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mercoledì 7 settembre 2016

"E' d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane e su quella di proteggere la presenza cristiana".

Saydnaya; oggi tradizionale festa della S Vergine

S.B. Youhanna Yazigi: “Come fanno i politici a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane?”

S.I.R. 7 settembre 2016

“Salvate i nostri Paesi dalle grinfie del terrorismo, fermate il commercio sfrenato delle armi e richiamate nei porti le vostre navi da guerra! Non ci sentiremo al sicuro né con navi da guerra né con navi da emigrazione! Ci sentiremo protetti soltanto se nelle nostre terre verrà seminata la pace. Noi siamo piantati qui da duemila anni, qui siamo nati, qui viviamo, qui anche moriremo”. 
È l’accorato appello di Sua Beatitudine Youhanna X (Yazigi), patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, lanciato questa mattina in apertura del XXIV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa su “Martirio e Comunione”, promosso dal Monastero di Bose dal 7 al 10 settembre, in collaborazione con le Chiese ortodosse. 
Il Patriarca Youhanna X che è fratello di uno dei due metropoliti rapiti in Siria nel 2013, Bulus Yaziji, ha affidato la sua relazione al decano della facoltà teologica dell’Università di Balamand, Porphyrois Georgi. “I nostri cristiani d’Oriente – ha scritto il Patriarca ai partecipanti del convegno di Bose – cercano oggi qualcuno che porga attenzione al loro grido ma non lo trovano”. “Non andiamo in cerca della pietà dei forti di questo mondo ma, a voce alta, urliamo loro in faccia: ‘Smettetela di affibbiarci l’etichetta di miscredenti, basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie, di adottare slogan insensati!”. “Non è giunta l’ora che il mondo si svegli? – ha quindi chiesto il patriarca siriano -. Non è giunta ancora l’ora in cui l’umanità si renda conto che terrorismo e intolleranza religiosa (takfir), che ora prendono di mira i nostri popoli e le nostre chiese, raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta? Non è giunta ancora l’ora in cui la politica internazionale si interessi al caso dei due metropoliti, Yuhanna Ibrahim e Bulus Yaziji, e dei presbiteri rapiti da più di tre anni? Non è giunta ancora l’ora per la società internazionale di domandarsi, per una volta, perché impone un embargo a un popolo affamato chiudendogli le porte dei suoi mercati mentre gli spalanca quelle del mercato delle armi?”. 
Ed ha concluso: “Non riesco a capire come facciano i politici della terra a stare con le mani in mano, a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane”.
http://agensir.it/quotidiano/2016/9/7/monastero-di-bose-appello-del-patriarca-youhanna-x-basta-terrorismo-e-menzogne-richiamate-nei-porti-le-navi-da-guerra/

Intervento di Sua Beatitudine Yuhanna X
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente

Il sangue dei martiri, seme di comunione

Dalla Chiesa apostolica di Antiochia dove “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26), invio a voi la benedizione apostolica con amore sincero e l’abbraccio fraterno in Cristo Gesù nostro Signore.
“Dio ha messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo…” (1Cor 4,9-13).
Forse in queste parole dell’Apostolo Paolo si trova l’espressione migliore dell’attuale situazione della Chiesa di Antiochia e la sua continua lotta per rendere testimonianza, nel corso dei secoli, al suo Signore e alla sua fede viva. ........ 
  continua a leggere qui: https://www.facebook.com/Antiochpatriarchate.org/posts/758399840930398


Summit delle Chiese del Medio Oriente: “lottiamo non contro forze umane, ma contro i signori delle tenebre”

Agenzia Fides , 7/9/2016

La lotta che coinvolge i cristiani del Medio Oriente, in questo tragica fase della loro storia, “non è contro forze umane, non è contro carne e sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i signori delle tenebre di questo tempo, contro le schiere del male in luoghi che sono legati al cielo”. 
Con queste parole il Patriarca greco ortodosso Theophilos III di Gerusalemme ha delineato lo scenario dai tratti escatologici in cui si collocano anche le emergenze e i drammi vissuti dalle comunità cristiane nella regione stravolta da guerre e fanatismi feroci. Lo ha fatto ieri, martedì 6 settembre, aprendo ad Amman l'XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches), a cui prendono parte ben 22 Capi e rappresentanti ufficiali di Chiese e comunità cristiane diffuse nell'area. Il titolo del summit, tratto dal salmo 118 (“Celebrate il Signore perchè è buono, la sua misericordia dura in eterno”) ripropone la vocazione dei cristiani ad essere strumenti di misericordia in quella parte del mondo devastata da violenze, ingiustizie, cospirazioni e scontri di potere. 
“Data la situazione attuale e le dure condizioni della regione” ha aggiunto il Patriarca Theophilos nel suo discorso d'apertura, “è d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane” e su quella di “proteggere la presenza cristiana. Questa - ha sottolineato il Capo della Chiesa greco ortodossa di Gerusalemme - è la nostra responsabilità, e noi non possiamo e non dobbiamo aspettare che altri se ne facciano carico al posto nostro”.

Molti interventi dei capi e dei rappresentanti delle Chiese – dal Patriarca copto ortodosso Tawadros al Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II, dal Catholicos armeno Aram I al Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X – hanno affrontato nel dettaglio le tante emergenze delle comunità cristiane mediorientali in questo momento storico. Molti hanno sottolineato la necessità di trovare nuovi cammini efficaci per vivere la comunione tra i battezzati e l'urgenza di alimentare la tradizione di convivenza e dialogo tra cristiani e musulmani, per affrontare insieme la malattia dei settarismi fanatici e trovare le vie per affermare anche nei Paesi mediorientali i principi di cittadinanza e di piena uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge. 

http://www.fides.org/it/news/60697-ASIA_GIORDANIA_Iniziato_il_summit_delle_Chiese_del_Medio_Oriente_lottiamo_non_contro_forze_umane_ma_contro_i_signori_delle_tenebre#.V9Bs6vmLSM8

venerdì 26 agosto 2016

"Stop all'assedio del popolo siriano! Abolite le sanzioni internazionali contro la Siria!", scrivono in un messaggio congiunto i Patriarchi d'Oriente

I tre Patriarchi residenti a Damasco, Sua Beatitudine John X, Patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Est, Sua Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca melchita greco-cattolico di Antiochia e di tutto l’Est, Alessandria e Gerusalemme, e Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II, Patriarca siriaco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Est e supremo Capo della Chiesa Ortodossa Siriaca Universale, hanno emesso il seguente appello alla Comunità internazionale chiedendo ai paesi potenti di fermare l’assedio e di abolire le sanzioni internazionali contro la Siria.


“Stop all’assedio del popolo siriano! Abolire le sanzioni internazionali contro la Siria”
Un Appello umanitario dai Patriarchi della Siria alla Coscienza Internazionale e ai Paesi coinvolti
Dall’inizio della crisi in Siria nel 2011, l’impatto delle sanzioni economiche e finanziarie sulla vita quotidiana dei cittadini siriani è aumentato. Ciò ha significato un carico enorme, che ha ingigantito la sofferenza del popolo siriano. Queste sanzioni rappresentano un altro aspetto della crisi e hanno comportato una maggiore pressione su individui, le istituzioni, le imprese e di conseguenza sull’intera popolazione.
L’assenza di nuovi investimenti e il divieto dei voli internazionali verso la Siria, così come la riduzione delle esportazioni verso il paese e l’inserimento di alcune imprese siriane nella lista nera del commercio internazionale, sono considerate misure economiche a favore dell’isolamento della Siria dalla comunità internazionale. Inoltre, la chiusura della maggior parte delle ambasciate dei paesi occidentali in Siria e la revoca dei loro dipendenti, limita le relazioni diplomatiche e l’interazione estera della Siria con altri paesi.
Oltretutto, il divieto delle transazioni bancarie internazionali con la Siria crea alle persone difficoltà finanziarie, impoverisce i cittadini, li minaccia nel loro sostentamento quotidiano e li priva della loro dignità umana. Come risultato, i prezzi dei generi di prima necessità sono aumentati a causa della diminuzione del valore della moneta locale e della sua diretta influenza sul potere d’acquisto. Questo ha avuto serie conseguenze su tutti i livelli della società siriana, ha influito su ogni aspetto della quotidianità e ha portato alla crescita di nuovi problemi sociali.
Anche se i principali obiettivi dell’imposizione delle sanzioni sono politici, esse hanno colpito soprattutto la vita del popolo siriano, in particolare dei più poveri e della classe lavoratrice, la cui capacità di sopperire ai propri bisogni quotidiani come cibo e cure mediche è fortemente colpita. Nonostante la risolutezza dimostrata dal popolo siriano di fronte alla crisi, la situazione sociale sta peggiorando e la povertà e la sofferenza sono in costante aumento.
Pertanto noi, i tre Patriarchi residenti a Damasco, dove sentiamo fortemente la sofferenza del popolo siriano, di qualunque religione e gruppo, alziamo le nostre voci in questo appello umanitario chiedendo la revoca delle sanzioni economiche imposte al popolo siriano, che resta attaccato alla propria patria e alla civiltà esistente da migliaia di anni.
Il nostro appello è un invito a prendere misure straordinarie e decisioni coraggiose, sagge e responsabili, che abbiano una dimensione umanitaria basata sulla Carta dei Diritti dell’Uomo e le altre Convenzioni internazionali, soprattutto al fine di abolire le sanzioni economiche contro la Siria.
In questo modo si darà una risposta alle aspirazioni dei cittadini che cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, si aiuterà a rafforzare il loro attaccamento alla terra dei loro antenati e si contribuirà a ripristinare l’armonia tra tutti i cittadini. Allo stesso modo, si porrà un limite allo sfruttamento della miseria del popolo siriano da parte di gruppi che non vogliono il bene comune del Paese. Verrà anche facilitato il lavoro delle nostre organizzazioni umanitarie ed ecclesiastiche nel compito di assegnare gli aiuti umanitari, distribuire le medicine e le attrezzature mediche a chi ne ha bisogno in tutta la Siria.
Il nostro appello risuona con il desiderio di alcuni paesi e organizzazioni umanitarie di aiutare il popolo siriano, che soffre la gravità della crisi. La cessazione delle sanzioni contribuirà ad alleviare la sofferenza e ad affrontare le conseguenze della crisi.
Speriamo che la comunità internazionale risponda all’appello umanitario dei siriani: “Stop all’assedio del popolo siriano! Abolire le sanzioni internazionali contro la Siria e permettere a questa gente di vivere con dignità, che è un diritto fondamentale di tutti i popoli del mondo”.
Damasco, 23 agosto 2016
 John X, Patriarca greco-ortodosso
 Gregorius III, Patriarca melchita greco-cattolico
 Ignatius Aphrem II, Patriarca siriaco ortodosso

