Il
falso mito dei White Helmets costruito dalla propaganda occidentale
I
propagandisti mendaci partecipano da sei anni alla devastazione di un
Paese sovrano, utilizzando cinicamente le inenarrabili sofferenze del
suo popolo e attribuendo i crimini dei persecutori alle vittime. Con
la liberazione della parte orientale di Aleppo e la cacciata dei
terroristi che per più di quattro anni hanno reso un inferno
l’esistenza dei suoi abitanti, ancora una volta mostrano tutta la
loro vergognosa dipendenza da un potere imperiale che, violando il
diritto internazionale, è impegnato con i retrivi emiri, re e reucci
arabi, e gli alleati e i vassalli occidentali, a distruggere e
balcanizzare la Siria. I cittadini accolgono con sollievo
e manifestazioni di gioia e riconoscenza l’esercito che li ha
liberati dall’incubo e attraverso coraggiosi giornalisti
indipendenti o testimoni quali Eva Bartlett e Vanessa Beeley, Nabil
Antaki e Pierre le Corf, cominciano a far conoscere l’orrore
vissuto nelle aree occupate da al-Nusra e altri gruppi assassini;
intanto i media e le ONG ‘’umanitarie’’ occidentali
continuano la loro ipocrita narrazione mistificatrice.
Ma
nel contesto di questa vile propaganda imperiale, una delle più
grandi truffe mediatiche è stata indubbiamente quella imbastita sui
White Helmets. Candidati al Nobel per la Pace, vincitori
del Livelihood Award, più
noto come “Nobel
alternativo”, e celebrati
grazie a un breve film-documentario prodotto da Netflix, essi sono in
procinto di entrare in pompa magna nel gran circo hollywoodiano con
l’annunciato film della star George Clooney e, date le
frequentazioni di questo signore con il guerrafondaio establishment
USA capeggiato da Hillary Clinton, la macabra farsa andrà avanti.
Per
concludere questa breve introduzione, voglio citare le parole di una
grande signora siriana:
‘’Tutto
ciò che chiedo agli Occidentali è di cercare la verità. Non sto
chiedendo loro di parlare in favore del governo o dello Stato
siriano. Chiedo
loro di parlare in favore della verità. Vi prego, non date
un’informazione se non sapete che è davvero quello che sta
accadendo.Oserei dire che i grandi media hanno giocato un ruolo molto negativo nella nostra vita. Hanno causato morte e distruzione in Siria, semplicemente trasmettendo storie totalmente infondate su ciò che sta accadendo e fatte apparire come vere. Quindi, per favore, siate prudenti e pensateci due volte prima di dire o scrivere qualcosa sulla Siria. Grazie."
Bouthaina Shaaban, consigliera del presidente siriano.
E con quelle di un grande signore siriano:
‘'È vero! esiste tra i media e i governanti occidentali (non cito l'opinione pubblica perché è disinformata, per non dire manipolata) un doppio standard di giudizio e di valori. L'onestà presso i governanti e l'etica professionale presso i giornalisti sono, purtroppo, soltanto una farsa. Se non stessimo parlando di un Paese distrutto e di centinaia di migliaia di civili uccisi, potremmo riderne.''
Nabil Antaki, medico aleppino.
E di un’altra grande signora:
‘’ ‘White Helmets cosa?!’ Nessuno conosce i White Helmets nei quartieri di recente liberati dall'occupazione dei terroristi di al-Nusra, nella parte est di Aleppo in cui siamo potuti entrare. Quando glielo domando, mi guardano perplessi, finché specifico: ‘la protezione civile’. ‘ah sì, la protezione civile di al-Nusra, che lavorava soltanto coi terroristi e non aiutava i civili’, mi dicono.’’
