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lunedì 24 dicembre 2012

...e pace in terra agli uomini di buona volontà! Chiamata alla riconciliazione dal Patriarca Gregorios

 
 

 Ave Maria in aramaico

 
 
 
Lettera di Sua Beatitudine Gregorios III, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme,

Per la festa della Natività di nostro Signore Gesù Cristo, Dio e Salvatore, 2012



 
Natale: chiamata alla riconciliazione
La Natività di nostro Signore Gesù Cristo, ritorna ancora una volta, in un clima di terrore, guerra, morte, abbandono delle case, emigrazione e  distruzione. Nonostante ciò, siamo determinati a cantare l'inno degli angeli nella notte di Natale , che ci chiama a glorificare il Creatore di tutti noi Dio: "pace sulla terra e buona volontà e gioia per tutti".
L’inno degli angeli nella notte di Natale è l'inno della riconciliazione tra Dio e gli uomini e le donne. La riconciliazione è il progetto di Dio per i suoi figli sulla terra. Nella notte di Natale, gli angeli hanno cantato questo inno, proclamando il contenuto del Vangelo: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà." (Lc 2, 14)
Questo inno contiene davvero le espressioni di base del messaggio di Gesù Cristo, è un Vangelo in breve - una sintesi utile che rivela a chiunque voglia meditare su di esso dimensioni splendide, vasti orizzonti, visioni e spazi di luce e di bellezza, che ci permette di sperare una società più giusta, fraterna, solidale, un futuro comunicativo per l'umanità, aprendo la strada per la convivenza, il dialogo, il rispetto, l'accettazione degli altri e della loro dignità; alla carità.
Questo è il vero futuro dell'umanità, in cui Dio stesso è la grande buona novella per tutte le persone, nella molteplicità delle loro tendenze, le denominazioni, i partiti e paesi. Tutti sono figli e figlie di Dio, amico degli uomini, che è venuto sulla terra e si è fatto carne ed è nato nel tempo, in un punto particolare della storia e della geografia, in una piccola grotta nella piccola città di Betlemme, perché Egli ha tanto amato il mondo affinchè tutti i figli e le figlie della terra abbiano la vita e possano averla in abbondanza. (Gv 10, 10) Questa è la festa della Natività, la nascita del Vangelo. Questo è il Natale, la nascita del Vangelo! E' un invito per la riconciliazione, come l'apostolo Paolo dice: "[Cristo] è la nostra pace, colui che ha fatto dei due uno, e ha abbattuto il muro di separazione tra noi, avendo abolito nella sua carne l'inimicizia ..." (Efesini 2 : 14), e quindi dandoci il ministero della riconciliazione.
 
Visita di Sua Santità  in Libano: chiamata alla riconciliazione
I discorsi del Papa durante la sua visita in Libano (14-16 settembre 2012) ed i discorsi e gli atteggiamenti dei leader civili e religiosi hanno allo stesso modo confermato e considerato valori, valori di fede, libanesi, arabi, cristiani, musulmani e semplicemente universali evangelici valori umani. Questi valori possono comporre gli elementi di una carta spirituale per una vera e propria Primavera Araba, proclamando la salvezza al culmine delle crisi, guerre, rivolte, difficoltà, morti,  distruzione,  sentimenti di inimicizia,  vendetta ed egoismo che riempiono il nostro mondo arabo di sangue e diffondono davanti ai nostri occhi una nube di tristezza, sofferenza e dolore per milioni di nostri figli di diverse religioni e confessioni nei nostri paesi Arabi. Ciò rappresenta un pericolo reale per i nostri paesi, che sono giustamente chiamati la culla delle religioni e delle culture e persino la regione descritta nella Bibbia come il luogo del Paradiso dove Adamo ed Eva vivevano prima della loro trasgressione ed espulsione. Questo pericolo è in realtà la principale causa dell'emigrazione cristiana nell’ attuale tragico stato delle cose che minaccia la loro presenza e la convivenza musulmano-cristiana.
Sua Santità ha espresso il suo dolore per la situazione nella "regione che sembra sopportare dolori interminabili ... Perché la loro vita è così travagliata? Dio ha scelto queste terre, credo, per essere un esempio, per testimoniare di fronte al mondo che ogni uomo e ogni donna ha la possibilità di realizzare concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione! "
Il Santo Padre ci ha ricordato i valori fondamentali del Vangelo: "Unità, d'altra parte, non è la stesso che uniformità ... [ma] il rispetto della dignità di ogni persona e la partecipazione responsabile di tutti ... L'energia necessaria per costruire e consolidare la pace esige pure che noi torniamo continuamente alle sorgenti della nostra umanità. ... Il nostro primo compito è quello di educare alla pace, al fine di costruire una cultura di pace ... la coesione sociale richiede il rispetto senza riserve per la dignità di ogni persona e la partecipazione responsabile di tutti nel contribuire al meglio dei loro talenti e capacità. ... L'efficacia del nostro impegno per la pace dipende dalla nostra comprensione della vita umana. Se vogliamo la pace, dobbiamo difendere la vita! Questo approccio ci porta a rifiutare non solo la guerra e il terrorismo, ma ogni attacco alla vita umana innocente, agli uomini e alle donne come creature volute da Dio ".
 
La via della riconciliazione è la via del Vangelo, l'ancora di salvezza
Vorrei rivolgermi ai miei concittadini nel mondo arabo, in particolare ai veri rivoluzionari, per dire loro che le loro giuste richieste sono anche dei cristiani, che le esprimono in maniera non violenta.
Non vogliamo essere manipolati da nessuno; nessuno ha il diritto di speculare su di noi, richiuderci in una fazione, armarci , o indurci ad adottare questo o quell’ atteggiamento. Noi siamo per richieste di riconciliazione e giustizia.  La logica del Vangelo, il metodo, i principi di comportamento, di spiritualità e di cultura, il pensiero evangelico di Gesù ispira la Chiesa in tutti i suoi atteggiamenti ed azioni.

Ho preso questo come punto di partenza nella mia condotta e ho intrapreso diverse iniziative per vivere il Vangelo nelle difficili condizioni che la regione sta vivendo. Ho fatto un tour europeo, visitando le capitali, ha partecipato a congressi, ha dato interviste, ha incontrato gli statisti arabi e non arabi cristiani e altri provenienti da vari paesi, anche alcuni che non condividevano il mio punto di vista.
Alla fine di tutto ciò, ho concluso che l'unico vero modo per uscire dalla crisi attuale del mondo arabo - in particolare in Siria, Libano, Egitto, Giordania, Palestina e così via - è la riconciliazione. Il 30 agosto 2012, avevo pubblicato un articolo intitolato "Per la Siria, la riconciliazione è l'unica possibilità di salvezza," e si è diffuso in tutto il mondo, presso cattolici e altri cristiani, i capi di stato arabi e gli altri,  istituzioni non governative (ONG ), parlamentari,  celebrità varie e così via.
In questo articolo ho descritto come la missione della Chiesa, fondata sul Vangelo, è un ministero di servizio della riconciliazione.
 

lunedì 10 dicembre 2012

"Non servono batterie di missili Nato ‘Patriots’, non servono arsenali chimici, non servono armi, per risolvere il conflitto in Siria, ma solo riconciliazione e dialogo”.

Un buio sempre più fitto

 
S.I.R. 8 dicembre 2012

“In Siria la situazione si è fatta gravissima. Ad Aleppo il quartiere abitato dai cristiani è più o meno tranquillo. Il centro di Damasco, quello dentro le mura dove sono anche le chiese, non corre un pericolo diretto. Si sentono tuttavia spari, bombe provenire dalla periferia della capitale. Intorno alla città almeno tre villaggi abitati un tempo da cristiani sono ormai disabitati. I nostri fedeli sono ormai tutti andati via, le parrocchie si sono svuotate. Questa è la situazione dalla quale non vediamo via di uscita e soluzione”.

