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sabato 19 dicembre 2020

Aleppo, un Natale tra Covid e sanzioni

  da : AsiaNews 

Un Natale “semplice”, che richiama la Sacra Famiglia nella grotta di Betlemme con poche luci e addobbi, ma partecipato e con chiese gremite  dai fedeli in un contesto ”drammatico per le sanzioni, che uccidono più delle bombe durante la guerra”. 

È quanto sottolinea ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, raccontando il clima dell’Avvento nella metropoli del nord del Paese, per anni epicentro del conflitto siriano sino alla liberazione nel dicembre del 2016. Il prelato conferma che “abbiamo abolito i ricevimenti ufficiali”, perché sarebbe stato “impossibile stare in piedi cinque ore e fare gli auguri a tutti i rappresentanti religiosi e istituzionali al tempo del Covid-19. Si celebra la messa, poi un saluto sulla porta della chiesa con maschere, distanziamento e disinfettanti”. 

In quella che un tempo era la metropoli economica e commerciale della Siria quest’anno la festa è in tono minore, non tanto per la paura di contrarre il nuovo coronavirus quanto per le sanzioni e l’embargo di Stato Uniti ed Europa. “Alle misure punitive ordinarie - spiega mons. Abu Khazen - si è aggiunta anche il Caesar Act imposto dagli Usa, che colpisce la popolazione nella vita di ogni giorno, assieme all’inflazione”. 

La nascita di Gesù, racconta il vicario apostolico, è sempre “fonte di speranza e di gioia. Tuttavia, in Siria oggi c’è poco da festeggiare non tanto per il virus, quanto per l’impoverimento generale della popolazione. Un tempo un euro era scambiato a 50 lire siriane, oggi a 3600. Le paghe sono rimaste uguali, i prezzi saliti alle stelle con file enormi ai forni per un pezzo di pane, razionato dal governo. E con il freddo, molte famiglie non hanno ricevuto nemmeno la loro parte di gasolio. In passato le forniture, anche in tempo di guerra, ogni ventina di giorni arrivava una bombola di gas mentre oggi ne trascorrono almeno 60. La luce viene un’ora e mezza, poi sparisce per nove, altrettante file di auto in coda per la benzina e così via”.

“Il Natale in passato - ricorda il prelato - sotto la guerra, nonostante l’assedio e le bombe, non presentava le stesse difficoltà. Per le persone era forse più facile soddisfare i bisogni della vita quotidiana. Oggi molte cose non si possono comprare, dalla frutta alla carne che resta un sogno per la grande maggioranza”. 

Il blocco occidentale, in primis gli Stati Uniti, si è accorto “di non poter vincere la guerra sul piano militare, quindi ha scelto di strozzare la Siria da un punto di vista economico. Ma questo è un crimine contro l’umanità, perché questo popolo non ha colpe. Inoltre, non è vero che i combattimenti sono finiti, mentre quello che è certo è l’aumento della povertà e la mancanza di medicinali, doppiamente grave in questo momento di pandemia”. 

Mons. Abou Khazen ricorda che la Siria è una nazione “ricca di frumento, di risorse minerali, di petrolio e di gas, cui viene impedito di usarlo, soprattutto quello del nord-est controllato dagli americani, persino per riscaldare le abitazioni private”. 

In questo contesto “il coronavirus, a differenza di molti altri Paesi, non è ‘il’ problema ma uno dei tanti cui dobbiamo far fronte e chi può lavora, per mandare avanti la famiglia”. Fra le poche voci che si levano a favore della Siria vi è quella di papa Francesco, con i suoi ripetuti appelli per la pace l’ultimo dei quali l’11 dicembre ad un incontro di 50 agenzie cattoliche. “Il pontefice - sottolinea - parla sempre a favore del popolo siriano e la decisione, forte e coraggiosa, di visitare l’Iraq può avere risvolti positivi anche per noi perché lancia un messaggio forte al mondo, soprattutto verso quanti vogliono disgregarne Stato e società”. 

“Il più bel regalo di Natale - conclude - sarebbe la cancellazione delle sanzioni verso il popolo siriano”.

mercoledì 16 dicembre 2020

Natale in Siria. Card. Zenari: “La povertà in cui è nato Gesù è la stessa in cui versano oggi i bambini siriani”.

 

Le comunità cristiane della Siria si preparano a vivere il Natale.

Le testimonianze del nunzio apostolico, card. Mario Zenari, e dei parroci delle zone dove si combatte ancora, padre Antonio Ayvazian, parroco armeno di Qamishli, nel nord Est siriano (al confine turco) e di padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino del villaggio cristiano di Knaye (Idlib)

La povertà in cui è nato il Signore, a Betlemme, è la stessa in cui oggi versano tante famiglie, con i loro bambini, nella Siria in guerra da 10 anni”.

A 10 giorni dal Natale, è il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, a descrivere le condizioni dei bambini siriani e delle loro famiglie. Un pensiero continuo, quello del nunzio, per i piccoli della Siria, accompagnato da un impegno strenuo sul terreno. “Il Papa – dice al Sir – mi ha donato questa fascia color porpora che è lunga e larga quanto è lunga e larga la Siria. Questa missione è un privilegio datomi da Dio: condividere le sorti della popolazione siriana martoriata”.

Damasco.

