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giovedì 25 giugno 2015

Tra Ramadan, condivisione e "la speranza che non viene meno!" : dai Maristi di Aleppo



   Telegramma di cordoglio per la morte, avvenuta questa mattina, del Patriarca di Cilicia degli Armeni, Sua Beatitudine Nersès Bédros XIX Tarmouni, inviato dal Santo Padre Francesco al Sinodo Patriarcale di Cilicia degli Armeni:
    "Avendo appreso con viva commozione dell’improvvisa morte di sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli Armeni, porgo le mie più sentite condoglianze al Sinodo e a tutti i fedeli del Patriarcato così duramente provati. Ricordando la nostra stretta collaborazione, di cui la recente proclamazione di san Gregorio di Narek come dottore della Chiesa è uno dei punti culminanti, affido al Padre misericordioso l’anima di questo pastore devoto che, come sacerdote, si è adoperato senza riserve al servizio delle comunità che gli sono state affidate, poi, come vescovo, ha esercitato con fede e zelo il suo ministero, prima ad Alessandria e in seguito come patriarca di Cilicia degli Armeni. Attraverso la preghiera mi unisco a tutte le persone colpite da questa improvvisa scomparsa e di tutto cuore imparto loro la benedizione apostolica, in particolare ai vescovi del Patriarcato di Cilicia degli Armeni, alla famiglia del defunto e a tutte le persone che parteciperanno alla liturgia esequiale."
FRANCESCO

© http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino.html - 25 giugno 2015




Lettera da Aleppo N° 22 (21 giugno 2015)

Dai Fratelli Maristi 


Oggi, 19 giugno 2015 è il primo venerdì di Ramadan…   Questa mattina le strade erano praticamente deserte. Tutti ancora dormivano. I musulmani che digiunano sono rimasti svegli fino a tardi per poter fare colazione prima della preghiera dell’aurora che annuncia l’inizio del digiuno.
Oggi abbiamo distribuito il paniere alimentare mensile alle famiglie sfollate nel quadro del progetto “Il paniere dei Maristi Blu”. La mamma di Douha non è venuta. Infatti la piccola Douha di 5 anni è all’ Ospedale St. Louis da domenica, curata con il progetto “Civili feriti di guerra”. E’ stata colpita gravemente alla testa e alla mano dalle esplosioni di una granata. La sua famiglia abita in uno dei quartieri più caldi della città. Essi sono poveri. Non hanno molti mezzi. In effetti, non ne hanno per niente. Questo quartiere è il meno caro. L’ultima casa in cui hanno abitato fino a domenica mattina è la casa della zia. Questi ultimi tre mesi sono stati sfollati due volte, sempre nello stesso quartiere ad alto rischio… Ad ogni granata che cadeva e distruggeva una parte della casa dovevano rifugiarsi altrove. Douha dovrà tornare nel quartiere e vivere nelle stesse condizioni d’insicurezza!

Per lei e per molti bambini come lei, abbiamo lanciato il progetto educativo “Voglio imparare”. Come lei, molti bambini dei nostri diversi progetti sono minacciati quotidianamente, così come i loro parenti dagli spari. Penso a Hiba che si ritrova con tutta la sua famiglia di 8 persone per la strada. In tutte le famiglie noi troviamo le stesse paure, le stesse minacce, le stesse inquietudini…soprattutto quando sono infiammate dalle voci: ”Quelli vogliono entrare…Hanno già occupato quel quartiere, quella strada…Noi li abbiamo visti , abbiamo visto la loro bandiera, abbiamo sentito il loro grido. Li abbiamo visti passare…” Anche se non sono che voci annunciate da profeti di sventura.

Eh sì, ecco Aleppo, una città immersa nelle voci di una possibile invasione dei gruppi armati. Come se non fosse già abbastanza per la gente vivere sotto la minaccia dei colpi di granata e di mortai che dovesse anche vivere l’inquietudine del domani…
Bisogna cercare una risposta? Bisogna non creare il panico? Bisogna preoccuparsi e mettere in allarme la gente? Cosa fare, come agire, quali parole pronunciare? Quale atto tradirebbe la fiducia? Quale gesto? Tante domande che obbligano, noi Maristi Blu, ad essere portatori di Speranza.

Quando voi, gli amici di tutto il mondo, ci contattate per avere nostre notizie o per mostrarci la vostra solidarietà e il vostro appoggio, noi respiriamo, riprendiamo le forze e siamo incoraggiati a continuare il cammino per quanto sia duro…

Questa sera penso a tutti i nostri amici musulmani per i quali il digiuno è il periodo del ritorno a Dio e all’uomo, ad ogni uomo, soprattutto il più sfavorito ed il più povero. E’ il tempo del “Zakat”, l’elemosina. E’ il tempo in cui ognuno ha diritto all’”ftar”, il pasto che mette fine al digiuno. Io penso ai miei amici musulmani devoti che pregano e convertono i loro cuori. Durante il Ramadan, tutto il ritmo della vita è modificato. Tutti i commerci, tutte le attività culturali e ludiche ruotano attorno al Ramadan… 29 giorni nei quali la vita si trasforma in culto e in fede.
In Siria, il Ramadan è un’occasione di condivisione, di apertura all’altro: i vicini, i parenti gli amici… Sono sempre stato edificato da ogni persona che digiuna…La mamma di Kosai , 5 anni, è venuta a supplicarmi di convincerlo a non digiunare. Un accordo è stato concluso: un giorno su due…..

Nella tradizione dell’Oriente, per augurare ai musulmani un buon Ramadan, noi diciamo ”Mabrouk taaitkon”…”Che Dio benedica la vostra obbedienza”. E’ il tempo di regolare il proprio ritmo di vita al ritmo della fede. Un esempio…un modello in questo terzo millennio.
I nostri amici musulmani hanno sempre rispettato il fatto che i loro concittadini cristiani non digiunino. Nulla è imposto ai cristiani. Questi ultimi sono liberi di vivere la loro vita e la loro fede nella pura tradizione cristiana, senza alcuna minaccia o imposta da pagare.
Noi eravamo lontani dal fanatismo che impone una sola vista, un solo sguardo, una sola via…Come siamo lontani da questo mondo estremista, estraneo alla nostra storia e alla nostra tradizione culturale. Noi abbiamo sempre rispettato la fede, la cultura e le tradizioni dell’altro.
Oggi vogliono convincerci che l’altro sia un nemico. Oggi vogliono convincerci che vivere sia escludere l’altro, non lasciargli posto…Vogliono convincerci che la diversità non dovrebbe esistere… Una sola dottrina, una sola visione, una sola legge e tutti coloro che non aderiscono sono minacciati, perseguitati esclusi ed uccisi.
In questo grande mondo che cerca un senso, proporre Dio, vivere la propria Fede ed impegnarsi per l’uomo sono una testimonianza eloquente dei valori che danno senso.

Il nostro fratello Emili, Superiore Generale, ha voluto presentare i Maristi blu come modello di presenza evangelica nelle frontiere. Noi gli abbiamo detto che non siamo degli eroi e che la nostra scelta risponde ad una chiamata interiore.

La casa dei Maristi è piena di attività per i bambini, i giovani e gli adulti. Noi non chiudiamo per ferie. Le vacanze sono l’occasione per aprire le nostre porte, lanciare delle attività all’aria aperta…permettere agli educatori di fare esperienza dell’altro e permettere ai bambini di respirare l’aria della gioia e dell’amicizia.

