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giovedì 23 maggio 2013

"L'incapacità della società internazionale a liberare i rapiti e fermare il flusso di sangue in Siria senza trovare una soluzione a questa crisi umanitaria è un peccato grave"

"Iniziativa creativa" invece di disordine creativo


Il Patriarca Laham lancia un appello che "riguarda la pace e la coscienza di ogni uomo libero, onesto, per liberare i due vescovi Yazji e Ibrahim." 

Insiste sul fatto che l'incapacità della società internazionale per liberare e per fermare il flusso di sangue in Siria senza trovare una soluzione a questa crisi umanitaria, è un peccato grave, è la prova dell'assenza di  valori spirituali e umani nella attuale  politica  internazionale verso la crisi nel mondo arabo. Si rammarica del fatto che la crisi siriana è diventato un commercio dai molteplici volti, in cui la dignità umana e il rispetto per l'uomo si sono persi, dimenticando che l'uomo è  immagine di Dio
Egli ha chiesto "a tutte le chiese nel mondo, e ai fautori della pace nel mondo, e alla coscienza di ogni essere umano libero, onesto e generoso per i sostenitori della pace nel mondo di sostenere gli appelli per il rilascio di i due amati Vescovi, che sono simbolo di pace, di amore e di riconciliazione, e di dialogo e  comunicazione in Siria e nella comunità araba". 
Egli implora di cercare seriamente una soluzione per liberare tutti quelli che sono stati  rapiti, e di fermare i rapimenti, e per la liberazione di tutti i detenuti di qualsiasi appartenenza essi siano: il rapimento che e’ in contrasto con tutte le norme di umanità".
Invita i siriani all' arresto della violenza, in ogni aspetto: armamenti, terrorismo, omicidi e attentati
"Manteniamo le nostre convinzioni sulla base della fede, perché nessuna soluzione verrà  dall'incremento delle armi o dalle soluzioni armate, ma la vera vittoria è attraverso il dialogo, la riconciliazione, la comprensione e il compromesso".
 Infine egli ha invitato alla "iniziativa creativa" invece di disordine creativo: questa è la domanda rivolta agli sforzi della Russia e degli Stati Uniti così come ai paesi invitati al congresso per trovare una soluzione pacifica alla crisi siriana

http://www.pgc-lb.org/fre/gregorios/view/The-patriarch-appeal-to-the-conscience-of-the-world-about-the-kidnapping-of-the-2-bishops-and-the-situation-in-Syria

IL NOSTRO DOLORE


Un mese è trascorso, e stiamo ancora vivendo l'incubo della sorte del rapimento dei nostri due Arcivescovi Mar Gregorios Yohanna Ibrahim Metropolita siriaco ortodosso dell'arcidiocesi di Aleppo, e del Metropolita Boulos Yazaji dell'Arcidiocesi greco-ortodossa di Aleppo
Sono stati rapiti il ​​22 aprile 2013. Un gruppo sconosciuto li ha prelevati senza dichiarazioni di responsabilità fino ad ora, né annunciando i motivi del rapimento né facendo conoscere il loro luogo di detenzione.
Noi Siriaci, e l'Arcidiocesi greco-ortodossa di Aleppo ,  in coordinamento con i nostri due Patriarcati di Damasco, abbiamo espresso giorno dopo giorno la nostra tristezza e il dolore crescente per il rapimento e l'assenza di questi due eminenti prelati, e per ciò che rappresentano in termini di santità, il loro rango locale e internazionale, il loro ruolo attivo a tutti i livelli compreso quello spirituale, dei  pensieri, del mondo accademico, dell'istruzione e del sociale, ma soprattutto il lavoro umanitario che portavano avanti all'interno della crisi che sta travolgendo il nostro paese Siria.
Oggi, dopo un mese dal sequestro, e nonostante tutte le preghiere e le suppliche nelle Chiese locali e di tutto il mondo, così come gli appelli, le dichiarazioni e gli sforzi delle organizzazioni cristiane e musulmane del mondo e della comunità internazionale, si rinnova la nostra richiesta ai rapitori di rivedere la loro azione: temete Dio, e rilasciate i due Arcivescovi senza danneggiare la loro salute o la situazione fisica, e  rilasciate tutti gli altri sacerdoti rapiti e i civili innocenti!
A un mese dal sequestro ormai non si può che dire “BASTA!”,  per i due Arcivescovi! Come è doloroso per loro nel loro rapimento, è anche doloroso per tutti i fedeli delle loro due comunità, per il popolo della Siria e del mondo. Il permanente rapimento dei due Arcivescovi sta danneggiando la struttura della Siria nelle sue diverse componenti e nella sua lunga storia di convivenza e di cittadinanza. Una tale catastrofe sarà ricordata e registrata nella storia, come  la più devastante e luttuosa della Siria.
Tali atti non ci spaventano, perché noi siamo i figli della "Resurrezione". Confidiamo che la misericordia del Dio unico, in cui noi tutti crediamo, guiderà i rapitori e li indurrà a rilasciare gli Arcivescovi, senza alcuna condizione, perché non esiste un prezzo uguale alla libertà dei due Arcivescovi, e nessuna condizione è uguale al  loro sicuro ritorno alle loro comunità e alle loro chiese.
Rinnoviamo la nostra supplica e continuiamo le nostre preghiere con solennità al nostro Dio per la liberazione degli Arcivescovi, dei sacerdoti e tutti coloro che sono stati rapiti.


lunedì 13 maggio 2013

Il cuore spezzato esige riconciliazione

“La preghiera di un cuore spezzato”: il cuore spezzato è quello della Siria dilaniato da oltre due anni di guerra civile che ha provocato anche l’annientamento di una tradizione, lunga secoli, di convivenza e armonia tra le sue diverse fedi ed etnie.



 Parla Gregorios III Laham. Si spera in un vertice risolutivo tra Putin e Obama. Grande preoccupazione per i due vescovi rapiti


S.I.R. - 13 Maggio 2013


Più di una dozzina di differenti denominazioni cristiane in Siria hanno invitato le Chiese del mondo intero a mobilitarsi nella preghiera sabato 11 maggio. “La preghiera di un cuore spezzato” è stata battezzata l’iniziativa, che va considerata molto importante, perché la prima promossa da tutte le comunità cristiane del Paese. Quattro sono state le intenzioni di preghiera: il ritorno della pace, la liberazione di tutti gli ostaggi, aiuto e sostegno ai bambini traumatizzati dalla guerra, aiuti umanitari per i profughi siriani. Gregorios III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, in Siria, ribadisce che “la pace in Libano, in Siria e in Terra Santa è un requisito per la pace regionale e mondiale, che realizza la convivenza e rende possibili le libertà che si propongono per l’umanità”.

“Percuotere il pastore e disperdere il gregge”. Alle sofferenze che la guerra civile infligge a tutto il popolo, per le comunità cristiane siriane si aggiunge anche la preoccupazione per la sorte di Mar Gregorios Yohannna Ibrahim e di Boulos al-Yazigi, i vescovi siro-ortodosso e greco ortodosso di Aleppo, finiti nelle mani di sequestratori non identificati, da molti giorni. Stessa sorte anche per due sacerdoti rapiti ormai da tre mesi e dei quali non si sa più nulla. “Ho fatto visita, nei giorni scorsi, al Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia e a quello siro-ortodosso di Antiochia a cui appartengono i confratelli vescovi rapiti e purtroppo non c’è nessuna notizia - dichiara al Sir Gregorios III Laham - la stampa riporta notizie contrastanti sulla loro sorte, difficile dare il giusto valore a queste informazioni. Non dimentichiamo che ad essere stati rapiti sono anche tantissimi nostri fedeli”. “Quella dei rapimenti è una vera piaga della Siria di oggi che - per il patriarca cattolico - assume una valenza dal chiaro valore simbolico poiché si collega al possibile futuro della Siria senza cristiani. Rapire due vescovi, dei sacerdoti ha un significato religioso e richiama il passo delle Scritture: ‘Percuoti il pastore e sia disperso il gregge’. Il rischio che la Siria perda la sua componente cristiana esiste ma dobbiamo nutrire la speranza di ricostruire il nostro Paese su basi di tolleranza, convivenza, rispetto reciproco. Vogliamo dare da cristiani il nostro contributo alla rinascita religiosa, morale, sociale e materiale della Siria”.