Sarà anche questo un Natale di povertà, al freddo, come nella grotta di Betlemme” afferma il cardinale che da tempo denuncia l’emergenza umanitaria in Siria che coinvolge circa 12 milioni di persone tra rifugiati fuori i confini siriani e sfollati interni. “Sono famiglie che vivono come possono, tante sotto le tende, lontano dalle loro case, alcune anche a cielo aperto. Mancano stufe e chi le ha non può accenderle per mancanza di gasolio. Spesso mi capita di vedere nelle strade file interminabili di gente in attesa di comprare del pane a prezzo agevolato dal Governo”. A Damasco e in altre zone della Siria non cadono più razzi e mortai ma è scoppiata, spiega, “la bomba della povertà”. Il nunzio cita dati Onu: “l’83% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e questo uccide la speranza. C’è bisogno di pane, di latte, di gasolio, di medicine”. Il pensiero va ancora alla “sofferenza dei più piccoli che vedono tornare a casa i loro genitori solo con un po’ di pane spesso di scarsa qualità per la mancanza di farine adatte”. Anche la solidarietà paga il suo tributo alla guerra.

Rivela il nunzio: “Giorni fa un ecclesiastico è andato ad inaugurare un panificio a 30 km a nord di Damasco, donato da un Paese europeo. Il forno non funziona già più perché manca il gasolio”.

Alla povertà si è aggiunta la pandemia del Covid-19. “Non abbiamo dati ufficiali dei contagi, i tamponi sono molto pochi. Probabilmente fino ad ora il virus è stato contenuto anche grazie al fatto che la Siria è un Paese chiuso, dove non arriva nessuno”. Con il progetto “Ospedali Aperti”, portato avanti con la fondazione Avsi, in tre nosocomi cattolici, due a Damasco e uno ad Aleppo, “abbiamo cominciato a prestare cure domiciliari. Nell’ospedale italiano a Damasco le nove suore sono state contagiate e una è deceduta – afferma il card. Zenari -. Il sistema sanitario siriano è ridotto ai minimi termini a causa della guerra. Reperire dispositivi di protezione è difficile così come educare la popolazione a idonei comportamenti igienici. Molte famiglie vivono in case senza servizi. I rifugiati vivono in campi dove non c’è distanziamento.

La priorità in Siria oggi non è tanto la mascherina quanto il pane”.

Che questo Natale scaldi il cuore di tanti nel mondo, che nonostante la pandemia, possano davvero ricordarsi della Siria. Impariamo dalla nostra sofferenza per aiutare chi ne ha una più grande”.

Qamishli.

Le parole del nunzio sono raccolte da padre Antonio Ayvazian, parroco armeno di Qamishli, nel nord Est siriano e da padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte (gli altri sono Yacoubieh e Gidaideh, tutti a circa 50 km da Idlib).

Si tratta di due aree ad alta tensione. “Qui nel nord Est ci sono 13 villaggi cristiani armeni sperduti nelle montagne. fa molto freddo ed è urgente trovare il carburante per le stufe” dice al Sir padre Ayvazian che punta l’indice contro “l’embargo e le sanzioni internazionali che stanno distruggendo la Siria e provocando l’esodo dei cristiani nel silenzio dell’Occidente. Solo la nunziatura apostolica ci è vicina”.

La speranza adesso è riposta nell’aiuto inviato da Papa Francesco a tutte le diocesi siriane, 60 mila euro ciascuna.

Le comunità cristiane si sono tirate su le maniche contro il Covid. “Insieme ai capi religiosi della nostra regione – dichiara il parroco armeno – ci siamo dotati di bombole di ossigeno e di presidi di protezione per 100 persone”. Ma la vera emergenza sono le famiglie: “sta arrivando il Natale e il senso di abbandono e di solitudine è ancora più grande. Le famiglie non hanno possibilità di fare l’albero e il presepe perché il loro primo pensiero e trovare il pane per i loro figli. Basterebbe un po’ di cibo per donare un po’ di festa a queste famiglie. Con uno stipendio mensile di pochi dollari non si riesce a comprare più nulla. La gente è disperata – denuncia padre Ayvazian – ci sono tantissime giovani donne che sono arrivate a vendere la propria verginità per avere di che vivere”. “A Natale non ci saranno il presepe e l’albero. Ci resta il dono più grande: la nostra fede cui ci aggrappiamo per continuare a sperare”.

Idlib. 

Da Knaye, nel nord-ovest della Siria, padre Hanna Jallouf racconta la vita dei pochi cristiani locali ora che si avvicina il Natale. I problemi di ieri – la guerra, la povertà, i ribelli jihadisti di Tahrir al-Sham, ex Fronte al-Nusra, legato ad al-Qaeda e alleato della Turchia – e quelli di oggi, come la pandemia, segnano giornate sempre più dure.

Da circa un mese – rivela il francescano – i miliziani che governano qui hanno imposto l’uso della lira turca. I prezzi sono quadruplicati e la gente è disperata. Non sappiamo come fare per aiutare le famiglie”. La tensione è altissima: “ci sono regolamenti di conti tra i leader delle fazioni islamiste. Coloro che sono contro Tahrir al-Sham vengono eliminati” dice il francescano. Nessuno entra e nessuno esce dall’area controllata dai ribelli.

Ci sono tanti sfollati e rifugiati. Qualcuno prova a rientrare ma i miliziani non lo permettono. Sono 11 mesi che le strade sono chiuse”.

Mancano 10 giorni al Natale e la comunità cristiana si prepara. Proibite dai jihadisti decorazioni esterne e luminarie, tolte le croci dalle chiese, e imposto il divieto di indossare il saio a padre Hanna e al suo confratello, padre Louai Bsharat, alle circa 300 famiglie cristiane della zona non resta che festeggiare dentro la chiesa e in casa.