Noi vogliamo condividere con voi un nuovo progetto che abbiamo iniziato e di cui siamo i responsabili. In coordinamento con le altre 19 associazioni caritative cristiane di Aleppo , abbiamo lanciato il progetto “Goccia di latte”. Più di 3000 bambini cristiani minori di 10 anni usufruiscono da due mesi di una distribuzione mensile di latte in polvere o del suo equivalente per i bambini sotto l’anno di età.
Gli altri progetti continuano. L’ultimo programma del MIT comprenderà quattro sessioni di formazione. Stiamo preparando i pacchi regalo di abiti nuovi per le 200 famiglie che celebreranno la festa del Fitr (fine del Ramadan). Molti feriti da colpi di mortaio e da proiettili sono curati all’Ospedale St. Louis. I panieri alimentari sono distribuiti regolarmente, tutti coloro che ne usufruiscono apprezzano la quantità e la qualità.

Approfitto dell’occasione per ringraziare tutti i nostri amici e benefattori senza i quali non avremmo potuto sostenere le famiglie più povere di Aleppo.
Nel congedarmi, vi lascio questo testo del nostro amico il Padre Jean Debruynne tratto da “Tre figlie della saggezza”, un gioco scenico scritto per le Guide (Scout) di Aleppo: “Forse sarà oggi.. forse domani… che un giorno nuovo ci dirà “sì” e ci aprirà le sue due mani …Ascoltate, io sento un passo. Verrà questa notte forse Colui che non era atteso. Lo vedremo apparire”.
La nostra speranza non viene meno!
Buone vacanze a voi tutti. Conservate Aleppo e i suoi abitanti presenti nelle vostre preghiere.
Fratel Georges Sabe, per i Maristi Blu di Aleppo
http://aleppohope.blogspot.it/2015/06/lettera-da-aleppo-tra-ramadan.html?spref=fb


Aleppo nuova Sarajevo.«I ribelli ci bombardano  ogni giorno. 

L’Occidente non sia complice: dica la verità sulla guerra»

leggi l'intervista a Nabil Antaki:
 http://www.tempi.it/aleppo-nuova-sarajevo-ribelli-bombardano-ogni-giorno-occidente-complice-verita-sulla-guerra#.VYwWgfntmko

lunedì 15 giugno 2015

Sanguinoso attacco senza precedenti sui quartieri civili di Aleppo


Notizia che ci giunge dai Maristi di Aleppo:

Dalle ore 11 di lunedì 15 giugno e fino a questo momento (20:30 ora locale), colpi di mortaio, bombe e razzi continuano a cadere su tutti i quartieri di Aleppo, senza eccezioni. Lanciati dai ribelli armati. 
Hanno provocato, secondo un rapporto provvisorio, 22 morti e oltre 150 feriti. Alcuni edifici sono crollati sui loro occupanti. Le strade sono vuote, a parte le ambulanze incessantemente al lavoro. 
Inoltre, raffiche di mitragliatrici pesanti sono udite ovunque.
 Perché? si chiedono gli Aleppini in preda a panico e paura.
Chiediamo preghiere per questa popolazione stremata.






Particolarmente disastrati due isolati delle vie Faisal e Nilo e il quartiere di Syriane: 

giovedì 28 maggio 2015

Appello da Aleppo: "Solo il Papa può salvare la Siria"

La testimonianza di un medico dei Maristi di Aleppo e l’appello al Santo Padre : ‘solo Lei ci può salvare’



Intervista realizzata dal 'Coordinamento per la Pace in Siria' a Nabil Antaki, medico e direttore di uno degli ultimi due ospedali funzionanti ad Aleppo. Nabil Antaki appartiene alla congregazione dei Maristi blu, che conta tra i suoi membri sia laici che religiosi. Quando la guerra ha investito Aleppo nel maggio 2012 lui ha deciso di rimanere con la moglie. «La Siria è il nostro Paese, le nostre radici sono qui. È qui che possiamo fare il nostro dovere e rendere il nostro servizio».


Dottor Nabil, sulla base di quanto a lei consta, cosa pensate dei reports di Amnesty International e di Medici senza frontiere, che parlano di una Aleppo distrutta (compresi diversi ospedali) dai barili bomba dell'esercito siriano?
Aleppo è divisa in due parti, la parte est con 300.000 abitanti è nelle mani dei gruppi armati e la parte ovest con 2 milioni di abitanti è sotto il controllo dello Stato siriano; lì viviamo e operiamo noi. Noi non sappiamo quello che accade nell'altra parte della città, dunque io non posso né confermare né smentire, ma so due cose. La prima è che noi siamo bombardati quotidianamente dai ribelli e molti ospedali dalla nostra zona della città sono stati distrutti, bruciati o danneggiati dalla loro azione. La seconda è che siamo in una situazione di guerra ed è possibile che le bombe sganciate dall’esercito siriano abbiano toccato un ospedale, ma sicuramente non in modo intenzionale. Gli statunitensi e gli occidentali con le loro armi tanto sofisticate hanno spesso mancato i loro bersagli e causato dei ' danni collaterali '…Ciò che rimprovero a Medici senza frontiere è che danno conto delle sofferenze solo dell'altro lato della città, la parte ribelle, e mai delle sofferenze della nostra parte. I loro rapporti sono parziali.

Cosa pensate della proposta di Sant'Egidio e dell'ex ministro Riccardi di fare di Aleppo una “città aperta” e anche di introdurre una no- fly-zone?
L'iniziativa di Sant'Egidio era buona quando fu lanciata, nel luglio 2014. Allora l'acqua era stata tagliata in Aleppo (dai gruppi armati) per ben 70 giorni consecutivi. Bisognava “salvare Aleppo” in primis. Ora questa iniziativa è superata. Noi non abbiamo più bisogno che Aleppo sia dichiarata città aperta e che siano aperti dei corridoi umanitari. Benché la situazione sia cattiva, Aleppo non è più sottoposta a un blocco come un anno e mezzo fa. Le persone e i prodotti entrano ed escono attraverso una strada che l’esercito ha aperto 17 mesi fa. I viveri entrano, nessuno muore di fame anche se l'80% della popolazione deve ricevere un aiuto alimentare. Sì, la città è accerchiata ma c'è sempre questa strada che ci collega all'esterno. La città è danneggiata ma le persone continuano a vivere adattandosi alla penuria di acqua, di elettricità --- Dunque, attualmente i vantaggi della proposta di Sant'Egidio sono meno importanti che il pericolo rappresentato da una no-fly-zone e da una forza di interposizione, che avvantaggerebbero i gruppi armati e metterebbero la città e i suoi abitanti in pericolo, alla mercè di Daesh e al Nusra.