Il popolo soffre. Intanto da Aleppo, Damasco e altre città del Paese arrivano notizie di gravi sofferenze del popolo, i cui bisogni crescono ogni giorno di più. “Le nostre comunità locali, come anche il resto della popolazione, vivono in grande difficoltà e necessitano di aiuto e assistenza in ogni forma - spiega Gregorios III -. La Caritas è attiva da tempo nel fornire aiuto ma ogni Patriarcato, ogni parrocchia, ogni sacerdote è mobilitato per venire incontro ai bisogni sempre crescenti della gente soprattutto dei bambini. Nel mio Patriarcato, per esempio, per poter provvedere alle necessità delle persone occorrono almeno 50mila dollari al mese. Le nostre attenzioni si rivolgono verso i bambini, che sono quelli che soffrono di più”.

Un cambio di visione? Sul futuro Gregorios III si mostra “speranzoso”: “Riponiamo molta fiducia nei colloqui tra il Segretario di Stato americano, John Kerry, e il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Se troveranno un accordo, una piattaforma condivisa sulla crisi siriana, allora un buon passo verso la fine del conflitto sarà stato fatto. La stampa qui in Siria ne parla molto. Auspichiamo un incontro entro la fine del mese così che a giugno si possa tenere un summit tra Putin e Obama. La via negoziale, pacifica, diplomatica, lo ribadisco, è quella da perseguire e non quella delle armi e della violenza. Speriamo che i due Paesi possano accordarsi su come uscire dalla crisi e non su come ‘armare’ o ‘non armare’. Sembra che adesso se ne stiano convincendo i leader mondiali. Come Chiese sosteniamo da sempre questa visione e le parole del Papa ci confortano”.

Riconciliazione. La parola chiave per il patriarca melkita è “riconciliazione”, “mussalaha”, che è il nome di un movimento popolare non-violento nato nella società civile di Homs, una città martire. Esso ha saputo unire dal basso alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi: una riconciliazione di famiglie, di clan, di diverse comunità siriane che non parteggia per nessuna delle parti in lotta e che dimostra che una “terza via”, alternativa al conflitto armato è possibile. Un movimento appoggiato anche da tante personalità estere, tra queste anche alcuni Nobel per la pace come l’irlandese Mairead Maguire (1976). “La riconciliazione è la risposta della Chiesa alla violenza che bande armate straniere stanno seminando nel nostro Paese. La riconciliazione e il dialogo eviteranno che l’odio entri in maniera definitiva nei cuori della gente”, conclude Gregorios III.

venerdì 3 maggio 2013

Il patriarca cattolico Laham: ecco perché i terroristi ci attaccano

 “I miliziani colpiscono i cristiani perché rappresentano la risorsa più preziosa
per la coesione nazionale in una Siria lacerata dalle divisioni”. Ad affermarlo
è l’arcivescovo Gregorio III Laham, patriarca cattolico dei Melchiti con sede a
Damasco, dopo che due vescovi siriani sono stati rapiti vicino ad Aleppo. Per il
patriarca siriano, “il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti
tra loro, ribadendo che l’identità nazionale deve prevalere su qualsiasi motivo
di scontro”. Proprio per questo pochi giorni fa l’arcivescovo ha scritto una
lettera aperta sulla Siria a tutti i capi di Stato arabi e mondiali, invitandoli
ad abbandonare la via delle armi e a ripercorrere quella del dialogo e della
riconciliazione.



 da Il Sussidiario - 24 aprile 2013

Qual è stata la sua reazione di fronte alla notizia del rapimento dei due vescovi?
 Siamo senza parole dinanzi a questa situazione, con rapimenti che colpiscono donne, anziani, bambini, sacerdoti e perfino due vescovi. Uno dei due rapiti, Boulos al-Yaziji, è fratello del patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna al-Yaziji, la massima autorità dei cristiani ortodossi. L’altro invece, Yohanna Ibrahim, è molto conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno come rappresentante di pace e di riconciliazione. Di fronte a quanto è avvenuto non possiamo che sottolineare nuovamente l’importanza della pace, della saggezza, del consenso internazionale per porre fine a questa tragedia.

La pace è più importante della stessa libertà e democrazia?
 Condivido le richieste di democrazia e libertà, ma il metodo con cui si sta cercando di perseguirle in Siria sono inumani. 
Esiste una via migliore, fatta di amicizia, di amore, di dialogo e di riconciliazione. I rifugiati siriani si contano ormai a milioni, si tratta di persone che non hanno nulla da mangiare né un posto dove dormire, gente che ha perso tutto. Dobbiamo quindi essere apostoli della riconciliazione e del dialogo, è questo il nostro scopo come cristiani, come capi e come pastori. 
I due vescovi sono stati rapiti vicino ad Aleppo.

Com’è la situazione in questa zona della Siria?
 Aleppo è un caso molto speciale, la sua situazione è la più difficile perché questa città si è trasformata in una grande prigione. I suoi abitanti sono intrappolati al suo interno, e quindi fuggono da un quartiere all’altro perché non hanno alternative. Quando una zona è in pericolo, si recano in un'altra parte della città. Aleppo però ha una sola uscita molto pericolosa, che nessuno osa varcare.

Com’è il clima all’interno della città?
 Gli abitanti di Aleppo si trovano in una grande difficoltà, che riguarda tanto i cristiani quanto i musulmani. Nella Città vecchia di Aleppo si trovano infatti cristiani e musulmani insieme, dunque la situazione è uguale per tutti. Le parrocchie di Aleppo sono solidali con tutti e forniscono ogni giorno quasi 15mila pranzi gratuiti a chi è rimasto senza più nulla. C’è quindi una solidarietà straordinaria, pur nella tragedia che sta vivendo la città.

Dietro il rapimento dei due vescovi c’è anche un progetto per cancellare la presenza dei cristiani in Siria?
 Il progetto non è solo quello di colpire i cristiani, ma di mettere tutte le parti l’una contro l’altra per trasformare la crisi siriana in un conflitto interreligioso. Il primo obiettivo è quello di aizzare gli odi tra sunniti e sciiti, ma anche tra musulmani e cristiani. E’ una strumentalizzazione della religione per fomentare l’odio nel Paese. 
Di fatto quindi, anche se l’obiettivo non è quello di colpire i cristiani in quanto tali, quanto sta avvenendo li porta a fuggire dalla Siria. E il risultato è che si contano quasi 400mila profughi cristiani, sia all’interno della Siria sia all’esterno del Paese, soprattutto in Libano e Giordania.

