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mercoledì 11 dicembre 2013

Damasco: l'ospedale italiano che resiste in guerra


Salesiani soccorrono feriti e aiutano famiglie in difficoltà

ANSAmed) - DAMASCO - Per arrivarci basta dire al tassista che si vuole andare dai "Telieni", gli italiani. E' qui, nel quartiere di Mazraa, che dal 1913, sotto la direzione delle suore salesiane, opera l'Ospedale Italiano di Damasco. Un centro chirurgico dove sono stati curati profughi palestinesi, iracheni e semplici cittadini siriani e che da due anni soccorre gratuitamente i feriti dei bombardamenti e delle autobomba che colpiscono la capitale.

"Ci sono stati giorni in cui sono arrivati 30 feriti, li abbiamo sistemati anche nei corridoi, dandoci da fare tutti come potevamo, medici, infermieri e suore", racconta la madre superiora, Annamaria Scarsella, trasferita in Siria nel 2011 dopo 41 anni passati nelle scuole e nelle missioni del Messico, compresa la regione del Chiapas. 
Fuori di tanto in tanto si sente il rumore delle cannonate che partono dalle postazioni governative verso i sobborghi ribelli, che a loro volta colpiscono quasi quotidianamente il centro della capitale con colpi di mortaio e razzi. Uno di questi ha centrato  la nunziatura apostolica, distante un paio di chilometri da qui, senza provocare feriti. Ma su altri quartieri periferici abitati da cristiani i bombardamenti sono continui. Come quello di Jaramana, nel sud della città, dove dall'inizio del conflitto sono caduti 2.800 obici. 

A raccontare la storia dell'ospedale, ospitato con i suoi 55 posti letto e 70 medici in un edificio vecchio ma ordinato, è una suora siriana, Widad Abiad, che lo conosce da quando aveva 13 anni, avendo frequentato la scuola salesiana annessa prima che questa fosse nazionalizzata, nel 1967. "Quest'anno è il centenario del nosocomio, fondato dall'egittologo Ernesto Schiapparelli. Durante la Seconda Guerra Mondiale è stato occupato dai britannici, ed è rimasta solo una suora a fare la guardiana. Poi l'attività è ripresa". 
L'ospedale è oggi un punto di riferimento per la popolazione, nella tempesta che scuote la capitale. Così come il vicino oratorio e centro catechistico dei Salesiani, frequentato da 200 bambini e 300 giovani, che cura anche la distribuzione di cibo per famiglie in difficoltà, attività di aiuto psicologico e corsi di formazione e sostegno scolastico.
 "Accogliamo ragazzi cristiani di qualsiasi rito", sottolinea il responsabile, il prete venezuelano Alejandro Josè Leon. Con i suoi 34 anni, il maglione, i jeans, il fisico atletico e i modi rilassati, non è molto diverso dai ragazzi più grandi della comunità che giocano a calcetto in cortile. Abu ("padre" in arabo) Alejandro ha passato due anni ad apprendere l'arabo in Egitto e poi ha studiato cinque anni in Italia, continuando ogni estate a venire a Damasco o Aleppo a lavorare. Da tre anni vive qui. 
Ad aiutarlo un aleppino di 29 anni, Munir Hanashi, appena ordinato sacerdote dopo cinque anni di studio a Torino. Un altro salesiano della comunità è Luciano Burati, 65 anni dei quali 25 passati a Qamishly, vicino alla frontiera con la Turchia, che ora gestisce una casa dell'ordine a Kafrun, nella provincia di Homs. Qui, nella Wadi al Nasara (La Valle dei Cristiani), sono ospitati 40 sfollati da Aleppo. 

"Le famiglie in difficoltà nella nostra comunità sono tante", dice padre Leon. "Molti impiegati nel turismo o nelle ambasciate europee che hanno chiuso hanno perso il lavoro. Tutto questo si aggiunge ai pericoli quotidiani. La maggior parte dei nostri ragazzi viene da quartieri popolari, in particolare Dweila e Jaramana. Ogni giorno dobbiamo valutare i rischi e decidere se mandare o meno i pullman a prenderli. Una volta è successo che un mortaio è caduto davanti e uno dietro a un nostro mezzo pieno di bambini".


 Eppure l'estate scorsa 150 ragazzi hanno celebrato con una festa la Giornata mondiale della gioventù. "Tutti - dice padre Alejandro - sono stati toccati dalla guerra. Chi ha avuto un cugino ucciso, chi un amico, chi un vicino. In questa situazione c'è chi dice: 'Se esiste Dio, come può permettere questo?'.
 Ma altri, che prima venivano all'oratorio solo per giocare, adesso mi dicono: 'Abu, ho capito, non c'è altro che Dio'. Tra i nostri giovani c'è una nuova fioritura di fede, c'è un ritorno di vita evangelica".

http://ansamed.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2013/11/06/Siria-ospedale-italiano-che-resiste-Damasco_9578325.html


Siria: attendiamo con coraggio l’alba di un nuovo giorno

da :“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS)

«È stato il giorno più difficile della mia vita e l’ho affrontato con coraggio, affidandomi completamente a Dio affinché mi suggerisse le parole da rivolgere ai miei fedeli». Così padre Firas Lufti, frate siriano appartenente alla Custodia di Terra Santa, ricorda quando ha celebrato i funerali di padre François Murad, il religioso ucciso in Siria lo scorso giugno.

Fra Firas racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre i mesi trascorsi come parroco a Knayeh, nella valle dell’Oronte, quasi al confine con la Turchia. E ripercorre la giornata del 23 giugno, quando ha dovuto recarsi nel vicino villaggio di Ghassanieh per recuperare il corpo senza vita di padre François. «Alle sei di mattina alcuni fedeli hanno bussato alla mia porta per dirmi che il convento di Ghassanieh era stato bombardato e che François era morto. Il mio pensiero è andato immediatamente alle tre suore e all’altro religioso, padre Philippe, che abitavano nel convento di Sant’Antonio da Padova». Giunto sul posto Fra Firas capisce che non si è affatto trattato di un bombardamento, dal momento che l’esterno dell’edificio non aveva subito danni. L’interno della chiesa è stato invece devastato: i banchi e le statue distrutte, il tabernacolo aperto. All’ingresso del convento giace il cadavere di padre François, riverso nel suo sangue. «Ad ucciderlo non era stato un missile del governo come mi era stato detto, ma dei colpi di arma da fuoco». Accanto al corpo, tre uomini armati. Dal loro accento è facile dedurre che non sono siriani. «Mi hanno riferito anche di un ceceno presente nell’edificio che continuava ad inveire contro il povero padre François. Per fortuna non mi ha visto, altrimenti avrebbe potuto uccidere anche me».

In un’altra stanza del convento, al piano superiore, vi sono le tre suore del Rosario «terrorizzate e distrutte». Fortunatamente quel giorno Padre Philippe, il parroco, si trovava a Latakia e così la sua vita è stata risparmiata. La notizia della morte del religioso diffonde il terrore la piccola comunità cristiana locale.
«Anche se io stesso ne avevo bisogno – ricorda Fra Firas –ho cercato di infondere coraggio e di confortare i fedeli. Durante i funerali non è stato semplice trovare le parole giuste da dire, parole che non fossero interpretate come un messaggio in favore del governo o dei ribelli. Io non sto con nessuno, se non con il Signore e con i miei fratelli, che sono cittadini siriani e in quanto tali hanno diritto ad abitare queste terre e a vivere con dignità nel proprio paese».



La valle dell’Oronte è un’area controllata attualmente dai ribelli dopo la ritirata dell’esercito lealista. Delle tre parrocchie francescane situate nella regione, Ghassanieh vive la situazione più drammatica: qui si trovano molti miliziani qaedisti, per lo più stranieri, provenienti dall’Afghanistan e dalla Cecenia. A Jacoubieh vi sono invece una quarantina di gruppi ribelli, composti in maggioranza da siriani e spesso in lotta fra loro. quella di Knayeh è invece una zona controllata per lo più dall’esercito siriano libero, sebbene anche qui non mancano «elementi fanatici che desiderano imporre la sharia». 
«Quando sono arrivato a Knayeh lo scorso aprile – afferma il frate – ho trovato una situazione terribile. Quasi ogni notte ero costretto ad uscire per controllare se qualcuno era rimasto ferito o ucciso dai missili che cadevano ripetutamente sul villaggio». Sono circa trecento i cristiani che hanno scelto di rimanere nel piccolo paese anche dopo la ritirata dell’esercito siriano ufficiale. «Sono persone che non hanno voluto schierarsi, eppure il governo li considera complici dei terroristi e i ribelli ritengono che, in quanto cristiani, siano legati al regime. Peraltro quando i gruppi dell’opposizione hanno bisogno di soldi, rapiscono proprio i cristiani». Gli abitanti del villaggio non hanno più di che vivere: in molti hanno perso il lavoro e i contadini sono stati derubati del loro raccolto.