Perché anche i gruppi cristiani sul luogo esitano a parlare delle cause della loro sofferenza?
Avete ragione quando dite che parliamo soltanto della sofferenza degli aleppini e non delle cause. Lo facciamo per molte ragioni. Uno: per essere ascoltati dall'opinione pubblica occidentale che è stata a tal punto disinformata che le dichiarazioni in ambito politico che dicono la verità non sono neppure lette, ascoltate, prese in considerazione. Dunque, a partire dalle sofferenze degli aleppini e dei siriani, riusciamo almeno a far passare il messaggio che i ribelli armati sono responsabili della sofferenza dei siriani o, perlomeno, corresponsabili. Quanti amici intimi occidentali ho perso, all'inizio degli avvenimenti, perché io dicevo loro la verità sulle interferenze esterne! Essi mi rispondevano: voi arabi, vedete complotti ovunque! Adesso utilizzo un'altra tattica: non parlo più di complotto o di piano prestabilito, ma dico che ciò che era accaduto e che accade attualmente in Siria non era affatto spontaneo… E ora il mio discorso è accettato. L'importante è far passare il messaggio. In secondo luogo, le persone hanno paura per le loro vite e dunque parlano soltanto delle sofferenze e non delle cause e dei responsabili delle nostre disgrazie. Hanno paura di essere uccisi. È più facile parlare quando si vive all'esterno della Siria.

Cosa pensate dei media che parlano di Aleppo e della Siria? Perché essi credono a fonti non affidabili? Perché per esempio descrivono come angeli i cosiddetti “elmetti bianchi” di al Nostra?
I giornalisti che ci intervistano orientano sempre l'intervista verso il piano umanitario e rifiutano che si parli di altre cose. E tuttavia, noi tentiamo di dire la verità. In tutti i miei scritti io dico che noi siamo bombardati dai gruppi armati ribelli che ci lanciano mortai, razzi e bombole di gas riempite di esplosivi e chiodi. Dal 2011, i siriani hanno compreso che ciò che accadeva non era una rivoluzione per portare in Siria una maggiore democrazia, un maggior rispetto dei diritti umani e minor corruzione. I siriani sapevano, fin dall'inizio, che la “primavera araba” era il nome nuovo del “caos costruttivo” di Condoleeza Rice e del “nuovo Medio-Oriente” dell'amministrazione Bush e che questa “primavera” in Siria sarebbe sfociata o nel caos e nella distruzione del paese o in uno Stato islamico. Disgraziatamente, le due alternative forse riusciranno entrambe.
Per tornare ai media occidentali, essi non hanno che una sola fonte di informazione, l'Osservatorio siriano dei diritti dell'uomo basato a Londra, che nasconde, sotto un nome molto credibile, un centro di diffusione della disinformazione.

Il giorno di preghiera per la Siria organizzato dal Papa Francesco nel settembre 2013 è stato molto importante, ha contribuito a evitare gli imminenti bombardamenti statunitensi in seguito alla disinformazione sulle armi chimiche a Ghouta. Cosa pensate che egli potrebbe fare ora? Cosa dirgli?
Direi a  Papa Francesco:  fin dal primo giorno del vostro pontificato, i siriani L’hanno amata e hanno adottata. Le Sue svariate dichiarazioni, omelie, tweets, sono tanto apprezzati e diffusi tra di noi. Noi sentiamo che, in Lei, il Vangelo è al centro di tutto, sfidando la burocrazia e il politicamente corretto di una falsa diplomazia.
Lei ha domandato più di una volta ai cristiani di Siria (e del Medio Oriente) di non lasciare la terra dei loro antenati, di restare attaccati alle loro radici per dare un senso alla loro appartenenza e alla loro presenza in Siria. È esattamente ciò che il mio gruppo e io stesso ci sforziamo di fare da decenni (in allegato un video realizzato ormai vent'anni fa *)

Diverse organizzazioni cattoliche internazionali (e molte Ong tra cui la nostra) fanno del loro meglio per dare sollievo alle sofferenze dei siriani e in particolare dei cristiani sul piano umanitario.

Santo Padre,  La imploriamo di fare ancora di più. Le dichiarazioni, il sollievo alle sofferenze, l'incitazione a restare nel paese non hanno impedito alla metà dei cristiani di Aleppo di andarsene definitivamente. I cristiani di Siria hanno una duplice paura: temono fisicamente i fanatici islamisti di Daesh, e hanno anche paura di perdere il loro futuro e quello dei loro figli a forza di pazientare e di aspettare la fine del conflitto. Se si vuole che l'altra metà dei cristiani rimanga, bisogna fermare la guerra.

Noi La imploriamo di usare la Sua autorità morale, il Suo prestigio incontestabile per fare pressione sui diversi governi affinché cessino di armare e di finanziare i gruppi armati, perché lottino effettivamente contro Daesh e perché facciano fermare il passaggio dei terroristi attraverso le nostre frontiere del Nord.
Perché una soluzione politica negoziata possa riuscire, bisognerebbe che l'opposizione accetti l'attuale governo della Siria, perché non si può negoziare con qualcuno di cui si esige, come precondizione, l'eliminazione.
Santo Padre,  solo Lei può fare qualche cosa per fermare la distruzione del nostro bel paese, per far cessare la morte di centinaia di migliaia di esseri umani e per permettere ai cristiani di Siria di restare, o di ritornare, nel loro paese.

venerdì 8 maggio 2015

LA SIRIA DOPO 4 ANNI DI GUERRA E DI DISINFORMAZIONE


abitazioni civili al Mogambo, colpite da missili di al Nusra - 4 maggio
Sulla situazione ad Aleppo ed in Siria vi proponiamo questa intervista di Silvia Cattori al dottor Nabil Antaki.  L' intervista chiarisce finalmente quello che i nostri giornali con 'fiumi di inchiostro' non hanno mai detto. 
Le domande: quelle che tutti si chiedono ma che nessun giornalista di solito rivolge agli intervistati. 
Le risposte: quelle chiare e non ideologiche che solo chi è attaccato all'umano sa dare.
Siriapax 


Fonte: comendonchisciotte –  tradotto da Maria Antonietta Carta Karroum
Il Dr Nabil Antaki parla delle sofferenze quotidiane in Aleppo. La sua testimonianza profondamente umana esprime con dignità ciò che la stragrande maggioranza dei siriani soffre dal 2011. Egli avrebbe potuto lasciare la sua città, Aleppo, e vivere al sicuro. Invece ha deciso di restare, per mettersi al servizio dei più indifesi e per testimoniare sulla gravità della situazione causata dal sostegno dell’Occidente ai gruppi armati venuti da fuori, e che da quattro anni distruggono il suo Paese e terrorizzano la popolazione.

D. Signor Antaki, grazie per avermi accolto. Può dirci come vede la situazione del suo Paese e in particolare di Aleppo, dove lei vive?
R. La situazione quotidiana è molto difficile. Manca il carburante e l’elettricità per il riscaldamento. Chi ha denaro ha costruito un camino e compra la legna. Si soffre per il freddo e per la povertà. Mancano i combustibili e i farmaci sono pochissimi.
Si soffre per l’aumento del costo della vita, da cinque a dieci volte dall’inizio del conflitto. La popolazione è depauperata e mancano le risorse per le necessità quotidiane. L’80% degli Aleppini per sopravvivere dipende dagli aiuti umanitari.
La situazione è davvero molto difficile. Inoltre siamo sottoposti a bombardamenti continui da parte dei gruppi armati che accerchiano la città, e i mortai riversano una pioggia di fuoco sui vari quartieri causando numerosi morti e decine di feriti giornalieri.

