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mercoledì 27 maggio 2020

Da Assad bacchettate agli oligarchi: un'opportunità per una Siria migliore

di Fulvio Scaglione
27 maggio 2020

All’ombra della tregua imposta a Idlib dalle pressioni internazionali e dal coronavirus, a Damasco partono i primi regolamenti di conti tra il presidente Bashar al-Assad e gli oligarchi che, negli anni tremendi della guerra, hanno accresciuto le proprie fortune e, soprattutto, hanno preteso di proiettare qualche ombra sul vertice siriano. Le due cose vanno di pari passo. L’economia della Siria è a pezzi e il contesto esterno non fa che accrescere le già enormi difficoltà. Le sanzioni americane ed europee bloccano gran parte dei commerci e degli investimenti. E la profonda crisi finanziaria del Libano, con il blocco delle attività bancarie, fa il resto, visto che almeno un terzo della liquidità in dollari dei siriani giace in quei forzieri ora inservibili. La lira siriana sprofonda: 48 lire per un dollaro prima della guerra, 700 per quasi tutti gli anni del conflitto, 1.200 adesso.
Assad ha quindi l’assoluta necessità di tenere sotto controllo le risorse del Paese. Le speculazioni personali, prima tollerate come strumento di costruzione del consenso, ora non sono più (tutte) permesse. Soprattutto se chi ha ammassato miliardi speculando sulla benevolenza del regime e sull’economia di guerra aspira a un ruolo che non gli compete.
Il caso più clamoroso è quello di Rami Makhlouf, cugino di Assad e nipote di Anisa Makhlouf, moglie di Hafez al-Assad. Makhlouf è l’uomo più ricco della Siria, tanto che prima del conflitto gli si attribuiva, forse esagerando, il controllo più o meno diretto del 60 per cento delle attività economiche del Paese. È noto come proprietario di Syriatel, una delle due compagnie telefoniche nazionali, ma i suoi interessi spaziano dall’immobiliare al petrolio, dal commercio alla televisione, in pratica ovunque ci sia da guadagnare. In Siria ma anche nel vicino Libano, dove possiede alberghi di lusso e catene di ristoranti.
Makhlouf ha goduto per lungo tempo del favore di Assad, ovviamente. Ma negli ultimi tempi, come si usa dire, si è un pò allargato. Non si tratta delle spacconate da super-ricco cui era abituato un tempo (per esempio, le foto circondato dalle Ferrari del suo parco macchine) e a cui non sanno rinunciare i suoi figli Muhammad e Alì, che si sono vantati su Facebook di avere due milioni di dollari ciascuno nel conto corrente. Sbrodolate che, in una Siria quasi alla fame, con metà della popolazione ancora sfollata o rifugiata all’estero, sono di pessimo gusto e anche poco furbe. Gli errori “pesanti” di Makhlouf sono di altro genere.
Il cugino ricco di Assad, durante la guerra, ha creato una milizia che è arrivata a contare diverse migliaia di uomini. Una formazione armata che, pagata milioni di dollari dal governo siriano, avrebbe dovuto difendere una serie di campi petroliferi e impianti per la distribuzione del gas naturale come quello di Hayyan, che riforniva un terzo della Siria. Avrebbe, perché nella realtà è passata da un fallimento all’altro, il più clamoroso proprio ad Hayyan, dove l’impianto da 300 milioni di dollari fu fatto saltare in aria dai terroristi dell’Isis. Di quella milizia, però, Makhlouf ha provato a servirsi anche per costruirsi un’influenza presso la comunità alawita, alla quale si è proposto (tra l’altro, con donazioni in denaro e in generi di prima necessità) come protettore e come leader para-religioso, in nome di un maggiore avvicinamento alla comunità sciita. Operazione sul fronte interno del tutto speculare a quella condotta sul fronte esterno, in particolare in Libano, dove Makhlouf ha stretto i rapporti con Hezbollah, anche a suon di dollari. Altro passo falso, perché Assad, alawita e laico, tutto vuole tranne che nella sua comunità d’origine venga seminato il germe della divisione e dell’integralismo.
Così Assad ha cominciato a tirare le briglie. Syriatel è stata investita da una serie di ispezioni finanziarie che hanno rivelato un sistema per caricare i bilanci di spese fasulle e quindi ridurre l’imponibile per la tassazione. Il governo ha disdetto una serie di contratti che aveva con le aziende di Makhlouf. Le scuole private che l’oligarca possedeva a Damasco sono state nazionalizzate. La sua milizia sciolta. A buon intenditor…

lunedì 25 maggio 2020

Notre-Dame: le segrete origini siriane dell'arte medievale francese

La ricerca mostra come varie caratteristiche 
architettoniche della storica cattedrale 
possano essere rintracciate in Siria. 

Per l'approfondimento sulla Basilica 'madre' 
di Qalb Loze:
di Diana Darke, aprile 2020
trad Gb.P. OraproSiria

Chi avrebbe mai pensato che il fuoco catastrofico dell'anno scorso a Notre-Dame avrebbe rivelato così tanti segreti dalle sue ceneri?
Un team di scienziati si è riunito per condurre ricerche approfondite sui materiali della cattedrale, nella speranza di capire come i muratori e gli artigiani medievali hanno innalzato l'edificio. Nulla è stato scritto; non sono stati utilizzati piani . Lo studio richiederà circa sei anni, contribuendo a guidare i lavori di restauro.
L'incendio ha anche suscitato il mio desiderio di studiare ulteriormente l'argomento. L'anno scorso di questi tempi, ho scritto della storia architettonica della cattedrale: come tutte le cattedrali gotiche medievali, le origini delle sue torri gemelle che fiancheggiano un monumentale ingresso rivolto a ovest, i suoi archi a punta, i suoi rosoni e le sue volte a vela, possono essere tutti rintracciati in Medio Oriente.
Ora, dopo approfondite ricerche, ho scoperto molte più connessioni, tutte inaspettate. Le ho incluse nel mio libro "Rubare dai Saraceni".
La rosetta è vista durante i lavori a Notre-Dame a luglio 2019 (AFP)
Il rosone visto durante i lavori a Notre-Dame a luglio 2019 (AFP)
Vetrate istoriate
Cominciamo con le vetrate, per fortuna ancora intatte dopo l'incendio. Le recenti analisi delle vetrate nelle principali cattedrali di Inghilterra e Francia tra il 1200 e il 1400 mostrano tutte la stessa composizione di ceneri vegetali, tipica delle materie prime siriane.
Il carbonato di sodio di alta qualità della Siria, noto come "la cenere della Siria", era considerato superiore alla cenere di natron egizia pre-islamica usata dai romani e dai bizantini nella loro produzione di vetro; e tutto il vetro veneziano analizzato dall'XI al XVI secolo mostra il suo uso coerente.
L'Europa continentale medievale importava le materie prime per tutto il suo vetro, poiché non esistevano fonti locali conosciute.
Finestre di vetro colorate sono state un elemento integrale e innovativo dell'architettura islamica sin dal VII secolo, a partire dalla cupola della Roccia di Gerusalemme, che aveva vetri colorati nelle sue molte alte finestre.
Erano conosciuti come shamsiyyat (dall'Arabo: per il sole) e qamariyyat (dall'Arabo: per la luna), mostrando come l'immaginario solare e lunare delle finestre continuasse nell'architettura religiosa europea.
I Cavalieri Templari adottarono la Cupola della Roccia come principale santuario cristiano dopo la prima crociata, scambiandola per il Tempio di Salomone, un errore che fece sì che molte chiese fossero modellate su un santuario musulmano.
I famosi rosoni di Notre-Dame sulle facciate ovest e nord risalgono al 1225-50 e sono progettati per far irradiare la luce dal centro, da cui il cosiddetto stile Rayonnant (radiante).
La luce era anche centrale nel progetto della cattedrale gotica. Saint-Denis, nel nord di Parigi, è stato il luogo in cui il ricco e potente abate Suger ha usato per la prima volta il pensiero illuminazionista come principio guida nella sua nuova basilica. Ma chi era Denis?
Il 'fleur-de-lis'
L'abate e i suoi contemporanei credevano che fosse un discepolo di Paolo, che in seguito fu confuso con il primo vescovo di Parigi e santo patrono della Francia, martirizzato a Montmartre.
Secoli dopo, gli studiosi si resero conto che l'opera influente di Denis, La Gerarchia Celeste , era in realtà un falso, scritta da un monaco mistico siriano del V° secolo che si faceva chiamare Denis per far conoscere la sua filosofia. Di conseguenza, è conosciuto nei circoli ecclesiastici come Pseudo-Denis, ma il suo trucco ha funzionato. Oggi, la Basilica di Saint-Denis è universalmente riconosciuta come il primo vero esempio di "gotico", con archi a sesto acuto che permettono l'elegante coro elevato. Da allora è stato usato come luogo di sepoltura dei re francesi.
Il simbolo stesso della Nazionalità Francese e dei sovrani francesi è il giglio. Ma dov'è stato visto per la prima volta come emblema? Nelle pianure della Siria, i Crociati hanno copiato lo sport locale dei tornei di Jerid, tornei cavallereschi in cui i giocatori a cavallo tentavano di disarcionarsi a vicenda con un giavellotto smussato.
L'araldica e l'uso di simboli di famiglia o dinastici erano già in uso sotto gli Ayyubidi , e il fleur-de-lis apparve per la prima volta nella sua vera forma araldica, le tre foglie separate legate nel mezzo da un nastro, come il blasone di Nur al-Din ibn Zanki nel XII° secolo e su due dei suoi monumenti a Damasco.

