woman 

Nello stesso ufficio lavora anche Tagrid che fa le pulizie in tutto l’edificio e in altri uffici vicino a dove vive. Tagrid è anche una delle beneficiare del progetto di housing finanziato dalla nostra Associazione: nonostante faccia tre lavori riesce a coprire solo metà delle spese mensili della sua famiglia

Il marito è gravemente ammalato e non lavora e Tagrid cerca qualunque lavoro possibile per avere un’entrata extra e aiutare il suo unico figlio a pagare le tasse dell’Università. 

La sua generosità e resilienza le ha conquistato l’affetto di tutto il personale di Pro Terra Sancta di Damasco: “ogni giorno, dopo essere andata a comprare il pane per la sua famiglia, passa in ufficio per distribuirlo a tutti noi”, racconta Ayham. 

Quando non c’è luce, la strada diventa una pericolosa scuola di vita 

La categoria più colpita dalla mancanza di energia elettrica però rimane quella dei bambini. Il Coronavirus ha causato la chiusura anticipata delle scuole e i bambini si sono riversati nelle strade per cercare luce, vita e giocare.

“Però è un grande pericolo: sappiamo tutti che cosa possono imparare per strada”, dice Ayham che, come capo scout, ha una grande esperienza nel campo dell’educazione.

È per questo che, già due anni fa, nel Franciscan Care centre è stato attivato un programma di educazione musicale rivolto ai più giovani, per cercare di tenerli lontani dai pericoli della strada e per farli continuare a studiare. 

Nonostante la fatica nel continuare a fare il loro lavoro, Ayham e lo staff di Damasco, come la squadra ad Aleppo, sono affiatati e altamente motivati a continuare ad aiutare la loro comunità.

L’emergenza luce aggrava ulteriormente una situazione critica per la crisi economica e le sanzioni internazionali. “Frodi, ladri, fame, povertà sono ovunque”, conclude amaramente Ayham “ma non possiamo arrenderci a questa condizione. Un futuro più luminoso è possibile!”.

La quotidiana maratona di Eva contro il buio

Seduta alla sua scrivania nell’ufficio di Pro Terra Sancta a Latakia, la nostra segretaria Eva batte furiosamente sulla tastiera del computer. Sta correndo una maratona contro il tempo: presto la batteria del laptop sarà scarica ma l’email va mandata. 

Per lei, il nostro staff e l’intera popolazione siriana è importante far sapere al mondo che cosa sta succedendo, in che condizioni vivono e lavorano a causa di una crisi energetica senza precedenti. 

A causa delle sanzioni non c’è più elettricità, non c’è più luce. La vita di tutti è stata capovolta: “l’80% della popolazione ha rinunciato a tutto pur di sopravvivere”, scrive Eva. 

NON SOLO EMERGENZA LUCE: MANCANO ACQUA E GAS 

La mancanza di luce e l’impossibilità di usare gli elettrodomestici porta con sé altri gravissimi problemi: “la cosa più importante che ci manca a causa dell’elettricità è l’acqua”, continua Eva. Ci spiega che ogni notte stanno svegli per tenere attiva la pompa che porta l’acqua in casa. 

A volte deve aspettare due ore prima di vedere le prime gocce e, se l’acqua arriva, sa già che verrà usata per riempire la vasca in cui a turno i membri della famiglia faranno il bagno, per l’igiene giornaliera e per lavare a mano i vestiti. Altre volte l’acqua non arriva per 4 giorni. 

La dieta ha subito un cambio altrettanto drastico: le bombole di gas sono rarissime e vendute a caro prezzo e bisogna aspettare che ci sia l’elettricità per usare i fornelli ad induzione e il bollitore. 

Serve un’intera giornata per cucinare un semplice piatto tradizionale”, scrive Eva, “e bisogna cercare di consumarlo in fretta perché non possiamo accendere il frigorifero, che ora usiamo come se fosse una dispensa”.  

SOLITUDINE E DEPRESSIONE: GLI EFFETTI COLLATERALI DEL BUIO

Poi c’è il buio. Pochissimi possono permettersi di comprare una piccola batteria per illuminare una stanza. Gli effetti fisici e psicologici della mancanza di luce stanno iniziando a manifestarsi in tutta la loro potenza e negatività. 

La mia mamma anziana ha iniziato a prendere gli antidepressivi”, confessa Eva, “ha difficoltà a muoversi e passa molto tempo in casa da sola. Ora non ha più la radio e la TV a tenerle compagnia. Tante persone, soprattutto le casalinghe, soffrono della stessa condizione”. 

La figlia di Eva è un’adolescente e, dato che le scuole sono state chiuse con grande anticipo, passa le sue giornate a leggere e a dipingere. A causa del buio, però, la sua vista è diventata debolissima

I suoi quadri, poi, sono tutti in bianco e nero. Non esistono più i colori nella vita di questa giovane donna

LAVORARE SENZA ELETTRICITÀ 

La parte più frustrante della nuova routine quotidiana di Eva è il lavoro. Da quando mette piede in ufficio alle 7, Eva ha mezz’ora per ricaricare telefono e laptop poi, fino alle 12, non c’è elettricità. 

Stampare, fare fotocopie e inviare email sono operazioni che devono essere svolte in sole 2 ore. Dalle 2 di pomeriggio alle 6 e mezza di sera non è più possibile lavorare. 

I frati non riescono più a comprare la benzina che potrebbe alimentare il generatore per convento e ufficio. Ci si può affidare solamente alla rete elettrica nazionale e ciò, per Eva e i suoi colleghi, significa dover rimanere in ufficio dopo le 7 e nei weekend. 