D. L’ONU ha chiesto di recente al governo siriano il cessate il fuoco; ma da ciò che lei dice, se ho ben capito, quelli che vi nuocciono sono soprattutto i bombardamenti dei ribelli.
R. Aleppo è divisa in due zone. Quella in cui abito io si trova sotto il controllo del governo siriano. I quartieri periferici, che circondano Aleppo, sono invece in mano dei ribelli dal luglio 2012. L’esercito regolare bombarda i quartieri dei ribelli e i ribelli bombardano i quartieri sotto l’egida del governo. Il bombardamento è reciproco.
Chi abita da questa parte non sa quel che succede dall’altra. Si sentono le cannonate, ma ignoriamo cosa vi accada.  Però quella zona periferica non è più molto abitata. La maggior parte dei residenti si è spostata nell’area controllata dal governo già dal Luglio 2012 e in una seconda ondata nel Gennaio 2014.

D. La sofferenza di cui parla all’inizio di questa intervista si deve a chi? Ai ribelli o al governo? Perché da noi si tende a dire che il governo è l’unico colpevole.
R. Questo avviene perché i Media occidentali disinformano, invece di informare.
Da parte del governo non c’è una volontà deliberata di far soffrire la gente. Il governo non ha alcun interesse a che il popolo soffra.
Se patiamo per la penuria di combustibile, di cibo e farmaci, si deve soprattutto all’insicurezza delle vie di comunicazione. La strada principale che collegava Aleppo al resto del Paese è chiusa da due anni. Esiste solo una strada secondaria resa agibile da un anno circa per permettere l’ingresso e l’uscita dalla città. Anche le derrate alimentari passano da lì. Essa è peraltro poco sicura. Proprio un anno fa vi fu ucciso il mio fratello maggiore, che rientrava da una visita ai figli. Lo uccisero i ribelli, che tutte le settimane rapiscono viaggiatori. Inoltre, essendo molto stretta, non vi possono circolare convogli di camion.
Così i prodotti alimentari arrivano col contagocce. Due mesi fa, durante un mio viaggio in Francia, lessi sui giornali che i 300.000 mila abitanti di Aleppo erano sottoposti a bombardamenti e a un blocco totale. Questo non è vero. 300.000 sono gli abitanti dell’area periferica controllata dai ribelli. Nella parte controllata dall’esercito regolare gli abitanti sono due milioni e soffrono altrettanto o forse più dei 300.000 che stanno dall’altra parte.

D. I 300.00 sono ostaggi dei ribelli, o terroristi? Non so se è giusto chiamarli ribelli.
R. Io li chiamo gruppi armati.  Naturalmente si possono anche definire terroristi, visto che esercitano il terrore.  No. Non sono ostaggi dei gruppi armati. Sono persone che non hanno avuto la possibilità di lasciare i propri quartieri. Un milione ha avuto questa possibilità. Quelli che restano non hanno avuto l’occasione o i mezzi per andar via.

D. Quindi i 300.000 che soffrono non sono vittime di Bashar al Assad, se ben capisco, ma sono rimaste intrappolate nei quartieri in mano ai gruppi armati.
R. Si. Attualmente si patisce da entrambe le parti, ma le ricordo che, dieci mesi fa, la nostra zona fu vittima di un blocco completo fatto dai gruppi armati. Per tre mesi non si poteva uscire da Aleppo né entrarvi, e non arrivava nessun prodotto; mentre nell’area in mano ai ribelli arrivava tutto. Adesso, grazie a questa nuova strada aperta dal governo, non si è più sottomessi a quel blocco.
Le ricordo inoltre che durante i mesi di Giugno e Luglio del 2014 i ribelli hanno tagliato completamente l’approvvigionamento dell’acqua. Durante due mesi e mezzo neppure una goccia d’acqua scese dai nostri rubinetti.  Mentre essa non mancava dall’altra parte. I gruppi armati avevano chiuso intenzionalmente il passaggio dell’acqua per far soffrire la popolazione.  Per quasi due mesi e mezzo, l’occupazione fondamentale fu fare la fila davanti ai pozzi delle moschee, delle chiese e dei giardini pubblici e riempire bidoni d’acqua. Per intere settimane, ci hanno privato anche dell’elettricità. Le centrali elettriche e l’acqua si trovano nella parte in mano ai ribelli ed essi tagliano l’acqua e la luce a loro piacimento, generando grandi sofferenze alla nostra gente.

D. Ciò che lei dice è molto importante. In genere, si tende a dare uguali responsabilità alle due parti in conflitto, mentre i responsabili di tutte le vostre pene sono i gruppi armati. Quindi, la richiesta che si fa ad Assad di ritirarsi in quanto sarebbe un mostro appare falsata.
R. Certo. Fa parte della strategia dell’informazione sin dall’inizio del conflitto demonizzare Bashar al Assad. Lo si descrive come un mostro che massacra il suo popolo, ma non è vero.
Non sono un suo estimatore e non mi interessa seguire i politici, ma posso affermare che se in questo momento si facesse una consultazione popolare sotto l’egida internazionale, Bashar al Assad otterrebbe sicuramente la maggioranza. Innanzitutto è carismatico: moltissimi lo stimano tanto. Anche se prima della guerra iniziata a marzo del 2011 il regime non era sicuramente democratico al 100%. Volevamo più libertà, più democrazia, questo è vero. Il regime non era perfetto.
Ma ottenere un governo democratico al 100% non è una ragione sufficiente per distruggere il Paese, per massacrarne gli abitanti, per giungere al punto in cui ci troviamo. Anche chi non appoggiava il regime adesso condanna quel che è successo. Non si accetta di veder distrutta la Siria per un poco più di libertà, di democrazia.

D. Lei ritiene che Assad vi abbia salvato dal peggio?
R. Si. Non voglio sostenere che non ci siano state delle vittime, uccisi e feriti, da parte dell’esercito regolare. Sarebbe una falsità. Le vittime sono da entrambe le parti. Quando uno Stato è attaccato si difende. Quando si è colpiti da autobombe, dagli ordigni di gruppi armati che decapitano, crocifiggono, lapidano, lo Stato si difende con le armi.
Certo, anche nelle zone controllate dai ribelli ci sono stati e ci sono feriti e morti, non si può negarlo. È conseguenza della reazione difensiva di uno Stato. Io credo che qualunque Stato al mondo, se venisse attaccato si difenderebbe con le armi.