Nuruddin Zanki - YouTubePiù tardi, i caschi Mamluk avevano spesso protezioni nasali che terminavano in un giglio. Il giovanissimo re d'Inghilterra, Enrico VI°, fu incoronato re di Francia all'età di 10 anni all'interno di Notre-Dame nel 1431, su uno sfondo di giglio.
Una scoperta improbabile
Il portale centrale di Notre-Dame porta un'allegoria scolpita in pietra dell'alchimia, una statua di una donna che regge libri con una scala e un bastone. La stessa parola alchimia deriva dall'arabo al-kimya e, in epoca medievale, il Medio Oriente era ampiamente riconosciuto come la patria della scienza sperimentale avanzata.
Albarello Siria, Damasco, inizio secolo XV
Damasco, inizio secolo XV
L'uso della cenere di piante nel vetro era di per sé una sorta di alchimia, un esperimento in cui l'aggiunta della pianta alcalina chiamata ushnaan alla silice dei ciottoli schiacciati dell'Eufrate produceva il vetro più fine e delicato del mondo, con sede a Raqqa, il centro dell'industria siriana del vetro dal IX° al XIV° secolo.
L'aggiunta di altri prodotti chimici ha colorato il vetro - cobalto per blu, ossido di rame per turchese e così via.
Ma le ceneri di Ushnaan avevano anche altre proprietà. Erano state usate fin dai tempi biblici come agente per la pulizia in luoghi in cui non c'era accesso all'acqua, sia per l'igiene personale che per il bucato. Fino ad oggi, rimane un ingrediente naturale essenziale nell'industria del sapone siriano, poiché la pianta cresce particolarmente bene a sud di Aleppo attorno al lago salato di Jaboul. Questo è ciò che dona al sapone di Aleppo una sensazione meravigliosamente morbida e setosa sulla pelle; ha anche le bolle intrappolate all'interno, proprio come il vetro siriano. Queste bolle conferiscono inoltre una maggiore resistenza al vetro, rendendolo meno fragile, meno soggetto a fratture, il che potrebbe aiutare a spiegare il miracolo del perché il vetro è sopravvissuto al fuoco.
Gli scienziati di Notre-Dame hanno fatto la loro improbabile scoperta di pulizia: che consiste nel modo migliore per rimuovere la polvere tossica gialla di piombo dalle vetrate, senza mettere in pericolo i colori, è usare le salviette per neonati di Monoprix. Le salviette chimiche commerciali rischiavano di essere troppo abrasive; il sapone delicato di Aleppo sarebbe senza dubbio ancora meglio.
Così come sarebbe appropriato se la cattedrale potesse essere ripulita usando la stessa cenere delle piante che si trova già all'interno delle sue vetrate.
Diana Darke
Diana Darke è un'esperta di cultura mediorientale, specializzata in Siria. Laureata in arabo all'Università di Oxford, ha trascorso più di 30 anni specializzandosi in Medio Oriente e Turchia, lavorando sia nel settore governativo che in quello commerciale. Ha scritto diversi libri sulla società mediorientale, tra cui "My House in Damascus": una vista dall'interno della crisi siriana (2016) e "The Merchant of Syria” (2018), una narrazione socio-economica e "The Last Sanctuary in Aleppo" (2019). Il suo ultimo libro, "Stealing from the Saracens": Come l'architettura islamica ha plasmato l'Europa, sarà pubblicato da Hurst.
https://www.middleeasteye.net/opinion/syrian-secrets-notre-dame

giovedì 21 maggio 2020

Le radici salafite della rivolta siriana


Pubblichiamo la nostra traduzione in italiano della prima parte del saggio di William Van Wagenen, che ripercorre la cosiddetta 'rivoluzione siriana' mostrando la prevalenza della ideologia salafita fin dagli inizi ed analizza le principali figure islamiste che hanno orientato l'opposizione anti-Assad.
Pubblicheremo in seguito la seconda parte, che riporta le testimonianze raccolte dall'autore su finanziatori e scopi della rivolta.



di William Van Wagenen | 28 aprile 2020
trad. Gb.P. per OraproSiria


Secondo l'opinione più diffusa, il conflitto siriano è iniziato nella primavera del 2011 con un periodo di proteste pacifiche per la democrazia, poi brutalmente represse dal regime di Assad. Come lo descrive la rivista "Intercept" di sinistra liberale, “i civili siriani si erano sollevati per chiedere una riforma politica. Quel movimento di protesta si è presto trasformato in una rivoluzione aperta dopo che le forze governative hanno contrastato i manifestanti con spari, bombardamenti, arresti di massa e torture ".
Forse la migliore espressione precoce di questo punto di vista viene dall'eminente dissidente siriano Yassin al-Haj Saleh. Scrivendo il 10 aprile 2011 sul New York Times, Saleh affermava: “Sebbene alcuni sostengano che le manifestazioni siano motivate religiosamente, non vi è alcuna indicazione che gli islamisti abbiano avuto un ruolo importante nelle recenti proteste, sebbene molte siano iniziati nelle moschee. I credenti che pregano nelle moschee sono gli unici "raduni" che il governo non può disperdere e i testi religiosi sono le uniche "opinioni" che il governo non può sopprimere. Piuttosto che slogan islamici, il canto più importante sollevato nella moschea Rifai a Damasco il 1 ° aprile è stato "Uno, uno, uno, il popolo siriano è uno!" I siriani vogliono la libertà e sono pienamente consapevoli che non può essere seminata nel terreno della paura, che Montesquieu ha ritenuto la fonte di tutte le tirannie. Lo sappiamo meglio di chiunque altro. Una ricerca di uguaglianza, giustizia, dignità e libertà - non religione - è ciò che costringe i siriani a impegnarsi oggi nelle proteste. Ha spinto molti di loro a superare la paura del governo e sta mettendo il regime sulla difensiva ".
Osservando più da vicino gli eventi durante i primi mesi della rivolta siriana, emerge un quadro molto diverso. Attivisti e militanti salafiti hanno avuto un ruolo chiave sin dall'inizio della rivolta, lanciando un'insurrezione armata contro lo stato siriano. Il sociologo siriano Muhammad Jamal Barout ha osservato che il movimento salafita era prominente nel "creare e spingere gli eventi" dell'insurrezione siriana e ha sottolineato l'importante ruolo svolto dai sostenitori di Muhammad Sarour Zein al-Abeddine, un religioso salafita in esilio che mescolava l'anti - Shia vista di Ibn Taymiyya con le idee di rivoluzione e la sovranità di Dio di Sayyid Qutb. Attivisti e militanti salafiti hanno visto l'insurrezione del 2011 come un'occasione per riaccendere la guerra del 1979-1982 contro il governo siriano, considerato come un eretico "regime a guida alawita", nella speranza di sostituirlo con uno stato religioso fondamentalista.

