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venerdì 25 agosto 2023

Non dimenticare la Siria, dal Meeting l’appello di suor MartaLuisa Fagnani

 Vatican News 23 agosto 2023

Alla manifestazione di Cl a Rimini parla Suor Marta Luisa Fagnani: “La precaria situazione mondiale ha fatto diminuire l’attenzione della comunità internazionale. La Chiesa è presente e da sempre dialoga con i musulmani. Il fondamentalismo è fomentato dall’esterno”.

ASCOLTA L'INTERVISTA CON SUOR MARTA:

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2023/08/23/11/137276130_F137276130.mp3


In margine alla visita alla mostra presentata al Meeting "Azer, l'impronta di Dio - Un monastero nel cuore della Siria" – un piccolo gruppo ha avuto l'opportunità di conversare con Madre Marta e porle domande  sulla storia, le ragioni e il contesto storico in cui si è stabilita lo loro presenza monastica dal 2005 in terra siriana. Qui trascriviamo in forma di appunti le risposte della Madre alle nostre domande.  OraproSiria

Dialogo con Suor Marta - Rimini, 21 agosto 2023

La mostra racconta il senso del nostro essere là. Questo ha a che fare un po’ con storia del Mediterraneo: il Mediterraneo come luogo di incontro delle culture. La vita monastica nasce nel III secolo in Egitto ma anche in Siria, per noi dunque è il ritorno alle origini. Poi in Occidente si sviluppò il ramo benedettino, da san Benedetto ai Cistercensi che sono la riforma del 1090, con un ritorno alla vita più conforme alla regola, più semplice. Fino alle radici più vicine a noi, la nascita delle nostre comunità italiane, Vitorchiano, Valserena, da cui siamo poi nate noi.

Vedrete nella mostra i 4 punti essenziali: Citeaux, Valserena, Tibhirine – i monaci dell’Algeria che per noi sono stati la spinta di tutto questo – e poi la Siria. .  Con la morte dei Fratelli di Tibhirine, oltre alla celebrazione del loro sacrificio, si è scoperta la loro vita, una comunità molto precaria che l’Ordine voleva chiudere perché non avevano possibilità di vocazioni, dovevano sempre chiedere ad altri monasteri. Doveva essere firmato l’ordine di chiusura e il Padre Generale è morto la sera prima. Il Signore certo ci è andato un po’ pesante, ma di fatto loro sono andati avanti. Vivevano un’amicizia grossissima con il mondo che li circondava, il mondo musulmano. Questo nasceva prima di tutto da un’esperienza personale che aveva segnato il priore, padre Christian de Chergè. All’epoca nella quale l’Algeria era un protettorato francese, Christian viveva in Algeria dove suo padre era militare. Una sera camminando con un amico era stato minacciato da alcuni giovani musulmani e il suo amico lo difese. Il giorno dopo questo stesso amico fu trovato assassinato, per aver preso le difese. Questo segnò profondamente Christian : “io devo la vita a un amico, musulmano, che ha dato la vita per me”. La cosa interessante è che lui legge questo fatto nella chiave del Vangelo. Dice: “Per Gesù, non c’è amore più grande di chi dà la vita per i propri amici. Quindi questo ragazzo ha vissuto il Vangelo a modo suo”. I nostri fratelli non hanno mai vissuto la loro vicinanza con il mondo musulmano come un diminuire la loro esperienza cristiana profonda. Non hanno mai fatto sincretismi. Per loro era la sequela di Cristo, ma proprio questo li rendeva liberi di essere aperti al mondo che avevano accanto, al diverso. Questo è molto importante, perchè si rischia di identificare la solidarietà come un “ci vogliamo bene, ci apriamo a tutti” … Non funziona così. E’ vivendo veramente come cristiani la nostra identità e il nostro rapporto con Cristo, con un Dio che è Dio di comunione, che possiamo veramente essere aperti agli altri. Non è a partire dalle nostre forze, ma vivendo la vita di Cristo in noi. Questa è una delle sfide.

Questo è il percorso che ha spinto la nostra comunità, in un processo lungo, a decidere di raccogliere l’eredità di questi Fratelli e aprire una comunità nel Mediterraneo, fino ad approdare, per via di una serie di segni della Provvidenza, alla Siria. Lì si è aggiunta una nuova realtà, che i nostri Fratelli non avevano in Algeria: la scoperta – perché sapevamo con la testa ma non con l’esperienza – che in Siria ci sono tutte le comunità arabe ma cristiane antichissime. Così, a questo desiderio di vivere radicalmente la nostra vita si è aggiunto il desiderio di sostenere le comunità cristiane presenti.

Siamo là dal 2005. Il nostro percorso è illustrato dalla mostra.

Non va dimenticato poi che a un certo punto la nostra vicenda si è inserita nella vicenda tragica della guerra, dal 2011. Una realtà che c’è stata, durissima, c’è stata e c’è ancora. E la descrizione della Siria oggi, è proprio esemplificata nella mostra da foto che riproducono una casa aggiustata in mezzo alla macerie, un fiore su un balcone, : là dove si può, si vive, pur in mezzo alle macerie passate, presenti e – mi sa – per un po’ anche per il futuro. Non saprei descriverla in altro modo.

La mostra illustra anche la nostra vicenda. Il senso di essere lì, e del perché la pazzia di costruire un monastero dentro questa realtà segnata.

Noi ovviamente cerchiamo anche di aiutare, grazie anche a chi ci sostiene, con interventi sociali. Ma il senso di costruire un monastero è come il balsamo sprecato come quello sui piedi del Signore. C’è una gratuità, anzitutto per Dio. La nostra gente, cristiana e musulmana, in Siria ha ancora questo senso: che per Dio si può fare qualcosa di gratuito, non immediatamente efficace. I nostri operai musulmani sono contenti di costruire la chiesa.

Ma c’è anche altro. I soldi oggi nel mondo ci sono. Nella nostra zona, in tre o quattro anni di guerra pesante, ci passavano sulla testa quindici-venti missili, ognuno dei quali costava migliaia di dollari. Pensiamo alla cifre di una guerra. Quindi non mi si venga a dire che non ci sono nel mondo le risorse. Allora noi come monastero ma non solo, abbiamo un compito: creare una mentalità e far crescere una visione, una coscienza. Così che le persone potranno in futuro influire sull’uso delle risorse. Non è costruire una chiesa che impoverisce i poveri, ma è il non avere una visione che ci permette poi nei nostri ambiti di influire sulle scelte che poi vengono fatte.