D. Per concludere, vorrei che la sua opinione arrivasse ai Media, ai commissari dell’ONU, agli investigatori e alle ONG. Molto spesso hanno affermato che l’esercito regolare agisce in maniera criminale. Secondo lei, le forze armate sono legittimate dal popolo siriano?
 Le manifestazioni non sono state pacifiche. Testimoni oculari mi hanno raccontato che sin dalla prima settimana del conflitto tra i manifestanti si infiltravano persone armate che sparavano da una parte e dall’altra per provocare lo scontro. Le manifestazioni non erano spontanee.
Anche senza parlare di un complotto, posso affermare che quel che successe non fu spontaneo. Fu ideato e concretizzato, o è ancora in fase di attuazione.
Tutti quelli che incontro, cristiani e musulmani, persone che amano il regime e persone che non lo amano affatto, tutti quelli che incontro nel mio ambulatorio – sono un medico – o nella ONG in cui presto la mia opera, o in strada, mi dicono: ‘’Dottore, non volevamo che accadesse tutto ciò. Desideravamo vivere meglio, avere più libertà, ma non arrivare a questo. ’’ La gente continua a ripetermi: ‘’Vedi cosa ci hanno fatto! ’’ E il ‘’ci’’ si riferisce sempre ai gruppi armati. Ho fatto una piccola statistica con i miei pazienti, l’80% sono degli sfollati e tutti mi ripetono: ‘’ Vedi cosa ci hanno fatto’’ e parlano dei gruppi di ribelli. La maggior parte afferma di non credere alla storia sulla libertà e i diritti umani. Se il Qatar e l’Arabia Saudita volessero veramente la democrazia per il popolo siriano, dovrebbero applicarla prima da loro.
Altri mi dicono: ‘’ Ah ah, i diritti umani… gli Stati Uniti vogliono i diritti umani per la Siria. Farebbero meglio ad applicarli in casa loro. Dove sono i diritti umani. A Guantanamo? Con prigionieri senza diritto a un avvocato. E il rapporto, presentato dal senato americano nel mese di Dicembre, sulla tortura nelle prigioni segrete della CIA in Europa, con migliaia di arrestati in dieci anni. Che l’America non venga a darci lezioni sui diritti umani! ’’
La gente non crede assolutamente che gli USA, l’Europa, la Turchia e i Paesi del Golfo sostengano i gruppi armati per amore dei Siriani, della libertà, della democrazia o dei diritti umani. Nessuno si beve questa storiella. Tutti sanno che esiste un Piano … un progetto per il Nuovo Medio Oriente, sognato da Bush ed i suoi accoliti. Tutti sanno del Caos Costruttivo di Condoleezza Rice. Tutti sanno, e riflettono su queste cose che si stanno concretizzando qui da noi, dopo che si è tentato in Libia. Con successo. Distruggendola. E in Iraq. Anch’esso distrutto. L’Egitto è forse l’unico Paese che sia riuscito a salvarsi la pelle.
I Siriani non amano leggere nei Media ciò che scrivono sul loro esercito: che è l’esercito di Bashar. No. Non è l’esercito di Bashar. È l’esercito siriano. Formato dai nostri giovani, che fanno il servizio di leva. Non è l’esercito di Bashar che si batte contro l’Esercito libero. Semmai c’è stata all’inizio la parvenza di un Esercito libero, ora di sicuro non esiste più. O si riduce al 5% dei gruppi armati, mentre il 95 % di essi è costituito da barbari: Daesh, Al Nusra, Fronte islamico, Esercito islamico … E potete vedere quel che fanno i barbari. Tutti i Media parlano ormai di decapitazioni, crocifissioni, di lapidazioni di donne etc.

D. Non è scioccante per voi che in Occidente, dopo la proclamazione dello Stato islamico, in Giugno 2014, non si sia dato al presidente Assad il sostegno in quanto il vostro Paese, come l’Iraq, era minacciato?
R. Gli Occidentali si sono accorti di questa minaccia soltanto quando gli attentati sono avvenuti in casa loro. Con quattordici morti, credo, a Parigi e quattro a Copenaghen. Le vittime dello Stato islamico qui sono invece migliaia. Noi preferiamo dire Daesh  Rifiutiamo di parlare di Stato islamico, esso presupporrebbe appunto uno Stato e non accettiamo che esista… non si sa dove sia quello stato.
A noi Siriani sconcerta il fatto che in Occidente si associ il Paese a Daesh, quando leggiamo di Occidentali che vogliono fare la Jihad in Siria: come se la Siria fosse terra di Jihad! Come se in terra siriana esistesse una tradizione di estremismo e barbarie! Noi Siriani, tutti noi Siriani: cristiani e musulmani, poveri e ricchi, non abbiamo mai conosciuto questa barbarie. Io sono cristiano, ma la maggior parte dei miei pazienti è musulmana. Tutti loro e tutti i miei amici musulmani mi dicono: ’’ Non abbiamo mai visto una cosa del genere. Per secoli siamo vissuti insieme, musulmani e cristiani. Non c’era alcun problema tra noi. Non abbiamo conosciuto neppure una millesima parte della barbarie a cui oggi assistiamo! ‘’
Quando in Occidente si associa la barbarie alla Siria, quando si parla di fare la Jihad,  appare come se essa fosse predisposta alla barbarie. Ma ciò non fa parte della tradizione siriana. È un’importazione!
Ogni tanto, ricevo pazienti musulmani che ho seguito per molti anni. Essi vengono da Raqqa, da Membij e da altri centri che Daesh controlla da diversi mesi.  ‘’ Dottore, è atroce vivere sotto Daesh! ‘’ mi dicono. ‘’è terribile! Come hanno fatto a impadronirsi delle nostre città?  Soffriamo molto e vorremmo che se ne andassero. ’’ E quando gli chiedo: ‘’ Chi è questa gente? È di Raqqa? ‘’ mi rispondono: ‘’No! No! Sono Ceceni, Afghani, Pakistani, Sauditi, Tunisini, Marocchini. ’’

D. Tutto ciò è accaduto prima del Giugno 2014. Voi soffrivate per questa barbarie ma essa veniva tenuta nascosta.
R. Si. Non si chiamava ancora Stato islamico, né Daech, ma esisteva già. Ricorda che nel Maggio del 2011, due o tre mesi dopo l’inizio degli avvenimenti, nella città di Jisr al Shughour, gruppi armati circondarono edifici delle forze di sicurezza e uccisero tutti le persone che vi si trovavano, erano novanta. Furono fatte a pezzi e gettate dal terzo e dal quarto piano.

D.  Si trattava di soldati?   
R. Si. Erano soldati e personale della sicurezza.

D. Ricordo che all’epoca si affermava che era stato l’esercito siriano a fare a pezzi i propri soldati.
R. Non è vero. Abitanti di Jisr al Shughour che ho incontrato mi hanno riferito che gruppi di ribelli che terrorizzavano i villaggi circostanti, invasero la città, circondarono gli edifici con poliziotti e soldati che gettarono dal terzo piano. Ci fu disinformazione.

D. Fu un pretesto, quindi. Il punto di partenza da cui chiedere un intervento in Siria. Quando si assistette alla incredibile avanzata dello Stato Islamico nel 2014 vi sarete attesi, da parte dell’Occidente, al riconoscimento dell’esercito e del governo Assad come collaboratori nella lotta contro un comune nemico. Perché si sono aiutati soltanto i Curdi siriani? Perché i Curdi che sono stati sostenuti a Kobane sono in Siria. Da una parte, gli angelici Curdi da aiutare, da proteggere. Dall’altra l’esercito siriano sempre considerato orribile. Come avete sentito questa diversa attitudine?
R. Dal nostro punto di vista è inspiegabile. Bisogna entrare nella logica dei dirigenti occidentali che, presumibilmente, pensano alla partizione della Siria, come lei ben sa. L’Iraq è quasi smembrato: Il Kurdistan, in pratica indipendente, è sostenuto da USA e Israele. Chi vi si reca dice che è pieno di Israeliani e Americani.  Dunque è probabile che i piani occidentali mirino alla partizione della Siria.
Per questo hanno sostenuto i Curdi a Kobane e invece non sostengono il regime siriano nella lotta contro Daesh. Daesh è una loro creatura. Sono loro che gli hanno dato i natali. Come nel passato al Qaeda. Ricorda il famoso incontro tra McCain e i generali dell’Esercito libero? Dove anche il futuro califfo di Daesh, al Baghdadi, figurava come ufficiale dell’Esercito libero? McCain lo incontrò in quell’occasione e la gente si domanda, appunto, se Daesh non sia una creatura americana come al Qaeda in Afghanistan.

