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venerdì 31 agosto 2012

Cristiani al lavoro per la costruzione tenace e paziente di una nuova Siria

COSTRUIRE OPERE CHE SIANO "FORME DI CIVILTA' NUOVA" (GIOV.PAOLO II): ECCO L'IMPEGNO DELLA CHIESA PER LA SALVEZZA ED IL FUTURO DELLA SIRIA
I SALESIANI AD ALEPPO
Una scuola per salvare Homs

Gli Scouts de Cluses in France in Haute-Savoie  consegnano aiuti umanitari  a Mère Agnès Mariam de la Croix


 


Contributo socio-educativo dell'Ispettoria Salesiana nelle città siriane di Aleppo, Kafroun e Damasco
di Eugenio Fizzotti
ROMA, venerdì, 31 agosto 2012 (ZENIT.org).- L’Ispettoria Salesiana del Medio Oriente, con sede ispettoriale a Betlemme, ha due comunità in Libano, tre in Egitto, cinque in Israele, una in Turchia, una in Iran e tre (di cui una però con attività religiosa sospesa) in Siria. Volendo informare i confratelli salesiani di tutto il mondo sulla situazione della Siria, sulla tragica situazione degli sfollati e dei profughi, e in modo particolare sulla presenza salesiana a Damasco, Aleppo e Kafroun, l’Ispettore Don Munir El Rai ha inviato un comunicato particolarmente apprezzato e fonte di preghiera oltre che di solidarietà.
Partendo dalla considerazione, nota a livello mondiale, che «la situazione del paese sta peggiorando e le ultime notizie riferiscono cheAleppo e Damasco e dintorni sono attaccate e bombardate», Don Munir informa che «la carenza di carburante, elettricità, acqua, pane, gas, benzina e auto, oltre alle paralisi dei mercati e alla disoccupazione, si aggiunge alla mancanza di sicurezza e al caos», con la conseguenza che, essendo diventate difficili le comunicazioni elettroniche, «la situazione economica generale peggiora a vista d’occhio, a causa della chiusura di fabbriche e attività e della conseguente dilagante disoccupazione».

lunedì 27 agosto 2012

Siria, la voce della maggioranza silenziosa

http://www.voxclamantis.info/Photos.html

'Mussalaha' o riconciliazione
"La maggioranza silenziosa del popolo siriano desidera LA PACE, la pace e la riconciliazione. Tutto il resto è manipolazione e menzogna. In questo desiderio di vivere attraverso tutto nella tolleranza reciproca con l'altro si esprime la vera grandezza del popolo siriano."
Testimonianza del sacerdote Daniel Maes, che  vive in Siria


I nostri media solitamente raccontano di una rivolta pacifica della popolazione siriana, che sta diventando sempre più sanguinosa perché viene soppressa dal regime, inoltre proclamano che la comunità internazionale dovrebbe esercitare maggiore pressione sul regime, rendere più incisivo l'aiuto all'opposizione per fermare lo spargimento di sangue, e premere perché la Russia e la Cina  rinuncino al loro sostegno a questo regime sanguinario.

Questa opinione generale, confezionata in mezze verità e bugie intere, non solo mette in pericolo di vita, chi, sulla base di ciò che realmente accade in Siria, lotta per la preservazione di questo paese, ma suscita anche lo spargimento di sangue. Interventi stranieri non sono la soluzione, ma la causa della violenza.

Lasciate che la Siria si interroghi. La gente vuole la pace. Lasciatele cercare il suo modo di riconciliazione o ‘mussalaha'

Una pacifica sollevazione popolare?
All’ inizio della ribellione io ho potuto rilevare nel nostro villaggio di Qâra, con i suoi quasi 500 cristiani e 25.000 sunniti . Siamo stati  ospiti regolari presso il nostro collega Abouna Georges, il sacerdote bizantino e siamo stati accolti calorosamente da famiglie cristiane, ma altrettanto calorosamente da famiglie musulmane. Ci siamo goduti la forte tradizione di libertà, uguaglianza e coesistenza pacifica di cui il popolo siriano era un modello. Non vi era la violenza e il furto, ben pochi erano poveri e c'era abbastanza prosperità per chiunque. Ogni donna e ogni ragazza poteva vestire come voleva. Uomini e donne di ogni etnia o gruppo religioso potevano occupare tutti i posti. Inoltre, la Siria ha offerto a quasi 2 milioni di profughi una casa ospitale e un'uguaglianza, come non hanno ottenuto in nessuna altra parte nel mondo arabo. Abbiamo accolto I rifugiati specialmente nella zona di  Damasco, ma anche in Qâra e nel nostro monastero. E l'aspettativa di vita della popolazione siriana è salita da 56 (nel 1970) a 72 anni (nel 2006). Chi ha interesse per l'attuale distruzione del paese?

 Improvvisamente la società è cambiata in modo radicale. Il grande inquisitore dei Fratelli Musulmani Muhammad Al Ryad Shaqfa ha chiamato dagli Emirati Arabi Uniti e Yemen tutti i musulmani al 14/02/2011, per combattere contro la Siria. Ha gridato per un intervento militare dall'esterno. Dalla canonica al Qâra, da aprile 2011, si vedeva partire un gruppo di giovani ogni venerdì sera diretti dalla Moschea (era un tempio pagano, successivamente la St. Nicholas' Church) a manifestare contro il governo e il Presidente, su un richiamo condotto da sconosciuti. Ci sono alcuni video nei quali essi erano pagati da Al Jazeera, dice il sacerdote che li conosceva. E come facinorosi nei nostri villaggi in realtà nessuno voleva davvero sostenerli, così questo gruppo non è stato supportato da nessuno nel villaggio. Tuttavia questo gruppo è cresciuto. Esso è cresciuto con incendio criminale e armato di violenza. Il Sacerdote è stato perquisito e derubato da uomini mascherati con un accento strano da cui con difficoltà è riuscito a sfuggire a uno strangolamento. E per noi era non più piacevole la visita a Qâra. Abbiamo sentito da amici che è andato nello stesso modo in altri luoghi. L "opposizione" ha imposto che quando si manifesta i negozi si chiudano. A  Quosseir e Homs figli di famiglie cristiane o musulmani moderati erano minacciati e perfino uccisi perché hanno rifiutato di aderire a una dimostrazione anti-governo. Se la popolazione di Aleppo, ha detto il locale arcivescovo Jeanbart, nell'agosto 2012 non avesse opposto energica resistenza contro queste bande armate e non avesse aiutato l'esercito, la città sarebbe stata occupata già dopo un giorno. Tutto questo non ha nulla a che fare con una "rivolta popolare pacifica".

Chi è l’ "opposizione"?
Fin dall'inizio ci sono stati molti gruppi di opposizione con i loro leader. CNCCD (Comité National de Coordination pour le Changement Démocratique) è il più antico e molto diviso. Vuole la caduta del governo ma nessun intervento straniero. Il gruppo di opposizione più moderato contiene il Partito Nazionale Siriano, l’ iniziativa curda, il Partito Comunista siriano e vari altri. Vogliono un dialogo con il governo e declinano qualsiasi intervento straniero radicalmente. Il terzo è il gruppo di opposizione estera di CNS (Conseil National Syrien), dominata dai Fratelli Musulmani (da Washington, Londra, Bruxelles). Questi estremisti religiosi rifiutano dialogo e riforme democratiche e chiedono un jihad armata in Siria per riportare l'islamismo rigoroso. Il CNS si atteggia a rappresentante ufficiale della Siria ma in realtà è una vergogna per la popolazione. Esso gode del sostegno di America, Inghilterra, Francia, Turchia, le milizie libanesi, Giordania e, naturalmente, Arabia Saudita e Qatar. All'interno e al di fuori di questi gruppi operano bande sempre più criminali che sfruttano la crescente insicurezza della loro battaglia. Gli aerei della NATO il 26/11/11 hanno trasferito al confine settentrionale con la Siria (in Eskandarun, Turchia) a Damasco Abdel Hakim Belhadj, il ‘macellaio’ di Baghdad e Tripoli, insieme ad un battaglione di 700 combattenti libici (Al-Qaeda) per aggiungere alla sua squadra attuale. Come regalo di Natale, ha ottenuto una massa di armi, rubate da depositi di Gheddafi. Due giorni prima di Natale è già iniziato un attacco a Damasco: più di 50 morti e più di 200 feriti. Nel frattempo, fa anche i nostri servizi di sicurezza di Stato belga sono preoccupati perché ora si scopre che i fondamentalisti musulmani dal nostro paese sono al lato di Al-Qaeda nella lotta contro la Siria!