Questo desiderio dei salafiti di rovesciare il governo siriano era in linea con gli obiettivi dell'intelligence statunitense. I pianificatori statunitensi hanno cercato un cambio di regime in Siria per indebolire l'Iran e in risposta al sostegno di Siria, Iran e Hezbollah alla resistenza palestinese all'occupazione israeliana. Con l'aiuto degli alleati regionali Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Israele, Giordania e il Partito del futuro in Libano, la Central Intelligence Agency (CIA) ha fornito armi e attrezzature per miliardi di dollari a gruppi militanti salafiti. Questa collaborazione informale tra militanti salafiti sul campo e agenzie di intelligence straniere ha fatto sì che il movimento di protesta si sarebbe militarizzato e che la conseguente insurrezione guidata dai salafiti avrebbe fatto precipitare la Siria in una delle guerre più sanguinose dell'ultimo mezzo secolo.
Il legittimo governo siriano afferma di aver affrontato una nascente insurrezione armata salafita dall'inizio della rivolta che non era considerata credibile, mentre false affermazioni di attivisti dell'opposizione, come quelle di Saleh sopra, sulla natura del tutto secolare e pacifica della rivolta sono state ingiustamente avvalorate. La stampa occidentale ha fatto pochi sforzi per determinare quali narrazioni contrastanti (pro-governo, pro-opposizione o nessuna delle due) fossero davvero accurate.
Nella maggior parte dei racconti dell'insurrezione siriana, la lunga storia del conflitto tra il governo siriano e la comunità salafita del paese prima dell'insurrezione del 2011 viene semplicemente ignorata. Anche le attività dei salafiti durante le prime settimane e mesi della rivolta vengono ignorate. In queste narrazioni, è come se la comunità salafita siriana semplicemente non esistesse fino a molti mesi dopo l'inizio della rivolta, mentre gruppi militanti salafiti armati sarebbero nati apparentemente dal nulla, e solo in risposta al presunto giro di vite del governo sui pacifici manifestanti laici.
I segmenti salafiti dell'opposizione, che sostenevano il settarismo e la violenza, erano presenti fin dall'inizio, tuttavia, e alla fine si sono dimostrati molto più forti delle loro controparti pacifiche, sia secolari che religiose. L'analista siriano Aron Lund ha conseguentemente osservato che “Alcuni critici occidentali e siriani di Assad hanno sostenuto che la militarizzazione e l'islamizzazione della rivolta era una reazione inevitabile alla brutale repressione e che gli attivisti democratici rappresentavano la "rivoluzione originale ". Ma un movimento islamista molto più forte sostenne di non essere d'accordo, e mentre la Siria continuava la sua discesa nella guerra civile settaria, tali contraddizioni semplicemente non contavano: l'opposizione era ciò che era, non ciò che i suoi sostenitori avrebbero voluto che fosse. "

Nel resto di questo saggio, descrivo il ruolo svolto dagli attivisti salafiti e dai gruppi armati nelle prime settimane e mesi della rivolta siriana, nonché il ruolo dell'intelligence americana e dei suoi partner regionali nella militarizzazione del movimento di protesta.

I fantasmi del 1982
Il conflitto tra il governo siriano e la comunità salafita del paese risale a decenni fa. Scrivendo nella pro-opposizione al-Jumhuriya.net , Arwa Khalifa osserva ad esempio che “Il conflitto tra i movimenti salafiti in Siria e il regime politico non è iniziato con la rivoluzione siriana [2011]. Piuttosto, questo conflitto, che storicamente possedeva la propria meccanica e le proprie motivazioni interne, inizialmente faceva parte della battaglia del regime di al-Assad contro i movimenti dell'Islam politico e dei suoi rami militari, come il Fighting Vanguard ", l'ala militare dei Fratelli Musulmani che si impegnarono nella lotta armata contro il governo siriano tra il 1979 e il 1982.
Secondo l'esperto siriano Patrick Seale, l'uccisione del 16 giugno 1979 di 32 cadetti ufficiali alawiti presso la scuola di artiglieria di Aleppo segnò l'inizio formale di quella guerra. All'epoca, l'ideologo dei Fratelli Musulmani siriani Sa'id Hawwa sosteneva la violenza contro gli alawiti siriani sulla base delle sentenze religiose di Ibn Taymiyya, lo studioso religioso del 14 ° secolo che sollecitava lo sterminio degli alawiti come eretici. Seale spiega che il 26 giugno 1980 il presidente Hafez al-Assad sfuggì per poco a un tentativo di omicidio, che uccise la sua guardia del corpo. H. Assad rispose il giorno successivo giustiziando 500 prigionieri della Fratellanza detenuti nella prigione di Tadmur. L'adesione alla "Fratellanza" fu formalmente vietata dal governo siriano, a pena di morte, l'8 luglio 1980. I militanti della Fratellanza fecero esplodere una serie di autobombe a Damasco, tra agosto e novembre 1981, tra cui un'esplosione nel distretto di Azbakiya che uccise e/o ferì centinaia di civili. L'esercito siriano sconfisse l'insurrezione guidata dai Fratelli Musulmani nel 1982, dopo che la leadership dei Fratelli, tentò ma non riuscì, a innescare una rivolta nazionale dalla città di Hama il 3 febbraio. Fonti della Fratellanza hanno affermato che la battaglia di tre settimane provocò 20.000 o più morti, mentre la US Intelligence Agency (DIA) ha stimato un numero molto più basso, circa 2.000, tra cui 300-400 militanti della Fratellanza.
Negli anni immediatamente precedenti la rivolta del 2011, il governo siriano aveva continuato a utilizzare misure severe contro i salafiti siriani per contrastare ampiamente la minaccia dei gruppi terroristi salafi-jihadisti. Il Financial Times ha osservato che secondo il Centro Strategico di Ricerca e Comunicazione, un istituto siriano con sede nel Regno Unito, i salafi-jihadisti siriani sono "una piccola minoranza che il regime ha inizialmente promosso dopo l'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003, consentendo ai membri di unirsi all'insurrezione irachena. Rendendosi conto che i jihadisti salafiti avrebbero potuto rappresentare un pericolo domestico, negli ultimi anni Damasco si è mosso contro di loro ”.
Questo pericolo è stato illustrato da due ondate di attacchi terroristici in Siria negli anni precedenti la rivolta del 2011, in particolare tra il 2004-06 e il 2008-09. L'esperto di terrorismo Peter Neumann scrive che "I rappresentanti dei servizi segreti europei di stanza in Siria all'epoca affermano di aver ricevuto notizie su incidenti terroristici su base mensile". L'attacco terroristico più mortale è avvenuto nel 2008, quando un'autobomba è esplosa in un sobborgo di Damasco, vicino al santuario Sayinida Zeinab. Il santuario è venerato dai musulmani sciiti e contiene la tomba di Zaynab, figlia di Ali e Fatimah e nipote del profeta Maometto. Il "LA Times" ha citato i media dello Stato siriano riferendo che "il veicolo è stato caricato con oltre 400 chili di esplosivo e fatto esplodere tra le 8:00 e le 9:00 in una zona pedonale trafficata spesso piena di turisti religiosi libanesi, iracheni o iraniani", uccidendone 17 e ferendone 14 .
A seguito di questo e di altri attacchi terroristici, il governo siriano ha avviato una repressione di vasta portata sulla comunità salafita siriana. Un rapporto del 2009 di Human Rights Watch afferma, ad esempio, che "il più grande gruppo di imputati davanti alla [Corte suprema di sicurezza dello stato] negli ultimi tre anni può essere ampiamente classificato come "islamista " - sostenitori di uno stato islamico in cui la Shari`a (legge islamica) sarebbe applicata."

La repressione da parte del governo siriano della comunità salafita è ulteriormente illustrata dalla carriera del noto avvocato siriano per i diritti umani, Razan Zeitouneh. Secondo un ex collega, Zeitouneh faceva parte di “una delle squadre di avvocati in rappresentanza degli oppositori del regime in tribunale. Il regime teme maggiormente l'Islam politico e i curdi, quindi la maggior parte dei prigionieri politici in Siria sono islamisti che, come i curdi, sono trattati in modo particolarmente severo. Zaitouneh quindi difende anche i salafiti, le cui opinioni respinge personalmente. Ma come tutti i prigionieri, hanno guadagnato il diritto a un processo equo."

