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venerdì 7 ottobre 2016

I bambini di Aleppo chiedono la pace





Mons. Georges Abou Khazen vuole dare risalto a un progetto che prende il via in questi giorni in tutta la Siria, e che coinvolge giovani cristiani e musulmani: “Stiamo promuovendo una campagna - racconta - che punta a raccogliere un milione di firme di ragazzi e ragazze siriani per la pace. L’iniziativa è sostenuta da enti, realtà, organizzazioni cristiane e musulmane e coinvolge tutto il Paese. Noi, con i giovani che frequentano la nostra chiesa ad Aleppo, li stiamo sensibilizzando sul tema, e loro rispondono realizzando disegni, opere e testi che raccontano come loro vedono la guerra, una testimonianza diretta dai loro occhi”. Queste opere, aggiunge, verranno presentate “agli organismi competenti delle Nazioni Unite e alla comunità internazionale”.
Ad Aleppo, conclude il prelato, “Il 6 ottobre è in calendario un grande incontro cui parteciperanno fra i 600 e i 700 bambini. Non solo cristiani, ma anche loro amici e conoscenti musulmani. In questo contesto rilanceremo il sostegno alla campagna di raccolta firme e distribuiremo alcuni piccoli regali, come la t-shirt per la pace”
http://www.asianews.it/notizie-it/Francescani:-in-Siria-%E2%80%9Czone-di-sicurezza-Onu.-Vicario-Aleppo:-dai-bambini-un-milione-di-firme-per-la-pace-38761.html










Anche nel giorno dell'iniziativa dei bambini a favore della pace, morti e feriti nei quartieri cristiani. Vescovo Audo: informazione occidentale manipolata

Agenzia Fides 7/10/2016

 Erano diverse centinaia i bambini e i ragazzi di Aleppo, cristiani e musulmani, che nella giornata di ieri, giovedì 6 ottobre, si sono radunati per chiedere con la preghiera e il canto che torni la pace in tutta la Siria. Il raduno si è svolto nell'ampio spazio davanti all'edificio dell'ex scuola francescana di Terrasanta. Analoghe manifestazioni si svolgeranno oggi nelle scuole di Damasco, Homs Yabroud, Tartus. 

Ad Aleppo, anche nel giorno dell'iniziativa dei bambini a favore della pace, colpi di artiglieria sono caduti in abbondanza anche sui quartieri controllati dal'esercito siriano, provocando morti e feriti.
 “Da settimane” riferisce all'Agenzia Fides Antoine Audo SJ, Vescovo caldeo di Aleppo, “siamo di nuovo in una situazione di terrore generale, anche se si cerca di mantenere aperte istituzioni pubbliche come l'università. Dai quartieri controllati dai ribelli arrivano ogni giorno colpi d'artiglieria con armi sofisticate, che seminano morte, anche se i ribelli non hanno gli aerei. Tra i soli cristiani, nelle ultime due settimane, ci sono stati più di venti morti. Ma di quello che succede da noi, i media occidentali non parlano. A noi che siamo qui, tutto il sistema mediatico globale appare manovrato da interessi geopolitici che manipolano l'informazione. Tutto diventa pretesto di propaganda. E si continua a nascondere il ruolo e le operazioni messe in atto da Paesi come la Turchia, il Qatar e l'Arabia Saudita”.

http://www.fides.org/it/news/60922-ASIA_SIRIA_I_bambini_di_Aleppo_chiedono_la_pace_Il_Vescovo_caldeo_informazione_occidentale_manipolata#.V_etLPmLSM8

martedì 4 ottobre 2016

Pace per Aleppo, nella giustizia e nella verità

 Aleppo muore!”. Accendi la TV, ascolti un TG qualsiasi, anche TG2000, e sei investito da servizi che il fantomatico "Osservatorio per i diritti umani siriano" (ONDUS) con sede in Inghilterra ha puntualmente preparato per raccontarti l'orrore che i 100.000 bambini, sì proprio centomila su una popolazione totale di 250.000 persone rimaste ad Aleppo est, stanno patendo per colpa dell' "assedio" e dei bombardamenti di Russi e Siriani.
 Save the Children  addirittura dichiara: “I bambini di Aleppo orientale sono esposti a un tale livello di pericolo a causa delle cosiddette “bombe terremoto” o bombe anti-bunker che non possono nemmeno frequentare le scuole sotterranee”.

Anzitutto dico: fosse anche una sola persona a morire (bambino, vecchio, donna o soldato) per me non fa differenza. Il dolore è lo stesso perché ogni persona ha una famiglia e un valore immenso per chi la ama; ogni persona è una ricchezza anche per la propria gente e la propria nazione.
  Posto questo, bisogna che si dica che non da adesso Aleppo sta soffrendo e in buona misura morendo, nè i suoi guai sono iniziati con i bombardamenti siriani e russi. Il calvario di Aleppo è iniziato da più di 4 anni e cioè da quando i tagliagole jihadisti e takfiri salafiti di tutte le provenienze l'hanno invasa e ne hanno preso possesso per buona parte. Molti Cristiani hanno pagato con la vita la coerenza con la loro fede.  
  Hanno terrorizzato la popolazione con esecuzioni terribili ed esemplari, costringendo tutti ad assistere.  Da ormai 4 anni quotidianamente costoro scaricano su Aleppo ovest (in mano ai governativi) immani quantità di bombole piene di esplosivo, i cosiddetti "cannoni dell'inferno" che hanno causato migliaia di vittime civili intenzionali! 

