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domenica 13 agosto 2023

Siria. La distruzione della memoria : IL SANTUARIO DI SAN SIMEONE

veduta aerea ripresa da nord ( foto Roumi)
 

LETTURE PER CAPIRE (3° PARTE)

(1° PARTE: Le Città Morte QUI)

(2° PARTE: Le chiese paleocristiane QUI

(3° PARTE: Qalb Loze  QUI )


Di Maria Antonietta Carta

La descrizione del sito è antecedente al 2011. Nel 2013, i jihadisti lo occuparono e ne fecero un centro di comando logistico e di addestramento. Non si conosce lo stato in cui possono averlo ridotto e fino a che punto sia stato saccheggiato. Molte delle sue vestigia sarebbero finite in Turchia come altri, innumerevoli, tesori storico-artistici del Massiccio Calcare e di altre regioni della Siria. La colonna di Simeone è stata distrutta.

Per rendere schiavo o annientare un popolo, si tenta di ottenebrarne l’intelletto con messinscene di propagande ingannevoli e cultura trash, con il vile contributo di politicanti inetti o corrotti e di mestatori di ogni genere.  Quando tutto ciò non basta, si passa alle bombe, al terrorismo e all’assedio economico che genera mercato nero che genera corruzione che genera miseria; si razziano le materie prime e le coltivazioni; si condannano a immani sofferenze e all’inedia gli innocenti; si uccide chi resiste, si saccheggiano o devastano le vestigia del passato. Si cerca di cancellare la memoria, come accade in Siria da 12 anni. 
(Nota dell’autrice).

Cenni sul monachesimo siriano delle origini 

Il Cristianesimo cominciò a diffondersi in Siria a partire dal IV secolo (dopo l'editto di Costantino, 313 d.C.) e soprattutto dopo che l'imperatore Teodosio (con l'editto del 380 d.C.) aveva ordinato la chiusura dei templi non cristiani e proibito qualunque manifestazione pubblica degli altri culti, perseguitando gli oppositori con una feroce repressione. Alla nascita dell’Impero Romano d'Oriente (395 d.C.), la Siria passò sotto il dominio bizantino.

I primi cristiani del Massiccio Calcare furono anacoreti e cenobiti che, dissentendo dalla chiesa trionfante ormai partecipe del potere temporale, avevano scelto di vivere un'esistenza primitiva e di praticare la virtù stoica dell'indifferenza al piacere e al dolore. Inizialmente, non furono accettati volentieri dalle popolazioni rurali; soprattutto perché alcuni monaci integralisti, spesso arrivavano a distruggere i luoghi sacri degli autoctoni. Ma con il trascorrere del tempo gli asceti diventarono popolari in quanto al contrario del clero imperiale, che era di cultura ellenistica e si esprimeva in greco, parlavano e pregavano in siriaco, lingua del popolo; ciò facilitava i contatti ed essi finirono per assumere il ruolo sociale di guida in quelle comunità.

Agli inizi del V secolo, il Cristianesimo era ormai radicato nel Massiccio Calcare e verso la fine del VI secolo - alla vigilia delle guerre persiano-bizantine - quasi l’intera popolazione era cristiana, con circa il 4% di monaci, e i cenobi costituivano un elemento fondamentale della società rurale. Alcuni complessi monastici della regione, come quello di Teleda, furono centri insigni di cultura religiosa e profana. Il siriaco, diventato lingua scritta, acquisì anche una connotazione politica quando i frequenti contrasti dei monaci dell'Antiochene con Costantinopoli, sfociarono non solo in divisioni ma persino in lotte cruente, espressione di una volontà autonomistica e nazionalistica. In questo contesto, si inserisce la vicenda del celebre anacoreta Simeone Stilita il Vecchio. 

Chi era Simeone Stilita?

S. Simeone nacque a Sisan, villaggio al confine con la Cilicia, nel 386 d.C. Ancora adolescente, entrò nel celebre convento di Eusobonas a Teleda (odierna Tell Ade) e vi rimase dieci anni. Ne fu allontanato per l'eccesso delle sue penitenze e si trasferì a Telanissos (Deir Simaan) in un monastero reputato severo; ma anche lì i confratelli giudicarono inaccettabili le sue abitudini. Egli raggiunse allora la vicina montagna iniziò la vita anacoretica come stazionario, legandosi al piede una grossa pietra con una catena di ferro lunga meno di dieci metri. Ben presto divenne celebre e i visitatori cominciarono ad affluire al suo eremo. Trovando insopportabile la loro esagerata venerazione, Simeone decise di rifugiarsi su una colonna, eleggendola a fissa dimora. Correva l’anno 422 ed in Siria nasceva una nuova forma di ascesi: lo stilitismo. Protetto unicamente dalla cocolla (indumento con cappuccio a punta caratteristico del l'abito monastico) l'anacoreta viveva esposto ai rigori delle stagioni e praticava digiuni inumani. Recitava i salmi per quasi tutta la notte e durante il giorno fino all’ora nona. Predicava e riceveva i pellegrini che arrivavano da ogni parte dell’Impero Romano per invocare le sue virtù taumaturgiche. Appianava le controversie dei nomadi della steppa e discuteva con devoti e curiosi (anche uomini di cultura) che si recavano a migliaia ai piedi della colonna. Morì a sessantanove anni, avendone trascorso circa quaranta da stilita. All'epoca, il corpo di un asceta diventava ambita reliquia da contendersi anche a costo di lotte sanguinose e le spoglie di Simeone furono portate manu militari ad Antiochia. Più tardi, l'imperatore Zenone, allo scopo squisitamente politico di accaparrarsi il favore popolare, le fece trasferire a Costantinopoli e edificò il santuario del santo sulla montagna teatro della sua ascesi. Nella vicenda di Simeone si riassume la ragione profonda dell'anacoretismo siriano: soggiogare il corpo mantenendo la padronanza di sé e sopportando privazioni e patimenti estremi per elevare lo spirito diventava un’estrema testimonianza di fede e mezzo di santità. Ancora vivente, egli ebbe moltissimi emuli. L’ascesi su una colonna fu forse la più spettacolare, austera ed esagerata forma di penitenza tra quelle predilette dai mistici paleocristiani della Siria, tanto da essere diventata leggendaria. Nelle cronache del VII secolo si citano ‘’selve di colonne di stiliti’’.

Presto essa si diffuse nel resto dell'Impero d’Oriente e oltre.



Il complesso basilicale-monastico di San Simeone dista 36 km. da Aleppo e sorge sulla vasta spianata artificiale di uno sperone roccioso alle pendici del Jebel Simaan degradante a ovest verso la piana di Qatura, dove si trova una necropoli rupestre romana del II secolo d.C. Esso ricorda i santuari-martyrion che derivano dall’architettura funeraria greco-romana.

Nella sua pianta, originale e complessa, la croce – formata da quattro basiliche a tre navate – si fonde con l'ottagono al centro. Dal punto di vista puramente architettonico è ‘’l' edificio cristiano più grandioso prima delle cattedrali dei secoli XI-XII in Occidente.’’ Cfr. J.Mattern, Villes Mortes de Haute Syrie, Imprimerie catholique, Beyrouth 1944, pg.120.