UNA MARATONA CONTRO IL TEMPO

Stiamo vivendo una vita caotica. Stiamo perdendo coraggio, gioia e futuro. Ogni pensiero è rivolto ai momenti in cui potremo avere acqua, scaldare il cibo, ricaricare le batterie, accendere la lavatrice magari…”. 

Cucinare e fare la lavatrice. Eva non desidera altro che fare quei lavori domestici che invece tanti di noi considerano fastidiosi. 

“La batteria del mio computer è quasi del tutto scarica. Devo andare ora”, scrive Eva. La sua mail potrebbe benissimo essere firmata “Siria”: un’intera popolazione ha la batteria scarica ed è relegata al buio. 

Basterebbe solo alzare un interruttore. Basterebbe solo accendere una luce in Siria


https://www.proterrasancta.org/it/luce-siria/

lunedì 22 marzo 2021

La Colletta del Venerdì Santo: offri il tuo contributo per i Luoghi Santi e i cristiani di Terra Santa

Il prossimo 2 aprile, Venerdì Santo, si celebra la Giornata Mondiale di Terra Santa. La cosiddetta Colletta è “un gesto di carità e di solidarietà che ci permette di custodire i luoghi della Redenzione, di sostenere le nostre comunità cristiane e l'opera della Chiesa”.


Nel corso di tutto il 2020, in Terra Santa come nel resto del mondo, siamo stati messi a dura prova dalla pandemia che ha paralizzato buona parte delle attività economiche, ha bloccato il movimento delle persone e quindi anche dei pellegrini, ha messo in sofferenza e in stato di indigenza la maggior parte delle famiglie, ha sprofondato molte persone nella solitudine e nell’isolamento.

Nonostante o forse proprio a causa di questa situazione, come frati della Custodia di Terra Santa abbiamo cercato di intensificare il nostro impegno per vivere la nostra missione: quella che san Francesco ha voluto intraprendere nel 1217, di essere presenti come lievito di vangelo in un contesto a maggioranza di altra religione; e la missione che la Chiesa ci ha affidato, ufficialmente a partire dal 1342, di custodire i Luoghi Santi della nostra redenzione e la piccola comunità cristiana che qui ancora esiste e resiste, a dispetto delle avverse condizioni della storia e della globalizzazione dell’indifferenza.

Non abbiamo chiuso i santuari, ma abbiamo cercato di valorizzarli, intensificando in questi luoghi speciali della fede la nostra invocazione a nome dell’intera umanità e la nostra intercessione per l’umanità intera. Abbiamo cercato di rendere accessibili questi luoghi anche in modo virtuale, trasmettendo le varie celebrazioni durante l’anno, per mantenere vivo il legame con i fedeli e i pellegrini.

Non abbiamo smesso di prenderci cura delle nostre parrocchie, con i loro fedeli, siano essi locali di lingua araba, ebraica o greca, siano essi migranti lavoratori stranieri o rifugiati. Le celebrazioni – pur con molte restrizioni – sono continuate. I sacramenti hanno continuato a nutrire la vita dei nostri fedeli. È continuato l’impegno di catechesi. È continuata la cura degli ammalati, anche di quelli di Covid-19, ed è continuato l’accompagnamento dei moribondi, per non abbandonarli a una morte priva di dignità umana e cristiana. È continuato l’impegno caritativo per venire incontro a popolazioni provate non solo dalla pandemia, ma anche dai disastri della guerra e dalle leggi ciniche e crudeli dei mercati, dall’assenza di assistenza sociale, dal dover ricorrere a mendicare per potersi curare, per soddisfare i bisogni di tutti i giorni o per mandare a scuola i propri figli. Non abbiamo chiuso le scuole e abbiamo continuato a prenderci cura dell’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani.

Tutto questo, ovviamente, ha un costo e gran parte di questo costo viene annualmente coperto dalla Colletta del Venerdì Santo e dalla generosità dei fedeli di tutto il mondo. Il 2020, anche per noi è stato un anno in cui le uscite necessarie a portare avanti la nostra missione sono rimaste consistenti, mentre le entrate sono state minime, perché proprio la Colletta per la Terra Santa in molte parti del mondo non si è celebrata. Quest’anno, perciò, più ancora che negli anni passati, noi frati della Custodia di Terra Santa ci facciamo mendicanti e ci appelliamo alla generosità del vostro cuore.

Come ci ricorda papa Francesco nella sua ultima enciclica, riflettendo sulla parabola del Buon Samaritano: «Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza» (Fratelli tutti, 69). E poco dopo la costatazione si fa domanda: «È l’ora della verità. Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri?» (Fratelli tutti, 70).

Aiutateci secondo le vostre possibilità, aiutateci secondo la generosità del vostro cuore, aiutateci ad aiutare.

Fr. Francesco Patton OFM, Custode di Terra Santa 

https://www.collettavenerdisanto.it/wp-content/uploads/2021/03/Colletta_2021.pdf

lunedì 14 settembre 2020

il 'Monastero di Terra Santa' di Aleppo torna in possesso dei frati francescani

 

Cari figli e fratelli,

Oggi la nostra gioia è immensa per aver riavuto la 'Terra Santa di Aleppo', non solo perché è un monastero tra gli altri ma perché è caro ai generosi Aleppini, grandi e piccoli.

Questo luogo ha svolto un ruolo importante sin dalla fondazione come scuola secondaria. Molti medici, ingegneri, personalità dello Stato e della società civile si sono diplomati qui. Quando le scuole furono nazionalizzate, il 'Collegio di Terra Santa' si adoperò attivamente per rafforzare il ruolo della cristianità in Aleppo. Soprattutto, attraverso il Christian Educational Center e appoggiando le attività e gli eventi di tutte le confessioni cristiane in città.

