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domenica 20 marzo 2016

I Vescovi siriani: lavorare per una pace vera, non falsa diplomazia

icona dei misteri della Settimana Santa

Mons. AUDO:  la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.

Radio Vaticana, 18 marzo 16

R. – Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello internazionale, anche se non so a quale risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua, di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’ nuova e anche questo dà speranza alla gente.

D. – Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa tendenza?
R. – È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per partire.

D. – Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche a Bruxelles?
R. – Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di tutto per allontanarle dalla Siria.

D. – Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro: “genocidio”…
R. – Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti. C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione politica. Ma se  in Siria non c’è soluzione politica, di nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo per le minoranze soprattutto per i cristiani.

D. – Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R. – Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non c’è soluzione. Questo è il problema.



Vescovo Hindo:  la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”

Agenzia Fides 18/3/2016

Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i propri interessi”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio” alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri gruppi minoritari. 
A mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh – ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede e per ciò che opera”.

Secondo l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa, c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come 'ribelli moderati...'”
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani. Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza nella regione”. 

Secondo l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.

venerdì 12 febbraio 2016

In attesa del grande incontro tra Francesco e Kirill: il sogno del 'cessate il fuoco' e ... "tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.

Il Vescovo di Aleppo: l'incontro tra Francesco e Kirill è anche il frutto delle nostre sofferenze. E questo ci consola


Agenzia Fides 12/2/2016

“I cristiani di qui si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire”. Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive all'Agenzia Fides i sentimenti che registra in questi giorni tra i cristiani della sua città, mentre le notizie sull'incontro a Cuba tra il Vescovo di Roma e il Primate della Chiesa ortodossa russa si mescolano a quelle su un possibile, imminente cessate il fuoco nei teatri di guerra siriani. 
“Qualche giorno fa” aggiunge il Vescovo francescano “un alto rappresentante del Patriarcato di Mosca ha detto esplicitamente che a rendere urgente l'incontro di Cuba è stata la comune sollecitudine per le sofferenze dei fratelli cristiani del Medio Oriente. Di questo abbiamo parlato anche nelle omelie e nei nostri incontri: i fedeli ritrovano coraggio, quando si accorgono che le loro sofferenze hanno a che vedere in maniera misteriosa con l'unità tra i fratelli separati, dove Cristo ci abbraccia e ci consola tutti”.
Il Vicario apostolico di Aleppo riporta anche le attese suscitate nella popolazione dalle notizie su un possibile, imminente cessate il fuoco imposto alle parti coinvolte nel conflitto siriano: “Per noi” dice a Fides il Vescovo Abou Khazen “sarebbe un sogno. Rimane l'incognita dei gruppi jihadisti. Sappiamo che per buona parte sono stranieri: chi li comanda? A chi rispondono? Aderiranno alla tregua?”. 
Il Vicario apostolico fornisce anche notizie di prima mano sulla situazione di Aleppo: “L'esercito regolare avanza con l'aiuto dei russi, e nei quartieri liberati ricomincia a funzionare l'acqua e la luce, riaprono le scuole. In molte situazioni si offre la possibilità di riconciliazione ai siriani che si erano legati coi gruppi di ribelli. Sono le milizie combattenti controllate da stranieri che impongono ancora le resistenza e la guerra. 
E tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.



Patriarca Laham: L'accordo sulla   Siria un passo positivo, 

ora uniti contro lo Stato islamico


Gregorio III auspica che l’accordo “possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. Egli esorta a mantenere in vita l’alleanza contro Daesh e gli altri gruppi jihadisti. Ora devono mediare “il governo siriano e la vera opposizione interna”. Solo i combattenti mercenari stranieri non vogliono la pace. Dall’incontro fra Francesco e Kirill la speranza di una Pasqua unita e fissa. 
Asianews, 12-02.2016
Una notizia “positiva”, che “tutti noi speriamo possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. La decisione di cessare il fuoco “era già contenuta nella risoluzione Onu 2254 del dicembre scorso”, poi vi sono stati “i dialoghi, subito interrotti” di Ginevra; ora “speriamo che mettano in pratica questi propositi e lavorino per la pace”. È “felicissimo” il patriarca melchita Gregorio III Laham, che conferma “l’importanza” dell’accordo per la “fine delle ostilità” in Siria entro una settimana raggiunto nella notte da Usa e Russia, insieme ad altre 15 nazioni. Alla cessazione delle operazioni militari decisa dal Gruppo di sostegno internazionale per la Siria (Issg) sono escluse le battaglie contro i gruppi jihadisti di al Nusra e dello Stato islamico.  
....     “Per raggiungere una vera pace - prosegue Gregorio III - è necessario che si incontrino il governo siriano e la vera opposizione interna. In realtà l’opposizione è fatta di molti gruppi e schieramenti, almeno 28, ma non dobbiamo prendere in considerazione in questo panorama variegato i gruppi terroristi. Essi non devono essere parte delle discussioni”. 
L’altro aspetto “essenziale” per il patriarca melchita è che “gli aiuti arrivino a tutta la popolazione che versa in stato di bisogno”. Tuttavia, aggiunge, “i militanti in molti casi non fanno arrivare gli aiuti, ma confiscano tutto quello che arriva. Questo è successo per molto tempo a Yarmouk, dove lo Stato voleva mandare aiuti, che venivano confiscati dai miliziani”. 
Gregorio III conferma quanti affermato nei giorni scorsi dal vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, secondo cui i siriani non vogliono più la guerra, ma “sono gli stranieri a fomentarla”. In Siria operano bande di mercenari, jihadisti, estremisti e criminali comuni che trovano nel conflitto una fonte di sostentamento. “Il Paese è diventato un mercato - spiega il patriarca melchita - e i combattenti agiscono per denaro, guadagno materiale, e questa è una delle ragioni della presenza numerosa di stranieri”. 
.....