Vanessa Beeley, giornalista indipendente
Maria
Antonietta Carta
Come
un capo dei White Helmets siriani si è preso gioco dei Media
Occidentali
di
Gareth Porter
I
White Helmets, nati per salvare le vittime intrappolate sotto le
macerie degli edifici distrutti dai bombardamenti siriani e russi,
sono diventati una delle fonti preferite dai mass-media occidentali
che riferiscono su quei bombardamenti. Ritratti come gli
eroi umanitari dell’ultimo anno ed anche candidati al Nobel per la
pace nella scorsa estate, i White Helmets godono di una indiscussa
credibilità presso i giornalisti che si occupano della crisi
siriana, eppure il loro non può essere considerato un gruppo
apolitico, dato che è copiosamente finanziato dal Dipartimento di
Stato degli Stati Uniti e dal Foreign Office inglese. Esso opera
esclusivamente nel nord della Siria, in zone controllate da un
affiliato di al-Qaïda e dagli alleati estremisti, a cui i
giornalisti occidentali non hanno avuto accesso. Dato che la loro
opera si svolge [o, per Aleppo, si svolgeva, essendo stata ormai
liberata la parte orientale della città, N.d.T.] sotto l'autorità
di coloro che detengono il potere reale in Aleppo-est e in altre zone
controllate dall’opposizione, i media occidentali dipendono da
questi gruppi per avere informazioni dirette, col grave rischio di
essere manipolati. Il ruolo altamente politico svolto dai White
Helmets sulla copertura della stampa estera è stato drammaticamente
dimostrato dopo l'attacco al convoglio di camion della Mezzaluna
Rossa siriana il 19 settembre a Urum al-Kubra, zona controllata dai
ribelli ad ovest di Aleppo. L'assalto ebbe inizio immediatamente dopo
la rottura del cessate il fuoco, concordato tra Russia, Stati Uniti e
governo siriano, per un letale attacco aereo USA alle forze
dell'esercito siriano che combattevano l’ISIS intorno alla città
di Deir Ezzor.
L'amministrazione
Obama ammise che si era trattato di un attacco aereo, incolpandone
immediatamente l’aviazione russa e quella siriana. Un funzionario
americano non identificato parlò al New York Times di "una
probabilità molto alta" che un aereo russo si fosse trovato
vicino a quella zona poco prima dell'attacco, ma l'amministrazione
non rese pubblica alcuna prova a sostegno di tale affermazione. Nei
giorni successivi all'attacco, gli organi di informazione si basarono
ampiamente sui rendiconti trasmessi dai White Helmets e il capo
dell'organizzazione ad Aleppo, Ammar Al-Selmo, offrì un rendiconto
personale dal teatro degli avvenimenti.
La
versione di Selmo si è poi rivelata intessuta di menzogne, ma
numerosi giornalisti la presero per oro colato senza alcuna
perplessità, e continuarono a fargli affidamento per informazioni
sulle battaglie in Aleppo e nei dintorni.
Cambiare
versione con la complicità della stampa
Il
primo particolare che rivela quanto la testimonianza di Selmo fosse
falsa è la sua affermazione su dove si trovava all’inizio
dell’attacco. Il giorno successivo dichiara al Time Magazine che
stava ad un chilometro o più dal magazzino in cui erano parcheggiati
i camion del convoglio di aiuti umanitari, presumibilmente, presso il
centro locale dei White Helmets in Urum al-Kubra, ma poi cambia la
sua storia in un'intervista che il Washington Post pubblicò il 24
settembre, affermando che in quel momento prendeva “il tè in un
edificio dall'altra parte della strada". Ancora più
drammaticamente in un primo momento, Selmo quindi sostiene di aver
assistito all’inizio dell'attacco. Secondo la testimonianza
pubblicata da Time il 21 settembre, Selmo racconta che beveva un tè
sul balcone quando erano iniziati i bombardamenti, e che "poteva
vedere le prime barrel
bombs cadere da un elicottero
del regime siriano". Ma,
a quell’ora, Selmo non
avrebbe potuto vedere una barrel bomb cadere da un elicottero né
altro. In un video girato presto la mattina successiva, dichiara
infatti che il bombardamento era iniziato alle 19,30. In
comunicazioni successive, i White Helmets lo spostano alle 19,12. Ma
quel giorno, 19 settembre, il sole tramontava alle 18,31, e verso le
19 Aleppo era ormai avvolta nella più profonda oscurità.
Qualcuno,
evidentemente, aveva richiamato l'attenzione di Selmo su quella
incongruenza, dopo la pubblicazione della sua testimonianza, e lui
cambiava versione per il Washington Post: " Ha
detto che, appena uscito sul balcone giusto dopo le
19.00 quando il crepuscolo era già passato, ha sentito
sopraggiungere un elicottero e il lancio di due
barrel bombs sul convoglio."
