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lunedì 23 luglio 2018

I cristiani di Siria e la cecità dell’Occidente


La Siria era e rimane una terra ricca di spiritualità, nonostante il lungo conflitto che continua a tormentarla. Una domanda sorge spontanea: come hanno vissuto la guerra i cristiani di Siria? In questa intervista (seconda puntata del nostro dialogo-approfondimento sul conflitto nel Paese arabo) il reporter di guerra Fulvio Scaglione ci racconta la vita e le sofferenze di una comunità antichissima, che abita quelle terre da due millenni.
Intervista a Fulvio Scaglione di Alessandro Bonetti 

D: In questi anni c’è stata nella guerra siriana anche una forte persecuzione anticristiana. Com’è il rapporto fra cristiani e musulmani che vivono fianco a fianco?
R: Se si guarda al Medio Oriente in generale, la Siria era quasi un’oasi dal punto di vista dei rapporti interreligiosi. C’erano decine di gruppi diversi che comunque convivevano e andavano avanti. Adesso i rapporti fra cristiani e musulmani sono improntati a grande comprensione, tolleranza e stima reciproche. I cristiani hanno sicuramente fatto tanti punti durante questi anni della guerra perché, avendo una maggiore esperienza e capacità nell’intervento umanitario e caritativo, hanno oggettivamente fatto tanto e per tutti: porte aperte, nel senso che anche tanti musulmani hanno goduto dell’accoglienza nei tempi difficili.   Quindi, a livello di gerarchie, c’è sicuramente una grande disponibilità all’intesa, il che non vuol dire che non ci siano poi dei problemi sul terreno. Per fare un esempio, ad Aleppo, ma non solo lì, molti cristiani sono scappati e nei quartieri cristiani sono arrivati a vivere molti musulmani, molti più musulmani di prima. Questo, detto così, non sembra niente. Però in una situazione come quella del Medio Oriente, dove le comunità hanno un fortissimo ruolo, cominciare a incrinarle non è una cosa piacevole; è una cosa che i cristiani non vivono bene e che molti musulmani vivono come una sorta di occupazione, perché nei quartieri cristiani si vive bene, sono di solito quartieri più calmi, più ordinati.    Comunque, certe tensioni sono passate ma non sono dimenticate. È ovvio che, comunque la si giri, anche se quella siriana non è stata una guerra di religione, chi ammazzava tanta gente innocente erano dei musulmani o sedicenti musulmani. Loro, quelli dell’Isis e di altri gruppi jihadisti, si considerano dei buoni musulmani, anzi i migliori musulmani.   Quindi è un’esperienza che ha in ogni caso lasciato un segno. Dovranno essere molto in gamba le rispettive gerarchie, perché questa cosa ha lasciato delle cicatrici profondissime nel Paese in tutti i sensi. Non è così semplice. Anche se, ripeto, c’è un grande sforzo da parte degli esponenti delle chiese cristiane e dell’islam siriano per superare questi traumi.
D: A proposito di gerarchie, proprio gli alti prelati cristiani di Siria in questi anni hanno parlato molto contro il coro mediatico, dicendo cose che spesso a noi, abituati a una certa narrazione del conflitto siriano, sembravano strane. Si sono schierati a volte apertamente a sostegno di Assad…
R: … ma certo, senza se e senza ma. Nessuno di loro ritiene che il sistema siriano sia perfetto o non sia migliorabile, questo assolutamente no. Però Assad è comunque il presidente dei siriani e loro sono siriani. Bisogna poi tenere presenti alcune questioni. Punto primo: lo spirito nazionale siriano. Noi siamo abituati a parlare di sciiti, sunniti, eccetera, ma in Siria c’è un forte spirito nazionale.   Punto secondo: mentre noi ci siamo raccontati un po’ di balle, i siriani hanno visto che sono arrivati a combattere settanta-ottantamila stranieri, tunisini, egiziani, europei, e di altre nazionalità. Per loro è un’invasione, non è una guerra civile. Nel momento in cui arrivano dall’estero settanta-ottantamila mercenari, fanatici e ideologizzati ma mercenari, bombardamenti americani, bombardamenti israeliani, i turchi, loro non la vivono come una guerra civile, loro la vivono come un’aggressione internazionale contro il loro Paese.  In ogni caso quando gli esponenti delle chiese cristiane dicono che, prima della guerra, la Siria rispetto allo standard del Medio Oriente era un’oasi di convivenza religiosa hanno ragione, non mentono, dicono una cosa giusta, sacrosanta. Quindi non c’è da stupirsi.  Poi qui stiamo parlando di fanatismo sterminatore alla Al-Baghdadi, ci siamo solo noi [occidentali n.d.r.] che sono sette anni che andiamo avanti con questa storia della rivolta democratica. La rivolta democratica è durata due settimane. Gli altri sei anni e cinquanta settimane sono stati semplicemente una guerra di terrorismo finanziata dall’esterno contro un Paese che non era in guerra con nessuno. È inutile che ce la raccontiamo. Quindi non c’è assolutamente da stupirsi che i cristiani stiano dalla parte di Assad e del suo governo. È assolutamente normale. Siamo noi che non siamo normali, siamo noi che non abbiamo avuto uno sguardo obiettivo nei confronti di questa crisi. Anzi, abbiamo avuto uno sguardo molto di parte.   Inoltre, non dimentichiamo che molti cristiani siriani hanno preso le armi contro i jihadisti. Ci sono dei posti come Sednaya che hanno una storia significativa. A Sednaya c’è un grande monastero ortodosso: è un villaggio in montagna dove c’è questo centro religioso molto antico e dove la componente cristiana è maggioritaria. Gli abitanti si sono autotassati, hanno comprato le armi, hanno costruito delle difese intorno al loro villaggio e al monastero e quando si sono presentati i miliziani di Al-Nusra gli hanno sparato addosso e hanno avuto anche dei morti.