Per comprendere cosa sono di fatto le sanzioni alla Siria:


“Bisogna rivedere le sanzioni. Sarebbe bello se l’Italia spingesse affinché questo avvenga”, chiede Padre Firas Lutfi
http://www.occhidellaguerra.it/chi-prende-aleppo-vince-la-guerra/#

lunedì 13 giugno 2016

Due anni di occupazione ISIS. Dichiarazioni dei Patriarchi

Una dichiarazione congiunta sull'occupazione da parte di ISIS dei villaggi assiri nel nord dell'Iraq è stata promulgata dal Patriarca siro-ortodosso e dal Patriarca siro-cattolico. La dichiarazione definisce le azioni di ISIS "un atto criminale, che equivale ad un genocidio etnico-religioso".
ISIS ha catturato Mosul il 10 giugno 2014 e si è espanso nella Piana di Ninive, una roccaforte assira, nel nord Iraq, il 7 agosto, obbligando quasi 200.000 Assiri ad abbandonare le loro case e villaggi. ISIS ha anche distrutto chiese assire, monasteri e siti archeologici.

Ecco il testo della dichiarazione:
Due anni da quando è stato strappato il nostro Popolo proveniente da Mosul e dalla Piana di Ninive: la ferita dell' emigrazione forzata sanguina ancora.
Due anni sono passati dallo sradicamento del nostro popolo siriaco dalla terra dei nostri antenati a Mosul e la piana di Ninive, seguendo l'atto criminale, che equivale ad un genocidio etnico-religioso, commesso da ISIS e altri gruppi terroristici che considerano infedeli tutti coloro che non condividono la loro religione o non credono nelle loro dottrine confessionali.
Il 10 giugno 2014, il nostro popolo è stato costretto a lasciare Mosul. Alla vigilia del 7 agosto dello stesso anno, lo sradicamento è continuato e la nostra gente è stata costretta a lasciare Qaraqosh, Bartelly, Bahzani, Bashiqa, Telosqof, Al-Qosh, Karamlis, e altri villaggi e città della piana di Ninive. Sono diventati rifugiati e senza casa nella regione del Kurdistan iracheno e dei paesi vicini del Libano, Giordania e Turchia.
Oggi, due anni dopo la calamità che si è abbattuta sulle nostre persone, i paesiche hanno potere decisionale e la comunità internazionale rimangono silenziosi e inerti verso la pulizia etnica di un popolo storico che ha fondato la civiltà della zona. Noi siamo i discendenti dei martiri che hanno difeso la loro fede, la terra e l'onore. Hanno testimoniato fino al punto di versare il proprio sangue per la loro causa.
Accogliamo con favore la decisione di alcuni paesi di riconoscere questi atti di terrorismo come un genocidio contro i cristiani e le altre minoranze etniche e religiose. Tuttavia, denunciamo con forza l'assenza di azioni effettive da parte della comunità internazionale e del governo iracheno per intensificare la liberazione di Mosul e dei villaggi della Piana di Ninive dai gruppi terroristici. Hanno distrutto le nostre chiese e monasteri, in particolare del monastero di S. Behnam e Sarah in cui è stata bombardata la tomba del santo. Hanno rubato le proprietà e i beni del nostro popolo, diffondendo le tenebre della morte, distruzione e degrado morale.
Come padri spirituali di questo popolo, i nostri cuori sono stati trafitti dal dolore e gli occhi si sono riempiti di lacrime ogni volta che abbiamo visitato, insieme e separatamente, i nostri figli sfollati che si sono stabiliti nelle città e cittadine della regione del Kurdistan in Iraq. Abbiamo visto la loro sofferenza e la mancanza dei più basilari elementi necessari per una vita dignitosa, vale a dire l'alloggio, il lavoro, l'assistenza sanitaria o l'istruzione per i bambini. Ringraziamo il Governo della Regione del Kurdistan in Iraq per i suoi sforzi per offrire i servizi di base in questi tempi difficili. Noi, allo stesso modo riaffermiamo la nostra richiesta per la liberazione immediata di Mosul e della Piana di Ninive e il ritorno dei nostri figli e figlie alla loro terra e case. Essi dovrebbero godere di sicurezza e stabilità, nonché le condizioni di vita che assicurino la loro dignità e li aiutino a ristabilire la loro fiducia nel loro paese e la loro speranza in un futuro luminoso.
Quindi, diciamo ai nostri figli spirituali che sono stati costretti a lasciare le loro case e comunità:
Siamo con voi in ogni momento, vi esortiamo a rimanere la lampada che brilla nel buio di questa tribolazione, per il ritorno alle vostre case presto. Confidiamo nella promessa del Signore che Egli rimarrà in mezzo alla sua Chiesa e Lei non cadrà mai.
Non perdete la fede, incoraggiatevi e rimanete saldi nel Signore Gesù Cristo che ci invita a non avere paura, dicendo: «Coraggio, io ho vinto il mondo" (Giovanni 16: 33). 
10 giugno 2016
Ignatius Aphrem II 
Syriac Orthodox Patriarch of Antioch and All the East


Ignatius Youssef III Younan 
Syriac Catholic Patriarch of Antioch


(trad. OpS)   http://www.aina.org/news/20160612033007.htm


Dichiarazione in occasione del secondo anniversario dell'occupazione di Mosul da Daesh (SI)

del Patriarca Louis Raphael Sako
Con tristezza, dolore e preoccupazione, celebriamo il secondo anniversario della tragedia che ha colpito la popolazione di Mosul: l'occupazione della città da parte dei jihadisti dello Stato Islamico (Daesh), avvenuta 10 Giugno 2014, seguita dall'esodo della sua popolazione e soprattutto i cristiani, e dall'esodo degli abitanti della Piana di Ninive due mesi più tardi. Ci ricordiamo anche tutto ciò che è stato fatto per sradicare la loro cultura, la loro storia e la loro memoria.

Davanti a questi eventi crudeli e spaventosi, continuiamo a credere che la soluzione deve venire dal "dentro", vale a dire dagli iracheni stessi, che mettano da parte le loro differenze e cambino il loro modo di pensare ed agiscano per trovare una reale volontà politica di riconciliazione, adottando una visione chiara  e un piano di riforma sistematica per risolvere i problemi.
Questa guerra non è una guerra tra musulmani e cristiani, ma copre lotte, in nome della religione, per il potere e il denaro. Sono tanti i legami tra cristiani, musulmani e seguaci di altre religioni: questi sono storici, e le differenze sono naturali perché  "Dio ci ha creato diversi".  