La Chiesa cattolica è impegnata solo sul fronte dell’assistenza ai bisognosi, o anche sul piano degli sforzi diplomatici?
 Il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti tra loro, sia quindi l’opposizione sia il governo. Siamo convinti che il nostro scopo non sia quello di dichiarare che siamo a favore del regime o dei ribelli, ma di ribadire che noi cristiani siamo siriani animati dal desiderio di aiutare tutti i nostri connazionali, a prescindere dal fatto che siano con o contro Assad. 
Si tratta di un ruolo fondamentale, che svolgiamo sia all’interno del Paese, sia a livello internazionale nei nostri rapporti con il Papa e le Conferenze episcopali di tutto il mondo. 
Proprio per questo dieci giorni fa ho scritto una lettera aperta a tutti i capi di Stato arabi emondiali, invitandoli a dire basta alle armi, alla violenza e al terrorismo e a scegliere la via evangelica del perdono e del dialogo. 
Infine, desidero chiedere a tutti gli italiani di pregare per la Siria: in questo momento è l’unica cosa che può salvarci.

(Pietro Vernizzi)


Il Metropolita siro-ortodosso Kawak: la Turchia ci aiuti a liberare i vescovi rapiti


Agenzia Fides 3/5/2013

  “La Turchia è importante per risolvere la vicenda dei nostri due fratelli vescovi di Aleppo rapiti. Tutto il nord della Siria ora è in qualche modo sotto il controllo turco, quindi è fondamentale parlare con loro. Ogni iniziativa diplomatica e umanitaria dovrebbe puntare in quella direzione, coinvolgendo anche i governanti turchi”. 
Così dichiara all'Agenzia Fides il Metropolita siro-ortodosso Jean Kawak, incaricato dell'Ufficio patriarcale a Damasco, in merito al rapimento del Metropolita siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e di quello greco-ortodosso Boulos al-Yazigi, nelle mani di ignoti sequestratori dallo scorso 22 aprile. 

Il Metropolita Kawak riferisce a Fides che “non ci sono novità sulla sorte dei rapiti e sulla identità certa del gruppo dei sequestratori. C'è chi assicura che i due vescovi stanno ancora bene e che si è riusciti a far arrivare a Mar Gregorios le medicine di cui ha bisogno ogni giorno. Ma sono voci che provengono in maniera indiretta da fonti diverse, e che è impossibile verificare. Oggi” conclude il metropolita siro-ortodosso "le nostre Chiese celebrano il Venerdì Santo, e il cuore dei cristiani è afflitto. Tutti i cristiani pregano perchè i due vescovi siano liberati nei prossimi giorni. Sarebbe per tutti anche questo un segno di Resurrezione, dopo la passione che stiamo vivendo”. 

mercoledì 1 maggio 2013

"Liberateli!": appello alla solidarietà e alla preghiera di tutte le Chiese cristiane per il rilascio dei Vescovi di Aleppo




27 aprile 2013 - Patriarcato Melchita greco-cattolico di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme

A nome del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO), Sua Beatitudine Gregorios III, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, sottolinea la loro vicinanza e solidarietà con le Chiese sorelle, oggi nel dolore,  e con le loro Beatitudini i Patriarchi Giovanni X e  Ignazio Zakka Iwas I , con i quali restano in costante contatto per ottenere al più presto la liberazione dei due prelati: che siano restituiti alle loro Chiese e ai loro greggi e tutti celebrino nella gioia il loro ritorno al servizio dei Cristiani e di tutti i cittadini di Aleppo e della Siria.
  In questa speranza, mentre le chiese greco- ortodosse e siriaco- ortodosse celebreranno la Domenica delle Palme ed entreranno nella Grande Settimana, Gregorios III chiede a tutti i fedeli delle Chiese cattoliche orientali la preghiera costante, e a tutti i vescovi e i parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X.

Comunicato del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente (CCPO)

Una nube di paura e sofferenza grava sul Medio Oriente e in particolare in Siria, nella città di Aleppo, ancora in attesa alla vigilia della Domenica delle Palme ortodossa, del rilascio dei suoi due vescovi spariti , le Ecc. il Vescovo Paolo Yazigi, Metropolita di Aleppo e Alessandretta dei Greco-Ortodossi e del Vescovo Yuhanna Ibrahim, Metropolita di Aleppo dei Siro-Ortodossi, dei quali non si hanno notizie nonostante gli sforzi costanti - ed a tutti i livelli - che sono stati dispiegati per ottenere il loro rilascio.

 Chiediamo a tutte le persone di tutte le nostre Chiese di unirsi in preghiera costante per la grazia di questo rilascio e a tutti i nostri vescovi e parroci di leggere la lettera inviata per la Domenica delle Palme da Sua Beatitudine Giovanni X. 
Preghiamo per la pace e la sicurezza in Siria,  che si riprenda la via del dialogo e della riconciliazione tra i cittadini.

29/04/2013,  per i Patriarchi cattolici del Medio Oriente

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Call-for-Solidarity-and-Prayer-Council-of-Eastern-Catholic-Patriarchs


Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.
Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

L'analisi :  CECENI E NON SOLO

 Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'AmericaIl conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'Ame

Ceceni e non soloCeceni e non soloCECENI E NON SOLO CECDI lORENZO bONDI 


raccapricciante esito dell'autobomba del 30 aprile 13 in Jaramana, sobborgo di Damasco abitato a maggioranza da cristiani e drusi

di Lorenzo Biondi- Piccole Note 


C’è ansia per il rapimento dei due arcivescovi cristiani ad Aleppo, il greco-ortodosso Paul Yazigi e il siro-ortodosso Yohanna Ibrahim: la sera del 23 aprile, il giorno dopo il sequestro, un loro confratello (parente di uno dei due) ha annunciato la liberazione dei prelati, «che sono di ritorno al patriarcato di Aleppo», notizia poi smentita da fonti dell’arcidiocesi di Aleppo.
Nel pomeriggio del 23 aprile le autorità ortodosse siriane e il ministero degli affari religiosi di Damasco avevano fatto sapere che, dietro il rapimento, ci sarebbero stati dei terroristi di etnia cecena legati a Jabhat al Nusra, la principale sigla jihadista attiva in Siria. Una notizia che è stata confermata indirettamente anche dall’Esercito siriano libero, la componente della ribellione anti-Assad che ha ottenuto il riconoscimento di molti paesi occidentali: l’Esercito libero ha fatto sapere di non aver nulla a che fare col rapimento e di essere disposto a collaborare per la liberazione degli ostaggi.
Cosa ci farebbero dei ceceni in Siria? Il loro ruolo nel rapimento – se accertato – non potrebbe sorprendere: già dal luglio dell’anno scorso diverse fonti parlano della presenza di volontari ceceni arrivati in Siria per unirsi alla ribellione. Ad oggi la presenza di militanti caucasici non è più un mistero: appena quattro giorni fa il magazine americano Foreign Policy pubblicava un lungo ritratto-intervista di uno di questi combattenti, Abu Hamza, arruolato nell’Esercito libero.