Di conseguenza, la maggior parte dei prigionieri politici che languivano nel brutale sistema carcerario siriano prima dell'inizio della rivolta nel 2011 erano islamisti [il più grande gruppo di imputati], e sono stati gli islamisti a soffrire di più anche per mano della polizia segreta siriana. Questo spiega perché, durante le prime settimane della rivolta, gli attivisti dell'opposizione hanno chiesto il rilascio di tutti i prigionieri politici. Zahran Alloush, che ha formato il gruppo di opposizione armata Jaish al-Islam, è stato tra i prigionieri salafiti rilasciati dal governo in un'amnistia del giugno 2011. Secondo Khaleej Online, Alloush è stato rilasciato a causa della pressione popolare, poiché suo padre era un noto predicatore salafita con sede in Arabia Saudita.
La richiesta di liberazione di prigionieri politici salafiti è stata qualcosa di cui alcuni attivisti laici dell'opposizione hanno poi rimpianto. L'attivista dell'opposizione Mousab al-Hamadee ha spiegato che “ho incontrato Hassan Abboud per la prima volta nell'autunno del 2011, prima che diventasse l'alto emiro di Ahrar al Sham. Era appena stato rilasciato dal carcere dal governo di Bashar Assad in risposta alle richieste di riforma politica. Come organizzatore di alcune di quelle manifestazioni, ho ritenuto opportuno incontrare alcuni prigionieri che avevo aiutato a liberare ... Alla fine del 2012, era diventato chiaro a molti di noi nell'opposizione secolare che Ahrar al Sham ci stava pugnalando alla schiena. Gli stranieri hanno iniziato a presentarsi nei suoi ranghi. Incontrarsi con sauditi, egiziani e kuwaitiani in lotta con Ahrar al Sham è diventata la norma ”.

Altri attivisti dell'opposizione e i loro sostenitori nella stampa occidentale hanno tentato di incolpare dell'ascesa dei gruppi armati salafiti il governo siriano stesso e hanno fatto ricorso a teorie della cospirazione che suggeriscono che Assad ha rilasciato i salafiti come Hassan Aboud e Zahran Alloush dalla prigione per islamizzare deliberatamente e militarizzare una rivolta altrimenti pacifica e secolare.
La rivolta del 2011 di conseguenza ha dato ai salafiti siriani (compresi i Fratelli Musulmani) la possibilità di vendicarsi contro il governo siriano a guida alawita che li aveva oppressi da tempo e di raggiungere la "libertà" secondo le loro prospettive religiose fondamentaliste.

L'uso del discorso dell'odio
Contrariamente alla visione principale, un significativo segmento dell'opposizione siriana era costituito da attivisti salafiti, che non sostenevano la democrazia secolare e liberale, ma desideravano invece sostituire il governo siriano secolare guidato dagli alawiti con uno basato su un'interpretazione fondamentalista (salafita) della legge islamica.
Ad esempio, i media statali britannici ( BBC ) hanno affermato che gli organizzatori dietro la pagina Facebook della Rivoluzione siriana (il meccanismo attraverso il quale sono state organizzate molte delle prime proteste antigovernative) “non appartenevano a nessun gruppo politico ma erano semplicemente militanti e attivisti per i diritti dalla Siria e dall'Europa." Tuttavia, l'esperto di Siria Joshua Landis dell'Università dell'Oklahoma ha confermato che questi attivisti erano membri dei Fratelli Musulmani, incluso l'amministratore della pagina che viveva in Svezia. Pertanto, il blogger siriano Camille Otrakji ha osservato che, "Se leggi i post più vecchi sulla pagina Facebook della Rivoluzione siriana (prima che ottenessero un lifting e un aiuto professionale per le pubbliche relazioni), non crederesti a quanto linguaggio religioso trovi e anche a quanto inganno c'è. Stavano provando a suscitare l'isteria settaria, a radicalizzare i sunniti siriani in modo da abbattere il regime. Questo non è ciò che la maggior parte dei siriani vuole, ma c'è un buon numero di siriani che possono potenzialmente influenzare ”.

Questo segmento dell'opposizione ha usato il discorso dell'odio per incitare i membri della crescente comunità salafita della Siria alla violenza contro i gruppi religiosi minoritari del paese come parte di uno sforzo per rovesciare il governo. Ciò si è manifestato attraverso slogan settari cantati in alcune delle prime manifestazioni antigovernative, come "Cristiani a Beirut e Alawiti nella tomba!" , "Parliamo chiaramente: non vogliamo vedere Alawiti", e "No all'Iran! No a Hezbollah! ”
Nel 2016 il giornalista Harout Ekmanian, un cristiano armeno di Aleppo, ha spiegato che "Cristiani a Beirut e Alawiti nella tomba!" era uno slogan inventato durante i primi giorni della ribellione ed è ancora comunemente usato. Tuttavia, a quel tempo, era stato condannato, perché c'erano persone con opinioni diverse nell'opposizione. Una volta che l'opposizione ha iniziato a portare le armi e si è militarizzata, questo slogan ha iniziato ad essere usato più comunemente. "
Gli attivisti dei media dell'opposizione hanno comunemente respinto tali minacce di genocidio e pulizia etnica come propaganda diffusa dal governo per causare paura tra i gruppi minoritari siriani e farli rimanere fedeli ad Assad. Sostengono che siano stati i sostenitori del governo ad aver scritto "Cristiani a Beirut e Alawiti nella tomba!" sui muri pubblici e pagato poi gli infiltrati per gridare lo stesso slogan alle manifestazioni antigovernative.
Ekmanian riconosce che il governo ha tentato di sfruttare i gruppi minoritari a proprio vantaggio, ma chiarisce che le minacce da parte dei segmenti salafiti dell'opposizione erano tuttavia molto reali. Spiega che “lo stato voleva far sembrare i Cristiani come i suoi sostenitori e l'opposizione voleva comunque sbarazzarsi dei Cristiani; questa è una partita perfetta. Pertanto, i Cristiani, in particolare gli Armeni, sono intrappolati nella loro attuale situazione ".

Kim Sengupta dell'Independent , che ha trascorso molto tempo in compagnia di militanti dell'opposizione nel nord della Siria, ha confermato che anche questi slogan erano comuni. Nel novembre 2012 ha scritto che il numero di "gruppi jihadisti era indubbiamente cresciuto ed è fonte di preoccupazione tra i rivoluzionari più laici. Alcuni gruppi hanno vietato il canto "Cristiani a Beirut e Alawiti nella tomba!" che è iniziato presto nella rivolta." Se questi canti non fossero stati comuni, i comandanti più secolari non avrebbero avuto motivo di vietarli.