Si può fare gratuitamente, per Dio, dunque, come 'il balsamo sprecato'. Il nostro mondo del medioriente concepisce ancora che si può fare qualcosa per Dio che non sia immediatamente 'efficace'. Al tempo stesso però c’è anche una ragionevolezza in questa follia. Costruiamo le persone. Saranno poi le persone che non vivono solo di cose materiali. Certo, devi dargli da mangiare - e il livello di povertà in Siria è incredibile, il 90% delle persone vive sotto la soglia della povertà- ma questo a una persona non basta.

E questo ci supera totalmente. Pensiamo: siamo poche, siamo anziane, si fa una fatica tremenda per imparare l'arabo. Ma questo ci fa pensare che non siamo noi che facciamo. Quel poco che possiamo fare, la gente viene, e lo respira. Il resto lo farà il Signore, ma questo ci motiva. Vengono anche musulmani, perché il posto è bello, chiedendo anche incontri, ma non come dialogo intellettuale, invece si vive insieme.

Poi la mostra documenta l’esperienza dell’amicizia con Banco Building con il dono dei pannelli solari, che ha permesso a noi di sopperire alla mancanza di elettricità, ma anche ci permette di coltivare, e la verdura in più la condividiamo con i nostri operai; e l’acqua potabile con chi non ha il pozzo. Dunque il fatto di poter vivere, dare lavoro e portare avanti delle attività è importante. 

Un video riassume le testimonianze e racconta perché vale la pena costruire un monastero. E’ un messaggio di uno spazio che ci dà forma. Non viviamo solo a livello di cuore e di testa, viviamo in una totalità. L’esperienza di camminare in un monastero, di avere una chiesa, uno spazio nel quale puoi alzare gli occhi dal lavoro e camminare in un chiostro e arrivare alla chiesa. E’ un’esperienza che speriamo di poter offrire anche a delle giovani. E’ un modo di condividere per noi. Come possiamo vivere l’esperienza di un rapporto con Dio, se non lo offriamo? Un monastero lo si fa, ma in realtà è il monastero che ti forma. Da secoli è uno spazio che racconta, fatto di luci, di ombre, di silenzio, di lode insieme. Un’architettura che si costruisce in un ascolto di Dio.

Siamo arrivate in Siria diciotto anni fa, nel 2005; per cinque anni siamo state ad Aleppo; intanto abbiamo comprato il terreno quando nel 2008 costava pochissimo, ad Azeir, e abbiamo iniziato la foresteria. Siamo ad Azeir, fra Homs e Tartous, vicino al confine nord del Libano. Una zona agricola, bella, semplice, appartata, ci si va solo perché ci si vuole andare. Zona musulmana, di sunniti e alauiti, e due villaggi cristiani maroniti.

Ci siamo trasferite nel settembre 2010. E nel 2011 è scoppiata la guerra. Poi siamo andate avanti, aggiungendo piccole cose: i trullini fatti di sassi, ad esempio. Durante la guerra, avevamo solo tre cose: i sassi, il cemento e gli operai che avevano bisogno di lavorare. Allora si è fatto: trullini, muretti, stradine. La gente ha cominciato a chiedere ospitalità.

Un anno e mezzo fa abbiamo ripreso l’idea del monastero, iniziando con gli scavi. Ancora una volta, si può dire: ma come? in Siria la gente è morta, tanti scappano, costruire un monastero appare un po’ una follia. Ma abbiamo avuto tanti segni, oltre al discernimento fatto con i nostri superiori, le chiese locali che ci incoraggiano; gli operai musulmani lavorano, i cristiani sentono che rimanere lì è un sostegno alla loro presenza.

DOMANDE:

La speranza continua? Ecco questa è la cosa dura in questo momento. Durante la guerra i siriani sono stati incredibili, hanno passato fasi terribili, ma dicendo: finirà. Adesso da tre-quattro anni il peggio è passato (anche se la guerra c’è ancora) e non si vede niente davanti. Non c’è un miglioramento, non c’è speranza di lavoro, la vita è invivibile. Gli stipendi medi – negli ultimi giorni sono saliti ma sono saliti automaticamente anche i prezzi – anche di un insegnante o un ingegnere statale erano, pochi giorni fa, 100.000 lire siriane: bastano per comprare 4 litri di olio. O dieci pacchi di pane. Nient’altro. Vive chi ha aiuti di organizzazioni o parenti da fuori che mandano 100-150 dollari e allora te la cavi.

Non si vede la speranza. Il terremoto di febbraio è stato rivelatore. Certo, sono morte molte persone (la maggior parte dei morti è stata nella parte turca) e case già bombardate con il terremoto sono crollate. Ma quello che abbiamo sentito è stato lo sgomento. Avevano passato cose terribili, i tagliagole eccetera, ma questo terremoto ha segnato gli animi. A casa nostra è arrivato con una scala del 6,2-6,3, ad Aleppo è stata 8 e più. Ci dicevano: “Finora c’era la guerra, ma almeno sapevi che quando eri in casa, avevi la casa. Adesso non c’è più neanche quella”. Il senso che è caduta ogni sicurezza. La goccia finale.

Non si ha una risposta alla ragione del male. La risposta al male e alla sofferenza ce la diamo lungo tutta la vita piano piano. Non è mai nel momento della sofferenza acuta. C’è un mistero grande nel male e questo ci può aiutare a dire “prepariamoci a vedere”, se lo affrontiamo fin da ora capiamo anche che c’è sempre una possibilità. Ma nel momento della sofferenza è difficile vedere chiaro. Noi lo diciamo: Dio non ci ha mai promesso che non ci sarebbe stato il male, la sofferenza. Gesù non ha mai risolto la malattia, la povertà. Ma Gesù ci dà una strada per capire come passarci dentro verso la vita,come ha fatto Lui. E ognuno deve farlo nella sua vita, e certe volte è meglio tacere: non è possibile dare risposte facili alla gente, bisogna stare accanto e vivere con le persone la sofferenza, perchè possano attingere quella forza della vita che c'è . Il nostro compito e cercare di viverla noi questa speranza. Anche a noi viene lo sgomento, vedendo la gente che se ne va; tutti che dicono “parto, prega per me”; noi sentiamo il dissanguarsi della nostra realtà.