Nel
video fatti dai White Helmets nella notte dell'attacco, Selmo si
spinge oltre, affermando in una parte del video che furono sganciate
quattro barrel bombs e in un'altra parte che le bombe sganciate erano
otto. L'idea che fossero state utilizzate barrel bombs durante
l'attacco fu subito accolta, la mattina seguente, da sedicenti
“mediattivisti" per conto delle autorità di
opposizione in Aleppo, come riportato dalla BBC. Questo era
conforme con i tentativi fatti dall’opposizione nel 2012 per
qualificare le “barrel
bombs” armi straordinariamente distruttive
e più condannabili dei missili convenzionali.
Prove
discutibili provenienti da fonti faziose
In
un video prodotto dai White Helmets la notte dell'attacco, Selmo si
rivolge agli spettatori indicando l’indentazione dell’ipotetica
esplosione. "Vedete il contenitore della barrel bomb?"
Chiede. Ma ciò che viene mostrato nel video è un incavo
rettangolare nella ghiaia o detriti, che sembra essere profonda circa
30 centimetri, larga 60 e lunga quasi un metro. Poi estrae da
sottoterra un oggetto simile alla lama danneggiata di una pala.
Quella scena dimostra chiaramente che l'argomentazione di Selmo è
completamente falsa. Le barrel bombs producono crateri rotondi molto
grandi, larghi almeno 8 metri e profondi più di 3 metri, e l’incavo
rettangolare mostrato nel video non assomiglia per niente al cratere
di una barrel
bomb.
Hussein
Badawi, direttore locale dei White
Helmets a Urum
al-Kubra, ma nettamente di grado inferiore a Selmo nella gerarchia
dell'organizzazione, è apparso accanto a Selmo in un segmento del
video fatto quella notte: un’apparizione breve e silenziosa, ma in
un altro video dei White
Helmets tradotto
dall'arabo all’inglese contraddice direttamente l'affermazione di
Selmo che in quella notte le prime esplosioni furono di barrel bombs.
Egli le descrive non come attacchi aerei, ma come "quattro razzi
consecutivi" vicino al centro del complesso della Mezzaluna
Rossa a Urum al-Kubra.
Nessun'altra
prova visiva di un cratere generato da una barrel bomb è venuta alla
luce. A sostegno dell’affermazione di Selmo, l’équipe
di intelligence russa sul conflitto, destinata alla confutazione
delle informazioni governative, potrebbe
citare solo il fotogramma in cui lui solleva quell’unico pezzo di
metallo.
Il
sito Bellingcat, il cui fondatore Eliot Higgins - membro non
residente dell’anti-russo Atlantic
Council finanziato
dal Dipartimento di Stato USA, che non ha alcuna competenza tecnica
sulle munizioni - indica lo stesso fotogramma. Higgins afferma che il
pezzo di metallo proviene da un "cratere" citando una
seconda fotografia che, secondo lui, mostrerebbe un "cratere
riparato" nella strada accanto a un camion bruciato. Ma la parte
che nella fotografia sembra ricoperta di terra fresca è lunga
chiaramente circa un metro e larga un po’ più di sessanta
centimetri, quindi di gran lunga troppo piccola per essere la prova
dell’esplosione di una barrel bomb.
La
squadra dei White Helmets di Selmo ha anche distribuito a Bellingcat
e agli organi di stampa qualcosa che ad una prima occhiata sembra la
prova visiva di attacchi aerei siriani e russi: la pinna
accartocciata di una bomba russa OFAB-250, che si può vedere in una
fotografia scattata all'interno di un capannone. Secondo Bellingcat,
le fotografie proverebbero che i Russi impiegarono quella bomba
nell’attacco al convoglio di aiuti umanitari, ma la fotografia
della pinna OFAB come prova di un attacco aereo è estremamente
improbabile. Se una bomba OFAB-250 fosse realmente esplosa in quel
punto avrebbe lasciato un cratere molto più grande di quello della
fotografia. La regola standard generale è che un OFAB-250, come
qualsiasi altra bomba convenzionale di 250 kg, avrebbe fatto un
cratere di 7-11 metri di larghezza e 3-4 metri di profondità. La
grandezza del suo cratere è evidente in un video di una giornalista
russa accanto ad uno di essi dopo la battaglia contro l’ISIS a
Palmira.
Inoltre,
nella fotografia la parete a poca distanza dal punto di impatto
supposto non fu colpita dalla bomba. Questo indica che nessuna
OFAB-250 fu lanciata in quel punto, oppure che si tratta di un falso.