mercoledì 27 gennaio 2016

Il Patriarca caldeo: la “mano malefica” di “giocatori esterni” ha portato il caos in Medio Oriente

Affresco ( distrutto) del Giudizio Universale. Chiesa Armena di Aleppo 

Agenzia Fides, 26/1/2016

 “Sembra che una mano malefica abbia messo in atto tutto ciò che è stato pianificato per cambiare la situazione”, causando sofferenze inaudite ai popoli dell'area mediorientale. 
E “non è un segreto” che in tale pianificazione è stato determinante “l'intervento di ‘giocatori’ esterni che hanno agito in base alle proprie ambizioni nella regione”. 
Sono quelli che “hanno usato la democrazia e la libertà come copertura per privarci delle nostre risorse naturali, della pace e della libertà, ed hanno creato il caos ed il terrorismo in Iraq e in Medio Oriente”. 
Così il Patriarca di Babilonia del Caldei, Louis Raphael I, ha delineato le ragioni profonde dei conflitti che stanno dilaniando il suo Paese e tutta la regione. Lo ha fatto nel discorso preparato per la conferenza sui diritti delle minoranze religiose nel mondo musulmano, che è in corso in questi giorni a Marrakech (Marocco). 

Nel suo discorso, pervenuto all'Agenzia Fides, il Primate della Chiesa caldea identifica nel 2003 – anno dell'intervento militare a guida Usa contro il regime di Saddam Hussein – l'inizio dei processi storici che stanno portando l'Iraq alla deriva, sulla base di un “ordine del giorno sistematico e ben pianificato” che prevede anche “la sparizione dei cristiani e delle altre minoranze religiose” autoctone. Processi che vengono condotti anche usando la religione, ridotta a strumento ideologico per fanatizzare le masse, spegnendo in esse ogni autentica vita spirituale. 

Nel suo intervento, il Patriarca Louis Raphael ha anche elencato una serie di recenti episodi che documentano la crescente discriminazione dei cristiani nella società irachena: “Un giudice donna di Baghdad” ha raccontato il Patriarca caldeo, “ha respinto un cristiano dal tribunale in qualità di testimone, affermando che i cristiani non sono ammessi come testimoni nei tribunali iracheni. Alcuni costruttori musulmani si sono rifiutati di costruire case e dimore religiose per i cristiani, perchè identificati come infedeli. Le milizie a Baghdad hanno preso possesso delle case dei cristiani, dei loro terreni e delle loro altre proprietà. Sono stati affissi dei manifesti, anche negli uffici pubblici, con cui si chiede alle ragazze cristiane di indossare il velo, sull'esempio della Vergine Maria”. 
Tra le urgenze da affrontare per salvare il Medio Oriente dall'abisso in cui sembra sprofondare, il Patriarca ha indicato anche la necessità di formare e favorire “religiosi musulmani istruiti, che si oppongano al fanatismo e alla mentalità settaria con le parole e le azioni”. 

http://www.fides.org/it/news/59270-ASIA_IRAQ_Il_Patriarca_caldeo_la_mano_malefica_di_giocatori_esterni_ha_portato_il_caos_in_Medio_Oriente#.VqkoNPnhCM8


Papa Francesco all’udienza generale di oggi 27 gennaio , salutando i pellegrini di lingua araba, in ‎particolare quelli provenienti dall’Iraq e dal Medio Oriente, ha detto:
Dio non rimane ‎in silenzio dinanzi alle sofferenze e alle grida dei suoi figli, o dinanzi ‎all’ingiustizia e alla persecuzione, ma interviene e dona, con la Sua ‎Misericordia, la salvezza e il soccorso. Egli usa pazienza con il peccatore per ‎indurlo alla conversione e cerca lo smarrito affinché ritorni, perché Dio ‎‎’vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità’ (1 Tim. 2, 4)‎. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga dal maligno!‎”.

sabato 14 novembre 2015

Il Vicario di Aleppo: “Solidarietà alle vittime di Parigi... Il popolo siriano comprende molto bene, da anni soffriamo per gli attacchi terroristici ”

“Urge fermare chi finanzia il terrorismo”