Fortunatamente le famiglie povere possono contare sulla solidarietà del convento francescano di San Giuseppe. Ogni mese i frati donano farina, riso e zucchero e offrono ospitalità a chiunque ne abbia bisogno, di qualunque fede. «Il nostro convento ha perfino ospitato alauiti e sunniti insieme, rendendo possibile la loro riconciliazione». In molti giungono a Knayeh anche per le amorevoli cure di Suor Patrizia, religiosa italiana del Sacro Cuore Immacolato di Maria. «Nonostante la mancanza di medicine e le terribili condizioni psicologiche nelle quali vive, Suor Patrizia ha deciso di rimanere in Siria per curare le malattie e asciugare le lacrime di chiunque abbia bisogno del suo aiuto. Tanti musulmani percorrono svariati chilometri per farsi curare da lei, perché sono convinti che la sua mano sia benedetta».

Pensando al futuro del suo paese, Fra Firas crede che la pace possa essere raggiunta attraverso il concreto impegno di tutte le parti coinvolte: non soltanto il regime e l’opposizione, ma anche tutti i soggetti internazionali che sostengono e finanziano l’una o l’altra fazione.

Un’opportunità potrebbe essere rappresentata dalla possibile conferenza di Ginevra, che proprio in queste ore è stata ulteriormente posticipata.

«In Siria si combatte una guerra mondiale a spese di cittadini innocenti. Ogni giorno questa causa maggior dolore, amarezza, morti e distruzione, ma non dobbiamo perdere la fiducia nel futuro. Ecco cosa ho imparato dai mesi trascorsi a Knayeh: dobbiamo continuare a sperare e ad attendere con coraggio l’alba di un nuovo giorno».

http://acs-italia.org/notizie-dal-mondo/siria-attendiamo-con-coraggio-lalba-di-un-nuovo-giorno/#.Unz9XG1d7wo

10 dicembre 13 : bufera di neve si abbatte su gran parte della Siria.... è iniziato un terribile, rigido inverno,
non dimenticatevi di noi !













lunedì 1 luglio 2013

Siria spaccata, i cristiani pagano




da: La Bussola Quotidiana  29-06-2013
- di Giorgio Bernardelli

Non erano probabilmente frati francescani gli uomini decapitati mostrati in un video che ieri mattina – rilanciato da Radio France International – aveva subito fatto il giro del mondo. A smentire la circostanza è stato il Custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa (riconfermato proprio ieri dal Papa nel suo incarico per altri tre anni) che ha spiegato come dai contatti quotidiani che la Custodia tiene con i frati che si trovano in Siria nessuno manca all'appello. Ed è stato proprio padre Pizzaballa a dare la spiegazione più plausibile di quanto accaduto: il video è stato associato all'assalto compiuto domenica scorsa dalle milizie islamiste nel villaggio di Ghassanieh, sulle montagne dell'Oronte nei pressi di Idlib. Assalto durante il quale – come purtroppo già noto – è stato ucciso un monaco siriaco che da alcuni mesi viveva insieme ai francescani, padre Francois Mourad.
Non ci sarebbero dunque nuovi religiosi cristiani morti da piangere in Siria. Ma le notizie rassicuranti finiscono subito qui. Perché l'assalto al convento di Sant'Antonio da Padova a Gassanieh – dove i francescani assistevano i profughi fuggiti da Aleppo, in una zona controllata dai ribelli – è un fatto che resta. E da questo villaggio cristiano delle montagne dell'Oronte i frati se ne sono dovuti andare a Latakia, che si trova sulla costa. Il loro convento è stato devastato e occupato dalle milizie di Jabat al Nusra, il movimento islamista che è sempre più padrone sul terreno nelle aree controllate dai ribelli.
Come se non bastasse - poi - giovedì a Damasco c'è stato l'attentato nel quartiere di Bab Tuma che ha preso di mira la cattedrale greco-ortodossa, una delle chiese più antiche della capitale siriana. Un attacco reso ancora più ignobile dal fatto che a essere colpiti sono stati quanti erano lì in coda per ricevere dei pacchi di assistenza distribuiti dai religiosi alle persone più in difficoltà. Il bilancio è stato di quattro morti e numerosi feriti.

A tutto questo si aggiunge il silenzio sulla sorte dei due vescovi di Aleppo – il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi – da più di due mesi ormai nelle mani dei rapitori. Anche su di loro si era diffuso l'allarme nei giorni scorsi per via di un video in cui pareva si vedesse la decapitazione di uno dei due presuli. Ma anche in quel caso si è poi scoperto che si trattava di un filmato legato a un assassinio precedente.
Tutto questo dà il clima della situazione che si respira in Siria. Con i cristiani di Aleppo costretti a fuggire anche da quelle montagne dove avevano trovato rifugio dopo aver abbandonato la loro città. Con conventi e chiese storiche che vengono assaltati. Con video di persone sgozzate che vengono fatti circolare per aumentare ancora di più la paura. Il tutto mentre sul campo l'esercito di Bashar al Assad – fiancheggiato dai miliziani libanesi di Hezbollah e dagli iraniani – recupera posizioni nell'asse strategico che congiunge Damasco a Beirut. Con lo scenario sempre più dietro l'angolo di una Siria spaccata in due: la parte costiera con le città in mano alle forze lealiste, quella più occidentale come roccaforte dei ribelli. Ieri persino i russi – grandi alleati di Assad - hanno deciso di evacuare il personale militare da Tartus, la loro grande base navale sul Mediterraneo.

In un contesto di questo genere si capisce perché i cristiani della Siria vedano come un incubo l'invio di nuove armi ai ribelli, opzione per la quale premono oggi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna (oltre ovviamente ai Paesi del Golfo, che in questi due anni non hanno mai smesso questo genere di invii). Hanno fin troppo chiaro chi sarebbero i primi contro cui verrebbero rivolte.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-spaccatai-cristiani-pagano-6771.htm


L’editoriale di Marc Fromager( direttore di 'Aiuto alla Chiesa che soffre'- edizione francese): 

« Syrie ça suffit ! »

AED - Le 24 juin 2013


Depuis deux ans, la Syrie est exposée à la vindicte internationale et nous sommes priés d’assister silencieusement à l’anéantissement d’un des plus anciens pays au monde. Le dossier étant complexe et l’unanimité imposée, il est vrai que les voix discordantes étaient forcément mal vues. Or aujourd’hui, avec la décision américaine d’armer les rebelles et le suivisme européen et notamment français en la matière, le temps est venu de mettre fin à cette mascarade.
Au nom de la population syrienne, toutes confessions confondues, cette opération de destruction doit s’arrêter. Oui, ça suffit !


Certes, le dossier est complexe, le régime est autoritaire, mais depuis quand cela autorise-t-il la communauté internationale à décider de la destruction d’un pays ? La Syrie est-elle la seule dictature de la région ? Ne devrait-on pas également s’en prendre à l’Arabie Saoudite et au Qatar pour ne citer que ceux-là ? Et en quoi la pulvérisation du pays peut-elle le rendre plus épanoui ?
Il y a deux ans, la Syrie avait un taux de croissance économique de plus de 8 % et c’était, hormis le Liban, le pays le moins contraignant du Moyen-Orient pour les chrétiens. Aujourd’hui, avec plus de 90 000 morts et des centaines de milliers de réfugiés à l’intérieur et à l’extérieur du pays, l’évidente amélioration du sort de la population syrienne saute aux yeux, un peu comme l’ineffable service que nous avons rendu à la population irakienne depuis 10 ans…

Beaucoup de pays ont un intérêt dans la dislocation de la Syrie, à commencer par les Américains – pour des raisons énergétiques (contrôle de la production et/ou du transit du pétrole et du gaz et aussi manœuvre hostile contre les Russes) – ou les Qataris (lutte anti-chiite et compétition pour la primauté sunnite), mais la France ?
La politique étrangère française sur le dossier syrien est difficilement compréhensible. Quels intérêts y poursuivons-nous ? Ou est-ce simplement pour faire plaisir à nos parrains américain et qatari ? Là encore, il faut croire que la France a définitivement abandonné toute idée de souveraineté. Pourtant, la France, de par ses liens historiques avec la Syrie et les chrétiens d’Orient, avait une double responsabilité et donc des devoirs particuliers sur ce dossier.