Il 4 dicembre scorso – racconta padre Jallouf – abbiamo celebrato santa Barbara, che per noi è come il Carnevale, con le maschere. Abbiamo organizzato una mostra con prodotti dei nostri ragazzi creati con materiali di scarto come vecchie lampadine. Oggetti natalizi che i ragazzi hanno poi portato a casa in segno di festa. Abbiamo realizzato anche delle croci per abbellire alberi e presepi in casa. Quest’anno non abbiamo mandato i nostri ragazzi, una quarantina in tutto, nelle scuole dei jihadisti così abbiamo potuto anche cantare e fare teatro. Sono piuttosto felici. Grazie a loro possiamo dire di avere un futuro qui”.  Già sono pronte altre iniziative: “il 15 dicembre cominciamo la novena di Natale, il 23 distribuiremo piccoli doni ai bambini. Il 24 e il 25 dopo la messa ci scambieremo gli auguri con qualche confetto”.

Festeggiare il Natale è segno di speranza e di gioia per tutti. La Provvidenza non ci abbandona: quando non ho più nulla da dare dico al Signore, questo è il tuo gregge, chi deve pensarci? Ecco allora che arriva sempre un aiuto”.

https://www.agensir.it/mondo/2020/12/14/natale-in-siria-card-zenari-nunzio-la-poverta-in-cui-e-nato-gesu-e-la-stessa-in-cui-versano-oggi-i-bambini-siriani-testimonianze-da-idlib-e-qamishli/

lunedì 14 dicembre 2020

Lo splendore della carità: premio ai Maristi di Aleppo

      

Il 5 dicembre 2020 si è celebrata la giornata internazionale del volontariato. FOCSIV (la federazione delle associazioni cristiane italiane di solidarietà internazionale) ha assegnato al dottor Nabil Antaki il premio annuale volontario internazionale, in riconoscimento della missione dei Maristi Blu ad Aleppo.


Ricorre proprio in questi giorni l'anniversario della liberazione di Aleppo , avvenuta nel dicembre 2016 . “La città di Aleppo finalmente sta per essere completamente liberata e unificata dopo quattro lunghi anni di divisione e di morte seminata da diversi gruppi armati siriani e non”, fu la testimonianza a ZENIT di mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino.

 Nel libro da poco edito da Hamattan  Lettere da AleppoTestimonianze dalla Siria in guerra, di Nabil Antaki e Georges Sabé troverete le cronache sugli anni tremendi di una città divisa e sotto assedio e della sua sventurata popolazione. 

Sono gli scritti in cui i Maristi Blu aggiornano amici, estimatori e donatori stranieri sull’evolversi della situazione ad Aleppo e sulle numerose attività di sostegno svolte dalla loro associazione in favore degli sfollati e dei più indigenti. 

Se avete intenzione di regalare un libro per le prossime feste,
scegliete 
Lettere da Aleppo.

Si può ottenere il libro dall'Harmattan
Editrice L’HARMATTAN ITALIA srl
via Degli Artisti 15 - 10124 Torino
tel. e fax: 011.817.13.88 - cell. 348.3989.198 . harmattan.italia@gmail.com
oppure contattando le vostre librerie e i siti di fiducia

domenica 6 dicembre 2020

Siria, il decimo Natale senza pace

Nella dimenticata Siria da dieci anni di terrorismo, di guerra e ora di fame a causa delle sanzioni imposte dagli Usa. 

L’articolo si riferisce alla zona dove prima della guerra vivevano 1200 famiglie cristiane, mentre ora ne sono rimaste solo 300: la cancellazione della presenza cristiana in Siria è uno degli obiettivi degli amici degli Usa nel Vicino Oriente. 

Maurizio Blondet , 5 dicembre 2020

Idlib, noi prigionieri nella roccaforte dell’Isis 

Si parla poco oggi della Siria, siamo lontano dai riflettori. Direi che siamo messi ai margini. Per chi come noi vive nella provincia di ldlib, la situazione è ormai la stessa da tempo: tutte le strade sono completamente chiuse, non si passa né verso la parte controllata dalle forze siriane né verso la Turchia. Siamo come naufraghi su un’isola. 
Da una parte è un male, dall’altra è un bene. È un male, perché non abbiamo letteralmente più nulla. La vita è carissima e la gente è alla fame: per vivere una famiglia avrebbe bisogno almeno di 600 dollari al mese, ma un capofamiglia arriva a guadagnarne appena 30. Così è aumentata la criminalità: moltissimi rubano per necessità e per fame. L’unica possibilità di sussistenza è legata al lavoro agricolo, ma le campagne sono insicure perché vengono bombardate o si rischiano incursioni da parte delle milizie islamiche che controllano la regione. Tutto si compra e si vende al mercato nero.
La tregua decisa da turchi e russi lo scorso 5 marzo, per favorire il ritorno degli sfollati, tiene, anche se ogni giorno ci sono violazioni, sia da parte dei combattenti jihadisti che non vogliono la pace e che boicottano la riapertura della vicina autostrada M4, sia da parte delle forze governative e russe.

Oggi nella provincia di Idlib resta a malapena un milione persone, molto meno della metà dei suoi abitanti, perché 2 milioni sono fuggiti in Turchia. Chi è rimasto vive giorno per giorno, senza pensare al futuro, perché il futuro è un’ipotesi.
Resta forte la presenza dei ribelli jihadisti anti-Assad, che, cacciati dalle altre zone del Paese riconquistate dall’esercito regolare, si sono rifugiati qui. Chi di loro lascia il territorio lo fa per andare a combattere da mercenario, ad esempio in Libia o nello Yemen, o per ingrossare le fila dei combattenti islamici nelle regioni russe del Caucaso. Altri ancora entrano in una sorta di milizia che lo Stato islamico sta formando con le risorse fornite da Qatar e Turchia. Il territorio continua a essere pattugliato dai combattenti che arrivano quando meno te lo aspetti. Non hanno basi riconoscibili, per paura di essere bombardati dall’aviazione russa. Hanno scavato rifugi sotterranei o si servono di grotte per celare la loro presenza e i loro arsenali.
Nessuno in realtà sa dove siano! 

