“
Aleppo
muore!”. Accendi la TV, ascolti un TG qualsiasi, anche TG2000, e
sei investito da servizi che il fantomatico "Osservatorio per i
diritti umani siriano" (ONDUS) con sede in Inghilterra ha
puntualmente preparato per raccontarti l'orrore che i 100.000
bambini, sì proprio centomila su una popolazione totale di 250.000
persone rimaste ad Aleppo est, stanno patendo per colpa dell'
"assedio" e dei bombardamenti di Russi e Siriani.
Save
the Children
addirittura dichiara: “I bambini di Aleppo orientale sono esposti a
un tale livello di pericolo a causa delle cosiddette “bombe
terremoto” o bombe anti-bunker che non possono nemmeno frequentare
le scuole sotterranee”.
Anzitutto
dico: fosse anche una sola persona a morire (bambino, vecchio, donna
o soldato) per me non fa differenza. Il dolore è lo stesso perché
ogni persona ha una famiglia e un valore immenso per chi la ama; ogni
persona è una ricchezza anche per la propria gente e la propria
nazione.
Posto questo, bisogna che si dica che non
da adesso Aleppo sta soffrendo e in buona misura morendo, nè i suoi
guai sono iniziati con i bombardamenti siriani e russi. Il calvario
di Aleppo è iniziato da più di 4 anni e cioè da quando i
tagliagole jihadisti e takfiri salafiti di tutte le provenienze
l'hanno invasa e ne hanno preso possesso per buona parte. Molti
Cristiani hanno pagato con la vita la coerenza con la loro fede.
Hanno
terrorizzato la popolazione con esecuzioni terribili ed esemplari,
costringendo tutti ad assistere. Da ormai 4 anni
quotidianamente costoro scaricano su Aleppo ovest (in mano ai
governativi) immani quantità di bombole piene di esplosivo, i
cosiddetti "cannoni dell'inferno" che hanno causato
migliaia di vittime civili intenzionali!
Tutto
questo calvario è stato continuamente accompagnato da innumerevoli
appelli da parte dei Vescovi delle varie confessioni religiose
presenti in Siria e ad Aleppo in particolare, perché la comunità
internazionale facesse qualcosa di concreto per fermare il
terrore.
Le richieste sono state sempre le stesse: bloccare i
flussi di armi ai Jihadisti ed eliminare le sanzioni. Sanzioni che la
comunità internazionale ha comminato alla Siria per
punire Assad della repressione attuata nel 2011 verso i manifestanti
“pacifici” che, assieme allo slogan “Cristiani a Beirut,
Alawiti nella tomba”, chiedevano “maggiore democrazia” e
riforme.
Leggete qua: Vescovo maronita di Aleppo al Senato italiano: assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli
Quanto
sopra, per dire chiaramente che:
1° I morti quotidiani
nella parte occidentale valgono almeno quanto quelli della parte
orientale, tenendo anche conto che la popolazione rimasta ad Aleppo
est (da alcune fonti stimata ormai a poco più di 150mila) in buona
parte viene usata come scudo umano dai miliziani.
2°
Occorre riconoscere chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori.
Distinzione che sembra obliata dalla totalità dei mezzi di
informazione, ma dalla quale discendono conseguenze in ordine al
diritto internazionale, non di poco conto (in primis il diritto a
difendersi e a scegliersi alleati per combattere l’invasore).
Questa
guerra deve finire al più presto, ma non è un cessate il fuoco
unilaterale che la fermerà: ormai è chiaro che i “ribelli
moderati” sono tali solo nella mente degli USA, nella realtà sono
alleati o organici alle altre varie fazioni terroriste; dal momento
che a queste milizie è stato offerta dai Russi e da parte
governativa, in più occasioni, la scappatoia del salvacondotto per
loro e le proprie famiglie (cosa accettata in almeno 700 altre
località della Siria), il rifiuto è da considerarsi uno
stratagemma: chiedere attenzione umanitaria alla comunità
internazionale denunciando le crudeltà di chi legittimamente li
vuole sloggiare.
Esistono altri modi per uscirne?