In breve, il pacifico tubare di colombe di pace "all'opposizione", è  soffocato dagli orrori inenarrabili delle bande criminali che seminano il terrore ovunque. I giovani sono delusi perché potenze straniere dettano il loro ordine del giorno. I nazionalisti hanno stati truffati perché i gruppi armati li soverchiano con la loro pretesa di un intervento militare straniero. I musulmani moderati sono stati truffati perché i salafiti e i fondamentalisti vogliono stabilire una dittatura totalitaria che è molto peggio di quanto il governo siriano sia mai stato. E i cittadini comuni sono delusi perché sono vittime di bande armate ovunque, contro le quali non sono protetti.

"Il regime siriano" è da tempo caduto


Saccheggiato l’Arcivescovado greco cattolico di Aleppo. Libano, in attesa del Papa, angoscia per la Siria.

Aleppo (Agenzia Fides) – L’episcopio dell’Arcivescovo Metropolita greco-cattolico di Aleppo, Sua Ecc. Mons. Jean-Clément Jeanbart, è stato violato e saccheggiato durante scontri fra miliziani e truppe lealiste.
L’Arcivescovo, il suo Vicario e alcuni preti sono fuggiti poche ore prima dell’episodio, avvenuto giovedì scorso, e si sono rifugiati nella casa dei Francescani ad Aleppo. Secondo fonti di Fides nella comunità cattolica locale, i responsabili “sono gruppi non identificati, che intendono alimentare una guerra confessionale e coinvolgere la popolazione siriana in conflitti settari”. Come conferma a Fides il francescano p. George Abu Khazen, OFM, Pro-vicario Apostolico della comunità cattolica latina, che ha ospitato i confratelli greco-cattolici, “l’Arcivescovo Jeanbart ha espresso grande preoccupazione e costernazione per l’episodio, e ha ripetuto, scosso, un’unica parola: Perchè?”. Poi è partito per il Libano, dove si trova tuttora. Nei giorni successivi, quando i militari hanno ripreso il controllo della situazione, il Vicario di Mons. Jeanbat è potuto tornare in sede, constatando che le porte erano state forzate e che dall’episcopio mancavano diversi oggetti (tra cui computer e proiettore).
P. George spiega che nei giorni scorsi c’è stata battaglia nella città vecchia di Aleppo, e che i combattimenti sono giunti fino alla Fahrat Square, dove vi sono tutti gli arcivescovadi. Oltre a quello greco cattolico (melkita), anche quello cattolico maronita è stato danneggiato. Alcuni miliziani hanno fatto irruzione anche nel museo cristiano bizantino “Maarrat Nahman”, danneggiando reperti e alcune icone. Secondo p. George, una soluzione al conflitto “ancora non si vede, perché nessuno degli attori in campo, nazionali e internazionali, fa pressioni per avviare un reale dialogo”.
Parlando a Fides, un altro esponente della gerarchia locale, che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, lancia l’allarme: “Con l’intervento, ormai assodato, di gruppi di jihadisti, c’è il tentativo di fomentare odio e conflitti settari. Si registra un crescente numero di milizie islamiste wahabite e salafite, provenienti da Cecenia, Pakistan, Libano, Afghanistan, Tunisia, Arabia, Libia: tali gruppi hanno l’unico scopo di portare caos, distruzione, atrocità, e di paralizzare la vita sociale. La popolazione civile siriana ne è vittima. Ma non cadrà in questa trappola”. (PA) (Agenzia Fides 27/8/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39706&lan=ita


Patriarca Younan: «In attesa del Papa, la nostra angoscia per la Siria»
(Beirut) - La prossima visita del Papa al Paese dei cedri resta confermata, pur nelle convulsioni che dalla Siria stanno tracimando in Libano e sulle quali pesa «l’opportunismo economico» con cui l’Occidente guarda al travaglio che scuote il mondo arabo. Così il patriarca dei siro-cattolici Youssif III Younan parla dell’imminente viaggio papale a Beirut dalla sede del patriarcato a Charfat, dove si terrà l’incontro ecumenico con Benedetto XVI il 16 settembre.