La diocesi maronita di Aleppo viene molto spesso da noi; hanno portato diversi gruppi per fare l’esperienza monastica. Con un gruppo di persone adulte che avevano visto partire diversi loro figli, abbiamo parlato della speranza, e qualcuno diceva: “ma cosa possiamo fare?”. E si capisce perchè un giovane parte, cerchiamo di far sì che non partano ma lo comprendiamo. E allora cosa possiamo fare di fronte alla tristezza? Possiamo pregare, e poi che altro? Noi cerchiamo di dire – e anche a noi stesse : “viviamo NOI una speranza, un incontro con il Cristo che dia un senso al nostro oggi, perché domani, quando i figli partiti si troveranno davanti al senso della vita e si gireranno, se trovano un’esperienza vera, un'esperienza per voi vivente, sapranno dove attingere.” Altrimenti, è inutile che stiamo nella nostalgia di qualcosa che non c’è. Ciò che possiamo fare oggi è vivere noi. E questo un domani servirà, se non ai figli che sono partiti, a quelli che sono rimasti. E’ duro, ma è quello che possiamo fare. Una speranza concreta.

Non avevate paura, visto che vivete vicino ai musulmani? No. In Siria i cristiani sono sempre rispettati e possono costruire chiese. C’è stato, durante la guerra, un periodo nel quale i fondamentalisti stavano prendendo il sopravvento. E noi sapevamo, insieme ai cristiani del villaggio, che da un momento all’altro potevano mandarci via...forse saremmo riusciti a scappare forse no. Certo la paura c’è stata ma l’abbiamo condivisa, la precarietà del futuro, con tutti. Ma normalmente siamo accettate, aiutate, stimate. Il pericolo era l’ISIS, certo la paura c’era. Ma è la stessa precarietà che vivono altrove, pensiamo anche all’Iraq adesso.

Cos’è il politically correct?

Una bella zuppa che non serve a nulla. E’ l’idea che nel vivere con gli altri - visto che siamo tutti figli di un’unica umanità e gente evoluta, matura, non facciamo più le guerre per le cose in cui crediamo - e questo va bene – ci rispettiamo, cercando di togliere tutte le cose sulle quali pensiamo in modo un po’ diverso, e vediamo su cosa possiamo venirci incontro ( la natura, difendiamo la terra, tutti sono liberi di fare quello che vogliono perchè i diritti individuali sono importanti...) cerchiamo le cose che ci mettono tutti insieme. Il problema è che noi che abbiamo la grazia di un’esperienza di fede, abbiamo bisogno di un rapporto con Dio che ci dà un’idea di cosa è essere uomini, ci dà dei valori. L’idea è: io sento che questa cosa è vera, che Dio mi vuole in un certo modo, che mi dà un determinato valore per vivere, che mi disseta. Ma se ne parlo con te che pensi diverso, rompiamo l’amicizia. Allora lasciamo lì questa cosa e andiamo a prendere una pizza, tutti umanamente fratelli... ma in questo modo nell’amicizia con te non metto in gioco la cosa più vera che ho, le cose in cui credo, il mio modo di percepirmi come persona, che comporta anche una fede, una visione delle cose. Io rinuncio a questa parte più vera di me, tu anche e ci accontentiamo di quello che può andare bene a entrambi. Ma questo non è un rapporto vero. E’ meglio avere un confronto, dire ok tu pensi questa cosa, io ne penso un’altra, possiamo credere che ciascuno di noi fa un cammino vero, che ognuno è una persona degna anche se pensiamo in modo diverso? Dobbiamo avere il coraggio di essere noi stessi. Poi domani magari cambiamo idea, ma se oggi io credo questo, e lo condivido con te che credi una cosa diversa, ma possiamo camminare insieme, da persone che cercano la verità. Invece, il politically correct è dire: mettiamo da parte la verità perché sennò non andiamo d’accordo, e viviamo un po’ in superficie.

Che attività di aiuto alla popolazione fate? Noi non vogliamo diventare una ONG. Per questo di fronte alle richieste importanti di aiuto rispondo che devo sentire il Vescovo . Ma appena possibile, grazie ai vostri aiuti , cerchiamo di rispondere ai bisogni che ci sottopongono . C'è un mondo intorno a noi che non ha alcun riferimento … E suor Marta ci racconta di una ragazza in condizioni familiare difficilissime che con un piccolo aiuto ha fatto un negozietto.

I braccialetti. Ci sono donne del nostro villaggio con bambini piccoli che hanno bisogno di lavorare. Allora hanno imparato il macramé e lavorando da casa e da noi , con la piccola entrata dei braccialetti, molto più dignitosa del ricevere un’offerta, contribuiscono al salario familiare. Cercano i modelli, si consultano. I braccialetti sono disponibili per l'acquisto in Italia .

Il nostro sapone di Aleppo nasce dalla collaborazione con un amico aleppino – che ha scelto di restare in Siria malgrado tutti partano e ci sostiene molto . Il vero sapone di Aleppo si può produrre solo ad Aleppo: lui ci dà la pasta della materia prima, noi facciamo la seconda parte della lavorazione, stampiamo, inscatoliamo. E lo trovate in vendita in Italia . 






lunedì 14 agosto 2023

Intervista al presidente Bashar Al-Assad: la guerra in Siria, il ruolo insidioso del terrorismo

 Global Research, 17 agosto 2023

L'intervista del presidente Bashar Al Assad
 a Sky News Arabic potrebbe essere la prima intervista con un media della regione del Golfo dai primi giorni della guerra al terrorismo guidata dagli Stati Uniti contro la Siria in cui la maggior parte dei paesi arabi e tutti i paesi e le entità confinanti con la Siria hanno  contribuito pesantemente a sponsorizzare il terrorismo in Siria. L'intervista è andata in onda il 9 agosto.

Durante l'intervista, il presidente Al Assad ha affrontato argomenti importanti: dagli ostacoli che si frappongono al ritorno dei rifugiati siriani, alla continua guerra terroristica guidata dagli Stati Uniti e alla guerra di logoramento contro il popolo siriano, al terremoto e alle sue conseguenze sul popolo siriano, oltre a spiegare perché ritiene inutile un incontro con il turco Erdogan, e perché la Siria consideri una perdita di tempo qualsiasi trattativa di pace con Israele, per citare alcuni dei temi trattati nell'intervista.