Comment imaginer qu’on puisse armer les rebelles alors que tout le monde connaît la porosité de la rébellion syrienne avec les milieux islamistes liés à Al Qaïda ? Qui pourra expliquer l’absurdité qu’il y a à armer en Syrie ceux que la France combat au Mali ? Et après la Syrie, comment ne pas déjà entrevoir la dislocation du Liban ? Là aussi, est-ce la disparition des chrétiens que l’on cherche?

Quid de la population syrienne ? Cela semble le dernier souci de nos stratèges. Aujourd’hui, du point de vue de l’ensemble de la population syrienne et à fortiori des chrétiens syriens, ce chaos instauré, alimenté et financé en grande partie depuis l’étranger relève purement et simplement du crime. Il est temps que cela s’arrête et qu’une solution politique soit trouvée au plus vite, pour épargner la population civile plongée au fond de l’enfer. Oui, vraiment, cela suffit !

Marc Fromager
http://www.aed-france.org/actualite/leditorial-de-marc-fromager-syrie-ca-suffit/

mercoledì 27 marzo 2013

Damasco: un seminarista ucciso da un mortaio

 Messaggio di Mgr Samir Nassar, arcivescovo maronita della città



Romani 12:14-15
«Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. RALLEGRATEVI CON QUELLI CHE SONO NELLA GIOIA; PIANGETE CON QUELLI CHE SONO NEL PIANTO».


"Nell'arcivescovado maronita di Damasco siamo una comunità di sei. Camil, il più giovane, di 35 anni, è pronto per essere ordinato diacono permanente. Si occupa della sagrestia, accoglie e una mano al servizio sociale traboccante in questi giorni tristi ...

Questo Martedì 26 Marzo 2013Camil vigila sulla distribuzione  di pane e cibo per i poveri, come ogni Martedì.
Alle 11:30 va in casa di una famiglia abbandonata dopo lo scoppio degli eventi . Un colpo di mortaio cade lungo la strada e gli strappa  la vita ..

Il suo corpo giaceva sul marciapiede .. prima di essere condotto nella camera mortuaria pubblica di Damasco in attesa di individuare la sua identità ....

Da un certo tempo i colpi di obus cadono ovunque e in qualsiasi momento. E' una "roulette russa" che si prende vite innocenti ... Camil è rimpianto da tutti ... è stato così vicino a tutti, sempre in ascolto e a disposizione per aiutare e condividere i modesti  beni con i più bisognosi ..

Questa "roulette russa" sovrasta la città, sceglie le sue vittime a caso, ce ne sono diversi e sempre di più tutti i giorni ..
Camil ha fatto un'altra scelta: morire durante la Settimana Santa con il Cristo Crocifisso per servire e lodare per sempre il Salvatore Risorto e implorare la Pace per il suo paese torturato."

Damasco 26 marzo, 2013.

Samir Nassar +
Arcivescovo maronita di Damasco

Non cessate di pregare per i nostri martiri.

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-un-seminariste-de-35-ans-touche-a-mort-par-un-obus/

giovedì 31 gennaio 2013

Chiediamo la preghiera di tutti i cristiani del mondo, per riavere la pace in Siria


Distrutta una chiesa in Mesopotamia. L’Arcivescovo: “Con la guerra tutti perdono”

Deir al-Zour: la Chiesa  distrutta


Agenzia Fides 31/1/2013
Hassakè – La chiesa siro-ortodossa di Santa Maria e la scuola cristiana di Al-Wahda sono state distrutte a Deir Ezzor, cittadina della Mesopotamia, al centro di scontri che hanno causato un esodo della popolazione civile. Lo riferisce a Fides l’Arcivescovo siro-ortodosso Eustathius Matta Roham, Metropolita di “Jazirah ed Eufrate”, spiegando che “è un giorno molto triste per me e per tutta la comunità”. Le due strutture sono state colpite e distrutte nel fuoco incrociato fra esercito regolare e gruppi ribelli. La Mesopotomia, notano fonti locali di Fides, sta vivendo “una lenta agonia”, e tutta la popolazione civile (arabi, cristiani, curdi, e altri gruppi) sta pagando un prezzo altissimo. L’Arcivescovo Matta Roham nota a Fides: “Questa guerra feroce è prima di tutto una guerra contro la nostra civiltà. E’ un conflitto dove tutti perdono, nella distruzione del nostro amato paese. Se i ribelli o il regime pensano di vincere, alla fine, credo ci ritroveremo solo un paese in rovina, con migliaia di orfani, vedove, poveri e soprattutto destabilizzato dall’inimicizia nella società”. 
L’Arcivescovo si rivolge a quanti stanno combattendo: “Chi ricostruirà tutto quanto abbiamo costruito in decenni di duro lavoro? E quanto tempo ci vorrà? Chi ricucirà le relazioni sociali deteriorate? Chiediamo la preghiera di tutti cristiani del mondo, per riavere la pace in Siria”. 

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40904&lan=ita


 Marcia di solidarietà per i sequestrati in Mesopotamia

 Una marcia di solidarietà con le vittime dei sequestri; un corteo per sensibilizzare l’opinione pubblica verso il fenomeno dei rapimenti; una “assemblea di speranza” che ha visto riunite tutte le componenti della società: cristiani, musulmani, curdi, associazioni e Ong, leder delle chiese e capi della moschee, funzionari pubblici.

Agenzia Fides 28/1/2013 – Come appreso dall’Agenzia Fides, l’iniziativa, tenutasi giovedì 24 gennaio ad Hassake, capoluogo della Mesopotamia, dove la popolazione civile è ridotta allo stremo (vedi Fides 17/1/2013), scuote l’area della Siria orientale. Nella regione si vive un precario equilibrio fra le forze di opposizione (fra le quali milizie islamiste), le forze curde, l’esercito regolare siriano, in lotta fra loro.
A fare le spese del conflitto permanente è la popolazione che è dunque scesa in piazza – oltre tremila presenti al corteo – con striscioni e slogan per chiedere un “un futuro di pace e di speranza per la Mesopotamia”. I partecipanti, che hanno dato vita alla “Associazione di solidarietà con le famiglie delle persone rapite”, hanno marciato dal quartier generale della Chiesa ortodossa siriana al Palazzo di Giustizia della città, esprimendo la loro sofferenza e le loro rivendicazioni. E’ stato presentato un memorandum al Procuratore della Repubblica, chiedendogli di svolgere i suoi compiti e chiedendo al governo locale di assicurare la protezione ai cittadini innocenti.
“Il sequestro di persona è diventato un fenomeno quotidiano per le strade di questa città. I rapitori non esitano a commettere crimini alla luce del giorno. Circa tre settimane fa, tre uomini armati, a volto scoperto, hanno fermato un taxi e rapito un ragazzo di 10 anni, Saeed Afram Aho, mentre stava andando alla scuola elementare” spiega a Fides l’Arcivescovo siro-ortodosso Eustathius Matta Roham, Metropolita di “Jazirah ed Eufrate”.
“Circa sei mesi fa i sequestri di persone hanno iniziato a moltiplicarsi, opera di alcune bande”. Oggi le vittime sono 43, appartengono e tutte le componenti della società (cristiani, musulmani, yazidy, curdi e arabi), sono di età e ceto sociale diversi: bambini, studenti, medici, ingegneri, commercianti e gente comune. L’Arcivescovo racconta a Fides “i momenti molto difficili, la paura e il dolore delle famiglie” anche perché i rapitori, nota, “utilizzano forme di tortura verso vittime innocenti, in spregio alle virtù umane, morali e religiose, per ottenere un forte riscatto”. Un bambino, Bashar, è stato lasciato per due giorni senza cibo e acqua in una cella sotterranea, in una fattoria lontana dalla città. “Oggi – spiega – molte famiglie cristiane sono fuggite, cercando salvezza nei paesi vicini e in Occidente”.
Mons. Matta Roham ha preso parte alla marcia con gli altri due Vescovi della città, il Vescovo siro-cattolico Jacques Behnan Hindo e il Vescovo Mar Afrem Natanaele, della Chiesa assira. In questo periodo di forte crisi, i tre Presuli si incontrano regolarmente per discutere questioni di interesse sociale e religioso.