La fotografia delle casse che circondano la pinna della OFAB rivela
anche altri elementi della prova che ci fu un'esplosione. Come un
osservatore scoprì dopo un attento esame, le scatole presentano
evidenze di schegge di bombe lacrimogene. Un primo piano di un
imballaggio mostra una serie di piccole schegge. Solo qualcosa di
molto meno potente di una bomba OFAB-250 o di una barrel bomb
spiegherebbe le tracce osservate. L’unica arma le cui granate
avrebbe potuto causarle è il razzo russo S-5, con due varianti
capaci di produrre 220-360 piccoli frammenti di schegge.
Nel
video fatto la notte dell'attacco, Selmo afferma che aerei russi
spararono degli S-5 presso il sito - anche se erroneamente li ha
definiti "C-5" - e la fotografia di due missili S-5 fu data
a Bellingcat ed agli organi di informazione, tra cui il Washington
Post. Nell’intervista al Time, Selmo ribadisce che nei raid furono
lanciate barrel bombs e missili da aerei russi, ma Badawi, il capo
dei White Helmets a Urum al Kubra, in un altro video contraddice di
nuovo Selmo affermando che la raffica iniziale di missili fu lanciata
da terra. Ammissione molto significativa, perché le forze siriane
dell’opposizione avevano ricevuto forniture di S-5 russi già dal
2012, quando le armi per i ribelli erano state contrabbandate in gran
numero dalla Libia. Essi utilizzano gli S-5 come razzi lanciati da
terra, come avevano fatto in precedenza i ribelli libici, progettando
e realizzando i propri lanciatori. Badawi sostiene che le forze
governative siriane lanciarono i primi quattro missili dagli impianti
di difesa nel sud del governatorato di Aleppo, ma gli impianti di
difesa del governo nel sud del governatorato di Aleppo si trovano ad
al-Safira, distante più di 25 chilometri, e gli S-5 hanno una
gittata di soli 3-4 chilometri. Ancora più significativo è il fatto
che, nonostante Selmo insista che i bombardamenti aerei si
protrassero per ore con ben 20-25 attacchi differenti, nessuno dei
White Helmets riprese anche un solo attacco aereo in un video che
avrebbe potuto fornire una chiara prova audiovisiva della sua
affermazione.
Il
sito Bellingcat del Consiglio Atlantico segnala un video pubblicato
on-line da fonti dell'opposizione ad Aleppo per fornire una prova
audio di aerei a reazione poco prima delle esplosioni notturne, ma
nonostante una voce nel video asserisca che si trattava di un attacco
aereo russo, il suono che si interrompe subito dopo la forte
esplosione indica come essa sia stata causata da un missile lanciato
da terra e non da un aereo a reazione. Pertanto, gli elementi di
prova che avrebbero dovuto confermare l’attacco aereo preteso da
Bellingcat in realtà non lo confermano affatto.
Nonostante
il record di falsificazioni, Selmo rimane la fonte di riferimento.
Chiunque
sia stato responsabile dell’attacco contro il convoglio di aiuti
umanitari della Mezzaluna Rossa siriana, è chiaro che Ammar
al-Selmo, l’alto funzionario dei White Helmets ad Aleppo, mente su
dove si trovava quando esso ebbe inizio e, almeno al principio,
inganna il pubblico affermando di essere stato testimone oculare
delle prime fasi. Inoltre, la sua attestazione che barrel bombs
siriane e bombe OFAB-250 russe furono sganciate sul convoglio non
sono supportate da alcuna prova credibile.
Alla
luce della propensione di Selmo a modificare il suo resoconto e a
sostenere la versione di un attacco russo-siriano, i media
occidentali avrebbero dovuto essere molto più prudenti nel farvi
affidamento per confermare l’accusa degli Stati Uniti sull’attacco
al convoglio di aiuti umanitari. Invece, durante le settimane di
pesanti bombardamenti russo-siriani su Aleppo-est, successivi alla
rottura del cessate il fuoco, Selmo è spesso citato dai media come
fonte ed egli sfrutta questa nuova situazione per portare avanti
l’agenda politica dei ribelli.
Il
23 settembre, i White Helmets comunicavano ai media che tre dei loro
quattro centri operativi in Aleppo-est erano stati colpiti e che due
di essi erano fuori uso.