Edificato tra il 476-491 per volere imperiale e unica ‘’isola’’ calcedonese in quella parte del Massiccio Calcare popolata da monaci monofisiti, divenne un centro di pellegrinaggio internazionale comparabile ai Luoghi Santi di Palestina. Fu trasformato in fortezza nel X secolo dai Bizantini dopo la riconquista di Antiochia, ma neppure l'occupazione bizantina e le successive - degli Hamdanidi (985) e dei Fatimidi (1017) - arrestarono l’affluenza dei devoti almeno fino al XII-XIII secolo. E prima della guerra iniqua che sta distruggendo la Siria, questo luogo straordinario raccontava ai visitatori la storia di un'epoca e la grande maestria degli artigiani siriani, depositari di un'antichissima e alta cultura scultorea ed architettonica. 

Vi si accede attraverso una breccia nella cinta muraria fortificata che dà il nome al sito: Qalaat Simaan, la cittadella di Simeone. Una breve strada in salita conduce alla spianata dove si conservano le vestigia del monastero, una torre delle mura medievali e, in fondo a nord, solenne e magnifico in cima alla montagna deserta, il tempio che custodisce al centro la colonna-reliquia del santo.    


Basilica Sud. 

L’arco centrale del nartece, più ampio e più alto dei laterali, poggia su colonne affiancate da pilastri scannellati. Le colonne sono coronate da originali capitelli corinzi con foglie di acanto piegate come per un forte colpo di vento. I timpani triangolari, ben sottolineati da cornici scolpite, poggiavano nel loro punto d'incontro su colonnette che avevano per base gli sporgenti pilastri scannellati (quasi dei contrafforti). Aveva una triplice copertura a doppio spiovente. (foto 1)

Oltre il nartece, si scorge l'alto muro della facciata della navata centrale della Basilica Sud, con due porte molto ampie e quattro finestre sottolineate da modanature e, in origine, separate in due gruppi da colonnette su beccatelli. Il muro termina con un bel cornicione scolpito, ma probabilmente era sormontato da un timpano triangolare. Le due porte più piccole, che introducono alle navate laterali, sono sormontate da archi e decorate con cornici scolpite. Due ordini di colonne (le cui basi sono in situ) separavano le tre navate di questa basilica a pianta quasi quadrata (m. 25 X 24). Anche la maggior parte degli altri elementi architettonici crollati: pietre di archi e claristori con colonnette in aggetto su cui poggiavano le travi dell’armatura del tetto, fusti di colonne, conci e capitelli corinzi giacciono al suolo. I muri perimetrali, formati da grossi blocchi disposti a secco in assise orizzontali, secondo la tradizione regionale, si conservano quasi intatti. Essi risultano alleggeriti da grandi porte e da numerose finestre, nonostante gli archivolti che circondano i tre lati dell'edificio sovrapponendosi ad altri elementi decorativi creino un effetto di gravezza singolare, rispetto all' elegante semplicità che in genere contraddistingue gli edifici sacri del Massiccio Calcare.

Ottagono

È il nucleo materiale e mistico del santuario. Nasce da otto grandi archi poggianti su sottili pilastri che acquistano slancio e leggerezza dalle alte colonne monolitiche ai loro lati. Le colonne sono decorate con foglie di acanto uguali a quelle del nartece. I quattro maestosi archi ovali diretti verso i punti cardinali introducono alle altrettante basiliche a tre navate, da cui la colonna-reliquia alta 21 metri era sicuramente ben visibile, (foto 2) creando una sintesi architettonico-simbolica di straordinaria efficacia. Gli altri quattro archi dell’ottagono, che si aprono su altrettante cappelle trapezoidali con piccole absidi nel fondo, collegano tra di loro le navate laterali e, in questo modo, avvolgono l'ottagono e la croce, conferendo maggior respiro e armonia all'imponente edificio. Queste cappelle dovevano ospitare dei sepolcri, come fa pensare anche il coperchio ad acrotèri di un sarcofago nell'abside N-E. Le decorazioni scolpite dell'ottagono sono uguali a quelle delle navate. Il pavimento di pietra risale al X secolo, epoca in cui il tempio fu trasformato in fortezza. In origine, l’ottagono doveva essere coperto da una cupola, probabilmente simile a quella del battistero a sud della spianata. La parte esterna delle piccole absidi S-E e N-E - più curate delle altre due e con tre finestre ciascuna - richiama nell'ornamentazione l'abside centrale della basilica Est. 


Al centro dell’ottagono e ancora sulla sua base originale (foto 3) - un cubo di quasi due metri di lato tagliato direttamente nella roccia - poggia la colonna di Simeone o meglio il poco che ne rimane, essendo stata per secoli reliquia taumaturgica soggetta alla venerazione devastatrice dei pellegrini. Scriveva a questo proposito lo storico Abu al-Hassan ‘Ali Ibn Bakr al-Harawi: ‘’Si trovano a Deir Sim’an (deir in arabo significa monastero e lo storico definisce impropriamente monastero il santuario) rovine come non ne esistono simili al mondo. In mezzo al Deir, un fusto di colonna utile [per guarire] dalla febbre, se si prende della polvere di questa pietra per un malato e si fa un voto per lui.’’ (J. Nasrallah, Le couvent de Saint Siméon l'Alepin, in La parole de Orient, Paris 1970, II, pg. 343). Uno spazio (detto mandra) intorno alla base della colonna, che era chiuso da una balaustra di legno (di cui si riesce a individuare la posizione originaria) proteggeva l'asceta dalla devozione esagerata dei fedeli. Evagrio lo Scolastico narra di ‘’Abitanti della regione che arrivavano in gran numero e danzavano attorno alla colonna, e di una stella folgorante che apparve varie volte nella parte sinistra del santuario. Alcuni affermavano di aver visto la figura dello stilita, con la testa incappucciata e la lunga barba, volare nella basilica. Persino i cavalieri sui loro cavalli giostravano attorno alla colonna, ma non era permesso alle donne di oltrepassare la soglia del santuario.’’ (Hevagrius, Historia Ecclesiastica, L.I, c. XIII e XIV). Quest'ultimo punto, secondo alcuni studiosi, sarebbe discutibile, dato che le donne accorrevano numerose al santuario per chiedere la grazia di una maternità.

Basilica Ovest. 

 La basilica si prolungava in una loggia, oltre il ripido pendio della montagna, per mezzo di sostruzioni artificiali: contrafforti e poderose arcate. Tre archi su colonne collegavano la navata centrale a questa loggia-belvedere da cui si poteva ammirare lo splendido panorama della piana sottostante con i suoi villaggi e borghi, il Jebel Sheikh al-Barakat, la valle dell'Afrin, la piana ed il lago di Antiochia e la catena montuosa dell'Amanus. Le navate laterali avevano due porte.

Basilica Nord. 