intervista di  Manuela Borraccino | 27 agosto 2012
Beatitudine, a che punto è la guerra in Siria?
Siamo molto preoccupati per il Paese e in particolare per Aleppo, dove continuano i combattimenti tra l'esercito regolare e i ribelli, anche in centro città, con i cittadini che restano rintanati in casa, senza poter sfollare. L’unica via di fuga sarebbe l’aeroporto di Aleppo, ma anche la strada per raggiungerlo è divenuta pericolosissima per via dei check-point del cosiddetto Libero esercito siriano. Le ultime settimane sono state drammatiche per la sicurezza, i rifornimenti alimentari ed energetici.
Che cosa pensate di fare?
Gli sviluppi sono imprevedibili, ed è difficile anche pensare a cosa fare. Il regime dice di essere pronto al dialogo, i ribelli e l’opposizione hanno messo come condizione, per sedersi al tavolo del negoziato, la rinuncia di Bashar al-Assad al potere, una richiesta inaccettabile per il presidente. Perciò siamo ad un punto morto.
Come giudica l’atteggiamento della comunità internazionale?Uno dei paradossi della crisi siriana è che le monarchie del Golfo, che sono a maggioranza sunnita, intendono rovesciare anche per ragioni confessionali il regime siriano, e i Paesi occidentali anziché rifiutare il confessionalismo e tentare una mediazione appoggiano, per via del petrolio, i Paesi del Golfo. Abbiamo il dovere di chiederci come mai l’Occidente - una comunità di Paesi che si definiscono laici e con società civili basate sui diritti umani, che prescindono dalla fede dei singoli cittadini - accetti senza riserve che nel Ventunesimo secolo l’Organizzazione della Conferenza islamica, che riunisce 57 Paesi musulmani, tenga un vertice in Arabia Saudita sotto l’egida della comune appartenenza a una religione per prendere decisioni politiche!
Lei ha parlato di «opportunismo economico»...Certamente: perché il linguaggio dell’Occidente è politicamente corretto mentre le grandi potenze non vogliono affrontare le contraddizioni di quei Paesi che siedono alle Nazioni Unite e che rifiutano di dare gli stessi diritti a tutti i cittadini, indipendentemente dalla religione a cui appartengono. Si critica la Cina ad esempio per il trattamento riservato ai dissidenti politici, ma non una parola viene spesa sull’Arabia saudita, per via del petrolio. Questo è un atteggiamento che non esito a definire economicamente opportunista.
I leader religiosi dei cristiani di Siria non hanno appoggiato immediatamente la rivolta. Cosa replica a chi vi accusa di appoggiare una dittatura?
Come capi religiosi dobbiamo ribadire ancora una volta: noi non siamo né con una persona, né con una famiglia, né con una setta, né con un sistema politico contro altri. Al contrario, siamo angosciati per le sorti della popolazione siriana, viviamo con molta prudenza gli sviluppi di questa crisi, e in tutti questi mesi non abbiamo fatto altro che chiedere a tutti quelli che sono coinvolti in questo conflitto di rinunciare alle armi e sedersi a un tavolo con un mediatore internazionale, innanzitutto le Nazioni Unite con la collaborazione dell’Unione Europea e di altri paesi come la Russia. Abbiamo chiesto a tutte le parti coinvolte nel conflitto, tanto all’esercito quanto ai rivoltosi, di difendere le libertà vere di tutti i cittadini, siano essi sunniti, cristiani o di altre confessioni. Perciò è un’assurdità venirci a dire che come capi cristiani dobbiamo stare con una delle due parti, per esempio che dobbiamo allearci coi rivoltosi perché essi rappresentano una maggioranza confessionale che prima o poi conquisterà il potere, visto che è assistita dalle potenze che sono avverse al regime siriano. Noi cristiani del Medio Oriente, in modo particolare in Siria, in Iraq, e anche in Libano, ci sentiamo abbandonati dall’Occidente conosciuto per essere un mondo civile, perché i politici fanno solo promesse e perseguono solo i propri interessi economici.
Lei è appena rientrato da un viaggio ad Irbil, nel Kurdistan iracheno. Che situazione ha trovato?
Dal 2003 ad oggi, almeno la metà degli 800 mila cristiani che vivevano in Iraq prima della guerra se ne sono andati. Questa emorragia si vede soprattutto nelle grandi città: a Baghdad, Mosul, Bassora. Con il Sinodo per il Medio Oriente del 2010 i patriarchi e i vescovi hanno cercato di analizzare le cause di questo esodo: abbiamo visto molto chiaramente che i cristiani non emigrano perché non hanno lavoro, o perché soffrono la fame, ma prima di tutto per l’insicurezza, per i conflitti interni all’Islam, dei quali sono vittime indifese. È normale che cerchino di un avvenire là dove possono costruire un futuro migliore. Eccetto in Libano, dove vivono una sostanziale uguaglianza con i fedeli di altre religioni, in tutte le altre nazioni l’impossibilità di separare religione e politica si traduce in un generalizzato assottigliamento delle comunità cristiane.
Circolano voci che il Papa potrebbe cancellare il viaggio di metà settembre a Beirut. Pensa che alla fine verrà?La situazione è fluida, nessuno oggi può dire come si evolveranno le cose. Certamente ci sono tensioni da non sottovalutare, ma neanche da esacerbare. Il nostro auspicio è sempre stato che questa visita potesse essere un richiamo alla speranza per un futuro migliore per tutti i popoli di questa regione, non solamente per i cristiani, un richiamo verso una convivenza di tutti i cittadini delle differenti comunità. Le voci che circolano su una certa stampa sono solo delle ipotesi: per il momento la situazione non è così grave da impedire al Papa di compiere il suo viaggio. In Libano c’è tensione, è vero, ma non al punto da rendere necessario posporre una visita fortemente attesa da tutta la popolazione.
Quali saranno a suo avviso i temi principali del viaggio del Papa?Benedetto XVI viene a infonderci una parola di incoraggiamento e di fiducia su quella che oggi è la sfida più grande che le Chiese del Medio Oriente affrontano: come convincere la nostra gioventù a non emigrare. In Libano abbiamo accolto migliaia di profughi, prima dall’Iraq e ora dalla Siria: non possiamo chiedere loro di tornare in patria o di non emigrare in Occidente. Essi lamentano che, anche quando riescono a trovare un lavoro nei loro Paesi tribolati, resta l’assillo circa il futuro da assicurare ai propri figli o su come costruire una vita degna di persone umane con pieni diritti civili. Perciò continuiamo ad annunciare il Vangelo e ad alimentare la nostra fiducia nella volontà di Dio, con esortazioni e incoraggiamenti: ma lo facciamo in un contesto socio-politico nel quale la religione della maggioranza musulmana influenza sempre di più la vita pubblica e privata dei cittadini. Che ne sarà del cristianesimo in questa regione fra 20 o 30 anni? Questa è la maggiore sfida che noi sperimentiamo oggi, nel ricordo delle stragi di un secolo fa in Turchia, del conflitto in Terra Santa, della crisi sanguinosa in Iraq dopo l’invasione del 2003 e delle orribili scosse che devastano la Siria.
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=4150&wi_codseq=SI001 &language=it

sabato 25 agosto 2012

VERSO IL VIAGGIO DEL PAPA IN LIBANO. LAICITA': "Il Libano separa Religione e Stato, nel rispetto di Dio"

AED intervista il Patriarca Maronita cardinal Béchara Boutros Raï


Beatitudine, pensa che la guerra civile in Siria si diffonderà in Libano e porterà al conflitto religioso tra sunniti e sciiti? Quest'anno ci sono già stati antagonismi tra i due gruppi religiosi.
 Certo. La guerra civile in Siria tra sunniti (la maggioranza) e alawiti (di minoranza) sta già avendo il suo impatto sui sunniti e alawiti in Nord Libano (Akkar e Tripoli). D'altra parte, i libanesi si dividono ancora tra coloro che sostengono il regime di Assad e di coloro che sostengono l'opposizione. In terzo luogo, il conflitto politico in corso in Libano tra i sunniti (14 marzo) e sciiti (8 marzo) si fa più acuto a causa degli eventi in Siria.

La visita del Santo Padre allora potrà aver luogo?
  Nonostante le tensioni, la visita del Papa non è compromessa. Tutti i libanesi si stanno preparando intensamente. I cristiani del paese attendono l'arrivo del Santo Padre con immensa gioia.

Che cosa possono fare i cristiani in Libano per evitare ulteriori tensioni nel loro paese?
 I Cristiani in Libano dovrebbero essere più uniti e riprendere il controllo della loro responsabilità. Perché essi tendono sempre, per la loro cultura e spiritualità, alla pace, al progresso e a valori moderni. Essi amano la pace e  lottano per la giustizia, sono aperti alla cordialità e alla cooperazione con i musulmani, senza pregiudizi o secondi fini.

Ma la Costituzione libanese non pone ostacoli a questa vita insieme? Lo Stato e la sua amministrazione sono distribuiti lungo i confini dei gruppi religiosi; si potrebbe dunque pensare che il divario tra le religioni si consoliderà a lungo termine.
  In generale, musulmani e cristiani, con tutte le loro comunità e confessioni, convivono in zone miste. Il Libano, contrariamente a tutti i paesi del Medio Oriente, separa religione e Stato, nel rispetto di Dio e di tutte le religioni e fedi. Lo Stato non interferisce nelle materie inerenti alla Legge Divina: riconosce a tutte le fedi autonomia legislativa, legale e giudiziaria, in materia di religione e di matrimonio con effetti civili. Questo si chiama "Statuto Personale". Questo è un aspetto del confessionalismo. L'altro aspetto è la partecipazione paritaria tra cristiani e musulmani al potere e alla pubblica amministrazione. Per comprendere tale accordo, conosciuto come il Patto Nazionale, si deve ricordare che tutti i paesi arabi - e anche Israele- si basano sulla teocrazia musulmana o ebraica, mentre il Libano è uno Stato puramente civile, senza una religione di Stato né Testo Sacro come fonte di legislazione. Si tratta di una vita comunitaria organizzata tra i cristiani che naturalmente tendono alla laicità e musulmani che tendono alla teocrazia.