Questi elementi salafiti dell'opposizione hanno optato per la lotta armata sin dai primi giorni della rivolta. Predicatori salafiti con sede all'estero (come Muhammad Sarour Zein al-Abbedine, Yusuf al-Qaradhawi, e Adnan Arour ) e altri con base in Siria (tra cui Louay al-Zouabi a Deraa, Sa'id Delwan a Douma, Amjad Bitar in Homs, e Anas Ayrout in Banyas ) hanno creato agitazioni per l'insurrezione armata e aiutato a facilitare il flusso di combattenti stranieri, armi e denaro dagli stati del Golfo per assistere i combattenti dell'opposizione salafita in Siria.
Originario della regione di Hawran, nel sud della Siria, Muhammad Sarour Zein al-Abbedine è famoso per aver scritto il libro "Allora è venuto il turno del Majus ". Secondo l'accademico iracheno Nibras Kazimi, il libro di Sarour ha ispirato Abu Musab al-Zarqawi, il noto leader di al-Qaeda in Iraq (AQI), a chiedere lo sterminio contro la popolazione sciita irachena poco prima della morte di Zarqawi nel 2006. Uno scrittore saudita ha descritto come "Muhammad Sarour Zein al-Abbedine abbia combinato il mantello dello sceicco Muhammad bin Abdul Wahhab con i pantaloni di Sayyid Qutb, tenendo il libro di Tawheed nella mano destra e l'Ombra [All'ombra del Corano] nel mano sinistra."
Muhammad bin Abd al-Wahhab, riformatore del 18 ° secolo e antenato spirituale del moderno stato saudita, chiese una guerra contro i non-musulmani e quei musulmani che non si conformavano ai suoi insegnamenti, in particolare gli sciiti. Nel 1801, i seguaci di Abd al-Wahhab saccheggiarono e depredarono la città religiosa sciita di Karbala, situata nell'odierno Iraq.
Sayyid Qutb, eminente teorico dei Fratelli Musulmani giustiziato dal governo egiziano nel 1966, chiese una lotta armata per rovesciare leader politici o regimi che considerava eretici per non aver governato secondo l'interpretazione della legge della Sharia dello stesso Sayyid Qutb.
L'innovativa mescolanza di Muhammad Sarour di queste due ideologie è particolarmente perniciosa nel contesto siriano, poiché richiede non solo di rovesciare il governo siriano, ma anche di sterminare ampiamente la popolazione alawita minoritaria in Siria (la fede alawita è vista come una derivazione dello sciismo).

Muhammad Jamal Barout osserva che lo slogan "No all'Iran! No a Hezbollah! ” divenne comune nelle manifestazioni antigovernative a causa dell'influenza di Muhammad Sarour. Barout scrive che "La fusione dell'ostilità verso il regime [siriano] e Hezbollah è stata il risultato della campagna di propaganda salafita proveniente dai paesi del Golfo che colpiva generalmente gli sciiti e si concentrava sul concetto di alleanza sciita-nusayri [alawita] , come descritto negli scritti di Muhammad Sarour Zein al-Abbedine. "
L'accademico siriano Hassan Hassan ha anche notato l'influenza di Sarour all'interno del movimento di protesta siriano. Hassan ha osservato alla morte di Sarour nel 2016 che egli "era silenziosamente attivo nella rivolta siriana" ed era anche "un pioniere del ponte tra idee rivoluzionarie derivate dall'Islam politico e concetti religiosi tradizionali presi dal salafismo. La miscela ha contribuito a produrre quello che oggi è noto come il jihadismo salafita - di cui ISIL e Al Qaeda sono prodotti ".
Anche il gruppo ombrello dell'opposizione, la 'Coalizione Nazionale delle Forze della Rivoluzione e dell'Opposizione siriana', creata nel dicembre 2012 e sostenuta dagli Stati Uniti e da altre potenze occidentali, ha rilevato l'importante ruolo svolto da Sarour durante la rivolta. Alla morte di Sarour nel 2016, il gruppo ha dichiarato di essere "profondamente rattristato dalla notizia della morte dello studioso Mohammed Suroor Zain Abidin all'età di 78 anni. Abidin ha dedicato la sua vita alla difesa delle cause giuste e giuste della nazione islamica. Era anche un devoto sostenitore del popolo siriano... Possa riposare in pace. Possa la rivoluzione per la libertà e la dignità emergere vittoriosa".
Il 25 aprile 2011, un mese dopo la prima grande protesta antigovernativa a Deraa, Yusuf al-Qaradhawi, un importante religioso dei Fratelli musulmani con sede in Qatar, ha chiesto di rovesciare il governo siriano, sostenendo che il "treno della rivoluzione ha raggiunto la sua stazione in Siria". Qaradhawi, che ha un seguito significativo in tutto il mondo arabo grazie al suo programma religioso sul canale satellitare al-Jazeera, ha tentato di incitare i suoi seguaci in Siria contro il governo per motivi settari durante lo stesso discorso, sostenendo che "il popolo tratta il presidente Assad come se fosse sunnita, è istruito, giovane, e può fare molto, ma il suo problema è che è prigioniero del suo entourage e della sua setta [alawita]." Nel dicembre 2012, al-Qaradhawi ha sostenuto su al-Jazeera che era necessario combattere chiunque sostenesse il governo siriano, compresi non solo i combattenti, ma anche i civili e i leader religiosi.
Anche il religioso salafita saudita Adnan Arour ha avuto un ruolo significativo nei primi eventi. Originario di Hama ed ex membro dei Fratelli Musulmani, Arour ebbe un seguito significativo in Siria, grazie al suo programma televisivo satellitare, ed era ben noto per il suo settarismo anti-sciita e anti-Alawi.
Come osserva lo studioso islamico e sostenitore dell'opposizione Thomas Pierret, Arour si era "fatto un nome nei cinque anni precedenti con i suoi programmi antisciiti". Non appena sono iniziate le manifestazioni a Deraa, Al-'Ar'ur ha riorientato i suoi sforzi mediatici per sostenere la rivolta con il programma 'Con la Siria fino alla vittoria'. Al-'Arur ha rapidamente acquisito una notevole popolarità tra i manifestanti: è stato spesso lodato dalle folle durante le manifestazioni. " Il giornalista di al-Jazeera Nir Rosen ha notato nel marzo 2012 che il "nome di Arour è spesso cantato nelle manifestazioni" e che Arour parlava spesso alle prime proteste via satellite dall'Arabia Saudita, dove avevano sede molti dei coordinatori dei media dell'opposizione. Rosen ha anche notato che Arour era popolare a Sanamain, una città conservatrice vicino a Deraa e uno dei primi luoghi di protesta.
Muhammad Jamal Barout osserva che Arour ha studiato per mano degli studiosi salafiti Sheikh Nasir al-Din al-Albani e Sheikh Bin Baz in Arabia Saudita, ed "è diventato famoso tra alcuni severi salafiti che sembrano pensare che Dio li abbia creati solo per uccidere gli sciiti, a causa dei suoi dibattiti con gli sciiti e i sufi ", e che Arour, che ha una certa influenza nelle file dei gruppi religiosi popolari in generale attraverso il suo canale satellitare "Sifa", è passato dal proibire la ribellione contro il potere sovrano prima dello scoppio del movimento di protesta, al sostenere [la ribellione] e aiutarla, e incitare alla partecipazione ad essa", mentre chiedeva ai sostenitori di gridare "Dio è grande" dai tetti delle loro case.
Arour notoriamente ha avvertito nel giugno 2011 che "quegli Alawiti che sono rimasti neutrali non saranno danneggiati. Chiunque ci abbia supportato sarà dalla nostra parte e sarà trattato come un cittadino proprio come noi. Quanto a quelli che hanno violato tutto ciò che è sacro, da parte di Allah, li triteremo in tritacarne e daremo da mangiare la carne ai cani. "
Il religioso islamico Anas Ayrout tenne prediche antigovernative nella moschea al-Rahman di Banyas e usò la moschea come base per organizzare le prime manifestazioni antigovernative in città. Nella prima manifestazione antigovernativa a Banyas il 18 marzo 2011, i manifestanti attaccarono un camionista alawita, mentre tre settimane dopo, il 10 aprile, i sostenitori di Ayrout pugnalarono a morte pubblicamente un contadino alawita, Nidal Janoud. Ayrout divenne in seguito un membro del Consiglio nazionale siriano (SNC) sostenuto dall'Occidente e nel 2013 chiese di uccidere i civili alawiti per creare un "equilibrio del terrore" che li costringesse ad abbandonare il sostegno al governo.