Dal Libano, dove si trova per aver partecipato alla seconda Assemblea dei patriarchi e dei vescovi cattolici del Medio Oriente che si è conclusa il 5 dicembre, a parlare a Daniele Rocchi del Sir è il patriarca greco-melkita di Antiochia, Gregorios III Laham. Il leader religioso, di origine siriana, ricorda l’appello che i patriarchi e vescovi cattolici hanno lanciato al mondo, al termine del loro incontro in Libano, affinché si ponga “fine ai conflitti e alle violenze nella regione, in primis in Siria, ponendo in atto cammini di riconciliazione e di pace”. E “riconciliazione” è per Gregorios III, la chiave di volta che permetterebbe alla Siria di ricomporsi e ricostruirsi dal suo interno, a patto che “tutte le bande armate composte da stranieri, non da siriani, vicine ai terroristi, lascino il Paese al più presto. Non servono batterie di missili Nato ‘Patriots’, non servono arsenali chimici, non servono armi, per risolvere il conflitto in Siria, ma solo riconciliazione e dialogo”.

Patriarca, crede davvero che i siriani abbiano le possibilità e le capacità di risolvere da soli la loro crisi, con il dialogo e la riconciliazione?
 “Certamente, ma è necessario che le bande armate straniere presenti oggi sul territorio siriano, lascino il Paese. È di questi giorni l’accusa lanciata da Francia e Usa a gruppi radicali terroristici attivi nel conflitto siriano. Si tratta di una presa di coscienza importante che denota un cambiamento nella politica di questi due Paesi. Sono molte le bande armate terroristiche che combattono in Siria, gente piene di odio. Non ce l’ho con l’Islam e nemmeno con il fondamentalismo islamico, ma con questi gruppi animati solo da violenza e odio. Sono loro che fanno del male alla Siria e ne impediscono la riconciliazione. La mia Lettera per il prossimo Natale è tutta sulla riconciliazione. Ricordo le parole di Benedetto XVI sulla Siria che invocano la riconciliazione ed il dialogo”.

Una eventuale richiesta di asilo politico all’estero, si parla di America latina, Ecuador, del presidente Assad, potrebbe favorire questa riconciliazione?
“Non saprei dire. Certamente è un tema che riguarda maggiormente la politica. Europa ed Usa facciano sentire la loro voce, unica, a favore della pace. Credo che la strada da perseguire sia quella del dialogo, l’alternativa è un futuro buio segnato dalle armi”.

A proposito di armi, crede che il regime di Assad possa davvero usare armi chimiche contro l’esercito dell’opposizione e contro il suo stesso popolo?
“Non credo. Il Governo ha detto con chiarezza che non userà armi chimiche e voglio crederci. D’altra parte ogni attacco da parte dell’esercito di Assad è stato una risposta ad attacchi portati dall’esercito dell’Opposizione armata. Mai l’esercito regolare ha attaccato, senza esserlo stato prima, e nemmeno i civili. Con ciò non voglio dire che non amo l’opposizione. Sono un cristiano che ama la verità ed il suo Paese e credo che solo il dialogo e la verità possono salvarlo. Nell’Opposizione ci sono molti che non sanno che cosa fanno perché non sono siriani ed ignorano la lunga tradizione di convivenza che anima il nostro popolo e vogliono spazzarla via”.

Come giudica la decisione della Nato di istallare batterie di missili patriot sul confine turco-siriano?
“Ogni escalation di violenza e di uso delle armi è una sconfitta per tutti. La Siria non ha bisogno di armi. I Paesi stranieri smettano di far arrivare armi nel Paese. Dove pensano di portarci con tutte queste armi. Vogliamo un Medio Oriente senza armi. Siamo solo vittime di questa escalation di morte e di violenza”.

Dall’inizio del conflitto i morti sono 42 mila, mentre centinaia di migliaia i profughi e gli sfollati. Cosa si sta facendo per alleviare le loro sofferenze?
“Come Patriarcato e chiese locali abbiamo promosso dei Comitati di aiuto. Assistiamo oltre 1500 famiglie grazie a dei fondi raccolti. Si tratta di un aiuto parziale poiché i bisogni sono notevoli e da soli non riusciamo. Ringraziamo ancora Benedetto XVI per gli aiuti concreti e spirituali che ci ha fatto pervenire in più di una occasione. L’aiuto materiale non basta servono anche preghiere e vicinanza spirituale. Per questo Natale chiediamo a tutti i cristiani di pregare per la Siria”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=251825&rifi=guest&rifp=guest

lunedì 19 novembre 2012

PAROLE PROFETICHE: Alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate.

RIPROPONIAMO IL POST PUBBLICATO IL 21 OTTOBRE SU QUESTO BLOG, PER LA SUA ATTUALITA'

I cristiani davanti ai conflitti del Medio Oriente
 
Roma (Agenzia Fides)18/10/2012  - Le rivendicazioni dei popoli arabi per ottenere riforme costituzionali, economiche e sociali sono giuste e legittime, ma non lo è affatto la pretesa di imporre tali cambiamenti “dall'esterno e attraverso la forza”, come la scelta di scatenare “la violenza e la guerra” in nome di tali obiettivi. E' questo uno dei criteri di discernimento emersi durante una riunione di Patriarchi, Cardinali e Vescovi svoltasi in margine ai lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione in corso in Vaticano.
  L'incontro – al quale hanno partecipato, tra gli altri, i Cardinali Timothy Dolan, Leonardo Sandri, Louis Tauran e Pèter Erdo, insieme al Patriarca greco-melchita Grégoire III Laham – si è svolto lunedì 15 ottobre presso il Pontificio Collegio Maronita, su invito del Patriarca della Chiesa maronita Béchara Boutros El Raï, e ha fornito l'occasione di un confronto sul ruolo dei cristiani in Libano e in Medio Oriente nell'attuale, delicata congiuntura storico-politica.
Dalla sintesi della riunione, pervenuta all’Agenzia Fides, emerge che rispetto alla crisi siriana i padri sinodali presenti alla riunione hanno concordemente auspicato che una soluzione del conflitto e la realizzazione delle riforme siano raggiunte “attraverso il dialogo e il negoziato politico e diplomatico”. I presenti hanno anche ribadito che, alla base delle tensioni e delle divisioni in Medio Oriente, c'è “il conflitto israelo-palestinese e il conflitto arabo-israeliano”, rispetto ai quali la comunità internazionale è chiamata a favorire l'applicazione delle risoluzioni internazionalmente legittimate.
I Patriarchi, i Cardinali e i Vescovi riuniti al Pontificio Collegio Maronita hanno anche condiviso il rammarico per la politica di alcune potenze dell'area mediorientale e occidentale che “sfruttano le proteste popolari e le loro rivendicazioni per seminare il caos e promuovere i conflitti interni e settari”, preoccupate solo di incrementare il traffico d'armi e affermare i propri interessi strategici. Tutti hanno concordato che in questa fase storica la road map per i cristiani del Medio Oriente è rappresentata dalle parole pronunciate da Benedetto XVI nel corso della sua recente visita apostolica in Libano. L'invito rivolto a tutti i cristiani dell'area mediorientale è quello di “perseverare nella loro testimonianza unica di convivenza islamo-cristiana”, anche resistendo ai conflitti religiosi e culturali che vengono fomentati per miope interesse politico “da alcune potenze regionali e internazionali”. 
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40104&lan=ita


DAL  SALUTO DI GREGORIOS III AL SANTO PADRE DURANTE LA CONSEGNA DELL'ESORTAZIONE POST-SINODALE, il 14 settembre 2012

".....Inoltre, la soluzione del conflitto israelo-palestinese arabo è la garanzia per risolvere i problemi più complessi del mondo arabo e una garanzia anche per rallentare l'emigrazione dei cristiani e di rafforzare la loro presenza in Oriente, che è la culla del cristianesimo, e consentendo loro di continuare il loro ruolo storico e la missione, fianco a fianco e mano nella mano con musulmani e altri concittadini, "che essi abbiano la vita, e che l'abbiano in abbondanza -" (cfr. Gv 10, 10) , una società più libera, più dignitosa, vita aperta, sviluppata e fiorente......   Il riconoscimento dello Stato palestinese è il bene più prezioso che può essere acquisito dal mondo arabo in tutte le sue denominazioni cristiane e musulmane. Essa garantirà la realizzazione degli orientamenti dell'esortazione post-sinodale, per la quale esprimiamo la nostra più viva gratitudine. Potrebbe preparare la strada ad una vera e propria primavera araba, la democrazia reale e una rivoluzione in grado di cambiare il volto del mondo arabo e dare la pace in Terra Santa, nel Medio Oriente e nel mondo."
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Address-to-the-Pope-on-the-Feast-of-the-Elevation-of-the-Cross-2012


IL VOLTO FEMMINILE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE: Jocelyne Khoueiry al Sinodo

domenica 21 ottobre 2012

Gregorios III Laham, patriarca di Damasco: incontro a Roma su “Musalaha. I cristiani siriani e il ministero della riconciliazione”