http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40877&lan=ita


INIZIATIVA DI PREGHIERA DI "AED : Aide à l'Eglise en Détresse"

VEGLIA DI PREGHIERA PER I CRISTIANI SIRIANI
Mercoledì 6 febbraio 2013, dalle 20.00 alle 22.00.
63 rue de Caumartin Paris IX°

Prière, chants, témoignages, intercession, adoration, Messe à l'intention des chrétiens de Syrie
 Avec le témoignage du père Ziad Hilal, curé de la paroisse Saint-Sauveur à Homs
 En présence de Marc Fromager, directeur de l'Aide à l'Eglise en Détresse (AED), de Monseigneur George Assadourian, curé de la cathédrale Sainte-Croix des Arméniens Catholiques de Paris et du Père Elie Wardé, curé de la paroisse syriaque Saint Ephrem de Paris.
Paroisse Saint-Louis d'Antin,  63 rue de Caumartin et 4, rue du Havre,  Paris IX°
 Métro Havre Caumartin - Métro St Lazare

martedì 23 ottobre 2012

I cristiani sono usati come oggetti in una sfida al governo. COSA FA IL MONDO CRISTIANO OCCIDENTALE?

Due fedeli rapiti e uccisi. Il Patriarca Laham: “I cristiani sono strumentalizzati nel conflitto”

Agenzia Fides 23/10/2012

Due fedeli cristiani sono stati rapiti e uccisi ieri a Damasco, mentre un’autobomba è esplosa ieri sera nei pressi della chiesa di Sant’Abramo, nel quartiere di Jaramana, nel Nord di Damasco. I due fedeli uccisi sono il fratello e il cugino del giovane sacerdote p. Salami, parroco greco-cattolico di Damasco. Come riferito a Fides, ieri i due stavano viaggiando da Qusair a Damasco. Un gruppo armato li ha fermati e sequestrati, poi ha chiesto un riscatto di circa 30mila dollari alla loro famiglia. Dopo due ore, i sequestratori hanno comunicato di averli uccisi.
Nella tarda serata di ieri il terrore ha sconvolto i cristiani e i drusi residenti nel quartiere di Jaramana, già noto per aver subito circa un mese fa altri attentati dinamitardi. Fonti locali di Fides comunicano che una violenta esplosione è avvenuta nei pressi della chiesa greco-cattolica di Sant’Abramo, danneggiando gli edifici circostanti, ma non è tuttora chiaro se vi siano vittime e feriti.
Interpellato dall’Agenzia Fides, il Patriarca greco cattolico Gregorio III Laham, in Vaticano per il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, spiega: “I cristiani sono usati come oggetti in una sfida al governo. Non c’è persecuzione, non sono uccisi per la loro fede, ma sono vulnerabili e vengono strumentalizzati per raggiungere altri obiettivi”. Il Patriarca ricorda con preoccupazione che “anche il fratello del Rettore del nostro Seminario maggiore in Libano è stato rapito dal 15 luglio e non se ne hanno più notizie. Questi episodi creano grande angoscia fra i fedeli”.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40151&lan=ita

Il vescovo gesuita caldeo Antoine Audo racconta la persecuzione che i cristiani stanno subendo in Siria a opera dei ribelli islamici.

 
di Marco Tosatti
Aleppo in rovina, a Homs tutte le chiese cristiane sono state sconsacrate: è questo il quadro desolante disegnato dal vescovo gesuita caldeo Antoine Audo al Parlamento inglese il 18 ottobre scorso. I vescovi di Aleppo hanno deciso di restare con i cristiani ancora presenti in città. “Non vogliamo lasciarli soli. Se mi allontano dalla città per troppo tempo, la gente si sente sola”. “Non siamo andati in Libano per incontrare il Papa per dirgli che siamo in pericolo” ha aggiunto, riferendosi al viaggio che Benedetto XVI ha compiuto in Libano dal 14 al 16 settembre. “Gli abbiamo scritto una lettera chiedendo il suo appoggio”.
Audo ha accettato di viaggiare per qualche giorno in Gran Bretagna per accrescere la consapevolezza della prova dei cristiani siriani e per chiedere aiuto. Ad Aleppo scuole, ospedali e gli altri servizi pubblici non funzionano. L’80 per cento delle persone non hanno lavoro. La povertà sta diventando un problema molto serio, a causa del rialzo dei prezzi.
“E’ il caos. Non c’è sicurezza, tutto è sporco, non ci sono autobus né taxi”.“Nella città di Homs, che ospitava la seconda più numerosa comunità cristiana del Paese, quasi tutti i cristiani sono stati obbligati a fuggire dopo un’ondata di persecuzione. Tutte le chiese sono state sconsacrate”. I ribelli islamici hanno minacciato di morte la popolazione cristiana della città, obbligandola a lasciare le loro case.

 DONNE, BAMBINI E ANZIANI CRISTIANI RAPITI

 22 ottobre 2012 - Passeggeri  cristiani che si trovavano in un minibus che li portava dai tre villaggi Jdaydeh , Yacoubieh e Qnayeh ad Aleppo, sono stati rapiti quando il loro minibus si trovava a 35 km dalla sua destinazione.

 A bordo del veicolo pubblico vi erano donne, bambini e anziani, perchè gli uomini giovani e maturi non si muovono più, per paura di essere rapiti.

L'autobus avrebbe dovuto giungere alle 11 ad Aleppo. Non vedendolo arrivare, una madre ha preso contatto telefonico con il suo giovane figlio, ed ha così saputo che è stato preso in ostaggio insieme con gli altri passeggeri.

Comment peut-on encore admettre et tolérer ce genre de délits ? Mais qu'attend donc le monde chrétien pour se lever et s'élever contre ce mal que représente la barbarie idéologique et confessionnelle ?
Oui vous avez bien lu...Qu'attend le monde chrétien pour décréter la mobilisation générale de toutes les forces caritatives et spirituelles ?
Que fait-il ? Dort-il ? Ronfle t-il ?
 