Questo luogo è considerato ecumenico per eccellenza: non fa differenze tra una setta e l'altra. Qui tutti sono considerati fratelli e sorelle nel Signore. Dall'inizio dell'abominevole crisi che ha afflitto il nostro amato Paese, i Padri Francescani hanno accolto nella loro missione famiglie con disperato bisogno di un luogo ospitale che offrisse un po’ di stabilità e di speranza nella loro terra e la loro eredità culturale. Centinaia di figli di Aleppo accorrevano ogni giorno al monastero, che è diventato giorno dopo giorno un'oasi d’amore, di incontri e di pace.

Nel Franciscan Care Center sono nate diverse attività: arte, sport, musica e teatro, come supporto psicologico per tanti bambini e famiglie, con programmi qualificati per curare le tante ferite retaggio della guerra assurda che ha patito la città di Aleppo.

[QUI  nei dettagli il lavoro che si svolge nel Franciscan care center ]

Oggi, in coincidenza con la Festa della Vergine Maria, il 'Terra Santa' torna nelle braccia della Chiesa sotto la custodia dell'Ordine Francescano. Noi, figli di San Francesco, riceviamo dalla mano pura della nostra Vergine Madre questo dono tanto atteso, per completare la nostra missione di edificazione dell'essere umano schiacciato da guerra, epidemie e tribolazioni di ogni genere.

Chiediamo a Dio di estendere tutte le sue benedizioni a Sua Eccellenza il Presidente Bashar Hafez al-Assad, perché ci ha onorato ed è caro a tutti i nostri cuori.

[nell'incontro che ebbero con il presidente Bashar Assad il 23 dicembre 2019, i padri francescani chiesero di recuperare il terreno e la struttura della 'Terra Santa' che apparteneva all'Ordine ed egli promise il suo interessamento].

Con l'intercessione della Vergine Maria, di San Francesco, fondatore dell'ordine monastico, e di Sant'Antonio da Padova, Santo patrono del monastero, chiediamo a Dio di concederci pace, sicurezza e salvezza, che tenga lontane da tutti la pandemia e che noi frati possiamo discernere la volontà di Dio in queste circostanze, per fare di questo monastero un faro di conoscenza, etica e bene per i figli della madrepatria Siria.

Festa della Vergine Maria. 8 settembre 2020

Padre Firas Lotfi, francescano Custode della Provincia di San Paolo, per i Francescani di Siria, Libano e Giordania.

Dalla pagina della Parrocchia Latina San Francesco di Aleppo

Traduzione Maria Antonietta Carta

domenica 17 novembre 2019

Prepararsi al Natale tra le bombe a Idlib


Negli ultimi mesi i venti di guerra hanno ripreso a soffiare violentemente nella Siria settentrionale: a nord ovest l’esercito di Damasco combatte l’ultima resistenza jihadista, mentre da inizio ottobre i turchi hanno invaso l’area curda a nord est. E nonostante le roboanti notizie dal sapore di propaganda che annunciano importanti conquiste sul piano diplomatico o il successo di operazioni quali l’uccisione di Abu Bakr Al-Baghdadi Califfo dell’ISIS, nelle provincie del Nord regna il caos.
Inutile dire – lo abbiamo ripetuto molte volte – che chi paga le salatissime conseguenze di questa tragedia durata nove anni è la gente comune che fatica a sopravvivere per la guerra dove si combatte ancora e per una pace che non offre molto altro oltre alle macerie e alla fame, nei luoghi dove le bombe non cadono più.
Per questo la testimonianza arrivata in questi giorni di uno degli ultimi due religiosi cristiani rimasti a Knaye e Yacoubieh, due villaggi della provincia di Idlib nel nord est della Siria, ci colpisce particolarmente:
“Siamo un piccolo battello in un mare di calunnie. Non usciamo quasi mai, perché c’è il rischio di venire derubati o essere addirittura rapiti. Subiamo violenze di continuo e continuamente siamo perseguitati e calunniati. Gesù dice ‘Beati voi quando vi perseguiteranno e diranno ogni male contro di voi’ e questa per noi è davvero una consolazione e una certezza in mezzo a tutta la violenza. Le bombe continuano a cadere intorno a noi, in questo scontro senza fine tra le forze governative e i jihadisti rimasti. Recentemente hanno messo in carcere tre membri della comunità con accuse false e non sappiamo se saranno sottoposti ad un giusto processo o se ci chiederanno grosse somme per il riscatto. Perché sotto il controllo jihadista, regna l’anarchia.
Nonostante questo, a breve inizieremo alcune attività per prepararci al Natale, la festa dell’unica speranza che ci sostiene. Coi bambini abbiamo iniziato a preparare dei presepi da regalare a ciascuna delle 250 famiglie della comunità, mentre con i ragazzi prepareremo un concerto per il giorno dopo Natale. Non possiamo mostrare nulla all’esterno, non possiamo esporre decorazioni, ma ogni casa avrà il suo presepe e ognuno di noi si preparerà nel suo cuore alla festa. Oltre alle attività in parrocchia, daremo a ogni famiglia un pacco alimentare più sostanzioso di quelli che già distribuiamo e un piccolo contributo economico di aiuto. Questo è stato possibile grazie al vostro aiuto, perché non possiamo ricevere altro sostegno al momento. Il vostro aiuto e le vostre preghiere ci permettono di sopravvivere in questa tragedia senza fine”.
È fondamentale per noi continuare a sostenere i due francescani e le comunità di Knaye e Yacoubieh, che non ricevono nessun altro tipo di sostegno e sono nella tribolazione.
   A questo link per il tuo dono:
https://campaign.proterrasancta.org/natale-knaye-yacoubieh/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=nataleaknayeb&utm_term=10novembre2019&utm_content=it

