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mercoledì 10 novembre 2021

Dalle suore di Aleppo alla Chiesa di Roma : "Noi abbiamo diritto di vivere!"

Nel recente viaggio in Siria, il Cardinal Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha visitato l'Ospedale Saint Louis di Aleppo.   Ricordiamo che , durante l'occupazione dei quartieri est di Aleppo da cui 'i ribelli'' lanciavano sui quartieri in mano governativa mortai e bombole di gas ripiene di materiale esplosivo, anche sull'Ospedale St Louis sono cadute ben 7 bombe. Con le pallottole raccolte, suor Arcangela ha costruito segni di perdono e di offerta a Dio di tutto il male e la sofferenza subite dal popolo di Aleppo.   L'Ospedale oggi segnala il danneggiamento dell'apparecchio dello scanner toracico per i numerosi esami diagnostici effettuati, e per il quale le sanzioni internazionali non permettono di recuperare i pezzi di ricambio.  Le suore durante l'emergenza Covid, in Siria particolarmente virulenta in questi giorni, hanno continuato a visitare a domicilio i malati.

Riportiamo uno stralcio della testimonianza letta da suor Arcangela, religiosa italiana della Congregazione 'San Giuseppe dell'Apparizione' che gestisce l'Ospedale, pubblicato sul sito della Congregazione.

OraproSiria

Il Cardinale Sandri, insieme al Nunzio e al Consigliere della Nunziatura Apostolica, si sono quindi trasferiti all’Ospedale St. Louis, affidato alle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione, terzo delle strutture inserito nel circuito “Ospedali Aperti” coordinato da AVSI insieme al Nunzio Apostolico. 

Dopo un breve giro tra i reparti salutando gli operatori radunati, il Prefetto ha sostato con i delegati di AVSI e le Suore dell’Ospedale. Toccante è stata la testimonianza di una religiosa di origine italiana, di cui si trascrivono alcuni stralci: 

“Siamo una Congregazione Religiosa femminile ad Aleppo dal 1856, chiamate allora dai padri Francescani per occuparsi della formazione delle giovani. Dal 1905 avevamo due missioni: la scuola Santa Giovanna d’Arco che abbiamo perso per la nazionalizzazione del 1967 e il foyer per le giovani universitarie, che attualmente è chiuso per un anno durante i lavori di ristrutturazione a causa delle numerose bombe che hanno provocato molti danni. Per rispondere alle esigenze della popolazione abbiamo costruito questo ospedale. La città di Aleppo è una delle più colpite dalla guerra e dai bombardamenti, ma noi abbiamo deciso di restare e non abbandonare questo popolo cui abbiamo scelto di donare la nostra vita. Sette bombe ci hanno colpito delle quali, soltanto 3 sono esplose, senza contare le pallottole. Grazie a Dio si è trattato soltanto di danni materiali. Noi e nostri medici hanno ricevuto delle minacce, ed alcuni di loro sono fuggiti. La guerra così lunga ha segnato le nostre vite. La grazia di Dio ha trasformato le nostre sofferenze in una occasione di crescita umana e spirituale. Ha rinforzato la nostra fede e i nostri legami in comunità. Abbiamo sentito la sofferenza del popolo e imparato a vivere dell’essenziale. Abbiamo fatto l’esperienza che la Provvidenza non abbandona mai, e lo abbiamo sentito nei momenti più critici. Il nostro ospedale è rimasto aperto notte e giorno per accogliere i feriti senza distinzione di fronte o di religione. Attualmente viviamo in una condizione al limite: né guerra, né pace! La guerra non è più quella delle armi, ma ben più minacciosa e più grave, quella economica. Le sanzioni sono devastanti, e non fanno che aggravare una situazione umanitaria già in agonia, con in più il vicino Libano pure instabile e in gravi problemi. Quello che le grandi potenze non hanno potuto ottenere con la guerra lo stanno ottenendo oggi con le sanzioni per ferire un popolo a poco a poco. Il nostro ospedale è un'oasi di pace, dove tutti possono trovare conforto fisico e morale. Grazie al progetto Ospedali Aperti e al Cardinale Mario Zenari stiamo andando avanti da tre anni. Il Coronavirus ha aggravato la situazione della popolazione, con molti malati che si sono presentati nelle urgenze, e la necessità di trasferirli in altre strutture perché non siamo dotati di strutture adatte, ma abbiamo seguito numerosi malati a domicilio. Come consacrate, attraverso la nostra presenza e la testimonianza della nostra vita, ci siamo sentite interpellate a promuovere gesti di riconciliazione e perdono, incoraggiando i cristiani a restare nella loro terra. Il popolo di Aleppo ha una grande fede! Con loro, noi crediamo che malgrado l’esperienza vissuta di una lunga notte oscura, la fiamma della speranza è restata accesa e brilla ancora, con la certezza nei nostri cuori che dopo le tenebre, la luce della verità risplenderà un giorno. Accanto alla preghiera però bisogna agire, bisogna scuotere e risvegliare le coscienze delle Autorità del mondo, non può essere punito un popolo, noi abbiamo diritto di vivere! Grazie a Papa Francesco e a Lei!”.

Non senza commozione si è concluso questo incontro, con una visita alla Chiesa e alla piccola cappella delle Suore: sia lungo i corridoi, che nei luoghi di preghiera, le Religiose hanno voluto trasformare i mortai e le pallottole raccolte lungo i mesi di combattimenti in oggetti per la preghiera: crocifissi, rosari, simboli cristiani, scritte invocanti la pace, segno dell’impegno del credente in Gesù, Principe della pace, a trasformare con la preghiera e la carità, come dice Isaia, le moderne lance in falci per un raccolto di riconciliazione e nuovo futuro.

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