Pertanto, faccio appello a tutti - nel corso del mese di digiuno del Ramadan per i musulmani, e in questo anno di misericordia per i cristiani - a non indulgere in sedizioni confessionali, a non dilaniarsi l'un l'altro, né ad essere presi dalla paura. Invito tutti a mantenere la fede, la pazienza e la speranza, unificare le forze e cooperare per liberare le città, raggiungere la pace, la sicurezza e l'uguaglianza per tutti.
Ai cristiani che sono colpiti in modo particolare, desidero indirizzare un messaggio: li invito ad essere solidali con la loro gente, a restare radicati alla loro terra e continuare la loro gloriosa storia e la loro missione con coraggio, promuovendo la cooperazione e la coesistenza armoniosa con i loro concittadini.

venerdì 12 giugno 2015

Comunicato finale dell'incontro dei cinque Patriarchi di Antiochia , svoltosi a Damasco l'8 giugno scorso



Patriarcat grec-orthodoxe d'Antioche et de tout l'Orient 

1: L'8 giugno 2015, su invito di Sua Beatitudine il patriarca Giovanni X, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Greci Ortodossi, si sono riunite nella chiesa al-Maryamiah a Damasco le loro Beatitudini e Santità Mar Béchara Boutros Al Raï, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei Maroniti, Mar Ignace Efram II, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente dei siro ortodossi, capo supremo della Chiesa siriaca ortodossa nel mondo, Grégorios III Laham, patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei greco cattolici Melkiti e Mar Ignace Youssef III Younan, patriarca dei siro cattolici di Antiochia. Hanno partecipato a questa assemblea Sua eccellenza il Nunzio apostolico in Siria, l'arcivescovo Mario Zenari, e la gerarchia cristiana a Damasco, Il comunicato seguente è stato emesso alla fine di questo incontro spirituale
Ai nostri cari figli nel Signore delle chiese di Antiochia
2 :   "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro,al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen." (Gal 1, 3-5)
Innanzi tutto noi ringraziamo il Signore che ci ha permesso di incontrarci, Noi  Patriarchi a cui è stata affidata la missione della protezione del popolo cristiano sparso nello spazio di Antiochia, a Damasco, questa città benedetta che ha accolto Paolo, l'apostolo dei gentili. Da questo Patriarcato fiorente che ha sempre difeso le giuste cause nel corso del tempo, noi eleviamo la voce e preghiamo continuamente Dio per voi perché in questi tempi tenebrosi “ voi conducete una vita degna del Vangelo” , voi testimoniate senza vergogna per il nostro Signore Gesù Cristo, “che ha annientato la morte e illuminato la vita “, voi sopportate le difficoltà fiduciosi della potenza di Dio e armati “dello spirito di forza, di carità e di discernimento “. Non è necessario chiedervi, cari figli, di pregare per noi vostri pastori, affinché il Signore ci dia la forza di “seguire con dirittura la Sua parola” e di glorificare nelle nostre azioni il suo nome santo mentre noi guidiamo il vascello della Chiesa in queste circostanze storiche esistenziali.
3 :  Dirigendoci a voi, vorremmo esprimervi che la nostra grande gioia dovuta a questo incontro fraterno si rinnova come si approfondisce attraverso il nostro scambio e si accresce attraverso la cooperazione per un' unica testimonianza cristiana antiochena perché è ad Antiochia che “ per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani “ ( Atti degli Apostoli 11, 16) là dove Dio ha voluto che noi fossimo i suoi testimoni, Di conseguenza, nel quadro della vostra piena fedeltà alle vostre Chiese, alle sue dottrine e ai suoi insegnamenti, noi vi chiamiamo ad aiutarvi mutuamente, a servire i poveri con dedizione, a informarvi sul pensiero ricco delle nostre Chiese, a scoprire la luminosa santità che ne emana, a radicarvi nell'eredità Antiochena, a pregare per l'unità dei cristiani, a operare per questa unità tanto desiderata, voluta dal Signore, sperando che essa si realizzerà nel nostro mondo, a partire da Antiochia.
Noi vi chiediamo anche di portare le vostre patrie nel pensiero e nelle preghiere, di domandare con insistenza l'instaurazione della pace in esse, che tutti i nostri figli sperimentino la vera gioia e vivano insieme nella dignità dei “figli di Dio”. Non dimenticate di operare per l'unità dei vostri paesi, il loro ammodernamento e lo stabilirsi dello stato civile. Conservate la diversità in tutta la sua ricchezza e non perdete né la vostra unicità né la vostra differenza.
Andate a fondo nella fede e testimoniate per “la speranza in voi” in tutti gli ambiti della vostra vita. Non utilizzate mai la vostra fede come elemento di separazione o come schermo che nasconde lo splendore e la grandezza dell'altro.
4:    Noi vi invitiamo cari figli a continuare a intrattenere le migliori relazioni con i nostri fratelli musulmani, nostri compagni nella patria e nel destino, con i quali noi viviamo su questa terra e con cui condividiamo, in queste circostanze, le disgrazie della violenza e del terrorismo generati dal pensiero takfiri e dalla assurdità delle guerre che rinvigoriscono gli interessi dei grandi che strumentalizzano la religione sfigurandola. I nostri vicini sentono le vostre sofferenze e ne soffrono. Essi operano con le loro gerarchie religiose per sradicare le radici del pensiero takfiri che ha raccolto e non cessa di raccogliere sempre più decine di migliaia di esseri umani.  Con loro, con la fedeltà del compagno fedele, noi alziamo la voce ed annunciamo che è il tempo di affrontare il pensiero takfiri , di far seccare le sue sorgenti inculcando un'educazione religiosa che diffonda la cultura dell'apertura, della pace e della libertà religiosa. È necessario stabilire un pensiero critico che conduca ad annullare l'espressione “casa della guerra” e “soggetto non musulmano in uno Stato islamico” e a stabilire la cittadinanza.
5: Quale cattivo momento è il presente in cui i terroristi strumentalizzano il nome di Dio per servire le proprie passioni, i propri interessi e quelli dei grandi di questo mondo! In questo momento in cui dominano la paura, la violenza, la schiavitù della donna, il rapimento, il massacro, la distruzione e lo sfollamento forzato, dei criminali senza Dio né misericordia obbligano gli individui a convertirsi.  Essi non hanno compreso che per saggezza Dio ha creato i suoi adoratori nella pluralità. I vostri assassini non comprendono che assassinandovi essi si condannano alla miseria eterna e la loro patria al sottosviluppo. Al centro di questa crisi oppressiva, non dimenticate che il Signore ha promesso: “ non temere piccolo gregge, perché è piaciuto al vostro Padre di darvi il Regno” ( Luca 12. 32). Sì cari figli, in questi giorni difficili in cui si è raggiunto “l'apice della distruzione” e in cui si conducono le persone come gregge al mattatoio, siate forti e non disperate. Siate forti e potenti per la grazia che colma ogni debolezza. Custodite “la resistenza dell'anima “ che si basa sulla purificazione, il perdono e la carità. Seguite l'etica del Vangelo. Siate fiduciosi in Dio che ha vinto il male e la morte perché “ egli non si allontanerà da voi”. Egli è il vostro compagno sulle strade dell'esilio, della partenza e dell'emigrazione. Egli è il vostro sostegno nella povertà, la fame e il bisogno, Egli è la vostra consolazione quando i giorni diventano ingiusti, ogni aiuto svanisce e il dubbio che Dio abbia cura di voi aleggia tra di voi.
Egli vi salva nella tribolazione, Egli è la luce che vi guida nelle tenebre di questo mondo, Egli è la vostra resurrezione dalla disperazione e morte, Egli è la vostra vittoria sul cattivo, sui suoi trucchi e strumenti.
6:  In questo tempo di tribolazione, unitevi intorno alla Chiesa che è il prolungamento del Cristo Dio nel mondo. Seguite le vostre Chiese, perché lo spirito di responsabilità pastorale ci impegna a moltiplicare i nostri sforzi, a renderci solidali con le persone di buona volontà per intraprendere sempre più le iniziative necessarie per conservare la nostra presenza sulla nostra terra, a far fronte ai vostri bisogni familiari, esistenziali e a garantire un avvenire per i nostri giovani. Essi sono la forza vivente e promettente nelle nostre patrie. Noi esprimiamo i nostri ringraziamenti e la nostra stima a tutti i volontari che si dedicano al servizio della carità nelle nostre istituzioni. Riunitevi intorno alla Chiesa. Sollecitate l'intercessione dei martiri caduti per la difesa della fede. Seguite l'esempio dei martiri che hanno sofferto nel loro corpo per rafforzare questa fede. Pregate per i perseguitati e le persone rapite tra i vostri pastori e fratelli, in particolare per i due Vescovi di Aleppo, Boulos Yaziji et Youhanna Ibrahim, ma anche per i sacerdoti sequestrati tra cui recentemente il padre Jacques Mourad. Sostenetevi gli uni gli altri e condividete insieme le disgrazie e le sofferenze, la gioia e le lacrime. Occupatevi dei poveri nella loro disgrazia perché essi sono i prediletti di Cristo. Consolate le vedove e gli orfani. Condividete il pane con gli affamati. Alleviate la sofferenza degli sfollati, seguite l'opera caritativa delle vostre Chiese nella loro organizzazione e nel loro servizio sociale. Donate il vostro denaro con generosità e il vostro tempo in favore “ dei piccoli fratelli di Gesù”.
7:  In riferimento ai nostri figli siriani.
Dopo che il popolo innocente e pacifico della Siria è caduto sotto il giogo di un terrorismo che le forze di questo mondo utilizzano per frammentare la Siria, cancellare la sua civiltà, dominare i suoi abitanti e cacciarli dalla loro terra, noi confermiamo il nostro attaccamento alla unità di questo paese, al diritto dei suoi cittadini di vivere in sicurezza, in libertà e in dignità. Noi ci rivolgiamo al mondo perché operi seriamente per trovare una soluzione politica a questa guerra assurda che percorre la Siria, una soluzione che garantisca l'instaurazione della pace, il ritorno dei rapiti, degli sfollati all'interno e all'esterno del paese, il diritto del popolo siriano all'autodeterminazione, in piena libertà, lontano da ogni ingerenza straniera.
Per l'Iraq, Questo paese risente le ricadute di una successione di guerre che hanno sradicato popoli interi dal territorio dei loro antenati, come gli avvenimenti che si sono svolti lo scorso anno anno a Mossul e nei villaggi e città della valle di Ninive. Sono state commesse atrocità tali da ricordare al mondo intero le ferocie commesse nel corso dei secoli più antichi ma che continuano a distruggere civiltà antichissime allo scopo di servire progetti razzisti e confessionali, estranei alla cultura dei iracheni.
Ma per il Libano. Il paese è un messaggio. Noi invitiamo a consacrare ogni fedeltà a lui solo, a servirlo e a servire gli interessi del suo popolo, a eleggere un Presidente della Repubblica che ridia alle istituzioni costituzionali il regolare svolgimento e infine operare a costruire una patria che rallegri tutti i libanesi.
Ai nostri amati in Palestina. I Padri assicurano con insistenza che essi rimangono il centro della loro preoccupazione. La loro voce non smetterà mai di difenderli e di difendere la loro causa anche se il mondo intero tenta di ignorarla e di indebolirla suscitando guerre e conflitti, il cui scopo consiste nel lasciare i violentatori della terra palestinese vivere in pace e tranquillità,
8:  Noi domandiamo alla Comunità Internazionale di assumere la propria responsabilità fermando le guerre sulla nostra terra, di trovare soluzioni pacifiche e politiche ai conflitti, nell'operare con serietà ad aiutare gli sfollati e gli emigrati a recuperare le loro case e le loro proprietà e a proteggere i loro diritti come cittadini. Noi diciamo loro che noi siamo i proprietari fin dalle origini di questa terra, radicati in essa. Essa è stata irrigata dal sudore della fronte dei nostri padri ed antenati. Noi assicuriamo più che mai che noi vi restiamo per costruirla con i nostri compagni nella cittadinanza. Noi abbiamo la responsabilità di questa terra per la quale il nostro sangue è stato effuso per difenderla. Il sangue dei nostri martiri è santificato. Noi ci rivolgiamo a tutte le persone che vogliono occuparsi del nostro destino perché ci aiutino a restare e a radicarci nella nostra terra per lavorarla, svilupparla e godere dei suoi beni, e non a facilitare il furto del nostro patrimonio, dei nostri beni, non a distruggere la nostra cultura, non a sottomettere il nostro essere vivente alla schiavitù, non ad imporci il cammino dell'emigrazione. Lanciamo il nostro grido e rinnoviamo la domanda di mettere fine alla guerra sulla nostra terra e di sostenere le basi della stabilità in tutta la regione.
9O nostri prediletti. In questo momento in cui si uccide in nome di Dio, siamo chiamati a comprendere che “ la carità è più forte della morte”. Uccidere in nome di Dio è ferire Dio. La nostra fedeltà al nostro Cristo che dice: “ Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” ci obbliga a diventare i messaggeri di pace in questo Levante. Il nostro compito consiste nell'affrontare ogni pensiero o ideologia che elevi al rango di sacro la violenza, il massacro e la vendetta.  La nostra fede in Dio non può manifestarsi che nella carità e pace verso l'umanità, la protezione della nostra terra e delle nostre Chiese nel quadro della libertà dei figli di Dio di cui uno dei più semplici fondamenti è il rispetto della diversità e della differenza.
10:   Da questa chiesa al-Maryamiyah noi invochiamo la Madre di Dio, nostra madre la cui intercessione è potente presso il Salvatore, perché ci salvi, e di salvare le nostre patrie dalle difficoltà che attraversiamo, di accordarci la forza per essere a sua immagine, persone che testimoniano per Cristo nella notte di questo mondo.
Che Dio vi accordi la benedizione e la forza per restare i Suoi testimoni in questa regione. La vostra vocazione consiste nell'essere "il sale del mondo e il piccolo lievito nel pane". Non trascurate questo invito per la liberazione del mondo.  Siate sicuri che in voi il Vangelo di Cristo resterà presente e operante nella chiesa di Antiochia.