La situazione dei cristiani nel Vicino e Medio Oriente non è realmente migliorata: un centinaio di migliaia di copti hanno lasciato l'Egitto dopo la rivoluzione. In Siria, alcuni estremisti sunniti minacciano i cristiani. L’ islamismo sta per mettere fine alla presenza dei cristiani nelle Vicino e Medio Oriente?
 Mai! I cristiani sono radicati nel Medio Oriente da 2000 anni, dai tempi di Nostro Signore Gesù Cristo e degli Apostoli. Hanno permeato le culture locali dei valori cristiani ed evangelici. Hanno tutti i tipi di istituzioni e una presenza attiva nei loro rispettivi paesi. Tuttavia, la vita di pace e tranquillità offre loro le condizioni necessarie per prevenire la migrazione e di rimanere sempre attivi. Gli stessi musulmani riconoscono l'importanza della presenza dei cristiani per le loro qualità intellettuali, morali e professionali, per la loro fedeltà alla legge, alla nazione e alle autorità civili.

Il Santo Padre si recherà in visita in Libano il mese prossimo a rendere pubblica l'Esortazione Apostolica dopo il Sinodo del Medio Oriente nel 2010. Quali sono le sue aspettative su questa?
 L'Esortazione Apostolica certamente indirizzerà un piano pastorale per la Chiesa cattolica in Medio Oriente. Per molte parti, si concentrerà sulla comunione tra le Chiese, l'Islam e le altre religioni. Un'altra parte traccerà la linea di azione per una buona testimonianza cristiana, sia nella vita quotidiana di ciascuno, sia dei servizi resi dalla Chiesa, così come i contributi dei cristiani nello sviluppo dei loro rispettivi paesi. Inoltre, questa Esortazione apostolica potrà riaccendere la speranza e incoraggiare i popoli del Medio Oriente per rafforzare la loro unità e la vita comunitaria, ma anche per svolgere pienamente il loro ruolo nella comunità araba e internazionale.

Che ne è dei Maroniti in Siria? Sono colpiti dal conflitto?
 I Maroniti della Siria subiscono la stessa sorte degli altri cittadini cristiani e musulmani. La guerra civile e la violenza può colpire chiunque. Abbiamo tre diocesi in Siria: Damasco, Aleppo e Latakia. Non vi è alcun attacco diretto contro i Maroniti, perché essi sono rispettati e non interferiscono negli affari politici.
http://www.aed-france.org/actualite/laicite-le-liban-separe-religion-et-etat-tout-en-respectant-dieu/



Il Patriarca della Chiesa siro-cattolica di Beirut , Joseph III Younan, denuncia l’ipocrisia dell’atteggiamento dell’Occidente nel conflitto siriano

"Noi vogliamo il primato dei diritti umani, non il primato di una religione"

La Chiesa siro cattolica appartiene ad una delle 18 comunità religiose riconosciute dalla Costituzione libanese. Il Patriarca, Sua Beatitudine Ignazio Ephrem Joseph III Younan, è uno dei sette patriarchi cattolici del Medio Oriente.

Intervista per AED a cura di Jürgen Liminski - 24 Agosto 2012

Beatitudine, da un lato si sente molto parlare della situazione dei rifugiati cristiani e delle tensioni in Libano. D'altra parte, vi è l'aspetto politico della presenza cristiana in Libano e in Medio Oriente. Questa presenza è minacciata?
  Patriarca Ignatius Joseph III Younan Efrem: "La situazione dei cristiani in Libano è fondamentalmente diversa da quella dei cristiani in altri paesi del Medio Oriente. La Costituzione libanese riconosce diciotto religioni ufficiali, undici dei quali sono cristiane. Ma ciò che conta ovunque, sono i diritti umani. Non c'è mancanza di soldi o mancanza di vocazioni. Noi siamo oppressi da coloro che non vogliono riconoscere  che una sola religione. Noi cristiani non domandiamo alcun privilegio, noi vogliamo beneficiare degli stessi diritti di tutti gli altri. Vogliamo la libertà di coscienza, la libertà di religione, noi vogliamo la libertà anche per coloro che non credono in niente. Questa uguaglianza di fronte al Diritto e alla legge non esiste. Questo sta seriamente minacciando la nostra sopravvivenza in tutta la regione.”

C'è anche una differenza tra ciò che dicono le Costituzioni e la realtà delle cose ...
 Le questioni di diritto determinano la vita pratica. Esse costituiscono il quadro della dignità della persona. I nostri giovani non vogliono mendicare il diritto di poter lavorare e vivere nel proprio paese. In Iraq, essi mi chiedono: “Che cosa dobbiamo fare? Dove siamo ancora sicuri?” Per quanto riguarda la vita pratica… : Quando un giovane cristiano si innamora di una giovane donna musulmana e anche lei lo ama, egli deve convertirsi all'Islam per poter sposarla. Dov'è la libertà di culto in tutto questo? Un altro esempio: abbiamo accolto qui una famiglia proveniente dall’ Iran, i cui membri vogliono essere battezzati. Ma rischiano la vita in questo modo. Dov'è la libertà di religione in questo caso? L'Islam non tollera la conversione ad altre religioni. La situazione è simile in Turchia. Possiamo osservare le conseguenze di una libertà che è solo sulla carta. Le proprietà dei cristiani sono stati confiscate, molte chiese sono state distrutte. Ma i cristiani vivevano in Asia Minore prima che i musulmani. Anche in Iraq, i loro diritti sono ufficialmente riconosciuti, ma nessuno li protegge, nessuno è contro la persecuzione dei cristiani. E adesso la Siria. Anche in questo caso, la nostra presenza è minacciata.

Lei sostiene Assad o l'altra parte?
 Noi non siamo sostenitori di nessuno. Lo ripeto: Vogliamo solo godere degli stessi diritti di tutti gli altri. Supponendo di prendere le parti, sarebbe per il popolo siriano. Ma al giorno d'oggi, se qualcuno non manifesta contro Assad, subito si dice che è a favore di Assad. Voi sapete esattamente chi è dall'altra parte e se queste forze riconosceranno i diritti civili, la Carta delle Nazioni Unite?

 L'Unione Europea si sbaglia, schierandosi con i ribelli?
  Sarò franco. Siamo in presenza di un sacco di ipocrisia. Molti governi perseguono solamente i loro interessi economici. Il destino dei cristiani in Medio Oriente, non ha nessuna importanza per loro. Se non fosse così,  questi governi si impegnerebbero a favore della parità di fronte alla legge, per il rispetto dei diritti umani per tutti, anche in paesi in cui la cosiddetta Primavera araba non si è verificata. Da più di un anno, abbiamo già detto che la primavera araba avrebbe portato il caos e la guerra civile. Non si tratta di prender partito a favore o contro Assad  o per uno degli altri potentati della regione. Si tratta di una questione di diritti uguali per tutti. Si tratta del primato dei Diritti Umani e non del primato di una religione. L'integrazione e la convivenza non possono funzionare che se si rispetta questo primato. L’ho detto al governo francese a Parigi e lo ripeto. A lungo termine, l'Islam fondamentalista rifiuta il dialogo tra uguali. Se l'UE prendesse sul serio i suoi principi dei diritti dell’Uomo, si impegnerebbe apertamente in favore del futuro delle giovani generazioni di questa regione del mondo. Ma siamo di fronte a un sacco di opportunismo economico.

 E ciò è diverso in tutto il Medio Oriente?
  No. I rifugiati che attualmente vengono da noi ci dicono: Non abbiamo più alcuna fiducia, se non nella Chiesa. Fuggono città particolarmente grandi, Aleppo, Homs, Damasco. Lì, sono in pericolo. La maggior parte di loro vogliono continuare il loro viaggio e emigrare negli Stati Uniti, Grecia, Australia ed Europa. In particolare la classe media, che ha ancora qualche riserva. Essi cercano paesi in cui possano essere uguali davanti alla legge.


