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sabato 13 febbraio 2021

"Quanto è facile e veloce distruggere una nazione. E quanto è più difficile ricostruirla. Che ferita terribile e profonda!"

 

di mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco 

Sembra che la guerra siriana sia il dramma più crudele cui ha assistito il mondo dalla fine della Seconda guerra mondiale. 

Quando si è registrato un calo delle violenze legate al conflitto, al tempo stesso si è insinuata una guerra economica ancora più dura, che ha messo in ginocchio ogni residua speranza di ripresa per il popolo che, al contrario, ha visto raddoppiate le proprie sofferenze. 

Quello di oggi resta uno scenario dominato dal caos: 

1 - Le vittime: almeno 950mila, che hanno gettato altrettante famiglie nel dolore, nel lutto e nella precarietà. 

2 - Oltre 200mila persone disperse, e fra queste vi sono due vescovi e quattro sacerdoti di cui non si sa più nulla da tempo. Un incubo per i loro familiari e per gli amici, che non sanno cosa sia successo ai loro cari.

3 - Almeno 13mila sfollati interni provenienti da diverse aree vivono nella più completa miseria, incertezza e disperazione. 

4 - Sono 95mila i siriani con mani, piedi o gambe amputate o paralizzate. Essi rappresentano un grave problema che lo Stato non è in grado di affrontare e le cui conseguenze sono durissime sia a livello medico che psicologico. 

5 - In base alle ultime stime sono 2,5 milioni gli edifici distrutti, danneggiati, rasi al suolo o inagibili per la guerra. Le rovine giacciono dappertutto rendendo diverse aree città fantasma, che sono diventati nel tempo campi per profughi o senzatetto. 

6 - Ad una crisi generalizzata si sommano anche i blocchi e le sanzioni internazionali, che limitano anche quei pochi aiuti, risorse o finanziamenti che possono arrivare dall’esterno. Ricordiamo anche il crollo della moneta locale, la lira siriana, l’inflazione galoppante che si vanno ad aggiungere alla pandemia di nuovo coronavirus in un mix dagli effetti devastanti e che ben inquadrano la situazione attuale della nazione. 

Del resto, come è facile e rapido distruggere un Paese fino alle sue fondamenta, così è altrettanto difficile, arduo e lento provare a ricostruirlo.

Di fronte a queste scene di desolazione, la Chiesa in Siria - sebbene minoranza nel Paese - non ha voluto restare solo una spettatrice silenziosa ma ha voluto lanciare un Sinodo del rinnovamento e contribuito a portare la luce dello Spirito (Santo) in molti modi diversi. Da qui la testimonianza diretta e attiva nella promozione di opere di carità nel campo della sanità, dell’istruzione, un programma pastorale dedicato ai giovani, la mediazione familiare e un aiuto per i nuclei in maggiore difficoltà, non solo a livello economico. A questi si aggiungono anche l’attenzione per le persone più fragili, il sostegno a quanti sono stati colpiti dalla guerra in modo materiale o umano, sconvolti da quella che è stata una vera e propria frantumazione del Paese. In questo senso, le serate dedicate all’adorazione del Santissimo Sacramento sono state uno degli appuntamenti più sentiti nel tentativo di capire l’essenza del messaggio (cristiano) in questo orizzonte di devastazione.

Quanto è facile e veloce distruggere una nazione. E quanto è più difficile ricostruirla. Che ferita terribile e profonda!

“Maestro, non t'importa che moriamo?” (Marco 4, 35)

Anche se il mondo ha dimenticato la Siria, il Signore veglia sulla nazione e il suo popolo e non lascerà affondare e sparire nel nulla la sua barca. 

FONTE :  AsiaNews

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