Aleppo: prima e dopo il terrorismo




Agenzia Fides 14/11/2015

Aleppo  – “Siamo profondamente colpiti e dispiaciuti. Esprimiamo condoglianze e solidarietà alle vittime della strage di Parigi e a tutta l’Europa. Il terrorismo è una ideologia che non risparmia nessuno. Il popolo siriano comprende molto bene la situazione di angoscia in cui oggi si trovano i cittadini europei. Qui da anni subiamo stragi e viviamo nel terrore. Per questo occorre ritrovare l’unità e soprattutto smettere di dare finanziamenti, armi, addestramento a gruppi terroristici che operano in Medio Oriente e ora anche in Europa”: così Sua Ecc. Mons. Georges Abou Khazen, Vicario apostolico di Aleppo dei latini, si esprime all’Agenzia Fides, commentando il massacro di Parigi dove diversi attacchi terroristici, rivendicati dallo Stato Islamico (IS), hanno ucciso oltre 127 persone e fatto 200 feriti.
 Mons. Georges Abou Khazen osserva a Fides:  “Il terrorismo è un mostro che non si controlla, una ideologia di morte che non rispetta niente e nessuno, che uccide sempre e dovunque. In Siria lo conosciamo bene, perché da anni soffriamo per gli attacchi terroristici che hanno creato migliaia di profughi. Tutto questo è avvenuto nell’indifferenza della comunità internazionale. Oggi, dopo la strage di Parigi, occorre trovare una decisa e autentica unità per contrastare il terrorismo.
 Come abbiamo detto più volte, i gruppi terroristi come l’IS sono finanziati, armati, addestrasti dalle grandi potenze, per puri interessi economici e politici. Chi li sostiene? E’ un tema che anche il Papa ha sollevato, inascoltato”. 
 Per questo, secondo il Vescovo, “la riposta politica è quella di smettere di fornire appoggio a quei gruppi, promotori di morte, che si fanno scudo di una ideologia religiosa”. 
Sul piano religioso e spirituale, conclude, “da cristiani possiamo solo guardare al Giubileo della Misericordia, e pregare perchè il Signore infonda il suo Spirito di misericordia nei cuori e nelle menti degli uomini”.

http://www.fides.org/it/news/58812-ASIA_SIRIA_Il_Vicario_di_Aleppo_Solidarieta_alle_vittime_di_Parigi_Urge_fermare_chi_finanzia_il_terrorismo#.VkdvC3YveM9

venerdì 6 novembre 2015

«VOLETE SALVARE I CRISTIANI? FERMATE LA GUERRA»: cardinale Béchara Boutros Raï



FAMIGLIA CRISTIANA
«La prima cosa da fare per proteggere i cristiani in Medio Oriente è far cessare la guerra in Siria, Iraq, Yemen e Palestina. Gli Stati europei litigano fra di loro per il numero di profughi da accogliere ma non agiscono per porre fine al conflitto. Solo il Papa leva la sua voce su questo». Sua Beatitudine Mar Béchara Boutros Raï, 75 anni, creato cardinale nel concistoro del novembre 2012, è il patriarca di Antiochia dei Maroniti del Libano. Lo incontriamo a Milano, in un meeting organizzato dalla Fondazione Oasis, a pochi giorni dalla chiusura del Sinodo sulla famiglia dove era padre sinodale insieme al cardinale Scola che lo ha invitato nell’ ambito dell’ iniziativa “Evangelizzare le metropoli”.

La richiesta d’ aiuto dei cristiani mediorientali è sempre più drammatica. Di cosa hanno bisogno i cristiani in Siria, Iraq, Libano?
«Per prima cosa che la guerra cessi perché a causa del conflitto sia i cristiani che i musulmani moderati emigrano e se ne vanno. Il Medio Oriente si sta svuotando e si lascia campo libero a fondamentalisti e organizzazioni terroristiche. Il secondo è che  ci sia un appello forte perché cessi la guerra. Gli Stati non ne parlano, gli unici appelli li fa il papa Francesco. L’ Europa discute sull’ accoglienza dei profughi, chi  ne vorrebbe diecimila e  chi tremila, ma questo non ci aiuta, non ci serve. L’ Europa dovrebbe concentrarsi sulla causa dei profughi, ossia la guerra. Bisogna chiudere il rubinetto e far sì che musulmani e cristiani tornino nelle loro terre. Un Medio Oriente senza cristiani, come diceva Benedetto XVI, non ha più identità. Perché quello è il luogo di tutta la rivelazione divina: lì Gesù si è incarnato, è morto ed è risorto. Lì è nata la Chiesa ed è partito l’ annuncio del Vangelo al mondo».

Oggi però la convivenza con i musulmani è difficile, quasi impossibile.