D. Ciò vuol dire che si continuerà per questa via. Vi sentite minacciati. Vivete nella paura e nell’angoscia?
R. La gente è veramente angosciata. Tutti hanno paura ad Aleppo. Temono che la loro sorte sia uguale a quella degli abitanti di Mosul.  Lei ricorda che fu occupata da Daesh. Apposero sui muri delle case dei cristiani delle nun (n) ordinandogli di convertirsi o lasciare la città, pena la morte. Sono andati via a piedi, incolonnati, come gli Armeni un secolo fa, nel 1915, sterminati dai Turchi.
Gli abitanti di Aleppo, soprattutto i cristiani, hanno paura. Per questo assistiamo a un esodo in massa dei cristiani. Il 50 % sono già fuggiti. Ma non solo i cristiani, tanti tantissimi nostri compatrioti musulmani si sono stabiliti in Libano, in Egitto e in altri Paesi. Tutti hanno paura. Ed anche chi non ha paura è stanco. Hanno perso ogni speranza, assistendo alla distruzione del loro Paese. C’è chi pensa ai figli, i giovani al loro futuro e vanno via. Tutto ciò ci addolora.

D. In un’altra occasione lei mi ha detto che lo Stato Islamico si trova a poca distanza da Aleppo. Cosa significa?
R. Daesh è a 30 km. Da Aleppo, e da diversi mesi non cerca di avanzare. Però non si trova nei quartieri periferici della città. Questi sono controllati da Al Nusra e da altre decine di gruppi armati: uno per quartiere. Per fortuna Daesh non è in Aleppo.

D. A che punto è l’offensiva lanciata dall’esercito regolare? È vero che ha fallito nel tentativo di liberare i villaggi assediati dai gruppi armati? Si dice che sia stato respinto da centinaia di uomini armati giunti dalla Turchia.
R. A dire il vero, gli Aleppini non si sono accorti di questa offensiva. Le notizie arrivano  dalla televisione e da internet. Qui la gente è scettica. Sono trascorsi due anni e mezzo dal primo intervento delle truppe regolari. Ci sono bombardamenti e combattimenti quotidiani, offensive, ma  l’esercito non è avanzato di un solo metro.
Voglio dire che nell’area controllata dai gruppi armati, la parte occupata a Luglio del 2012, la situazione non è cambiata. Né l’esercito regolare ha conquistato un metro in più, né un metro in più hanno preso gli avversari. La situazione è bloccata. Vige uno status quo terribile. Quando sente dire che l’esercito regolare ha lanciato delle offensive e ha preso il controllo dei villaggi, la gente è scettica. L’unica cosa certa è che sono avanzati un po’ a nord e hanno preso il controllo  della prigione centrale, a circa  10-15 km da Aleppo, perchè si sa che i prigionieri che soffrivano enormemente per un blocco completo sono stati portati ad Aleppo. Questa è l’unica cosa sicura. Per il resto sappiamo quello che raccontano i Media.

D. Come spiega il fatto che l’esercito regolare non riesca ad avanzare, a farvi uscire da questa situazione terrificante?
R. L’esercito Siriano non è grande. Sono circa 400.000 uomini. Se però togliamo tutti i soldati che svolgono un lavoro amministrativo, quelli che si trovano negli ospedali militari, gli autisti etc. İl numero dei combattenti effettivi si riduce notevolmente.
In Siria ci sono 30-40 focolai di insurrezione, 20-30-40 zone in cui si combatte. L’esercito non può trovarsi ovunque. Sin dall’inizio vince le battaglie ma non può fermarsi a lungo. Spesso è costretto a ritirarsi per andare da un’altra parte e i gruppi armati ne approfittano per riprendersi un villaggio o un quartiere. Ci sarebbe bisogno di uno-due milioni di combattenti per riconquistare il territorio, occuparlo e restarvi. Per questo motivo la gente è molto pessimista. Si rende conto che la situazione non cambia, e pensa che nessuno dei due campi potrà ottenere una vittoria militare. Peraltro, tutti pensiamo che lo Stato siriano non può vincere se non si chiudono le frontiere turche.
Finché uomini potranno passare dalla Turchia per venire a combattere in Siria, finché passeranno le armi,  lo Stato siriano non potrà vincere. Si protrarrà lo statu quo. 
İnfine, la gente non crede ci sia un’opposizione moderata. Sul campo non esiste un’opposizione moderata. Gli unici moderati sono quelli che vivono all’estero, nei palazzi turchi, negli hotel 5 stelle dei Paesi del Golfo. Essi trascorrono il tempo in discussioni, in talk show televisivi, ma  non hanno nessuna influenza all’interno.
Nessuno in Siria li conosce. La famosa Coalizione nazionale o il Fronte siriano non rappresentano assolutamente il popolo siriano. Il primo Presidente del Consiglio nazionale siriano non era conosciuto neppure da cinquanta persone, prima di essere designato dagli Occidentali. E questo Consiglio nazionale, riconosciuto come legittimo rappresentante dall’Occidente, qui fa ridere. I Siriani dicono: ‘’ Non li conosciamo, vivono all’estero da 30 anni e ci vogliono rappresentare! Non conosciamo neppure i loro nomi.’’ E si chiedono con quale diritto gli Occidentali possano indicare il loro rappresentante legittimo. Insomma ci sono molte domande che restano senza risposta sull’atteggiamento degli Occidentali verso la Siria.
cattedrale greco-melchita di Aleppo colpita in questi giorni

D. L’Onu condanna i bombardamenti del governo. Perchè? Cosa ne pensa? Se il governo non bombardasse le zone occupate dai gruppi armati, come lei li definisce, la popolazione sarebbe esposta a pericoli maggiori. Come si può criticare l’esercito siriano che fa quel che può per farvi uscire da questa situazione catastrofica?
R. Giustamente, il generale De Gaulle aveva definito l’ONU ‘’le machin’’ l’accrocco. Ebbene, qui  la gente non ha fiducia in quell’accrocco. Per fortuna la Russia e la Cina hanno diritto di veto e appoggiano lo Stato siriano. Nessuno si fida dell’Onu, né della Lega araba che nei confronti della Siria, uno dei principali Paesi fondatori, si è comportata in modo abominevole. Il popolo siriano odia i Paesi del Golfo e la Lega araba col suo segretario generale. Li detesta perchè si sono  comportati molto male.  Le relazioni sono distorte. Si guarda solo a quello che succede dalla parte dei gruppi armati. Io dico sempre ai miei amici in Occidente ‘’che i giornalisti, gli investigatori, i rappresentanti dell’Onu visitino le aree sotto il controllo dello stato; che vedano cosa succede alla popolazione, quanti sono i feriti e gli uccisi ogni giorno ‘’ Una settimana fa sono state fatte esplodere ad Aleppo due moschee, uccidendo quattordici persone tra cui quattro studenti che uscivano dalla scuola. L’indomani altre bombe sono cadute causando morti e feriti. Che visitino gli ospedali della nostra regione, che vedano i feriti di guerra. Io lavoro in un ospediale dove è stato creato un programma per i civili feriti di guerra. È un  ospedale privato ma vi si curano gratuitamente i civili feriti da azioni di guerra. Tutti sono feriti a causa dei mortai e delle pallottole dei gruppi armati. Recentemente è stata portata una donna colpita alla testa da schegge di granate e ha perso un occhio. Nello stesso giorno un uomo ha perso una gamba per una granata. I gruppi armati s’infiltrano nei nostri quartieri. Quando i miei amici occidentali m’inviano dei rapporti scritti da Medici senza frontiere o Medici nel mondo, che raccontano le loro esperienze nelle zone controllate dai gruppi armati,  io dico ai miei interlocutori che si tratta di rapporti parziali. Queste persone entrano  illegalmente in Siria attraverso la Turchia o attraverso il Libano per curare i ribelli, uomini feriti nei combattimenti, in dispensari e ospedali. Questi Medici senza frontiere vengano nelle nostre regioni e vedranno maggiore sofferenza, più ammazzati, più feriti che nelle zone dei gruppi armati