Una
speranza, seppure flebile, arriva anche dalla richiesta alle Nazioni
Unite da parte dei Francescani della Custodia di Terrasanta, per
l’invio di una forza d’interposizione (caschi blu) ad Aleppo ed
in altre parti della Siria per fermare i combattimenti e per arrivare
a una pace duratura.
Su questa possibilità ho qualche riserva in
quanto l’ONU ha dimostrato spesso di non essere affatto un
organismo super partes e anche in altre occasioni (Africa e Balcani)
non ha dato il meglio di sé.
Cosa
possiamo fare noi? Innanzitutto pregare perché il popolo siriano
abbia presto giustizia e pace. Rosari e Sante Messe non andranno
sprecati.
Insieme a questo dobbiamo parlare, facendo
anche la fatica di cercare di capire sempre a chi giova la notizia:
il vero e il falso sono spesso nascosti ad arte e a noi tocca la
responsabilità di discernere al meglio.
Pace ad
Aleppo! Pace alla Siria! Pace al mondo intero nella giustizia e nella
Verità.
Gb.
P.
Aleppo
insanguinata
di Charlotte
d’Ornellas -
29
settembre 2016
Il
calvario di Aleppo è molto reale, da una parte e dall'altra
dell'assurda frontiera creata dalla guerra.
Questo
mercoledì mattina, da uno dei quartieri attualmente sotto il
controllo dell'esercito siriano, Pierre
le Corf mi
dice:
Scusa,
ora non posso parlarti, è appena caduta una bomba .
Pierre è un giovane francese che, da oltre sei mesi, ha scelto di
vivere tra gli Aleppini.
Dopo
qualche minuto, posta una fotografia delle sue mani insanguinate, ma
non è il suo sangue. E' di un uomo a cui un secondo proiettile ha
strappato il braccio, mentre a pochi metri di distanza cercava di
fuggire. L'uomo viene caricato in una macchina, e muore dopo pochi
istanti.
“Immaginate
di essere pesci rossi in un vaso con il collo stretto, da cui è
impossibile uscire, con acqua non sufficientemente torbida per
nascondere il mondo che continua a girarvi intorno, ma abbastanza
perchè il mondo non si accorga di voi”,
scrive sulla sua pagina Facebook, dove è supportato da decine di
commenti di Aleppini grati per le testimonianze che trasmette ai
Francesi che scelgono di leggerle.
Ancora
un'altra giornata molto dura per gli estenuati abitanti di Aleppo.
Sul lato occidentale della linea del fronte, le bombe provocano
esattamente gli stessi danni, e molti Siriani che vivono nell'area
governativa sono amareggiati per la minore attenzione che i
giornalisti occidentali riservano loro: come se le loro vite
valessero meno di quelle dei compatrioti che vivono nelle zone
"ribelli".
“Tu
non sei un giornalista, Pierre, racconti la verità priva di
qualsiasi artificio”, commenta una
giovanissima Aleppina.
Ma
contrariamente a chi ha una visione semplicistica della realtà e
vede la città divisa tra buoni e cattivi, gli Aleppini che affollano
la zona lealista si preoccupano per i civili, loro fratelli, che
muoiono dall'altra parte del fronte.
"Stasera,
la mia preghiera è un grido al Cielo per i nostri fedeli ed anche
per i civili che muoiono dall' altra parte" confida fratel Georges Sabe,
un fratello marista che si adopera da anni per la popolazione, e in
particolare dagli inizi di questa orribile guerra.
Oggi,
mercoledì sera, si trova al capezzale di Pamela: una bimba di sei
anni in attesa di essere operata, perchè durante il pranzo una
granata l'ha colpita alla colonna vertebrale, in un attentato che ha
ucciso due persone.
“Ancora
un giorno di dolore”, commenta
timidamente Padre Georges. Un'altra ancora, da quando i 'ribelli'
penetrarono nella zona est della città nel luglio 2012.
“Stasera,
terrò una lampada accesa davanti all'icona della Santa Vergine”
conclude, invocando tutte le persone
di buona volontà a fare altrettanto ovunque sulla Terra.