 

giovedì 23 agosto 2012

" Cristiani e musulmani, vivendo insieme nei nostri paesi arabi, rappresentano un modello di comunicazione, di aiuto reciproco, di solidarietà, di compassione e di rispetto per i fedeli di religioni diverse, sia a livello locale che mondiale”

"Il destino dei cristiani nel mondo arabo dipende anche da questa unità islamo-cristiana necessaria a fronteggiare “la crescente paura verso taluni gruppi religiosi e verso i cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo arabo. “
19 8 2012  Il messaggio di Gregorios III Laham, patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei melchiti, per la fine del Ramadan.
 

The greetings of His Beatitude for Eid ul-Fitr

To their Majesties, Highnesses and Excellencies, the Kings and Presidents of Arab Countries

http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/The-greetings-of-His-Beatitude-for-Eid-ul-Fitr

 
 











Oltre 12mila fedeli cristiani “alla fame” nel villaggio di Rableh: si invoca il diritto umanitario
Rableh (Agenzia Fides) – Oltre 12mila fedeli greco-cattolici sono intrappolati nel villaggio di Rableh, a ovest di Qusayr, nell’area di Homs. I viveri scarseggiano, i fedeli sono “ a pane e acqua”, mancano le medicine per curare i malati e i feriti. E’ l’allarme lanciato da fonti locali di Fides che, invocando il rispetto del diritto umanitario, confermano quanto la stampa internazionale sta riferendo sulla situazione a Rableh.
Da più di dieci giorni il villaggio di Rableh è soggetto a un rigoroso blocco da parte dei gruppi armati dell’opposizione, che lo circondano su tutti i lati. Uno dei responsabili di una parrocchia locale, B.K., che chiede l’anonimato per motivi di sicurezza, ha riferito a Fides che nei giorni scorsi tre giovani del villaggio sono stati uccisi da cecchini: George Azar di 20 anni, un altro di 21 anni, Elias Tahch Semaan, 35 anni, sposato e padre di quattro figli.
Alcuni rappresentanti dell’iniziativa popolare per la riconciliazione “Mussalaha” sono riusciti a portare un piccolo carico di aiuti umanitari al villaggio. Un rappresentante di “Mussalaha” ha rassicurato i fedeli affermando che “si farà di tutto per permettere la consegna di aiuti umanitari”.
Un appello è stato lanciato da Sua Beatitudine il Patriarca Gregorios III Laham, visibilmente commosso, a tutti gli uomini di buona volontà perchè “venga salvata Rableh e tutti gli altri villaggi colpiti in Siria, e giunga finalmente la pace nel nostro amato paese”. Anche il Nunzio Apostolico in Siria, S. Ecc. Mons. Mario Zenari, ha invitato tutte le parti coinvolte “al rigoroso rispetto del diritto internazionale umanitario”, ricordando che la risoluzione della crisi in Siria dipende prima di tutto sai dai suoi cittadini.
L’Agenzia Fides ha appreso, inoltre, che il monastero greco-cattolico di San Giacomo il Mutilato a Qara, che attualmente ospita una comunità di 25 persone da nove paesi e una ventina di rifugiati, nei giorni scorsi è stato colpito da bombardamenti di un elicottero d'attacco che intendeva colpire alcuni gruppi ribelli. Nessuna vittima, ma diverse parti del monastero, risalente al VI secolo d. C., sono state danneggiate. La Superiora del monastero, madre Agnès-Mariam de la Croix ha aggiunto la sua voce a quella della gerarchia locale, chiedendo la fine della violenza e “di adottare la logica del dialogo e della riconciliazione”. Autorità cristiane locali chiedono alle parti in lotta di risparmiare le aree dove vivono i civili e di salvaguardare il patrimonio culturale e religioso del paese. (PA) (Agenzia Fides 22/8/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39682&lan=ita

venerdì 17 agosto 2012

“Chiedo alla comunità internazionale, chiedo ai cristiani d’Europa, d’America e di tutto il mondo, chiedo ai governi di avere pietà di questo popolo siriano e di fare tutto il possibile per spingere tutti quanti a sedersi attorno ad un tavolo per dialogare, trovare una riconciliazione e risolvere questo problema in modo civile, umano. La guerra non fa che distruggere, non fa che uccidere: è una guerra fratricida."

Syrian Archbishop of Aleppo appeals for dialogue, peace

Listen to Tracey McClure's full-length interview with Archbishop Jeanbart: RealAudioMP3
http://www.radiovaticana.org/EN1/Articolo.asp?c=613395




INTERVISTA A MERE MARIE AGNES :
Free" "Syrian" "Army" Terrorists are killing Christians, burning and destroying Christian Churches 






Bartolomeo I: Pace in Siria e nel mondo intero
di NAT da Polis
Istanbul (AsiaNews) - In occasione della Festa della Dormizione della Vergine (in occidente: l'Assunzione di Maria al Cielo), il Patriarca ecumenico di Costantinopoli ha diffuso un comunicato in cui egli esprime "profonda preoccupazione" per la situazione della Siria e delle comunità cristiane di quel luogo. Il patriarca non dimentica altre zone di tensione in tutto il Medio oriente, la Nigeria e il Sudan e domanda la fine dell'uso politico del fondamentalismo religioso.
Ieri, per il terzo anno consecutivo, Bartolomeo si è recato a celebrare la festa mariana al monastero della Madonna di Sumela, sul Mar Nero. Dal 2009 il governo turco ha dato il permesso per celebrare una messa il 15 agosto, dopo 80 anni di divieti e dopo la trasformazione dell'antico monastero in museo.
Il patriarca ha focalizzato il suo intervento sulla crisi che sta colpendo l'umanità intera e la conseguente diffussione della violenza nel mondo.
"Il Patriarcato Ecumenico - dice il comunicato - è profondamente preoccupato per la diffusione della violenza in tutto il mondo d'oggi. Ci troviamo di fronte a fenomeni di intolleranza che non solo indeboliscono la pace globale, ma costituiscono una negazione della dignità umana. Fenomeni come omicidi, atti di razzismo, genocidi, pulizie etniche, antisemitismo, distruzioni di luoghi di culto, sono espressioni di barbarie, e devono essere condannati in modo categorico e inequivocabile, in particolare quando [tali atti] sono perpetrati in nome della religione".
"Il Patriarcato ecumenico - prosegue il comunicato - esprime le sue particolalori preoccupazioni soprattutto per la situazione creatasi in Medio Oriente , Nigeria e Sudan. Gli scontri e i conflitti tra cristiani e musulmani in questi luoghi, devono e possono essere superati soltanto con il rafforzamento dell'amor verso il prossimo, in quanto espressione di legame di pacifica coesistenza".
"Il Patriarcato Ecumenico - si aggiunge - è anche molto preoccupato per il futuro del popolo siriano e il futuro del cristianesimo su quella terra e rivolge un appello a tutti i protagonisti del conflitto, per far tacere immediatamente le armi, per urgenti motivi umanitari".
"La soluzione di tutti questi conflitti - continua - passa principalmente attraverso il dialogo. Perché, il dialogo è l'unico e miglior strumento di comprensione e di riappacificazione delle nostre differenze, e costituisce un agente di cambiamento e di riconciliazione. Pertanto, i capi religiosi di tutto il mondo, hanno il dovere e l'obbligo morale di opporsi ai conflitti e promuovere la pace come l'unica necessità. La religione non deve essere stumentalizzata ed utilizzata come pretesto per i vari conflitti, facendo leva sul fondamentalismo per uso politico. Il crimine commesso in nome della religione, è un crimine contro la religione".
http://www.asianews.it/notizie-it/Bartolomeo-I:-Pace-in-Siria-e-nel-mondo-intero-25557.html

martedì 14 agosto 2012

Quos deus vult perdere dementat prius

A quanto pare, non c'è solamente Hillary Clinton che se ne impippa degli appelli del Papa e dei Vescovi siriani ...

