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giovedì 22 agosto 2013

L'ORRORE ABITA IN SIRIA


Contenitori di gas tossico in Siria

da "Piccole Note" - 22 agosto 2013

«L’attacco con agenti tossici ieri in Siria sembra avere tutte le caratteristiche di un nuovo incidente del Tonchino: un “casus belli” creato ad arte per giustificare un’escalation militare delle potenze straniere, come quello che nel ’64 autorizzò l’intervento americano in Vietnam. La verità la scoprirà soltanto un’indagine polizesca: le impronte digitali sono fatte apposta per condurre all’esercito siriano». 
A commentare in questo modo la strage provocata in Siria dall’uso di gas tossico è Gwyn Winfield, alla guida delle Falcon Communications, autorità riconosciuta nel campo delle armi non convenzionali. Per Winfield, che ha rilasciato un’intervista alla Repubblica del 22 agosto, l’autore della strage non è Assad, e spiega: «È difficile credere che il regime di Assad lanci un’offensiva del genere in simultanea con l’arrivo a Damasco degli ispettori Onu incaricati delle indagini sulle armi chimiche. Come in ogni omicidio, l’investigatore dovrebbe chiedersi: cui prodest? Non giova certo al regime, che in ogni caso verrà incolpato».

Nota  a margine. Di fronte all’ennesimo orrore tanti quotidiani hanno ospitato articoli nei quali venivano esposte considerazioni simili a quella riportata. La tragedia siriana, quindi, precipita in un nuovo orrore. Sul quale è bene interrogarsi.

C’è un’ulteriore spiegazione, più sottile, che viene data alla strage del 21 agosto. Gli ispettori Onu erano appena arrivati in Siria per investigare su un’altra strage, quella avvenuta a Khan al-Assal nel marzo scorso: anche lì fu usato del gas tossico e incolpato il regime di Damasco. 
La Russia di recente aveva consegnato all’Onu un dossier nel quale si documenta la responsabilità dei ribelli nell’attacco di Khan al-Assal. Una tesi che è stata supportata anche da testimonianze concordi di diversi siriani scampati alla strage.
Dopo mesi di trattative, finalmente, ieri erano giunti a Damasco gli ispettori; i quali, però, date le circostanze, non indagheranno più sulla strage precedente, ma sull’attuale. Così, secondo il sito cattolico Le Vielleur de Ninive, la strage di ieri sarebbe stata perpetrata anche per un altro motivo: deviare le indagini dalla strage di Khan al-Assal (nella speranza, ovviamente, che il nuovo crimine sia stato organizzato meglio e venga attribuito ad Assad).

L’ultima considerazione che vogliamo fare sulla questione è un po’ forte e va presa per quel che è, una ipotesi senza alcun riscontro, frutto di mero ragionamento.
Chi ha seguito anche distrattamente le vicende siriane sa della sparizione di padre Paolo Dall’Oglio, scomparso il 28 luglio scorso. Non si sa nulla di lui, se non che è sparito in una zona controllata dalla forze anti-Assad. Le voci rimbalzano: forse è stato ucciso, forse solo sequestrato: finora non c’è stato nessun segnale credibile della sua esistenza in vita se non un sms inviato dal suo cellulare, che potrebbe aver inviato chiunque.
Padre Dall’Oglio è stato fin dal primo momento un fautore della cosiddetta ribellione siriana e un acerrimo nemico del regime di Damasco, che ha attaccato in diversi articoli e interviste. Pochi giorni prima di sparire, ha scritto un articolo sull’Huffingotn Post. Era il 19 luglio scorso, e l’articolo, al solito, era molto polemico con il regime. Ma c’è un passaggio, sorprendente a rileggerlo ora, che riportiamo: «Ma guardiamo alla cosa dal punto di vista etico della rivoluzione siriana. Ammettiamo per un istante che ci fossimo appropriati di armi chimiche sottratte agli arsenali di regime conquistati eroicamente. Immaginiamo di avere la capacità di usarle contro le forze armate del regime per risolvere il conflitto a nostro favore e salvare il nostro popolo da morte certa. Cosa ci sarebbe d’immorale?». 
Parole talmente forti che mettono i brividi. Troppo forti, invero, magari scritte in un momento di particolare scoramento. Ma ci potrebbe essere un’altra spiegazione. Dall’Oglio, nei suoi articoli, ha dimostrato di avere informazioni molto accurate di quanto accade all’interno delle milizie anti-Assad: ha buone fonti e ben addentrate.  Possibile quindi che sapesse che si stava preparando qualcosa e, in qualche modo, lo ha anticipato. Per una sorta di giustificazione previa? Un po’ forte a pensarlo. Molto più probabile, invece, che l’anticipazione fosse un modo per tentare di dare un segnale pubblico del pericolo imminente, lanciare un messaggio in bottiglia per tentare di fermare l’orrore incombente (nonostante l’avversione per il regime c’è un limite a tutto, tanto più che stiamo parlando di un padre gesuita).
Se fosse vero questo, il suo sequestro, se di sequestro si tratta e non di omicidio, ad opera dei cosiddetti ribelli potrebbe essere dovuto proprio a questa rivelazione.
Ripetiamo: quella esposta è solo un’ipotesi, potrebbe essere una semplice infelice coincidenza, ma appena abbiamo saputo del bombardamento con i gas in Siria, la nostra mente è corsa a quella rivelazione previa del gesuita. Nell’occasione, alle preghiere per le vittime dei gas tossici assassini, uniamo quelle per il padre scomparso.