Traduzione fatta dalla nunziatura apostolica a Damasco

(Traduzione dal francese di FMG)

mercoledì 28 gennaio 2015

I Patriarchi: "Per fermare i conflitti occorre bloccare il flusso di armi e denaro verso fazioni armate e gruppi terroristici"


Agenzia Fides 28/1/2015

Bkerkè 
 Le guerre che devastano il Medio Oriente, a partire dalla Siria e dall'Iraq, avranno termine solo quando verrà interrotto il flusso di armi e denaro indirizzato verso fazioni armate e gruppi terroristici da parte di alleati e sponsor regionali e internazionali. 
Così i Patriarchi e i Capi delle Chiese cristiane d'Oriente, riunitisi martedì 27 gennaio a Bkerkè, presso la Sede del Patriarcato maronita, sono tornati ancora una volta a individuare il traffico d'armi e la corrente di risorse finanziarie messe a disposizione dei gruppi jihadisti come fattori-chiave nei conflitti che sconvolgono la vita di popoli interi, destabilizzando il quadro geopolitico mediorientale.
Alla riunione, ospitata dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai – appena dimesso dall'ospedale dopo aver subito un intervento chirurgico alla testa – hanno preso parte anche tutti gli altri Vescovi che portano il titolo patriarcale di Antiochia: il Patriarca greco-ortodosso Yohanna X, il Patriarca greco-melkita Grégoire III, il Patriarca siro-ortodosso Aphrem II e quello siro-cattolico Youssef III.
Nell'incontro - a cui hanno preso parte anche il Vescovo armeno cattolico di Damasco Joseph Arnaouti e l'Arcivescovo Gabriele Caccia, Nunzio apostolico in Libano - è emerso il giudizio comune e la condivisa sollecitudine pastorale che unisce i Capi delle Chiese d'Oriente davanti alle emergenze che travagliano i popoli dell'area e, in alcuni casi, mettono a repentaglio la stessa sopravvivenza delle comunità cristiane autoctone. 


“Anche in Libano - riferisce all'Agenzia Fides padre Paul Karam, Presidente di Caritas Lebanon, presente all'incontro - l'impoverimento generale, la paralisi politica e il crescente pericolo di un'offensiva da parte delle milizie jihadiste stanno destabilizzando la società e spingono alla fuga i giovani, soprattutto i giovani cristiani, che vanno all'estero a cercare lavoro. Gli sforzi delle Chiese e delle istituzioni ecclesiali, pur raddoppiati, non possono certo supplire alla latitanza delle istituzioni civili. E registriamo un calo anche negli aiuti internazionali a vantaggio dei profughi, mentre le emergenze umanitarie e il numero dei rifugiati continuano ad aumentare”. 


Nel documento di sintesi, pubblicato al termine dell'incontro, i Patriarchi e i Capi delle Chiese cristiane insistono sulla necessità di porre fine ai conflitti con “mezzi pacifici” e “attraverso negoziati politici” che coinvolgano tutte le parti contendenti. Tra le altre cose, nel testo si riaffermano sostegno e solidarietà alle forze armate libanesi, che da venerdì scorso, 23 gennaio, nella zona di Ras Baalbek, sono impegnate in operazioni contro milizie jihadiste provenienti dalla Siria, “per sventare un piano eversivo di enorme gravità, con l'aiuto di Dio”.


http://www.fides.org/it/news/56889-ASIA_LIBANO_I_Patriarchi_antiocheni_per_fermare_i_conflitti_occorre_bloccare_il_traffico_di_armi#.VMjVSGB0wqQ


"I disegni politici ed economici non giustificano aggressioni terribili contro l'umanità".


...
Il patriarca Bechara Rai ha detto che l'obbiettivo del raduno era di conoscere più fa vicino la situazione dei rifugiati cristiani e quella dei fedeli che hanno deciso di rimanere nel loro Paese, nonostante la guerra e le difficoltà. Per essi, ha aggiunto, è urgente aiutarli a garantire un lavoro, scuole, alloggi perché "possano restare nei loro rispettivi Paesi e preservare così la loro tradizione e missione cristiane".

L'altro obbiettivo è un appello "alle due comunità araba e internazionale" perché vengano in aiuto ai rifugiati, aiutando il loro rimpatrio e aiutandoli a costruire le abitazioni. Questo può essere fatto "mettendo fine alla guerra in Siria e in Iraq con mezzi pacifici, mediante negoziati politici e un dialogo serio fra i belligeranti, neutralizzando le organizzazioni terroriste". Ciò può essere ottenuto se le comunità araba e internazionale "cessano di sostenere [i terroristi] dal punto di vista finanziario e militare, chiudendo le frontiere dove è necessario per impedire la circolazione dei mercenari".
"I disegni politici ed economici - ha aggiunto - non giustificano tali aggressioni terribili contro l'umanità".