Témoignage d’une famille chrétienne de Damas qui a fui le pays


« Il nous reste la foi ».
Pour une raison qu’ils qualifient de « miraculeuse », Fadi, Myriam et Teresa*, un couple de Syriens chrétiens et leur petite fille, ont obtenu leur visa pour l’Europe. Ils attendent aujourd’hui la reconnaissance de leur statut de réfugiés. Anciens résidents de Bab Touma, le principal quartier chrétien de Damas qui vient d’être touché par un attentat sanglant pour la première fois depuis le début de la guerre, ils évoquent douloureusement ce qu’ils viennent de quitter : un pays en guerre certes, mais aussi parents et amis. Nous les avons interrogés quelques heures avant l’attentat du 21 octobre qui a fait 13 morts et des dizaines de blessés dans leur quartier.
Comment se déroulait le quotidien avant votre départ ?
Fadi
: La vie a évidemment beaucoup changé à Bab Touma. Avant, il y avait du monde dans les rues jusqu’à minuit. Aujourd’hui, vers 20h, il n’y a plus un chat. Chacun se terre chez soi. La moitié des restaurants sont fermés, il n’y a plus d’activité. Nous avons souvent des problèmes d’alimentation de pain. Devant les boulangeries, les gens font la queue dès 6h du matin. Une fois, nous n’avons pas eu de pain pendant trois jours. Bab Touma est un quartier protégé par les soldats de l’armée. En revanche, les quartiers voisins sont bombardés. Dès qu’une bombe explosait, c’était toute notre maison qui tremblait.
Mais la vie civile suit son cours ?
Myriam
: A Bab Touma, une partie des écoles sont encore ouvertes, mais les parents y amènent de moins en moins les enfants. A Damas, de manière plus générale, la plupart des institutions sont maintenant fermées. Les hommes armés font pression pour que la vie civile s’arrête. A Jaraman, un quartier voisin, une de mes amies est allée inscrire sa fille à l’école, en septembre. Une voiture piégée a explosé à côté de la mère et la fille et les a tuées toutes les deux.
Fadi : Les opposants disent aux écoles de fermer. Ils veulent mettre fin à toute vie normale. L’armée dit aux gens de continuer à vivre normalement, qu’elle les protège. Les gens sont entre deux feux. Ils doivent obéir aux deux s’ils veulent rester en vie. Ma tante était institutrice à Homs. Elle disait à ses élèves de continuer à venir. Elle militait pour que la vie continue coûte que coûte. Son mari l’a retrouvée égorgée. Sur le mur, ils avaient marqué, avec son sang, « Allah akbar ».
Les chrétiens osent encore aller à la messe ?
Myriam
: En Syrie, une des grandes fêtes de l’année, c’est les Rameaux. Tout le monde va à l’église, on habille les enfants en blanc. Cette année, à Bab Touma, beaucoup ne sont pas allés à la célébration. A la fin, le prêtre a dit aux fidèles de se disperser en petits groupes, silencieusement. Les groupes supérieurs à quatre étaient obligés de se séparer. Evidemment les chrétiens se sentent visés. L’année précédente, pour les rameaux, une des églises avait été taguée avec cette petite phrase : « chrétiens, c’est à votre tour ». Au début dans les manifestions de l’opposition au régime, on entendait : « Les alaouites au tombeau et les chrétiens à Beyrouth ». Maintenant, c’est plutôt « les alaouites et les chrétiens au tombeau ».

giovedì 27 settembre 2012

"Riconciliazione con la totalità della Nazione, vivendo piena cittadinanza nel rispetto delle altre religioni, lavorando per costruire una Patria pluralista che rispetti la libertà religiosa, vertice di tutte le libertà"

 
LE PENE  E  LE GIOIE DI  MONS. SAMIR NASSAR
Ecco il messaggio che ci rivolge oggi l'arcivescovo Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco. Condividiamo la sua gioia (ordinazione diaconale in vista del sacerdozio di Maroun, avvenuta a Damasco il 23 settembre) e la sua sofferenza.
Trascriviamo il messaggio così come è giunto.


BENOIT XVI est venu au Liban le 14-16 septembre 2012 pour remettre aux Chrétiens d’Orient l’Exhortation Apostolique : Ecclesia in Medio Oriente, fruit du Synode tenu à Rome « en Octobre 2010…
Cette visite fut une réussite populaire, officielle, médiatique et ecclésiale à tout niveau.. Et ceci malgré le film sur le prophète MOHAMMAD lancé le 11 septembre et qui a embrasé le monde islamique à la veille de la visite papale. Les musulmans libanais ont participé à l’apaisement et au succès de l’accueil du Saint Père.
MESSAGE OU SIMPLE HASARD ?
Le 3 Juin 2010 SS BENOIT XVI remet à Chypre « l’instrument du travail » du Synode aux patriarches et évêques orientaux. La veille Mgr PADOVESE, évêque latin de Turquie eut la tête décapitée.
Clôture du Synode à Rome Dimanche 24 Octobre 2010…Le 31 Octobre la Cathédrale Notre Dame de la Délivrance à Bagdad voit le Sang du Christ pendant la messe épouser le sang des martyrs innocents dont deux jeunes prêtres…
Vendredi 14 Septembre 2012, fête de la Croix Glorieuse, BENOIT XVI signe l’Exhortation Apostolique à St Paul Harissa (LIBAN), pendant que plus d’un tiers des chrétiens de Syrie sont devenus des réfugiés dans leur propre pays, cherchant un visa ou un asile…
UNE FEUILLE DE ROUTE
Depuis les événements de 1860, les Chrétiens d’Orient ont perdu 70% de leur nombre. Hémorragie continuelle et fatale…Devant ces perspectives alarmantes l’Esprit inspire l’Eglise qui invite à un Synode Spécial pour les Eglises du Moyen Orient..
Ce Synode » Communion et Témoignage » de 2010 et son couronnement dans l’Exhortation Apostolique de 2012 viennent proposer à cette situation dramatique, une vision de Renouveau de Réconciliation.
Renouveau des Eglises locales affaiblies les invitant à redécouvrir la splendeur de la première communauté (Ac 4,32) en commençant par se convertir et vivre le pardon.
La Réconciliation avec le milieu national en vivant la pleine citoyenneté dans le respect des autres religions oeuvrant à l’édification d’une patrie plurielle qui respecte la liberté religieuse, sommet de toutes libertés.
L’Exhortation Apostolique accorde une grande place aux jeunes et aux familles, gages d’avenir.
Une feuille de route et une charte pour redécouvrir le renouveau pastoral, ecclésial et social afin de mieux vivre la vocation de communion, de témoignage, de dialogue loin de la violence et du fondamentalisme de tout genre..
VIVRE L’ESPERANCE
En signe de confiance en l’avenir de l’Eglise en Syrie, Maroun fut ordonné diacre en vue du sacerdoce le 23 septembre 2012, premier dimanche après la visite de SS BENOIT XVI.. Maroun fut ordonné en la Cathédrale Maronite à Bab Touma Damas, sous les bombes devant une petite assemblée remplie d’espérance.

Devant le drame syrien qui dure depuis la mi-mars 2011, notre petite Eglise de Damas, fidèle à ses racines et à sa vocation, reçoit dans l’action de grâce l’Exhortation Apostolique confiant la Syrie qui saigne au Cœur Immaculé de Marie selon le souhait du Saint Père qui dit au n’100:
Marie saura une nouvelle fois présenter nos nécessités à son Fils Divin
Ecoutons-la qui nous ouvre à l’espérance « tout ce qu’il vous dira, faites le.. »Jn 2,5
Damas le 27 septembre 2012, en la fête de l’apôtre des pauvres St Vincent de Paul.
+ Samir NASSAR
Archevêque Maronite de Damas

http://www.aed-france.org/actualite/syrie-les-peines-et-les-joies-de-mgr-samir-nassar/#.UGRKWZ82sCk.facebook

SIRIA: NO A UN'ALTRA LIBIA.
Appello di Madre Agnès-Mariam de la Croix


giovedì 13 settembre 2012

Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione

Patriarca Rai: Il Papa chiede la pace per la Siria.
Il film anti-Islam offende tutti noi.
 
Asia News 13/09/2012
Il capo della Chiesa maronita spiega che Benedetto XVI viene come testimone di pace per il Medio oriente e domanda a Stati, parti interessate e mercenari di fermare il commercio e l'uso delle armi. Cristiani e musulmani insieme per una reale Primavera araba. Il film che denigra Maometto è un'offesa per tutte le religioni.
Bkerke (AsiaNews) - Durante la sua visita in Libano, Benedetto XVI chiederà pace per la Siria e un blocco alla vendita di armi nella regione. È quanto affermato dal patriarca Bechara Rai, in una conferenza stampa tenuta stamane. Il capo della Chiesa maronita ha anche definito "vergognoso" il film anti-islam che ha provocato manifestazioni, violenze e morti in Libia. "Questo film - ha aggiunto - ci offende tutti".

Il viaggio che il papa sta per compiere dal 14 al 16 settembre vuole "fermare la spirale di violenza e di odio in Siria", ha spiegato il patriarca, ma anche chiedere "che coloro che vendono armi all'uno o all'altro gruppo" si fermino. Iniziate come un prolungamento della Primavera araba, le tensioni in Siria sono giunte a una vera e propria guerra civile, che ha causato la morte di decine di migliaia di persone. Governi occidentali, insieme ad Arabia saudita e Qatar sostengono i ribelli, con denaro e armi. La Siria, la Cina e l'Iran sostengono invece Bachar Assad e il suo governo.

"La guerra - ha precisato Rai - non è combattuta in nome dell'islam o del cristianesimo, ma da Stati, da parti interessate, da mercenari".