 
Chiesa che è nell'Islam
S.I.R. Domenica 21 Ottobre 2012
Esplosione nel quartiere cristiano di Damasco Bab Touma il 21 ottobre 2012
“Quando sento dire che dobbiamo introdurre la democrazia in Siria, io rispondo che non ce n’è bisogno”. Sua beatitudine Gregorios III Laham, patriarca di Damasco, ha aperto così, ieri pomeriggio a Roma nell’aula Pio XI del Palazzo San Calisto, l’incontro su “Musalaha. I cristiani siriani e il ministero della riconciliazione” organizzato dalla fondazione di diritto pontificio “Aiuto alla Chiesa che soffre”.
Dove tutti sono uguali. Secondo le statistiche, in Siria, finora, “sono state 30mila le vittime della più grande guerra in termini di bugia e ipocrisia”, ha detto il patriarca che guida 350mila fedeli. Nel panorama del mondo arabo, “la Siria è il Paese meno povero, benché senza petrolio, con meno analfabetismo”, e basti pensare che nel “civile” Egitto a non saper leggere e scrivere è il 50% della popolazione, “gli ospedali e l’insegnamento nelle scuole sono gratuiti, il commercio è libero, la donna pure, e partecipa alla vita politica, sociale, religiosa ed economica. Dal 2012, con la crisi, sono nati dodici partiti, abbiamo una nuova costituzione, un business bancario, l’economia è molto sviluppata. Quello siriano è uno stato socialista laico credente, migliore di molti stati europei che non vogliono riconoscere le loro radici cristiane. La Siria è un Paese in cui tutti sono uguali, musulmani, cristiani. È l’unico stato musulmano senza religione di stato, e il primo ministro è pure un cristiano”.

Una via “altra”. Quanto al ministero della riconciliazione (“musalaha”), “è un segnale di apertura in questa Siria così maltrattata”, sottolinea il patriarca di Damasco: “La crisi della Siria è frutto della divisione del mondo arabo, che principalmente ha bisogno di riconciliazione. Noi siamo la Chiesa incarnata nel mondo arabo. Siamo la Chiesa degli arabi - ha proseguito - ed essendo questi a maggioranza musulmani, siamo di conseguenza la Chiesa dei musulmani. La Chiesa è nell’islam, con l’islam e per l’islam. Gran parte della cultura cristiana è musulmana e viceversa. Purtroppo la stampa dice che solo i cristiani hanno privilegi ma non è vero: tutti, senza discriminazioni, in Siria hanno pari diritti e doveri”. Allo stato attuale, però, “c’è bisogno di tempo: la rivoluzione ha bisogno di evoluzione, sennò diventa distruzione. Il Paese è preparato, ha una storia e una tradizione, ha un patrimonio. Quanto a noi cristiani, non siamo migliori di altri, siamo qualcos’altro, cerchiamo un’altra via, e la riconciliazione per me è questo ‘something else’, qualcos’altro. Non abbiate paura, dico ai miei fedeli, di essere gregge, sale e lievito della società”.

Una parte del problema. All’incontro è intervenuta anche madre Agnès-Mariam de La Croix, coordinatrice del gruppo di supporto internazionale al movimento “Musalaha”: “Lavoriamo per il popolo siriano nella sofferenza terribile per questa guerra che nessuna stampa ha sottolineato e per le pressioni dei grandi interessi internazionali. Questo popolo un anno fa, in un grande incontro con mille rappresentanti associativi, ha fatto il patto di non prendere le armi uno contro l’altro. Il patto del popolo siriano non è politico, ma nazionale, per questo è nata la Musalaha”. A fianco del movimento nato dal basso si colloca il “gruppo internazionale di supporto al Musalaha in Siria, con sede a Sidney e uffici in Francia, Italia, Inghilterra e Irlanda. Tra le attività, relazioni e negoziazioni con organizzazioni non governative e legislatori, deputati, senatori. L’intera comunità internazionale, così come l’Unione europea, vuole una soluzione pacifica al conflitto in Siria. E molte persone pregano perché si fermi la violenza, che non è la soluzione, ma una parte del problema”.

Edificare ponti. “Vengo da una famiglia ortodossa, ma il Signore mi ha chiamato ad essere francescano”, ha raccontato padre Ibrahim Alsabagh, siriano. “A Damasco nello stesso edificio vivono famiglie di tutte le religioni, quand’ero alle elementari avevo amici ebrei e tanta gente, anche oggi, quando passa un religioso, di qualunque tipo egli sia, si alza in piedi in segno di rispetto. Quando sono andato a studiare all’università ebraica Gerusalemme avevo paura, ma giravo con l’abito: noi abbiamo un’identità cristiana, il Signore ci spinge ad esternarla, non possiamo rimanere entro noi stessi, esistere o vivere in qualche posto senza edificare ponti con la gente con cui viviamo”. Secondo padre Ibrahim “la gente ha capito che il fondo della riconciliazione è il ritorno in sé, come ha fatto il figliol prodigo. È una lettura teologica, spiega veramente quella che può essere la riconciliazione. La nostra presenza è molto importante ma anche molto minacciata. Senza questa presenza, chi dovrà edificare ponti?”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=248563&rifi=guest&rifp=guest

La Chiesa in Siria, «nell’islam, con l’islam e per l’islam»
Il patriarca di Antiochia Gregorios III Laham racconta l'esperienza del movimento "Musalaha" (riconciliazione) nell'unica nazione «laica» tra gli stati arabi. Svelando la bugia di una guerra «falsamente civile»
da RomaSette.it - di Elisa Storace

“Musalaha” in arabo vuol dire “riconciliazione”. In Italia questo termine suona familiare solo a pochi addetti ai lavori, ma in Siria in questo momento è molto conosciuto ed è sinonimo di speranza. È infatti il nome di un movimento interreligioso di iniziativa popolare, nato spontaneamente qualche mese fa per dire no alla guerra civile che insanguina il Paese. Un movimento formato da musulmani e cristiani, laici e religiosi, uomini e donne. Un gruppo eterogeneo, unito da un desiderio di pace che, ormai da mesi, rappresenta l’unica aspirazione della maggioranza silenziosa del popolo siriano.
Leggi su:
http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=9154

mercoledì 17 ottobre 2012

«Solo la riconciliazione può arginare il caos»: l'intervista a Gregorio III Laham, patriarca della Chiesa greco­melchita- cattolica e a mons. Jean-Clement Jeanbart

«Non si può andare avanti così. Con le armi non si arriva ad alcuna soluzione E l’opposizione è divisa» 
 
AVVENIRE martedì 17 ottobre 2012 - di Lucia Capuzzi
 

Civili massacrati mentre fanno la fila per la distribuzione del pane. Medici arrestati insie­me ai figli dal regime mentre curano i feriti. Famiglie utilizzate come scu­di umani dai ribelli nei centri citta­dini. Decine e decine di vittime. E profughi: un fiume umano in fuga da morte e orrori che si fa sempre più numeroso. È sufficiente leggere le no­tizie giunte dalla Siria solo negli ulti­mi tre giorni per restare quantome­no senza parole. «La violenza si è fat­ta inaudita. Basta pensare che nel 2011, la stampa locale parlava di 5mi­la morti. Da febbraio ad ora sareb­bero il quintuplo», dice il patriarca della Chiesa greco-melchita- cattolica in Siria, Gregorio III Laham, in questi giorni in Italia per il Sinodo e impegnato in una serie di iniziati­ve col sostegno della Rete No War. Il Patriarca vuole lanciare un appello al mondo perché «fermi il massacro». Non, però, con un intervento milita­re o con forniture d’armi a una delle fazioni in lotta, ma attraverso la pro­mozione del dialogo. Quello che da mesi ormai fa il movimento Mussa­laha, nato all’interno della società ci­vile siriana e sostenuto da rappre­sentanti delle differenti confessioni religiose. Iniziativa popolare che, fin dall’inizio, Gregorio III appoggia e promuove.
È possibile costruire la pace in Siria?

Una cosa è certa: non è possibile an­dare avanti così. Abbiamo visto che
con le armi non arriviamo a niente. È giunto il momento di trovare un’al­tra strategia. Mussalaha funziona: lo abbiamo visto a livello locale. Attra­verso il dialogo e la riconciliazione si riescono a ricomporre i conflitti nei villaggi. Sarebbe ora di ripro­porre la medesima strategia a livel­lo nazionale.
L’escalation di violenza si fa di gior­no in giorno più feroce...