Tutto questo calvario è stato continuamente accompagnato da innumerevoli appelli da parte dei Vescovi delle varie confessioni religiose presenti in Siria e ad Aleppo in particolare, perché la comunità internazionale facesse qualcosa di concreto per fermare il terrore.
Le richieste sono state sempre le stesse: bloccare i flussi di armi ai Jihadisti ed eliminare le sanzioni. Sanzioni che la comunità internazionale  ha comminato alla Siria per punire Assad della repressione attuata nel 2011 verso i manifestanti “pacifici” che, assieme allo slogan “Cristiani a Beirut, Alawiti nella tomba”, chiedevano “maggiore democrazia” e riforme. 
Leggete qua:  Vescovo maronita di Aleppo al Senato italiano: assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli

Quanto sopra, per dire chiaramente che:
1° I morti quotidiani nella parte occidentale valgono almeno quanto quelli della parte orientale, tenendo anche conto che la popolazione rimasta ad Aleppo est (da alcune fonti stimata ormai a poco più di 150mila) in  buona parte viene usata come scudo umano dai miliziani.
2° Occorre riconoscere chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori. Distinzione che sembra obliata dalla totalità dei mezzi di informazione, ma dalla quale discendono conseguenze in ordine al diritto internazionale, non di poco conto (in primis il diritto a difendersi e a scegliersi alleati per combattere l’invasore).

Questa guerra deve finire al più presto, ma non è un cessate il fuoco unilaterale che la fermerà: ormai è chiaro che i “ribelli moderati” sono tali solo nella mente degli USA, nella realtà sono alleati o organici alle altre varie fazioni terroriste; dal momento che a queste milizie è stato offerta dai Russi e da parte governativa, in più occasioni, la scappatoia del salvacondotto per loro e le proprie famiglie (cosa accettata in almeno 700 altre località della Siria), il rifiuto è da considerarsi uno stratagemma: chiedere attenzione umanitaria alla comunità internazionale denunciando le crudeltà di chi legittimamente li vuole sloggiare.

Esistono altri modi per uscirne?
Una speranza, seppure flebile, arriva anche dalla richiesta alle Nazioni Unite da parte dei Francescani della Custodia di Terrasanta, per l’invio di una forza d’interposizione (caschi blu) ad Aleppo ed in altre parti della Siria per fermare i combattimenti e per arrivare a una pace duratura.
Su questa possibilità ho qualche riserva in quanto l’ONU ha dimostrato spesso di non essere affatto un organismo super partes e anche in altre occasioni (Africa e Balcani) non ha dato il meglio di sé.

Cosa possiamo fare noi? Innanzitutto pregare perché il popolo siriano abbia presto giustizia e pace. Rosari e Sante Messe non andranno sprecati.
 Insieme a questo dobbiamo parlare, facendo anche la fatica di cercare di capire sempre a chi giova la notizia: il vero e il falso sono spesso nascosti ad arte e a noi tocca la responsabilità di discernere al meglio.
 Pace ad Aleppo! Pace alla Siria! Pace al mondo intero nella giustizia e nella Verità.

  Gb. P.


Aleppo insanguinata

di Charlotte d’Ornellas -
29 settembre 2016
Il calvario di Aleppo è molto reale, da una parte e dall'altra dell'assurda frontiera creata dalla guerra.
Questo mercoledì mattina, da uno dei quartieri attualmente sotto il controllo dell'esercito siriano, Pierre le Corf mi dice:
Scusa, ora non posso parlarti, è appena caduta una bomba . Pierre è un giovane francese che, da oltre sei mesi, ha scelto di vivere tra gli Aleppini.
Dopo qualche minuto, posta una fotografia delle sue mani insanguinate, ma non è il suo sangue. E' di un uomo a cui un secondo proiettile ha strappato il braccio, mentre a pochi metri di distanza cercava di fuggire. L'uomo viene caricato in una macchina, e muore dopo pochi istanti.

Immaginate di essere pesci rossi in un vaso con il collo stretto, da cui è impossibile uscire, con acqua non sufficientemente torbida per nascondere il mondo che continua a girarvi intorno, ma abbastanza perchè il mondo non si accorga di voi”, scrive sulla sua pagina Facebook, dove è supportato da decine di commenti di Aleppini grati per le testimonianze che trasmette ai Francesi che scelgono di leggerle.

Ancora un'altra giornata molto dura per gli estenuati abitanti di Aleppo. Sul lato occidentale della linea del fronte, le bombe provocano esattamente gli stessi danni, e molti Siriani che vivono nell'area governativa sono amareggiati per la minore attenzione che i giornalisti occidentali riservano loro: come se le loro vite valessero meno di quelle dei compatrioti che vivono nelle zone "ribelli".

Tu non sei un giornalista, Pierre, racconti la verità priva di qualsiasi artificio”, commenta una giovanissima Aleppina.
Ma contrariamente a chi ha una visione semplicistica della realtà e vede la città divisa tra buoni e cattivi, gli Aleppini che affollano la zona lealista si preoccupano per i civili, loro fratelli, che muoiono dall'altra parte del fronte.

"Stasera, la mia preghiera è un grido al Cielo per i nostri fedeli ed anche per i civili che muoiono dall' altra parte"  confida fratel Georges Sabe, un fratello marista che si adopera da anni per la popolazione, e in particolare dagli inizi di questa orribile guerra.

Oggi, mercoledì sera, si trova al capezzale di Pamela: una bimba di sei anni in attesa di essere operata, perchè durante il pranzo una granata l'ha colpita alla colonna vertebrale, in un attentato che ha ucciso due persone.
Ancora un giorno di dolore”, commenta timidamente Padre Georges. Un'altra ancora, da quando i 'ribelli' penetrarono nella zona est della città nel luglio 2012.
Stasera, terrò una lampada accesa davanti all'icona della Santa Vergine” conclude, invocando tutte le persone di buona volontà a fare altrettanto ovunque sulla Terra.

Il calvario di Aleppo è palese da una parte e dall'altra di questa assurda frontiera creata dalla guerra. Anche da quella parte centinaia di migliaia di persone soffrono il martirio: sono gli abitanti dei quartieri ovest o gli sfollati dai quartieri est, fuggiti all'arrivo di 'ribelli' subito temuti come la peste. Altri provengono dai villaggi circostanti, abbandonati per lo stesso motivo.