Difficile non notare la coincidenza tra il presunto coinvolgimento di militanti ceceni nel rapimento dei vescovi siriani e la strage compiuta dai due fratelli ceceni a Boston, negli Stati Uniti. Subito la stampa americana si era chiesta se la vicenda avrebbe aggiunto tensione nei rapporti tra Washington e Mosca, complicando anche la gestione del fascicolo siriano. La risposta era arrivata già venerdì scorso, quando la Casa Bianca ha fatto sapere che Barack Obama e Vladimir Putin si erano sentiti per telefono proprio per discutere dell’attacco dinamitardo alla maratona: «Il presidente Obama ha ringraziato il presidente Putin – si legge nella nota ufficiale – per la stretta collaborazione che gli Stati Uniti hanno ricevuto dalla Russia nel campo dell’anti-terrorismo, anche nei giorni successivi l’attentato di Boston. I due leader hanno concordato che la nostra cooperazione sull’anti-terrorismo e sulla sicurezza andrà ancora avanti».
Come a dire: se abbiamo individuato questi due terroristi ceceni in suolo americano è anche grazie ai russi. Gli autori della strage di Boston hanno agito in proprio, secondo quanto dichiarato agli investigatori Usa dall’unico terrorista catturato (l’altro è stato ucciso). Ma resta inoppugnabile la loro dedizione alla causa cecena, confermata da video e farneticazioni varie degli stragisti agli atti dell’indagine. Insomma il terrorismo che ha insanguinato Boston è nato dal brodo di coltura del fondamentalismo ceceno, il quale fornisce miliziani agli jhadisti che incrudeliscono in Siria. D’altronde se i servizi russi erano sulle tracce dei due attentatori, tanto da segnalarli tempo fa all’Fbi, qualche motivo ci sarà stato…

Ora il terrorismo ceceno acquista rilevanza anche sul fronte siriano. Che l’identità dei rapitori sia confermata o meno, la Chiesa ortodossa e il governo di Bashar al Assad sembrano aver lanciato un messaggio chiaro alla comunità internazionale. Ci sono forze che lavorano per l’instabilità in ogni parte del mondo, che si tratti della Siria, della Russia o del Massachusetts.

http://www.piccolenote.it/8867/i-terroristi-ceceni-e-il-rapimento-dei-due-vescovi-in-siria

Il conflitto siriano non è una sanguinosa controversia regionale. Riguarda il mondo intero, come è stato tragicamente chiaro a Boston, Stati Uniti d'America.

lunedì 22 aprile 2013

Il patriarca Gregorios III Laham incontra il Papa. Fare la pace in Siria significa fare la pace in tutto il Medio Oriente

Il problema non è “armare” o “non armare”. Il problema è “come fare la pace”


Radio Vaticana, 18 aprile 2013
Papa Francesco ha ricevuto stamani Sua Beatitudine Gregorios III Laham, patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti, in Siria. 
Manuella Affejee ha incontrato il patriarca chiedendogli quali possono essere oggi le possibili soluzioni della guerra in Siria: RealAudioMP3

R. : Purtroppo, in Europa, in Francia, in Inghilterra, in America non si parla che di “armare” o “non armare”: è veramente un peccato, un grande peccato, non pensare in termini diversi che “armare” o “non armare”. Non si parla di sforzi più seri e più realistici e più efficaci per la pace. E’ veramente incredibile che le persone se ne rendano conto! “Armare” o “non armare”: non è questo il punto! Noi siamo le vittime della vostra esitazione. In questo momento, abbiamo moltissimi cristiani tra le vittime. Tutto questo come se fosse successo niente! C’è una palese ingiustizia nella considerazione, nella valutazione della situazione. Noi moriamo, tutti i giorni siamo vittime del caos, corriamo il rischio di essere rapiti, di rimanere vittime di qualche esplosione, e questa esplosione potrebbe riguardare una scuola, una fabbrica, un’università, semplici passanti, una chiesa …
Il problema non è “armare” o “non armare”. Il problema è “come fare la pace” in questa terra che, come ho detto al Santo Padre, sta soffrendo. Sono già due anni di Via Crucis …

D. – Il conflitto in Siria già si ripercuote sui Paesi confinanti, come il Libano, la Giordania, Israele … Quale prospettiva intravede per questa regione, nel futuro immediato?

R. : Le nostre speranze sono riposte in questo incontro che, come si dice, si svolgerà a giugno tra Putin e Obama. Speriamo che i due Paesi possano accordarsi su come uscire dalla crisi e non su come “armare” o “non armare”. Se si rimane nella dialettica di “armare” o “non armare” e “chi armare”, ci saranno soltanto ancora più vittime, ancora più disgrazie, ancora più sofferenza in tutto il Medio Oriente, e anche più combattimenti.
Credetemi, in questo momento il Libano corre pericoli maggiori della Siria, perché è più fragile, più diviso, è un Paese piccolo ed i suoi problemi sono gravi. Beirut “brucia” ogni giorno, siamo sempre minacciati. La Giordania ancora si salva, la Palestina soffre comunque, Gaza soffre, sono divisi; l’Iraq è sempre traumatizzato, sempre vittima di esplosioni, di attentati, di divisioni interne. Ed è proprio per questo che, credetemi, fare la pace in Siria significa fare la pace in tutto il Medio Oriente, è il passo migliore verso la pace in Palestina e verso la soluzione del conflitto israelo-palestinese.
I rapporti tra Oriente e Occidente sono condizionati da una soluzione dei problemi della Siria giusta ed equa.

Testo proveniente dalla pagina del sito Radio Vaticana http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/18/il_patriarca_gregorios_iii_laham_incontra_il_papa._appello_di_pac/it1-684100

domenica 14 aprile 2013

Patriarca Gregorios: Abbiamo disperato bisogno di una soluzione

"La sofferenza ha superato ogni limite..." : nuovo appello del Patriarca di Damasco









Damasco, 8 aprile 2013.


        Il Venerdì 29 marzo 2013, ho fatto appello a Sua Santità il Papa di Roma Francesco.
        Oggi, mi appello al mondo, specialmente ai Capi di Stato dei paesi arabi, dell’Europa occidentale e orientale, del Nord e Sud America, così come alle organizzazioni internazionali e ai titolari di Premi Nobel.
        Questo è lo stesso grido che innalzo come  cittadino arabo siriano, come cristiano e come Patriarca cattolico residente in Damasco.

        La Siria  vive un cammino di croce sanguinosa, dolorosa e prolungata, che si estende su tutte le strade del paese. Tutti i Siriani - cristiani e musulmani, il governo, l'opposizione, gruppi armati di qualsiasi provenienza ... - tutti portano la stessa croce da più di due anni.
        La sofferenza ha superato ogni limite. La crisi sta falciando migliaia e migliaia di soldati, di oppositori, di uomini civili, donne e bambini, sceicchi e sacerdoti, cristiani e musulmani.
        Tutta la Siria è diventata un campo di battaglia. E' diventata anche un luogo di commercio, di scambio di beni solo per il denaro e gli interessi di alcuni. Tutto ciò che è la democrazia, i diritti umani, la libertà, la laicità e la cittadinanza si è perso di vista, e non importa a nessuno. Ovunque, è la manipolazione, menzogna e ipocrisia.  E’ una guerra senza volto, con  combattenti senza volto.
        Nessun luogo è più sicuro in Siria. Si crede che vi sia la sicurezza da un lato e l'insicurezza dall'altro, ma in qualsiasi momento si può essere vittima di un'esplosione, di una granata, di un proiettile, oltre ai sequestri e alle prese di ostaggi a scopo di estorsione, gli assassini ... Il caos minaccia tutti, ovunque e in ogni momento.
        I pericoli sono in agguato per tutti i cittadini, soprattutto civili, a causa della destabilizzazione e del caos dei quartieri in molte aree (Homs e dintorni, Aleppo, la periferia di Damasco, la mia città natale Daraya, ...); a causa della strumentalizzazione, specialmente dei cristiani, ma anche di diversi gruppi religiosi.
       C'è anche il pericolo di essere presi come scudi: persone, case, chiese, moschee ... E il pericolo di disordini religiosi artificiali, soprattutto tra cristiani, musulmani e drusi.
        Questi pericoli minacciano tutti i cittadini, ma soprattutto i cristiani, che sono la cellula più debole, la più fragile.