Padre dall’Oglio: “In Siria l'Onu deve intervenire con le armi”
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/padre-oglio-siria#ixzz23Gip59gc



GLI ERRORI DI PADRE DALL'OGLIO
Poiché padre Dall'Oglio è un cattolico si presume che conosca il catechismo, e quindi conosca le 5 condizioni che devono CONTEMPORANEAMENTE sussistere per l'uso delle armi contro un potere ritenuto tirannico.
"n.2243 (Catechismo della Chiesa Cattolica) La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori."
Diamo per scontato che il regime di Assad sia "oppressivo". Non occorre però molto acume per capire che almeno il punto 3 è stato violato in una maniera disgustosa. Il disordine attuale della Siria è certamente peggiore della situazione di "inizio primavera": quante persone morivano in Siria nel gennaio 2011?
Da notare poi che, quando una ribellione cerca di abbattere un regime, deve garantire che il nuovo regime sarà un regime giusto, ossia sottomesso alla legge naturale universale. Il problema è che gli islamisti non hanno la legge naturale universale nel loro impianto culturale, per cui sono nella impossibilità di poter assicurare un regime giusto. Avranno quindi a loro carico le colpe della distruzione della Siria, senza poter offrire i benefici del regime giusto: alla fine sarà stato solo un inutile ribaltamento del potere, a prezzo del sangue degli innocenti.
Padre Dall'Oglio aveva tutto il diritto di sostenere l'iniziale opposizione di tipo politico (quanti erano però questi oppositori? il dato ormai non è più quantificabile), ma aveva il dovere di denunciare e opporsi ai ribelli quando l'opposizione politica è stata fagocitata dall'opposizione armata venuta dall'estero e finanziata dall'estero (Arabia, Emirati, Qatar).
Nella Libia della finta ribellione cirenaica, adesso comanda Al-Kib, nato a Tripoli, che lavorò nell'American University of Sharjah (dove si formano personaggi occidentalisti&islamisti) e nel Petroleum Institute degli Emirati Arabi. Chi comanderà in Siria, visto che il CNS è sul modello del CNT libico? La risposta è fin troppo ovvia.
Possibile che padre Dall'Oglio non si renda conto che il suo atteggiamento sostiene le monarchie assolute della penisola arabica?
Possibile che non sappia che in quelle monarchie la vita cristiana è impossibile? E che esporteranno in Siria il loro modello?
Giovanni Lazzaretti
14 agosto 2012, San Massimiliano Maria Kolbe


il parere dei mussulmani radicali sugli osservatori ONU




Proche-Orient. Le sort des minorités si les rebelles prennent le pouvoir…

Et si l’on pensait aux chrétiens de Syrie ?

di Roland Hureaux

http://www.valeursactuelles.com/parlons-vrai/parlons-vrai/et-si-l%E2%80%99-pensait-aux-chr%C3%A9tiens-de-syrie20120808.html




 
"E se il regime oggi cadesse cosa accadrebbe? questa è la domanda che angoscia oggi le minoranze siriane"

Syria's Christians can be the catalysts for peace

Christians have no ambition to rule Syria but they can encourage the warring parties to negotiate a peace deal

di Nadim Nassar

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/aug/02/syria-christians-catalyst-peace





"Per l'opposizione estera sponsorizzata, lo Stato potrebbe essere già caduto ai suoi occhi, ma per tutti gli altri il movimento di opposizione violenta è il fallimento catastrofico."
Violent Revolution in Syria a Catastrophic Failure     




 

"Qui nessuno vuole la guerra"
« Ici personne ne veut de la guerre »
Che influenza ha il popolo siriano sugli avvenimenti in Siria? A mio parere, nessuna...
(Entretien de weltnetz.tv avec Karin Leukefeld, journaliste allemande indépendante installée en Syrie )

mercoledì 8 agosto 2012

PREGHIERA PER LA SIRIA

In questo tempo dell'anno liturgico così fortemente impregnato della memoria della Vergine Maria e di San Bernardo Abate, invitiamo tutti i nostri amici, conoscenti, lettori a rivolgere alla Vergine Maria una preghiera insistente di pace per la popolazione siriana dilaniata dalla sempre più violenta guerra civile, e in particolare per le presenze cristiane ancora numerose nel paese.

Alla preghiera di ciascuno ricordiamo in particolare le sorelle del monastero cistercense trappista di N.S. Fonte della Pace (Deir al Adrha Yanbu'a-s-Salam) di Azeir.




Le Monache Carmelitane di Aleppo testimoniano il terrore di tutta la popolazione cristiana e musulmana
"Seule une intervention divine peut changer le cours des choses"


Vous êtes encore si nombreux à demander des nouvelles et à prier pour nous ! Un immense MERCI ! C'est une grande grâce pour nous que de nous savoir et nous sentir soutenues un peu partout ! Je vous envoie quelques nouvelles (les mêmes pour tous, cela facilite la correspondance qui est plus qu'abondante en ce moment !)
Nous portons comme nous pouvons le poids des canons et de la chaleur ….
les bombardements aériens d'avion de guerre, commencés le 3 août ont été virulents. Ils ont cessé pour le moment, mais les bombardements terrestres se poursuivent, ainsi que les attaques par hélicoptère....
Que Dieu ait pitié de tous ! Je sais que vous priez pour nous. Mille mercis ! Les nuits et les journées sont dans l'ensemble très bruyantes, malgré des accalmies. Coups de canon, tirs de mitraillettes, roquettes et autres armes du même genre se multiplient, hélas ! Nous ne sommes pas menacées ni visées directement mais nous sommes épouvantés lorsqu'il y a des poursuites tout autour de notre monastère, et c'est souvent …. Nous avons trouvé dans le jardin et sur la terrasse des balles perdues !
(...) Nous ne savons vraiment pas comment tout cela va finir, et le nombre des victimes augmente tous les jours de part et d'autre ; pour la plupart ce sont de malheureux jeunes qui s'en vont, fanatisés par la violence des hommes…. Que Dieu ait pitié de leurs familles, du pays et de nous tous ! Les vols enlèvements, attentats se multiplient et nul n'est à l'abri. Du coup, les gens restent le plus possible terrés chez eux ou fuient les quartiers des belligérants, se réfugiant dans les jardins publics ou les écoles….
Certains annoncent un renfort de 50 000 rebelles, envoyés par la Turquie (jeunes de Lybie, Pakistan, Irak, Jordanie et autres pays du même genre….) et un renforcement de l'armée syrienne.
....
http://www.oeuvre-orient.fr/page-syrie-seule-une-intervvention-divine-peut-changer-le-cours-des-choses-1072.html

lunedì 6 agosto 2012

Messaggio di Gregorios III: "Beati gli operatori di pace"

 
Il nostro ruolo di cristiani è quello di mediazione e di riconciliazione: di essere costruttori di ponti tra i figli della stessa patria. Questa è la missione più bella che abbiamo potuto svolgere per il nostro paese, la Siria, per ogni nostro fratello e sorella, concittadini di tutte le denominazioni, a prescindere dal partito politico, tribù, regione o convinzione.
Noi preghiamo Dio affinchè si degni di riportare l'amore nei cuori di tutti i siriani, in modo che essi non abbiano bisogno di armi o  paura di massacri, perché possano vivere insieme, come figli della stessa famiglia e della stessa patria.
Noi lo imploriamo: Dio della pace, dona la pace al nostro paese!
Damascus, 3 August 2012