Tutti hanno un unico e insopprimibile desiderio ormai: la pace. E come le sofferenze, anche questa aspirazione è sicuramente la stessa nei cuori dei civili dell'altro lato della città insanguinata.

Trad. Maria Antonietta Carta


I Francescani: fare di Aleppo una “Zona di Sicurezza” sotto il controllo dei Caschi Blu

Agenzia Fides 4/10/2016

 La comunità internazionale deve adoperarsi concretamente “per fare di Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto “delle Forze di pace dell'Onu”, applicando alla tragica situazione siriana “le migliori soluzioni apprese in precedenti esperienze per garantire la massima collaborazione e la riuscita dell’iniziativa”.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Francesco di Assisi, i Frati Minori – componente della Famiglia francescana di cui fa parte anche la Custodia di Terra Santa – lanciano un appello urgente e pieno di implicazioni operative per chiamare la comunità internazionale a fermare la carneficina in atto nella città martire e in altre aree della Siria. 

L'appello, co-firmato dal Ministro generale Fr. Michael A. Perry OFM e dal Custode di Terra Santa Fr. Francesco Patton OFM, richiama l'attenzione sul fatto che anche “altre zone di Sicurezza dovrebbero essere create in Siria, come parte integrante di un piano completo per garantire l’incolumità di tutti e raggiungere definitivamente la pace. Queste Zone – si legge nel testo dell'appello, pervenuto all'Agenzia Fides - dovrebbero essere poste sotto il controllo delle Forze di Pace dell’ONU, che opererebbero su mandato del Consiglio di Sicurezza e con la totale cooperazione delle diverse parti coinvolte nella guerra”. 
I superiori dell’ordine dei Frati Minori e della Custodia di Terra Santa chiedono a ”tutte le forze in campo e a tutti coloro che hanno responsabilità politiche, di mettere al primo posto il bene della popolazione inerme della Siria, di far immediatamente tacere le armi e di porre fine all’odio e a qualsiasi tipo di violenza, in modo tale che si possa davvero trovare e percorrere la via della pace, della riconciliazione e del perdono”. 
In particolare – fanno notare p. Perry e p. Patton - l'istituzione di una Zona di Sicurezza attorno ad Aleppo “permetterebbe alla popolazione tutta, provata dalle immani conseguenze del conflitto, senza discriminazione alcuna, di poter ricevere i necessari aiuti umanitari, ritrovare sicurezza e protezione e riscoprire la fiducia e la speranza in un futuro immediato abitato e animato solamente dalla pace”.
Un pensiero è rivolto dai due Superiori religiosi anche “ai nostri confratelli che con coraggio continuano a vivere in Siria e a testimoniare, come veri “buoni samaritani”, la loro vicinanza di servizio concreto a tutta la popolazione gravata dalle strazianti conseguenze del conflitto”.

Attualmente sono circa quindici i Frati Minori presenti in Siria. Tra loro – confermano a Fides fonti locali -, oltre ai religiosi dislocati a Damasco, Aleppo e Latakia, ci sono due frati che continuano a svolgere la loro opera pastorale a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, i paesini della Valle dell’Oronte, sottoposti al dominio delle forze jihadiste, dove alcune centinaia di battezzati continuano a vivere, pregare e partecipare alle Messe celebrate nelle tre parrocchie cattoliche spogliate delle campane, delle croci e delle statue dei Santi. I due frati che stanno con loro sono gli unici sacerdoti e religiosi cristiani rimasti nelle terre dove dettano legge le milizie jihadiste. 

mercoledì 7 settembre 2016

"E' d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane e su quella di proteggere la presenza cristiana".

Saydnaya; oggi tradizionale festa della S Vergine

S.B. Youhanna Yazigi: “Come fanno i politici a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane?”

S.I.R. 7 settembre 2016

“Salvate i nostri Paesi dalle grinfie del terrorismo, fermate il commercio sfrenato delle armi e richiamate nei porti le vostre navi da guerra! Non ci sentiremo al sicuro né con navi da guerra né con navi da emigrazione! Ci sentiremo protetti soltanto se nelle nostre terre verrà seminata la pace. Noi siamo piantati qui da duemila anni, qui siamo nati, qui viviamo, qui anche moriremo”. 
È l’accorato appello di Sua Beatitudine Youhanna X (Yazigi), patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, lanciato questa mattina in apertura del XXIV convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa su “Martirio e Comunione”, promosso dal Monastero di Bose dal 7 al 10 settembre, in collaborazione con le Chiese ortodosse. 
Il Patriarca Youhanna X che è fratello di uno dei due metropoliti rapiti in Siria nel 2013, Bulus Yaziji, ha affidato la sua relazione al decano della facoltà teologica dell’Università di Balamand, Porphyrois Georgi. “I nostri cristiani d’Oriente – ha scritto il Patriarca ai partecipanti del convegno di Bose – cercano oggi qualcuno che porga attenzione al loro grido ma non lo trovano”. “Non andiamo in cerca della pietà dei forti di questo mondo ma, a voce alta, urliamo loro in faccia: ‘Smettetela di affibbiarci l’etichetta di miscredenti, basta terrorismo, basta menzogne! Smettetela di esportare la barbarie, di adottare slogan insensati!”. “Non è giunta l’ora che il mondo si svegli? – ha quindi chiesto il patriarca siriano -. Non è giunta ancora l’ora in cui l’umanità si renda conto che terrorismo e intolleranza religiosa (takfir), che ora prendono di mira i nostri popoli e le nostre chiese, raggiungeranno ogni angolo di questo pianeta? Non è giunta ancora l’ora in cui la politica internazionale si interessi al caso dei due metropoliti, Yuhanna Ibrahim e Bulus Yaziji, e dei presbiteri rapiti da più di tre anni? Non è giunta ancora l’ora per la società internazionale di domandarsi, per una volta, perché impone un embargo a un popolo affamato chiudendogli le porte dei suoi mercati mentre gli spalanca quelle del mercato delle armi?”. 
Ed ha concluso: “Non riesco a capire come facciano i politici della terra a stare con le mani in mano, a guardare come spettatori il teatro di violenza che è il nostro Paese dando priorità soltanto agli interessi economici e strategici che servono le loro politiche disumane”.
http://agensir.it/quotidiano/2016/9/7/monastero-di-bose-appello-del-patriarca-youhanna-x-basta-terrorismo-e-menzogne-richiamate-nei-porti-le-navi-da-guerra/