«I cristiani sono lì da duemila anni, seicento anni prima dell’ arrivo dell’ Islam. Non accettiamo di essere chiamati “minoranza”! Abbiamo creato lo strato culturale cristiano di questa regione. Da 1400 anni viviamo insieme e pacificamente con i musulmani. Come l’ Europa discute su come preservare la propria identità, anche a noi preme di conservare la nostra che è formata dalla cultura islamica e da quella cristiana. È questo di cui abbiamo bisogno oggi».
Lei pensa che ci sia un progetto dei musulmani di conquistare l’ Occidente attraverso i flussi migratori? 
«Ho sentito più volte dai musulmani che il loro obiettivo è conquistare l’ Europa con due armi: la fede e la natalità. Per loro la pratica della fede è essenziale e fondamentale. In Arabia Saudita vanno il Venerdì alla preghiera anche col bastone. Conoscono a memoria il Corano e quando parlano lo citano spesso, lo stesso non accade per i cristiani che non si rifanno né alla Bibbia né all’ insegnamento della Chiesa. Loro credono che la volontà di Dio è procreare e che il matrimonio sia finalizzato a questo. Qui vedono che difficilmente ci si sposa, che non si fanno molti figli. Se siamo tanti possiamo imporci, pensano. Ad esempio non comprendono il significato  celibato dei preti, sono scandalizzati da questo perché secondo loro questo significa andare contro la volontà di Dio. Noi dobbiamo mantenere la nostra presenza con la qualità della vita e della testimonianza, non possiamo puntare sui numeri perché siamo pochi. Nel Golfo e in tutti i paesi arabi i cristiani occupano i migliori posti perché hanno cultura, moralità e non s’ intromettono nella politica interna».

Esiste un Islam moderato? 

«La maggioranza lo è, viviamo insieme a loro tutti i giorni: a scuola, al mercato, in università. E non da oggi. Però i musulmani non osano prendere posizioni nette contro gli estremisti e i terroristi. Ultimamente, sia pur con molta cautela, hanno preso posizione contro lo Stato Islamico dell’ Isis. In Libano dicono a noi di schierarci. Vengono da me al patriarcato dicendo di schierarci e che loro non possono parlare. L’ elemento religioso è fondamentale. Per un musulmano viene prima l’ Islam, poi la propria patria. I musulmani sunniti sono legati totalmente all’ Arabia Saudita, mentre gli sciiti all’ Iran. Per questo non possono prendere posizioni forti se non le prendono i loro Paesi di riferimento. In Libano, l’ Isis l’ hanno condannata ma i Fratelli Musulmani no, per fare un esempio. Quando i Fratelli Musulmani hanno preso il potere in Egitto e iniziato a imporre la sharia tutto il popolo si è ribellato fino ala destituzione di Mohammed Morsi. Questo vuol dire che la società è moderata. Poi viene una certa politica da fuori e distrugge tutto».

La persecuzione nei confronti dei cristiani mediorientali quanto è dovuta all’ odio religioso del Califfato e quanto al fatto che sono vittime perché non contano nulla in questi Paesi?

«Ci sono tre elementi essenziali da considerare. Per i musulmani il giudaismo è stato completato e soppiantato dal Cristianesimo e questo è stato completato e soppiantato dall’ Islam. Per loro il passaggio normale e naturale del cristiano è diventare musulmano e quindi guardano al cristiano come una persona che non ha fatto questo passo. Nella loro psiche il cristiano non è accettato come cristiano perché deve diventare musulmano ecco perché dicono che Maometto è l’ ultimo dei profeti. Secondo: loro identificano qualsiasi cosa che viene dall’ Occidente come cristiana tout court. Tutta la politica occidentale è una politica cristiana, è una nuova crociata. Loro dicono che i cristiani sono i resti delle crociate e dell’ imperialismo occidentale e noi rispondiamo che siamo in quelle terre seicento anni prima di voi. Un giorno venne da un personaggio religioso sciita dall’ Iraq per chiedermi cosa bisognava fare per proteggere i cristiani. Io gli risposi di non accettare la parola “proteggere” perché i cristiani sono cittadini iracheni come tutti gli altri. Poi ribaltai la domanda: “Cosa fate voi”, dissi, “per proteggere i cristiani? Perché li ammazzate mentre pregano e fate esplodere le chiese?" E lui mi rispose, indicandomi il fianco: “I cristiani sono il fianco debole della società, nel caos si attaccano loro”. Se gli chiedi perché attaccano i cristiani non trovano motivazioni plausibili però nel loro inconscio giocano questi elementi. Per questo Giovanni Paolo II, da persona saggia, quando convocò un’ assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per il Libano prima di annunciarlo mandò una delegazione nel Paese per parlare con i capi religiosi musulmani e informarli ed evitare che questo venisse interpretato come una crociata nei loro confronti. Abbiamo fatto la preparazione del Sinodo insieme ai musulmani. E l’ esortazione post sinodale l’ hanno letta più loro che noi cristiani! Nella vita quotidiana loro hanno molto fiducia nei cristiani, noi lo sappiamo e sappiamo anche come vivere insieme a loro».
Lei teme che il conflitto siriano si allarghi anche al Libano?
«Siamo un Paese più piccolo della Sicilia e attualmente abbiamo un milione e mezzo di profughi su 4 milioni di abitanti, più mezzo milione di palestinesi. Cosa resterà di noi? La gente libanese emigra. Cosa resterà della cultura libanese, dell’ economia? Se continua la guerra per noi sarà la fine. Ci sono 350mila alunni siriani solo per quest’ anno che hanno bisogno di insegnanti, scuola, libri. Sono quanti gli alunni libanesi delle scuole statali. Stiamo pagando a caro prezzo la guerra in Siria: siamo vicini e non possiamo chiudere le porte a questa gente, sono esseri umani. E se fossi io o la mia famiglia nei loro panni? Ecco perché la comunità internazionale non dovrebbe lasciarci soli».