"Cristiani e musulmani - ha poi proseguito - devono unirsi attorno ad alcuni valori per gettare le fondamenta di una reale Primavera araba". Il papa viene in Libano per firmare e diffondere l'Esortazione apostolica seguita al Sinodo sul Medio oriente, celebrato a Roma nell'ottobre 2010, in cui si sono discussi molti aspetti e valori presenti nei movimenti che stanno cambiando il mondo arabo. "La visita del papa - ha aggiunto il patriarca - è un appello alla pace in Medio oriente, alla separazione della religione dallo Stato, all'accettazione dell'altro e della diversità nell'unità".
http://www.asianews.it/notizie-it/Patriarca-Rai:-Il-Papa-chiede-la-pace-per-la-Siria.-Il-film-anti-Islam-offende-tutti-noi-25809.html



Gregorio III Laham

"Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e a intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo."


P A T R I A R C A T O
GRECO – MELKITA- CATTOLICO
Aïn Traz, 30/8/2012

Ai nostri figli e figlie in Siria e ai figli e figlie della Chiesa nel mondo

A tutti gli uomini di buona volontà

 Per la Siria, la riconciliazione è l’unica  ancora di salvezza

“Venite dobbiamo avere una parola in comune”
(Sura Al Omran, 64)
“Beati gli operatori di Pace”
(San Matteo 5,9)

Introduzione

I nostri occhi e i nostri cuori versano lacrime oggi perché il linguaggio della violenza ha superato ogni altro linguaggio. Le lacrime fluiscono da ogni parte e su tutte le arene, in tutte le mani, nelle case e nei singoli … Le vittime umane, delle diverse appartenenze cadono, lasciando dietro di loro la desolazione e le tragedie sociali, familiari e nazionali. Dio abbia misericordia delle vittime, curi le ferite, guarisca i malati e consoli gli afflitti. Di fronte a queste prove, gli ostacoli per trovare aiuti umanitari e farli pervenire ai bisognosi e ai sinistrati, si moltiplicano.
Quale dinamica trovare per una via d'uscita alla crisi? Con questa lettera vogliamo di nuovo chiamare tutti al dialogo... affinché possiamo superare le nostre ferite, le nostre sofferenze e il sangue versato …  e affinché noi siamo fra coloro che credono nel dialogo, nella riconciliazione, nell'incontro e nel faccia a faccia...
Questo cammino è più difficile ma è l'unico cammino ragionevole perché costituisce l'unica garanzia per l'avvenire. È un cammino ineluttabile perché nessuna fazione può eliminare l'altra in alcun modo. La violenza accresce la violenza, mentre il dialogo aggiunge al dialogo forza e frutto. Quanto alla riconciliazione, essa prepara i cuori e gli animi a un maggiore dialogo e una maggiore riconciliazione.

 La Chiesa siriana e la Riconciliazione
 
Riconciliatevi con Dio! Riconciliatevi gli uni con gli altri! È il ministero della riconciliazione!
La Chiesa che è in Siria è chiamata al ministero della Riconciliazione, Musalaha, con ogni mezzo possibile perché la riconciliazione è nel cuore dell'insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo nel Santo Vangelo. È il nostro Bene ed è il Bene dell'umanità … con Dio.
Noi consideriamo che il ruolo della Chiesa in Siria oggi sia questo santo ministero, vale a dire operare in favore della riconciliazione. Beati gli operatori di pace! Noi consideriamo che questo ministero sarà la garanzia dei cristiani di fronte ai giorni cupi che si annunciano nel cielo della Siria. È così che i cristiani adempiranno la loro più grande missione per il paese, come storicamente si impegnarono per la sua prosperità a tutti i livelli.
Oggi la loro missione è di rimanere fra e con tutti i protagonisti, ovunque, su ogni fronte del paese… chiamandoli tutti alla riconciliazione civile e sociale … Poiché il ruolo della Chiesa è di essere l'araldo della riconciliazione e suo artefice a tutti i livelli. Noi consideriamo che in quanto cristiani del Levante e come arabi presenti e operanti nella storia del nostro paese, in tutte le sue tappe e in tutte le sue crisi, nel suo progresso e nel suo sviluppo, nella pace e nella guerra, noi siamo stati e resteremo la garanzia della diversità e coloro che la fondano e la promuovono. Sì, noi troviamo il nostro ruolo in questa via storica.

Appello alle Chiese del mondo
Con San Paolo noi diciamo: "Gesù è la nostra Pace, Colui che ha fatto dei due uno solo e che ha distrutto il muro dell'inimicizia tra gli uomini". Questa è la sorgente del presente appello che noi rivolgiamo a tutte le Chiese del mondo, ai nostri fratelli cattolici, ortodossi e protestanti. Noi chiamiamo i responsabili spirituali a unire la loro voce a quella della Chiesa che è in Siria per lanciare con tutti i mezzi, un appello alla riconciliazione in Siria. Che lo facciano ai dirigenti e alle diverse istituzioni del loro paese, verso i loro fedeli, i loro religiosi e religiose e i loro sacerdoti... E' necessaria una campagna per realizzare la Riconciliazione in Siria. Poiché se il mondo invocasse a una sola voce e ogni giorno il dialogo e la riconciliazione … allora sì tutto cambierebbe.

Appello ai cristiani siriani
In mezzo a questo fiume di sangue che, continuamente scorre in tutte le contrade della Siria, noi diciamo ai nostri figli beneamati: Pazienza! Se siete sfollati all'interno della Siria o in un paese limitrofo, rimanete vicino alle vostre case e ai vostri beni nel vostro paese. Diciamo grazie a coloro che ospitano gli sfollati. Ma se partite fuori dalla regione, il vostro ritorno sarà più difficile e la vostra situazione non sarà facile malgrado le facilità offerte dai paesi che vi accolgono, facilità che potrebbero non durare. Per questo vi dico: "Non emigrate!". Noi continueremo a fare tutti i nostri sforzi per aiutare con tutti i nostri mezzi, i bisognosi e gli sfollati.

Appello ai siriani

Grande è la mia speranza che noi siriani, cristiani e musulmani, che subiamo, tutti, il peso di questa situazione tragica e sanguinosa che dura da più di un anno e mezzo, troveremo insieme - e dobbiamo farlo - un'altra via della violenza, delle armi, delle uccisioni e della distruzione perché in questa via nessuno esce vincitore ma tutti sono dei vinti. La distruzione si estende e l'uomo è ucciso, le calamità si moltiplicano e colpiscono tutti i cittadini.
Per questo rivolgo il mio appello con il venerabile versetto del Corano: "Venite dobbiamo avere una parola in comune!" e con il versetto del Santo Vangelo: "Beati gli operatori di pace"… Ecco lo slogan che eleviamo con questa lettera. La riconciliazione è l'unica ancora di salvezza per la Siria.

Appello al mondo
Abbiamo la ferma speranza che il nostro messaggio sarà ricevuto dai Re, dagli Emiri e dai presidenti arabi, e dai capi delle nazioni del mondo intero, in America del nord e del sud, in Europa occidentale e orientale, in Asia, in Africa e in Australia. Così come speriamo sia ricevuto nelle Chiese e nelle comunità cristiane, in Oriente e in Occidente, nelle organizzazioni non governative, dai pensatori, dagli operatori di pace, soprattutto coloro il cui lavoro è stato coronato da un premio Nobel. Sul posto vi è il ministero della riconciliazione che è attivo ed efficiente. Su un altro piano, vi sono gruppi in azione, formati da capi tribù, da persone influenti, che hanno riportato grandi successi nella soluzione dei problemi in diverse località, e che hanno permesso di evitare grandi calamità e ristabilito la pace tra diverse fazioni religiose e altre. Noi chiediamo ai nostri amici di sostenere il lavoro di questi gruppi e della Chiesa in Siria che si consacra a questo ministero della riconciliazione, per garantirne il proseguimento.
Fine
Per il ministero della Riconciliazione sono pronto a offrire la mia vita in sacrificio e di intraprendere dei viaggi per il buon esito del nostro appello alla riconciliazione e al dialogo.
Portiamo questo messaggio, messaggio "di pace e di riconciliazione" ai santuari delle nostre Chiese e dei nostri monasteri affinché tutti eleviamo le nostre mani supplicanti per la sicurezza, la tranquillità e la stabilità, frutto del dialogo della riconciliazione e della solidarietà, per il coordinamento di tutte le potenzialità, in vista di un avvenire migliore per la Siria, con tutti i suoi figli, le sue confessioni, i suoi partiti e le sue ambizioni.
Sì, noi speriamo che tutti insieme possiamo realizzare la beatitudine evangelica: "Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati Figli di Dio".