Spesso, media e analisti parlano di guerra civile siriana. Nel mio Paese, in realtà, non c’è un conflitto, c’è il caos. Perché non ci sono due parti in lotta, ma una serie di gruppi con interessi diversi e spesso contrappo­sti. L’opposizione non è movimento unico. Ai dissidenti si uniscono spes­so bande armate che approfittano
della situazione confusa per regola­re vecchi conti, saccheggiare villaggi, attuare vendette. A farne le spese so­no i civili, intrappolati nei combatti­menti. I cristiani, che sono le vittime più fragili in quanto minoranza, stan­no affrontando indicibili sofferenze.
Può fare qualche esempio?

Una degli ultimi casi è avvenuto a in un sobborgo di Damasco. Gruppi ar­mati si sono presentati e hanno inti­mato alla popolazione – quasi tutta cristiana – il pagamento di 25mila dollari al mese. Una cifra enorme per chi sta perdendo tutto a causa degli scontri.

Che cosa sta facendo la Chiesa per assistere la popolazione?

La Chiesa cerca di stare il più possi­bile accanto alla gente. A tutti, cri­stiani e musulmani, ribelli e filo-go­vernativi. La Chiesa non propende per nessuna parte politica ma cerca di difendere la popolazione dagli a­busi. Per questo, pur con pochi mez­zi, distribuiamo cibo e aiuti, acco­gliamo gli sfollati interni, che sono tantissimi. E promuoviamo il dialo­go. Con la violenza non si mette fine alla violenza. Noi siriani dobbiamo spezzare questo circolo vizioso.

AVVENIRE © RIPRODUZIONE RISERVATA


Il soffio della speranza

Mons. Jeanbart (Aleppo) sulla visita della delegazione inviata da Benedetto XVI

SIR 17 ottobre 2012

 Su questa notizia Daniele Rocchi, per il Sir, ha raccolto le dichiarazioni di mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, città martire al centro, da settimane, di intensi scontri tra forze governative e di opposizione. Solo 5 giorni fa bombardamenti e razzi delle forze armate dell’opposizione e dei ribelli hanno provocato danni all’arcivescovado e il ferimento grave di un sacerdote, trasferito in Libano per le cure necessarie. Mentre l’arcivescovo parla al telefono, si sentono nitidamente i colpi e le deflagrazioni degli scontri.

Eccellenza, che significato assume l’arrivo di una delegazione apostolica di alto profilo in Siria, in questo momento?“Si tratta di una bellissima notizia che ci procura gioia e consolazione. Ma il suo significato non è solo pastorale ma anche sociale e politico. I componenti della delegazione, infatti, potranno rendersi conto di quanto veramente sta accadendo in Siria e che i media non riportano sempre correttamente. Le forze armate del Governo si sono macchiate certamente di abusi, violenze e di comportamenti dittatoriali, non tanto quanto i ribelli e i terroristi appartenenti a movimenti fondamentalisti. Sono più numerosi i combattenti stranieri che quelli siriani dell’esercito siriano libero. Sono centinaia i gruppi combattenti mercenari arrivati dall’estero”.

Può essere un’occasione utile anche per portare avanti una “missione di pace”?
“È quello che tutti speriamo. L’auspicio è che la delegazione del Papa, di alto profilo visti i nomi che la compongono, possa incoraggiare governo e opposizione ad accettare il dialogo arrivando anche a un compromesso. Sarebbe importante per porre fine alle violenze. Solo cinque giorni fa il nostro arcivescovado è stato bombardato dai ribelli con razzi katiuscia. Io e il mio vicario generale ci siamo salvati per miracolo, mentre un mio sacerdote è rimasto gravemente ferito e ora si trova in Libano per le cure del caso. La paura cresce ogni giorno di più. Non credo sia questo il modo di liberare un Paese, per me è terrorismo”.

Qualcosa però sembra muoversi: il governo siriano sarebbe pronto a valutare l’eventualità di una tregua militare per la festa del sacrificio, che inizia il 26 ottobre. Cosa ne pensa?
“Una cosa molto importante, purché non sia l’occasione per l’opposizione di riorganizzarsi e armarsi. L’intenzione del governo di valutare un simile atto è positiva. Spero si faccia. La situazione è delicata, mi auguro che l’opposizione possa rendersi conto di questo e trovare un accordo”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v3_s2doc_a.a_autentication?target=3&tema=Anticipazioni&oggetto=248361&rifi=guest&rifp=guest

mercoledì 10 ottobre 2012

In luoghi abbandonati noi costruiremo con mattoni nuovi...

In luoghi abbandonati
Noi costruiremo con mattoni nuovi.
Vi sono mani e macchine
E argilla per nuovi mattoni
E calce per nuova calcina.
Dove i mattoni son caduti
Costruiremo con pietra nuova,
Dove le travi son marcite
Costruiremo con nuovo legname,
Dove parole non son pronunciate
Costruiremo con nuovo linguaggio.
C'è un lavoro comune,
Una Chiesa per tutti,
E un compito per ciascuno:
Ognuno al suo lavoro.

da: Cori da "la rocca" di T.S. Eliot


Lettera da Aleppo del 3 ottobre 2012
(lettera n° 5)
Oramai da 10 settimane è iniziata la guerra in Aleppo E' stata chiamata "la battaglia decisiva ": quale dei due campi la vincerà, regnerà  sulla Siria. Decisiva, di fatto lo è: per l’ampiezza di distruzione, incendi, tragedie umane, gli innocenti morti e il numero degli sfollati; e non è finita, a quanto pare i diversi "attori"  hanno optato per il deterioramento della situazione, il che porterà ancora più distruzione e morte. Nonostante i feroci combattimenti, bombardamenti, tiri di mortaio, autobombe e attacchi lampo dei ribelli, la situazione sul terreno non è cambiata, Aleppo è sempre tagliata in due con una linea del fronte che ha piccole modifiche ogni giorno.

Il quartiere di Jabal Al Saydé dove si trovano le 4 scuole rifugio degli sfollati di cui ci prendiamo cura  era il più sicuro, in quanto situato nella zona più a nord di Aleppo (le battaglie hanno luogo principalmente nella parte orientale e nelle zone a sud della città). Ma la scorsa settimana, due eventi hanno scosso il quartiere: Venerdì 28 settembre i ribelli hanno fatto un’incursione di poche ore, subito respinto dall'esercito regolare, ma lasciando  diversi morti sul campo e i rifugiati molto preoccupati. E Domenica 30 settembre diversi colpi di mortaio sono caduti a pochi metri dalle scuole facendo molto danni e per fortuna nessuna vittima. Alcune famiglie sfollate sono fuggite in altri posti più tranquilli (per alcuni, era il terzo o quarto spostamento) e sono stati rapidamente sostituiti nelle scuole dai nuovi arrivati. E molte famiglie cristiane che vivono nella zona sono fuggite dalle loro case e sono venute a rifugiarsi nel convento dei Fratelli Maristi.