Al Sinodo i problemi “occidentali” sono stati a lungo al centro della discussione. Lei viaggia molto e conosce bene l’ Europa. Ritiene che  l’ uomo dell’ oriente sia profondamente diverso da quello occidentale o c’ è stato un avvicinamento? 

«C’ è differenza, senza dubbio.  I problemi che riguardano noi e la famiglia sono molti diversi da quelli europei che sono stati discussi dal Sinodo per l’ Occidente. Sia per i musulmani che per i cristiani il punto saldo è che il matrimonio è un’ istituzione divina. Per noi è un sacramento, per i musulmani una legge divina. Le legislazioni civili nei paesi del Medio Oriente salvaguardano il matrimonio come realtà religiosa, non esiste il matrimonio civile e i musulmani non lo riconoscono. In Libano il matrimonio civile è accettato ma solo se celebrato fuori dal Paese. La legislazione salvaguarda il matrimonio e la famiglia. I cristiani sono più aperti verso la laicità e il secolarismo occidentali, però siamo protetti dalle leggi civili. I nostri problemi sono differenti. Ho detto al Sinodo l’ anno scorso che qui in Europa la Chiesa deve andare sempre a raccogliere quello che gli Stati buttano per terra, legiferando senza alcuna considerazione per la legge divina né rivelata né naturale. Bisogna fare un appello allo Stato affinché rispetti almeno la legge naturale. Da noi, invece, le legislazioni statali ci aiutano molto a conservare i nostri valori».  

I Vescovi maroniti: no alla spartizione della Siria

Agenzia Fides  6/11/2015

Beirut – La prospettiva – da tempo ventilata - di una spartizione su base settaria della Siria preoccupa i Vescovi maroniti, che propongono di guardare al modello istituzionale libanese per cercare di neutralizzare le spinte centrifughe settarie che alimentano il conflitto siriano, rischiando di dilaniare il Paese. Sono queste le chiavi di lettura della crisi siriana emerse nell'assemblea dei Vescovi maroniti riunitisi ieri presso la sede patriarcale di Bkerkè, per il loro incontro periodico, sotto la presidenza del Patriarca Boutros Bechara Rai. 
“Le voci sulle ipotesi di una nuova mappa della Siria” si legge nel comunicato finale dell'incontro, pervenuto all'Agenzia Fides “non lasciano ben sperare per il futuro di pace nella regione. La soluzione proposta non è buona”. 
Dal canto loro, i Vescovi suggeriscono che i negoziatori impegnati nella ricerca di una soluzione al conflitto siriano prendano in considerazione l'esperienza storica di convivenza vissuta nel Paese dei cedri, che con tutti i suoi limiti, le sue crisi e le sue contraddizioni, ha consentito che tutte le comunità religiose fossero coinvolte nella gestione della cosa pubblica. Solo la ricerca di sistemi istituzionali capaci di garantire equilibrio tra le diverse realtà etniche e religiose – sostengono i Vescovi maroniti - può salvare l'intera regione dalla logorante prospettiva di un conflitto permanente e generalizzato. 
Nel loro comunicato, i Vescovi libanesi ribadiscono anche il loro pieno sostegno per l'esercito e tutte le forze di sicurezza libanesi, e aggiungono di nuovo la propria voce a quella del Patriarca, che ha lanciato innumerevoli appelli ad uscire dall'impasse politica creatasi intorno all'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

venerdì 2 ottobre 2015

Vescovo Hindo: "E' un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la Cia, e che si tratta di un conflitto etero-diretto”

L'Arcivescovo Hindo: “inquietanti le parole di McCain sui ribelli anti-Assad armati dalla Cia”


Agenzia Fides   2/10/2015

Hassakè -  “Il senatore statunitense John McCain ha protestato dicendo che i russi non stanno bombardando le postazioni dello Stato Islamico, ma piuttosto i ribelli anti-Assad addestrati dalla Cia. Io trovo inquietanti queste parole. Rappresentano un'ammissione spudorata del fatto che dietro alla guerra ad Assad c'è anche la Cia, e che si tratta di un conflitto etero-diretto da circoli di potere lontani dalla Siria e dai loro alleati nella regione mediorientale”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'Arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta con l'Agenzia Fides alcuni recenti sviluppi del conflitto siriano, segnati dall'intervento diretto delle forze militari russe contro le postazioni delle milizie jihadiste. 