        Davanti a tutti questi pericoli, a questa sofferenza, a queste disgrazie che affliggono tutti i cittadini, ci chiediamo: Non c’è nessun’ altra voce, altra via che la guerra, le armi, la violenza, l'odio, la vendetta?
        Abbiamo un disperato bisogno di una soluzione. Mesi fa abbiamo lanciato, nel mese di agosto 2012, la nostra chiamata: "La riconciliazione è l'unica salvezza per la Siria." Non smetteremo di chiamare all’amore, al dialogo, all'armonia e alla pace.
        Siamo certi che, nonostante tutti i nostri problemi, tutti i siriani - governo, partiti politici, musulmani sunniti e sciiti, alawiti, cristiani e drusi - siamo in grado di comunicare, di ricostruire un clima favorevole alla riconciliazione, per andare avanti insieme.
        Io, come Patriarca, e tutti noi, come cristiani, siamo chiamati a svolgere questo ruolo. Questo è il motivo per cui vi stiamo scrivendo .

        Forse è utile presentare, in particolare, la situazione dei nostri cristiani.
        Damasco è la sede del nostro Patriarcato melchita greco-cattolico, e anche la sede dei Patriarcati greco ortodosso e siriano ortodosso di Antiochia. La Siria ha tra il milione e mezzo e due milioni di cristiani di tutte le chiese. A parte l'Egitto,è il paese dove c’è il maggior numero di cristiani, anche più che in Libano.
        Il futuro dei cristiani in Medio Oriente è legato ai cristiani di Siria. Molti cristiani libanesi sono fuggiti in Siria, dal 1975 al 1992 e nel 2006. Allo stesso modo, i cristiani dell'Iraq si sono per lo più rifugiati in Siria, dove si trovano ancora molti di loro.
       Il futuro dei cristiani in Siria è minacciato, non dai musulmani, ma dalla crisi attuale, a causa del caos che essa crea e dell'infiltrazione di gruppi islamici fondamentalisti e fanatici, incontrollabili, e sono questi che possono essere la causa di attacchi contro i cristiani.
        La minaccia del peggio è forse più grave per i musulmani che per i cristiani, a causa dei sanguinosi conflitti secolari tra le fazioni e le sette dell'Islam.
        La situazione dei cristiani è già un doloroso bilancio: più di mille vittime (militari e civili,  sacerdoti, uomini, donne e bambini), e centinaia di migliaia di rifugiati e persone sfollate, all’interno della Siria stessa , e in Libano, Giordania, Egitto, Iraq e Turchia. Altri, un numero relativamente grande (ma non abbiamo le cifre esatte), sono fuggiti in Europa (soprattutto in Svezia), in Canada e negli Stati Uniti ..., in tutto, circa da 250.000 a 400.000 persone..
        Le perdite materiali sono molto gravi. Non abbiamo statistiche, ma sappiamo che ci sono una ventina di chiese danneggiate o parzialmente distrutte, e anche le istituzioni sociali (scuole, orfanotrofi, case per anziani), che sono da sempre al servizio di tutti i cittadini, cristiani e musulmani.
        Tutto ciò senza contare la perdita di posti di lavoro (fabbriche, negozi, edifici) e delle case dei nostri fedeli, che hanno dovuto lasciare le loro città, villaggi, quartieri in fretta, senza essere in grado di prendere con sè poco o nulla. In generale, queste case e proprietà sono state saccheggiate, distrutte o danneggiate. Tutto questo rappresenta perdite per un totale di diversi milioni di dollari. Interi villaggi sono stati svuotati di tutti i loro abitanti cristiani (come la mia città natale Daraya).

        I nostri concittadini musulmani sono in una situazione simile, con  perdite ancora più gravi, perché sono molto più numerosi di quanto siano i nostri fedeli.

        Ma il fatto più grave, per tutti, è il caos!

     La Domenica di Pasqua, Papa Francesco, ha lanciato un appello per  "la amata Siria, per la sua popolazione ferita dal conflitto e per i molti rifugiati che attendono aiuto e conforto. Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze devono ancora essere imposte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?”
        Preghiamo perchè il mondo  ascolti la voce del Papa Francesco!

        Noi preghiamo per tutti voi, Sovrani, Presidenti, Capi di Stato e di Governo dei Paesi di tutto il mondo.
        Possiate, cari Amici, ascoltare la voce di Cristo: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figlio di Dio". Preghiamo perchè siate degni di questa beatitudine,  perchè voi siate operatori di pace.

                                     + Gregorios III
                                     Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente,
                                     Alessandria e di Gerusalemme

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Appeal-of-His-Beatitude-10-April-2013

  ( traduzione a cura di FMG)

martedì 2 aprile 2013

Lettera a Papa Francesco da S.B. Gregorios III

"LA SIRIA LA IMPLORA"




Damasco 29/03/2013

Nel  Grande Venerdì Santo



Beatissimo Padre

 Questa lettera giunge a Lei il Venerdì Santo, chiamato Grande e Santo nella nostra tradizione orientale, mentre si sta celebrando la prima Via della Croce del Suo pontificato, come Vescovo della Chiesa di Roma che presiede nella carità!

Sto scrivendo questa lettera in Damasco, mentre stiamo vivendo una dura, sanguinosa, dolorosa, lunga Via Crucis che si estende su tutte le strade della Siria e che tutti i Siriani hanno sperimentato e vissuto da più di due anni!

Come Gesù, che cadde tre volte sotto il peso della Santa Croce e che Simone di Cirene è stato chiamato ad aiutare, anche noi abbiamo bisogno di un Simone, e ancora di più di Gesù, per portare la Croce insieme con noi e portare al termine, senza indugio , il nostro duro cammino della Croce, per raggiungere  la gioia finale della Risurrezione!

Santità! Voi siete Simone, siete il Vicario di Gesù! Ci rivolgiamo a Lei ! Abbiamo bisogno del Suo aiuto! La Siria La sta implorando! Tutti i nostri fedeli, anzi tutti i cittadini Siriani contano su  Vostra Santità, aspettandosi una iniziativa da Vostra Santità, dal Vaticano, dalla Chiesa Cattolica, dal miliardo e un quarto di cattolici del mondo ! Un'iniziativa che traccerebbe una tabella di marcia per portare la crisi a termine, fermare l'accumulo di armi, la violenza, il terrore, la presa di ostaggi, riscatti, il caos e la morte! ...

Questa è la via della riconciliazione, del perdono reciproco, del dialogo, della sicurezza, della fratellanza e della pace.

 Il Suo aiuto è infinitamente prezioso per tutti noi e per tutti i popoli del Medio Oriente, perché la crisi siriana ha iniziato a colpire i paesi vicini, in particolare il Libano, così come la Palestina, l'Iraq, la Giordania e l'Egitto -  tutto il Medio Oriente di fatto.

Siamo in attesa di un'iniziativa da Vostra Santità, un gesto e una parola come Gesù: '"Misereor!" Per noi Lei è un San Francesco, amico dei poveri, un Simone o un Buon Samaritano! Lei è il Santo Padre, il nostro Santo Padre!

Grazie, Santo Padre! Stiamo pregando per Lei come ci ha chiesto! Preghiamo  il nostro Salvatore Risorto per aiutarLa a portare gioia, entusiasmo e speranza della Risurrezione attraverso il Suo sacro ministero Petrino.

 + Gregorios III
 Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente, Di Alessandria e di Gerusalemme
 Presidente dell'Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Letter-to-Pope-Francis

sabato 9 marzo 2013

Appello di Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III per la protezione dei civili in Siria


Facciamo appello a tutti i leader locali e internazionali perché compiano ogni sforzo per proteggere i civili in Siria.