Il nostro gruppo "I Maristi Blu" continua (va detto in tutta umiltà, con grande coraggio e cuore impavido) a sostenere le 1200 persone sfollate alloggiate nelle quattro scuole di Jabal Al Saydé fornendo prodotti alimentari, cibo per sopravvivere (compreso il latte per neonati e bambini) e i prodotti di igiene (pannolini, sapone ..); offrono cura per le malattie acute che colpiscono i senza tetto o a quei malati che hanno patologie croniche (diabete, ipertensione ...) ; si occupano dei bambini e danno accompagnamento alle madri.
Di recente, abbiamo iniziato un nuovo progetto per gli sfollati: "VOGLIO IMPARARE" , Padre Georges Sabe lo ha ben presentato sulla pagina Facebook del Maristi- Aleppo:
"Voglio imparare, mi piace imparare! Abbiamo ascoltato con i nostri cuori! Piccoli e  grandi, ci hanno chiesto una matita, un quaderno per scrivere, per imparare! Cinque volte cinque! Come scrivere uno, due, tre, quattro, cinque? Dare un'occhiata a ciò che scrivo, sono le parole della speranza, parole d'amore, parole di ringraziamento, parole di fiducia e di fede.
Ho il mio essere grazie ai vostri occhi, i vostri occhi teneri, amorosi. Per tutti loro: adulti e bambini, stiamo lanciando il nostro nuovo progetto: IO VOGLIO IMPARARE. Le loro scuole non hanno aperto le loro porte, noi offriamo i nostri cuori, in modo che essi vi possano scrivere di propria mano una nuova pagina della loro vita, una vita che supererà l'odio e la violenza, una vita, un canto d'amore che non avrà mai fine! “
Tutto quello che facciamo non sarebbe stato possibile senza il generoso sostegno di benefattori dall'estero,  solidali con l'invio dei doni, in particolare attraverso  Françoise Parmentier. A lei e a tutti voi vogliamo dire un grande grazie. Vogliamo fare in modo che tutte le donazioni  ci giungano immediatamente e siano pienamente gestite attraverso il conto bancario dei Fratelli Maristi del Libano. Con i soldi a nostra disposizione, abbiamo comprato sul posto  tutto quanto è necessario e non spendiamo una lira per costi amministrativi o di funzionamento. Tutto ciò che viene prelevato va ai beneficiari. Il nostro lavoro si basa su un volontariato totale. Come pure i prodotti distribuiti, li troviamo in loco; non tutto è disponibile per tutto il tempo, ma i commercianti trovano il modo per accedere a volte ai loro magazzini situati in aree pericolose con il pagamento di un "riscatto", o di portare i prodotti da altre città siriane pagando "diritti di passaggio" ai ribelli, che in caso contrario, se ne  approprierebbero.
In conclusione, vorremmo condividere con voi che un’ amica svizzera ci ha inviato e che ella ha sentito Domenica scorsa su “ la cultura Francia”:
"Nella parte più profonda della vostra vita, il Signore depositi speranza. Nel palmo delle vostre mani, il Signore depositi il suo amore. In fondo ai vostri occhi, il Signore depositi la sua luce. Nel fondo del vostro cuore il Signore depositi la sua pace. "
PS  Alcuni si sono chiesti perché le lettere non sono state firmate. Questa volta lo sarà:
 
Il Sinodo prega per la Siria
da L'Osservatore Romano , 10 ottobre
«Preoccupati per la tragica situazione in cui versa il popolo siriano — ha detto l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale, in apertura dei lavori della terza congregazione generale questa mattina, martedì 9 ottobre, alla presenza di Benedetto XVI — il Papa e i padri sinodali assicurano la loro vicinanza alla gente di questa terra martoriata, scossa da tanta violenza. Assicurano altresì la loro costante preghiera per le vittime di tanta barbarie, che sono soprattutto persone povere e bambini. Chiedono al Signore che guerra e violenze possano presto finire e che si trovi finalmente una giusta soluzione».

Il Patriarca Gregorio III: “L’Anno della Fede sia l’Anno della Riconciliazione”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “L’Anno della fede sia per la Siria l’Anno della riconciliazione: è la speranza dei cristiani e di tutto il popolo siriano”: lo dichiara in un colloquio con l’Agenzia Fides, alla vigilia dell’apertura dell’Anno della Fede, il Patriarca melkita di Damasco, Gregorio III Laham, giunto in Vaticano per partecipare al Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione.
“Noi cristiani in Medio Oriente – spiega Gregorio III, Pastore della comunità greco-cattolica che in Siria conta oltre 500mila fedeli – ci sentiamo parte integrante del mondo arabo e in questo momento di difficoltà, di problemi, di paura, abbiamo maggiore bisogno di rafforzare la nostra fede, per essere portatori del Vangelo. La presentazione dei valori della fede, fatta nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Medio Oriente, è molto importante: sta a noi fare nostro questo patrimonio – fatto di libertà religiosa, convivenza, cittadinanza, diritti, solidarietà, amore – per farne un programma ad extra. I cristiani hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale in tutto il Medio Oriente per la cultura, l’arte, l’educazione e il lavoro sociale, e intendono continuare a essere lievito nella società”.
Diretta espressione della fede è, per il Patriarca, la proposta della riconciliazione in Siria: “La riconciliazione – ammonisce – è l’unica via possibile: altrimenti la Siria va incontro alla morte. Nel conflitto che prosegue in Siria, trionfa il caos e non vi sono risposte adeguate. Nessuno ne ha, né il governo, né l’opposizione, né la comunità internazionale. Siamo nel buio e, in questa situazione, la fede è la risposta e la riconciliazione è la nostra proposta”.
In tale stato di impasse politico, il Patriarca appoggia la proposta di una “nuova iniziativa diplomatica per mettere in pratica gli appelli del Papa”, lanciata ieri, attraverso l’Agenzia Fides, da Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, Metropolita siro-ortodosso di Aleppo. “Ben venga ogni iniziativa che promuove la riconciliazione: la parola riconciliazione – nota Gregorio III – è stata una costante, è sempre stata presente in ogni pur piccolo intervento del Santo Padre nel suo ultimo viaggio in Libano. La riconciliazione è la salvezza della Siria e dell’avvenire dei cristiani che, come dice San Paolo, si fanno ‘tutto per tutti’. La Chiesa non è pro o contro il regime, ma è una comunità che vuole dare una testimonianza di amore e che vuole salvare la Siria”.
Il Patriarca melkita riferisce, infine, una sua peculiare iniziativa: “Ho chiesto al Presidente del Libano, Michel Suleiman, di mandare i discorsi del Santo Padre, del recente viaggio libanese, ai leader di tutto il mondo arabo come messaggio di pace e convivenza che dal Libano si irradia in tutto il Medio Oriente. Questa è la risposta alle rivoluzioni arabe. E il Presidente ha accolto con favore questa mia proposta”. (PA) (Agenzia Fides 9/10/2012
 
da Radio Vaticana , 9 ottobre 2012


Il pensiero dei padri sinodali, dunque, oggi è andato alle vittime del conflitto in Siria. Presente ai lavori in Vaticano il Patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorio III Laham.
Paolo Ondarza lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – Ringraziamo mons. Eterovic, segretario generale del Sinodo, che oggi ha ricordato la Siria. Io vorrei approfittare di questa situazione, in cui ho la possibilità di incontrare un così gran numero di persone provenienti da tutti i continenti, per far presente la situazione in questo tempo così tragico in Siria. La crisi siriana non riguarda solo la Siria, ma tutto il Medio Oriente e in particolare cinque Paesi, le cui vicende sono legate tra loro: Siria, Libano, Giordania, Palestina e Israele. In questi cinque paesi si può vivere liberamente la fede e i problemi di questi cinque Paesi, limitrofi ad Israele, e quindi più a contatto con il conflitto israelo-palestinese, sono molto importanti per l’equilibrio di tutto il Medio Oriente. Alla vita di questi Paesi è legata la pacifica convivenza tra islam e cristianesimo in Medio Oriente e la presenza stessa dell’islam in Europa. Tutto questo è legato.

D. – Quale il ruolo della Chiesa in Siria per la risoluzione del conflitto?

R. – Noi, come Chiesa, vogliamo tentare di presentare una via: come possiamo aiutare a superare questa crisi in modo equilibrato. Non vogliamo andare contro o a favore riguardo al governo: noi bypassiamo tutto questo! Noi vogliamo salvare il valore della Siria come realtà storica, unica. Non dimentichiamo che Gesù è nato in Palestina, il cristianesimo è nato in Siria: per questo voglio approfittare del Sinodo per levare la voce e parlare a quanti più possibili vescovi e cardinali provenienti da tutti i continenti per far presente loro questa missione della Chiesa in Siria, questo ruolo della Chiesa in Siria. Io ho presentato un documento dal titolo “Riconciliazione, l’unica via per l’avvenire e per risolvere la crisi della Siria e del Medio Oriente”. Se noi aiuteremo la riconciliazione in Siria, aiuteremo anche l’Occidente a dialogare con l’Islam.

D. – La testimonianza cristiana è, dunque, di aiuto per un cammino di riconciliazione?

R. – Per me, questo è molto importante. Credo che per l’avvenire della Chiesa, qualsiasi sia il governo che verrà, qualsiasi direzione ci sarà, la missione del credente è riconciliare e unire: questa sarà la salvezza della Chiesa e del suo ruolo e della sua missione in Medio Oriente.