“La propaganda occidentale” sottolinea l'Arcivescovo Hindo “continua a parlare di ribelli moderati, che non esistono: nella galassia dei gruppi armati, quelli dell'Esercito Siriano Libero li trovi solo se li cerchi con la lente d'ingrandimento. Tutte le altre sigle, a parte lo Stato Islamico (Daesh), sono confluite o sono state fagocitate di fatto dal Fronte al-Nusra, che è il braccio militare di al-Qaida in Siria”. 
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico, “c'è qualcosa di veramente inquietante in tutto questo: c'è una superpotenza che a 14 anni dall’11 settembre protesta perchè i russi colpiscono le milizie di al-Qaeda in Siria. Che vuol dire? Che adesso al-Qaida è un alleato degli Usa, solo perchè in Siria ha un altro nome? Ma disprezzano davvero così tanto la nostra intelligenza e la nostra memoria?”.

Nel colloquio con Fides, l'Arcivescovo Hindo ripete che “a decidere se e quando Assad dovrà andare via, saremo noi siriani, e non il Daesh o l'Occidente. Ed è certo che se Assad va via adesso, la Siria diventerà come la Libia”. 
L'Arcivescovo siriano lancia anche un allarme: “Ci giungono notizie tremende dalla città di Deir el Zor, assediata dal Daesh da molto tempo. I viveri non possono arrivare in città, non hanno più cibo, e la popolazione sta letteralmente morendo di fame. Occorre fare subito qualcosa, prima che sia troppo tardi”

http://www.fides.org/it/news/58508-ASIA_SIRIA_L_Arcivescovo_Hindo_inquietanti_le_parole_di_McCain_sui_ribelli_anti_Assad_armati_dalla_Cia

UN APPROFONDIMENTO QUI: 
Da dove è venuto fuori #ISIS /Daesh? Dubbi sospetti e evidenze.

 http://www.lastampa.it/2015/10/01/blogs/underblog/da-dove-venuto-fuori-isis-daesh-dubbi-sospetti-e-evidenze-st2OctKibM7VeDQXE8crMJ/pagina.html

mercoledì 23 settembre 2015

Siria, quel che è in gioco: o uno stato laico o lo stato basato sulla legge islamica

Siria, il “pizzo” all'Is è «contratto di protezione»
di Camille Eid

martedì 8 settembre 2015

Audo: " per noi è un dolore vedere le famiglie partire, è un segno che la guerra non finirà, o che alla fine prevarrà chi vuole distruggere il Paese”.



8 settembre 2015, festa della Natività di Maria 

Agenzia Fides 

L'appello di Papa Francesco affinché le parrocchie e i santuari europei accolgano ciascuno una famiglia di profughi “esprime la sua sollecitudine verso chi soffre, ed è un invito a tutti i cristiani ad aiutare con evangelica concretezza chi si trova in situazioni di emergenza, come quelle vissute da chi veniva respinto alle frontiere”. Nello stesso tempo, “davanti alle guerre che stravolgono il Medio Oriente, il nostro desiderio come cristiani e come Chiesa è quello di rimanere nel nostro Paese, e facciamo di tutto per tener viva la speranza”. 
Così il gesuita Mons. Antoine Audo, Vescovo di Aleppo dei Caldei e Presidente di Caritas Siria, espone all'Agenzia Fides alcune considerazioni in merito all'iniziativa pontificia volta a mobilitare le comunità cristiane d'Europa nell'accoglienza ai profughi provenienti dalle aree di conflitto dell'Africa e dell'Asia. 
Proprio gli emigranti fuggiti dalla Siria e diretti in Germania – che ha aperto loro le porte – sono in questi giorni al centro dell'attenzione mediatica globale. I criteri con cui il Presidente di Caritas Siria guarda a questi fenomeni sono quelli del lucido realismo geopolitico e della sollecitudine pastorale: 
“La situazione di degrado, l'aumento della povertà, la difficoltà a curare le malattie dopo quattro anni e più di guerre” racconta Monsignor Audo “ci stanno logorando tutti. Ad Aleppo l'estate trascorsa, con problemi di rifornimento idrico ed elettrico, è stata terribile. 

Oggi la città è stata avvolta da una tempesta di polvere, non si vede niente, e ci siamo detti tra noi: ci mancava solo questo.... Nello stesso tempo, non ce la sentiamo di dire alla gente: scappate, andate via, che qualcuno vi accoglierà. Rispettiamo le famiglie che hanno i bambini e vanno via. Non dirò mai una parola, un giudizio non benevolo su chi va via perché vuole proteggere i suoi figli dalle sofferenze. Ma per noi è un dolore vedere le famiglie partire, e tra loro tante sono cristiane. E' un segno che la guerra non finirà, o che alla fine prevarrà chi vuole distruggere il Paese”. 
Lo scenario prefigurato dal Vescovo caldeo è quello di una lenta, mortale emorragia che svuota il Paese delle sue forze migliori: “Anche ad Aleppo sento i racconti di giovani che dicono tra loro: facciamo un gruppo e andiamo via, fuggiamo da soli, senza chiedere il permesso alle nostre famiglie.... E' un fenomeno grave, di disperazione. Ma è quello che sta accadendo. Vuol dire che qui rimarranno solo i vecchi”. 