Giornalisti e accademici occidentali in sintonia con la rivolta hanno tentato di oscurare l'orientamento settario di questi predicatori salafiti e dei loro sostenitori tra i manifestanti antigovernativi. Thomas Pierret ha sostenuto, ad esempio, che la minaccia di Arour di macinare gli alawiti nei tritacarne non intendeva minacciare l'intera comunità alawita, ma "era molto specifico, mirava a "coloro che violavano le santità ", un riferimento agli stupratori". Pierret ha anche suggerito che Muhammad Sarour e i suoi seguaci "costituiscono un fattore di moderazione relativa per i gruppi [armati] che sponsorizzano", anche se il settarismo anti-sciita di Sarour ha fortemente influenzato le richieste di Abu Musab al-Zarqawi per il genocidio della popolazione sciita dell'Iraq, come sopra annotato.
Contrariamente a Pierret, lo studioso siriano Abdallah Hanna lamentava il settarismo e l'odio nei discorsi dei televangelisti salafiti, osservando che “Non c'è dubbio che uno dei fattori del movimento popolare risieda nell'odio degli alawiti che controllano il regime. Ma non tutti gli alawiti beneficiano della ricchezza del regime. . . . Quindi perché attaccare gli alawiti e chiedere ostilità nei loro confronti come setta? Perché in alcuni ambienti religiosi sorgono forze oppressive per scatenare una guerra attraverso canali satellitari religiosi contro la setta alawita nel suo insieme? ”

Non sorprende che la maggior parte dei siriani abbia respinto il settarismo dei salafiti e quindi abbia respinto ampiamente l'opposizione siriana. Nir Rosen ha riconosciuto che la popolarità di Arour "ha incoraggiato i sunniti secolari e le minoranze a preferire il regime", mentre lo storico siriano Sami Moubayed ha spiegato che i semplici dati demografici mostrano che la maggior parte dei siriani non è favorevole all'ideologia islamista o salafita come sostenuto da Arour e dai Fratelli Musulmani. Moubayed scrive che “Il dieci per cento della popolazione è Cristiana e non voterebbero mai per la Fratellanza [musulmana]. Né il quindici per cento delle comunità Alawite e Sciite, né il tre per cento di Drusi, né il due per cento di "altri" (Circassi, Ebrei, Ismailiti). A questi aggiungi il quindici per cento di Curdi siriani e il dieci per cento di tribù e Beduini, che benchè musulmani sunniti, non sosterrebbero mai un partito islamico. Il che equivale al cinquantacinque per cento, a cui si aggiunge non meno del venticinque per cento della maggioranza sunnita del settantacinque per cento della Siria, che sono laici o semplici siriani semplicemente non attratti dall'Islam politico ”.

Il suggerimento di Abdallah Hanna, che il discorso di odio di Arour e di altri sia realmente diretto alla comunità alawita nel suo complesso, non sorprende, data la lunga storia di discorsi di odio anti-Shia dei predicatori salafiti in generale. Poco dopo l'appello di Anas Ayrout del 2013 per la vendetta contro i civili alawiti, i combattenti dell'Esercito Siriano Libero (FSA), del Fronte di Nusra e dello Stato islamico dell'Iraq e di Sham (ISIS) hanno cooperato per effettuare una serie di attacchi contro i villaggi alawiti a Latakia nell'agosto 2013, massacrando 190 civili e prendendo circa 200 ostaggi, secondo Human Rights Watch. Il dissidente siriano Nidal Nuaiseh ha riconosciuto all'epoca che "gli appelli salafiti per l'assassinio degli alawiti non sono una novità, ma sono al centro dell'ideologia salafita, e lo sono stati per centinaia di anni ". Nuaiseh ha cercato di allontanare l'opposizione tradizionale dai massacri, suggerendo che siano stati compiuti da "non siriani". Questa affermazione tuttavia si è poi rivelata errata, quando è emerso il video del capo della FSA Salim Idriss che insisteva sul coinvolgimento del suo gruppo. Il New York Times riferisce che i commenti di Idriss sono venuti in risposta alle "critiche dei gruppi islamisti che i suoi combattenti stavano indietreggiando", durante gli attacchi ai villaggi alawiti.

Naturalmente, altri elementi del movimento di protesta si sono opposti al settarismo dei salafiti, e hanno invece cercato di promuovere l'unità e la convivenza religiosa cantando slogan come "Uno, uno, uno, uno, il popolo siriano è uno" e "Pacifico, pacifico, musulmano e cristiano, sunnita e sciita!” Questi manifestanti sono scesi in piazza chiedendo la democrazia e la fine della corruzione del governo siriano, delle leggi d'emergenza, della detenzione a tempo indeterminato dei prigionieri politici e della mancanza di libertà di stampa.
Nel sobborgo di Damasco di Douma, per esempio, Adnan Wehbe del partito dell'Unione socialista democratica araba ha svolto un ruolo importante nelle manifestazioni e nell'organizzazione dei comitati locali. Questi manifestanti hanno cantato slogan che invocavano la libertà, l'unità nazionale e il mantenimento della pace, aiutando nel contempo a impedire che i manifestanti salafiti distruggessero le istituzioni pubbliche e bruciassero l'edificio municipale di Douma.
L'opposizione ai salafiti a Douma non si limitava a coloro che avevano una visione laica. Alla violenza salafitica si sono opposti anche alcuni chierici musulmani sunniti locali, tra cui il Muftì di Douma, Abd al-Hamid Delwan Abu Basheer, che ha continuato a sostenere il governo e si è espresso contro gli "infiltrati" e i "rivoltosi" che hanno compiuto azioni violente durante le manifestazioni, chiedendo l'intervento dell'esercito siriano per proteggere i civili.
Anche Muhammad Said Ramadan al-Bhouti, il più importante ecclesiastico sunnita del Paese e critico del salafismo, ha continuato a sostenere il governo. Al-Bouthi è stato assassinato dai militanti dell'opposizione nel 2013, dopo che Yusuf Qaradhawi ha indirettamente richiesto la sua uccisione durante un'intervista su al-Jazeera.

A Deraa, il mufti della moschea di al-Omari, lo sceicco Ahmed Siyasna, ha sostenuto con forza le manifestazioni antigovernative, ma si è opposto al ricorso alla violenza e ha cercato di risolvere pacificamente il conflitto tra i manifestanti e il governo. Siyasna ha partecipato ai negoziati con il governo e si è incontrato con il presidente Assad per presentare direttamente a lui le richieste dei manifestanti di Deraa, nonostante le pressioni dei sostenitori di Muhammad Sarour per cambiare la sua posizione e interrompere i negoziati. Siyasna si è anche opposto all'accumulo di armi nella moschea al-Omari da parte dei militanti dell'opposizione, cosa che alla fine non è stato in grado di impedire.
 (segue)

https://libertarianinstitute.org/articles/the-salafist-roots-of-the-syrian-uprising/

lunedì 18 maggio 2020

Dr. Nabil Antaki, da Aleppo: "I prezzi sono aumentati del 300% in 3 mesi!"


Sono Nabil Antaki, medico siriano, vivo ad Aleppo e sono cofondatore di un’associazione cristiana chiamata Maristi Blu.

Come si vive in Siria la crisi del coronavirus?
Per fortuna l’epidemia non ha toccato gravemente il paese; ci sono stati solo 47 (NDT: 59 oggi) casi registrati e nessuno ad Aleppo. Ma le autorità hanno adottato tutte le misure preventive necessarie per evitare altri casi. Questo ha imposto un coprifuoco, chiusura delle scuole e delle università, dei negozi, dei laboratori, delle fabbriche. 
Adesso siamo in una fase di riapertura visto che non ci sono stati altri casi.

Qual è la situazione politica ed economica in Siria attualmente?
Dalla metà di marzo c’è un cessate il fuoco generalizzato. Non si combatte più in Siria. Ma questa situazione di non-guerra non-pace è ancora più difficile da sopportare rispetto agli anni di guerra. 
Sul piano economico, sul piano dell’incertezza per il futuro, 
la situazione economica è disastrosa: l’infrastruttura del paese è stata distrutta al 60% dalla guerra. Ad Aleppo che era la capitale economica della Siria tutte le fabbriche sono state o incendiate o saccheggiate. 
Le sanzioni internazionali contro la Siria inoltre impediscono gli investimenti internazionali
L’economia andava già al rallentatore, ma adesso con la crisi del Covid c’è un’inflazione molto grave; i prezzi sono aumentati del 300% in tre mesi mentre i salari sono uguali a prima. 
Le persone si sono impoverite, stentano ad arrivare alla fine del mese.

Qual è la situazione dei cristiani in Siria?
Il numero di cristiani si è ridotto vertiginosamente. Prima della guerra c’erano due milioni di cristiani in Siria, dei vari riti, cattolico, ortodosso, protestante. Adesso siamo, al massimo, 500-600 mila. 
Aleppo era considerata la città cristiana, eravamo 200mila prima della guerra, adesso siamo solo poco più 30mila. 
La maggioranza dei cristiani ha lasciato il paese, è emigrata in Europa, Stati uniti, Canada. La nostra presenza in Siria è minacciata.