“Blessed are the peacemakers”
With these words Our Lord exalts peace-makers, saying that “they shall be called children of God.” (Matthew 5: 9)
Through these same Gospel words, I should like to explain the Church’s attitude to the widespread talk of arming Christians, especially in Damascus:
1. No official has spoken to us about arming Christians.
2. We have never contacted any official and we have never asked for our Christian children to be armed, in Damascus or elsewhere.
3. We have never considered – and never will – arming ourselves.
4. Furthermore, we believe that the attempt to arm Christians, from whatever quarter, involves a danger of sectarian conflict and exposes predominantly Christian districts to attacks of unknown origin.
5. We call upon all our faithful, in all parishes, to refuse offers of arms. We remind them of the teachings of Our Lord, Jesus Christ, “All they that take the sword shall perish with the sword.” (Matthew 26: 52) And also, “Blessed are the meek, for they shall inherit the earth... Blessed are the peacemakers, for they shall be called the children of God." (Matthew 5: 5 and 9)
6. We remind them likewise of Saint Paul’s teaching, "If it be possible, as much as lieth in you, live peaceably with all men." (Romans 12: 18)
Our role as Christians is one of mediation and reconciliation: of being bridge-builders between the children of the same homeland. That is the finest mission that we could carry out for our country, Syria, for our brother and sister fellow-citizens of all denominations, regardless of political party, tribe, region or persuasion.
7. We have not stopped calling for this, ever since the outbreak of the crisis in March, 2011. That is the role of the Church and its pastors – Patriarchs, bishops, priests – monks, nuns and lay-persons involved in various sectors of activities and services of the Church. Our churches, schools, institutions and confraternities are all schools of peace, faith, virtue, love and frank, sincere fellow-citizenship and respect for all.
8. I recall a saying of the late Ecumenical Patriarch Athenagoras of Constantinople, "I am no longer afraid, because I have laid my weapons down!"
Our Lord calls us to this in the Holy Gospel, "It is I, be not afraid!" (Matthew 14: 27; Mark 6: 50; John 6: 20) And also, "Be of good cheer! I have overcome the world." (John 16: 33) And John the Evangelist tells us, "This is the victory that overcometh the world, even our faith." (1 John 5: 4) Let us add: faith in our brethren, our homeland and our sincere, humane national values.
We pray God to deign to bring back love to the hearts of all Syrians, so that they will have no need of weapons or fear of massacres, for they will be living together, as children of the same family and the same homeland.
We implore him: God of peace, grant peace to our country.
+ Gregorios III
Patriarch of Antioch and All the East,
Of Alexandria and of Jerusalem
http://www.pgc-lb.org/eng/gregorios/view/Blessed-are-the-peacemakers



SIRIA : Chi l'ha a cuore?
Testimonianza da Aleppo dove si prepara lo scontro, forse, decisivo
S.I.R. Prima pagina Martedì 07 Agosto 2012
"Ci sono scontri in atto in diverse zone e quartieri della città. Si odono continui colpi di arma da fuoco, tanti scoppi, alcuni molto forti, forse di mortaio. Siamo molto preoccupati perché non sappiamo cosa accadrà e a cosa andremo incontro. Si dice che si stia preparando una battaglia, che genere di conflitto sarà, quando comincerà e quanto durerà non lo possiamo sapere. Non possiamo fare altro che sperare in un compromesso che eviti uno spargimento di sangue, vittime innocenti. Altro sangue non farà che aumentare l’odio, le divisioni, e la distanza tra le parti". È una voce affranta quella di mons. Jean-Clément Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, la seconda città siriana, snodo economico della nazione, dove da giorni si stanno ammassando le truppe regolari del presidente Assad per cacciare le forze dell’opposizione armata barricate in alcuni quartieri della città. Si parla di 20 mila soldati pronti a sferrare un attacco che potrebbe rivelarsi decisivo per le sorti del conflitto. Alla capacità militare di Assad non corrisponde, però, un’altrettanta potenza politica soprattutto dopo la fuga in Giordania del premier, nominato solo un mese fa, Riad Hijab. Una defezione che, per gli analisti, è un segnale che il regime sarebbe avviato alla disgregazione. "L’abbandono dell’ex premier - dichiara il presule - mostrerebbe una certa debolezza del regime e getta sul popolo un ulteriore motivo di preoccupazione. Politica e diplomazia cerchino vie di dialogo che è quello che il popolo vuole ed auspica, non il suono cupo delle armi". Invece, "siamo costretti ad assistere a scelte totalmente opposte, basti pensare alla decisione del presidente Usa, Barack Obama, di autorizzare missioni segrete in sostegno dei ribelli. Non è da oggi che gli Usa spingono in questa direzione".
Un Paese in ginocchio. Chi è già in ginocchio è il Paese: dal marzo 2011, inizio del conflitto, i morti - secondo stime dell’Osservatorio siriano per i diritti umani - sarebbero oltre 21 mila, gli sfollati ancora in Siria un milione e mezzo. Centinaia di migliaia quelli fuggiti in Turchia, Libano e Giordania. L’economia è ferma, manca il lavoro e l’emergenza umanitaria è sempre più vicina, complici anche le sanzioni adottate dalla comunità internazionale.