Intervento di Sua Beatitudine Yuhanna X
Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente

Il sangue dei martiri, seme di comunione

Dalla Chiesa apostolica di Antiochia dove “per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11,26), invio a voi la benedizione apostolica con amore sincero e l’abbraccio fraterno in Cristo Gesù nostro Signore.
“Dio ha messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo dati in spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo percossi, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo…” (1Cor 4,9-13).
Forse in queste parole dell’Apostolo Paolo si trova l’espressione migliore dell’attuale situazione della Chiesa di Antiochia e la sua continua lotta per rendere testimonianza, nel corso dei secoli, al suo Signore e alla sua fede viva. ........ 
  continua a leggere qui: https://www.facebook.com/Antiochpatriarchate.org/posts/758399840930398


Summit delle Chiese del Medio Oriente: “lottiamo non contro forze umane, ma contro i signori delle tenebre”

Agenzia Fides , 7/9/2016

La lotta che coinvolge i cristiani del Medio Oriente, in questo tragica fase della loro storia, “non è contro forze umane, non è contro carne e sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i signori delle tenebre di questo tempo, contro le schiere del male in luoghi che sono legati al cielo”. 
Con queste parole il Patriarca greco ortodosso Theophilos III di Gerusalemme ha delineato lo scenario dai tratti escatologici in cui si collocano anche le emergenze e i drammi vissuti dalle comunità cristiane nella regione stravolta da guerre e fanatismi feroci. Lo ha fatto ieri, martedì 6 settembre, aprendo ad Amman l'XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches), a cui prendono parte ben 22 Capi e rappresentanti ufficiali di Chiese e comunità cristiane diffuse nell'area. Il titolo del summit, tratto dal salmo 118 (“Celebrate il Signore perchè è buono, la sua misericordia dura in eterno”) ripropone la vocazione dei cristiani ad essere strumenti di misericordia in quella parte del mondo devastata da violenze, ingiustizie, cospirazioni e scontri di potere. 
“Data la situazione attuale e le dure condizioni della regione” ha aggiunto il Patriarca Theophilos nel suo discorso d'apertura, “è d'obbligo che la nostra attenzione si concentri sulla necessità di ridurre le sofferenze umane” e su quella di “proteggere la presenza cristiana. Questa - ha sottolineato il Capo della Chiesa greco ortodossa di Gerusalemme - è la nostra responsabilità, e noi non possiamo e non dobbiamo aspettare che altri se ne facciano carico al posto nostro”.

Molti interventi dei capi e dei rappresentanti delle Chiese – dal Patriarca copto ortodosso Tawadros al Patriarca siro ortodosso Ignatius Aphrem II, dal Catholicos armeno Aram I al Patriarca greco ortodosso di Antiochia Yohanna X – hanno affrontato nel dettaglio le tante emergenze delle comunità cristiane mediorientali in questo momento storico. Molti hanno sottolineato la necessità di trovare nuovi cammini efficaci per vivere la comunione tra i battezzati e l'urgenza di alimentare la tradizione di convivenza e dialogo tra cristiani e musulmani, per affrontare insieme la malattia dei settarismi fanatici e trovare le vie per affermare anche nei Paesi mediorientali i principi di cittadinanza e di piena uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge. 

http://www.fides.org/it/news/60697-ASIA_GIORDANIA_Iniziato_il_summit_delle_Chiese_del_Medio_Oriente_lottiamo_non_contro_forze_umane_ma_contro_i_signori_delle_tenebre#.V9Bs6vmLSM8

venerdì 29 luglio 2016

Il “Fronte al Nusra” cambia nome. Il Vescovo Audo: puro tatticismo, i 'ribelli moderati' non esistono

Il dottor Nabil Antaki da Aleppo racconta: "Oggi, Bani Zeid è stato liberato dall'esercito siriano. Questo quartiere, occupato per quattro anni dai ribelli di al Nusra (al-Qaeda in Siria), era l'incubo degli Aleppini. Infatti, una gran parte dei mortai che sono caduti su Aleppo per anni, facendo migliaia di vittime civili, erano lanciati proprio da Bani Zeid dai terroristi di al-Nusra. La folla nei quartieri esulta, sollevata per non essere più il bersaglio dei terroristi che hanno preso la fuga verso il nord. Corridoi umanitari sono stati aperti dalle autorità governative per consentire ai civili dei quartieri orientali di allontanarsi, in previsione di una prossima liberazione."


Agenzia Fides 29/7/2016

La scelta della fazione jihadista Jabhat al-Nusra di cambiare nome e di annunciare la propria fuoriuscita formale dalla rete di al Qaida rappresenta “una pura mossa tattica per accreditare il simulacro di una fantomatica 'ribellione islamista moderata' che sarebbe presente nel ventaglio di forze impegnate nella guerra contro Assad. Una entità che in realtà non esiste”. 
Ne è convinto il gesuita siriano Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo. “Cambiare il nome, e dichiarare a parole la propria uscita dalla rete di al Qaida non cambia assolutamente nulla sul piano della realtà. Loro sono gli stessi, esponenti dello stesso estremismo sunnita jihadista. Cambiano nome per puro tatticismo. Un gioco ingannevole, per provare a presentarsi come rappresentanti di quella immaginaria 'opposizione moderata siriana' di cui sembrano avere bisogno certi poteri per continuare a perseguire i propri disegni sulla Siria”. 