Dagli elementi strutturali allineati al suolo si capisce che il suo interno era praticamente uguale a quello della Basilica Sud. Nei muri esterni, che erano circondati da portici con colonne, si aprono numerose porte (foto 4) - per facilitare la circolazione delle migliaia di pellegrini che accorrevano in certi periodi - e finestre, decorate da modanature a volute. La facciata a nord è particolarmente interessante e ricca di ornamentazioni scolpite.

* Le Basiliche Sud, Nord e Ovest svolgevano essenzialmente la funzione di ambulacri. All'esterno, le porte nel lato ovest ed est della Basilica Sud e quelle nel lato sud della Basilica Est erano precedute da pròtiri. Tutti gli altri muri esterni del santuario erano completamente porticati. 

Basilica Est.

 La vera chiesa, l'unica in cui si officiava, aveva due campate in più delle altre basiliche. Al suolo, restano frammenti di mosaici a disegni geometrici del V e anche del X secolo, come testimonia una iscrizione bilingue - in greco e siriaco - del 979 d.C.: epoca in cui al suo interno fu edificato un palazzetto arabo. Il lato est termina con tre profonde absidi a emiciclo e copertura a semi-cupola. Gli archivolti delle absidi sono decorati con motivi vegetali che abbelliscono in particolar modo la cornice dell'abside centrale perfettamente allineata a est, per cui la basilica risulta leggermente spostata a nord del suo asse. L'abside centrale ha un ordine di cinque finestre nella parte inferiore e una finestra più piccola sopra la cornice che sottolinea la volta. L'archivolto delle finestre è circondato da modanature. Le absidi laterali hanno ciascuna una finestra.

La parte absidale esterna rappresenta un’innovazione nell'architettura siriana del V secolo. Qui, infatti, per la prima volta, le absidi non sono racchiuse in un muro dritto. L’abside centrale ha due ordini di colonne corinzie, un cornicione e una decorazione scultorea a conchiglie. Le absidi laterali, semplicemente circondate da un alto zoccolo che arriva alla base delle finestre e coronate da una cornice, sono affiancate dalla prothesis e dal diaconicon.


La cappella mortuaria.

 A 30 metri circa dalla Basilica Est e praticamente addossata alle mura bizantine, sorge una cappella mortuaria quasi monolitica. Essa fu infatti ricavata nello scavo da cui venivano estratti i massi di calcare per la costruzione del santuario. La facciata e i due frontoni sono le uniche parti importanti in muratura. La cappella è orientata a est, come in generale le chiese della regione. Sotto il pavimento c'era l'ossario. Altre tombe, oltre che nelle piccole absidi del santuario, erano collocate nei lati delle Basiliche Sud e Nord.

Chiesa conventuale.

 Nel lato est di una grande corte, delimitata a nord e a ovest dai muri del santuario, sorgeva una piccola basilica a tre navate per le funzioni private dei monaci. Una porta la metteva in diretta comunicazione con la prothesis del santuario. ‘’... aveva, sopra le navate laterali, tribune che comunicavano con le sacrestie del santuario e con il primo piano del convento. L’abside dritta era fiancheggiata da due torri.’’ (G.Tchalenko, Villages Antiques de la Syrie du Nord, Paris 1953, pg. 236). È particolarmente degno di nota il ciborio scolpito (foto 5) che si trova al suolo, addossato alla parete nel lato ovest della cappella.

Monastero. I lati est, sud ed ovest della corte a cui si affacciava la chiesa conventuale erano delimitati da un monastero a due e tre piani, circondato su tre lati da gallerie aperte. La pianta era piuttosto complessa. Come tutti i monasteri della regione, aveva nel lato est del piano terra un oratorio e diverse sale; scuderie nel lato sud. Esso subì diverse trasformazioni interne in epoca medievale e non è ancora perfettamente studiato. 

Battistero. Sorge all'estremità sud della spianata e presenta una pianta ottagonale inscritta in un quadrato. Nei lati nord, sud e ovest del quadrato, tre gallerie circondano l'ottagono. Nel lato est, si aprono due nicchie e una profonda abside che ospita il fonte battesimale a cui i battezzandi accedevano dalle scale di due piccoli locali che fiancheggiano l'abside. Sia il fondo del fonte battesimale sia il pavimento del battistero erano musivi. L'ornamentazione scultorea della facciata ovest è particolarmente degna di nota. Il battistero era circondato a ovest, est e nord da un portico a colonne. Nel lato sud del battistero, troviamo i resti di una basilica a tre navi destinata ai catecumeni, che per dimensioni e stile architettonico era simile alla chiesa conventuale.

- Nel Massiccio Calcare il battesimo avveniva per infusione. Durante il IV secolo, il battistero si situava nel lato est della chiesa. Nei secoli V e VI diventava un edificio indipendente, disposto a S-E.

- Ai lati est, sud e ovest del battistero, sorgevano tre edifici rettangolari. Probabilmente si trattava di ospizi per i pellegrini. L'edificio a sud aveva portici ai lati sud e nord, mentre da una porta monumentale a doppio arco (propileo) nel lato ovest entravano le processioni provenienti dal vicino centro di Telanissos (Deir Simaan). Negli edifici a ovest e a est. i porticati si aprivano sulla spianata.


Elementi decorativi

L'ornamentazione scultorea interna ed esterna di Qalaat Simaan è complessa sia per la varietà di stili e forme sia per la sua profusione. I motivi classici si uniscono alle invenzioni dell’arte locale e agli apporti regionali. Sono degni di attenzione l’aggetto delle facciate, il coronamento delle porte, le colonne addossate col capitello che serve da appoggio alla cornice, le mensole e le colonnette, i nastri e le volute che circondano i muri perimetrali, le porte e le finestre avvolgendo praticamente l'edificio. Segni cristologici (foto 6), svariate figure geometriche e motivi naturalistici sono copiosamente scolpiti in archivolti, cornicioni, capitelli e architravi. Talvolta, la scultura diventa quasi ricamo, come nel ciborio conservato nella chiesa conventuale o in certi architravi sparsi al suolo. In origine, molte parti degli interni dovevano essere dipinte e i pavimenti erano ricoperti da mosaici. Il bianco calcare - che il tempo ha tinto in parte con una tavolozza di colori che spaziano dal grigio alle varie sfumature dell'ocra - domina sovrano negli elementi strutturali e decorativi.

- Il santuario cruciforme misura 100 metri in direzione E-O e 88 metri in direzione N-S. La sua superficie è di 3. 840 m². La superficie della spianata è di 12.000 m² e potevano sostarvi 10 mila pellegrini alla volta.

Colonne degli stiliti

Le colonne erano composte da una base su cui si fissava il fusto di uno o più tamburi uniti da sbarre o anelli di ferro che assicuravano stabilità in caso di uragani o terremoti, molto frequenti nella regione. La loro altezza massima era in genere di 13-16 metri e la piattaforma larga sufficientemente perché gli asceti potessero trascorrervi la vita. Talvolta, un tetto di frasche o pelli su una garitta di assi li proteggeva dalle intemperie, ma spesso essi si esponevano senza protezione alcuna. Tracce di canalizzazioni, che partono dalla base, fanno pensare a un tubo di piombo o terracotta che ne raggiungeva la sommità e serviva come scarico dei rifiuti organici, che defluivano verso una fossa poco distante.


