Intervista ai microfoni di Radio Vaticana
di
Luca Collodi
Le autorità siriane e russe intendono
aprire dei corridoi umanitari per consentire ai civili del nord-ovest
del Paese di mettersi in salvo dall'offensiva militare in corso nella
regione di Idlib contro le milizie jihadiste. Lo riferisce la tv
al-Mayadin, vicina al governo di Damasco. Nell'area sono ammassati
circa tre milioni di civili. Raggiunto telefonicamente ad Aleppo
il padre Firas Lufti, francescano della Custodia di Terra
Santa e superiore del Collegio francescano di Aleppo, della
situazione nella città siriana racconta ai microfoni di Radio
Vaticana Italia:
R. - A due anni dalla liberazione,
Aleppo, città nella quale i jihadisti si erano installati nella
parte storica, è stata riunificata. Non si parla più di Aleppo Est
e di Aleppo Ovest. Una parte di questi jihadisti si trovano però
nelle vicinanze di Aleppo, verso la provincia di Idlib, roccaforte
intorno alla quale ancora infuriano battaglie per la riconquista. Ad
Idlib, infatti, si sono rifugiati centinaia di migliaia di jihadisti.
Da 15 giorni sono stati registrati lanci di missili e di razzi dalla
parte occupata dai jihadisti proprio sul cuore della città, abitato dai civili dove non ci sono centri militari o soldati. Risulta che ci
sono sempre vittime, bambini e donne innocenti. Quindi i jihadisti
lanciano i loro missili per dire che sono lì e vogliono esprimere
una sorta di solidarietà con quella parte della Siria.
Gli Stati Uniti hanno il sospetto che
la Siria abbia usato armi chimiche, ma è un sospetto che viene
smentito un po’ da tutti
R. – Questa è un’antifona
purtroppo suonata fin dall’inizio del conflitto. I media sono stati
sempre usati come arma, più efficace e più distruttivi dell’arma
della guerra nel senso vero della parola. La disinformazione e
soprattutto le agenzie dei caschi blu – o caschi bianchi – hanno
detto molte bugie. Si ritorna al discorso delle armi chimiche per creare un pretesto per attaccare ancora di più la Siria e cercare di
coinvolgere il mondo per ottenere un’opinione internazionale che
giustifichi – tra virgolette – un intervento militare. Magari
americano o altro, per legalizzare una manovra che andrebbe soltanto
a peggiorare la situazione. Invece di trovare soluzioni concrete,
politiche di dialogo, di incontri, si ricorre purtroppo subito alla
violenza massiccia come se ci fosse una resistenza, una non volontà
di fare la pace e di farla finita. La gente è veramente stanca di
questa guerra. Questa antifona non è un buon segno e non è un buon
segnale.
Sul piano umanitario, la vita ad Aleppo
e in Siria sta tornando alla normalità? Le famiglie stanno
ritornando a casa?
R. – Come Chiesa aleppina,
abbiamo subito una perdita passando da 160 mila cristiani che eravamo
prima del conflitto a 30 mila – quasi 30 mila – cristiani rimasti
oggi. Questo calo drammatico e drastico è significativo per i
cristiani, per il loro presente e per il loro futuro, per il peso che
il loro ruolo potrà avere come cittadini della Siria. E questo
fenomeno si può estendere a tutte le aree e a tutte le città
siriane. Per quanto riguarda il lato umanitario, forse si sta
passando dall’emergenza vera e propria, con la mancanza di acqua,
elettricità e cibo, ad una fase che comunque non è meno difficile
della prima.
Non siamo passati, cioè, allo sviluppo e ad un salto
qualitativo nella società perché l’embargo ha ancora conseguenze sulla società siriana. Se, per esempio, lei volesse mandarmi 50 euro
per aiutarmi, non potrà farlo tramite le banche perché quando si
scrive “Siria – Aleppo”, i denari vengono bloccati.
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