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giovedì 31 maggio 2012

Contro i tamburi di guerra....

Nunzio apostolico: L'Onu guardi i frutti del dialogo interreligioso non solo le cannonate
Damasco (AsiaNews) - "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". E' quanto afferma ad AsiaNews, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Il prelato invita ancora una volta i Paesi occidentali e i cosiddetti "amici della Siria" a sostenere le iniziative di dialogo che stanno avvenendo in modo spontaneo fra la popolazione che tenta di cambiare dal basso l'attuale situazione. "Le immagini delle violenze di Houla - spiega - hanno scioccato tutti e hanno spinto i siriani al dialogo, soprattutto nelle aree più colpite dalla guerra".
Oggi, a Homs più di 20 leader religiosi cattolici, ortodossi, sunniti e alawiti si sono incontrati insieme ai rappresentanti del governo locale e nazionale per discutere in modo pacifico i problemi che da oltre un anno affliggono il Paese. In attesa di un comunicato ufficiale, mons. Zenari spiega che i capi religiosi e politici hanno condannato i massacri, per evitare un conflitto fra fazioni religiose e politiche. Ogni delegato è consapevole che il Paese sta andando alla deriva. Alle violenze si aggiungono atti di banditismo, furti, omicidi, regolamenti di conti fra famiglie rivali. "Fra i problemi più gravi - continua - vi sono le continue sparizioni di persone, rapite per estorcere denaro e utilizzate come merce di scambio". Ieri, i leader si sono scambiati le liste dei rapiti, impegnandosi a fare di tutto per fermare questa piaga, che in più di un'occasione è sfociata in massacri con morti e feriti.
"I cattolici - aggiunge mons. Zenari - sostengono queste piccole iniziative positive e cercano di lavorare su tutti i fronti". Il prelato spiega che in ogni città vi sono gesti e iniziative di carità, per soccorrere intere famiglie rimaste senza casa e cibo con cui sfamarsi, la speranza è che tale positività prevalga sull'odio e la violenza.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-L%27Onu-guardi-i-frutti-del-dialogo-interreligioso-non-solo-le-cannonate-24891.html

I rifugiati siriani accolti dai Gesuiti nel convento di San Vartan
Famiglie di sfollati siriani, fuggite dal conflitto che infuri nell'Ovest del paese, hanno trovato accoglienza e ospitalità nel Convento di San Vartan, gestito dai gesuiti nel quartiere di Midan, nel cuore di Aleppo. Il convento, dedicato al Santo armeno, era un secolo fa una scuola armena, poi servita ad accoglier i rifugiati armeni. Nel novembre 2008 i gesuiti, tramite il “Jesuit Refugees Service”, dopo averlo restaurato, vi hanno aperto un Centro di accoglienza per rifugiati, con attività di dopo scuola per ragazzi e attività sociali. A beneficiarne sono stati rifugiati iracheni e bambini di famiglie povere siriane. Il Centro ha continuato ad accogliere fino al 2010 nuove famiglie dall’Iraq, che si sono gradualmente inserite nel tessuto sociale della città, stabilendosi n Siria. Oggi il Centro è aperto a sfollati e bisognosi, senza alcuna discriminazione di religione, gruppo etnico, provenienza. Data la violenza che prosegue in Siria, alcuni sfollati interni siriani sono arrivati al Centro e hanno trovato un'oasi di accoglienza e soldiarietà.
Il dramma dei rifugiati siriani continua: secondo l'ultimo rapporto Unicef, sono oltre 54.000 i rifugiati siriani in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Il 50% sono bambini che hanno lasciato le scuole, soffrono la povertà e traumi causati dalla fuga.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39200&lan=ita