Le Comunità in varie parti della Siria da tempo sono diventate il bersaglio di bombardamenti indiscriminati e di abusi diretti a persone anziane, donne, bambini e disabili. Arbitrari rapimenti a scopo di un riscatto esorbitante,  l'intimidazione e la coercizione si sono sviluppate in una piaga crescente . Il numero delle vittime innocenti di popolazioni remote e indigenti è inesorabilmente in aumento. Recentemente, il villaggio di Rableh, vicino al confine con il Libano, è stata teatro di gravi incidenti di questo genere.

Noi imploriamo vivamente che questi ingiustificati attacchi gratuiti verso una pacifica popolazione innocua siano fermati. La comunità internazionale non dovrebbe sottovalutare questi crimini che violano la dignità umana in contrasto con le convenzioni internazionali.

Questo appello nasce dalla nostra preoccupazione per il futuro delle tante città siriane i cui abitanti,  benchè sottoposti a ogni genere di privazioni, abusi e minacce da mesi, restano attaccati alla loro terra d'origine. Vorrei loro esprimere la mia solidarietà paterna e condivisione nelle loro sofferenze.

I miei ringraziamenti vanno agli operatori di pace, in particolare ai rappresentanti di Musalaha, che si dedicano a salvare vite umane innocenti in tutta la Siria, a calmare gli animi in modo da disinnescare le controversie e alla diffusione dell’armonia, al fine di risparmiare ulteriori spargimenti di sangue in Siria. Ciò è inestricabilmente connesso con la principale preoccupazione del nostro ministero pastorale e patriarcale: chiediamo a tutti di rispettare e proteggere la popolazione civile e salvarla dall’ essere il bersaglio di tali orrori.

Io supplico la Misericordia del Cielo sulle vittime, la pazienza e il conforto per i loro parenti e saggezza e compassione verso gli aggressori.

Che il rispetto dei sacri diritti degli esseri umani, creati a immagine del Dio Misericordioso e amante degli uomini, risplenda in Siria!



martedì 26 febbraio 2013

Riunione della Coalizione delle opposizioni a Roma: ascolterà il grido della Chiesa siriana?

"Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano"





Dichiarazione del Patriarca Gregorios III dopo le esplosioni terroristiche nel quartiere 'Mazraa di Damasco, che ha lasciato  il tributo della vita di 53 morti e 235 feriti e causato ingenti danni, in particolare per una scuola e un ospedale


21 Febbraio 2013

Tre esplosioni successive hanno scosso Damasco, lacerandoci anima e cuore, ferendo i nostri sentimenti e portando lacrime agli occhi. Abbiamo pianto ad alta voce con preghiere e suppliche, come fa il padre del bambino malato gridando al Signore Gesù Cristo, "Se tu puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci!" (Marco 9: 22)
 Preghiamo per il riposo delle anime delle vittime, cittadini cari e diletti figli della Siria: civili, studenti, bambini, tutti  cittadini innocenti. Preghiamo per i feriti affinchè  guariscano  presto e per coloro che piangono perchè siano consolati.
Facciamo un accorato appello alla coscienza di tutti in tutto il mondo, ai capi di Stato, in particolare dei paesi Arabi, ai leader di istituzioni ed assemblee internazionali, agli attivisti per la pace, a Sua Santità il Papa e ai Vescovi cristiani in tutto il mondo, implorando loro di ascoltare il nostro grido e le sofferenze e il dolore del popolo siriano. Nessuno ha il diritto di cercare scuse e negare la responsabilità per il massacro, la distruzione, le esplosioni, i disordini, né per l'attuale crisi, l'odio, rancore e inimicizia tra i figli della stessa Patria.
 Rinnoviamo il nostro appello a tutto il mondo per la fine dell'afflusso di armi alla Siria. Chiediamo alla comunità internazionale e ai Paesi più potenti del mondo di sostenere la Siria nei suoi sforzi per attuare la via del dialogo e raggiungere una soluzione diplomatica alla crisi.
 Da parte nostra, sosteniamo gli sforzi per il dialogo. Questo è il programma del governo della Siria e anche la gente vi interviene con la nostra cultura e convinzioni. Imploriamo gli attivisti per la pace e i vincitori del premio Nobel per la Pace di aderire  al piano della Siria per il dialogo e la riconciliazione.
In ragione della nostra responsabilità come Patriarca, ci rivolgiamo al Consiglio di Sicurezza, all'Unione Europea, e a tutte le nazioni, in particolare ai paesi amici, e ai molti laici e religiosi amici che abbiamo in Europa Occidentale (in particolare in Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia). Chiediamo a questi ultimi di intraprendere sforzi seri e tempestivi per fare pressione sui loro governi a sostegno di una soluzione politica e di dialogo tra siriani, e per prevenire l'armamento dei belligeranti.
 Estendiamo il nostro appello alla Russia e agli Stati Uniti d'America a continuare i loro sforzi sinceri per sostenere i progressi verso il dialogo e una soluzione politica globale.
La pazienza dei Siriani è esaurita: la loro sofferenza è aggravata in ogni dettaglio della loro vita quotidiana.

Chiediamo a Sua Santità il Papa e ai capi della Santa Sede Apostolica di Roma di lanciare una iniziativa diplomatica della Chiesa Cattolica sulla base della sua influenza spirituale globale.
 Ci rivolgiamo ancora una volta soprattutto ai nostri fedeli dell'Eparchia Patriarcale di Damasco, invitandoli a digiunare e pregare in questo periodo della Grande Quaresima per la sicurezza e la pace in Siria e per il successo degli sforzi per il dialogo e la riconciliazione.
 Imploriamo il Signore nostro Gesù Cristo, con fervore e con insistenza, per porre fine a questa crisi soffocante, e per condurre  al temine  la via dolorosa della croce dei nostri concittadini , verso la gioia della risurrezione, per l'intercessione della Madre di Dio e sempre Vergine Maria, Regina della Pace.
 Durante la sua visita in Libano nel mese di settembre 2012, Papa Benedetto XVI ha espresso il suo dolore per le sofferenze degli abitanti di "questa regione che sembra sopportare dolori interminabili ... Perché Dio ha scelto queste terre? Perché  la loro vita è così turbolenta? Dio ha scelto queste terre, credo, per essere un esempio, per testimoniare di fronte al mondo che ogni uomo e ogni donna ha la possibilità di realizzare concretamente il suo desiderio di pace e di riconciliazione! ...
 "Pensieri di pace, parole di pace e gesti di pace creano un clima di rispetto, onestà e cordialità, dove le colpe e le offese possono essere sinceramente riconosciuti come un mezzo per  progredire insieme sulla via della riconciliazione. Che i leader politici e religiosi possano riflettere su questo! ...
 "Si tratta di rifiutare la vendetta, riconoscendo i propri errori, accettare le scuse senza chiedere le loro, e, non da ultimo, il perdono. Solo il perdono, dato e ricevuto, possono gettare basi durature per la riconciliazione e la pace universale. " (Discorso del Santo Padre Benedetto XVI, Sala del Palazzo presidenziale di Baabda, Sabato 15 Settembre, 2012)



L'opposizione siriana sarà a Roma, convinta da Kerry che promette "aiuti" e Damasco si dice pronta al dialogo



ASIANEWS - 26/02/2013
La Syrian National Coalition, che aveva annunciato il boicottaggio della conferenza degli Amici della Siria torna sui suoi passi dopo l'impegno annunciato dal Segretario di Stato Usa che a Roma non si va "solo per parlare". Il ministro degli esteri siriano dice che il governo è pronto a dialogare anche con "coloro che sono in armi".