Per i patriarchi e i leader cristiani, è necessario anche lavorare per risolvere la crisi israelo-palestinese, sulla base della formula "due popoli, due Stati", permettendo il ritorno dei rifugiati alle loro case. "E' evidente - ha affermato il patriarca Rai - che i due conflitti israelo palestinese e israelo-arabo sono all'origine delle disgrazie che noi viviamo oggi in Medio Oriente".

28 gennaio: scontro Israele -Hezbollah alla frontiera del Libano

I leader cristiani domandano uno sforzo maggiore dei governi e delle organizzazioni non governative a favore dei rifugiati e chiedono un impegno maggiore per ottenere la liberazione di tutte le persone rapite, o detenute, siano esse civili, militari o personalità religiose. Fra queste vi sono i due vescovi, il greco-ortodosso di Aleppo, Boulos Yazigi, e il siriaco ortodosso, Youhanna Ibrahim, nelle mani di gruppi fondamentalisti in Siria da quasi due anni.

Un pensiero è stato rivolto alla situazione del Libano, dal maggio scorso senza presidente e con i gruppi politici cristiani e musulmani che ne boicottano l'elezione.

      http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarchi-dell'Oriente:-Per-la-pace-occorre-fermare-il-terrorismo,-aiutare-i-profughi,-risolvere-il-problema-israelo-palestinese-33307.html

lunedì 22 settembre 2014

La vera ragione della guerra alla Siria : intervento del Vescovo Nazzaro

Il 16 settembre 2014, i capi delle Chiese del Medio Oriente, riunitisi a Ginevra, hanno fatto appello alle Nazioni Unite affinché vengano tutelate le minoranze in Iraq e in Siria, denunciando i «massacri e le atrocità, insieme ai crimini contro l'umanità» commessi dallo Stato islamico che «sta rovinando l’intero sistema dei diritti umani».
Qui il testo dell'intervento di Monsignor Giuseppe Nazzaro , Vicario Apostolico emerito di Aleppo , relativo alla situazione siriana




Sulla guerra in Siria è stato detto e scritto molto, anzi moltissimo. Mai nessuno, a mio avviso, ha detto o scritto circa il perché di questa guerra fratricida. Sono stati gettati fiumi di inchiostro dicendo che si doveva 'eliminare un dittatore', il che, sempre a mio avviso, è tutto da provare, perché, guardandomi attorno onestamente, faccio molta fatica a trovare nello scacchiere medio orientale un paese dove non esista dittatura. Chiamateli con tutti i nomi che volete e, alla fine, siete costretti ad ammettere che, in quello scacchiere, tutti a modo loro sono dei dittatori.
La ragione di questa guerra è da ricercarsi nell’interpretazione della legge predominante in quei paesi. Il Signor Bashar El Assad aveva instaurato nel suo paese un governo a carattere laico, che è in netto contrasto con il sistema di quelle regioni.
Una guerra la si fa almeno per due motivi: difensiva od offensiva. In Siria non è stato così perché il paese viveva in pace, il progresso economico era in continuo aumento, il rispetto dei valori umani esisteva. Certo, vi saranno anche state cose che forse sfuggono ad un comune schema sociale-politico, ma in quale paese di questo mondo tutto fila liscio come l’olio? Ogni paese ha i propri scheletri nascosti. È inutile proclamarsi fautori di 'libertà' e di tante belle cose che si attribuiscono a questo termine e che, nella maggior parte dei casi, stridono col profondo senso della libertà stessa.
La guerra in Siria è stata iniziata, sostenuta e finanziata, non in nome di una libertà che, proprio con la guerra, è stata tolta al paese ed ai suoi cittadini; non in nome di un benessere che già esisteva e si espandeva continuamente. Guardiamo per esempio: quante sono state le fabbriche saccheggiate dei loro macchinari dalla regione di Aleppo e trasportate in Turchia, e non dai padroni siriani perché magari volevano evadere le tasse locali, come avviene altrove. (Le stime parlano di circa 2.000 fabbriche saccheggiate e svuotate dei propri macchinari). Il turismo era in continuo aumento, sia quello religioso che veniva per scoprire, conoscere e venerare le vestigia del primo cristianesimo, sia il semplice turismo a carattere culturale o, se vogliamo, di curiosità, per conoscere altri popoli, usi e costume locali ecc…. La guerra in Siria ha avuto ed ha un solo scopo: il commercio di armi per l’Occidente e  l' ideologia religiosa per i fautori locali. E così siamo finiti nelle mani di un terrorismo di carattere internazionale, ma sempre pagato e sostenuto da chi ha soffiato sul fuoco della cosiddetta 'dittatura' (gli stessi terroristi hanno fatto il nome dei paesi medio orientali che li finanziavano), dei cosiddetti 'diritti umani' e tutti hanno seguito questo coro. 
Nessuno s’è posto il problema: ma questi che puntano il dito contro la Siria con la scusa che è governata da una dittatura, che non rispetta i diritti umani, chi sono?: come governano i loro paesi, presso di loro i diritti umani sono rispettati? Un attimo di riflessione signore e signori, è d’obbligo! Questi che puntano il dito contro la Siria ed il suo governo: cosa intendono per diritti umani? Veramente loro intendono i diritti umani di cui ci parla la “Carta delle Nazioni Unite?” Oppure, loro parlano di “diritti umani” che corrispondono soltanto al loro credo religioso?
La conseguenza di tutto ciò è che siamo caduti in mano a varie categorie di terroristi che si potrebbero semplicemente definire mercenari seminatori di morte. Perché la presenza di giovani occidentali in mezzo alle bande armate dell’ISIS non si può spiegare soltanto per le loro convinzioni religiose. Ormai è risaputo che nell’ISIS vi sono anche individui annoiati della vita in Occidente e che sotto l’effetto della droga vanno per il mondo a sperimentare altri stimoli alla loro bestialità. L’ISIS tagliando la testa ai malcapitati che non la pensano come loro, fornisce a questi sbandati un senso di ebbrezza.
L’Occidente s’è svegliato soltanto ora dal proprio letargo perché quei banditi hanno eseguito in diretta due decapitazioni di due occidentali. E le migliaia di morti degli ultimi due anni, appartenenti a qualsiasi credo religioso, compresi sunniti? perché "non erano abbastanza feroci da uccidere un loro fratello, non sono dei duri, quindi non meritano di vivere e noi li eliminiamo" ?
L’Occidente ha mai saputo che da due anni ISIS recluta ragazzini ed impartisce loro lezioni pratiche come si deve tagliare la testa ad un infedele? L’Occidente ha mai saputo che le mamme profughe in Giordania hanno venduto e vendono le proprie bambine agli sceicchi del golfo? Sono cose che accadono alla luce del giorno da qualche anno. Noi dinanzi a queste terribili situazioni rispondiamo con noncuranza: non ci interessa. E perché? perché non sono toccati i nostri interessi. I due decapitati che il mondo intero ha visto tramite la TV erano dei nostri; perciò, dobbiamo intervenire! Altrimenti che fine faremo? .. . E, tutti gli altri decapitati? Iniziando dai 120 poliziotti siriani che furono decapitati a Gisser Choughour il 2 giugno 2012? Chi sono? Cosa sono? Sono esseri umani come noi o noi li consideriamo semplicemente come animali che non hanno valore e non ci interessano? Non erano pure quelli uomini come noi? Perché abbiamo permesso tutto questo? Quale è stato il motivo? Il motivo è stato ed è sempre lo stesso: vendere armi, sfruttare i più deboli, portando via ciò che possiedono. Per fortuna non si riesce a portare via la loro dignità di uomini, di esseri umani, di creature figli di Dio.
L’assedio alla città di Aleppo, ha privato milioni di persone di acqua potabile per mesi, e questa situazione continua ancora oggi; lo sa l’Occidente che la maggior parte degli aleppini si disseta con acque inquinate o dai pozzi che esistono nelle moschee e nelle chiese. L’aver interrotto l’erogazione dell’elettricità, del gas da cucina, ha costretto gli aleppini a spogliare i loro bei giardini pubblici. Aleppo aveva degli splendidi giardini, oggi sono quasi tutti spogli di alberi, la gente li taglia per cuocere il cibo, per riscaldarsi d’inverno, il gasolio da riscaldamento non esiste più e se si trova costa enormemente e non tutti possono acquistarne.
Aleppo, una volta città opulenta per le sue fabbriche e per il suo commercio, oggi è prostrata, ridotta ad un cumulo di macerie. La gente è affamata. Gli unici che dispongono di qualche soldo sono coloro che ancora lavorano impiegati dal Governo, tutto il settore privato è morto.
Tutto ciò perché l’asino dal minareto tiene tutti sotto tiro. Chi si muove è passibile di morte.