Il
calvario di Aleppo è palese da una parte e dall'altra di questa
assurda frontiera creata dalla guerra. Anche da quella parte
centinaia di migliaia di persone soffrono il martirio: sono gli
abitanti dei quartieri ovest o gli sfollati dai quartieri est,
fuggiti all'arrivo di 'ribelli' subito temuti come la peste. Altri
provengono dai villaggi circostanti, abbandonati per lo stesso
motivo.
Tutti
hanno un unico e insopprimibile desiderio ormai: la pace. E come le
sofferenze, anche questa aspirazione è sicuramente la stessa nei
cuori dei civili dell'altro lato della città insanguinata.
Trad.
Maria Antonietta Carta
I
Francescani: fare di Aleppo una “Zona di Sicurezza” sotto il
controllo dei Caschi Blu
Agenzia
Fides 4/10/2016
La
comunità internazionale deve adoperarsi concretamente “per fare di
Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto
“delle Forze di pace dell'Onu”, applicando alla tragica
situazione siriana “le migliori soluzioni apprese in precedenti
esperienze per garantire la massima collaborazione e la riuscita
dell’iniziativa”.
Nel
giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Francesco di Assisi,
i Frati Minori – componente della Famiglia francescana di cui fa
parte anche la Custodia di Terra Santa – lanciano un appello
urgente e pieno di implicazioni operative per chiamare la comunità
internazionale a fermare la carneficina in atto nella città martire
e in altre aree della Siria.
L'appello,
co-firmato dal Ministro generale Fr. Michael A. Perry OFM e dal
Custode di Terra Santa Fr. Francesco Patton OFM, richiama
l'attenzione sul fatto che anche “altre zone di Sicurezza
dovrebbero essere create in Siria, come parte integrante di un piano
completo per garantire l’incolumità di tutti e raggiungere
definitivamente la pace. Queste Zone – si legge nel testo
dell'appello, pervenuto all'Agenzia Fides - dovrebbero essere poste
sotto il controllo delle Forze di Pace dell’ONU, che opererebbero
su mandato del Consiglio di Sicurezza e con la totale cooperazione
delle diverse parti coinvolte nella guerra”.
I
superiori dell’ordine dei Frati Minori e della Custodia di Terra
Santa chiedono a ”tutte le forze in campo e a tutti coloro che
hanno responsabilità politiche, di mettere al primo posto il bene
della popolazione inerme della Siria, di far immediatamente tacere le
armi e di porre fine all’odio e a qualsiasi tipo di violenza, in
modo tale che si possa davvero trovare e percorrere la via della
pace, della riconciliazione e del perdono”.
In
particolare – fanno notare p. Perry e p. Patton - l'istituzione di
una Zona di Sicurezza attorno ad Aleppo “permetterebbe alla
popolazione tutta, provata dalle immani conseguenze del conflitto,
senza discriminazione alcuna, di poter ricevere i necessari aiuti
umanitari, ritrovare sicurezza e protezione e riscoprire la fiducia e
la speranza in un futuro immediato abitato e animato solamente dalla
pace”.
Un
pensiero è rivolto dai due Superiori religiosi anche “ai nostri
confratelli che con coraggio continuano a vivere in Siria e a
testimoniare, come veri “buoni samaritani”, la loro vicinanza di
servizio concreto a tutta la popolazione gravata dalle strazianti
conseguenze del conflitto”.
Attualmente
sono circa quindici i Frati Minori presenti in Siria. Tra loro –
confermano a Fides fonti locali -, oltre ai religiosi dislocati a
Damasco, Aleppo e Latakia, ci sono due frati che continuano a
svolgere la loro opera pastorale a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, i
paesini della Valle dell’Oronte, sottoposti al dominio delle forze
jihadiste, dove alcune centinaia di battezzati continuano a vivere,
pregare e partecipare alle Messe celebrate nelle tre parrocchie
cattoliche spogliate delle campane, delle croci e delle statue dei
Santi. I due frati che stanno con loro sono gli unici sacerdoti e
religiosi cristiani rimasti nelle terre dove dettano legge le milizie
jihadiste.