Con il mio amore, le mie preghiere e la mia benedizione

   Gregorio III Laham
 

Gregorios III :
« N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre où sont morts vos aïeux »
 
I.MEDIA: Quelle est l’atmosphère au Liban à l’approche du voyage de Benoît XVI? Y a-t-il aussi une attente de la part des musulmans?
Gregorios III: L’atmosphère est telle que vous pouvez la vivre dans les rues de Beyrouth ou du Liban, si vous avez le temps de vous y promener. Dans le moindre des petits villages comme dans les grandes villes, les panneaux saluant le pape s’affichent partout. Souvent en français, en anglais ou en arabe, ils sont le fait des municipalités, des entreprises et même de particuliers. Cette attente est aussi celle de nos frères musulmans. Au Liban comme d’ailleurs en Syrie et ailleurs au Proche-Orient, les villages et les villes sont mixtes. Ils sont chrétiens et sunnites, chrétiens et chiites, chrétiens et druzes. Ils sont le symbole du vivre ensemble, le symbole concret et vivant de ce Liban « pays message », comme l’a dit le bienheureux Jean Paul II. Nous attendons le pape et son message ensemble, en famille. Benoît XVI est notre père et nos frères musulmans l’attendent avec nous.
I.MEDIA: Si la visite de Benoît XVI est avant tout pastorale, on ne peut faire abstraction de sa dimension politique. S’attend-on à un message du pape en ce sens?
Gregorios III: Le message du Saint-Père va venir nous renforcer, augmenter nos forces et notre volonté de vivre sur nos terres, là où Notre-Seigneur nous a placés. Vivre comme nos pères ont vécu depuis plus de 2000 ans. Benoît XVI va venir dire à nos jeunes, à nos familles, ce que je ne cesse de répéter depuis mon élection au siège d’Antioche: n’émigrez pas. N’émigrez pas et restez enracinés dans la terre de vos aïeux qui ont vécu et qui sont morts pour que cette terre reste et demeure ce qu’elle est: une terre de chrétienté, la terre du berceau du christianisme, la terre du message, la terre de la paix. Le pape va nous donner la direction, les manières pour ne pas flancher dans les crises et les tourments. Il va nous donner la force de ne pas avoir peur face à cet avenir incertain qui est le nôtre.
I.MEDIA: Le voyage du pape s’adresse à tout le Moyen-Orient, donc aussi à la Syrie. Comment les Syriens vivent-ils l’attente? Certains seront-ils présents lors des rencontres avec Benoît XVI?
Gregorios III: Bien évidemment, cette visite de Benoît XVI est une visite à toutes les Eglises d’Orient sur la terre du Liban, pays d’accueil par excellence. Elle est la conclusion de l’Assemblée spéciale du Synode des évêques pour le Moyen-Orient, qui s’est tenue à Rome en octobre 2010. Nos fidèles de Syrie, sous le patronage de Notre-Dame du Liban et de saint Paul, vivent cette attente dans la prière et l’espoir de pouvoir être nombreux autour de Benoît XVI. Le pourront-ils? Nos paroisses ont redoublé d’efforts pour cela. Plaise à Dieu que les chrétiens de Syrie, les chrétiens du berceau du christianisme, les chrétiens de saint Paul soient nombreux avec et autour du pape, pour prier pour la paix et la réconciliation dans leur pays. Nous sommes à deux jours de la visite du pape et le Moyen-Orient retient son souffle pour que cette visite s’accomplisse en paix et dans la prière. Au Liban, pays d’accueil, toutes les forces politiques, civiles et religieuses s’activent pour que cette visite soit une réussite tant spirituelle que matérielle.
I.MEDIA: La visite du pape suffira-t-elle à stopper, ou du moins freiner, l’exode des chrétiens du Moyen-Orient?
Gregorios III: C’est mon souhait et mon vœu le plus cher. Mes premières paroles en tant que patriarche au lendemain de mon élection en novembre 2000 ont été: n’émigrez pas! A nous, chefs des Eglises, Benoît XVI donnera la force de consolider la foi de nos fidèles. Il viendra leur dire pourquoi ils doivent continuer à vivre et à mourir sur la terre de leurs ancêtres, cette terre bénie de Dieu, cette terre choisie par Dieu pour Se faire homme.
I.MEDIA: La crise syrienne risque-t-elle de s’étendre durablement au Liban?
Gregorios III: Mon vœu et ma prière sont pour que la crise arrête de s’étendre en Syrie. Que les armes se taisent et que la Syrie trouve le chemin du dialogue et de la réconciliation. Et pour cela, je suis prêt à donner ma vie! J’ai lancé au début du mois un appel à Benoît XVI, aux cardinaux, aux conférences épiscopales, aux rois et aux chefs d’Etat et à tous les hommes de bonne volonté, pour soutenir la réconciliation en Syrie. Quant au Liban, ma prière quotidienne est que Dieu le préserve de tout mal. Il se redresse à peine d’années de guerre et de conflit. Plaise à Dieu, par l’intercession de Notre-Dame du Liban, que ce « pays message » soit préservé de tout mal. (apic/imedia/cp/ggc)
Propos recueillis par Charles de Pechpeyrou, I.MEDIA
http://www.aed-france.org/actualite/voyage-du-pape-au-liban-nemigrez-pas-et-restez-enracines-dans-la-terre-ou-sont-morts-vos-aieux/

sabato 25 agosto 2012

VERSO IL VIAGGIO DEL PAPA IN LIBANO. LAICITA': "Il Libano separa Religione e Stato, nel rispetto di Dio"

AED intervista il Patriarca Maronita cardinal Béchara Boutros Raï


Beatitudine, pensa che la guerra civile in Siria si diffonderà in Libano e porterà al conflitto religioso tra sunniti e sciiti? Quest'anno ci sono già stati antagonismi tra i due gruppi religiosi.
 Certo. La guerra civile in Siria tra sunniti (la maggioranza) e alawiti (di minoranza) sta già avendo il suo impatto sui sunniti e alawiti in Nord Libano (Akkar e Tripoli). D'altra parte, i libanesi si dividono ancora tra coloro che sostengono il regime di Assad e di coloro che sostengono l'opposizione. In terzo luogo, il conflitto politico in corso in Libano tra i sunniti (14 marzo) e sciiti (8 marzo) si fa più acuto a causa degli eventi in Siria.

La visita del Santo Padre allora potrà aver luogo?
  Nonostante le tensioni, la visita del Papa non è compromessa. Tutti i libanesi si stanno preparando intensamente. I cristiani del paese attendono l'arrivo del Santo Padre con immensa gioia.

Che cosa possono fare i cristiani in Libano per evitare ulteriori tensioni nel loro paese?
 I Cristiani in Libano dovrebbero essere più uniti e riprendere il controllo della loro responsabilità. Perché essi tendono sempre, per la loro cultura e spiritualità, alla pace, al progresso e a valori moderni. Essi amano la pace e  lottano per la giustizia, sono aperti alla cordialità e alla cooperazione con i musulmani, senza pregiudizi o secondi fini.

Ma la Costituzione libanese non pone ostacoli a questa vita insieme? Lo Stato e la sua amministrazione sono distribuiti lungo i confini dei gruppi religiosi; si potrebbe dunque pensare che il divario tra le religioni si consoliderà a lungo termine.
  In generale, musulmani e cristiani, con tutte le loro comunità e confessioni, convivono in zone miste. Il Libano, contrariamente a tutti i paesi del Medio Oriente, separa religione e Stato, nel rispetto di Dio e di tutte le religioni e fedi. Lo Stato non interferisce nelle materie inerenti alla Legge Divina: riconosce a tutte le fedi autonomia legislativa, legale e giudiziaria, in materia di religione e di matrimonio con effetti civili. Questo si chiama "Statuto Personale". Questo è un aspetto del confessionalismo. L'altro aspetto è la partecipazione paritaria tra cristiani e musulmani al potere e alla pubblica amministrazione. Per comprendere tale accordo, conosciuto come il Patto Nazionale, si deve ricordare che tutti i paesi arabi - e anche Israele- si basano sulla teocrazia musulmana o ebraica, mentre il Libano è uno Stato puramente civile, senza una religione di Stato né Testo Sacro come fonte di legislazione. Si tratta di una vita comunitaria organizzata tra i cristiani che naturalmente tendono alla laicità e musulmani che tendono alla teocrazia.