Le immagini di questo articolo, esclusa la veduta aerea, sono dell’autrice.



AUGURIAMO A TUTTI I NOSTRI AMICI 
SANTA E LIETA SOLENNITA' DI MARIA ASSUNTA:
che Maria salita al Cielo ci aiuti a seguirla, nella fedeltà quotidiana ,  
per vedere con Lei il volto del Figlio e dei Santi 

giovedì 10 agosto 2023

I siriani hanno vissuto in patria la loro GMG


Nel santuario mariano di Saidnaya, a circa 30 km a nord di Damasco, “il primo grande evento nazionale giovanile in Siria”. Presenti 1.400 giovani di tutti i riti in comunione con i loro coetanei arrivati a Lisbona per la Gmg con Papa Francesco. Uno dei giovani organizzatori, Nabil Madi, al Sir: “Mi piace pensare a questo nostro evento come una Gmg in terra siriana". Messaggio ai giovani a Lisbona: "Pregate per noi, per la Siria e per la pace nel mondo" 

di Daniele Rocchi

«Invito i giovani della Siria a prendere Gesù come fece Maria e a condurlo da tutti gli uomini affinché siano a loro volta portatori del loro amore. Vi invito anche a perseverare nella vostra fede, nella vostra speranza e nel vostro amore l’uno per l’altro e per il vostro paese, e a non perdere la speranza in un futuro migliore». Con queste parole papa Francesco si è rivolto ai 1.400 giovani siriani che dal 2 e fino al 5 agosto sono riuniti nel santuario mariano di Saidnaya, a circa 30 km a nord di Damasco, per vivere quello che, spiega al Sir uno dei giovani organizzatori, Nabil Madi, «il primo grande evento nazionale giovanile in Siria». E visto che in questi stessi giorni i giovani di tutto il mondo sono riuniti a Lisbona per la Gmg con papa Francesco, «mi piace pensare a questo nostro evento come una Gmg in terra siriana. Ci collegheremo, attraverso i social media, con i nostri fratelli in Lisbona per seguire alcuni degli appuntamenti papali». La scelta di un santuario mariano va proprio incontro al tema della Gmg “Maria si alzò e andò in fretta”.


Lontani ma vicini. La presenza di pellegrini dalla Siria a Lisbona è praticamente impossibile: «La guerra che dura dal 2011, la povertà imperante, gli effetti del terremoto dello scorso febbraio ci impediscono di raggiungere il Portogallo. Ma lo facciamo da questo luogo sacro siriano, dedicato a Maria, che è la protagonista del tema della Gmg di Lisbona».
Lontani ma vicini spiritualmente come scrive papa Francesco nel suo messaggio fatto recapitare già alla metà di luglio, attraverso il nunzio, cardinale Mario Zenari, presente all’apertura di meeting: «Tutta la Chiesa è vicina a voi, pregando con voi. Rivivrete le vostre Chiese, ricostruirete il vostro Paese e ristabilirete pace e tranquillità» si legge nel messaggio del Pontefice ai giovani siriani.


A Saidnaya sono convenuti giovani di tutti i riti presenti in Siria, dai latini ai maroniti, dai caldei agli armeni, fino ai greco cattolici. È stata la Chiesa greco-cattolica a spingere per questo raduno realizzato grazie al sostegno di Aiuto alla Chiesa che soffre. Il programma, racconta Nabil, che insieme ad altri 100 giovani ha preso in carico l’organizzazione pratica del meeting, vede momenti di preghiera, di studio, di dibattito e di svago. Tra gli ospiti docenti universitari, influencer, sacerdoti, cantanti, attori, manager che porteranno la loro testimonianza di vita. Tanti i temi sul tavolo: essere cristiani oggi in Siria, la giustizia, la cura del Creato, la pace, il futuro.  Venerdì, ha avuto luogo la Messa solenne presieduta dal patriarca greco cattolico, Yousef Absi, con tutti i vescovi siriani. Per l’occasione attese nel santuario altre centinaia di giovani.

«Siamo una Chiesa che soffre – conclude Nabil –. Davanti a noi ci sono tante sfide, tra tutte quella di fare qualcosa di buono per il nostro Paese. Siamo un popolo che soffre, ma come giovani vogliamo fare di tutto per restare qui e contribuire, come ci esorta il Papa, alla rinascita della Siria. Ai giovani del mondo che sono a Lisbona, insieme a Papa Francesco, diciamo: pregate per noi, pregate per la Siria, pregate per la pace nel mondo».

https://www.agensir.it/mondo/2023/08/03/dalla-siria-a-lisbona-la-gmg-dei-giovani-siriani-nel-santuario-di-saidnaya/


martedì 8 agosto 2023

Siria: in onore dell'amore alla Siria del cappellano della comunità trappista


 Ci giunge oggi la notizia della tragica morte per incidente in montagna di Dom Godefroy Raguenet de St  Albin (1970-†2023) , attualmente abate della comunità trappista di Acey, che nel 2015 partì per la Siria per essere cappellano delle nostre Sorelle nella piccola comunità di Fons Pacis, vicino a Homs, dove rimase per tre anni.

Pubblichiamo qui una intervista in esclusiva che gli facemmo durante una visita alle Sorelle di Azer , mai pubblicata sul nostro sito nè in altro media, da cui possiamo comprendere quale apertura, con quale visione padre Godefroy avesse abbracciato la realtà del Paese tanto amato.

Che il caro Padre Godefroy accolto oggi nella luce del Signore trasfigurato, ottenga benedizioni a tutti noi e la pace alle comunità cristiane e a tutta la povera Siria!


Intervista a padre Godefroy, Marzo 2017

D: Cosa è oggi la Siria?

R: Terra di combattimento, ma io ne colgo soprattutto l'aspetto spirituale … Qualcuno vuole che questo paese sia frammentato, che la Siria con tutto quello che rappresenta di convivenza e anche di cultura, aveva interesse a sopprimerlo.

Giovanni Paolo II parla del Libano come un patrimonio unico con quella particolarità di pluralità di confessioni, ma penso che dopo la guerra i valori del Libano sono moribondi e adesso è la Siria che è attaccata in questo aspetto.

D: che cos'è un monaco qui, in questa situazione ?

R: è qualcosa di molto semplice e umile.... Io sono arrivato per servire la presenza delle Sorelle. Una vita monastica è sempre un segno, per chi vuole leggere il segno ... Qui è un segno di speranza, di una vita possibile anche nelle circostanze dove sembra che non c'è futuro, che non c'è possibilità di vivere.

Per me è molto importante in questo tempo in cui molti vanno fuori dal Paese di fare il percorso nell'altro senso : che restiamo qui, una semplice presenza.