National
Public Radio [La National
Public Radio, NPR, è
un'organizzazione no-profit comprendente oltre 900 stazioni radio
statunitensi. N.d.T.] cita
Selmo dicendo che secondo lui il gruppo era stato deliberatamente
preso di mira perché ‘’aveva intercettato comunicazioni dei
piloti e li aveva sentiti ricevere l’ordine di bombardare i suoi
colleghi." Stranamente, NPR non è riuscito a individuare Selmo
come il capo dei White Helmets in Aleppo-est, ma lo identifica solo
come un "membro dei White Helmets ".
Cinque
giorni dopo, il Washington Post riferisce di una segnalazione analoga
da parte di Ismail Abdullah, un altro funzionario dei White Helmets
che dipende direttamente da Selmo. "A volte, sentiamo il pilota
dire alla sua base, ' Vediamo un mercato dei terroristi, c'è un
panificio dei terroristi, ’ ha dichiarato Abdullah. ‘va bene se
li colpiamo? ’ dicono: 'Va bene, colpiteli’." Egli afferma
anche che il 21 settembre i White Helmets avevano sentito un pilota
nemico fare riferimento ai centri ‘’terroristi’’ di
protezione civile. Abdullah aggiunge che l'organizzazione aveva
inviato, ai funzionari degli Stati Uniti a New York, un messaggio
diretto all'Assemblea Generale dell’ONU per informarla di essere
stati presi di mira. Queste storie drammatiche avrebbero poi
contribuito a lanciare la campagna a favore dei White
Helmets per
il conferimento del premio Nobel per la Pace, annunciata alcuni
giorni dopo, ma che alla fine non avrebbero vinto. Secondo
Pierre Sprey - un ex analista del Pentagono su aerei da
combattimento, che ha avuto un ruolo centrale nella progettazione del
F-16 – la pretesa di aver udito i piloti chiedere e ricevere il
permesso di colpire obiettivi durante il volo è una montatura. "E
inconcepibile che questa possa essere stata una comunicazione
autentica tra un pilota d’attacco e un controllore", dichiara
Sprey ad AlterNet, riferendosi ai racconti di Selmo. "L'unico
momento in cui un pilota può chiedere di colpire un bersaglio è nel
caso in cui vede degli spari. Altrimenti non ha senso. "
Il
giorno dopo la campagna russo-siriana di bombardamenti contro i
ribelli di Aleppo-est, iniziata il 22 settembre, la Reuters si
rivolge a Selmo per una valutazione complessiva dell'impatto dei
bombardamenti su Aleppo. Senza mezzi termini, egli dichiara: "Quello
che succede ora è lo sterminio”. Dopo questa drammatica
dichiarazione, i media occidentali continuano a citare Selmo,
considerandolo una fonte neutrale. Il 26 settembre, Reuters ricorre
ancora ai White Helmets citandoli come anonimi "lavoratori della
protezione civile" di Aleppo – e con questo termine possono
indicare solo loro – che fanno una stima di 400 vittime in meno di
cinque giorni di bombardamenti nei dintorni e dentro Aleppo. Ma dopo
tre intere settimane di bombardamenti, le Nazioni Unite e altre
agenzie stimeranno in 360 il numero delle persone uccise. Ciò
suggerisce che la stima fatta dai White Helmets era di molto
superiore a quella che potrebbero documentare fonti imparziali. È
ovviamente difficile per i mezzi di informazione coprire eventi come
l'attacco al convoglio di aiuti umanitari della Mezzaluna Rossa
siriana e il bombardamento di Aleppo da Istanbul o da Beirut, ma la
sete di informazioni dal terreno non deve superare l'impegno per il
controllo delle fonti. Selmo e i suoi White Helmets avrebbero dovuto
essere riconosciuti per quello che sono: una fonte di parte, con un
ordine del giorno che riflette il potere da cui l'organizzazione
dipende: gli estremisti armati che controllano [controllavano]
Aleppo-est, Idleb e altre zone del nord della Siria.
La dipendenza acritica dalle informazioni dei White Helmets, senza alcuno sforzo per verificare la loro attendibilità è l'ennesimo esempio eloquente del malcostume dei mezzi di informazione, con una lunga storia di copertura dei conflitti orientata verso una narrazione interventista.
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Gareth
Porter è uno storico investigativo e giornalista specializzato in
politica di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il suo ultimo
libro è Manufactured
Crisis: The Untold Story of the Iran Nuclear Scare (Just
World Books, 2014)
(Articolo tradotto da Maria Antonietta Carta)
stessa bimba, 3 scene differenti |
Battaglia di Aleppo. Una forte propaganda impazza. I Caschi bianchi all'opera.