Qual è la sua preghiera per questa giornata dei cristiani d’Oriente?
Non ci sono solo i doni materiali ad aiutare, c’è anche la preghiera. 
Dal canto nostro preghiamo Dio perché rafforzi la fede dei cristiani in Francia, e preghiamo che mantenga la speranza nel cuore dei cristiani della Siria. 

Trascrizione dal francese  di Marinella Correggia
https://www.youtube.com/watch?v=z4yfcMUn7QU

lunedì 11 maggio 2020

Il 'Sapone di Aleppo' a sostegno delle Monache Trappiste in Siria


Carissimi, condivido volentieri qualche aggiornamento sulla nostra situazione qui nella Comunità in Siria. Come saprete il Paese, in alcune zone del nord, è ancora in piena guerra. Il governo sta tentando il tutto per tutto per liberarsi definitivamente dei fondamentalisti che ormai da lunghi anni straziano la popolazione. Sembrava dovesse essere un intervento solo aereo e rapido. Si sta rivelando sanguinoso e senza fine. L’esercito combatte di paese in paese, lì dove i guerriglieri si sono insediati con le loro famiglie cacciando la gente dalle case. Negli scontri muoiono tante persone. L’ultimo episodio tristissimo è stato che questi ultimi hanno dato alle fiamme ettari interi di grano maturo della gente, mandando in malora il lavoro e i possibili guadagni. Per cosa tutto questo male? I potenti dei Paesi vicini e lontani giocano sporco, come sempre, continuando a dire alla Siria di smettere di combattere e accusando la Russia ma allo stesso tempo foraggiano i fondamentalisti di armi e tutto il necessario.
Noi dal monastero non abbiamo echi diretti dei combattimenti, soltanto sentiamo le raffiche sparate in aria quando vengono riportate le salme dei militari caduti, nei loro paesi di origine. E non si può non piangere, pensando a mogli, madri, figli che restano soli. Perché tutti questi sacrifici?
In questi mesi della mia permanenza qui sto cercando di entrare sempre più dentro lo spirito con cui le Sorelle hanno impostato la presenza del monastero in queste terre. Sentiamo molto l’importanza di una testimonianza di speranza perché negli incontri con la gente si sente lo sfinimento e lo scoraggiamento. Cosa che anni fa, in piena guerra, dicono non ci fosse. C’era invece molta grinta e voglia di farcela. Ora tanti sono partiti e i rimasti si chiedono se non han sbagliato a rimanere. La Provvidenza ci ha fatto incontrare mesi fa un uomo che vive non lontano da qui, che ha scelto di riattivare una produzione di sapone di Aleppo, trovando contatti con la Francia per la commercializzazione, e dà lavoro a parecchie persone, soprattutto donne, sia musulmane che cristiane.  Abbiamo visitato questa realtà di lavoro, trovando grinta pur in mezzo a povertà, scarsità di mezzi e tanti inghippi organizzativi e burocratici. Con tanta pazienza e un bel sorriso lieto, George va avanti, in capannoni arrangiati, un po’ in sordina per non dare troppo nell’occhio ...
É nata così l’idea di fare anche noi sapone. Per iniziare acquistiamo la materia prima già saponificata e ci dedichiamo alla finitura, confezionamento e smercio, tramite i tanti canali di fraternità e di amicizia che ci sostengono dall’Italia, a cominciare da Valserena che, guarda caso, è proprio una Mamma esperta in cosmesi, saponi e tutto ciò che serve per produrre, mettere in regola e commercializzare. Così con l’aiuto delle sorelle in Italia e di tanti altri amici nostri e loro, stiamo lavorando a questa nuova possibilità  di un lavoro artigianale, alla nostra portata, semplice e insieme tipico di questa terra. L’intento è quello di guadagnarci da vivere e probabilmente riuscire a coinvolgere anche alcune donne del villaggio che sono rimaste sole e che sempre salgono la collina per chiederci lavoro. In pratica si tratta di acquistare sapone di Aleppo, in trucioli,  impastarlo e trafilarlo, stampare saponette di sezione quadrata come abbiamo scelto di farle, eleganti, e confezionarle.
Vorremmo fare due versioni profumate, con essenze tipiche di queste zone, come la rosa di Damasco. Come si sa il sapone di Aleppo è antichissimo ed è caratterizzato dall’olio di alloro miscelato  con  olio  di  oliva.  Entrambi gli oli li vogliamo produrre noi, grazie a coltivazioni che già abbiamo nei nostri campi. 
Questi oli hanno caratteristiche note: nutritivo, lenitivo e rigenerante, l’oliva; antisettico,  antinfiammatorio,  l’alloro. Si tratta di un sapone che da secoli e secoli viene prodotto, essiccato e usato, sia per la pelle che per i capelli, con diffusione in tutto il mondo. È anche l’antesignano del sapone di Marsiglia. 
Carissimi saluti dalla Siria, suor Veronica.  
LINK PER ACQUISTARE IL SAPONE DELLE TRAPPISTE DI AZEIR :
https://www.prodottivalserena.com/prodotto/sapone-di-aleppo/

venerdì 8 maggio 2020

Terra Santa: i capi delle Chiese preoccupati per il piano di Israele di annettere la terra della Cisgiordania


Dichiarazione dei Patriarchi e dei Capi delle Chiese di Terra Santa 
su Progetti di annessione unilaterale israeliani
(7 maggio 2020)
La paralisi del processo di pace in Medio Oriente tra israeliani e palestinesi ha portato a un'intera serie di iniziative unilaterali per annettere terre in Cisgiordania da parte di Israele. Questi progetti, supportati principalmente da fazioni di destra, sollevano interrogativi estremamente seri sulla fattibilità di qualsiasi accordo di pace per porre fine a questo conflitto decennale che continua a rivendicare la vita di molte persone innocenti. come parte di un circolo vizioso di tragedia e ingiustizia umane.
Il Consiglio dei Patriarchi e Capi delle Chiese di Terra Santa considera questi progetti di annessione con grande preoccupazione e invita lo Stato di Israele ad astenersi da tali azioni unilaterali che porterebbero alla perdita di ogni speranza di successo in il processo di pace.
Il Consiglio invita inoltre gli Stati Uniti d'America, la Federazione russa, l'Unione europea e le Nazioni Unite a rispondere a questi piani unilaterali di annessione con un'iniziativa di pace a tempo determinato e graduale, conformemente al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite sulla questione, al fine di garantire una pace globale, giusta e duratura in quella parte del mondo considerata santa dalle tre religioni abramitiche.
Chiediamo inoltre all'Organizzazione per la liberazione della Palestina, in quanto unico rappresentante legittimo del popolo palestinese, di risolvere le controversie interne - nonché eventuali conflitti con altre fazioni non sotto il loro controllo - al fine di presentare un fronte unito dedicato al raggiungimento della pace e alla costruzione di uno Stato praticabile basato sul pluralismo e sui valori democratici.

+ Patriarca Teofilo III, Patriarcato greco ortodosso
+ Patriarca Nourhan Manougian, Patriarcato apostolico armeno ortodosso
+ Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico, Patriarcato latino
+ P. Francesco Patton, ofm, Custode di Terra Santa
+ Arcivescovo Anba Antonious, Patriarcato copto ortodosso, Gerusalemme
+ Vicario Generale Padre Gabriel Daho, Patriarcato Siro Ortodosso 
+ Arcivescovo Aba Embakob, Patriarcato ortodosso etiope
+ Arcivescovo Yaser AL-Ayash, Patriarcato greco-cattolico melchita
+ Arcivescovo Mosa El-Hage, Esarcato patriarcale maronita
+ Arcivescovo Suheil Dawani, Chiesa episcopale di Gerusalemme e Medio Oriente
+ Mons. Ibrahim Sani Azar, Chiesa evangelica luterana di Giordania e Terra Santa
+ Padre Ephram Samaan, Esarcato Patriarcale Siro cattolico 
+ Reverendo Joseph Nersès Zabarian, Esarcato patriarcale armeno cattolico 

giovedì 7 maggio 2020

Voci dalla pandemia: "Seminare speranza" in Siria

Il Dott. Nabil Antaki visita un paziente ad Aleppo nell'ambito del progetto "Solidarietà del cuore" per aiutare gli anziani e le persone costrette in casa. (foto: CNEWA)


CNEWA (Catholic Near East Welfare Association, "Associazione Cattolica per la Sussidiarietà del Medio Oriente”)
  04 maggio 2020
di Nabil Antaki
trad. Gb.P. OraproSiria


Sebbene la pandemia di COVID-19 non sia così grave in Siria come in altre aree del mondo, è, tuttavia, un altro incubo per il popolo siriano, che ha sofferto di una terribile guerra per più di nove anni.