Inoltre, rispetto al fenomeno dei profughi e delle fughe di massa, il Presidente di Caritas Siria denuncia il sistematico occultamento delle dinamiche geopolitiche e militari che lo hanno provocato: “Noi facciamo di tutto per difendere la pace” spiega a Fides il Vescovo Audo, “mentre in Occidente dicono di fare tutto in difesa dei diritti umani, e con questo argomento continuano anche ad alimentare questa guerra infame. E' questo il paradosso terribile in cui ci troviamo. E non riusciamo più nemmeno a capire cosa vogliono davvero”. 

http://www.fides.org/it/news/58321-ASIA_SIRIA_Il_presidente_di_Caritas_Siria_non_possiamo_spingere_la_gente_ad_andare_via#.Ve3m9xHtmko


Se siamo uomini e non bestie

 perché non togliamo

 l’embargo alla Siria?



Qualche domanda al premier dopo la predica umanitaria:
Perché continuiamo a ingrossare l’esercito dei profughi e degli sfollati imponendo l’embargo alla Siria?

Tempi, 8 settembre 2015
di Luigi Amicone

Gentile presidente del Consiglio Matteo Renzi, 
cosa significa ricordarci che «siamo umani, non bestie» adesso che la Turchia ha deciso di aprire le frontiere ai profughi e la Germania di accoglierli? Sono anni che le tendopoli al confine della Siria fungono da copertura ai traffici di armi verso l’Isis e i qaedisti anti-Assad. Adesso Erdogan capisce il disastro a cui ha personalmente contribuito e gira all’Europa la patata bollente.

Dunque, piuttosto che rivolgersi al senso di umanità della gente comune, chi ha responsabilità di governo come le ha Matteo Renzi dovrebbe rivolgersi a se stesso e ai propri partner con domande tipo: perché continuiamo a ingrossare l’esercito dei profughi e degli sfollati imponendo l’embargo alla Siria? Perché continuiamo ad appoggiare i cosiddetti “ribelli” di Damasco e, attraverso i ricchi paesi islamici che fanno shopping in Europa e gonfiano i listini della Borsa newyorkese, continuiamo a sostenere l’avanzata del Califfato che è la principale causa dell’esodo biblico?

Leggi di Più: Renzi, perché non togliamo l’embargo alla Siria? | Tempi.it 

mercoledì 26 agosto 2015

Colpi di mortaio su due chiese di Damasco. Aleppo allo stremo.

L'Arcivescovo maronita: la nostra vita è come una roulette russa


Agenzia Fides 26/8/2015


Nella giornata di domenica 23 agosto, una pioggia di colpi di mortaio provenienti dalle aree in mano alle milizie anti-Assad è caduta nell'area della città di Damasco dove si trova la chiesa maronita. Lo riferisce l'Arcivescovo maronita Samir Nassar, in un appello-comunicato pervenuto all'Agenzia Fides, specificando che i colpi d'artiglieria hanno provocato la morte di nove civili e il ferimento di quasi cinquanta persone, oltre a danneggiare la sua chiesa e una vicina parrocchia cattolica di rito latino. 
"Fa parte della guerra di Siria” aggiunge l'Arcivescovo Nassar nel suo appello “il fatto di vivere sotto bombardamenti indiscriminati, come in una sorta di roulette russa, che è sempre imprevedibile... Di coloro che sono morti” aggiunge l'Arcivescovo, con considerazioni amare “i sopravvissuti dicono: 'Almeno non dovrete più vedere e vivere questa crudele tragedia senza fine. Non vedrete i vostri figli, i vostri amici e i vostri vicini soffrire e morire per la violenza cieca e il fanatismo sanguinario, incapaci di salvarli o di aiutarli, senza capire perché'. I sopravvissuti seppelliscono i morti, senza aver potuto curare i feriti, dal momento che mancano gli strumenti e le competenze necessarie. Essi si immergono in silenziosa preghiera davanti alle reliquie dei martiri, che sono i semi della fede”.

http://www.fides.org/it/news/58241-ASIA_SIRIA_Colpi_di_mortaio_su_due_chiese_di_Damasco_L_Arcivescovo_maronita_la_nostra_vita_e_come_una_roulette_russa#.Vd4rL_ntmko




Padre Alsabagh (Aleppo): vi racconto 

come si vive con i terroristi alle porte


La mancanza di elettricità, gli uomini mutilati, le case distrutte, la gente che vive per strada, i giovani senza un futuro. E soprattutto una città rimasta senz’acqua per un mese e mezzo in un luogo dove d’estate le temperature raggiungono i 50 gradi. Padre Ibrahim Alsabagh, 44 anni, francescano e da nove mesi parroco della comunità latina ad Aleppo in Siria, racconta la dura realtà quotidiana che sta vivendo. Fatta di bombe che piovono dal cielo, ma anche di studenti che si presentano in parrocchia per chiedergli una stanza dove studiare, perché anche se c’è la guerra non vogliono rinunciare a dare gli esami all’università. Oggi, sabato 22 agosto, padre Alsabagh interverrà al Meeting di Rimini, dove porterà la sua testimonianza nel corso dell’incontro “Una ragione per vivere e per morire: martiri di oggi”.