L’aspetto sanitario, paradossalmente, è quello meno preoccupante rispetto al resto della Siria. La chiusura totale della provincia di ldlib, il blocco delle strade, ha impedito finora il propagarsi del Covid-19, se non in qualche sporadico caso subito isolato.Non abbiamo smesso di celebrare, le chiese sono aperte… Non abbiamo chiusa neanche una porta.

l cristiani della valle dell’Oronte, nelle nostre residue comunità cristiane, vivono quasi solamente degli aiuti esterni. Cerchiamo di provvedere ai più poveri soprattutto con aiuti alimentari che acquistiamo attraverso le donazioni che arrivano dalla Custodia e dai benefattori. La vera sfida oggi è tenere unite le famiglie, custodire chi è rimasto e garantire la trasmissione della fede in un contesto fortemente islamizzato.

Nei villaggi della valle dell’Oronte sono rimaste circa 300 famiglie cristiane, con una trentina di ragazzi in età scolare. La dimensione della tragedia sta tutta in questi numeri: prima della guerra la comunità cristiana delle nostre tre parrocchie contava oltre 1.200 nuclei familiari.

fra Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa in Siria

martedì 1 dicembre 2020

Merry Christmas, Syria!

Celebrazione dell'illuminazione dell'albero di Natale in Siria per iniziare l'Avvento: AlHawash, nella Valle dei Cristiani


di Janice Kortkamp

I tempi sono più che duri lì, per molti versi più difficili che mai. I prezzi per il cibo e altri beni essenziali come il carburante per il riscaldamento, per la bombola di cucina e per le auto sono incredibilmente alti per la maggior parte delle persone. L'elettricità è scarsa e sporadica. L'inverno può essere molto freddo.

La guerra e le sanzioni hanno contribuito a un atteggiamento "prendi quello che puoi, non restituire nulla" tra funzionari corrotti, criminali, mafie del mercato nero e contrabbandieri, che ti fanno sopravvivere alla miseria giorno per giorno.

Donald Trump non ha ritirato le truppe - c'è stato una info circa 50 partenze, ma secondo diverse fonti in realtà sono arrivati più veicoli e più personale in questo fine settimana. Le truppe statunitensi sono impegnate a rubare il petrolio siriano, i cui proventi vanno a sponsorizzare, armare e addestrare altri mercenari per continuare la guerra nel nord-est e nel sud.

Biden promette di aumentare le pressioni statunitensi contro la Siria, mascherando il tentativo di cambio di regime per procura terrorista degli Stati Uniti con la propagandata illusione dell'era Obama di "aiutare i siriani". A sua volta, la Turchia continua a sponsorizzare e armare gruppi terroristici a Idlib mantenendo il suo esercito sulle terre siriane con la sua occupazione illegale.

Israele continua a fare attacchi illegali contro la Siria - molte centinaia ormai nel corso degli anni - affermando di colpire "l'Iran", sebbene di solito uccida soldati siriani e non di rado dei civili. L'Iran ha aiutato la Siria a combattere l'ISIS e al Qaeda mentre Israele aiuta i mostri e quello di Israele è l'unico governo con cui l'ISIS si è mai scusato. Nell'inveire e delirare contro le truppe iraniane – che stanno in Siria legalmente al 100% - mentre Israele si acquatta sul Golan siriano contro le molteplici risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto internazionale, il regime israeliano non manca mai di rivelare la sua ipocrisia psicotica.

Le sanzioni e le pressioni politiche hanno reso molto più difficile anche affrontare la situazione COVID19. Per molte persone lì, dopo essere sopravvissute alle bombe, essere sempre nei mirini dei terroristi, aver avuto campi e fattorie in fiamme e aver subìto le sanzioni progettate per farle morire di fame uccidendo la loro economia, la ricostruzione e la ripresa, il Virus è semplicemente un altro modo per morire.

Eppure le persone continuano - devono farlo. E il Natale, che è una delle feste più popolari in Siria, continua.

Per quelli di noi in tutto il mondo che hanno assistito alla loro sofferenza e sostenuto la loro causa, è questo spirito di VITA che abbiamo visto lì - dalle persone normali di tutte le religioni e gruppi - che ci ispira a non arrenderci mai e poi mai.

Possa il "pace in terra, agli uomini di buona volontà" non essere solo uno slogan di auguri, ma un grido di battaglia per tutte le persone di onestà, integrità e compassione - un grido unificato per porre fine a queste terribili guerre e alle bugie usate per promuoverle.

Merry Christmas Syria

Buon Natale, amata Siria!

mercoledì 25 novembre 2020

"Il popolo siriano è stato brutalmente gettato nella povertà". Intervista al gesuita Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo in Siria

Di Maria Lozano, ACS. 19 novembre 2020

In Europa, o meglio nei paesi dell'Occidente, quasi nessuno parla ancora della Siria. La guerra è davvero finita?

No, la guerra non è ancora finita, in particolare non a Idlib, intorno ad Aleppo o nella regione della Jazira, nella Siria nord-orientale. La violenza nelle regioni settentrionali ha un effetto negativo su tutta la Siria e il popolo siriano è in gravi difficoltà.

 Perché crede che la comunità internazionale abbia dimenticato la Siria? 

Le grandi potenze hanno raggiunto i loro obiettivi: l'indebolimento dello Stato Siriano, lo sfruttamento delle risorse petrolifere nella regione della Jazira da parte degli USA e l'insediamento nel nostro Paese, a Idlib e intorno alla Jazira, da parte dei Turchi. A questo punto, l'economia siriana è stata completamente distrutta e il popolo Siriano è stato brutalmente portato nella povertà.