Come monaci Trappisti non abbiamo nessuna opera, le Sorelle come donne hanno una capacità di maternità, e in modo discreto aiutano gente, ma questa non è la ragione profonda dell'essere qui . E' piuttosto il segno di Colui che ci sostiene, siamo una presenza di preghiera.

Quando sono venuto qui, ho risposto a una richiesta ed ero molto felice di farlo perché come molta gente in Europa soffrivo per la situazione di questo popolo, di tanti anni di sofferenza per la guerra, l'ingiustizia... È vero che la preghiera non ha bisogno.. è capace di raggiungere ogni situazione.. si può pregare a Aiguebelle in Francia ma nello stesso tempo era per me molto importante che questa presenza si incarnasse su questa terra, quindi sono stato felice di raggiungere le Sorelle che erano qui.

Preghiamo anche in arabo - o almeno tentiamo di farlo- questo è qualcosa di importante: l'arabo è una lingua sacra, per la maggioranza dei siriani musulmani è la lingua della liberazione, ma non è una proprietà musulmana. È molto importante per quelli che vengono qui , dall'Italia o dalla Francia, sentire che il nome di Allah è anche il nome che usano i cristiani per pregare, e che usavano cinque secoli prima dei musulmani , fa parte di questo segno di una presenza incarnata, che vuole avvicinarsi alla situazione di questo popolo.

Questo dono che abbiamo di pregare con il gioiello della preghiera, con il Salterio, che è il condensato di tutta la preghiera della storia santa di Israele e sono tutti i gridi dell'umanità che risuonano in questi salmi: gridi di sofferenza, di violenza, di desiderio di vendetta, e gridi di gioia e di speranza, è tutta questa pasta umana che si mette dinanzi a Dio con queste parole, che sono parole che riceviamo come parole rivelate.

Offrire questa umanità , nel modo semplice della preghiera salmica, non è niente ed è insieme tutto, come un contadino nel lavoro semplice dei campi, anche se come monache e monaci non vediamo i frutti di questo seminare. Veramente siamo costretti a raggiungere il cuore della fede, che si nutre di ciò che non si vede , ma la nostra fede è l'unirsi al cuore dell'amore divino, è l'opera fondamentale che permette all'umanità di prendere un cammino di umanità piuttosto che il cammino della barbarie . Questa scelta oggi, proprio in questa guerra : non siamo qui per scegliere un lato o l'altro, partigiani del governo o dei jihadisti, o di una riforma , ma per fare una scelta di umanità, affermare questa capacità dell'uomo di rispondere all'amore, di scegliere la convivenza piuttosto che l'odio e la violenza.Pur senza vedere. Gli ospiti che vengono qui, la gente del villaggio , con una riflessione o senza riflessione, toccano questo segno che è il rimanere su questa terra, attraverso un niente che fa segno.

D. Come trascorre le sue giornate in questo minuscolo pezzo di terra siriana?

R: Siccome le mie capacità linguistiche sono molto limitate, dall'inizio ho preparato un piccolo giardino che era un segno di gratuità, e anche di rispetto e di onore per questa terra: se viene perduto questo legame con la terra non vi è ragione di rimanere.

Certo è una situazione particolare, ma c'è una grazia per questa situazione, a cui non sono sicuro di corrispondere pienamente .

Ho risposto di sì con tutto il cuore veramente, e con la generosità della mia comunità, io pensavo di portare qualche cosa, ma invece scopro che ho ricevuto tanto e sto ricevendo tanto.

Non conoscevo la Siria e non avevo capito quanta ricchezza, che questo è il primo luogo, la culla della Chiesa,, stiamo scoprendo questa ricchezza immensa di tradizione, e anche di radici monastiche , c'è un volto originale siriano del monachesimo dal quale abbiamo ricevuto - attraverso Cassiano e via via tutti i monaci, come Isacco di Ninive, sant'Efrem e altri che conosciamo meno come Giovanni di Apamea - , insomma qui c'è un tesoro spirituale , beviamo alla stessa sorgente .

Questo è bellissimo ed è molto importante per le relazioni con altre esperienze come alcuni monasteri ortodossi che ho visitato soprattutto nel Libano. L'accoglienza è sempre un momento stupendo di fraternità e di apertura, poi emergono presto tutte le cause di divisione, il sacco di Costantinopoli è presente ancora oggi nelle memorie ferite , ma essere capaci di dire che abbiamo gli stessi padri della vita monastica e che apprezziamo molto queste radici è importante. La vita monastica è veramente un ponte, è un'opportunità, una porta aperta, ma c'è tanto lavoro da fare, ed è una sofferenza vedere in questa guerra quanti passi ci sono da fare perché anche per i cristiani il restare qui sia assai più che una coabitazione .

 Io non ho l'esperienza di Aleppo, ma so che là si è maturato, nella loro diversità , in una situazione di minoranza, una possibilità di unità tra le varie chiese.

Ogni giorno è un cammino di arricchimento, di apertura , pur dentro l'ostacolo della lingua ogni incontro è un modo di arricchirsi mutuamente.

Ho l'occasione ogni volta di ringraziare nel vedere il cammino che fanno queste persone dentro la sofferenza che patiscono , ricevo testimonianze bellissime di una crescita spirituale e umana: l'ho toccato soprattutto nei cristiani, ma veramente lo si scopre anche nei musulmani. Se guardiamo per esempio al modo di lavorare qui nel cantiere , nei musulmani, sunniti e alauiti, c'è una rettitudine che è veramente colpisce... 

Ciò di cui ora i siriani hanno più bisogno non è di container, ma di fratelli, di una vicinanza, una fratellanza manifestata, di sapere che non sono da soli . 

Perché per i cristiani è terribile accorgersi che per la politica internazionale non esistono, invece c'è una sete di relazione, di un'apertura, di una vicinanza. Anche nei musulmani... quando vado a fare un giro a piedi nel villaggio sunnita qui sotto la collina dove sorge il Monastero, c'è una manifestazione di interesse, sono felici di vedere un monaco straniero .

L'aspetto materiale del bisogno non è tutto, e rischia di far dimenticare l'essenziale .

Mi ha colpito quell'organizzazione francese SOS Chretiens d'Orient : la prima cosa che hanno fatto è stato di venire a vivere il Natale , questo è un gesto che tocca molto , forse più che 10 container : è importante anche aiutare, ma prima viene lo stare. È una immensa sfida, e lo sarà anche per la Chiesa , con una dimensione oggi molto più ridotta come sarà capace di avere questo ruolo così importante ? , come minoranza si, ma una minoranza che è stata indispensabile per una convivenza tra le altre religioni e i musulmani stessi.

venerdì 4 agosto 2023

3 anni dalla tragica strage al porto di Beirut

 di Camille Eid 

Giustizia negata per le vittime del porto di Beirut. Nel terzo anniversario della doppia esplosione che, il 4 agosto 2020, ha devastato un terzo della loro capitale, i libanesi rimangono in attesa di una verità che molti sembrano non volere. Domani a Beirut ci sarà un raduno popolare organizzato dai comitati dei parenti delle vittime per ricordare le 246 persone uccise in quella che è stata classificata tra le dieci più potenti deflagrazioni non nucleari della storia. Nell'esplosione ci sono stati più di 6.500 feriti, molti dei quali menomati a vita, mentre 330mila persone hanno dovuto abbandonare temporaneamente le loro abitazioni.