Il Gesuita p. Paolo Dall'Oglio in preghiera a Qusayr per fermare il conflitto confessionale
Il minareto lo sveglia nel cuore della notte ma, in tal modo, “lo aiuta nella preghiera prima dell’alba, quella dei monaci orientali”. Un'oasi di preghiera “nel bel mezzo della lotta, in una città circondata; un’orazione costante, turbata da colpi di mitragliatrice”. E’ il Gesuita padre Paolo Dall'Oglio il prete cattolico che si è stabilito a Qusayr, città a Sud di Homs, martoriata dalla violenza, per fare un'esperienza prolungata di digiuno e preghiera per la pace. Come rivelato nei giorni scorsi dall'Agenzia Fides, il suo vuol’essere “un segnale contro corrente”, un modo non violento di vivere e testimoniare la fede in Cristo nel bel mezzo del conflitto. “Ho scelto Qusayr perchè, con la mia presenza, voglio cercare di sanare la polarizzazione confessionale che si è verificata in città. Ho ascoltato la supplica di alcune famiglie cristiane che hanno visto i propri cari rapiti e vorrei fare del mio meglio, con la preghiera e con il dialogo, per ricomporre le fratture”, spiega a Fides p. Dall'Oglio. Nella città vi è stata crescente conflittualità fra musulmani e cristiani, con una lunga scia di rapimenti, vendette, omicidi.
Bande armate di miliziani fuori controllo, riconducibili alla galassia dell’opposizione siriana, hanno compiuto violenze sui cristiani. Il cristiano André Arbache, padre di famiglia di 30 anni, nel gennaio scorso è stato rapito e poi trovato morto. Molti altri cristiani sono vittime di sequestri. Qusayr è una città dove viveva un comunità greco-cattolica fra le maggiori della Siria, di circa 10mila persone, accanto a 15mila musulmani sunniti. “I cristiani – spiega p. Dall’Oglio – sono quasi tutti fuggiti dalla città, ne sono rimasti pochissimi”.
Il Gesuita è ospite di un famiglia cattolica, dato che la casa parrocchiale a Qusayr non è un luogo sicuro. “La mia preghiera e la mia presenza vuol'essere anche un segno di speranza, perchè questa primavera siriana possa sbocciare, verso un futuro di unità e dialogo all'insegna del pluralismo”, rimarca. Intorno alla sua persona si sta ricostruendo un tessuto di relazioni strappato dalle dinamiche della violenza, che facilmente sconfina in una spirale di odio e vendetta fra persone, famiglie, comunità di diversa religione. Le parole chiave sono “riconciliazione e perdono, fratellanza nel nome di Dio”. Nella speranza di costruire, anche con la preghiera, una Siria più umana, rispettosa della dignità e dei diritti di tutti. (PA) (Agenzia Fides 30/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39199&lan=ita


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» ha dichiarato ad Avvenire in un’intervista dell’11 maggio l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. Intervista di Luca Geronico
Ex custode di Terra Santa, Giuseppe Nazzaro è vicario apostolico di Aleppo dopo una vita intera spesa in Medio Oriente. Nessuna tentazione di fuga, ora che la violenza sembra dilagare: «Noi restiamo qui», afferma irremovibile.

Eccellenza, dopo il duplice attentato di Damasco siamo sull'orlo di una guerra civile?
No no. Non siamo sull'orlo di una guerra civile. Qui in Siria stiamo rischiando un'altra cosa.

Quale, eccellenza? Faccia attenzione a quello che le dico. In Iraq ora a cosa siamo arrivati? Me lo dica lei. Forse a una situazione di ingovernabilità?
Esatto. E chi l'ha causata?

Prego.
Devo dirlo io? È l'Occidente che ha portato a questo. E qui stiamo, più o meno, arrivando alla stessa situazione. È l'Occidente che vuole questo. Ma veramente l'Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità? Queste domande me le pongo io, ma anche tanti altri qui ad Aleppo. È stato l'Occidente a ridurre l'Iraq così, mentre ci sono tante altre strade per arrivare a discutere. I kanirkaze dove sono nati? In Giappone e poi in Palestina. E a chi facevano comodo?

Mi vuole dire che ci sono infiltrazioni terroristiche dall'estero funzionali a creare uno stato di tensione che giustifichi un intervento internazionale? Sarebbe tremendo se si verificasse un intervento internazionale?
Una coalizione internazionale in Iraq a che cosa ha portato? Ieri il capo della missione Onu qui ad Aleppo ha detto che, se si vuole discutere, gli attacchi non fanno bene a nessuno, né all'interno né all'esterno. Quindi cerchiamo di darci una regolata dall'esterno per poter intervenire anche dall'interno.

Una «regolata dall'esterno»? Più precisamente? I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così.
L'Egitto, che il mondo ha tanto applaudito, ha ottenuto quello che voleva? Vediamo o non vediamo che gli interventi dell'Occidente, che con tutto il rispetto non capisce per nulla la psicologia di questi popoli, non portano a nulla? Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. Questo mi chiedo io, assieme a molta gente di buona volontà.

Per uscire da questa crisi sociale e politica, il piano Annan le sembra una buona possibilità o va contro il sentire profondo della Siria?  Ho già dichiarato che il piano Annan è buono, ma chi lo segue? L'Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi ha fatto questi 55 morti, il governo o l'esercito? E allora perché non si riesce a fare un discorso anche su chi ha provocato queste vittime? Chi li ha istigati, chi li sostiene? L'Occidente. E allora forti di questo appoggio si va avanti così. L'Occidente sta riducendo questo Paese come l'Iraq.

Quindi per lei bisogna dare credito al governo e alle riforme che Assad ha iniziato?
Certamente. Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall'esterno, l'effetto è controproducente. La minoranza cristiana teme che alla fine questo legittimi il fondamentalismo e riduca ulteriormente, la vostra libertà? Guardi, quanto a libertà qui io non ho alcuna restrizione. Qui nessuno ci costringe. Quale altro Paese vicino gode di tutta questa libertà? Invece c'è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato.


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