Roma (AsiaNews) - L'opposizione siriana riunita nella Syrian National Coalition (SNC) ha annunciato che il suo capo, Moaz al-Khatib (nella foto), parteciperà alla conferenza degli Amici della Siria, che si apre il 28 a Roma, che aveva invece annunciato di voler boicottare. All'origine della decisione, a quanto dichiarato dal portavoce della SNC, Walid al-Bunni, le assicurazione date dal nuovo segretario di Stato Usa, John Kerry, sulla intenzione del presidente Obama di incrementare il sostegno ai ribelli.

    LEGGI IL SEGUITO SU: 
http://www.asianews.it/notizie-it/L'opposizione-siriana-sarà-a-Roma,-convinta-da-Kerry-che-promette-aiuti-e-Damasco-si-dice-pronta-al-dialogo-27241.html



Il governo italiano si orienta in modo sempre più deciso per un «sostegno militare» alle opposizioni siriane. 

Secondo quanto si apprende dal sito web del ministero degli Esteri italiano, «a Roma l’Italia e i Paesi europei proporranno agli Stati Uniti maggiore flessibilità nelle misure in favore dell’opposizione al regime di Assad. In particolare, chiederanno che gli aiuti “non letali” (ovvero gli aiuti che non servono direttamente ad uccidere –come elmetti, divise, apparati radio, automezzi, cibo e tecnologia - che vengono già assicurati agli insorti siriani da parte Paesi occidentali - ndr) vengano estesi fino a comprendere anche l’assistenza tecnica, l’addestramento e la formazione, in modo da consolidare l’azione della coalizione, sulla scia di quanto espresso nell’ultimo Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea».
L’appoggio proposto dal governo italiano in «assistenza tecnica, addestramento e formazione» all’opposizione siriana costituisce un passo in più verso un impegno militare più diretto e lascia perplessi non pochi osservatori, anche per via del comportamento che la stessa opposizione armata, difficilmente governabile, sta tenendo sul campo.

   LEGGI IL SEGUITO SU:

giovedì 21 febbraio 2013

Ma l'embargo colpisce il popolo

SANZIONI  UE  ALLA  SIRIA



Il patriarca Gregorios III Laham chiede all'Europa un protagonismo diverso: ''Il nostro Paese non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace''

S.I.R. Martedì 19 Febbraio 2013

L’Unione europea, nella seduta di ieri a Bruxelles, ha rinnovato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco in scadenza il prossimo 28 febbraio, con l’impegno di “emendare” le misure in modo da “fornire un maggiore supporto non-letale e assistenza tecnica per la protezione dei civili”. Nel prolungamento delle sanzioni non c’è l’allentamento sull’embargo delle armi che era stato ventilato dalla Gran Bretagna, per poter dare un aiuto diretto all’opposizione. Ipotesi tiepidamente sostenuta dalla Francia, ma osteggiata dalla maggioranza dei 27.
Sempre ieri, ma a Ginevra, la Commissione Onu sulle violazioni dei diritti umani, di cui è membro l’ex procuratrice federale, Carla Del Ponte, ha presentato un rapporto che punta il dito “sugli individui in posizione di leadership” come responsabili dei crimini. “C’è un bisogno urgente di avere accesso alla Siria” per indagare sulle violazioni dei diritti umani ed è ora che il Consiglio di sicurezza deferisca la situazione nel paese alla Corte penale internazionale, ha detto Del Ponte.
Sul terreno degli scontri la situazione si fa ancora più complicata ora che le milizie sciite libanesi di Hezbollah sono scese in campo a fianco dello storico alleato siriano, il presidente Assad, sferrando attacchi contro i ribelli locali nella provincia centrale di Homs. Su questi ultimi sviluppi Daniele Rocchi, per il Sir, ha posto alcune domande al patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme, Gregorios III Laham.

Beatitudine, ieri l’Ue ha prorogato per tre mesi il pacchetto di sanzioni contro il regime di Damasco. Cosa ne pensa?
“Questo embargo non fa che peggiorare le condizioni del popolo e non tocca il Governo e il presidente. La vita in Siria è ogni giorno più costosa, le famiglie hanno difficoltà ad acquistare i generi di prima necessità, moltissime hanno avuto le proprie case distrutte. Tante hanno lasciato il Paese. Per questo oggi siamo riuniti qui a Damasco con i rappresentanti di tutti gli organismi di solidarietà delle chiese cristiane. Lo scopo è quello di coordinare gli aiuti alla popolazione sfollata, rifugiata, alle famiglie e alle persone che sono rimaste ma che hanno perso la casa, il lavoro e che non riescono ad andare avanti”.

Cosa avrebbe dovuto fare l’Unione europea, allora?
“La situazione è da tempo insostenibile, la violenza e l’instabilità minano l’economia, ormai al collasso, impediscono ogni dialogo e la ricerca di una soluzione politica negoziata che è quella che tutti auspichiamo. L’Ue invece di aiutare la riconciliazione interna, lottando contro il fondamentalismo di tante fazioni in campo, proroga di tre mesi le sanzioni. Non è questa l’Ue che vogliamo”.

Di cosa avrebbe bisogno la Siria?
“Diciamo prima di cosa non ha bisogno la Siria: la Siria non ha bisogno di forniture di armi. La nostra terra è intrisa di sangue. Più armi significa più morte, più violenza, più emigrazione, più povertà. Abbiamo bisogno che le diplomazie lavorino per raggiungere la pace. Non vogliamo denaro, non vogliamo armi. La gente siriana che soffre della violenza chiede questo alla comunità internazionale: che si dia da fare per il negoziato, il dialogo e la riconciliazione. La Siria vuole stabilità e sicurezza”.

Sono sempre di più i casi di violenza e abusi contro la popolazione e la piaga dei rapimenti sembra colpire principalmente i cristiani. Perché proprio i cristiani?
“Oggi non c’è luogo sicuro in Siria. I rapimenti sono solo un aspetto della mancanza di sicurezza che si vive in Siria oggi. Questi non riguardano solo i cristiani ma tutta la popolazione. I cristiani, certamente, sono anch’essi nel mirino. Al momento sappiamo di tre sacerdoti rapiti e stiamo cercando di riportarli a casa salvi”.

Da domani, fino al 22 febbraio, ad Amman, in Giordania si tiene un summit delle 17 Caritas nazionali del medio Oriente e del Nord Africa, che avrà a tema anche la tragedia siriana. I profughi siriani sono più di 350mila sia in Giordania che in Libano e non meno di 150mila in Turchia…
“L’incontro di Amman è il segno più vero e autentico dell’amore della Chiesa verso la Siria e indica ciò che si dovrebbe fare per aiutare veramente il nostro Paese. Salutiamo con riconoscenza la Santa Sede e le Chiese che si stanno prodigando per portare sostegno spirituale e materiale ai nostri fratelli sfollati e rifugiati in Giordania, Libano, Turchia. Questa è la vera risposta alle sanzioni imposte dall’Ue, che ormai ha perso ogni senso di valore cristiano”.

La fuga dei siriani dal Paese sembra non finire. A complicare le cose anche la discesa in campo delle milizie libanesi di Hezbollah a fianco del presidente Assad. Teme l’escalation della guerra?
“L’allargamento del conflitto, che vede adesso in campo anche le milizie sciite di Hezbollah a fianco di Assad è la riprova che questa guerra potrà finire solo in presenza di un’azione vigorosa di dialogo e di negoziato. Con le armi non si va da nessuna parte. Mi appello all’Europa e al mondo: non armate i contendenti ma aiutateli a sedere intorno ad un tavolo per trovare una soluzione politica giusta. Serve uno sforzo politico e diplomatico per la riconciliazione tra i gruppi in conflitto”.