domenica 5 agosto 2012

Nei quartieri cristiani di Damasco

Ore d'inferno sotto il fuoco incrociato
di ALIX VAN BUREN - LaRepubblica

L'assalto alle porte dei quartieri cristiani, a Bab Sharqi e Bab Touma nella Città vecchia di Damasco, è iniziato col canto rituale dei muezzin che precede l'alba. «Al primo "Allahu Akbar" intonato dai minareti s'è scatenata una sarabanda di fuoco»: Samir, patriarca di un'antica famiglia di commercianti, ha il palazzetto proprio di fianco a Bab Sharqi, la Porta d'Oriente dalla quale si accede all'area dei Masihiyya, i "seguaci del Messia".
«Era notte fonda, le scintille dei proiettili esplosi schizzavano in ogni direzione fuori delle finestre», Samir è ancora pallido e scosso. «La gente, giù per i vicoli, gridava "Eccoli, sono arrivati!", e intendevano i gruppi armati. Lo aspettavamo come il peggiore degli incubi: l'invasione dei quartieri cristiani. Dopo quelli di Homs e Aleppo, sarebbe toccato anche a noi».
I primi scontri sono iniziati verso l'una a Bab Touma, poco distante da Bab Sharqi. Un commando di insorti si è appostato in un edificio ai margini di un gruppo di misere casette, vicino al corso d'acqua che scorre all'esterno della porta. Presa la stazione della polizia,è intervenuto l'esercito.
Una ventina di uomini è riuscita a sgusciare verso Bab Sharqi. «Erano mercenari», sostengono gli abitanti, «parlavano con accenti stranieri». "Libici" dicono e intendono genericamente afgani, pakistani, ceceni, che popolano i loro timori dopo le notizie dei jihadisti entrati dall'estero. Sul cellulare mostrano le fotografie dei quattro uccisi nelle sparatorie, le barbe fino al petto.
«Tre quarti d'ora d'inferno», raccontano fra le case dove negli ultimi anni sono fioriti alberghi boutique, ristoranti citati anche all'estero, gallerie d'arte, piano bar, discoteche. Le loro parole suonano tanto più incongrue: «I nostri giovani sono scesi per strada, armati di kalashnikov. Sanno a malapena sparare». Da qualche giorno, infatti, da che è iniziata la battaglia di Aleppo, una parte della comunità cristiana siè dotata di armi e di una guardia. «Assieme ai soldati, hanno fermato l'attacco sulla porta. Se fossero entrati, Damasco sarebbe crollata». Il pomeriggio s'era annunciato coi combattimenti alle spalle di Jaramane, a breve distanza da Bab Sharqi, nei frutteti colpiti dall'artiglieria, un elicotteroa individuare dal cielo le posizioni dei ribelli.
A casa del mercante Samir, è una processione di gente. «Mi chiedono cosa fare», dice. «La sensazione è che questo sia soltanto l'inizio: una prova per saggiare la nostra reazione, capire quanto e come siamo armati. Vedrà, stanotte ritenteranno con armi più pesanti. Questo è un luogo strategico: chi prende il nostro quartiere, ha in pugno il cuore di Damasco». Il boss cristiano non ha torto: la Città vecchia, il centro della più antica capitale al mondo, cresce su se stessa da cinque millenni. La via Recta dei tempi romani riordina attorno a sé il groviglio dei suq. Le case addossate l'una all'altra, chiuse da muri ciechi all'esterno, offrono un appostamento ideale.
Una rete di cunicoli sotterranei permette di muoversi, non visti, attraverso l'intero quartiere; i tetti, contigui, sono una rete di passaggio ininterrotta, dominante dall'alto. Né carri armati, né artiglieria hanno spazio di manovra. Stanare chi si annidasse qui, sarebbe un'impresa proibitiva. Perciò i ribelli armati resistono da mesi nel centro di Homs, e ora in parte di Aleppo. Agli occhi dei cristiani, però, la posta è «immensamente più alta: sta prendendo corpo il più cupo dei nostri presagi» dice Tony, un avvocato, e per spiegarsi ripete a bassa voce lo slogan ascoltato in certe piazze siriane dall'inizio della rivolta: «"Alawiyya 'a tabut, Masihiyya 'a Beirut. Sta per "gli Alawiti alla tomba, i Cristiani a Beirut". Homs si è svuotata dei Masihiyya come in Iraq, e da Aleppo fuggono in decine di migliaia». Il siriano s'inasprisce: «Già una parte dei ribelli fondamentalisti ci vuole fuori di qui. In più, Francia e America per assurdo ci spingono a emigrare. Questo vorrebbe dire lasciar tutto: le antiche case, i nostri averi, quel che abbiamo costruito nella storia. Equivarrebbe a rinunciare alle nostre radici».
George, un antiquario, interviene: «Ascolti, noi eravamo qui ancor prima di San Paolo», s'inorgoglisce: «Quando Saul arrivò, già l'aspettava un vescovo». Ricorda un convegno in America, lui cristiano arabo invitato a parlare a una platea di protestanti. «Un americano m'ha chiesto: "Com'è cambiata la sua vita dopo la conversione alla Chiesa di Gesù?". Gli ho risposto: "Caro signore, spetterebbe a me rivolgere questa domanda a lei, dal momento che i miei avi erano cristiani molti secoli prima dei vostri?"».
S'è fatta l'ora dei vespri; lo scampanellio delle chiese torna a riempire il cielo, vivace e impertinente. Il Patriarcato riapre, i fedeli si avviano ai santuari ortodossi, cattolici e delle tante denominazioni cristiane. Il ristorante Narenj, a 100 metri dall'arco di Bab Sharqi, imbandisce i celebri tavoli di fronte a una chiesa e a una moschea, come se nulla fosse stato. Munir, il maître, sfoglia il libro delle prenotazioni: «Stasera tutto pieno», dice. E sembra crederlo.
Più in là, a Bab Touma, i segni della sparatoria sono scomparsi.
Tutto ripulito, anche i bossoli da terra. Non c'è traccia di soldati, né carri armati. Una quinta di normalità avvolge la lotta mortale per il futuro di questa terra.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/08/02/nei-quartieri-cristiani-di-damasco-ore-dinferno.html?ref=search

venerdì 3 agosto 2012

La Siria in un vicolo cieco: ascoltiamo il Papa (e Kofi Annan)

Asia News 03/08/2012 - Bernardo Cervellera
Le dimissioni di Kofi Annan dalla carica di inviato dell'Onu per la pace in Siria accresce l'oscurità nel presente e nel futuro del Paese medio-orientale. Le notizie quotidiane di massacri dall'una e dall'altra parte; gli spietati bombardamenti dell'esercito siriano sulle città, come gli attacchi con armi sempre più pesanti da parte dell'opposizione mostrano che quella che è divenuta una guerra civile difficilmente avrà vincitori o vinti: avendo ognuno deciso di eliminare l'avversario e di progettare un futuro senza di esso, le due parti si sono scatenate in una guerra senza esclusione di colpi.
Anche se Assad pensasse di vincere, la Siria non potrà essere come quella di prima delle rivolte: non vi è soltanto al Qaeda a lottare, né il Free Syrian Army, o "i terroristi", ma anche buona parte della popolazione che esigono avere parte nella gestione del Paese.

E se l'opposizione vincesse, è quasi sicuro che vi sarebbe un'altra guerra interna: fino ad ora, infatti, la sfrangiata opposizione mostra che ognuno va avanti per la sua strada e non sa cucire insieme con gli altri ribelli un futuro unitario.

La lucida analisi di Kofi Annan accusa - per la prima volta in modo esplicito - entrambe le parti per l'escalation del conflitto, togliendo quell'aura di "eroi partigiani" di cui i rivoltosi hanno goduto finora.

Ma Kofi Annan accusa soprattutto il Consiglio di sicurezza Onu e la comunità internazionale di essersi divisa e di "puntare il dito" e di "offendersi" l'un con l'altro.

Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno continuato a criticare Russia e Cina perché frenano mozioni risolutive all'Onu contro il regime siriano. Ma essi - e gli Usa soprattutto - hanno fatto della cacciata di Assad e del suo governo il passo risolutivo. Demonizzando Assad si rischia il fallimento dell'Iraq, quando alla caduta di Saddam Hussein gli Stati Uniti hanno azzerato la burocrazia e l'amministrazione del partito Baath, condannando per anni il Paese all'anarchia e alla violenza.

Russia e Cina (e Iran) da parte loro sfoggiano il loro patronato sulla Siria, ma non hanno mai proposto alcuna pista ragionevole per la pace, preferendo soltanto difendere il loro legame (anche commerciale) con Damasco.

La Lega araba, e in particolare l'Arabia saudita e il Qatar, da un pulpito improbabile, continuano a condannare la dittatura di Assad, difendendo la rivoluzione araba purché avvenga fuori dei loro confini. E per combattere una paventata egemonia iraniana, consegnano la Siria ai fondamentalisti di al Qaeda e ad altri integralisti islamici, che avrebbero vita difficile a Riyadh e a Doha.

Un capitolo a parte meriterebbe il bazar delle armi. Ogni sostenitore provvede per il suo gruppo: elicotteri da guerra (Russia); strumenti di comunicazione e intelligence (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti); armi pesanti e soldi (Arabia saudita e Qatar). Nel commercio di armi sono implicate le stesse nazioni che avevano dato il mandato a Kofi Annan di cercare una pace possibile!

In un editoriale pubblicato sul sito del Financial Times, Kofi Annan chiede un po' di serietà alle grandi e piccole potenze. Per l'ex segretario dell'Onu, Russia, Cina e Iran "devono assumere sforzi comuni per persuadere la leadership siriana di cambiare corso e abbracciare la transizione politica", anche con la partenza di Assad. Le potenze occidentali, i sauditi e il Qatar "devono far pressione sull'opposizione perché percorrano un processo politico onnicomprensivo - che deve includere comunità e istituzioni che attualmente sono associate con il governo".

Impressiona la profonda sintonia fra le richieste di Annan e quanto Benedetto XVI ha richiesto all'Angelus di domenica 29 luglio. Il papa, che segue gli avvenimenti in Siria "con apprensione", ha detto che chiede "a Dio la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un'adeguata soluzione politica del conflitto".

Il punto è che il pontefice ha a cuore "i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi". Non sappiamo invece cosa abbiano a cuore i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu o la Lega araba. Forse degli interessi piccoli piccoli.
http://www.asianews.it/notizie-it/La-Siria-in-un-vicolo-cieco:-ascoltiamo-il-Papa-%28e-Kofi-Annan%29-25465.html