(di L. Mazboudi)
Numerosi
osservatori occidentali si sono soffermati sulla forte propaganda che
accompagna la battaglia strategica di Aleppo, condotta tra l'Esercito
siriano e i suoi alleati (Russia, Iran, Hezbollah) da una parte e
Arabia Saudita, Turchia e NATO che sostengono i gruppi terroristi,
tra cui il Fronte al- Nusra, Jeïsh al-Islam, Ahrar al-Sham…
Uno
di questi osservatori è l'eminente professore australiano Tim
Anderson, laureato in economia e politica internazionale e libero
docente presso il Dipartimento di economia politica dell'Università
di Sydney.
In
un articolo pubblicato sul sito canadese Global Reserch, egli
constata che dall'inizio della battaglia di Aleppo da parte delle
milizie armate, con centinaia di tiri di mortaio sui quartieri
residenziali lealisti, i media occidentali invertono i fatti,
affermando che i cittadini di Aleppo vivono sotto la minaccia
dell'esercito lealista; mentre le fonti siriane mostrano civili che
subiscono gli incessanti attacchi di mortaio e chiedono che
l'esercito espella i gruppi terroristici.
Inoltre,
Anderson sottolinea che ONG vicine alle milizie alimentano la
finzione secondo cui l'esercito siriano non reagirebbe agli attacchi
ma attaccherebbe i civili. «Ogni attacco contro al-Nusra è dunque
descritto come un attacco contro "civili" e ospedali, o
contro operatori del pronto soccorso». Secondo lui, una di queste
ONG è quella conosciuta col nome di The White Helmets, alias «difesa
civile siriana», diventati principale fonte di accusa contro gli
aerei siriani e russi che, secondo loro, colpirebbero gli ospedali.
La
giornalista inglese d'inchiesta Vanessa Beeley si è interessata a
questi White Helmets che sostengono di essere indipendenti e che
godono di ampio spazio presso i media occidentali.
Il
29 aprile scorso, il giornale francese Le Monde pubblicava una
lettera firmata da presunti medici siriani appartenenti a questa
organizzazione.
In
un articolo intitolato «White Helmets, nuovo genere di mercenari e
di propagandisti» e pubblicato nel settembre 2015 sul sito 21st
Century Wire, la signora Beeley rivela che in realtà si tratta di
una creazione inglese e statunitense del 2013. Sostiene anche che
sarebbero diretti dall'ex militare inglese James le Mesurier
proprietario di una società con sede a Dubai, e sarebbero stati
addestrati in Turchia.
La
Beeley afferma che essi operano nelle zone occupate dal Fronte al
Nusra e Company, che sono molto attivi sui social network e presenti
su Twitter et Facebook. E aggiunge:
«La
funzione principale dei White Helmets è la propaganda. Demonizzare
Assad e incoraggiare il diretto intervento straniero. Di recente, un
loro leader ha scritto un editoriale per il Washington Post».
Secondo la Beeley, lo scopo principale di questa organizzazione
sarebbe la creazione di una ‘’No Fly Zone’', alla stregua di
quella libica.
( Trad.
Maria Antonietta Carta)
tanto lo so che non pubblicherete il mio commento come del resto non avete pubblicato i precedenti ma cosa importa. L'importante è che leggiate voi il commento di chi le cose le vede senza paraocchi e senza la sudditanza al potere corrotto e despota del governo siriano del dittatore Bashar Assad.
RispondiEliminaChe Bouthaina Shaaban (mi rifiuto di chiamarla Signora) sia una persona non implicata nella corruzione e nel malgoverno siriano lo potete dire solo voi. Come solo voi potete dire le menzogne infami sugli elmetti bianche che vi siete inventati nell'articolo. Per fortuna che c'è quella che chiamate disinformazione della stampa occidentale. Ma a voi chi vi legge????
Intanto, ci legge lei, quindi almeno un lettore lo abbiamo, grazie!