Ieri, giovedì 2o luglio, Abu Muhammad al-Jawlani, capo militare del Fronte al Nusra, ha annunciato che il gruppo d'ora in poi si chiamerà Jabhat Fatah Al-Sham (“Il Fronte per la Conquista del Levante”).
In un video, trasmesso in esclusiva da al-Jazeera, al-Jawlani ha confermato anche la fuoriuscita di al Nusra dalla rete di al Qaida, motivando la decisione con l'intento di “ridurre le distanze tra le fazioni jihadiste” operanti nel conflitto siriano. Nello stesso video, il capo jihadista ha comunque ringraziato i vertici attuali di al-Qaeda (la rete jihadista creata da Osama Bin Laden) "per aver compreso il bisogno di rompere il legame". 
In passato, in diverse situazioni locali, le milizie di al Nusra sono state impegnate in scontri armati per il controllo del territorio anche con i jihadisti del cosiddetto Stato Islamico (Daesh). 

mercoledì 27 luglio 2016

“Sono anni che noi Vescovi del Medio Oriente mettevamo in guardia quei poteri occidentali che pur di perseguire i propri interessi non esitavano ad appoggiare i gruppi jihadisti"


Agenzia Fides 27/7/2016

La vicenda di padre Jacques Hamel, l'anziano sacerdote francese sgozzato mentre celebrava la Messa, “appartiene alla grande storia del martirio cristiano, come quelle dei martiri recenti delle Chiese in Oriente”. Per questo “non merita di essere strumentalizzata, magari proprio da chi, fino a poco tempo fa, per seguire i propri interessi, pensava di giocare di sponda con i gruppi jihadisti a cui fanno riferimento anche i giovani terroristi che lo hanno ucciso”.
Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, guarda dalla città martire siriana al tragico evento consumatosi ieri mattina nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, vicino Rouen.
 “Lungo i secoli” rimarca il Vescovo francescano conversando con l'Agenzia Fides, “i cristiani hanno sempre visto nel martirio la confessione più alta della fede. Mentre piangevano i loro martiri, li hanno sempre celebrati come quelli che redimono tutti noi e salvano il mondo, perchè prendono su di sé le sofferenze ricevute nel nome di Gesù, e così applicano ai loro contemporanei la redenzione portata da Cristo”. 
Questa dinamica, cosi intima al mistero di salvezza, a giudizio di mons. Georges non può essere sfigurata da chi fomenta indignazione per incassare qualche tornaconto di natura politica. 
 “Sono anni” fa notare il Vicario apostolico di Aleppo “ che noi Vescovi del Medio Oriente mettevamo in guardia quei poteri occidentali che pur di perseguire i propri interessi non esitavano ad appoggiare i gruppi di invasati che perseguono l'ideologia jihadista. Adesso vedo circolare reazioni feroci, che identificano tutto l'islam con quei gruppi accecati da un'ideologia di odio e di morte che sembra diffondersi dovunque, per vie misteriose. Occorre essere semplici come colombe e astuti come serpenti, come insegna il Vangelo. Ma la furbizia non consiste nel farsi contaminare dal veleno del serpente”.

http://www.fides.org/it/news/60518-ASIA_SIRIA_Il_Vescovo_di_Aleppo_padre_Hamel_e_gli_altri_martiri_salvano_il_mondo_non_strumentalizziamo_le_loro_sofferenze#.V5jBKvmLSM8



Di email e sacerdoti uccisi

«Il modo migliore per aiutare la crescente capacità nucleare iraniana è aiutare il popolo siriano a rovesciare il regime di Bashar el Assad […] è la relazione strategica tra l’Iran e il regime di Assad in Siria che rende possibile a Teheran di minare la sicurezza israeliana. Quindi quel regime va distrutto. […] La rivolta popolare esplosa contro il regime è quel che ci vuole». Questa una mail di Hillary Clinton, quando era Segretario di Stato, pubblicata sulla newsletter Cognitive liberty e ripresa da Alberto Stabile sulla Repubblica del 27 luglio.

Nota a margine. Nel suo articolo, Stabile fa notare la discrepanza tra le posizioni assunte allora dalla Clinton e quelle di Obama. Il presidente Usa,infatti, ha voluto a tutti i costi negoziare con l’Iran sul nucleare, considerando tale accordo come l’unico strumento atto a evitare minacce a Israele evitando, anche nell’interesse di Tel Aviv, pericolosissime avventure militari. 
  Da notare, inoltre, l’uso strumentale che Hillary Clinton fa delle ragioni di sicurezza israeliane, per accreditarsi come paladina di Tel Aviv presso l’ambito ebraico.

Ma al di là delle divergenze nel dibattito interno Usa, val la pena sottolineare come per «distruggere» Assad è stata strumentalizzata (in realtà “sollecitata”) la «rivolta popolare» siriana. Formula che nasconde l’aiuto, diretto e indiretto e a vari livelli (armi, soldi e altro) alle diverse bande di tagliagole che da anni insanguinano la Siria per ottenere quel sospirato regime-change che ancora sfugge.
  In questa prospettiva si è massacrato un popolo (per lo più islamico). E per questo sono state generate diverse bande armate di assassini di marca jihadista, tra cui l’Isis, che, come prevedibile e previsto, ora fanno strage in Occidente.