mercoledì 18 settembre 2019

Da Damasco all’Italia per imparare l’arte del restauro


“Per noi essere qui è un privilegio, un’occasione unica che pochissimi nostri coetanei possono avere in questo momento, quindi grazie di cuore”. A parlare è Rand, 25 anni, in visita in Italia insieme a Vialet, di qualche anno più giovane. Sono siriane e vengono da quella che,  secondo una recente classifica dell’Economist, è la città più invivibile al mondo: Damasco. Qui infatti, nonostante da tempo non vi siano più combattimenti in corso, le cose non vanno per niente bene.
C’è fame a Damasco, e moltissima povertà; a causa dei lunghi anni di guerra certo, ma soprattutto a causa  delle sanzioni economiche imposte dall’estero. 

Vista la situazione precaria in cui ancora verte il Paese, è molto difficile entrare o uscire e partecipare a iniziative come quella a cui partecipano Rand e Vialet in questo mese in Italia.
L’iniziativa si colloca all’interno di un progetto sostenuto da Associazione pro Terra Sancta e portato avanti da alcuni membri dell’associazione Restauratori Senza Frontiere (RSF), che dal 2018 seguono alcuni restauri di opere artistiche all’interno del convento francescano di Bab Touma a Damasco. I restauratori hanno già compiuto due spedizioni in Siria con l’intento di effettuare i restauri con il coinvolgimento di alcuni universitari locali.
Tra questi c’erano appunto Rand e Vialet, che questa estate sono state invitate a partecipare ad alcune sessioni di restauro portate avanti da RSF a Roma e Rapallo. E tra una sessione e l’altra, hanno avuto l’occasione di visitare le principali città italiane e vedere le più importanti opere artistiche.

“Io oggi lavoro come grafica per una compagnia telefonica in Siria – racconta Rand –  ma sono laureata in Beni Culturali e per me è stato davvero emozionante vedere il Colosseo, la Torre di Pisa e molte altre testimonianze archeologiche e artistiche…tutte cose che avevo visto solo sui libri e potevo solo immaginare!”.
Anche per Vialet è stata un’esperienza indescrivibile. Lei studia ancora, è iscritta al secondo anno di Archeologia. “Per me – dice – questa è un’occasione preziosissima, che mi darà moltissime occasioni in futuro. Pochi studenti del mio corso hanno opportunità di uscire dal Paese e vedere quello che ho visto io in questo momento, e anche dal punto di vista professionale è un bel vantaggio”.
Vialet non vede l’ora di terminare gli studi e mettersi al lavoro. “In Siria – dice – abbiamo un enorme patrimonio archeologico che è stato in larga parte distrutto o danneggiato dal conflitto, ed è un peccato perché per me l’archeologia è lo studio del passato nel tentativo di risalire alla nostra origine. Distruggerlo significa perdere la via che ci ricorda la nostra origine. Dovremo recuperare questa memoria e non vedo l’ora di iniziare. I miei studi, l’esperienza con RSF e tutto il lavoro di formazione sulle opere danneggiate e questo viaggio in Italia, sono elementi che mi aiuteranno a svolgere al meglio questo lavoro. Per questo vi sono immensamente grata dell’opportunità”.

giovedì 11 aprile 2019

Dal vangelo secondo Damasco. La lunga via della ripresa e i nuovi nemici della Siria

  di Fr. Bahjat Elia Karakach

Che cosa raccontarvi della realtà che vive ora la popolazione di Damasco? Con la liberazione della Città circa un anno fa, giusto nei giorni che antecedevano la Pasqua, la gioia, il sollievo dal costante pericolo bellico sul quale tutti noi vivevamo, la fiducia in un nuovo momento erano molto vivi nei volti, nonostante le situazioni difficili di ogni famiglia o persona. 
Un anno quasi è passato e la speranza che c’era sta tramontando sempre di più nella delusione e scoraggiamento. Si dice che 'il dopo guerra è peggio della guerra’… non saprei dirvi se la possiamo mettere cosi, ma posso dirvi che la situazione che la gente vive è veramente dura: non c’è gas – si  devono fare lunghe file alle volte di oltre 6 ore per comperare  una bombola di gas (non completamente riempita), quando una volta alla settimana passa il camion che non ha abbastanza bombole per distribuire a tutti – non c’è gasolio, tanto necessario soprattutto per il freddo inverno che abbiamo vissuto fino a qualche giorno fa, l’elettricità  arriva solo alcune ore al giorno. Solo la mancanza di queste 3 cose cosi necessarie basterebbe perché la vita  della gente sia veramente pesante. Queste mancanze creano un terreno favorevole allo sviluppo di una ‘mafia’ che punta sempre di più al mercato nero. Le restrizioni esterne e adesso anche interne fanno vedere un futuro ‘’senza futuro’’ soprattutto per i giovani, spingendo tanti a desiderare ardentemente di partire del paese.
L'immagine può contenere: 8 persone, persone che sorridono, persone in piedi
Ma c’è solo questa dura situazione? Nel volto dei nostri bambini, e sono tanti che più volte alla settimana riempiono di vita il cortile della chiesa,  si vede la gioia di vivere insieme nella pace e nella speranza. I giovani si sentono sostenuti nelle loro paure ed incertezze e tanti  vogliono dare il meglio di loro. 
Vi racconto una dell’esperienza che stiamo facendo. Ci sono 500 famiglie nel bisogno che cerchiamo di aiutare mensilmente con un piccolo contributo economico e con la nostra amicizia. Queste famiglie sono visitate da un’equipe di giovani che due a due vanno a fare queste visite. Due di loro ci hanno raccontato la forte esperienza che hanno fatto visitando una famiglia di 5 persone che vive in una stanza, il papa è allettato a causa de una malattia, la mamma soffre del disco, abita con loro la mamma del papà e hanno due figli uno dei quali una bambina con grande handicap. Entrando in quella stanza sono rimasti senza parola al saluto caloroso della mamma che l’altro ha detto: ‘’Vedete che grande dono è per noi la nostra figlia?’’. Quando sono usciti, erano molto commossi nel veder come questa famiglia, cosi in difficoltà, accoglieva con fede e amore tutto dalle mani di Dio. ‘’E noi alle volte ci perdiamo con una piccola cosa…’’ – dicevano questi giovani, grati di potere fare questa esperienza che li aiuta a vedere la vita con altri occhi. 
C’è molta più generosità e fede di quanto possiamo immaginare. Sono le radici nascoste di questa Chiesa di Gesù.