Laddove è possibile, avviene la ricostruzione? 

La ricostruzione sta facendo progressi molto incerti; è tangibile nei negozi e nei souk della città vecchia di Aleppo così come in alcune case. Tuttavia, la mancanza di elettricità e benzina sono gravi problemi che ostacolano una vera rinascita dell'economia e la ricostruzione.

Fotografia di Mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo in Siria

La pandemia COVID-19 ha avuto un forte impatto sulle persone? E se sì, in che misura?

La minaccia è onnipresente. I nostri ospedali non hanno quasi attrezzature e non abbiamo mezzi per monitorare la situazione a causa dello stato generale di povertà. Tuttavia, nonostante ciò, possiamo ancora dire che per come stanno le cose oggi, l'impatto della pandemia avrebbe potuto essere molto peggiore.

Aiuto alla Chiesa che Soffre fornisce assistenza medica ai Cristiani di Aleppo. Cosa è attualmente necessario lì e per chi è importante questo aiuto?

Questo aiuto, di cui sono responsabile per conto dei vescovi cattolici di Aleppo, è molto importante perché ci consente di fornire un'assistenza regolare ai Cristiani che hanno bisogno di sottoporsi a operazioni negli ospedali. Siamo molto grati ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN ) . L'aiuto fornito da ACN copre fino al 70% dei costi per le operazioni in ospedale.

Abbiamo sentito che famiglie Cristiane sono tornate in Siria. Da dove vengono? Da altre regioni della Siria, dalla Turchia o dal Libano?

Il loro ritorno dipende dalle rispettive regioni e dalla situazione economica del luogo in cui vivevano. Stanno tornando dal Libano a causa della crisi economica in quel paese. Non stiamo vivendo un'ondata massiccia di persone che tornano ad Aleppo. Forse altri stanno tornando nelle regioni lungo la costa.

Come sarà il futuro della comunità Cristiana in Siria?

In qualità di rappresentanti della Chiesa, stiamo facendo del nostro meglio per mantenere la nostra presenza. Ciò è evidente nella ricostruzione delle chiese, delle case e delle scuole in tutta la Siria e in particolare ad Aleppo, anche grazie al sostegno della fondazione pontificia ACN . Anche come minoranza, il nostro futuro dipende dal fatto che siamo una Chiesa vivente e rimaniamo fedeli alla Grazia che riceviamo al nostro Battesimo.

https://www.churchinneed.org/the-syrian-people-have-been-brutally-driven-into-poverty/


Natale in vista, i regali destinati ai bambini in Siria

Da secoli i cristiani celebrano il più grande di tutti i doni all'umanità, la venuta di Dio nel mondo, con doni e regali, soprattutto per i più piccoli. In tal modo stanno seguendo la tradizione di Betlemme, quando pastori e saggi vennero ad adorare il Bambino, donandogli i tesori più preziosi che potevano. Dio stesso è diventato un bambino, e per questo motivo anche i bambini più piccoli fanno parte del Natale. Eppure, in paesi come la Siria, dopo nove anni di guerra, sono i bambini i grandi perdenti, vittime di traumi, malattie e malnutrizione.

È il caso della piccola Sandra che, a due anni e mezzo, non pesa ancora più di 15 libbre. Suo padre era un farmacista ad Aleppo ed è morto per un tumore al cervello due anni fa. Suo fratello maggiore Mjad ha quattro anni ed è autistico. La loro madre Laura riesce a malapena a guadagnare abbastanza per sfamarli. 

A parte la pandemia, le sanzioni economiche stanno asfissiando la popolazione. Scarseggiano elettricità e combustibili per riscaldamento, una questione critica in vista dell'arrivo imminente del rigido inverno, che in molte città siriane porta con sé neve e temperature gelide.

Dall'inizio della guerra in Siria, attraverso una serie di diversi progetti, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN) ha aiutato famiglie come quella di Laura a soddisfare queste necessità di base. Quest'anno, nel periodo natalizio, l'associazione vuole anche portare un piccolo raggio di speranza stagionale per Sandra, suo fratello Mjad e migliaia di altri bambini siriani poveri, non solo ad Aleppo ma anche a Damasco, Homs, Kameshli, Hassakeh, Swidaa e Horan. 

E così sponsorizza un'iniziativa, con il sostegno di suor Annie Demerjian e della sua Congregazione di Gesù e Maria, per cui 25.000 calde giacche a vento vengono ora tagliate e cucite insieme nei laboratori di sartoria e cucito degli artigiani e artigiane locali di Aleppo.

"Vogliamo regalare loro giacche a vento in questo freddo inverno che è pungente, non solo per tenere al caldo i nostri bambini ma allo stesso tempo per dare una spinta all'economia locale aiutando le nostre piccole fabbriche locali attraverso la produzione di questi indumenti", suor Spiega Annie.

Imad sta lavorando nel suo piccolo ufficio, stampando i modelli delle giacche a vento. Spiega quanto è grato: "per questo nuovo lavoro da ora, a Dio piacendo, avremo un po' di sicurezza economica per i prossimi mesi ". A un paio di chilometri di distanza, Rami sta azionando una macchina che taglia i modelli in una delle tante piccole officine di Aleppo a cui è stato affidato questo lavoro. Nell'officina sono ammucchiati rotoli di tessuto e materiale di imbottitura per l'isolamento dal freddo. “Siamo molto grati per questo lavoro. L'ordine è arrivato in un momento molto critico in cui eravamo alla disperata ricerca di lavoro. Sapete quanto è grave l'attuale situazione economica nel paese. Quindi è una grande gioia per noi essere in grado di sostenerci nei prossimi mesi, grazie a questo progetto di ACN. Che Dio vi ricompensi! ”, aggiunge l'operaio siriano.