D. Signor Antaki, come succederà in futuro?
Nessuno può prevederlo. Le ho gia detto che la gente è pessimista. Molti hanno perso ogni speranza. Molti pensano di lasciare il paese. Non so proprio come evolverà la situazione. Vado dicendo sin dall’inizio che questi avvenimenti non ci porteranno la democrazia o i diritti umani o la libertà. 
Ci  sono tre percorsi di uscita dal complotto ordito contro la Siria. Se gli avvenimenti e i gruppi armati che li hanno determinati vincessero, si arriverebbe a uno stato islamico o al caos o alla guerra civile. Lo scrissi nel giugno del 2011 e penso che le cose andranno avanti in questo senso se  l’Occidente continua a sostenere i gruppi armati e se la Turchia non chiude le frontiere. La Turchia fa un gioco sporco. È il principale sostenitore dei gruppi armati.
Se non  ferma il loro gioco, assisteremo alla nascita di uno stato islamico e allo smembramento della Siria. Non si vede altra soluzione.
L’esercito regolare non può vincere senza la chiusura delle frontiere turche e se gli  Occidentali continueranno ad armare e inviare dei giovani nel nostro paese.  Noi non siamo la discarica dell’Occidente. Tenetevi i delinquenti e gli estremisti. Che non vengano in Siria! 30-40 mila Europei combattono già qui. Sono arrivati terroristi da 80 nazioni. L’immondezzaio dellOccidente. Cosa vengono a fare qua. Che restino a casa loro. Arrestateli a casa vostra.

D. La situazione è terribilmente pericolosa. Mi chiedo come lei possa restare. Non andar via come tanti altri. È la dignità che la induce a restare mentre la sua vita è costantemente in pericolo?   E la sua famiglia, i suoi cari?
Si resta in Siria per diversi motivi. Siamo varie categorie.
Gli abitanti di centri non esposti direttamente, come le città della costa: Latakia, Tartus, e una grande parte di Damasco. Dove non ci sono combattimenti la gente vive normalmente. Molti Aleppini che sono stati a Lattakia la descrivono come un altro mondo, senza combattimenti e prospera.
Altri restano perchè non hanno la possibilità economica o perchè non conseguono un visto. Viaggiare fuori dalla Siria significa possedere denaro, procurarsi un visto. L’unica via d’uscita era il Libano, ma da due mesi ha stabilito condizioni draconiane per l’ingresso. Adesso un Siriano che vuol rendersi in Libano deve avere dei motivi drammatici, passare per un’ambasciata, avere un biglietto per un aereo in partenza dall’aeroporto di Beirut.
Personalmente, col mio gruppo, abbiamo scelto di rimanere in Siria, anche se la nostra vita è in pericolo e i figli che vivono all’estero ci supplicano di andar via, perchè vogliamo aiutare chi non ha scelta ed è obbligato a vivere qui.  Con una Ong, i Maristi blu, aiutiamo la popolazione a sopravvivere, sia fornendogli alimenti, vestiario e scarpe sia curandoli gratuitamente e occupandoci dell’educazione dei bambini. Pensiamo che la nostra presenza aiuti, dia forza. Per questo dobbiamo restare.

Silvia Cattori. Lei è ammirevole. Mi sento quasi a disagio al pensiero di poter vivere confortevolmente e al sicuro sapendola in questa situazione. È difficile pensare che lei viva una condizione così tragica e con lei tutta la popolazione. Ed ecco la sua commovente, sconvolgente testimonianza. Abbia cura di lei. La ringrazio infinitamente. Farò tutto il possibile per trasmettere il suo messaggio il più lontano possibile.
Nabil Antaki:
Grazie, Silvia. Grazie.

Fonte: http://arretsurinfo.ch

domenica 12 aprile 2015

La Pasqua di Aleppo: tragedia nei quartieri cristiani attaccati con missili dei ribelli

Questo messaggio é giunto stamattina dalla città di Aleppo:
Si prega di diffondere: Una settimana piena di sangue per i cristiani di Aleppo.

Missili Grad sull
e zone cristiane, chiese, case. Decine di morti, famiglie sotto le macerie,

 palazzi interi  per terra, ospedali pieni di feriti. E' tutta gente povera che aveva solo la

propria casa, e ora non sa dove andare! Non sappiamo che fare!

Ma fino a quando questo compromesso  silenzio internazionale?!

firma: Sacerdote Cattolico Aleppino.

La guerra in Siria colpisce ancora due giovani di Don Bosco 

Ancora una volta la Famiglia Salesiana di Aleppo  saluta due giovani dell'oratorio in partenza per il cielo.La tempesta della feroce guerra in corso in Siria ha colpito di nuovo i ragazzi di Don Bosco.
Con tanta tristezza abbiamo ricevuto la notizia della morte dei due giovani fratelli Anwar Samaan e Misho Samaan insieme alla madre Minerva, causata da un razzo caduto sulla loro casa oggi 10 aprile 2015.
Anwar e Misho hanno trascorso la loro fanciullezza e giovinezza nella casa di Don Bosco, e da animatori hanno lasciato nell'animo di tanti un segno di gioia e di amore alla vita. Anwar è il fratello maggiore (nato il 20 luglio 1993) mentre Misho è il minore (07 settembre 1998): due giovani nel fiore della vita.
I Salesiani del Medio Oriente danno le condoglianze alla loro famiglia e a tutti i loro amici e conoscenti.
Preghiamo affinché la pace e la gioia del Signore Risorto raggiunga il cuore del nostro Medio Oriente ferito.
I salesiani del Medio Oriente