RispondiEliminaSi, forse è meglio definire le azioni non le persone: sarebbe stato più corretto scrivere: le parole importanti di una signora siriana, benché magari grande la Shaaban lo sia almeno quanto tutti i suoi connazionali che da sei anni difendono l’integrità territoriale e l’indipendenza del loro Paese, dall’interno, in accordo o in opposizione, e non dall’esterno sotto lo scudo di Paesi neo-colonialisti che lo vogliono balcanizzare. La verità, dice lei. Quanto abusata e poco praticata è questa parola, nel senso di ricerca personale. Lei, per difenderla, infatti, fa riferimento alla stampa occidentale, non a suoi ragionamenti comprovati. Noi, con onestà, offriamo testimonianze di cittadini siriani che vivono ogni giorno l’inferno della guerra, punti di vista e considerazioni che ci sembra giusto condividere, e siamo sempre pronti al confronto, educato, naturalmente, e ad assumere in prima persona la responsabilità di ciò che diciamo. Cominci a farlo anche lei, magari firmandosi.
maria Antonietta carta
NO non mi firmo perchè io sono uno di quei siriani che sono dovuti scappare perchè contrari al regime. Credo che lei sappia bene cosa succede agli oppositori, lei sa cosa succede nelle patrie galere? Io ho avuto amici e parenti mai più tornati o restituiti alla famiglia come stracci. Lei sa cosa fa il mukabarat? Il solo nominarlo mi incute timore. Lei sa che i siriani che hanno protestato all'estero contro il governo sono stati identificati e le loro famiglie rimaste in Siria perseguitate? Bel coraggio a dire si identifichi da chi sta sotto l'ombrello del persecutore.
RispondiEliminaChi legge Ora Pro Siria? Forse non tanti: io non faccio parte della redazione quindi non lo so. Vedo però che sono parecchi quelli che poi linkano gli articoli su molti profili Facebook, ergo penso siano parecchi di più quelli che leggono. Mi permetto solo di farle notare che lei si limita a contestare la Signora Bouthaina Shaaban, perché ovviamente se fa parte del governo deve per forza essere corrotta e bugiarda, ma si guarda dal contestare figure presenti ad Aleppo (a differenza di tutto il main stream mediatico anti Assad) come Eva Bartlett, Vanessa Beeley, Nabil Antaki e Pierre le Corf qui citati; senza contare le testimonianze praticamente univoche di tutti i vescovi e i religiosi siriani, ad Aleppo da tempo.
EliminaC'è poi anche chi ha osato pubblicare in copertina un tributo agli elmetti bianchi, qui in Italia, come il periodico LEFT.
Vada però a leggersi tutti gli oltre 390 commenti! Dicono molto di più di quanto potrei contestarle io.
Senza contare la fama che si sono fatti come creatori di fake per infangare chi vi combatte.
Poi mi permetta di pensare che lei non è altro che un troll come tanti, che dice di essere un perseguitato Siriano ma in realtà non è tale. Io qui potrei metterle nomi e cognomi di gente Siriana che racconta tutt'altro rispetto a quello che lei sostiene, ma basta farsi un giro su twitter o su facebook per conoscerli ed avere le prove di quello che ci testimoniano.
Vivere adesso in Siria, di sicuro sarà molto dura perchè con tutti i danni che i suoi amici hanno fatto (e continuano a fare), non sarà mai più come prima. Le testimonianze che ci arrivano da persone che conosciamo da molto prima della guerra parlano di una terra comunque più tollerante e democratica dei paesi dell'area sponsor dei terroristi...
La saluto.
Gian
In tutta Europa vivono cittadini siriani che, con nome e cognome, manifestano, denunciano chiedono a voce alta una ‘’no fly zone’’ e persino congiurano insieme ai governi-neocoloniali contro il loro Paese. Cosa aspetta ad avvertirli del pericolo che essi corrono da sei anni, signor ‘’Siriano’’ in incognito? Qui perde solo tempo e lo fa perdere agli altri. Se invece di limitarsi a leggere titoli del sito, caro disturbatore senza qualità, avesse anche letto gli articoli, si sarebbe reso conto che Ora Pro Sira non si occupa di politica interna siriana, ma oltre a dar voce particolare ai religiosi, denuncia coloro che (compresi i democraticissimi Sauditi, splendido esempio di sovrani illuminati) stanno devastando e disintegrando quello che asserisce essere il suo Paese (e mi permetta di dubitare in proposito) e martirizzando i suoi connazionali. A proposito un arabofono con la conoscenza che lei ha anche dell’italiano scriverebbe mukhabarat e non mukabarat. Sia bravo: si dedichi a leggere e a riflettere invece di scrivere ‘’commenti’’.
RispondiEliminaMaria Antonietta Carta