Suor Annie è contenta anche perché ha potuto approfittare di un'ottima occasione per prenotare il materiale qualche mese fa, prima dell'inevitabile scarsità invernale di materiale, e anche per poter scegliere tanti colori diversi. Aggiunge: "Insieme possiamo mettere un sorriso sui volti dei bambini".

https://www.churchinneed.org/25000-warm-anoraks-are-now-being-cut-and-stitched-together-in-the-dressmaking-and-tailoring-workshops-of-local-craftsmen-and-craftswomen-in-aleppo/

venerdì 20 novembre 2020

Libano. Il piano degli Stati Uniti per indebolire Hezbollah: una guerra civile e l’esodo dei cristiani

Le differenze tra Hezbollah e i cristiani del Libano 

di Elijah J Magnier 

tradotto da A.C.

Dal punto di vista teologico i leader cristiani (sia politici che religiosi) del Libano e gli sciiti duodecimani sono molto distanti tra loro; i primi hanno infatti obbiettivi politici e ideologici fondamentalmente diversi da quelli di Hezbollah. 

Gebran Bassil, a capo del gruppo cristiano più numeroso in parlamento, “At Tayyar al-Watani al-Hurr” (Movimento Patriottico Libero, MPL) lo metteva in chiaro in un discorso tenuto in televisione come risposta alle sanzioni impostegli dagli Stati Uniti per presunta corruzione e per la sua alleanza a livello politico con Hezbollah. Ma sono proprio queste differenze ideologiche a costituire una specie di assicurazione, di garanzia, che impedisce lo scoppio di una guerra civile e l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente. “Questo (una guerra civile in Libano e l’esodo dei cristiani) è quello a cui aspira Israele, un desiderio che le autorità americane hanno espresso chiaramente negli incontri privati” rivelava Bassil. A questo punto si pongono le domande: quali sono le differenze fondamentali tra i cristiani libanesi e Hezbollah e cosa si aspettano gli Stati Uniti dai cristiani libanesi per poter indebolire l’organizzazione sciita?

Il giorno dopo le elezioni presidenziali, il 4 novembre, con una mossa apparentemente incomprensibile che oltretutto non assicurava benefici strategici e tattici né a Israele e neppure agli Stati Uniti, l’amministrazione americana annunciava che avrebbe imposto le sanzioni al membro del parlamento Gebran Bassil. Bassil riferiva che l’ambasciatrice degli Stati Uniti in Libano, Dorothy Shea, si era recata da lui per dargli un ultimatum e avvisarlo che sarebbero subito iniziate le sanzioni se non avesse rotto l’alleanza del MPL con Hezbollah. Bassil si rifiutava di obbedire alla richiesta intimidatoria e così il presidente Trump lo sanzionava.  Decideva quindi di rivelare come era andato l’incontro con le autorità americane per stabilire un equilibrio tra le sue relazioni con Hezbollah  e con l’Occidente. Il leader cristiano elencava le differenze con Hezbollah in termini di “ pensiero, linguaggio e ideologia”. 

L’organizzazione sciita Hezbollah vede gli Stati Uniti come “ il grande Satana, la testa del serpente” e, per quanto riguarda Israele, l’obbiettivo è porre fine alla sua esistenza. Il suo scopo è chiaro: liberare la Palestina. In Libano i cristiani non sono gli unici a non condividere l’obbiettivo di Hezbollah. Anche il gruppo sciita Amal, guidato dal presidente del parlamento Nabih Berri, considerato come l’alleato più stretto di Hezbollah, non condivide i suoi slogan e i suoi obbiettivi. Berri, a differenza di Hezbollah, ha ottime relazioni con l’Occidente e con gli stati del Golfo.

Inoltre Bassil ha detto che i cristiani del Libano reputano essenziali i rapporti con gli Stati Uniti che quindi devono essere trattati come tali. Ha aggiunto che Israele ha il diritto di vivere in sicurezza se la sicurezza viene garantita anche ai territori arabi e se i diritti dei palestinesi sono tutelati in base al piano di pace del re saudita Abdallah. Bassil qui si riferiva alla restituzione delle alture occupate del Golan alla Siria e dei territori occupati al Libano, al diritto al ritorno dei profughi palestinesi e a uno stato per la Palestina come condizioni per poter normalizzare i rapporti con Israele come stabilito nell’ iniziativa del re saudita.

La stessa iniziativa venne approvata dall’ex presidente Hafez Assad prima del suo incontro con il primo ministro Ehud Barak nel 2000 ma fallì all’ultimo minuto. Anche il presidente siriano Bashar al-Assad e quello libanese Emil Lahoud, entrambi alleati di Hezbollah, erano d’accordo sul piano di pace proposto dal re Abdallah nel 2002. L’ Autorità Palestinese (ANP) e Hamas esigono il diritto al ritorno dei profughi e la creazione di due stati in Palestina per metter fine al conflitto israelo-palestinese. 

Chiaramente Bassil non vuole apparire come uno totalmente legato a Hezbollah ma neanche come uno che accetta una relazione con l’Occidente basata su condizioni, condizioni che potrebbero facilmente scatenare una guerra civile in Libano. Quello che Bassil ha omesso è la richiesta fattagli  dall’ambasciatrice americana in Libano di formare una coalizione con le “Forze Libanesi” cristiane guidate da Samir Geagea, il partito Kataeb e i drusi di Walid Jumblatt, allo scopo di isolare Hezbollah.