Il Sussidiario, 23 agosto
Perché ha accettato una missione così difficile come quella ad Aleppo?
Prima di essere chiamato vivevo a Roma. Ho accettato perché dietro l’amico che ha bisogno c’è il Signore. Ciò che mi è chiesto è il servizio a un popolo sofferente, e nei momenti più bui e difficili della storia bisogna intensificare il proprio lavoro. Appena ho saputo delle difficoltà e dei bisogni della gente di Aleppo, non ho potuto fare altro che dire: “Eccomi, sono pronto per andare all’istante”.
Che esperienza si vive a essere catapultati da Roma a una zona di guerra?
Ciò cui purtroppo assisto ogni giorno è che la guerra deruba l’uomo della sua dignità. E’ ciò che mi addolora di più, in quanto l’uomo diventa sempre più sofferente e miserabile. Giovanni Paolo II diceva: “La guerra è il male più grande che l’uomo e il mondo abbiano conosciuto”. E’ ciò cui assistiamo ogni giorno ad Aleppo.
Tra i tanti drammi cui assiste quale è più doloroso?
Ultimamente lottiamo ogni giorno con la piaga della mancanza dell’acqua, in una città dove ieri la temperatura è arrivata a 50 gradi. Da un mese e mezzo ad Aleppo manca l’acqua corrente, e si assiste a scene strazianti come l’anziana di 90 anni che ogni mattina viene a rifornirsi al nostro pozzo con un grande secchio. In questo periodo quando al mattino aprivo gli occhi nella mia mente c’era una sola parola: “acqua”.
I cristiani di Aleppo subiscono anche violenze e minacce?
Nelle aree sotto la protezione dell’esercito di Assad esiste piena libertà di culto. Viviamo però nella paura terribile delle bombe che arrivano anche per strada e sopra agli edifici civili. E’ la principale minaccia alla nostra presenza, anche perché i siriani preferirebbero buttarsi a mare piuttosto che continuare a vivere così. Le bombe sono “regali di morte” che arrivano dal cielo e che distruggono tutto, lanciati intenzionalmente contro le zone abitate per terrorizzare la gente e farla evacuare.
Le è capitato anche di assistere a segni di speranza?
Quest’inverno ad Aleppo c’era molto freddo e mancava l’elettricità. Siccome è una città quasi desertica infatti c’è una forte escursione termica. Un giorno mi arriva un giovane e mi dice: “Padre, forse lei ha un angolo nella chiesa dove posso studiare al riparo dal freddo”. Per me le parole di quel giovane sono state come un’illuminazione divina. Subito mi sono deciso a fare qualcosa per lui e per le altre centinaia di studenti che stavano preparando gli esami universitari. Abbiamo attrezzato una sala parrocchiale con i banchi e le sedie e messo una stufa a gasolio. Con sorpresa, il giorno dopo sono arrivati fino a 100 ragazzi per studiare.
L’Isis ha distrutto il monastero di Mar Elian. E’ un segno di quello che accadrà ai cristiani se i fondamentalisti si diffonderanno?
Lo abbiamo visto nella distruzione di tantissime chiese, luoghi di culto anche musulmani e centri artistici. Parliamo di Maaloula ma anche di Palmira, di una cultura antica 5mila anni che purtroppo il fondamentalismo non risparmia. Distruggendo questi luoghi simbolo i terroristi intendono mandarci un messaggio: “Dovunque arriveremo, faremo tornare il mondo allo stato primitivo”. E’ questo il pericolo che corriamo, un pericolo che ogni giorno diventa sempre più imminente. I gruppi jihadisti ad Aleppo sono molto vicini a dove ci troviamo. La nostra paura è che entrino dove siamo noi, perché in quel caso ucciderebbero o rapirebbero centinaia di persone.
Tutto era iniziato con un anelito di libertà e si è arrivati alla violenza. Secondo lei perché?
Tanti sacerdoti sono stati i primi a dire che in Siria c’era bisogno di un vero rinnovamento. La Chiesa però ha sempre insistito sulla necessità di un cambiamento pacifico. Purtroppo queste parole non sono state accettate perché qualcuno voleva fare piazza pulita. Il vero motivo dietro alla Primavera araba era la volontà di distruggere un Paese. L’arrivo di tanti stranieri a combattere animati da un pensiero fondamentalista ha reso impossibile qualsiasi riconciliazione e cambiamento pacifico.