Chi ha portato l’asino sul minareto conosce il modo per farlo scendere”.
È un proverbio della sapienza popolare orientale. Esso ci insegna che: l’uomo è capace di fare tante cose: le buone e le meno buone, e qualche volta, le seconde si trasformano in pessime.
Chi ha creato ISIS? Un personaggio che fino ad un paio d’anni addietro era l’incontrastato dominatore in Medio Oriente oggi ha il coraggio di scrivere che: purtroppo la creatura che abbiamo messo al mondo ci è sfuggita di mano e la dobbiamo combattere...   E chi aspettano a far scendere l’asino dal minareto? Questa persona col suo governo assieme agli sceicchi l’hanno fatto salire, che lo facciano scendere immediatamente, se vogliono realmente fare del bene all’umanità.
"Sì, l’asino deve scendere dal minareto, ma non saremo noi a farlo. Noi creeremo un' altra creatura che farà scendere l’asino".   Poveri illusi! Non si vuole comprendere che non siamo all’altezza di nulla. Siamo capaci soltanto di creare altri guai. Si vuol far credere al mondo che armando la cosiddetta opposizione moderata siriana, questa farà scendere l’asino dal minareto? Niente di più stupido. Anche un ragazzino comprende che ISIS fa tutto questo non solo per crearsi il proprio califfato, ma anche per spodestare il presidente Assad, e questo è l’obiettivo della cosiddetta opposizione al Regime (che la chiamiate opposizione moderata o fondamentalista, tutti vogliono la stessa cosa), e in conseguenza di tutto ciò avremo che le file di Isis si ingrosseranno anche degli ultimi arrivati, preparati ed armati da 40 Stati della cosiddetta Coalizione. 
(Eppure la storia del Medio Oriente degli ultimi 20 anni ci dovrebbe illuminare, perché già vi è stato qualche altro che ha creato un asino simile per combattere una sigla nella zona, ed ora questo asino combatte chi l’ha creato). Siamo troppo intelligenti per impegolarci in una guerriglia in Medio Oriente. Perciò, in barba a tutti gli appelli di persone di buona volontà e raziocinio, continuiamo ad armarli pur di star bene noi e sfruttare, poi, i poveri malcapitati che furbescamente abbiamo armati...

 + Giuseppe Nazzaro 




I leader religiosi del Medio Oriente alle Nazioni Unite

Traduzione del testo integrale dell’Appello presentato alle Nazioni Unite a Ginevra
Noi, Patriarchi e Vescovi delle Chiese del Medio Oriente, compreso l’Iraq e la Siria, invitati dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, siamo venuti a testimoniare la drammatica situazione di questi paesi, che colpisce le nostre comunità e l’intera popolazione.
Per quasi 2.000 anni, le comunità cristiane hanno vissuto nella zona con continuità. Ma ora, soprattutto in Iraq e in Siria, siamo il bersaglio dei criminali dello Stato islamico che ci perseguita “in nome di Dio” per il nostro credo religioso: una flagrante violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa. L’ideologia sulla quale lo Stato islamico giustifica la sua aggressività è fondamentalmente contraria ai diritti umani, perché conduce al genocidio, alla morte di persone innocenti, e ad altri abusi gravi.
Così, lo Stato islamico è una minaccia non solo per i cristiani e per gli altri gruppi etnici e religiosi, ma per l’intera società, in Medio Oriente, e verso tutta la comunità internazionale. Se non viene fermamente condannato ed efficacemente spazzato via, questa ideologia porterà alla rovina dell’intero sistema dei diritti umani, creando un pericoloso precedente di indifferenza per la protezione delle persone vulnerabili.
I massacri e le atrocità commesse dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, che attualmente restano impuniti, costituiscono anche crimini contro l’umanità.
Di conseguenza, sulla base del diritto umanitario internazionale, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e la responsabilità di proteggere le comunità  e gli individui colpiti, come indicato nelle definizioni stabilite dall’Assemblea Generale nel corso degli ultimi anni. La responsabilità di proteggere si applica quando lo Stato – come è il caso dell’Iraq – non è in grado di proteggere i propri cittadini.
I cristiani in Iraq non dovrebbero essere privati ​​dei loro diritti in quanto comunità religiosa, come definito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I cristiani devono essere riconosciuti e trattati come cittadini uguali. Loro hanno il diritto di rimanere in sicurezza nel loro paese d’origine ed essere protetti dal loro governo secondo un sistema giuridico conforme ai Diritti dell’Uomo.
Chiediamo fortemente che sia fornito alle nostre comunità un sostegno umanitario, finanziario e sociale e sia garantita la loro sicurezza. È urgente, soprattutto con l’arrivo dell’inverno, che si garantisca un riparo per gli sfollati, insieme a delle adeguate condizioni di vita, ad appropriate cure mediche, e alla scolarizzazione per i bambini.
Se tali disposizioni sono necessarie e molto urgenti, il giusto ritorno di queste persone nelle loro case e nelle loro proprietà dovrebbe essere agevolato dalla comunità internazionale e garantito dall’azione delle Nazioni Unite, fino a quando le autorità nazionali potranno esercitare la loro responsabilità su tutto il territorio del paese.
La priorità è ora la necessità di sconfiggere lo Stato islamico e di ripristinare la possibilità di coesistenza pacifica, in cui la dignità e i diritti e i doveri di ogni cittadino siano applicati e rispettati.

Ginevra, 16 settembre 2014

S.B. Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa cattolica caldea
S.B. Ignace III Yousif Yunan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica d’Antiochia
S.E. mons. Nicodemo Daoud Sharaf, Arcivescovo di Mosul (Chiesa siro-ortodossa d’Antiochia e di tutto l’Oriente)
S.E. Ignazio Alhoshi, Metropolita di Francia e dell’Europa meridionale e occidentale (Arcidiocesi di Francia ortodossa d’Antiochia, Chiesa greco-ortodossa)
Mons. Cyrille Salim Bustros, Arcivescovo di Beirut (Chiesa melkita greco-cattolica)
S.E. Anba Louka E-Baramoussi, Arcivescovo della Svizzera occidentale e della Francia meridionale (Chiesa copto-ortodossa)
S.E. Giuseppe Nazzaro, Custode di Terra Santa emerito, vicario apostolico emerito di Aleppo (Chiesa cattolica romana)
Mons. Ghossan Aljanian, Luogotenente della diocesi della Svizzera (Chiesa armena ortodossa)

Traduzione italiana del Patriarcato latino di Gerusalemme

Fonte: Radio Vaticana

domenica 17 agosto 2014

I Patriarchi d’Oriente: “l’estremismo religioso costituisce una grave minaccia per la regione e per il mondo”




COMUNICATO – Il 7 agosto 2014, nel cuore di un Oriente a ferro e fuoco, i Patriarchi d’Oriente hanno pubblicato un comunicato di condanna per le guerre e le violenze che devastano la regione, in modo particolare per ogni persecuzione di innocenti e di cristiani. Il fondamentalismo religioso, e coloro che lo alimentano finanziando i suoi movimenti armati, colpendo l’equilibrio e la stabilità della regione, è denunciato senza giri di parole. I Patriarchi lanciano un appello urgente alla comunità internazionale.