Assassini che hanno ammazzato, tra l’altro, anche tanti sacerdoti e religiosi e fedeli siriani. Omicidi dei quali non è importato nulla a nessuno, in particolare ai tanti che oggi sui media si affannano a spiegare come il fiore del male dell’Isis sia necessaria conseguenza della dottrina islamica.
  Omicidi mirati ignorati, che la sorte e i giochi di potere hanno associato al martirio di padre Hamal, ucciso ieri in Francia dalle stesse mani.

sabato 18 giugno 2016

Assad riceve il Patriarca e sei Vescovi siro cattolici: “una nuova Costituzione del tutto laica”


Agenzia Fides 17/6/2016


 Il Presidente siriano Bashar Assad ha in programma una riforma della Costituzione per la nazione da lui guidata, e immagina un testo costituzionale dove dovrebbero venir meno i riferimenti alla Sharia come fonte principale della legislazione, così da eliminare ogni pretesto legale alle discriminazioni, anche striscianti, verso le minoranze religiose. Sono questi alcuni dei progetti per il futuro confidati dallo stesso Assad a una delegazione della Chiesa siro cattolica, composta dal Patriarca Ignace Youssif III accompagnato da sei Vescovi, ricevuti dal Presidente siriano a Damasco lunedì 13 giugno. 

Durante l'incontro, durato un'ora e mezza, Assad ha manifestato l'intenzione di togliere dalla nuova Costituzione, pienamente laica, anche la disposizione che vincola il Capo dello Stato siriano a professare la religione musulmana. 
Il leader siriano – riporta all'Agenzia Fides chi era presente all'incontro – si è anche mostrato convinto che in pochi giorni la situazione di conflitto riesplosa ad Aleppo – e adesso congelata con una tregua di due giorni – sarà completamente risolta, con la creazione di un blocco militare intorno alla città che impedisca il rifornimento di armi ai sobborghi periferici in mano alle forze antagoniste, in gran parte di matrice islamista, ma senza attacchi contro i quartieri, per evitare nuove sofferenze ai civili.
“Il Presidente Assad ha definito anche loro come 'nostri figli”, e ha molto insistito sulla matrice internazionale e non nazionale del conflitto siriano, sottolineando che adesso a parole tutti vogliono combattere i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh), ma ancora distinguono nettamente tra costoro e i gruppi qaidisti come Jabhat al Nusra” riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, alla guida della diocesi siro cattolica di di Hassakè-Nisibi, presente all'incontro.

Nella conversazione tra il Presidente e i membri della delegazione ecclesiale, ci sono stati anche accenni alla voci di una possibile spartizione della Siria su base etnico-settaria, con la creazione di uno Stato curdo indipendente e di uno islamista, scenari che Assad ha sempre respinto come irricevibili. Nell'incontro con il Patriarca e con i Vescovi siro cattolici, il Presidente siriano non ha fatto alcun cenno diretto al Papa o alla Santa Sede, e ha invece invitato i suoi interlocutori a intensificare contatti e condividere giudizi e iniziative rispetto alla tragica situazione mediorientale con la Chiesa ortodossa russa. 
http://www.fides.org/it/news/60256-ASIA_SIRIA_Assad_riceve_il_Patriarca_e_sei_Vescovi_siro_cattolici_il_Presidente_progetta_una_nuova_Costituzione_del_tutto_laica#.V2QYGruLSM8


"Nell'incontro con il Presidente Bachar al-Assad, Sua Eminenza il Patriarca Younan e la delegazione dei religiosi hanno espresso grande dolore per quello che ha subito l'amata Siria ed il suo popolo in questa guerra, fatta in nome della democrazia ma con le mani dei nemici dell'umanità che non rispettano i diritti dell'uomo usando proprio la religione, e con quelle di quegli Stati che cercano di dominare popoli poveri usando ragioni machiavelliche che provocano morte e conflitti. 
Il Presidente ha confermato che i Siriani devono ritornare fratelli sinceri, grazie alla riconciliazione... Ha chiesto di lavorare insieme affinchè i siriani si fermino nella loro terra e invitando quelli profughi a tornare per partecipare alla ricostruzione della Siria e della sua civiltà lontana dal settarismo, basata su un sistema laico e non confessionale. Dove tutti i cittadini rispettino l'appartenenza alla Nazione Siriana ed abbiano pari diritti e doveri. Il Presidente ha sottolineato che il venir meno della presenza cristiana nel Medio-Oriente farebbe perdere il valore e l'importanza al Medio-Oriente stesso." 
da:  Patriarcato Siro-Cattolico di Antiochia

lunedì 30 maggio 2016

La UE conferma le sanzioni: una misura disumana.


Come prevedibile, il 27 maggio 2016, Il Consiglio dell’Unione Europea ha prorogato le sanzioni alla Siria. Sanzioni che, come ribadito nell’Appello  degli esponenti cattolici della comunità siriana,  
..hanno contribuito a distruggere la società siriana condannandola alla fame, alle epidemie, alla miseria, favorendo l’attivismo delle milizie combattenti integraliste e terroriste che oggi colpiscono anche in Europa” (...) “Non solo:  la retorica sui profughi che scappano dalla guerra siriana appare ipocrita se nello stesso tempo si continua ad affamare, impedire le cure, negare l’acqua potabile, il lavoro, la sicurezza, la dignità a chi rimane in Siria...”

A sostegno di questo Appello, lanciato il 15 maggio 2016, si è costituito un Comitato,  che ha trovato  l’adesione del Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire, e che ha raccolto, oltre a migliaia di firme, mozioni di parlamentari italiani.
Un appello che non ha trovato eco sui grandi media italiani oltre ai siti cattolici, e che ha evidenziato il paradosso di un’Europa che obbliga con le sanzioni il popolo siriano ad abbandonare la propria terra salvo poi piangere lacrime di coccodrillo sulle centinaia di migliaia di profughi siriani che approdano sul nostro continente.