In una dichiarazione comune rilasciata martedì, 15 ambasciatori di stanza a Beirut hanno esortato le autorità libanesi ad accelerare l'inchiesta, esprimendo la loro preoccupazione circa «l'ostruzione permanente» della verità. Ma diventa sempre più chiaro, a distanza di tre anni, che l 'inchiesta locale condotta dal giudice Tareq Bitar rimarrà ostacolata da oltre 25 richieste di ricusazione presentate da ex ministri e deputati libanesi. Questi ultimi sarebbero stati, secondo il giudice, al corrente dello stoccaggio illegale, per sette anni e senza precauzioni, di 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio in un hangar del porto, situato a poche centinaia di metri dal centro cittadino. Anzi, l'oligarchia politica al potere diventa sempre più determinata a insabbiare per sempre la verità.

Lo scorso gennaio, quando Bitar ha cercato attraverso un'interpretazione giuridica di aggirare gli ostacoli frapposti alla sua inchiesta per convocare alti esponenti delle sicurezza e della pubblica amministrazione, il procuratore generale – lui stesso tra gli indagati – ha accusato il giudice di «usurpazione di potere» ordinando il rilascio immediato di tutte e 17 le persone arrestate in relazione all'inchiesta. I palazzi di Gemmayze e di Mar Mikhail (San Michele), tra i quartieri maggiormente devastati dall'esplosione, sono stati per lo più restaurati grazie a delle iniziative private e all'impegno profuso da tante Ong, locali e non. Lavori di più vasto respiro sono stati invece necessari per i palazzi storici, come è avvenuto per il Museo Sursock, riaperto lo scorso maggio grazie a fondi dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo e di altri enti statali.

Nella zona salta agli occhi la proliferazione delle gallerie d'arte nei tradizionali palazzi ad arco triplo. In un Paese piegato dalla crisi economica e dall'inflazione, numerosi libanesi si danno da fare per impedire che l'arte e la cultura possano diventare degli “optional”. Rania Hammoud, proprietaria di Art Scene, dice che la gente ha tanta voglia di vivere nonostante le attuali difficoltà e guarda alla cultura come a una forma di resilienza. Motivo per il quale lei ha deciso di riservare uno spazio della sua galleria alla consultazione gratuita di libri d'arte. «Mi hanno dato del matto quando ho deciso, alcuni mesi fa, di aprire questa galleria», dice il suo collega Charbel Lahoud, proprietario di Chaos Art. Grazie a iniziative di questo tipo, afferma, «Beirut non morirà mai».

«Molti comprano i quadri come forma sicura di investimento data la sfiducia nei confronti delle banche libanesi». Insieme alla Banca centrale, il cartello delle banche è percepito dai libanesi come il responsabile della peggiore crisi economica nella storia del Paese a causa delle restrizioni imposte dall'ottobre 2019 ai prelievi in dollari. Tre giorni fa è terminata la lunga era Riad Salame alla guida della Banca centrale, dopo 30 anni ininterrotti. Si temeva che l'uscita di scena di Salame, senza la designazione di un successore, portasse a un'ulteriore svalutazione della lira libanese nei confronti del dollaro, specie dopo che i suoi quattro vice avevano minacciato in un primo momento le dimissioni. Rischio schivato, almeno per ora, ma si vedrà se il cambio si manterrà agli attuali livelli una volta che i numerosi espatriati libanesi venuti a trascorrere la stagione estiva in Libano saranno ripartiti.

La carica vacante di governatore si aggiunge a quella di presidente della Repubblica, vacante da fine ottobre, con i deputati libanesi che sono stati incapaci in oltre nove mesi di eleggere un successore di Michel Aoun a causa dei veti incrociati dei partiti.

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/la-strage-al-porto-di-beirut-il-libano-resta-senza

Il vuoto presidenziale in Libano si prolungherà fino all'autunno

The Cradle 

Il vuoto presidenziale del Libano durato mesi dovrebbe estendersi fino a settembre, quando l'inviato presidenziale francese, Jean-Yves Le Drian, tornerà nel Paese dopo aver trascorso due giorni (25-27 luglio) in colloqui con diverse personalità politiche libanesi. 

"Vi lascerò per le mie vacanze estive prima di sistemare i miei affari e tornare il prossimo settembre, con una proposta relativa al dialogo... per raggiungere un'intesa su... il prossimo presidente", ha detto al quotidiano Al-Akhbar citando l'inviato presidenziale .  Tuttavia, poiché non vi è ancora consenso su un singolo candidato, "non ci sarà nessun presidente" in Libano "fino all'autunno", ha affermato Asharq al-Awsat, una persona "chiave" coinvolta nella visita di Le Drian . 

Durante il suo viaggio, il 27 luglio Le Drian ha incontrato una serie di personalità politiche libanesi, tra cui il capo del blocco parlamentare Lealtà alla Resistenza, il deputato di Hezbollah Mohammed Raad . Quel giorno, ha anche tenuto il suo secondo incontro con il presidente del parlamento e leader del movimento Amal Nabih Berri , dopo averlo incontrato il giorno del suo arrivo.  Dopo l'incontro, Berri avrebbe affermato che "è stato aperto uno spiraglio nel fascicolo presidenziale". 

Il giorno prima, l'inviato ha incontrato il capo del Movimento patriottico libero del Libano (FPM), Gebran Bassil, il capo del partito delle Forze libanesi (LF), Samir Geagea, e il leader di Marada Suleiman Franjieh, che è il candidato di Hezbollah per la presidenza. 

"L'incontro con Le Drian è stato positivo... non abbiamo presentato nuovi nomi ad eccezione del nostro candidato annunciato", avrebbe detto Geagea ad Al-Akhbar , riferendosi a Jihad Azour , il funzionario del Fondo Monetario Internazionale (FMI) che è stato ufficialmente nominato il mese scorso dai partiti LF, FPM e Kataeb, come candidato “non provocatorio” alla presidenza libanese.  All'epoca, Raad si riferiva ad Azour come a un "rappresentante di sottomissione, acquiescenza e resa".

Non sono stati proposti nuovi nomi e le parti coinvolte continuano a sostenere con fermezza i rispettivi candidati.  "Passare alle sessioni elettorali non cambierà il risultato fintanto che ogni partito aderisce alla propria posizione", ha scritto Al-Akhbar . 

All'inizio di luglio, il "gruppo libanese delle cinque nazioni" - composto da Francia, Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti ed Egitto - ha annunciato la possibilità di imporre sanzioni a qualsiasi politico o gruppo che ostacoli il quorum nelle sessioni parlamentari per eleggere il presidente . "Abbiamo discusso diverse opzioni, inclusa l'adozione di misure contro coloro che ostacolano i progressi in questo settore", hanno affermato le cinque nazioni in una dichiarazione congiunta . 