Patriarcato Latino di Gerusalemme, 12 agosto 2014

Comunicato delle loro Beatitudini i Patriarchi d’Oriente
Sull’invito fraterno di Sua Beatitudine il Cardinale Bishara Butros Al Raï, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente per i Maroniti, le loro Beatitudini, i Patriarchi delle Chiese Orientali si sono riuniti presso il Patriarcato di Dymane, il 7 agosto 2014. Erano presenti:
Il Catholicos Aram Kshishian I , Catholicos di Beit Kilika per gli Armeni Ortodossi; il Patriarca Grégorios Lahham III, Patriarca di Antiochia e d’Oriente, d’Alessandria e di Gerusalemme per i Greci Melchiti Cattolici; il Patriarca Yuhanna Al Yazajee X, Patriarca di Antiochia e d’Oriente per i Greci Ortodossi ; il Patriarca Mar Aghnatios Yousef Younan III, Patriarca di Antiochia per i Siriaci ; il Patriarca Mar Aghnatios Afram II, Patriarca di Antiochia et di Oriente per i Siriaci Ortodossi ; il Patriarca Narcis Bedros XIX, Catholicos et Patriarca di Kilika per gli Armeni Cattolici ; il rappresentante del Patriarca Louis Raphaël Sakko I, Patriarca di Babele per i Caldei, il vescovo Shlimon Wardouni, Vicario Patriarcale.
Essi dichiarano di essere atterriti dagli incidenti dannosi senza precedenti e che si verificano nella regione a causa dei conflitti e delle guerre fratricide in Iraq e in Siria, per mano del fondamentalismo religioso che logora il tessuto sociale e la sua unità nei nostri paesi, con la comparsa di organizzazioni fondamentaliste e dei “Tafkiri” (1) che distruggono, uccidono, disperdono, violano la sacralità delle chiese, bruciano il suo patrimonio e i suoi manoscritti e, anche con mercenari stranieri al loro fianco, aggrediscono i cittadini e la loro dignità.
I Patriarchi sono addolorati dalle tragedie dei loro fratelli Palestinesi a Gaza in seguito al bombardamento aleatorio e disumano di Israele che colpisce innocenti, violando così tutte le regole del diritto. Sono anche profondamente addolorati per i fatti di Arsal in Libano, dove terroristi stranieri hanno attaccato l’esercito libanese e le forze di sicurezza interna, causando la morte di molti soldati e membri della sicurezza e prendendone molti in ostaggio. Essi hanno inoltre assediato gli abitanti della città e li hanno utilizzati come scudo umano.
Dopo avere considerato questi avvenimenti terribili sotto tutti gli aspetti, e avere riflettuto sui pericoli che minacciano tutti gli abitanti della regione senza eccezione, avvenimenti che rivestono un abito di settarismo e appartenenza confessionale che mai si è vista nella storia, dopo avere esaminato gli eventuali effetti che questi conflitti potrebbero avere sui popoli della regione, ivi compresi i cristiani loro figli, che vivono in mezzo a questi turbamenti, nella fiducia sul ruolo dello stato per garantire la protezione delle persone e delle loro proprietà, poiché la situazione è giunta al punto in cui le persone sono costrette ad abbandonare la terra dei loro padri e dei loro antenati, ingiustamente e senza ragione plausibile, al termine del loro incontro hanno pubblicato il seguente comunicato:
I. L’espulsione dei cristiani di Mossul e della valle di Ninive.
1. Espellere tutti i cristiani dalla città di Mossul, e ora da tutte le città che si trovano nella valle di Ninive, non può essere considerato come un semplice incidente che si iscrive nelle cronache delle guerre e dei conflitti, o come una emigrazione volontaria a causa della paura di chi cerca rifugio provvisorio e sicuro per sfuggire alla morte: questo è il risultato di una decisione da parte dell’Is (Stato Islamico) e di altri gruppi jihadisti che hanno forzato le persone ad abbandonare la loro terra solo a causa della loro appartenenza religiosa, cosa che contraddice le leggi internazionali. Questa decisione iniqua presa a nome dell’Islam, è una nuova calamità che si abbatte sulla regione araba e musulmana e sull’insieme dei suoi abitanti. Dopo averli cacciati, hanno portato via tutto ciò che a loro apparteneva. Di tratta di un gesto vergognoso e razzista che i popoli rigettano e che la comunità internazionale condanna totalmente.
2. Riguardo questa dolorosa calamità, essa attacca dei nobili dati di fatto religiosi, culturali e umani che hanno formato lungo i secoli un ricco patrimonio di convivenza tra cristiani e musulmani. Noi condanniamo e rifiutiamo vigorosamente l’espulsione dei nostri figli cristiani dalla cara città di Mossul, dalle città e dai villaggi della valle di Ninive, che era un esempio di coesistenza islamo-cristiana, allo stesso modo di altre antiche città arabe. Diamo l’allarme domandando a tutti di appoggiare questa condanna che viene anche da musulmani che condividono con noi la stessa sorte. Da qui possano nascere iniziative per mettere fine a questa situazione deviante rispetto alle regole di vita normali dell’Islam. È riprovevole che la posizione musulmana, araba e internazionale resti debole, timida e insufficiente, che non consideri il pericolo di questo fenomeno le cui conseguenze saranno drammatiche per la diversità demografica e storica dei popoli di questa regione. 
Alcuni paesi europei invitano i cristiani a emigrare rendendo la situazione ancora più pericolosa e questo col pretesto di proteggerli dal terrorismo e dagli omicidi. Noi condanniamo e rifiutiamo vigorosamente queste iniziative perché siamo attaccati alla nostra missione in questo caro Medio Oriente. La comunità internazionale, con la mediazione del Consiglio di Sicurezza, deve prendere una decisione categorica per obbligare a restituire questa terra al suo popolo, con tutti i mezzi possibili e il più velocemente possibile. Non domandiamo protezione, ma abbiamo un diritto e riteniamo che sia dovere degli organismi internazionali mantenere la loro credibilità e impedire ogni cambio demografico brutale, per noi come per le altre religioni.
Ci rivolgiamo di nuovo a tutti i regimi e ai paesi che sostengono, armano o finanziano direttamente o indirettamente delle organizzazioni terroriste di fermarsi subito, perché l’estremismo religioso, da qualsiasi parte arrivi, danneggia chi lo sostiene e segna negativamente chi non gli resiste. Il trasferimento forzato dei cristiani dalle loro case, il furto dei loro beni, l’uccisione di civili non armati e gli attacchi contro le minoranze religiose , le chiese e i luoghi di culto a Mossul, Sadad, Ma’alula, Kassab e altre città è certamente un crimine contro l’umanità e una violazione dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario. Il procuratore della Corte penale internazionale, deve aprire una inchiesta per mettere fine a tutto ciò, restituire i cittadini ai loro focolari e farli rientrare in possesso dei loro beni e dei loro diritti.
II. Il conflitto in Siria
3. Gli avvenimenti sanguinosi in Siria sono diventati una guerra assurda che conduce solamente a più distruzione, omicidi e esili.
I Patriarchi condannano questi fatti ed esigono dalle parti in causa e dagli Stati che le sostengono fornendo loro denaro e armi, di mettere fine a questa guerra, di trovare delle soluzioni politiche per giungere a una pace giusta, globale e duratura, oltre che consentire il ritorno dei Siriani esuli nelle loro case e nelle loro terre, facendoli uscire dalla miseria nella quale si trovano, innocenti, liberandoli da ogni abuso politico,  confessionale o terrorista.
4. Dopo oltre un anno e te mesi, aspettiamo con speranza il ritorno dei nostri fratelli i due vescovi rapiti il 22 aprile 2013: Boulos Yazigi  e Youhanna Ibrahim, e continuiamo a insistere sul fatto che la reazione della comunità internazionale non è sufficiente. Certamente ringraziamo tutta la solidarietà e le condanne, ma nello stesso tempo, siamo sorpresi dalla indifferenza che circonda questo problema. Di conseguenza chiediamo al mondo intero, all’Oriente e all’Occidente, di tradurre in atti le loro parole perché si ottenga la liberazione immediata dei due vescovi rapiti.
III. Gli avvenimenti di Gaza
5. Gli avvenimenti di Gaza affliggono i Patriarchi. I cittadini palestinesi pagano un prezzo caro, con le loro vite, le loro case e le loro istituzioni, a causa di un bombardamento israeliano disumano. I Patriarchi chiedono la fine di questa aggressione, il ritiro delle forze israeliane da Gaza, la fine dell’assedio della Striscia e dei suoi abitanti, la liberazione dei prigionieri e la fine dei combattimenti che hanno ucciso oramai circa duemila palestinesi.
Questo costituisce un crimine contro l’umanità. I Patriarchi si appellano al diritto internazionale per risolvere il problema palestinese. Approvano uno Stato per i palestinesi con capitale Gerusalemme, secondo il principio di due Stati, il ritorno dei rifugiati palestinesi sulle loro terre e il ritiro di Israele dai territori arabi occupati in Palestina, in Siria e in Libano.
IV. I fatti di Arsal
6. Quanto ai fatti di Arsal in Libano, essi hanno rattristato i Patriarchi nel più profondo delle loro anime, a causa degli attacchi di gruppi terroristi stranieri che hanno sfruttato la situazione della città e dei campi profughi Siriani per organizzare una azione terrorista su grande scala . I Patriarchi ringraziano la Provvidenza che ha protetto questa cara patria e per il fatto che le forze armate libanesi hanno potuto far fronte a questi attacchi e lavorare, progressivamente, per aiutare i civili a uscire da questa situazione difficile, malgrado le perdite subite. I Patriarchi esprimono il loro sostegno totale alle forze armate e alle forze di sicurezza libanesi, pregano per la loro protezione e il loro successo. Inoltre, elogiano la posizione unitaria libanese che sostiene l’esercito e non tollera i terroristi e i gruppi estremisti. Si veda al riguardo la dichiarazione del Presidente del Consiglio dei Ministri, tre giorni fa.
V. L’esperienza della coesistenza