http://www.piccolenote.it/13029/lorrore-abita-in-siria


Guerra in Siria. Mons. Tomasi: sì al dialogo, no a intervento armato



La crisi in Siria si aggrava e rischia di allargarsi dopo le immagini sconvolgenti di morte giunte ieri dal Paese con la possibilità che siano state usate armi chimiche contro i civili, compresi donne e bambini. Civili che stanno sempre più fuggendo dalla Siria creando un dramma nel dramma. Ascoltiamo in proposito la riflessione di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – La comunità internazionale si sta giustamente preoccupando per gli ultimi sviluppi in Siria, che hanno fatto decine e decine di morti. Primo punto da osservare mi pare sia quello che il Santo Padre ha già sottolineato e cioè che la violenza non porta a nessuna soluzione e che quindi bisogna riprendere il dialogo per poter arrivare a Ginevra 2, dove i rappresentanti di tutte le componenti della società siriana possano essere presenti, esporre le loro ragioni e insieme creare una specie di governo di transizione. Per ottenere quest’obiettivo non si possono mettere condizioni che rendano di fatto impossibile questa iniziativa, come escludere l’uno o l’altro dei gruppi che sono coinvolti. Mi pare che questo sforzo sia assolutamente necessario per fermare la violenza. Occorre anche non continuare ad inviare armi sia all’opposizione che al governo. Non si crea certamente la pace, infatti, portando nuove armi a questa gente. Mi pare poi che per arrivare ad una giusta soluzione si debba evitare una lettura parziale della realtà della Siria e del Medio Oriente in generale. Ho l’impressione che la stampa e i grandi mezzi di comunicazione non considerino tutti gli aspetti che creano questa situazione di violenza e di continuo conflitto. Abbiamo visto in Egitto il caso dei Fratelli Musulmani, dove l’appoggio indiscriminato a loro ha portato ad altra violenza. Ci sono degli interessi ovvi: chi vuole un governo sunnita in Siria; chi vuole mantenere una partecipazione di tutte le minoranze. Bisognerebbe, quindi, partire dal concetto di cittadinanza, rispettare ogni cittadino come cittadino del Paese, e poi lasciare che le identità religiose, etniche, politiche, si sviluppino in un contesto di dialogo.

D. – In Siria ora si parla di attacchi con armi chimiche, anche se Damasco smentisce categoricamente...

R. – Non bisogna accelerare un giudizio senza avere sufficiente evidenza. La comunità internazionale, attraverso gli osservatori delle Nazioni Unite, che sono già presenti in Siria, potrebbe far luce su questa nuova tragedia. Non si può, a mio avviso, partire già con un pregiudizio, dicendo che questo o quello sono responsabili. Dobbiamo chiarire il fatto, anche perché da un punto di vista d’interessi immediati, al governo di Damasco non serve questo tipo di tragedia, sapendo che ne è comunque incolpato direttamente. Come nel caso delle investigazioni di un omicidio, bisogna farsi la domanda: a chi veramente interessa questo tipo di crimine disumano?

D. – C’è chi parla d’intervento armato, se fosse confermato l’attacco chimico...

R. – L’esperienza di simili interventi in Medio Oriente, in Iraq, in Afghanistan, mostrano che la strada dell’intervento armato non ha portato nessun risultato costruttivo. Rimane valido il principio: con la guerra si perde tutto.


Testo proveniente dalla pagina del sito RadioVaticana http://it.radiovaticana.va/news/2013/08/22/guerra_in_siria._mons._tomasi:_sì_al_dialogo,_no_a_intervento_armato/it1-721745


 

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