Resta il grande sconcerto per una misura disumana rinnovata in maniera automatica, senza una riflessione adeguata, senza un dubbio riguardo a un possibile attutimento "umanitario" delle restrizioni. Senza soprattutto un dibattito alto, come richiedeva una situazione tanto drammatica.
Una decisione oscura presa, tra l’altro, senza tenere nella minima considerazione il fatto che la crisi siriana, da quando le sanzioni sono state varate, ha conosciuto sviluppi, che pur nella precarietà e nelle tragiche ambiguità, hanno portato a una cessazione delle ostilità. 
E’ sconcertante che quanti spingono, a parole, per una soluzione negoziale del conflitto, non tengano in alcun conto le sofferenze del popolo siriano, come non fosse  questo il motivo fondante di tali sforzi diplomatici,
Date le sanzioni, i siriani, tra cui tanti bambini, continueranno a morire per mancanza di medicine, a subire le conseguenze della denutrizione e degli stenti, a non poter vedere alleviate le loro sofferenze dalle organizzazioni umanitarie e dai sostenitori delle realtà caritative attive In Siria. E ciò avviene proprio quando, per tragica ironia, a Istanbul si è tenuto un vertice umanitario per dare risposta alle sofferenze del mondo...
Noi continueremo a esserci e a sostenere tutte le iniziative volte a porre fine a questa guerra feroce che da cinque anni sta divorando la Siria.  E a tentare di dar voce a quanti questa voce non l’hanno.
Il loro grido disperato, che l’Occidente non vuole ascoltare, ci conforta nel fatto di essere dalla parte giusta della storia. Quella che prima o poi giudicherà quanti, in Occidente come altrove, stanno anteponendo i loro interessi geostrategici al diritto alla vita di un intero popolo.
Ora pro Siria



 L'Arcivescovo Marayati: soffrirà il popolo, non chi comanda. E c'è chi non vuole che la guerra finisca

Agenzia Fides 28/5/2016

"La proroga di un anno delle sanzioni contro la Siria di Assad, disposta ieri dal Consiglio dell'Unione Europea (UE), rappresenta l'ennesima espressione “di una politica incomprensibile, che ci sconcerta. Perchè le sanzioni fanno male al popolo, ai civili, alla povera gente. Non certo al governo e nemmeno ai gruppi armati, che come si vede sono ben riforniti di tutte le risorse, e usano armi sempre più sofisticate”. Così l'Arcivescovo Boutros Marayati, alla guida dell'arcieparchia armena cattolica di Aleppo, commenta la decisione presa ieri dall'Unione Europea di prorogare fino al primo giugno 2017 le sanzioni imposte a una nazione dilaniata da cinque anni di conflitto. 

Nelle scorse settimane, anche l'Arcivescovo Boutros aveva sottoscritto l'appello/petizione lanciato sulla piattaforma change.org con cui numerosi Vescovi, religiosi e consacrati cattolici, appartenenti a diverse Chiese sui iuris, chiedevano all'Unione Europea di porre fine alla “iniquità delle sanzioni alla Siria” (vedi Fides 17/5/2016). 
“Sappiamo bene che nessuno ci dà retta. Così la gente continua a soffrire. Anche ieri - racconta all'Agenzia Fides mons. Marayati - è stata bombardata la nostra casa di anziani armeni. E' morta una lavoratrice che si prendeva cura di loro, e abbiamo dovuto portar via 45 anziani, che adesso vivono in una sala sotterranea della parrocchia armena ortodossa. La situazione sta peggiorando. Dai quartieri in mano ai ribelli arrivano colpi d'artiglieria lanciati con armi più devastanti, che fanno più male dei colpi di mortaio di prima. Ad Aleppo la tregua non regge. Si moltiplicano gli attacchi da una parte e dall'altra. E noi siamo sotto il fuoco dei gruppi jihadisti”. 

Vista dalla frontiera di Aleppo, anche la decisione europea conferma le intuizioni da tempo avvertite da molti Vescovi e pastori della regione: “Se la guerra continua - ripete a Fides l'Arcivescovo Boutros Marayati - vuol dire che qualcuno non vuole che la guerra finisca. In Europa cresce l'ossessione per i profughi e si sperimentano nuove politiche di respingimento. Ma si dimentica che nessuno andrebbe via dalla Siria, se non ci fosse la guerra e anche le sanzioni che contribuiscono a affamare la gente. La Siria è sempre stata un Paese che i profughi li accoglieva. Se le armi tacessero, e se le sanzioni fossero tolte, nessuno di qui penserebbe a scappare per andare a vivere sotto la neve. Ma è evidente che qualcuno non vuole che questa guerra finisca. Chiediamo la preghiera di tutti, affinchè arrivi la pace, come una grazia del Signore”. 

mercoledì 20 aprile 2016

“Noi non dimentichiamo”. Per ricordare i due Vescovi di Aleppo, e i sacerdoti rapiti tre anni fa


Agenzia Fides 19/4/2016

Nella giornata di oggi, martedì 19 aprile, militanti di associazioni e organizzazioni libanesi si ritrovano nella sede municipale di Sin el Fil, sobborgo orientale della capitale libanese, per ricordare la vicenda dei due Vescovi Metropoliti di Aleppo - il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi - di cui non si hanno notizie certe dal giorno del loro rapimento, avvenuto il 22 aprile del 2013. 
L'incontro, organizzato da sigle legate alla Chiesa siro-ortodossa e alla Chiesa greco ortodossa a tre anni dal rapimento, punta a impedire che sulla vicenda dei due Vescovi cali l'oblio, e a riattivare canali e iniziative per rompere la totale mancanza di informazioni intorno alla loro sorte. La riunione, intitolata “Noi non dimentichiamo”, prevede anche la presenza di Abib Afram (Presidente della Lega siriaca del Libano, che rappresenta 60mila cristiani siriaci), e gli interventi di alcuni oratori, come l'ex ministro sunnita Faisal Karami, il membro di Hezbollah Ali Fayyad Hezbollah e il deputato cristiano ortodosso Marwan Abu Fadel. 
I due Vescovi metropoliti di Aleppo – il greco ortodosso Boulos al-Yazigi e il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim - erano stati rapiti nell'area compresa tra la metropoli siriana e il confine con la Turchia. Da allora, nessun gruppo ha rivendicato il sequestro. Intorno al caso sono state fatte filtrare a più riprese indiscrezioni e annunci di novità che poi si sono rivelati poco fondati. Sei mesi dopo il sequestro  il generale Abbas Ibrahim, capo della Sicurezza Generale libanese, si era spinto a rivelare che il luogo in cui erano detenuti i due Vescovi rapiti era stato individuato, e erano iniziati “contatti indiretti” con i sequestratori per ottenerne la liberazione. Rivelazioni a cui poi non sono seguiti riscontri concreti.