Di seguito, la trascrizione completa della traduzione in automatico in italiano dall' inglese ottenuta tramite il sito dell'intervista.

Trascrizione

Introduzione: Diamo il benvenuto a voi, nostri telespettatori, a questo incontro speciale dal Palazzo Muhajireen nella capitale siriana, Damasco, con il presidente Bashar Al-Assad.

Signor Presidente, benvenuto su Sky News Arabia e grazie per l'opportunità di incontrarla per questo incontro tanto atteso.

Presidente Assad: Benvenuti in Siria, e sono molto felice di ricevervi oggi e di avere un dialogo proficuo tra di noi.

D: Grazie. Trattandosi del primo incontro, Presidente, su Sky News Arabia come primo canale arabo, torniamo con lei all'inizio dei fatti nel 2012, era possibile, secondo lei, evitare quanto accaduto?

Avresti affrontato la guerra, questo confronto allo stesso modo con la stessa visione per più di un decennio?

Presidente Assad: Naturalmente, in teoria, questo avrebbe potuto essere evitato se ci fossimo sottomessi a tutte le richieste che sono state pretese o imposte alla Siria su varie questioni, la principale delle quali era l'abbandono dei diritti e degli interessi siriani.

Dico in teoria perché in pratica non andremo in questa direzione. Ma se assumiamo che andremo in questa direzione, significa che eviteremo la guerra, ma pagheremo un prezzo molto più alto in seguito. Avremmo gestito le cose allo stesso modo? Ci possono essere modi diversi per raggiungere lo stesso obiettivo, l'importante è la politica. Qual è la visione nazionale?

La nostra visione era quella di difendere gli interessi siriani e la Siria di fronte al terrorismo e nell'indipendenza della decisione siriana. Se tornassimo indietro nel tempo, costruiremmo e adotteremmo la stessa politica.

D: Si aspettava che il danno fosse di questa entità almeno durante il primo anno?

Presidente Assad: No, non ce l'aspettavamo perché non sapevamo quali piani si stavano preparando. Sapevamo che le cose si stavano preparando per la Siria, e sapevamo fin dall'inizio della guerra che sarebbe stata una guerra lunga, e non una crisi fugace come alcuni pensavano, ma nessuno si aspettava i dettagli.

D: Signor Presidente, mi permetta questa domanda, le battaglie si svolgevano a pochi metri dai palazzi presidenziali, per così dire, per un momento, non ha temuto per la sua vita, per quella dei suoi figli, e ci sono veramente scenari terrificanti nella regione, ad esempio, cosa è successo ai presidenti, come cosa è successo al presidente Gheddafi?

Presidente Assad: Prima di tutto, chiunque non tema il pericolo è una persona anormale e squilibrata. La paura fa parte della natura umana ed è naturale che una persona abbia paura. Ma la paura ha forme che vanno dal panico all'apprensione e tutto il resto. Certamente non abbiamo raggiunto questo livello di panico, ma d'altra parte vivi una situazione generale, non ero io il bersaglio come persona, tutti erano presi di mira.

Camminiamo tutti per queste vie e strade e nelle nostre case le granate cadono da anni, quindi la paura e l'ansia diventano parte del nostro subconscio...

D: Lei rappresenta la leadership del paese...

Presidente Assad: È vero, ma alla fine sei un essere umano e interagisci con gli altri, come era un caso generale, e quando diventa una condizione generale che non puoi vivere con la paura per anni, diventa parte di qualcosa con cui vivi quotidianamente.

Per quanto riguarda gli scenari accaduti, la verità è che questi scenari sono stati elaborati, come è successo con Gheddafi, o come è successo con Saddam Hussein in Iraq per creare uno stato di paura, quindi, in Siria, abbiamo avuto la consapevolezza degli scenari che sono stati sviluppati e sono stati fatti circolare nei media per creare uno stato di paura, quindi questi scenari non erano nelle nostre menti in generale, specialmente mentre stavamo combattendo una battaglia esistenziale; l'obiettivo non era Gheddafi, era la Libia, l'obiettivo non era Saddam Hussein, era l'Iraq, e l'obiettivo non era il presidente Bashar, era la Siria.

Quando prendi in considerazione queste cose, non vivrai ossessionato dai casi personali che hanno cercato di commercializzare per creare uno stato di paura.

D: Ma sotto così tanta pressione, ha mai pensato di rinunciare al potere, signor Presidente?

Presidente Assad: Per essere chiari, quando hanno parlato della necessità della partenza del presidente siriano, il quadro era il seguente: che il problema riguarda il problema di una persona; questa persona non può essere più importante della patria e deve andarsene indipendentemente dalle sue specifiche e attributi. Ne eravamo consapevoli in Siria, in generale, non solo io ma come Paese e come cittadini. Pertanto, non ci sono state richieste interne per la partenza del presidente dal potere.

Quando un presidente lascia il suo incarico o la sua responsabilità, per essere più precisi, se ne va quando il popolo vuole che se ne vada, e non a causa di pressioni esterne o a causa di una guerra esterna.

Questa è una cosa naturale quando è causata da una domanda interna, ma quando è causata da una guerra esterna, allora sarebbe una fuga, non una rinuncia al potere, e la fuga non è mai stata un'opzione.

D: Ma un gran numero di manifestanti lanciava questo slogan?

Presidente Assad: Anche questo gran numero non ha superato, nel migliore dei casi, poco più di 100mila manifestanti in tutte le province, rispetto a decine di milioni di siriani, questo è il primo; in secondo luogo, supponiamo che ce ne fosse un gran numero e che i paesi più ricchi e potenti del mondo si fossero opposti a questo presidente e che un'ampia parte della popolazione si fosse opposta a lui, quindi come può rimanere al potere? Non c'è logica in questo.

Quindi è rimasto al potere perché un numero maggiore di persone sostiene le cause sostenute dal presidente.

D: Torneremo su questo punto, ma lei ha combattuto una grande sfida, il nemico, il terrorismo che minacciava molte regioni, inclusa la capitale, Damasco, ma signor Presidente, i civili sono stati danneggiati, lo abbiamo seguito almeno attraverso il media, inclusi uccisioni, sfollamenti e sofferenze, ne è responsabile?