A causa della mancanza di consenso e della ripetuta mancanza di quorum parlamentare, 12 sessioni parlamentari non sono riuscite a eleggere un presidente per il Libano. 

Il paese è nel vuoto dalla fine della presidenza di Michel Aoun a fine di ottobre dello scorso anno. 

https://new.thecradle.co/articles/lebanon-presidential-vacuum-to-extend-into-fall?s=09

martedì 1 agosto 2023

Incendi in Siria usati come arma di guerra

di Steven Sahiounie

Gli incendi sono scoppiati il ​​25 luglio nella provincia di Latakia, nel nord-ovest della Siria, e stanno ancora bruciando tra i nuovi incendi in corso. Gli incendi si sono propagati rapidamente a causa di un improvviso vento insolito che si è alzato. L'intero paese, e l'adiacente regione mediterranea, è in un'ondata di caldo che pone le basi per un incendio così devastante che brucia raccolti, foreste e case. Tuttavia, questo non è stato un incendio casuale, ma è stato un atto di terrorismo.

Il generale Jalal Dawoud, capo dei vigili del fuoco di Latakia, afferma che l'incendio è stato provocato dall'uomo. Ciò è stato determinato perché l'origine dell'incendio non era in un luogo, ma è stato avviato in aree sparse tutte contemporaneamente nelle ore diurne.

Dopo che le forze di sicurezza hanno avviato le indagini, si è scoperto che gli incendi erano stati appiccati da droni provenienti da Idlib, sotto l'occupazione di Hayat Tahrir al-Sham, ex Jibhat al-Nusra, l'affiliata di Al Qaeda in Siria.


La Turchia occupa illegalmente Idlib mentre protegge i terroristi sotto il comando di Mohammed Jolani, ex alleato di Abu Baker Al Baghdadi, il capo dell'ISIS ucciso a Idlib dal presidente Trump.


I terroristi hanno attaccato i vigili del fuoco e i veicoli. Bassem Bakar, un conducente di una cisterna d'acqua, è stato ucciso quando i terroristi hanno preso di mira il suo veicolo vicino a Deir Hanna e Rabiah. Altri due uomini con lui sono rimasti feriti.

La Turchia è ben nota per la produzione di droni e recentemente ha venduto droni all'Ucraina.

Il 25 luglio, un veicolo dei vigili del fuoco ha calpestato una mina precedentemente piantata sul monte Zgharo, vicino alla città di Maskita, ma senza feriti. Questa zona è stata occupata dai terroristi ora situati a Idlib durante il periodo 2015 prima che fossero evacuati a est verso Idlib.

Il sindaco di Latakia, Amer Hallal, ha detto che i vigili del fuoco provenienti da molte aree sono venuti per spegnere gli incendi e un aereo cisterna russo è arrivato per combattere gli incendi. I civili sono stati evacuati da case e fattorie e portati in un'area sicura dove hanno ricevuto aiuti umanitari.

L'incendio è divampato a Rabiah, che si trova su una strada che collega direttamente a Idlib. Altre aree in fiamme sono Ghamam, Sarsekiah, Ein Zarkha, Deir Hanna, Jib Alahmar, Sed Bradoon e Jebal al Zahra.

Un giovane soldato che si è offerto volontario per combattere gli incendi, Mounif Sebry Hassoun, è morto mentre combatteva il fuoco a causa del soffocamento a Meshkita. Viene dal villaggio di Wadi Khelah, nel sobborgo di Jeblah.


Il governo siriano, la Mezzaluna Rossa siriana, sta coordinando gli sforzi per spegnere gli incendi e assistere i bisogni umanitari dei civili colpiti. I ristoranti locali hanno donato pasti ai vigili del fuoco. L'Esercito arabo siriano (SAA) e la Mezzaluna rossa siriana stanno spegnendo gli incendi a Rabiah, che è la linea del fronte contro i terroristi a Idlib.


La politica estera degli Stati Uniti e dell'UE ha mantenuto lo status quo a Idlib. 3 milioni di civili sono trattenuti come scudi umani da Hayat Tahrir al-Sham. La Turchia impedisce al SAA e all'esercito russo di liberare i civili tenuti in ostaggio in una partita internazionale di scacchi giocata dall'America.


Organizzazioni umanitarie internazionali, come le Nazioni Unite, Medici Senza Frontiere, Save the Children e altri consegnano tutti gli aiuti umanitari ai civili, mentre Jolani e i suoi terroristi ricevono tutti gli aiuti e li distribuiscono prima ai loro compari, e vendono tutto ciò che accumulano in un enorme centro commerciale costruito da Jolani e soci.


Idlib è una provincia agricola con agricoltori e miliziani che vendono olive e olio d'oliva alle imprese turche.


I droni possono essere utilizzati per scopi umanitari, ad esempio consegnare medicinali a un villaggio remoto. Tuttavia, i droni possono anche fornire un carico mortale in una guerra o in un attacco, e ora in Siria vengono utilizzati per appiccare incendi nella calura estiva tra venti secchi che diffondono incendi mortali.


Il mondo ha risposto al massiccio terremoto di magnitudo 7.8 del 6 febbraio in Siria e Turchia. Gli aiuti umanitari sono arrivati ​​principalmente dai paesi arabi, con gli Stati Uniti che hanno boicottato tutti gli aiuti alla Siria, con la sola eccezione di Idlib e dei terroristi occupanti.

Gli aiuti per il terremoto sono cessati da tempo e, sebbene molti amici della Siria abbiano chiesto agli Stati Uniti e all'UE di revocare le sanzioni che impediscono la ricostruzione e la ripresa in Siria da anni di guerra e dal terremoto, non vi è stata ancora alcuna mossa per revocare le sanzioni .


Di recente, è stato svelato un elenco delle nazioni più povere del mondo, con la Siria in testa alla classifica, insieme allo Yemen e all'Afghanistan. 12 anni di conflitto armato, la pandemia di COVID-19, il terremoto 7.8 del secolo e ora gli incendi provocati dai terroristi sostenuti dagli Stati Uniti e dalla NATO.  

Jolani e i suoi terroristi sostenuti dagli Stati Uniti non hanno linee rosse che non possono oltrepassare. Sono criminali senza cuore che controllano il nord-ovest della Siria che vive nella paura della loro prossima mossa.


https://www.mideastdiscourse.com/2023/07/30/wildfires-in-syria-used-as-a-weapon-of-war/

venerdì 28 luglio 2023

Siria : la necessaria battaglia contro il 'daechismo' del dollaro USA


L'anno 2023 è un vero disastro per la sterlina siriana.

Una situazione senza precedenti in questa “terra generosa dei suoi benefici” [balad al-kheyrate; come dicono i siriani]. 