Operatore della Caritas muore sotto i bombardamenti ad Aleppo

Agenzia Fides 9/4/2015

L'operatore di Caritas Siria, Safouh Al-Mosleh, è rimasto ucciso a mezzogiorno di martedì 7 aprile, nel bombardamento che ha centrato la sua casa, situata nella zona di piazza Farhat, dove sono concentrate le cattedrali greco-cattolica, armena e maronita. 
Il quartiere, caratterizzato da una forte presenza cristiana, di recente è stato colpito da pesanti bombardamenti da parte dei gruppi ribelli di matrice jihadista che continuano a combattere contro il regime di Assad. 
Secondo la ricostruzione fornita da Caritas Internationalis, la famiglia di Safouh Al Mosleh era stata già evacuata, e lui era tornato a casa per un controllo veloce quando l'abitazione è stata raggiunta dai colpi di artiglieria. Safouh aveva circa quarant'anni, apparteneva alla comunità greco-cattolica e aveva iniziato a lavorare per la Caritas da più di un anno. 
Secondo informazioni fornite da Caritas Siria e pervenute all'Agenzia Fides, l'intensità del conflitto nel nord del Paese sta aumentando di giorno in giorno, dopo che le milizie jihadiste hanno conquistato la città di Idlib, situata non lontano dalla strada che unisce Aleppo a Damasco. 
Aleppo ora è minacciata sia dai jihadisti dello Stato Islamico che da quelli che fanno capo al Fronte Al Nusra, legato ad al-Qaida. Finora, in quella parte della Siria, le due entità jihadiste continuano a essere in lotta tra loro. Anche nella notte tra il 7 e l'8 aprile un attacco kamikaze compiuto da adepti dello Stato Islamico ha colpito postazioni quaidiste a nord di Aleppo, provocando decine di morti, compreso l'emiro Abu Maria, legato ad al Nusra.





 Témoignage: frère Georges Sabé, des maristes d'Alep, lance un appel à l’aide au Pape et à la communauté internationale. 
Il estime que la ville pourrait bientôt tomber aux mains des djihadistes, tout comme Idleb, contrôlée depuis la fin du mois de mars par le Front Al-Nosra. 
En Syrie, la situation s’aggrave à Alep. Les combats se sont intensifiés ces dernières heures. Des quartiers chrétiens ont été attaqués notamment vendredi soir, par des missiles, faisant un nombre de victimes indéterminé. Jusqu’à présent, les chrétiens d’Alep étaient surtout ciblés par des attaques aux mortiers. Les missiles font beaucoup plus de dégâts et montrent que les rebelles disposent d’un armement de plus en plus menaçant. Dans ce contexte de chaos, la communauté des frères maristes d’Alep tente de venir en aide aux personnes sinistrées. 
"Depuis bientôt une semaine les quartiers chrétiens de la ville sont en train de recevoir des missiles, et des mortiers. Et récemment, il y a trois jours, la cathédrale maronite, la cathédrale grecque-catholique, et tout le quartier qui les entoure, ont reçu un bombardement massif, ce qui a fait tomber les toits des deux cathédrales, et ont obligé l'évêque grec-catholique à déménager avec tous les bureaux de l'évêché vers un autre point un peu plus sécurisé. Nous sentions que la tension était en train de monter terriblement. Les gens appréhendaient les moments difficiles par lesquels ils allaient passer. Mais hier soir, à partir de 22 heures, sur un autre quartier chrétien de la ville, et j'insiste à dire que c'est un quartier chrétien, donc ça a été bien visé. Il y a eu plusieurs missiles qui sont tombés sur les immeubles, détruisant complètement les immeubles et obligeant les gens à errer dans la rue, à sortir, à essayer de sortir des décombres leurs parents, leurs enfants, et c'est une situation dramatique que nous vivons depuis hier soir, dans ce quartier ou encore résidait la petite communauté chrétienne. C'est affreux, je peux vous dire que c'est horrible, tout ce qui est en train de se passer depuis hier soir. 
Nous ne savons pas les conséquences de tout cela et surtout nous ne savons pas comment va évoluer la situation dans les heures qui viennent. C'est vraiment dramatique tout ce qui est en train de se passer, les gens ont perdu leur maison, des gens qui avaient déjà été déplacés une première fois, une deuxième fois, se retrouvent pour une troisième fois dans la rue sans savoir où aller. Ce n'est pas possible que nous puissions continuer à vivre ce drame tel qu'il est, et tel qu'il se présente à toutes nos familles chrétiennes. C'est très grave ce qui est en train de se passer.
Vous savez précisément qui sont les agresseurs ?   Nous savons que ce sont les rebelles, les opposants. Je ne peux pas dire si c'est le Front Al-Nosra ou bien si c'est d'autres rebelles mais nous savons que ce que des hommes armés sont en train de tirer actuellement, ce ne sont plus des mortiers, ce sont des missiles. Et les missiles ont une capacité de destruction terrible. Nous avions accepté, supporté que des mortiers tombent mais maintenant avec les missiles et donc une destruction massive de ces quartiers c'est une vraie menace pour les populations. A travers votre radio, je lance un appel à Sa Sainteté : il faut bouger. Nous avons accueilli en communauté des familles qui depuis hier, dans la nuit, ont dû évacuer leur maison pour essayer de trouver un refuge, et nous nous retrouvons dans une situation vraiment terrible. Je vous disais que je voulais faire un appel à Sa Sainteté : aidez-nous ! Aidez-nous ! S'il faut que les chrétiens restent au Moyen-Orient, s'il faut que nous restions à Alep en tant que chrétiens, on a besoin de toute l'aide, que ça soit publique, politique, humaine, pour sauvegarder la toute petite minorité qui reste à Alep.



ctuellement à Alep, est-ce que vous avez une idée du nombre de chrétiens qui restent à Alep, et du nombre de victimes de ces dernières attaques?   Je ne saurai pas vous dire le nombre exact parce qu'il y a une hémorragie terrible qui sévissait dans la ville depuis un certain temps. Mais je peux vous assurer que, aujourd'hui, beaucoup de personnes ont pris le chemin de partir de la ville après les évènements de la nuit. Beaucoup ont exprimé la volonté de quitter la ville et de partir. Je sais qu'il y a des gens qui sont encore sous les décombres, je sais qu'il y a des gens blessés qu'on emmène aux hôpitaux jusqu'à maintenant, mais il n'y a aucune statistique. La vision rappelle un peu une vision apocalyptique, de la capacité de détruire, et de faire peur, et de créer chez les gens une peur horrible. En tant que frères nous essayons dans la mesure du possible d'accueillir dans nos communautés des familles réfugiées, qui emmènent le peu de choses qu'il leur reste. On accueille les enfants, on accueille aussi les adultes pour essayer de sécuriser un peu  le drame qu'ils sont en train de vivre
Et la ville est vulnérable à une entrée des djihadistes? Une entrée des djihadistes en ville aujourd'hui ça vous parait possible ?   Oui tout à fait, il y a des incursions en ville depuis une semaine, c'est très menaçant, ce qui s'est passé hier était un prélude à une avancée, et les gens ont vu l'exemple d'une autre ville du nord-ouest de la Syrie, Idleb, qui a été complètement envahie par les djihadistes. Les gens ont peur que ce soit d'un moment à l'autre une invasion totale avec  tout ce qui pourrait arriver comme conséquences. On a dans notre arrière-pensée les images de Mossoul et ça revient à la conscience de chacun de se voir dans les rues. Nous savons très bien que nous sommes encerclés de tous côtés. Ces forces pourraient détruire l'unique voie, l'unique chemin qui pourrait nous faire sortir de la ville.
C'est un Samedi Saint pour toute l'Église orthodoxe, et aujourd'hui nous sommes en train de vivre vraiment le drame de la Passion. Je ne sais pas si on peut parler pour la ville d'Alep d'une possible espérance. Nous sommes en train de subir vraiment un Calvaire. Et je voudrai aussi dire au Saint-Père, de tout mon coeur: nous avons besoin de vous !