Carla Del Ponte, magistrato dell’Onu che si occupa di diritti umani, ha detto ieri che “è arrivato il momento” per il Consiglio di Sicurezza di portare i crimini di guerra della Siria davanti alla Corte penale internazionale (Cpi). È d’accordo con questa richiesta?
“Oggi in Siria siamo tutti criminali, siamo tutti da processare, ma anche l’Europa. Questa è anche la guerra dell’ipocrisia e della bugia. Quel che si scrive intorno a questo conflitto non è tutto vero. Non è vero, per esempio, che tutta la popolazione è contro Assad. La gente chiede solo la fine della violenza, di uscire dal caos in cui vive, di ritrovare sicurezza e stabilità. Aiutateci a dialogare allontanando tutte quelle forze straniere e fondamentaliste che combattono dentro la Siria e che minano la convivenza del popolo e la rinascita del Paese”.


venerdì 15 febbraio 2013

Il messaggio di Quaresima di S.B. Gregorios III: è in gioco il futuro dei cristiani, la solidarietà è la risposta.

Facendo propria una parola delle Scritture, «chi dà ai poveri presta a Dio», il Patriarca dei greco-cattolici Gregorios III offre, nel suo messaggio di Quaresima 2013, una valutazione dell'impatto della crisi siriana sulla sua Chiesa e l'appello alla solidarietà nella fede e nella carità. 

"Di fronte alle sofferenze e catastrofi affrontate dai nostri paesi arabi, in primo luogo abbiamo bisogno di vivere questa solidarietà cristiana", dice Gregorios III nel suo messaggio. "Come potremmo altrimenti affrontare la situazione in Siria, che supera, e di molto, le nostre capacità ben limitate in termini di aiuto umanitario sul medio come sul lungo termine".




L'immagine della tragedia

"Nelle eparchie di Homs, Latakia, Safita e Marmarita (Valle dei cristiani con 143 villaggi), di Houran, Aleppo e Damasco, la situazione della popolazione, in generale, e nostri fedeli, in particolare, è catastrofica. Circa 20 chiese sono state distrutte, danneggiate, devastate, abbandonate. Non vi è più è celebrata la Divina Liturgia. I fedeli se ne sono andati e i sacerdoti anche. Si ipotizza un numero superiore a 2 milioni di sfollati. »

 Le regioni e le comunità dove i nostri chiese e istituzioni sono particolarmente colpite sono:
 Nell'Eparchia di Homs: il Vescovado, la maggior parte delle chiese e istituzioni ecclesiali della città di Homs, Kousair, Dmeineh Charquieh, Rableh, il Santuario di Sant’ Elia, Jousi, Yabroud, Krak des Chevaliers, la Valle dei cristiani.

Nell'Eparchia di Aleppo: il Vescovado, chiese, istituzioni e il quartere Salebi (Cristiano).

Damasco e dei suoi dintorni: Zabadani, Harasta, Daraya (mia città natale), Douma, Ayn Terma, Kassaa... 


 "Molti dei nostri fedeli sono stati rapiti e coloro che sono stati restituiti alle loro famiglie lo sono stati dietro il pagamento di un riscatto enorme. Oltre ai feriti, si stima che oltre 1.000 cristiani sono stati uccisi tra cui un centinaio di cattolici greco-melchiti. »

Situazione tragica
 «La situazione degli sfollati all’interno è tragica. Gli affitti nelle zone di rifugio sono esorbitanti, mentre in cambio non c'è più possibilità di salario . Questi rifugiati dopo aver perso la loro case, il loro lavoro e spesso i loro strumenti di lavoro,  solo molto raramente trovano un impiego. Essi sono spesso senza alcuna risorsa. Non dimentichiamo coloro che hanno ancora la possibilità di restare nei loro villaggi, nelle loro case, ma che sono anche i nuovi poveri. Dei poveri nella crisi economica che ha colpito tutto il Paese: prezzi più alti e ricavi inferiori. E ci sono i profughi che ci hanno lasciato per i Paesi limitrofi come il Libano, in Europa o altrove.
 Ovunque  incontriamo le stesse tragedie e disperazione anche con il dolore della perdita di cari, un marito, un figlio, un fratello... morto, rapito o scomparso. Ovunque  dubbio, paura e sospetto... Ma tutto questo è solo una immagine assai pallida della triste realtà della vita quotidiana dei nostri fedeli in Siria. Un'immagine a cui dovremmo aggiungere che la maggior parte delle nostre istituzioni - quando non sono state distrutte o impedite di lavorare normalmente - hanno dovuto imparare ad adattarsi alla situazione. Questo è stato, per esempio, il caso delle nostre scuole. Molte sono stati chiuse , così gli studenti sono stati spostati in zone più sicure ma spesso inadatte all’insegnamento, come i 2.200 studenti nella nostra nuova scuola di Mleiha (aeroporto di Damasco) che hanno trovato posto nell'ex sede del Collegio patriarcale nel cortile della cattedrale.


Bussare a  tutte le porte
 «Tutte le chiese della Siria si sono riunite per portare aiuto e sollievo a tutti coloro, cristiani e musulmani, che hanno chiesto e che continuano ogni giorno a domandare.».  Ma noi bussiamo ad ogni porta. In Siria, in Libano, nelle nostre eparchie della diaspora come a quelle delle organizzazioni e istituzioni internazionali... Vorremmo ringraziare ed esprimere la nostra gratitudine a tutti coloro che ci hanno aiutato, che hanno risposto alle nostre richieste. Ma come faremmo senza di loro per continuare a sovvenire ai bisogni urgenti di alimenti, farmaci, alloggio e riscaldamento ?... A Natale già abbiamo lanciato un appello per una solidarietà attiva. La solidarietà è un atto di fede. (...) La domanda a cui noi dobbiamo rispondere, noi qui in Oriente, è esistenziale: TO BE OR NOT TO BE... Essere o non essere! È in gioco il futuro dei cristiani in Oriente. »
 "Per supportare e organizzare questa solidarietà chiediamo a tutte le nostre eparchie di costituire dei comitati di solidarietà (...). La nostra solidarietà è ovunque la vera cura contro il  pessimismo, la paura, lo scoraggiamento, la frustrazione, la disperazione, il dubbio... Facciamo appello ai nostri fratelli musulmani per sostenere i nostri sforzi e per preservare la presenza cristiana con loro e per loro. Essi sanno come la presenza cristiana è stata ed è ancora così importante - ed efficace - nella storia del mondo arabo su tutti i piani. Sanno come le nostre  istituzioni culturali, sanitarie, educative, sociali, intellettuali e religiose sono al servizio di tutti i cittadini senza distinzione. Tutto, tutto, è in pericolo se la presenza cristiana dovesse sparire. Anche la solidarietà cristiana deve essere una solidarietà di musulmani e cristiani, perché lo scopo è quello di servire la nostra società, le nostre patrie arabe senza distinzione, come lo è stato nel corso della storia. Abbiamo bisogno di solidarietà, cristiani e musulmani, per un futuro migliore per le nostre generazioni a venire. »


 "Prima di concludere, chiamiamo tutti i nostri fedeli a rispettare la pratica del digiuno, dell’astinenza e mortificazioni, delle preghiere proprie della Quaresima, senza mai dimenticare la virtù, la misericordia, il perdono e la carità". 

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Lent-letter-2013