il racconto di Andrea Avveduto
ATS pro Terra Sancta
aprile 2019

“Macché finita. La guerra è appena iniziata”. Forse i nemici non si chiamano più Daesh o Al Qaeda, ma fame e povertà, e sono nomi che fanno ugualmente paura. Sono i nemici che la politica internazionale può armare in modo più silenzioso e subdolo, senza mortai e lontano dai riflettori, con le sanzioni economiche che in questi mesi stanno mettendo letteralmente in ginocchio la Siria. Per questo la frase pronunciata da fra Antonio all’inizio assume quell’accento cupo e triste di chi non si crea facili illusioni su un futuro incerto.

Damasco è in ginocchio, l’elettricità che arriva a singhiozzo mostra il volto di un paese dimenticato dai media, ma vittima di un’emergenza umanitaria peggiore degli anni scorsi, quando la capitale siriana andava in onda su tutti i telegiornali. Siamo a Bab Touma, l’antica porta di San Tommaso, quartier generale dei progetti di ATS pro Terra Sancta nella terra di San Paolo.
 Pensavamo di trovarci sulla via della ripresa, e invece ci troviamo in piena emergenza. Famiglie di quattro persone che vivono a stento in una stanza di pochi metri quadrati, ammalati che non possono permettersi di comprare medicine salvavita, sfollati che sono fuggiti in fretta da Homs, Maaloula, Knayeh: sono giorni intensi quelli passati in Siria a incontrare, a parlare con le persone accolte dai frati. Con Fadia e Ayham, i nostri validi collaboratori di Damasco, passiamo le giornate con loro cercando di capire i bisogni, e anche le loro speranze.

“Vivevamo a Homs fino a qualche anno fa, ma con la guerra siamo scappati”. Rita, che a stento trattiene le lacrime, ci parla dal letto, dove è incatenata da diversi mesi per una malattia alla schiena che non le lascia tregua. “Mio marito faceva il pittore, non eravamo ricchi ma avevamo di che vivere”. Poi la guerra, e il triste copione che ci siamo abituati a conoscere. “Siamo venuti a Damasco, a bussare a tante porte per chiedere aiuto. L’unica che si è spalancata è la vostra”. Rita parla del centro emergenza aperto dall’Associazione pro Terra Sancta nel convento dei francescani a Bab Touma, dove da diversi anni ci prendiamo cura di casi difficili come questo. “Mio figlio ha 16 anni e ha subito tanti traumi con la guerra. Non parla più, non ha amici, sono disperata”.
 Sua figlia, invece, di soli quattro anni, ha un grave ritardo mentale. Muove continuamente la testa, su e giù. Rita chiede a suo marito di andare a giocare con lei per qualche minuto fuori dalla stanza. Vivono assieme, tutti e quattro, in una piccola stanza di 14 metri quadrati, e condividono il piccolo cucinino con altre famiglie in un quartiere povero della capitale. “Senza gli aiuti ricevuti non so dove saremmo ora”.

Rita è ancora a letto, il marito cerca un lavoro per mantenere quella famiglia piagata dalla guerra: non possono emigrare, ma solo sperare di potersi curare e mantenersi in vita, in attesa l’economia si riprenda. La speranza di tornare a vivere oggi ha un volto, e un luogo. Lo stesso luogo che ha accolto anche Hana, venuta a Damasco per farsi curare dal cancro. Nel suo paese, Hassakeh, non si trovavano cure adeguate. “Non potevo andare avanti e indietro ogni volta che dovevo ricevere le cure per il tumore, e così ho cercato un luogo dove poter fermarmi. La Provvidenza ha voluto che incontrassi i frati di Damasco. Senza di loro penso che oggi non sarei qui a raccontarvelo”.

La fila delle persone aiutate dai nostri progetti avviati con la collaborazione della parrocchia è lunga, e piena di storie come queste. Drammatiche, difficili, eppure con un fondo di speranza. La Siria di oggi. Damasceni, aleppini, abitanti di ogni dove nella scacchiera siriana dove le potenze internazionali si danno battaglia. Le sanzioni economiche li hanno messi in ginocchio. Ma per fortuna c’è chi fa di tutto per tenerli in piedi.