7. La storia di questa regione ha conosciuto periodi di caos e di violenza il cui prezzo è stato pagato da nazioni che non avevano altro desiderio che quello di vivere nella dignità e in una cittadinanza sincera. Questi periodi sono stati spesso il risultato di azioni di capi tirannici i cui cuori non conoscevano né Cristianesimo né Islam. Ma noi abbiamo messo da parte questo passato doloroso. Abbiamo lavorato per purificare la memoria da questi avvenimenti passati. Abbiamo inoltre aperto una pagina nuova di cooperazione, basata sul rispetto reciproco e il riconoscimento degli altissimi valori spirituali rispettati da entrambe le religioni.Questo ci ha spinto, cristiani e musulmani, a collaborare per stabilire una migliore cooperazione tra i fedeli delle due religioni.
Sono iniziati così i dialoghi fra cristiani e musulmani, in vista di una collaborazione reciproca per contribuire a superare gli inconvenienti del passato e costruire un nuovo avvenire sulla base della verità, della giustizia e dell’amore tra tutti.
Accetteremo, dunque, che questo progresso nelle relazioni tra Cristianesimo e Islam, sia esposto al rischio di una regressione che minaccia, con la scomparsa di tutte le cose positive, di farci arretrare a epoche ormai lontane?
VI. Il flagello dell’estremismo religioso e il dovere del contrattacco
8. Gli osservatori degli avvenimenti presenti, vedono nell’estremismo religioso una malattia che minaccia il Medio Oriente, con tutte le sue componenti, e prevedono che dovrà passare ancora del tempo prima che la regione possa guarire da questa malattia.
Sono numerose le vittime a causa delle sue ripercussioni. È dunque imperativo che, cristiani e musulmani, ci uniamo insieme per evitare complicazioni e per risparmiare la nostra regione e i nostri figli da questi orrori, questo otterremo sensibilizzando le coscienze, invitando ad aderire a ciò che vi è di autentico ed essenziale nella religione e di non sfruttarla per conseguire interessi personali o collettivi. Ci rivolgiamo agli Stati e ai media locali e internazionali, perché prendano coscienza della gravità del tema che riempie gli schermi e le reti sociali e perché possano, in seguito, esercitare la autorità morale che rivestono, per ergersi come dighe di difesa e mettere in evidenza i punti di incontro e di coesione, lasciando a Dio Onnipotente il giudizio dei cuori.
9. Lo spirito di responsabilità deve prevalere in tutti i contesti arabi e internazionali, per limitare questo estremismo aggressore che fa del male alla strada percorsa tra Cristianesimo e Islam, sia nella regione che nel resto del mondo, e mettere fine alle sue conseguenze drammatiche. Se qualcuno, di nascosto, finanzia questi estremismi e spende denaro per diffondere la corruzione sulla terra, è necessario scoprire questi organismi perché ne rendano conto davanti all’opinione pubblica mondiale e agli operatori di bene di tutto il mondo. L’unico modo per fare ciò è che gli arabi e i musulmani ritrovino uno spirito di unità e scoprano i vantaggi della diversità che è una caratteristica del nostro Oriente. È altrettanto necessario accettarsi reciprocamente e vivere insieme sulle basi del rispetto, dell’uguaglianza e della cittadinanza, tra tutti e in tutti i paesi. Essendo dei cercatori di unità coi nostri fratelli musulmani, rivolgiamo a tutti il nostro appello dal fondo del cuore, alla ricerca di un futuro comune che ci unisca oggi e domani, come è stato ieri, e ci doni frutti abbondanti. Ci rivolgiamo anche alle autorità musulmane, sunnite e sciite, perché pronuncino delle “fatwa”ufficiali e chiare che interdicano gli attacchi ai cristiani, alle altre persone innocenti e ai loro beni.
Parimenti ci rivolgiamo ai parlamenti dei paesi arabi e musulmani perché emettano delle leggi che esortino a questa apertura e rigettino chiaramente tutte le forme di esclusione e di rigetto dell’altro, rendendo così le persone responsabili davanti alla legge per le loro violazioni. Ci volgiamo anche a tutte le Chiese sorelle del mondo, perché siano solidali con le nostre richieste e le nostre preghiere per proteggere il messaggio salvifico di Cristo in Medio Oriente, oggi rovinato da una ondata massiccia di persecuzioni.
VII. La solidarietà coi nostri figli e fratelli
10. Sulla base di questa fiducia e di questi principi, dichiariamo la nostra solidarietà più totale ai nostri fratelli esiliati dalle loro case e dalle loro terre. Faremo tutti gli sforzi possibili perché possano ritrovare il loro focolare con onore e dignità, in un clima di riconciliazione e di fraternità ritrovata tra tutti i popoli di tutte le nazioni dei loro paesi di origine. Così, troveranno l’unità del loro paese e con questa una vita degna per tutti.
Lanciamo un appello alla comunità internazionale perché non abbandoni le sue responsabilità di fronte alla dolorosa situazione politica, umana e sociale, subita dai popoli dell’Oriente, e perchè non declassi la causa del nostro popolo, ferito nella sua dignità, nei suoi diritti e nella sua stessa esistenza a un caso puramente umanitario che attira la compassione e la carità, assicurando la sistemazione agli esiliati fuori dalla loro terra e dalla cultura del paese di origine, che costituiscono uno dei tesori più preziosi. Chiediamo anche ai vari paesi di smetterla di trattare questa diversità culturale con la logica della minoranza, come se la presenza umana non fosse altro che un raggruppamento di individui, dimenticando il contributo che ciascuno può apportare secondo i talenti e le capacità che Dio Onnipotente gli ha donato.
Per questo vogliamo cercare tutti mezzi utili a perorare questa causa davanti a tutti i più alti organi internazionali, cominciando dalla Lega Araba fino al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e alla Corte penale internazionale delle Nazioni Unite, sperando che tutti siano alla altezza della responsabilità civica che a loro compete, e che si innalzino al di sopra degli angusti interessi politici che tentano coloro che li coltivano ogni volta che tradiscono la loro coscienza e i valori della giustizia e del diritto che derivano dalla volontà del cielo.
11. La cosa più urgente resta l’aiuto da dare ai nostri figli esuli e in grande difficoltà a causa di questi attacchi. Invitiamo le istituzioni internazionali e le organizzazioni a soccorrere i loro bisogni di base e ad assicurare il necessario per una vita decorosa, al fine di favorire la loro missione di restare nel paese dei nostri padri e dei nostri nonni. Potranno così, passato il pericolo, tornare nelle loro case e ritrovare la convivenza che vi conducono da secoli.
VIII. Le domande
12. alla fine di questo comunicato-appello, i Patriarchi delle Chiese Orientali dichiarano che:
 Innanzitutto: i cristiani dei paesi del Medio-Oriente patiscono una grave persecuzione. Sono espulsi dalle loro case e dai loro beni sequestrati dai fondamentalisti e “takfiri”(1) nel silenzio di tutto il mondo. Si tratta di una vergogna per l’umanità. Come se la nostra epoca tornasse a ciò che era prima di ogni legge e coesistenza umana.
Seconda cosa: gli elementi religiosi e i valori legati alla fede, o di natura umanitaria, culturale ed etica sono tutti minacciati, in modo molto pericoloso.
Terza cosa: l’estremismo terrorista e “takfiri” in nome della religione è una grave minaccia per la regione e per il mondo.
13. Ecco perché i Patriarchi esigono:
Primo: che tutti capi religiosi prendano posizione comune, chiara e forte contro questa persecuzione e questa minaccia.
Secondo: la Lega Araba, la Conferenza dei cooperazione islamica, il Consiglio di sicurezza dell’ONU, la Corte penale internazionale e la comunità internazionale agiscano immediatamente con una azione di soccorso efficace e forte.
Terzo: che tutti gli Stati e le parti che finanziano, direttamente o indirettamente, con denaro o armi, dei gruppi fondamentalisti, terroristi e “takfiri”, per fini politi o economici, cessino immediatamente questo finanziamento e questo sostegno.
14. I patriarchi esprimono il loro sostegno ai loro figli cristiani espulsi dalle loro case e dalle loro terre con la forza e il disprezzo, assicurano di essere con loro nella preghiera e che fanno di tutto perchè possano trovare un luogo sicuro, prima di tornare nelle loro case e proprietà coi loro diritti restituiti.
Chiedono anche ai figli delle loro chiese disseminate nei cinque continenti di essere solidali coi loro fratelli dei paesi di questo Oriente nella sofferenza, e di aiutarli materialmente, spiritualmente e moralmente, perché possano mantenere nel loro paese una speranza solida, perché possano proseguire con la loro missione, annunciando il Vangelo di fraternità giustizia e pace che il Cristo ha loro affidato. Lui, il Redentore dell’uomo e il Salvatore del mondo, ripete loro in questi momenti difficili: “Non temere piccolo gregge… Avrete tribolazioni nel mondo, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo”. (Lc 12,32; Giov 16,33).
Conclusione
15. Preghiamo insieme per il riposo delle anime di coloro che sono stati uccisi durante questi avvenimenti tragici, per la consolazione dei loro famigliari e per la guarigione dei feriti. Preghiamo anche perché regnino la sicurezza e la pace nel mondo e in particolare nei nostri cari paesi, supplicando Dio di ispirare i responsabili e gli uomini di buona volontà, perché contribuiscano a metter fine a questi tempi oscuri e ingiusti della nostra storia, e perché il nostro mondo tormentato ritrovi la vita e la stabilità.
(1) I takfiri (dal termine arabo   تكفيريripreso dal Takfir wal Hijra [arabo: تكفير والهجرة,] Anatema ed Esilio, sono un gruppo fondato nel 1971) si tratta di estremisti islamisti adepti di una ideologia violenta. Il termine “takfiri” significa letteralmente “scomunica”. I takfiris considerano i musulmani che non condividono il loro punto di vista come apostati, dunque oggetto legittimo dei loro attacchi.