D. – Anche oggi arrivano notizie di sangue e di guerra dalla Siria: l’ennesimo attentato kamikaze in una sede dell’intelligence a Damasco…

R. – Di nuovo, chiediamo all’Europa di incontrarsi con i Paesi arabi per cercare di comprendere come poter uscire da questa situazione. Il problema più grande è che nessun Paese ha una risposta alla situazione attuale. Perciò, dico che c’è bisogno di una solidarietà del mondo arabo e del mondo europeo per cercare una via d’uscita. Poi, chiediamo di pregare per la Siria: io credo molto alla forza della preghiera.
http://it.radiovaticana.va/articolo.asp?c=628292

giovedì 13 settembre 2012

Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione

Patriarca Rai: Il Papa chiede la pace per la Siria.
Il film anti-Islam offende tutti noi.
 
Asia News 13/09/2012
Il capo della Chiesa maronita spiega che Benedetto XVI viene come testimone di pace per il Medio oriente e domanda a Stati, parti interessate e mercenari di fermare il commercio e l'uso delle armi. Cristiani e musulmani insieme per una reale Primavera araba. Il film che denigra Maometto è un'offesa per tutte le religioni.
Bkerke (AsiaNews) - Durante la sua visita in Libano, Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione. È quanto affermato dal patriarca Bechara Rai, in una conferenza stampa tenuta stamane. Il capo della Chiesa maronita ha anche definito "vergognoso" il film anti-islam che ha provocato manifestazioni, violenze e morti in Libia. "Questo film - ha aggiunto - ci offende tutti".

Il viaggio che il papa sta per compiere dal 14 al 16 settembre vuole "fermare la spirale di violenza e di odio in Siria", ha spiegato il patriarca, ma anche chiedere "che coloro che vendono armi all'uno o all'altro gruppo" si fermino. Iniziate come un prolungamento della Primavera araba, le tensioni in Siria sono giunte a una vera e propria guerra civile, che ha causato la morte di decine di migliaia di persone. Governi occidentali, insieme ad Arabia saudita e Qatar sostengono i ribelli, con denaro e armi. La Siria, la Cina e l'Iran sostengono invece Bachar Assad e il suo governo.

"La guerra - ha precisato Rai - non è combattuta in nome dell'islam o del cristianesimo, ma da Stati, da parti interessate, da mercenari".

"Cristiani e musulmani - ha poi proseguito - devono unirsi attorno ad alcuni valori per gettare le fondamenta di una reale Primavera araba". Il papa viene in Libano per firmare e diffondere l'Esortazione apostolica seguita al Sinodo sul Medio oriente, celebrato a Roma nell'ottobre 2010, in cui si sono discussi molti aspetti e valori presenti nei movimenti che stanno cambiando il mondo arabo. "La visita del papa - ha aggiunto il patriarca - è un appello alla pace in Medio oriente, alla separazione della religione dallo Stato, all'accettazione dell'altro e della diversità nell'unità".
http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-Rai:-Il-Papa-chiede-la-pace-per-la-Siria.-Il-film-anti-Islam-offende-tutti-noi-25809.html



Gregorio III Laham

"Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e a intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo."


P A T R I A R C A T O
GRECO – MELKITA- CATTOLICO
Aïn Traz, 30/8/2012

Ai nostri figli e figlie in Siria e ai figli e figlie della Chiesa nel mondo

A tutti gli uomini di buona volontà

 Per la Siria, la riconciliazione è l’unica  ancora di salvezza

“Venite dobbiamo avere una parola in comune”
(Sura Al Omran, 64)
“Beati gli operatori di Pace”
(San Matteo 5,9)

Introduzione

I nostri occhi e i nostri cuori versano lacrime oggi perché il linguaggio della violenza ha superato ogni altro linguaggio. Le lacrime fluiscono da ogni parte e su tutte le arene, in tutte le mani, nelle case e nei singoli … Le vittime umane, delle diverse appartenenze cadono, lasciando dietro di loro la desolazione e le tragedie sociali, familiari e nazionali. Dio abbia misericordia delle vittime, curi le ferite, guarisca i malati e consoli gli afflitti. Di fronte a queste prove, gli ostacoli per trovare aiuti umanitari e farli pervenire ai bisognosi e ai sinistrati, si moltiplicano.
Quale dinamica trovare per una via d'uscita alla crisi? Con questa lettera vogliamo di nuovo chiamare tutti al dialogo... affinché possiamo superare le nostre ferite, le nostre sofferenze e il sangue versato …  e affinché noi siamo fra coloro che credono nel dialogo, nella riconciliazione, nell'incontro e nel faccia a faccia...
Questo cammino è più difficile ma è l'unico cammino ragionevole perché costituisce l'unica garanzia per l'avvenire. È un cammino ineluttabile perché nessuna fazione può eliminare l'altra in alcun modo. La violenza accresce la violenza, mentre il dialogo aggiunge al dialogo forza e frutto. Quanto alla riconciliazione, essa prepara i cuori e gli animi a un maggiore dialogo e una maggiore riconciliazione.

 La Chiesa siriana e la Riconciliazione
 
Riconciliatevi con Dio! Riconciliatevi gli uni con gli altri! È il ministero della riconciliazione!
La Chiesa che è in Siria è chiamata al ministero della Riconciliazione, Musalaha, con ogni mezzo possibile perché la riconciliazione è nel cuore dell'insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo nel Santo Vangelo. È il nostro Bene ed è il Bene dell'umanità … con Dio.
Noi consideriamo che il ruolo della Chiesa in Siria oggi sia questo santo ministero, vale a dire operare in favore della riconciliazione. Beati gli operatori di pace! Noi consideriamo che questo ministero sarà la garanzia dei cristiani di fronte ai giorni cupi che si annunciano nel cielo della Siria. È così che i cristiani adempiranno la loro più grande missione per il paese, come storicamente si impegnarono per la sua prosperità a tutti i livelli.
Oggi la loro missione è di rimanere fra e con tutti i protagonisti, ovunque, su ogni fronte del paese… chiamandoli tutti alla riconciliazione civile e sociale … Poiché il ruolo della Chiesa è di essere l'araldo della riconciliazione e suo artefice a tutti i livelli. Noi consideriamo che in quanto cristiani del Levante e come arabi presenti e operanti nella storia del nostro paese, in tutte le sue tappe e in tutte le sue crisi, nel suo progresso e nel suo sviluppo, nella pace e nella guerra, noi siamo stati e resteremo la garanzia della diversità e coloro che la fondano e la promuovono. Sì, noi troviamo il nostro ruolo in questa via storica.

Appello alle Chiese del mondo
Con San Paolo noi diciamo: "Gesù è la nostra Pace, Colui che ha fatto dei due uno solo e che ha distrutto il muro dell'inimicizia tra gli uomini". Questa è la sorgente del presente appello che noi rivolgiamo a tutte le Chiese del mondo, ai nostri fratelli cattolici, ortodossi e protestanti. Noi chiamiamo i responsabili spirituali a unire la loro voce a quella della Chiesa che è in Siria per lanciare con tutti i mezzi, un appello alla riconciliazione in Siria. Che lo facciano ai dirigenti e alle diverse istituzioni del loro paese, verso i loro fedeli, i loro religiosi e religiose e i loro sacerdoti... E' necessaria una campagna per realizzare la Riconciliazione in Siria. Poiché se il mondo invocasse a una sola voce e ogni giorno il dialogo e la riconciliazione … allora sì tutto cambierebbe.

Appello ai cristiani siriani
In mezzo a questo fiume di sangue che, continuamente scorre in tutte le contrade della Siria, noi diciamo ai nostri figli beneamati: Pazienza! Se siete sfollati all'interno della Siria o in un paese limitrofo, rimanete vicino alle vostre case e ai vostri beni nel vostro paese. Diciamo grazie a coloro che ospitano gli sfollati. Ma se partite fuori dalla regione, il vostro ritorno sarà più difficile e la vostra situazione non sarà facile malgrado le facilità offerte dai paesi che vi accolgono, facilità che potrebbero non durare. Per questo vi dico: "Non emigrate!". Noi continueremo a fare tutti i nostri sforzi per aiutare con tutti i nostri mezzi, i bisognosi e gli sfollati.

Appello ai siriani

Grande è la mia speranza che noi siriani, cristiani e musulmani, che subiamo, tutti, il peso di questa situazione tragica e sanguinosa che dura da più di un anno e mezzo, troveremo insieme - e dobbiamo farlo - un'altra via della violenza, delle armi, delle uccisioni e della distruzione perché in questa via nessuno esce vincitore ma tutti sono dei vinti. La distruzione si estende e l'uomo è ucciso, le calamità si moltiplicano e colpiscono tutti i cittadini.
Per questo rivolgo il mio appello con il venerabile versetto del Corano: "Venite dobbiamo avere una parola in comune!" e con il versetto del Santo Vangelo: "Beati gli operatori di pace"… Ecco lo slogan che eleviamo con questa lettera. La riconciliazione è l'unica ancora di salvezza per la Siria.