In questi otto anni di conflitto, noi di Associazione pro Terra Sancta abbiamo sempre sostenuto i francescani della Custodia di Terra Santa e il popolo siriano con molte attività. Lo abbiamo fatto grazie alla generosità di moltissimi di voi e vogliamo continuare a farlo con maggiore impegno. Per questo vi chiediamo di continuare ad assisterci ora che la crisi si fa più nera.
Vi chiediamo di assisterci mentre operiamo a Idlib, al fianco di padre Hanna, fra Louai e delle comunità di Knayeh e Yacoubieh. Vi chiediamo di assisterci dove non si combatte più: a Damasco nella distribuzione di medicinali, in ospedale, nelle attività con i bambini e ragazzi; ad Aleppo con padre Ibrahim Alsabagh, nella distribuzione di pacchi alimentari, medicine, beni di prima necessità, nella ricostruzione di case e nel sostegno al Franciscan Care Centre dove circa 250 bambini ricevono il sostegno psicologico necessario e svolgono attività di gioco e studio che risvegliano in loro la voglia di vivere e li fanno riacquistare fiducia in se stessi.

domenica 7 aprile 2019

L'annuale colletta per la Terra Santa, per sostenere i fratelli che lì vivono e testimoniano la fede nel Cristo morto e risorto

Pubblichiamo il testo della lettera inviata lo scorso 6 marzo, mercoledì delle Ceneri, ai vescovi di tutti il mondo dal cardinale Leonardo Sandri e dall’arcivescovo Cyril Vasil’, rispettivamente prefetto e segretario della Congregazione per le Chiese orientali, in occasione dell’annuale colletta per la Terra Santa.
Il cammino quaresimale invita ciascuno di noi a riandare ai luoghi e agli avvenimenti che hanno cambiato il corso della storia dell’umanità e l’esistenza personale di ognuno di noi: sono i luoghi e gli avvenimenti che ci trasmettono la memoria viva di tutto ciò che il Figlio di Dio incarnato ha detto, compiuto e sofferto per la nostra redenzione.
Centro di tutto l’anno liturgico è la Settimana Santa che inizia a Betfage, con l’entrata di Gesù a Gerusalemme. Lo seguiamo a Betania e assistiamo all’unzione col profumo di nardo, profezia della Sua passione, morte e resurrezione. Nel Cenacolo Egli offre se stesso per noi, nel pane e nel vino, e ci lava i piedi, insegnandoci l’umile servizio come comandamento nuovo dell’amore. Viviamo nel Getsemani il suo arresto e lo seguiamo da lontano con tutta la nostra fragilità, come Pietro che lo rinnega. Sotto la croce, con Maria e il discepolo amato siamo presenti alla sua morte, contemplando il suo costato trafitto. Deposto infine in quel sepolcro, presso il quale il mattino di Pasqua si reca Maria Maddalena, risorge e con la sua luce accarezza i nostri occhi e i nostri cuori, invitandoci a guardare dentro la storia del mondo e quella personale di ciascuno di noi.
Rivivendo i misteri della nostra salvezza, pensiamo con maggiore intensità ai fratelli e sorelle che vivono e testimoniano la fede nel Cristo morto e risorto in Terra Santa, esprimendo loro anche la solidarietà nella carità. Nella sua prima Udienza generale il 27 marzo 2013, Papa Francesco ha ricordato ai pellegrini: «Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi [...] per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle».
Quest’anno, in occasione della Colletta pro Terra Sancta, assieme all’invito di Papa Francesco vogliamo riascoltare anche san Paolo VI, che volle recarsi in Terra Santa agli inizi di gennaio del 1964, primo Successore dell’Apostolo Pietro a compiere questo pellegrinaggio. Nell’Esortazione Apostolica Nobis in animo, con la quale nel 1974 istituì la Colletta, afferma: «La Chiesa di Gerusalemme [...] occupa un posto di predilezione nella sollecitudine della Santa Sede e nelle preoccupazioni di tutto il mondo cristiano, mentre l’interesse per i Luoghi Santi, ed in particolare per la città di Gerusalemme, emerge anche nei più alti consessi delle Nazioni e nelle maggiori Organizzazioni internazionali [...]. Tale attenzione è oggi maggiormente richiesta dai gravi problemi di ordine religioso, politico e sociale ivi esistenti [...]».
Ancora oggi il Medio oriente assiste ad un processo che ha lacerato i rapporti tra i popoli della regione, creando una situazione di ingiustizia tale che sperare la pace diventa quasi temerario. A Bari, lo scorso 7 luglio, all’inizio della preghiera del Santo Padre con i Capi delle Chiese orientali del Medio oriente, sono risuonate queste parole: «Su questa splendida regione si è addensata, specialmente negli ultimi anni, una fitta coltre di tenebre: guerra, violenza e distruzione, occupazioni e forme di fondamentalismo, migrazioni forzate e abbandono, il tutto nel silenzio di tanti e con la complicità di molti. Il Medio oriente è divenuto terra di gente che lascia la propria terra. E c’è il rischio che la presenza di nostri fratelli e sorelle nella fede sia cancellata, deturpando il volto stesso della regione, perché un Medio oriente senza cristiani non sarebbe Medio oriente».
La Chiesa, come ricorda san Paolo VInella Nobis in animo, da tempo non è rimasta a guardare: «Dalla seconda metà del secolo scorso vi fu un importante aumento di opere pastorali, sociali, caritative, culturali, a beneficio della popolazione locale senza distinzioni e delle comunità ecclesiali in Terra Santa [...]. Affinché la presenza cristiana bimillenaria nella sua origine e nella sua permanenza in Palestina, possa sopravvivere ed anzi consolidare la propria presenza in maniera attiva ed operare al servizio delle altre comunità con cui deve convivere, è necessario che i cristiani di tutto il mondo si mostrino generosi, facendo affluire alla Chiesa di Gerusalemme la carità delle loro preghiere, il calore della loro comprensione ed il segno tangibile della loro solidarietà».
Nell’ultimo periodo, assistiamo con speranza ad una certa ripresa dei pellegrinaggi, toccando con mano la gioia della fede di tanti fedeli che giungono in Terra Santa sempre più numerosi dalla Cina, dall’India, dall’Indonesia, dalle Filippine e dallo Sri-Lanka: come non pensare al compimento della profezia evangelica «verranno da Oriente e da Occidente, dal Settentrione e dal Mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio»? Tale vitalità apostolica è un segno grande per le comunità locali, e interpella quelle dell’Occidente talora tentate di scoraggiamento e rassegnazione nel vivere e testimoniare la fede nel quotidiano.
A lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della Colletta, in fedeltà ad un’opera che la Chiesa richiede di compiere a tutti i suoi figli secondo le modalità note, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco. E mentre invoco copiose benedizioni divine su questa Diocesi, porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.