Per alcuni, è dovuto principalmente alla serie di sanzioni occidentali sempre più severe contro i siriani dell'interno per dissociarli dai loro leader. Per altri, una parte non trascurabile di questa situazione catastrofica è dovuta alle strutture interne dell'amministrazione economica che non consentono di trasformare le suddette sanzioni in opportunità. 

I primi ricordano che, qualunque sia il Paese, perché ci sia un sistema economico efficiente e una moneta forte nei confronti delle valute estere, ci deve essere produzione, esportazione e importazione. Pertanto, dovrebbe esserci libertà di movimento in tutta la Siria, senza i molteplici ostacoli creati da terroristi, separatisti e occupanti stranieri. Dovrebbero esserci anche transazioni bancarie libere con i paesi esportatori e importatori. Senza questo, le critiche mosse all'amministrazione economica sono ingiuste. Quanto a questi ultimi, ritengono che lo Stato siriano abbia i mezzi per superare questa catastrofe e che basterebbe cambiare la mentalità dei decisori in materia di economia. 

Per Naram Sarjoun questa situazione è un pugnale piantato nel cuore dei siriani, un pugnale avvelenato che dovrà essere sradicato a tutti i costi.

Mouna Alno-Nakhal

Dal blog di Naram Sarjoun, tradotto dall'arabo da Mouna Alno-Nakhal per Mondialisation.ca 

Anche se so che questo articolo sarà un'arma nelle mani dei miei nemici come il pugnale avvelenato con cui quei ladri mi hanno trafitto il cuore, lo scrivo comunque per rivolgerlo contro di loro. Il mio cuore saprà che non ho tradito, ma piuttosto che so quando e come tirarlo fuori per usarlo e combatterli con una forza ancora maggiore che mai. 

Non è mia abitudine scrivere ciò che piace ai nostri nemici, ma piuttosto ciò che piace a noi e che loro odiano. Ma oggi, ciò che odieranno di più è che smettiamo di pregare come quelli che gridano per la pioggia e ci mettiamo al lavoro per combattere l'aumento del dollaro USA e il suo terrorismo Daeshista. Perché quello che stiamo vivendo attualmente è un attacco del dollaro alla maniera di Daesh, mentre noi difendiamo la sterlina siriana, l'economia, la vita dei cittadini e l'etica pregando come i dervisci e i sufi. 

La guerra non è finita e rimane al suo apice. E poiché lo scopo di questa guerra condotta contro di noi è quello di costringere la nostra società a cambiare profondamente i suoi orientamenti, i suoi equilibri e persino i suoi geni culturali, qualsiasi movimento popolare è considerato una vittoria o una sconfitta a seconda delle sue esigenze e della sua importanza. 

Sì, la guerra continua, ma come in un film muto le cui voci sono ovattate, mentre le sue terribili conseguenze e le sue bombe economiche continuano a seminare desolazione e morte, le sue vittime sono molto più numerose di quanto si creda. 

Ora, mentre è onorevole perdere una guerra nonostante i feroci combattimenti, è orribile perderla senza combattere. E le sconfitte più amare sono quelle che costano poco al nemico e che perdiamo perché non siamo stati bravi nonostante la nostra determinazione a combatterle. Ecco perché sarebbe impietoso se dopo aver vinto la quasi universale guerra militare intrapresa contro il nostro Paese, ci trovassimo perdenti a causa della cattiva gestione dell'economia, dei servizi, dei media e della crisi del dopoguerra. 

In effetti, la situazione economica si sta deteriorando e sembra essere l'arma più letale. Uccide le persone proprio come uccide la loro pazienza e resilienza. Sono assolutamente convinto che questo sia un piano americano molto intelligente e terribilmente pericoloso. Ma possiamo separare l'americano dal non americano? 

La risposta è no, poiché gli americani e gli europei sono responsabili delle sofferenze di questo martoriato Levante dalla Nakba (1948), fino alla Naksa (1967) e alla cosiddetta Primavera Araba (2011). Ma quali sono le nostre responsabilità? Siamo senza errori?

È chiaro che di fronte alla potente forza militare americana, non ci si aspettava che potessimo resistere e che i nostri combattenti patriottici ed eroici potessero infliggere una sconfitta alla formidabile tecnologia americana, che ha iniettato ogni tipo di munizioni, informazioni, comunicazioni e strumenti di spionaggio a beneficio degli ufficiali dell'intelligence e di migliaia di attentatori suicidi entrati nel Paese. Ma l'America ha fallito militarmente nonostante la sua superiorità bellicosa e tecnologica, perché abbiamo usato le nostre carte militari in modo intelligente con pazienza e fiducia, e anche perché abbiamo scelto le giuste alleanze.

Eppure oggi ci troviamo nella stessa situazione: un violento attacco colpisce l'economia e la sterlina siriana. Colpisce quindi il pane, i combustibili e tutti i mezzi di sussistenza. Il dollaro sta attaccando la lira siriana, mentre i maneggiatori di denaro daechisti stanno attaccando tutte le nostre risorse e uccidendo la lira su ordine franco e diretto degli Stati Uniti. 

Un attacco violento si è aggiunto alla violenza delle sanzioni e delle varie "leggi di blocco", che sono simili a molte delle bozze di risoluzione presentate al Consiglio di Sicurezza per assediarci per secoli ai sensi del Capitolo VII. Ma, finora, l'esercito economico nazionale non è riuscito a gestire questa battaglia. 

Di fronte a questa constatazione, non si tratta di portare l'arma della divisione e del sospetto contro i nostri partner in patria, muovendo accuse di tradimento o negligenza contro chiunque. Dobbiamo ammettere che la squadra di governo sta fallendo e non è qualificata per questa fase di "guerra economica". Deve riconoscere che ha provato ma ha fallito e che è ora di lasciare questo difficile compito a un team più competente. 

Tale squadra dovrà saper cogliere il confronto economico e mediatico ripristinando i servizi dovuti ai cittadini, nonostante le pressioni americane. E questo, per permettere all'esercito e alla leadership politica di entrare nel confronto sapendo di poter contare su un'economia più solida, come fece Putin quando si preparò alla battaglia dell'Ucraina con una delle squadre economiche più intelligenti e abili del campo. 

Disponiamo di forze competenti che portano idee e iniziative. Queste persone devono essere coinvolte e noi dobbiamo portarle in primo piano. Del resto la nostra situazione economica non è poi così diversa dalla nostra situazione militare quando città, paesi e piazze crollavano sotto gli attacchi del terrorismo... 

Rimango convinto che ciò che stanno attraversando i siriani non farà che rafforzare questo approccio dettato dalla ragione e che questa determinazione a spezzare il Levante a tutti i costi abbia radici profondamente sepolte in un lontano passato. Ma il Levante non è stato spezzato. E' rimasto il Levante e in particolare a Damasco. 

Pertanto, dobbiamo dimostrare che il Levante è nostro e che i suoi fattori di forza sono nella persona levantina quando combatte, pensa, crede, si ribella, legge, scrive e decide che non sarà sconfitto qualunque sia il prezzo che dovrà pagare . 

Naram Sarjoun22/07/2023