Presidente Assad: Se assumiamo che lo Stato è stato quello che ha effettuato l'uccisione e lo sfollamento, allora ne ha la responsabilità, ma c'è il terrorismo, e lo Stato stava combattendo il terrorismo, e il terrorismo stava uccidendo, distruggendo e bruciando. Non esiste uno Stato, anche se è stato chiamato "cattivo" che distrugge la patria, non esiste secondo le mie informazioni. Quindi, naturalmente, il terrorismo ha effettuato la distruzione.

Il ruolo dello Stato, in virtù della costituzione e delle norme nazionali, è quello di difendere lo Stato. Questo significa che affrontare il terrorismo è ciò che ha distrutto il Paese?

L'immagine è tratta da Twitter/The Cradle

In altre parole, se non avessimo combattuto il terrorismo, lo Stato sarebbe fiorito? Questo è illogico. Quindi, coloro che si sono schierati con il terrorismo hanno la responsabilità, e non coloro che si sono difesi dal terrorismo. Chi ha la responsabilità è colui che intendeva la guerra, che ha pianificato la guerra, e colui che ha attaccato, e non colui che è stato attaccato.

D: Torniamo, signor Presidente, all'idea della fermezza dello Stato dopo tutta questa grande pressione a livello interno, e anche la pressione esterna, è il sostegno iraniano e russo dai primi anni di questa crisi il segreto del fermezza in questa battaglia?

La strada araba, signor Presidente, sta chiedendo il segreto della sopravvivenza dello Stato siriano dopo tutte queste pressioni.

Presidente Assad: All'inizio non abbiamo affermato di essere una superpotenza e non abbiamo affermato di essere in grado di combattere il mondo; è naturale che quando abbiamo chiesto ai nostri amici di stare con noi, è perché abbiamo bisogno di questo sostegno. Il loro sostegno ha avuto un impatto importante sulla fermezza della Siria, questo è evidente.

Ma gli amici non possono sostituirci in guerra, in battaglia e nella fermezza, anche questo è evidente. La vera fermezza è la fermezza delle persone, la domanda che ponete ha molti fattori, state parlando di decine di milioni e di uno dei popoli e delle società più antiche del mondo, c'è un accumulo, oggi possiamo dire che c'è la fede nella causa, c'è l'esperienza, c'è la conoscenza, c'è l'adesione ai diritti, c'è la consapevolezza e la maturità del metodo di gioco con cui sono state gestite le cose preparandosi a questa guerra e iniziando questa guerra.

Tutte queste cose e molti altri fattori che non possono essere menzionati ora sono ciò che costituiva lo stato di fermezza, e non si trattava né di un presidente, né di un funzionario, né di uno stato, né solo di un esercito.

D: Come riassumere il segreto di questa resilienza in questi anni?

Presidente Assad: Il segreto è la consapevolezza del complotto, non siamo caduti in nessuna delle trappole che ci sono state tese all'estero. La consapevolezza è la base per il successo e la resilienza, prima o poi.

D: Dopo tutti questi anni, la sospensione dell'adesione di Damasco alla Lega Araba è stata revocata. Lei respinge l'idea che la Siria torni nella Lega Araba. La porta si è aperta alle domande sul futuro del rapporto tra voi e queste capitali arabe. È un ritorno simbolico o pensa che avrà i suoi esiti, almeno nel prossimo futuro?

Presidente Assad: La verità è che le relazioni arabo-arabe da quando ho acquisito consapevolezza politica quattro decenni fa sono relazioni simboliche, perché?

Per un semplice motivo, perché il nostro modo di pensare può essere a livello statale, o è una cultura generale, non so, non offriamo soluzioni pratiche o idee pratiche per qualsiasi cosa, amiamo i discorsi, le dichiarazioni e le riunioni formali , questa è la natura della relazione.

Il ritorno della Siria, quindi, se sarà simbolico o altro dipende dalla natura delle relazioni arabo-arabe. Queste relazioni sono cambiate? Non credo sia profondamente cambiato. C'è un inizio di consapevolezza della dimensione dei rischi che ci riguardano come paesi arabi, ma non ha raggiunto la fase di sviluppo di soluzioni. Finché non ci sono soluzioni ai problemi, la relazione rimarrà simbolica.

D: Ma nonostante la consapevolezza di questi pericoli, i pericoli sono diventati reali nel mondo arabo e sono grandi per alcune capitali, nonostante ciò, perché le forze non si sono unite, almeno perché gli interessi sarebbero reciproci?

Presidente Assad: Vero, perché affronti due fasi quando hai un problema, la prima è vedere il problema, capire il problema, diagnosticare il problema, e la seconda fase è porre il rimedio. Siamo nella prima fase e non siamo ancora passati alla seconda fase, secondo la mia convinzione.

D: Per quanto riguarda la Siria, cosa si aspetta dalla parte araba, signor Presidente?

Presidente Assad: non posso aspettarmi, posso sperare, spero che possiamo costruire istituzioni; il problema con gli arabi è che non hanno costruito relazioni istituzionalizzate, quindi, non hanno costruito istituzioni, e se parliamo di relazioni bilaterali, sono deboli proprio per questo, e le relazioni collettive attraverso la Lega Araba, perché la Lega Araba non si è trasformato in un'istituzione nel vero senso della parola.

Questo è quello che vediamo e questo è quello che speriamo di riuscire a superare.

D: Per quanto riguarda l'opposizione, chi è l'opposizione che lei riconosce oggi dopo tutti questi anni?

Presidente Assad: In breve, è l'opposizione che viene prodotta localmente, non esternamente.

Prodotto localmente significa che ha una base popolare, un programma nazionale e una consapevolezza nazionale; tutte le altre caratteristiche dell'ignoranza non sono sufficienti.

Consapevolezza nazionale e sincero intento patriottico, a parte questo, l'opposizione è una cosa naturale. Siamo esseri umani e abbiamo opinioni divergenti nella stessa casa, come non differire a livello nazionale su tante questioni?

D: Alcuni ritengono che anche l'opposizione all'estero abbia una visione che può differire dallo Stato siriano, e può rappresentare una parte di questo popolo.