martedì 20 novembre 2018

Insieme per ridare un nome e un futuro alla Siria. Intervista a Mons. Abou Khazen


“Siamo un po’ preoccupati per il futuro, ma stiamo bene”. Il tono di voce è ottimista, lo sguardo è vivace. Fa un certo effetto sentire il vicario apostolico di Aleppo, mons. Abou Khazen, parlare della guerra in Siria e avere la percezione che sia quasi un problema lontano. “Ad Aleppo la situazione è più calma. I servizi funzionano, l’elettricità arriva per 16 ore al giorno. E’ una città viva, con il traffico che ha ripreso a intasare le strade”.

Eccellenza, da quello che dice Aleppo sembra davvero rinata…

Ci stiamo riprendendo. So che 2400 fabbriche hanno aperto negli ultimi mesi. E altre si stanno preparando a riaprire. E’ un segnale importante, anche se molti sfollati non stanno tornando: non basta il lavoro, bisogna anche ricostruire le case.

Dopo otto anni di guerra, a che punto siamo secondo lei?

Rimangono due grandi problemi: la presenza dei combattenti stranieri (a decine di migliaia) e il ruolo delle potenze straniere implicate in questa guerra. Ma dopo anni siamo tutti abbastanza ottimisti  e confidiamo che si arrivi presto a una soluzione politica.

Quanto manca alla fine?

Ci sono ancora troppi interessi politici ed economici in campo. E le continue tensioni internazionalinon aiutano. Ad esempio, il fatto che Trump abbia ripristinato le sanzioni contro l’Iran inciderà negativamente sul conflitto e sullo scontro confessionale ancora vivo nella regione.

Eppure lei parla di una pace possibile…

Sempre, vissuta nella nostra vita e testimonianza di ogni giorno. Noi cristiani cerchiamo di essere ponte tra i vari gruppi, non abbiamo problemi con nessuno. Ai nostri fedeli cerchiamo di infondere la speranza, perché vogliamo aiutare tutti nel cammino della riconciliazione.

Ci sono dei segni particolari di quanto sta testimoniando?

In particolare un progetto nato dall’amicizia personale con il Muftì. Finita la battaglia di Aleppo ci siamo accorti delle migliaia di bambini abbandonati e nemmeno iscritti all’anagrafe, di cui non si conosce né la madre né il padre. Spesso nati da stupri e violenze, sono i figli dei jihadisti, i segni più terribili che ci sta lasciando questa guerra. Bambini senza nome, e perciò senza futuro. La ONG ATS pro Terra Sancta ci ha fornito i finanziamenti necessari per iniziare e ci sta ancora aiutando a creare gli spazi necessari per accogliere più di 2000 bambini. Lavoriamo insieme perché questi piccoli possano avere – un giorno – le stesse possibilità di chiunque altro.  E il progetto si chiama – appunto – “Un nome e un futuro”.

Come vi occupate di loro?

Per prima cosa li aiutiamo a iscriversi all’anagrafe, così che possano frequentare la scuola. Il parlamento sta ancora studiando una legge ad hoc per registrarli, ma non è facile. Mi consola però che ci sia un’ipotesi di legge,  perché altrimenti questi ragazzi – quando cresceranno – quali possibilità avranno, se non esistono per nessuno? Noi li aiutiamo poi in tutti gli aspetti, prevediamo un accoglienza e un percorso psicologico perché possano, un giorno, superare i traumi ben visibili sui loro volti.

Tra i bambini che avete accolto, c’è qualcuno che le è rimasto nel cuore?

Qualche mese fa, quando mi sono avvicinato a uno di questi bambini, si è spaventato. Aveva paura di ogni uomo, non voleva parlare con nessuno ed era chiuso al mondo. Quando ho potuto stargli accanto per qualche minuto mi sono accorto che non riusciva a sorridere. Ha cominciato a frequentare il centro, e dopo qualche settimana ha ricominciato a giocare con gli altri, a parlare, a studiare. Qualche tempo dopo sono tornato a trovarlo. Oggi è un’altra persona. Finalmente sorride,  e un bambino che sorride è il futuro della Siria.
Per sostenere il Progetto UN NOME UN FUTURO per i bambini abbandonati di Aleppo :   https://www.proterrasancta.org/it/aiuta-la-terra-santa/aiutaci/?pr=lappello-del-custode-di-terra-santa-emergenza-siria

giovedì 7 giugno 2018

Aleppo. Nuovi inizi a partire dalla fede e dalla speranza

Fr. Ibrahim Alsabagh ha presentato in Italia il libro “Viene il mattino”, racconti di chi assiste personalmente al nuovo inizio di una delle città più antiche del mondo distrutta dalla guerra.