Sono un medico di Aleppo, la seconda città della Siria che era, prima della guerra, la capitale economica del paese. Mi sono formato nella professione medica in Canada e sono tornato in Siria nel 1980 per servire la gente del mio Paese. All'inizio della guerra nel 2011, mia moglie Leyla, il fratello marista George Sabee ed io fondammo "i Maristi Blu" per aiutare le famiglie cristiane più povere di Aleppo e le famiglie cristiane e musulmane sfollate. I nostri sforzi sono iniziati modestamente, ma oggi abbiamo 110 volontari che gestiscono 14 programmi. Questi includono assistenza medica, servizi educativi e supporto psico-sociale. Molte di queste iniziative sono supportate e finanziate dal CNEWA, attraverso una continua collaborazione con l'ufficio di Beirut dal 2014.

All'inizio di marzo di quest'anno, l'esercito siriano ha preso il controllo della periferia occidentale di Aleppo occupata dal 2012 dai gruppi ribelli armati. Da qui i ribelli avevano bombardato con i loro mortai la città anche dopo la riunificazione dell'esercito dei distretti orientali e meridionali della città alla fine del 2016. Gli Aleppini hanno celebrato questi eventi con gioia e hanno riacquistato la speranza per un futuro migliore dopo nove anni di sofferenza e miseria. Purtroppo, non hanno avuto il tempo di rallegrarsi e godersi un ritorno alla vita normale, dal momento che ha avuto inizio la crisi del coronavirus con il primo caso registrato il 14 marzo. Subito, le autorità hanno adottato tutte le misure preventive necessarie per prevenire la diffusione del virus. A parte negozi di alimentari, farmacie e panetterie, ora tutto è chiuso: scuole, università, fabbriche, officine, negozi e tutti i luoghi pubblici. Il coprifuoco è stato introdotto dalle 18:00 alle 6:00 del giorno successivo e, inoltre, il confinamento include il divieto di lasciare la propria città, anche per recarsi in campagna e nei villaggi della stessa regione. I siriani in generale e gli Aleppini in particolare ora seguono i protocolli di indossare maschere, evitando i baci - che è un gesto di benvenuto molto comune in Medio Oriente - e usando soluzioni disinfettanti.
Mentre queste misure hanno paralizzato la vita sociale e congelato un'economia fragile, hanno rallentato la diffusione della pandemia in Siria. Fortunatamente, ci sono stati 42 casi segnalati di COVOD-19 (N.D.T.: aumentati a 45 al 7 maggio)e 3 morti nelle città. Tuttavia, la maggior parte degli Aleppini - impoveriti in nove anni di guerra - non ha più i mezzi per sbarcare il lunario. I più colpiti sono i lavoratori a giornata, gli artigiani e i proprietari di piccole imprese che si affidavano ai loro guadagni quotidiani per vivere e spesso per sopravvivere. E poi ci sono pensionati, i disoccupati e i malati, nessuno dei quali ha alcuna fonte di reddito. La vita è più difficile per questi, i più vulnerabili, e le loro difficoltà sono esacerbate dal fatto che, in questo momento di una pandemia globale, le organizzazioni caritative e le organizzazioni non governative hanno rallentato significativamente le loro attività; anche se alcune non si sono fermate completamente.

Nessuno ad Aleppo che io conosco è stato infettato da COVID-19. Tuttavia, mio figlio, un medico che vive nel Michigan, è stato infettato dal virus ed è stato molto malato per più di 15 giorni. Mia moglie ed io probabilmente abbiamo passato i giorni più lunghi e più spaventosi della nostra vita preoccupandoci delle sue condizioni. Con il potere della Provvidenza, ha recuperato e ripreso il lavoro nel trattamento di numerosi pazienti anche infettati dalla pandemia.

Il raduno di persone è stato proibito, noi Maristi Blu abbiamo dovuto congelare temporaneamente 10 dei nostri 14 progetti: i nostri due progetti educativi per bambini dai 3 ai 6 anni, "Impara a crescere" e "Voglio imparare"; "Bamboo", per la cura degli adolescenti; e "Seeds" per il supporto psicologico di bambini, adolescenti e adulti traumatizzati dalla guerra. Altri programmi, compresi quelli per le donne e la formazione dei giovani adulti, sono sospesi o si muovono faticosamente.
Ciononostante, stiamo proseguendo altre quattro iniziative: la “Goccia di latte”, che distribuisce il latte a tutti i bambini cristiani di Aleppo di età inferiore agli 11 anni; "Rifugio per le famiglie sfollate", che aiuta a ospitare le famiglie sfollate internamente; e un programma medico per gli indigenti. Abbiamo modificato un programma in un campo per famiglie sfollate a 18 miglia da Aleppo, concentrandoci invece sulla distribuzione di pannolini e pacchi alimentari e igienici. Il nostro team medico si reca lì una volta alla settimana per prendersi cura dei malati, compresi quelli che vivono nell'area circostante. Il campo è un rifugio per sfollati curdi e musulmani che sono fuggiti dalle loro città e villaggi dopo l'invasione turca della loro zona nel gennaio 2018. Ci sono grati del fatto che non li abbiamo abbandonati neanche nel tempo dell'epidemia di coronavirus.

Gente in blu
La preghiera, il discernimento e la nostra capacità di essere sensibili all'angoscia delle persone e di ascoltare i loro appelli - indipendentemente dall'etnia o dalla confessione - ci hanno fatto riscoprire che c'erano, ad Aleppo, gli anziani, che vivevano soli, senza la famiglia in Siria, alcuni costretti a letto o malati e a cui, a causa del confinamento, non è rimasto nessuno che porti loro da mangiare. E così abbiamo iniziato un nuovo progetto che abbiamo chiamato "Solidarietà del cuore". Ogni mattina, le donne dei Maristi Blu preparano un pasto caldo per 125 persone. Verso le 13:00, i nostri giovani volontari distribuiscono il cibo nelle case degli assistiti. Con il pasto caldo, danno agli anziani pane e frutta, tutti addolciti con un tocco umano attraverso la cura, l'ascolto e il conforto. Abbiamo scoperto quanto sia stato difficile per queste persone vivere in solitudine e il loro bisogno di sentire il calore umano, ricevere un'attenzione speciale e vedere un sorriso. E questo è ciò che i nostri volontari non mancano di fare.

Papa Francesco, nella sua omelia del 6 aprile, parla proprio del nostro rapporto con i poveri e dice: “Ci sono i poveri. Ce ne sono molti. Ci sono i poveri che vediamo, ma è la parte più piccola; il gran numero dei poveri non lo vediamo: i poveri nascosti. E non li vediamo perché stiamo entrando in questa cultura dell'indifferenza.”
Il Papa termina dicendo: “Quando Gesù dice: 'Avrai sempre il povero con te', significa: 'Sarò sempre con te nei poveri. Io sarò lì." "E questo è il cuore del Vangelo: su questo saremo giudicati". Noi, i Maristi Blu, condividiamo pienamente queste parole di papa Francesco.

Come sarà domani per noi? Il futuro non è chiaro. Dobbiamo superare molti ostacoli dovuti a nove anni di guerra e alla pandemia di COVID-19. La nostra gente è disperata.
Ma noi Maristi Blu siamo qui per lavorare con il nostro motto: Seminando Speranza!


https://cnewa.org/letter-from-syria/