Su questa questione dei cristiani poi c’è qualche bello spirito anche in ambito cattolico che pontifica a vanvera e dice che i cristiani fanno così perché Assad ha dato loro dei privilegi. Innanzitutto i cristiani non godono di nessun privilegio rispetto alle altre confessioni religiose, men che meno nei confronti dei musulmani. Punto secondo: in Medio Oriente è così. In Medio Oriente la comunità, qualunque sia, sciita, cristiana, ortodossa, cristiana cattolica, non esiste se non ha una proiezione esterna. Deve avere una proiezione nella vita della società, che vuol dire scuole, ospedali, attività. Per avere questo è ovvio che in qualche modo si deve avere un rapporto con il potere politico. Ma questo vale per tutto il Medio Oriente. Forse i cristiani copti in Egitto non hanno un rapporto politico con Al-Sisi? È così dappertutto. Quindi questa obiezione è ridicola. Terza cosa: in un Paese come l’Italia che ha addirittura il Concordato che certifica i rapporti fra Stato e Chiesa, accusare i cristiani del Medio Oriente di avere una relazione politica con chi comanda fa veramente ridere. È normale, è così. Dev’essere così.
D: Quindi in definitiva cos’è che manca nella comprensione da parte di noi occidentali di quello che è successo in Siria in questi sette anni?
R: Manca tutto, è il nostro atteggiamento generale che è patetico. Guarda questa cosa degli attacchi chimici: erano tutti lì con la mano sulla bocca [si riferisce alla campagna sui social in cui alcuni personaggi pubblici si facevano ritrarre con la mano davanti alla bocca per protestare contro un presunto attacco chimico compiuto dal governo siriano, n.d.r.] e adesso il primo rapporto degli ispettori dell’OPAC è negativo. Quindi questi, i vari Saviano e compagnia bella, sapevano già tutto, erano già assolutamente certi dell’attacco mentre gli ispettori, che sono degli specialisti nel campo e hanno ricevuto nel 2013 il premio Nobel per la loro attività contro le armi chimiche, dopo mesi di indagini ancora non hanno trovato nulla? È chiaro: c’è una colossale opera di propaganda.
Inoltre, la nostra civiltà vive costantemente il cosiddetto tradimento dei chierici, cioè gli intellettuali e i giornalisti possono raccontarcela come vogliono ma alla fine dicono tutti quello che il potere vuole che loro dicano. Finisce sempre così. Credono di fare delle grandi battaglie ma alla fine sono manovrati e strumentalizzati. Nel 2011 si arrivava sull’onda delle primavere arabe e allora sembrava che anche in Siria dovesse succedere qualcosa… Certo, c’erano delle ragioni per protestare contro il governo di Assad, c’erano ragioni di insoddisfazione, ma se nessuno avesse messo il becco nella crisi siriana, come sarebbe finita? Sarebbe finita probabilmente come in Egitto e nessuno ha pensato che bisognava fare la guerra per la democrazia in Egitto. Perché in Egitto no e in Siria sì? Perché in Siria c’erano degli altri interessi: infatti abbiamo visto affluire i miliardi dai Paesi del Golfo, decine di migliaia di combattenti chissà come… Qui crediamo ancora che sia stata una cosa spontanea, ci raccontiamo che circolava la voce su Internet e allora settanta-ottantamila persone raccolte in mezzo mondo, ai quali non fregava niente dei palestinesi e di nessuna causa più o meno democratica del Medio Oriente, di colpo volevano portare la libertà in Siria… Come si fa a credere a queste stronzate?   Ma lo si vede in tutto. Si fanno tante storie sulla libertà di stampa in Turchia e si sono santificati quei giornalisti che sono stati messi in galera e poi sono scappati in Germania, ma non si dice mai perché erano finiti in galera. Quei giornalisti turchi non sono finiti in galera per l’astratta libertà di stampa, ma perché hanno rivelato e denunciato che Erdogan forniva le armi all’Isis. Questo però non viene detto mai. Erdogan, finché dava le armi all’Isis, nessuno l’ha criticato. Abbiamo cominciato dopo a scoprire che era antidemocratico… È tutto così.
E noi abbiamo questo mito della democrazia, dietro cui nascondiamo tutte le porcherie che ci piace fare. Ma il Medio Oriente non è nato ieri, il Medio Oriente e il mondo islamico in particolare hanno una storia più che millenaria. Non ci viene il pensiero del perché in tutto questo tempo loro non hanno avuto neanche una filosofia della democrazia o una discussione sulla democrazia? Sporadicamente qui e là personalità ne hanno parlato, ma non c’è un dibattito collettivo su questo tema nella loro storia. Forse perché non gli interessa o forse perché per la loro tradizione, cultura, realtà non è il sistema migliore. Perché l’alternativa è pensare che sono tutti cretini, sono 500 milioni di cretini e hanno bisogno che arriviamo noi e gli diciamo “oh, c’è la democrazia”, “ah, già è vero”. Come si fa a pensare così? Come è possibile? Però gli stupidi vanno appresso a questa cosa. Poi ci sono quelli intelligenti, che non sono in buona fede, che aderiscono a un progetto politico folle, demenziale, che produce solo disastri. Perché in Afghanistan è un disastro, in Iraq è stato un disastro, in Libia è stato un disastro, in Siria è stato un disastro. Questo progetto non produce altro che casini, però qualcuno ci crede. Ma non ci si può credere in buona fede, se ci credi in buona fede sei veramente uno scemo.

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