Appello al mondo
Abbiamo la ferma speranza che il nostro messaggio sarà ricevuto dai Re, dagli Emiri e dai presidenti arabi, e dai capi delle nazioni del mondo intero, in America del nord e del sud, in Europa occidentale e orientale, in Asia, in Africa e in Australia. Così come speriamo sia ricevuto nelle Chiese e nelle comunità cristiane, in Oriente e in Occidente, nelle organizzazioni non governative, dai pensatori, dagli operatori di pace, soprattutto coloro il cui lavoro è stato coronato da un premio Nobel. Sul posto vi è il ministero della riconciliazione che è attivo ed efficiente. Su un altro piano, vi sono gruppi in azione, formati da capi tribù, da persone influenti, che hanno riportato grandi successi nella soluzione dei problemi in diverse località, e che hanno permesso di evitare grandi calamità e ristabilito la pace tra diverse fazioni religiose e altre. Noi chiediamo ai nostri amici di sostenere il lavoro di questi gruppi e della Chiesa in Siria che si consacra a questo ministero della riconciliazione, per garantirne il proseguimento.
Fine
Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e di intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo.
Portiamo questo messaggio, messaggio "di pace e di riconciliazione" ai santuari delle nostre Chiese e dei nostri monasteri affinché tutti eleviamo le nostre mani supplicanti per la sicurezza, la tranquillità e la stabilità, frutto del dialogo della riconciliazione e della solidarietà, per il coordinamento di tutte le potenzialità, in vista di un avvenire migliore per la Siria, con tutti i suoi figli, le sue confessioni, i suoi partiti e le sue ambizioni.
Sì, noi speriamo che tutti insieme possiamo realizzare la beatitudine evangelica: "Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati Figli di Dio".

Con il mio amore, le mie preghiere e la mia benedizione

   Gregorio III Laham
 

Gregorios III :
« N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre où sont morts vos aïeux »
 
I.MEDIA: Quelle est l’atmosphère au Liban à l’approche du voyage de Benoît XVI? Y a-t-il aussi une attente de la part des musulmans?
Gregorios III: L’atmosphère est telle que vous pouvez la vivre dans les rues de Beyrouth ou du Liban, si vous avez le temps de vous y promener. Dans le moindre des petits villages comme dans les grandes villes, les panneaux saluant le pape s’affichent partout. Souvent en français, en anglais ou en arabe, ils sont le fait des municipalités, des entreprises et même de particuliers. Cette attente est aussi celle de nos frères musulmans. Au Liban comme d’ailleurs en Syrie et ailleurs au Proche-Orient, les villages et les villes sont mixtes. Ils sont chrétiens et sunnites, chrétiens et chiites, chrétiens et druzes. Ils sont le symbole du vivre ensemble, le symbole concret et vivant de ce Liban « pays message », comme l’a dit le bienheureux Jean Paul II. Nous attendons le pape et son message ensemble, en famille. Benoît XVI est notre père et nos frères musulmans l’attendent avec nous.
I.MEDIA: Si la visite de Benoît XVI est avant tout pastorale, on ne peut faire abstraction de sa dimension politique. S’attend-on à un message du pape en ce sens?
Gregorios III: Le message du Saint-Père va venir nous renforcer, augmenter nos forces et notre volonté de vivre sur nos terres, là où Notre-Seigneur nous a placés. Vivre comme nos pères ont vécu depuis plus de 2000 ans. Benoît XVI va venir dire à nos jeunes, à nos familles, ce que je ne cesse de répéter depuis mon élection au siège d’Antioche: n’émigrez pas. N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre de vos aïeux qui ont vécu et qui sont morts pour que cette terre reste et demeure ce qu’elle est: une terre de chrétienté, la terre du berceau du christianisme, la terre du message, la terre de la paix. Le pape va nous donner la direction, les manières pour ne pas flancher dans les crises et les tourments. Il va nous donner la force de ne pas avoir peur face à cet avenir incertain qui est le nôtre.
I.MEDIA: Le voyage du pape s’adresse à tout le Moyen-Orient, donc aussi à la Syrie. Comment les Syriens vivent-ils l’attente? Certains seront-ils présents lors des rencontres avec Benoît XVI?
Gregorios III: Bien évidemment, cette visite de Benoît XVI est une visite à toutes les Eglises d’Orient sur la terre du Liban, pays d’accueil par excellence. Elle est la conclusion de l’Assemblée spéciale du Synode des évêques pour le Moyen-Orient, qui s’est tenue à Rome en octobre 2010. Nos fidèles de Syrie, sous le patronage de Notre-Dame du Liban et de saint Paul, vivent cette attente dans la prière et l’espoir de pouvoir être nombreux autour de Benoît XVI. Le pourront-ils? Nos paroisses ont redoublé d’efforts pour cela. Plaise à Dieu que les chrétiens de Syrie, les chrétiens du berceau du christianisme, les chrétiens de saint Paul soient nombreux avec et autour du pape, pour prier pour la paix et la réconciliation dans leur pays. Nous sommes à deux jours de la visite du pape et le Moyen-Orient retient son souffle pour que cette visite s’accomplisse en paix et dans la prière. Au Liban, pays d’accueil, toutes les forces politiques, civiles et religieuses s’activent pour que cette visite soit une réussite tant spirituelle que matérielle.
I.MEDIA: La visite du pape suffira-t-elle à stopper, ou du moins freiner, l’exode des chrétiens du Moyen-Orient?
Gregorios III: C’est mon souhait et mon vœu le plus cher. Mes premières paroles en tant que patriarche au lendemain de mon élection en novembre 2000 ont été: n’émigrez pas! A nous, chefs des Eglises, Benoît XVI donnera la force de consolider la foi de nos fidèles. Il viendra leur dire pourquoi ils doivent continuer à vivre et à mourir sur la terre de leurs ancêtres, cette terre bénie de Dieu, cette terre choisie par Dieu pour Se faire homme.
I.MEDIA: La crise syrienne risque-t-elle de s’étendre durablement au Liban?
Gregorios III: Mon vœu et ma prière sont pour que la crise arrête de s’étendre en Syrie. Que les armes se taisent et que la Syrie trouve le chemin du dialogue et de la réconciliation. Et pour cela, je suis prêt à donner ma vie! J’ai lancé au début du mois un appel à Benoît XVI, aux cardinaux, aux conférences épiscopales, aux rois et aux chefs d’Etat et à tous les hommes de bonne volonté, pour soutenir la réconciliation en Syrie. Quant au Liban, ma prière quotidienne est que Dieu le préserve de tout mal. Il se redresse à peine d’années de guerre et de conflit. Plaise à Dieu, par l’intercession de Notre-Dame du Liban, que ce « pays message » soit préservé de tout mal. (apic/imedia/cp/ggc)
Propos recueillis par Charles de Pechpeyrou, I.MEDIA
http://www.aed-france.org/actualite/voyage-du-pape-au-liban-nemigrez-pas-et-restez-enracines-dans-la-terre-ou-sont-morts-vos-aieux/

lunedì 3 settembre 2012

APPELLI A FERMARE LA VIOLENZA CIECA!