http://www.fides.org/it/news/59858-ASIA_LIBANO_Noi_non_dimentichiamo_Una_manifestazione_per_ricordare_i_due_Vescovi_di_Aleppo_rapiti_tre_anni_fa#.VxaZivmLSM8

 Ugualmente avvolta nel totale silenzio è  la sorte dei due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti il 9 febbraio 2013 sulla strada da Aleppo a Beirut, per la cui liberazione si mossero i due Vescovi di Aleppo, a loro volta subito sequestrati:  
"Ci rivolgiamo quindi ai cristiani di tutto il mondo: pregate per padre Michael; pregate per la Siria, una terra insanguinata devastata da un'inesorabile ondata di male; pregate per gli uomini torturati e mutilati, per le donne e le ragazze violentate, per i cristiani perseguitati; pregate per quanti commettono queste indicibili atrocità, e soprattutto pregate che il mondo esca da questa insopportabile spirale di silenzio e accorra in aiuto dei suoi fratelli e delle sue sorelle."
http://oraprosiria.blogspot.it/2013/04/rapito-dai-banditi-e-dimenticato-dal.html

martedì 5 aprile 2016

Qaryatayn: 'Intorno alla memoria dei santi fiorirà di nuovo la vita di grazia'


Agenzia Fides 
5/4/2016

 A Qaryatayn, la città siriana da poco tornata sotto controllo dell'esercito siriano, i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh) se ne sono andati lasciando macerie e devastazione nel santuario di Mar Elian, dove fin dai primi giorni di occupazione, nell'agosto 2015, avevano profanato brutalmente la tomba del Santo, per cancellare quello che anche ai loro occhi rappresentava il cuore del complesso monastico. Ma le reliquie di Mar Elian, sparse intorno al sepolcro del Santo, non sono andate perdute: potranno essere raccolte e ricomposte, e intorno a esse potrà di nuovo raccogliersi la vita e la devozione dei cristiani della regione. 

Sulle mura del monastero di Qaryatayn hanno scritto:
'I leoni del califfato sono venuti a divorarvi'
All'Agenzia Fides la notizia del ritrovamento viene confermata con commosso entusiasmo da padre Jacques Murad, il Priore della comunità monastica - affiliata al monastero di Deir Mar Musa al Abashi - che negli ultimi anni aveva fatto rifiorire l'antico Santuario del V secolo, collocato alla periferia di Qaryatayn. Padre Jacques Murad era stato lui stesso preso prigioniero da un commando di jihadisti che il 21 maggio 2015 aveva fatto irruzione nel santuario e lo aveva sequestrato, e ha potuto ritrovare la piena libertà soltanto lo scorso 11 ottobre. 

“Davanti a tutto quello che è successo e che sta succedendo” rimarca padre Murad “preferisco stare in silenzio, perchè oggi proprio il silenzio mi appare come la parola più giusta e adeguata”. Poi, con poche parole semplici, esprime il consolante sguardo di fede con cui lui e i suoi compagni hanno vissuto anche questo tempo travagliato. “Che le reliquie di Mar Elian non siano andate perdute” confida a Fides padre Jacques “è per me un segno grande: vuol dire che lui non ha voluto lasciare quel monastero e quella terra santa. Sappiamo che i santi sono in cielo, e noi possiamo sempre invocarli e chiedere il loro aiuto. Ricordo che il 9 settembre, nel giorno della memoria liturgica di Mar Elian, avevo celebrato la Messa con gli altri cristiani a Qaryatayn, mentre eravamo sotto il dominio del Daesh. Avevo detto loro: non è importante che il monastero sia distrutto, non è importante nemmeno che la tomba sia stata distrutta. L'importante è che portiate Mar Elian nel vostro cuore, dovunque andrete, anche in Canada, o in Europa, perchè lui vuole rimanere nel cuore dei suoi fedeli”. 

Adesso, la speranza cristiana di padre Jacques già assapora di veder rifiorire la carità di Cristo anche nel luogo da dove lui stesso e i suoi amici monaci erano stati strappati a forza: “ieri” racconta padre Murad all'Agenzia Fides “mi hanno mandato le foto delle ossa che hanno trovato intorno alla tomba devastata di Mar Elian. Negli anni passati, io stesso avevo fatto delle ricognizioni su quelle reliquie, così ho potuto riconoscerle subito da dei segni inconfondibili, come le parti di pelle mummificata che ancora rivestono una mano e i piedi”. 
Nella giornata di domani, un sacerdote della arcieparchia siro-cattolica di Homs, insieme a alcuni monaci di Dei Mar Musa, andranno a Mar Elian per verificare le condizioni in cui versa il santuario. “Ho chiesto loro” riferisce ancora a Fides padre Jacques “di raccogliere le reliquie e di portarle a Homs per custodirle. Sappiamo che il vecchio santuario è stato raso al suolo, che il sito archeologico è stato devastato, mentre la chiesa nuova e il monastero sono state incendiate e in parte bombardate. Quando, in futuro, torneremo a lavorare a Mar Elian, rimetteremo anche le reliquie del Santo al lor posto. Intorno alla memoria dei santi fiorirà di nuovo la vita di grazia. E sarà un grande segno di benedizione, per tutta la nostra Chiesa”.

http://www.fides.org/it/news/59755-ASIA_SIRIA_Nel_santuario_devastato_dai_jihadisti_ritrovate_le_reliquie_di_Mar_Elian_Padre_Jacques_Murad_cosi_il_monastero_rinascera#.VwPz7fmLSM8