Presidente Assad: Certo, la parola esterno non significa male, potrebbe essere un'opposizione interna e legata all'esterno, e potrebbe essere un'opposizione esterna ma legata alla patria, la questione non ha nulla a che fare con l'esterno e il dentro, ha a che fare con dove si trova il punto di partenza, dalle persone o dall'intelligence straniera? Questa è l'unica domanda.

D: Ha annunciato il suo benvenuto al ritorno del maggior numero di rifugiati, ma alcuni hanno paura dell'idea di una punizione dopo il ritorno, cosa dice a questi milioni tramite questo schermo?

Presidente Assad: Negli ultimi anni, poco meno di mezzo milione sono tornati in Siria e nessuno di loro è stato imprigionato, perché questo ritorno si è interrotto? Si è fermato a causa della realtà delle condizioni di vita. Come può un rifugiato tornare senza acqua, elettricità, scuole per i suoi figli e senza cure mediche? Queste sono le basi della vita, questo è il motivo.

Quanto a noi in Siria, abbiamo emanato una legge di amnistia per tutti coloro che sono stati coinvolti negli eventi negli ultimi anni, ad eccezione, ovviamente, per crimini comprovati che hanno diritti personali, diritti di sangue, come vengono definiti...

D: Ma molti hanno parlato di questo punto in quanto la responsabilità della sicurezza potrebbe essere un dilemma e quindi aumentare lo stato di apprensione.

Presidente Assad: Anche coloro che dubitano possono tornare alla realtà, ecco perché ho iniziato con la realtà, ho detto che circa mezzo milione sono tornati, come possono tornare queste persone se lo stato le imprigionerà? Questo è un indicatore realistico indipendentemente da ciò che dico in questa intervista.

D: Qual è la sfida logistica più importante per il loro ritorno, secondo lei?

Presidente Assad: Dal punto di vista logistico, l'infrastruttura è distrutta dal terrorismo, e questo è ciò che dice la maggior parte dei rifugiati con cui comunichiamo, vogliono tornare dicendo come viviamo, come sopravviviamo?

D: Quali sono le possibilità di ritorno di questi (rifugiati) nel prossimo periodo alla luce della grande sfida in termini di infrastrutture?

Presidente Assad: Ora c'è un dialogo tra noi e un certo numero di agenzie delle Nazioni Unite interessate all'aspetto umanitario, e abbiamo iniziato a discutere con loro praticamente dei progetti di ritorno, come finanziarli e quali sono le loro esigenze in dettaglio? C'è del lavoro in questo senso.

D: Una delle sfide all'interno della Siria che hanno colpito i paesi circostanti è il traffico di droga. Lo Stato siriano è accusato di chiudere un occhio su chi compie questo traffico, che è legato a tali crimini, e di trasformare la Siria in un hub per la 'droga' Captagon, come risponde a queste accuse, Presidente?

Presidente Assad: Se noi siamo quelli che cercano come paese di incoraggiare questo traffico in Siria, ciò significa che noi, come Stato, abbiamo incoraggiato i terroristi a venire in Siria e a compiere la distruzione e l'uccisione, perché il risultato è lo stesso , e l'ho detto in più di un'occasione e alcune di queste sono pubbliche. Se collochiamo le persone tra il terrorismo da un lato e la droga dall'altro, allora stiamo distruggendo la società e il paese con le nostre stesse mani. Dov'è il nostro interesse?

Pertanto, quando recentemente hanno cercato di utilizzare la questione della droga, prima gli americani e poi l'Occidente, e alcuni paesi della regione per le loro agende politiche contro la Siria, siamo stati i primi entusiasti e collaboratori per combattere questo fenomeno, perché è un fenomeno pericoloso in ogni senso della parola. È illogico che lo Stato lo sostenga.

Ma aggiungo un punto: che le bande non trattano con i Paesi, perché operano di nascosto, arrivando dall'estremo Occidente e dall'estremo Oriente per passare di nascosto. Tratta con le persone attraverso la corruzione, quindi non può trattare con uno Stato, perché diventa un commercio aperto e non segreto.

D: Qual è l'entità del pericolo, secondo lei, per quanto riguarda il narcotraffico? La questione è stata sollevata come priorità, almeno con i leader arabi, all'ultimo vertice?

Presidente Assad: Primo, il narcotraffico come transito e come insediamento è stato presente e non si è fermato, questo è un dato di fatto, ma quando c'è la guerra e lo Stato è indebolito, questo 'commercio' è destinato a fiorire, questo è una cosa naturale, ma chi ha la responsabilità, in questo caso, sono i Paesi che hanno contribuito a creare il caos in Siria, non lo Stato siriano.

Tuttavia, siamo stati in dialogo con più di un funzionario arabo che ci ha visitato negli ultimi mesi o settimane e questo problema è stato uno dei temi sollevati dalla Siria, e non solo da loro perché abbiamo un interesse comune con loro nell'eliminare questo fenomeno .

D: Mi rivolgo a lei, signor Presidente, con il suo rapporto ora con l'estero. Si parla di negoziati in corso tra te e gli americani a livello di funzionari diplomatici, cosa è successo? Cosa è stato realizzato finora?

Presidente Assad: Niente. I dialoghi sono andati avanti a intermittenza per anni, e non avevamo speranza nemmeno per un solo momento che gli americani cambiassero, perché gli americani chiedono e pretendono, prendono e prendono e non danno niente. Questa è la natura del rapporto con gli americani dal 1974, cinque decenni fa, non ha niente a che fare con nessuna amministrazione, quindi non abbiamo speranza, ma la nostra politica in Siria è di non lasciare nessuna porta chiusa di fronte a qualsiasi tentativo di impedire che si dica che se lo avessero fatto, sarebbe successo, ma non mi aspetto che nel prossimo futuro ci saranno risultati da eventuali negoziati con gli americani.

D: Washington sostiene in modo significativo il riavvicinamento arabo-israeliano, almeno durante la precedente e l'attuale amministrazione, ha ricevuto offerte per stabilire un rapporto con Israele?

Immagine: il carro armato Merkava di Israele nelle alture del Golan. (Di ChameleonsEye /Shutterstock)

Presidente Assad: Niente affatto, perché conoscono la nostra posizione dall'inizio dei negoziati di pace nel 1990, se non c'è la volontà israeliana di restituire la terra, non c'è bisogno di perdere tempo.