Il Movimento Patriottico Libero è convinto che la richiesta degli Stati Uniti di isolare gli sciiti dividerebbe il Libano in due: da una parte i cristiani (con i drusi come alleati sostenuti dagli Stati Uniti) e dall’altra i sunniti e gli sciiti. Sarebbe molto facile creare un conflitto settario tra sunniti e sciiti per tenere occupato Hezbollah. Così Israele potrebbe colpire i villaggi sciiti e l’Occidente applaudirebbe la divisione del Libano con la scusa di proteggere i cristiani del paese. E la zona cristiana verrebbe finanziata e sostenuta dall’Occidente. Ma se i confini tra le due zone non fossero rispettati e Hezbollah prendesse il sopravvento, i cristiani se ne andrebbero velocemente dal paese, una situazione ideale per l’Occidente. Obbligherebbe i cristiani ad emigrare e lascerebbe il Libano preda di un conflitto settario tra sciiti e sunniti come è successo in Iraq e in Siria nell’ultimo decennio. Ma in fondo è quello che l’ex presidente francese Nicholas Sarkozy proponeva al patriarca cristiano libanese quando gli chiedeva un aiuto per la comunità cristiana nel 2011.

Gebran Bassil rifiutava l’offerta degli Stati Uniti anche se per natura i cristiani del Libano si sentono vicini all’Occidente. Bassil vuole avere delle relazioni con gli Stati Uniti e con l’Europa: non è pronto a sostituirli con l’Iran, la Russia e la Cina. Le richieste americane ai cristiani libanesi prevedono anche la naturalizzazione dei profughi palestinesi e siriani. Se avvenisse creerebbe un enorme squilibrio a livello demografico perché la maggioranza della popolazione sarebbe sunnita, poi verrebbero gli sciiti. A quel punto non sarebbe più possibile né giustificabile  assegnare alla minoranza cristiana la metà delle cariche istituzionali dello stato, del parlamento, del gabinetto e delle forze di sicurezza come previsto dagli accordi di Taef.

Una questione molto delicata divide Hezbollah e Gebran Bassil, non è ideologica ma riguarda il presidente del parlamento Nabih Berri accusato di corruzione come il primo ministro Saad Hariri, il leader druso Walid Jumblatt, il governatore della Banca Centrale Riyad Salame e altri. Bassil accusa Hezbollah di proteggere il suo alleato sciita Berri che a sua volta, insieme a Hariri, protegge Riyad Salame. Il governatore della Banca Centrale è accusato di aver favorito il trasferimento di miliardi di dollari ai vertici libanesi, somme accumulate grazie alla corruzione e all’abuso di potere che vanno avanti da decenni. Hezbollah capisce le accuse di Bassil ma è impotente in quanto non ha molte scelte. Berri è il leader di Amal e, se fosse lasciato da solo, potrebbe anche decidere di mettersi contro Hezbollah con il rischio di dare il via ad un conflitto tra sciiti. Il prezzo sarebbe altissimo soprattutto con Israele e gli Stati Uniti che non cercano altro che un’occasione per indebolire Hezbollah dall’interno o tramite i suoi alleati.

Bassil ha parlato anche di un piano, sventato dai servizi di sicurezza locali (che hanno arrestato parecchi militanti), finalizzato a rilanciare il gruppo terroristico dell’ISIS nel nord del Libano dove sono stati scoperti 40 militanti in contatto con Idlib (la provincia siriana in cui al-Qaeda ha la sua base). I cristiani sanno che una separazione da Hezbollah toglierebbe loro la protezione soprattutto quando c’è ancora in giro l’ISIS che potrebbe manifestarsi ogni volta che si presenta l’occasione. Ecco perché  Bassil non può rompere i rapporti con Hezbollah: Hezbollah è una garanzia contro gli islamisti radicali che hanno ampiamente dimostrato la loro brutalità nei confronti di tutte le religioni e le sette in Siria e Iraq. A conti fatti, l’unico amico politico che Bassil ha in Libano oggi è Hezbollah dato che tutti gli altri gruppi compresi i cristiani maroniti, i sunniti e i drusi lo hanno demonizzato cercando di isolare il Movimento Patriottico Libero e il suo leader.

Essere un cristiano in Libano non è un privilegio come lo sarebbe invece in Occidente. L’unico vantaggio è quello di poter ottenere  facilmente un visto per cambiare residenza. Inoltre si sa bene che gli Stati Uniti non interagiscono con i politici libanesi su base umanitaria o di “ favore per favore” ma solo per interesse, (il loro). Infatti nonostante abbia facilitato l’uscita di Amer Fakhoury dal Libano, Bassil non si è guadagnato le simpatie degli Stati Uniti. Anzi, gli eventi insegnano che quando l’amministrazione americana ritiene sia arrivato il momento di sacrificare i cristiani del Libano per usarli come legna per dar fuoco alla guerra civile, non esita a farlo. Per gli Stati Uniti gli interessi di Israele vengono prima di qualunque altra cosa. E purtroppo è probabile che nulla cambi con la nuova amministrazione.

Gli Stati Uniti e Israele hanno provato ad affrontare Hezbollah faccia a faccia senza riuscire a sconfiggerlo o a indebolirlo. Hanno cercato di dividere l’Iraq e la Siria per impedire che gli arrivassero i rifornimenti ma non ce l’hanno fatta. Il loro ultimo tentativo è stato quello di imporre la “massima pressione” all’Iran. Il risultato ottenuto è che Teheran non si è sottomessa e Hezbollah ha continuato a pagare gli stipendi a decine di migliaia di suoi militanti in dollari americani anche se in Libano questa moneta è pressoché introvabile. Agli Stati Uniti e Israele non resta altra possibilità se non quella di scatenare una guerra civile in Libano e  allontanare i cristiani per allentare la pressione imposta a Israele da Hezbollah la cui forza e efficienza è sempre in crescita.