L'immagine può contenere: 6 persone, persone in piedi
Nuovi inizi a partire dalla fede e dalla speranza. Dal 2011 la Siria è stata messa in ginocchio dalla guerra e dalle tante morti, anche di civili. Nonostante questo, si possono vedere i primi passi di una nuova storia. È quanto Fr. Ibrahim Alsabagh ha raccontato della città di Aleppo nel libro “Viene il mattino”. Con il cessare delle ostilità nel 2016, il religioso ha visto nascere un nuovo inizio.
“Con questo contatto quotidiano, con questo respiro unico nella sofferenza, ci uniamo sempre con la carità di una madre a dare risposta alle necessità primarie della gente. Comprendere la necessità e rispondere immediatamente, senza indugi, a queste necessità”.

Fr. Ibrahim è francescano e vive ad Aleppo dal 2014. È nato in Siria, in un’epoca in cui il paese era noto per la convivenza tra le religioni. Di ritorno al suo paese, ha visto i suoi conterranei perdere tutto. Come parroco ad Aleppo ha visto la città distrutta dai missili e Fra Ibrahim ha raccontato che per molto tempo la gente non credeva che i bombardamenti ad Aleppo sarebbero mai finiti e, senza sapere da dove cominciare a ricostruire la città, la popolazione ha avuto e ha tuttora bisogno di un grande aiuto. 
“É inutile parlare di ricostruzione di case, di economia, di lavoro, senza parlare di un nuovo inizio nel cuore della gente e senza pensare a come guarire il cuore. Solo un cuore guarito e libero, come ha detto Papa Francesco, può sentirsi responsabile e potrà dare il meglio di sé. Per questo dobbiamo iniziare sempre dal cuore, dalla sua conversione, dalla guarigione di tanti cuori, per parlare di una vera ricostruzione della società e dell’intero paese”.

Aleppo è una delle città più antiche al mundo. Dopo anni di guerra, quel che resta di essa sono edifici distrutti, imprese e scuole chiuse. Migliaia di abitanti hanno già lasciato la città e chi è rimasto deve affrontare la difficoltà di mantenere la propria famiglia. Fr. Ibrahim ha evidenziato che, in mezzo a questa lotta, per parlare di speranza bisogna realizzare qualcosa di concreto. È così che i francescani, insieme con altre istituzioni della Chiesa, operano in questo processo di ricostruzione. Ci sono segnali tangibili che Aleppo ha un futuro.
“Ci sarà sempre speranza. La speranza è il punto fermo, soprattutto per noi cristiani. A nessuno è permesso disperarsi. A nessuno è permesso, anche in una realtà molto dura e difficile, non conservare la fede nella possibilità che il futuro possa essere molto migliore”.

Una situazione che sta a cuore anche a Papa Francesco. Il parroco di Aleppo ha incontrato il Papa e ha raccontato che il Pontefice prega sempre per la pace nel paese. Innumerevoli volte nel corso del suo pontificato ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo di pregare per la fine del conflitto in Siria, oltre che invocare una negoziazione pacifica da parte della comunità internazionale. L’amore del Santo Padre per la popolazione del Medio Oriente ha incentivato ancor più Fr. Ibrahim a tornare e partecipare a questo processo di rinascita.

“Con te cresco”. Il nuovo centro estivo di Aleppo

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, spazio al chiuso
L'immagine può contenere: 10 persone, folla

“Con te cresco.” È questo lo slogan scelto quest’ anno dalla parrocchia San Francesco D’Assisi di Aleppo per il centro estivo. Per due mesi quasi 350 giovani potranno partecipare a diversi corsi: dal canto, allo sport, a lavoratori artistici e linguistici.

S.E. Mons. GEORGE ABU KHAZEN ,Vicario Apostolico di Aleppo: 
“Con te cresco.” Con Cristo cresciamo e cresciamo tutti insieme, perché non possiamo crescere in Cristo se non cresciamo insieme. Cresciamo insieme se cresciamo nella pace, nell’ accettare l’altro e se possiamo vivere i nostri valori umani e cristiani.
Un tema che “nasce dal desiderio comune sia dei genitori sia della Chiesa che i nostri bambini crescano, dal punto di vista umano e da quello spirituale, come Gesù nella casa di Nazareth, “in età, sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini”. 

MIKE HALLAQ, Dir. Esecutivo campo estivo:
"Il nostro obbiettivo è quello di far crescere i ragazzi, non solo quello di portarli qui e farli giocare. Certo vogliamo che giochino, siano felici, ma allo stesso tempo che possano fare qualcosa che li migliori.  Un progetto che quest’anno si è esteso anche alle altre parrocchie di altri riti della città: un impegno a far crescere questi bambini come discepoli di Cristo. Mettere al centro il bene di ciascuno e metterlo nelle condizioni di sviluppare le proprie capacità è uno degli obbiettivi primari di questo campo". 

ROULA MISTRIH, Responsabile campo estivo:
"Vogliamo che questo centro estivo sia per loro un “oasi felice”, una risorsa di gioia nelle loro vite. Mi auguro che possano migliorare la loro relazione con Gesù e allo stesso tempo accrescere i loro talenti e praticarli.
Un centro estivo che porta gioia, speranza e pace nel cuore di Aleppo 
Voglio migliorare nel disegno
Voglio migliorare nel nuoto
Voglio migliorare nella musica"