D: Ieri abbiamo sentito il rumore di un'esplosione nel cuore della capitale, Damasco, oggi è stato annunciato che si trattava di un bombardamento israeliano , quanto durerà? Questo bombardamento prende di mira l'esercito siriano o la presenza iraniana in Siria?

Presidente Assad: La verità è che l'esercito siriano è preso di mira principalmente con il pretesto della presenza iraniana, e continuerà finché Israele sarà un nemico e finché saremo in grado di sventare le trame dei terroristi, anche in parte, perché questi bombardamenti sono iniziati quando l'esercito siriano ha iniziato a ottenere vittorie graduali nelle battaglie che sta conducendo, e tenendo conto del fatto che non abbiamo ancora finito la guerra.

D: Quanto pensi che durerà, secondo lei?

Presidente Assad: Come le ho detto, finché Israele sarà un nemico e starà con i terroristi, continuerà, quindi, non cambierà.

D: Parliamo del nord, è necessario parlare anche del rapporto con la Turchia, lei ha due condizioni per il ritorno di questo rapporto con la Turchia: il ritiro delle forze turche e la cessazione del sostegno ai terroristi. La Turchia ha chiesto di incontrarvi senza precondizioni. Alla luce di questa proposta, quando sarà possibile un incontro tra lei e il presidente Erdogan tanto più che non si oppone a questo incontro?

Presidente Assad: La parola senza precondizioni per un incontro significa senza un ordine del giorno, senza un ordine del giorno significa senza preparazione e senza preparazione significa senza risultati, perché io e Erdogan ci incontriamo? Per bere un rinfresco, per esempio? Vogliamo raggiungere un obiettivo chiaro, il nostro obiettivo è il ritiro turco dai territori siriani, mentre l'obiettivo di Erdogan è legittimare la presenza dell'occupazione turca in Siria, quindi l'incontro non può avvenire alle condizioni di Erdogan.

D: Ma Erdogan dice che finché c'è il terrorismo che minaccia lo stato turco, queste forze non possono essere rimosse.

L'immagine è tratta da Syria News

Presidente Assad: La verità è che il terrorismo in Siria è di fabbricazione turca; Jabhat Al Nusra (Nusra Front aka Al Qaeda Levant) e Ahrar Al Sham sono nomi diversi per una parte, tutti creati dalla Turchia e finanziati fino a questo momento dalla Turchia, quindi di che tipo di terrorismo sta parlando?

D: Per quanto riguarda il rapporto con Hamas, signor Presidente, lei, in quanto Stato siriano, è molto apprezzato per il suo sostegno (ad Hamas), ma come ha accolto la posizione di Hamas all'inizio della crisi e il rapporto è tornato a quello che era? era con Hamas quando Hamas  annunciava il ripristino delle sue relazioni con Damasco?

Presidente Assad: Dopo tutto quel tempo, voglio chiarire un piccolo punto, alcuni leader di Hamas dicevano che la Siria ha chiesto loro di sostenerla, come stanno con noi e come difendono lo Stato siriano. Non hanno un esercito e sono poche decine in Siria, questo non è vero.

La posizione che abbiamo dichiarato in più di un'occasione è che si trattava di una posizione di tradimento (da parte di Hamas), non perché eravamo dalla parte di Hamas, ma perché all'epoca sosteneva di essere un gruppo di resistenza, e sto parlando di leader, non parlo di tutto Hamas perché non conosco tutto Hamas, quelli che hanno affermato di stare con la resistenza sono gli stessi che portavano la bandiera dell'occupazione francese della Siria.

Come può una persona che afferma di essere della resistenza sostenere un'occupazione che ha provocato l'occupazione americana e turca e l'aggressione israeliana sotto la bandiera di un occupante francese? Questa posizione è un misto di tradimento e ipocrisia.

Per quanto riguarda la nostra relazione oggi, è una relazione all'interno del principio generale, noi stiamo con ogni parte palestinese che si oppone a Israele per riconquistare i suoi diritti, questa è la posizione generale.

D: La relazione può tornare a com'era in passato?

Presidente Assad: No, attualmente Hamas non ha uffici in Siria, ed è presto per parlare di una cosa del genere, ora abbiamo delle priorità e le battaglie all'interno della Siria sono la nostra priorità.

D: Torniamo alla questione delle priorità, quando ho parlato con i siriani all'interno del paese, della realtà del cittadino siriano e delle sfide che lo Stato deve affrontare, alcuni credevano che con la fine della guerra, relativamente, e la revoca della sospensione dell'adesione della Siria alla Lega Araba, che l'economia migliorerà rapidamente o gradualmente, almeno ci sarà qualcosa di tangibile, signor Presidente, ma questo non è successo, perché?

D: Pensa che l'ostacolo principale sia il Caesar Act? O quali sono gli ostacoli?

Presidente Assad: Il Caesar Act è un ostacolo, senza dubbio, ma siamo riusciti in diversi modi a aggirare questa legge, non è l'ostacolo più grande. L'ostacolo maggiore è la distruzione dell'infrastruttura da parte dei terroristi. L'ostacolo maggiore è l'immagine della guerra in Siria che impedisce a qualsiasi investitore di venire a trattare con il mercato siriano.

L'ostacolo più grande è anche il tempo, puoi scindere e distruggere i rapporti economici nel giro di settimane o mesi, ma ci vogliono anche anni per ristabilirli. È illogico e irrealistico aspettarsi che il ritorno di questi rapporti che hanno cominciato ad apparire più vicini alla normalità portino a risultati economici nel giro di pochi mesi, questo non è logico. Abbiamo bisogno di molto impegno per raggiungere questo risultato.

D: Per quanto riguarda il Libano che sta vivendo una situazione politica ed economica in deterioramento, lei è intervenuto politicamente per porre fine alla crisi politica in Libano e sostiene il candidato Suleiman Franjieh per risolvere questa crisi nella scena libanese?

Presidente Assad: Finché non saremo intervenuti per risolvere la crisi in Libano, non possiamo parlare di sostenere o opporci a nessun candidato.

Nessuna parte esterna, né siriana né non siriana, può aiutare a risolvere la crisi libanese se non c'è la volontà da parte dei libanesi di risolvere la loro crisi . Questo è il problema. Bisogna quindi spingere i libanesi a raggiungere maggiori consensi, poi si può parlare di una soluzione a questa crisi .