 
Gregorios III
Appello in occasione dei recenti eventi in Daraya – Siria . 27 8 2012

Come Patriarca e figlio della città di Daraya, il mio cuore sanguina per le tante vittime che sono stati uccise proprio lì dove sono nato, cresciuto ed educato in un'atmosfera molto buona di musulmani e cristiani.
Ecco perché sto innalzando il mio forte appello per la realizzazione di condizioni favorevoli a porre fine alla sanguinosa lotta in Daraya e in ogni altra regione della Siria.
Noi affermiamo ancora una volta che il dialogo, l’incontro, il rispetto per la libertà di opinione e la dignità di ogni persona, sono i valori su cui si potrà costruire una Siria rinnovata e grazie ai quali si può ricomporre l'atmosfera di amore e di armonia che abbiamo sperimentato e in cui siamo stati cresciuti, in Siria.
Ho grande speranza che noi siriani, che siamo tutti sotto il peso di questa situazione tragica e sanguinosa che ormai dura da diciotto mesi e più, troveremo e dovremo trovare tutti insieme un altro modo rispetto a quello della violenza, armi, omicidi e distruzione, perché questa è una via dove non ci sono vincitori, ma piuttosto, ognuno è un perdente. E la distruzione continua, l’essere umano è ucciso e aumenta l'entità del disastro, che colpisce tutti i cittadini.
Quindi ripeto il mio appello, con il versetto del Corano Venerabile, "Venite a una parola comune tra noi e voi" (Aal ' Imran 3:64) e il versetto del Santo Vangelo, "Beati i costruttori di pace" (Matteo 5:9). Che Dio Onnipotente voglia proteggere la Siria e far cessare questi disastri!
Ho piena fiducia che tutti i miei fratelli e sorelle, i figli e le figlie di Daraya, così cari al mio cuore, vorranno prestare ascolto a questo appello! È l'appello di un fratello, amico e figlio della nostra cara città! Che questo appello sia ascoltato da tutti i responsabili localmente e ovunque!
Con il mio affetto e la mia preghiera,

Gregorios III, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente e di  Alessandria e Gerusalemme
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Appeal-on-the-occasion-of-recent-events-in-Daraya-Syria


Il Patriarca Gregorio III Laham chiede “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria”
Fides 4/9/2012  “Per la Siria la riconciliazione è l'unica ancora di salvezza”. Per questo urge “una campagna internazionale per la riconciliazione in Siria” condivisa da tutte le Chiese del mondo: è l'accorato appello del Patriarca greco-cattolico melkita di Damasco, Gregorio III Laham, lanciato in una lettera aperta, mentre la situazione in Siria degenera e “il linguaggio della violenza ha travolto tutti gli altri tipi di linguaggi”.
leggi su :
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39762&lan=ita
https://melkite.org/patriarchate/for-syria-reconciliation-is-the-only-lifeline

Mussalaha, la Siria vista dal basso

Radio3Mondo 3 settembre 2012
Dibattito in studio con Madre Agnès-Mariam de la Croix e Faisal al Mohamad
 

Mentre continua la guerra civile in Siria e il bilancio dei morti viene drammaticamente aggiornato giorno dopo giorno, la comunità internazionale studia come uscire dall’impasse e l’Onu programma per il 4 settembre un nuovo summit con Lakdhar Brahimi, che ha preso il posto di Kofi Annan come inviato speciale delle Nazioni Unite per risolvere la crisi. Ma in Siria oltre a morire si resiste e lo si fa “dal basso”. Una rete civile di siriani e non che lavorano per arrivare alla pace, prestando solidarietà alla popolazione civile che vive nel terrore, sotto il fuoco incrociato dei ribelli e delle truppe di Assad. Sono religiosi, laici, premi Nobel, che si organizzano per creare le condizioni del dialogo e, in silenzio, si affiancano all’azione della “grande diplomazia”. Si chiama Mussalaha e significa “riconciliazione dal basso”. Marina Lalovic ne parla in studio con Madre Agnès-Mariam de la Croix, Superiora greco cattolica di Qara, nel governatorato di Homs, che è in Italia per promuovere l’iniziativa della riconciliazione dal basso in Siria e con Faisal al Mohamad, responsabile dell’Unione dei Coordinamenti per il sostegno della rivoluzione siriana in Italia.
Il brano di oggi è la Sinfonia dell’Oratorio per la Santissima Trinità, esecuzione dell’Orchestra Europa Galante diretta da Fabio Biondi

 
 
Bombardamento sul Monastero di St Jacques (Mar Yakub): testimonianza


Noi non sappiamo perché l'armata dell'esercito siriano ci ha bombardati.

Madre Marie Agnes, la nostra Madre Superiora, ha recentemente detto alla televisione irlandese: “La Siria si trovava sotto un regime totalitario repressivo... E questo totalitarismo non è buono. Ma se l'insurrezione armata instaura un altro totalitarismo, è forse ancora peggio”. ( RTE television, 10 agosto 2012).
Noi soffriamo insieme a tutti i siriani, specialmente con quei 2 milioni e mezzo di cristiani che sono in pericolo, e nessuno è dalla loro parte nella “comunità internazionale”. Come la maggior parte dei siriani, i cristiani tentano di restare neutrali - e di sopravvivere- in una guerra tra il governo di Assad e “ l'Armata Libera Siriana”.

L’ASL sono dei “rivoluzionari democratici” come li dichiarano i media? Se essi vogliono una democrazia, perché sono sostenuti dagli jihadisti islamici e dal regno dell'Arabia Saudita? Se essi rispettano le minoranze, perché si inoltrano nei quartieri cristiani per combattere? Se essi hanno cuore la libera espressione della religione, perché più di 100.000 cristiani sono stati espulsi dalle loro case in Homs e in Al Qusayr? E quelli tra di loro che sono troppo poveri per poter fuggire lontano, perché sono rapiti, assassinati, o utilizzati come scudi umani dall'Asl?. Se essi vogliono la libertà, perché hanno minacciato di occupare il nostro monastero, di metterci alla porta, e di rapire Madre Agnese?
Come i rivoluzionari, noi abbiamo gli occhi rivolti fissamente sulla libertà e la giustizia -ma noi sappiamo che la libertà e la giustizia vengono dall'amore divino e dal Vangelo di Gesù, e non sul filo di spada. Gesù era un vero rivoluzionario. In quanto uomo Gesù ha rifiutato il potere e la violenza; Egli non ha combattuto l'occupazione violenta e corrotta dei Romani nella sua patria. Gesù ci ha rivelato che cosa vuol dire “essere Dio”. Noi vediamo in Lui un Dio che si svuota per diventare uomo, per essere un servitore, per essere “ obbediente fino alla morte, e alla morte di croce”. È questo il potere e la sapienza di Gesù. Gesù non ha soltanto detto le dolci parole “ amate i vostri nemici”: Egli è morto per loro.

I cristiani della Siria chiamano Dio “ l'amico degli uomini”. Noi crediamo che Gesù è “ il Salvatore”, non soltanto il Salvatore dei cristiani ma di tutta l'umanità -non perché noi siamo speciali ma perché Dio è buono.
Noi non ci batteremo con le armi, né possiamo dare supporto alla violenza. Ma noi combatteremo i nostri stessi pregiudizi, le nostre paure e il nostro egoismo. Se Dio ci ha scelti, poveri uomini, come possiamo noi rifiutare chicchessia? Noi ringraziamo il Signore che delle famiglie musulmane si sono rifugiate nel nostro monastero. Esse hanno desiderato pregare con noi -proprio come Dio è uno, così noi possiamo essere uno! Noi siamo stupiti che i musulmani credono che Gesù è un profeta che ha detto la verità, che Egli è vivente, che Egli è salito ai cieli, che Egli ritornerà. Una fede simile, la possiamo ritrovare nell'Occidente “cristiano”? Sì, noi amiamo i musulmani: li sentiamo nostri fratelli, i nostri "cugini", figli di Abramo, come noi, e che hanno mantenuto a volte più di noi la fede.
1 Giovanni 4,7-11: “ Carissimi, amiamoci gli uni gli altri; perché l'amore è da Dio, e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Colui che non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. L'amore di Dio è stato manifestato verso di noi in questo: che Dio ha mandato il suo unico Figlio nel mondo, affinché noi viviamo per mezzo di Lui. E questo amore consiste non nel fatto che noi abbiamo amato Dio, ma nel fatto che Egli ci ha amati e ha dato suo Figlio come vittima per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.”

Il popolo siriano soffre attacchi omicidi da parte di islamisti estremisti che non rappresentano in alcun caso la maggioranza della popolazione musulmana siriana.
Ogni giorno vi sono bambini, mamme, papà e nonni di ogni appartenenza religiosa che si fanno uccidere perché non vogliono partecipare alla “ rivoluzione per la democrazia”. Questi terroristi scacciano le persone dalle loro case per fare la guerra all'armata siriana nascondendosi in mezzo ai quartieri residenziali. Questo grida al cielo.
 Non è questa la democrazia che vogliono i siriani.
Noi preghiamo il Signore di illuminare la coscienza umana, così che ognuno di noi possa prendere la posizione giusta che gli consentirà di entrare nel piano di Dio per le Nazioni: perché il Signore ha detto: "I miei pensieri sono pensieri di pace e non di sventura".