La situazione dei cristiani nel Vicino e Medio Oriente non è realmente migliorata: un centinaio di migliaia di copti hanno lasciato l'Egitto dopo la rivoluzione. In Siria, alcuni estremisti sunniti minacciano i cristiani. L’ islamismo sta per mettere fine alla presenza dei cristiani nelle Vicino e Medio Oriente?
 Mai! I cristiani sono radicati nel Medio Oriente da 2000 anni, dai tempi di Nostro Signore Gesù Cristo e degli Apostoli. Hanno permeato le culture locali dei valori cristiani ed evangelici. Hanno tutti i tipi di istituzioni e una presenza attiva nei loro rispettivi paesi. Tuttavia, la vita di pace e tranquillità offre loro le condizioni necessarie per prevenire la migrazione e di rimanere sempre attivi. Gli stessi musulmani riconoscono l'importanza della presenza dei cristiani per le loro qualità intellettuali, morali e professionali, per la loro fedeltà alla legge, alla nazione e alle autorità civili.

Il Santo Padre si recherà in visita in Libano il mese prossimo a rendere pubblica l'Esortazione Apostolica dopo il Sinodo del Medio Oriente nel 2010. Quali sono le sue aspettative su questa?
 L'Esortazione Apostolica certamente indirizzerà un piano pastorale per la Chiesa cattolica in Medio Oriente. Per molte parti, si concentrerà sulla comunione tra le Chiese, l'Islam e le altre religioni. Un'altra parte traccerà la linea di azione per una buona testimonianza cristiana, sia nella vita quotidiana di ciascuno, sia dei servizi resi dalla Chiesa, così come i contributi dei cristiani nello sviluppo dei loro rispettivi paesi. Inoltre, questa Esortazione apostolica potrà riaccendere la speranza e incoraggiare i popoli del Medio Oriente per rafforzare la loro unità e la vita comunitaria, ma anche per svolgere pienamente il loro ruolo nella comunità araba e internazionale.

Che ne è dei Maroniti in Siria? Sono colpiti dal conflitto?
 I Maroniti della Siria subiscono la stessa sorte degli altri cittadini cristiani e musulmani. La guerra civile e la violenza può colpire chiunque. Abbiamo tre diocesi in Siria: Damasco, Aleppo e Latakia. Non vi è alcun attacco diretto contro i Maroniti, perché essi sono rispettati e non interferiscono negli affari politici.
http://www.aed-france.org/actualite/laicite-le-liban-separe-religion-et-etat-tout-en-respectant-dieu/



Il Patriarca della Chiesa siro-cattolica di Beirut , Joseph III Younan, denuncia l’ipocrisia dell’atteggiamento dell’Occidente nel conflitto siriano

"Noi vogliamo il primato dei diritti umani, non il primato di una religione"

La Chiesa siro cattolica appartiene ad una delle 18 comunità religiose riconosciute dalla Costituzione libanese. Il Patriarca, Sua Beatitudine Ignazio Ephrem Joseph III Younan, è uno dei sette patriarchi cattolici del Medio Oriente.

Intervista per AED a cura di Jürgen Liminski - 24 Agosto 2012

Beatitudine, da un lato si sente molto parlare della situazione dei rifugiati cristiani e delle tensioni in Libano. D'altra parte, vi è l'aspetto politico della presenza cristiana in Libano e in Medio Oriente. Questa presenza è minacciata?
  Patriarca Ignatius Joseph III Younan Efrem: "La situazione dei cristiani in Libano è fondamentalmente diversa da quella dei cristiani in altri paesi del Medio Oriente. La Costituzione libanese riconosce diciotto religioni ufficiali, undici dei quali sono cristiane. Ma ciò che conta ovunque, sono i diritti umani. Non c'è mancanza di soldi o mancanza di vocazioni. Noi siamo oppressi da coloro che non vogliono riconoscere  che una sola religione. Noi cristiani non domandiamo alcun privilegio, noi vogliamo beneficiare degli stessi diritti di tutti gli altri. Vogliamo la libertà di coscienza, la libertà di religione, noi vogliamo la libertà anche per coloro che non credono in niente. Questa uguaglianza di fronte al Diritto e alla legge non esiste. Questo sta seriamente minacciando la nostra sopravvivenza in tutta la regione.”

C'è anche una differenza tra ciò che dicono le Costituzioni e la realtà delle cose ...
 Le questioni di diritto determinano la vita pratica. Esse costituiscono il quadro della dignità della persona. I nostri giovani non vogliono mendicare il diritto di poter lavorare e vivere nel proprio paese. In Iraq, essi mi chiedono: “Che cosa dobbiamo fare? Dove siamo ancora sicuri?” Per quanto riguarda la vita pratica… : Quando un giovane cristiano si innamora di una giovane donna musulmana e anche lei lo ama, egli deve convertirsi all'Islam per poter sposarla. Dov'è la libertà di culto in tutto questo? Un altro esempio: abbiamo accolto qui una famiglia proveniente dall’ Iran, i cui membri vogliono essere battezzati. Ma rischiano la vita in questo modo. Dov'è la libertà di religione in questo caso? L'Islam non tollera la conversione ad altre religioni. La situazione è simile in Turchia. Possiamo osservare le conseguenze di una libertà che è solo sulla carta. Le proprietà dei cristiani sono stati confiscate, molte chiese sono state distrutte. Ma i cristiani vivevano in Asia Minore prima che i musulmani. Anche in Iraq, i loro diritti sono ufficialmente riconosciuti, ma nessuno li protegge, nessuno è contro la persecuzione dei cristiani. E adesso la Siria. Anche in questo caso, la nostra presenza è minacciata.

Lei sostiene Assad o l'altra parte?
 Noi non siamo sostenitori di nessuno. Lo ripeto: Vogliamo solo godere degli stessi diritti di tutti gli altri. Supponendo di prendere le parti, sarebbe per il popolo siriano. Ma al giorno d'oggi, se qualcuno non manifesta contro Assad, subito si dice che è a favore di Assad. Voi sapete esattamente chi è dall'altra parte e se queste forze riconosceranno i diritti civili, la Carta delle Nazioni Unite?

 L'Unione Europea si sbaglia, schierandosi con i ribelli?
  Sarò franco. Siamo in presenza di un sacco di ipocrisia. Molti governi perseguono solamente i loro interessi economici. Il destino dei cristiani in Medio Oriente, non ha nessuna importanza per loro. Se non fosse così,  questi governi si impegnerebbero a favore della parità di fronte alla legge, per il rispetto dei diritti umani per tutti, anche in paesi in cui la cosiddetta Primavera araba non si è verificata. Da più di un anno, abbiamo già detto che la primavera araba avrebbe portato il caos e la guerra civile. Non si tratta di prender partito a favore o contro Assad  o per uno degli altri potentati della regione. Si tratta di una questione di diritti uguali per tutti. Si tratta del primato dei Diritti Umani e non del primato di una religione. L'integrazione e la convivenza non possono funzionare che se si rispetta questo primato. L’ho detto al governo francese a Parigi e lo ripeto. A lungo termine, l'Islam fondamentalista rifiuta il dialogo tra uguali. Se l'UE prendesse sul serio i suoi principi dei diritti dell’Uomo, si impegnerebbe apertamente in favore del futuro delle giovani generazioni di questa regione del mondo. Ma siamo di fronte a un sacco di opportunismo economico.

 E ciò è diverso in tutto il Medio Oriente?
  No. I rifugiati che attualmente vengono da noi ci dicono: Non abbiamo più alcuna fiducia, se non nella Chiesa. Fuggono città particolarmente grandi, Aleppo, Homs, Damasco. Lì, sono in pericolo. La maggior parte di loro vogliono continuare il loro viaggio e emigrare negli Stati Uniti, Grecia, Australia ed Europa. In particolare la classe media, che ha ancora qualche riserva. Essi cercano paesi in cui possano essere uguali davanti alla legge.