Quanto a noi in Siria, ci siamo allontanati dal dossier libanese meno di vent'anni fa e stiamo cercando di costruire relazioni normali con il Libano senza entrare nei dettagli al momento.

D: Torniamo ad avvicinarci alla sua visione personale degli eventi, la Siria ha attraversato una guerra per più di un decennio, molte sfide e infine il terremoto che ha colpito gran parte dei territori siriani. Quale situazione l'ha colpita personalmente in tutti questi anni, signor Presidente?

Presidente Assad: Indubbiamente, il terremoto è una situazione nuova per la Siria che non accadeva da centinaia di anni, e crea una sensazione che è difficile per me definire, ma mentre lavori per salvare ciò che può essere salvato, e ci sono persone che dormono per giorni sotto le macerie tra la vita e la morte, questa è una situazione umana che incute un timore reverenziale speciale.

Ma sul piano della guerra in generale, le situazioni umanitarie sono state infinite, c'è l'insegnante che ha rifiutato l'ordine dei terroristi di non andare a scuola, e per questo sono stati uccisi insegnanti uomini e insegnanti donne. C'è l'elettricista che ha insistito per riparare l'elettricità ed è stato ucciso sapendo che sarebbe morto, ecc...

Ma la situazione più umana che può toccarvi è la posizione delle famiglie dei martiri durante la guerra. La madre e il padre che hanno perso un certo numero dei loro figli come martiri e hanno mandato il resto dei figli a difendere la patria. Ci sono situazioni umane che per noi non possono essere dimenticate.

D: Per quanto riguarda il futuro della Siria, signor Presidente, lei è salito al potere dopo suo padre Hafez Al Assad, anche se ha avuto successo nelle elezioni successive, suo figlio Hafez avrà un ruolo politico nel futuro della Siria?

Presidente Assad: In primo luogo, per me personalmente, il presidente Hafez Al Assad non ha avuto alcun ruolo nel mio essere presidente, perché non mi ha assicurato alcuna posizione civile o militare attraverso la quale potessi essere presidente. Sono passato attraverso il partito Baath dopo la sua morte, e non ho discusso di questo punto con lui nemmeno nelle ultime settimane della sua vita, e in quel momento era malato.

La stessa cosa vale per il rapporto tra me e mio figlio, è un rapporto di famiglia, non discuto con lui di questi temi, soprattutto perché è ancora giovane e ha un futuro scientifico davanti a sé. Sta perseguendo un percorso scientifico che non ha ancora terminato. Ciò è dovuto ai suoi desideri.

Per quanto riguarda il lavoro nel campo pubblico, spetta all'accettazione nazionale di qualsiasi persona se desidera un lavoro pubblico, ma non preferisco e non desidero discutere questi dettagli con lui, né ora né più tardi.

D: In conclusione, se guardasse a tutti questi anni, signor Presidente, se fosse tornato indietro nel tempo fino all'anno 2012 (tutto è iniziato a metà marzo 2011) dall'inizio degli eventi, quale decisione ha preso che non l'ha soddisfatta, o quale decisione che se tornasse indietro nel tempo, avrebbe preso diversamente, vista, forse, l'esperienza e le lezioni apprese, sia sul piano interno che su quello esterno, Presidente?

Presidente Assad: Questa domanda è stata spesso sollevata personalmente con me, e dico loro che sareste sorpresi se vi dicessi che molte delle decisioni che abbiamo preso, non ne eravamo convinti in primo luogo. Non le abbiamo prese perché ne eravamo convinti.

Ad esempio, riguardo ai cambiamenti avvenuti riguardo alla costituzione e ad altre cose, dicevo loro che prenderemo queste misure, eppure la guerra continuerà. Le manifestazioni sono state definite pacifiche e all'inizio le abbiamo trattate come se fossero pacifiche. Sapevamo che molti gruppi dei Fratelli Musulmani e altri erano coinvolti in esse, e che avevano iniziato a sparare contro la polizia e così via, ma le abbiamo trattate come manifestazioni pacifiche anche se sapevamo che non erano pacifiche.

Se torniamo a quel tempo, faremmo la stessa cosa? Sì, perché? Perché affrontare l'argomento non sempre nasce dalle tue convinzioni personali, ma nasce piuttosto dalla comprensione dell'argomento da parte delle persone.

Molte persone credevano che queste manifestazioni fossero pacifiche e credevano che la costituzione fosse il problema, ed era necessario prendere queste misure per dimostrare a queste persone che il problema non è né una costituzione né manifestazioni pacifiche, la questione è più grande di questo.

Certo, si sono convinti, ma era troppo tardi. Quindi, sì, molte cose non ci hanno convinti, ma torneremmo indietro e le seguiremmo e le adotteremmo ancora una volta.

D: Come vede la questione delle alleanze con le potenze straniere?

Presidente Assad: Il rapporto con la Russia e il rapporto con l'Iran hanno dimostrato che la Siria sa scegliere correttamente i suoi amici. Quanto al rapporto con i turchi, c'è chi si chiede: siamo andati troppo oltre? La Turchia è un paese vicino, ed era naturale per noi cercare di migliorare le relazioni con essa, e se in futuro si presentassero circostanze diverse dopo il ritiro della Turchia per migliorare le relazioni, allora è naturale per noi tornare alla stessa politica , che è costruire buoni rapporti con i tuoi vicini. Questi sono principi e non politiche fugaci.

D: A livello arabo, c'era modo migliore di trattare con le capitali arabe per evitare questo allontanamento che durava da anni?

Presidente Assad: non abbiamo avviato questo allontanamento e non abbiamo intrapreso alcuna azione contro nessun paese arabo, anche quando siamo tornati alla Lega Araba, e forse avrete sentito il mio discorso, non ho incolpato nessuna parte e non ho chiesto a nessuna parte perché l'hai fatto.

Al contrario, diciamo che il passato è passato, guardiamo sempre al futuro. C'è un modo migliore? Se c'è un'altra via migliore che speriamo ci venga consigliato di seguire, non abbiamo obiezioni, ma non cerchiamo scontri o problemi nel corso della nostra storia. Questo fa parte della nostra politica o l'essenza del nostro approccio.

D: Signor Presidente, grazie per l'opportunità di incontrarla su Sky News Arabia.

Presidente Assad: Grazie ancora per essere venuto in Siria, benvenuto.

*Copyright © Bashar al Assad e Arabi Souri , Syria News , 2023