E’ improbabile che Hezbollah cada in questa trappola malgrado i  suoi alleati cristiani abbiano ideologie e obbiettivi profondamente diversi. Le differenze possono essere gestite se c’è un interesse reciproco a restare insieme. Invece di indebolirlo, le sanzioni degli Stati Uniti hanno ridato lustro a Bassil e hanno permesso al giovane leader cristiano di rivendicare la sua giusta rappresentanza, prima negata, nel nuovo governo. Ma questo indebolisce il primo ministro eletto Saad Hariri (che in parlamento ha la minoranza): lui contava sull’iniziativa del presidente Macron per formare il suo governo senza Bassil non  tenendo conto dei risultati parlamentari. Le sanzioni imposte dagli Stati Uniti, come previsto, hanno prodotto un effetto contrario, hanno messo le ali a Bassil rendendolo più forte di prima.

Note: 

A. L’iniziativa di re Abdallah: gli stati arabi proponevano il ritiro immediato di Israele dai territori occupati nel 1967 incluse le alture occupate del Golan (sulle linee del 4 giugno 1967) e i restanti territori occupati nel sud del Libano. Nel piano è inclusa una giusta soluzione alla questione dei profughi palestinesi basata sulla risoluzione 194 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ed è contenuta la richiesta di accettare la costituzione di uno stato indipendente sovrano sui territori palestinesi occupati a partire dal 4 giugno 1967 in Cisgiordania e a Gaza con Gerusalemme est come capitale. In conseguenza gli stati arabi avrebbero: 1) considerato il conflitto arabo-israeliano completamente chiuso, 2) stabilito normali relazioni con Israele in un contesto di pace globale. Veniva chiesto al governo di Israele e agli israeliani di accettare questa iniziativa per salvaguardare la pace e fermare un ulteriore spargimento di sangue nella regione. Queste sono le questioni chiave. Sono state definite come pace per il ritiro, come normalizzazione in cambio di normalizzazione: gli stati arabi chiedevano a Israele di essere uno stato normale. In cambio avrebbero normalizzato i rapporti con lui a livello economico, culturale e di altro genere. 

B. Durante l’occupazione israeliana del Libano nel 1982, Amer al-Fakhoury  era un comandante nel campo di detenzione di Kiyam installato dagli israeliani nel sud del paese. Fu responsabile della morte e della tortura di  molti membri della resistenza. Le autorità libanesi, su richiesta di Donald Trump, hanno fatto pressione sul capo del tribunale militare perché rilasciasse questo collaboratore di Israele. Al-Fakhoury fu portato nell’ambasciata americana e fatto uscire di nascosto dal Libano. L’ordine per il suo rilascio venne emesso in seguito alle pressioni fatte dal capo di stato maggiore e dal presidente Michel Aoun, il suocero di Gebran Bassil. 

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martedì 10 novembre 2020

Una parola ai tempi del Coronavirus, da Soufanieh di Damasco

Padre Elias Zahlaoui nel suo ufficio a  Notre Dame de Damas © Nadine Zelhof

di Padre Elias Zahlaoui - Damasco

Pubblicato da: Arrêt sur info

Traduzione: Gb.P. per OraproSiria


Si parla molto del Coronavirus. Alcuni hanno insistito per avere la mia opinione, nonostante la mia ignoranza di questioni mediche e scientifiche. Alla fine decido di darla, nella speranza di portare a qualcuno un po' di luce e molte certezze.

Qualunque sia l'origine di questo virus, qualunque sia la quantità delle sue vittime e delle sue ricadute, e qualunque sia la verità di ciò che si dice al riguardo, mi sembra che dobbiamo riconoscere che il mondo intero si trova ad affrontare un dilemma senza precedenti. Questo dilemma, nessuno avrebbe potuto immaginarlo. È l'incubo della morte, certa e rapida, che ora incombe sulla testa di ogni persona sulla terra.

Questo è il dilemma! C'è una via d'uscita? 

Certo, prima o poi si troverà una cura. La Cina lo ha già sconfitto. Tuttavia, il rimedio medico non può in alcun modo significare che l'umanità sia sfuggita al grande pericolo che la minaccia nella sua stessa esistenza. Questo pericolo, il virus l'ha brutalmente messo a nudo e in un modo che non è più possibile ignorare.

Da parte mia, devo ammettere che vedo in questa crisi un aspetto luminoso, che molti rischiano di non vedere, o si rifiutano di vedere.

Che la morte ora mostri la sua presenza nella vita di ogni essere umano, ringrazio Dio per questo. Essa sembra dirci: “D'ora in poi, conduci una vita dignitosa, sia per te stesso che per ogni essere umano intorno a te, e fino ai confini della terra. Altrimenti, non meriti di vivere perché la morte è parte integrante della vita. Quindi se non ti insegna come condurre una vita degna di ogni essere umano, significa che non meriti di vivere. "

Qui mi vengono in mente due grandi versetti. Uno è di Cristo che dice: "A che serve all'uomo guadagnare l'universo se perde la sua anima?" L'altro è dal Corano. Eccolo: “Tutto è effimero. Rimane solo il Volto del tuo Signore, tutto in maestà e dignità ”.

Alcuni cercheranno di minimizzare l'importanza di questo grave dilemma e di interpretare questi due versetti in modo tale da eliminare il loro significato profondo. A loro dirò senza mezzi termini che questo dilemma, visto alla luce di questi due versetti, dice a chiunque ascolti, veda e capisca:

La vita è per te e per gli altri ... L'amore è per te e per gli altri ... La dignità è per te e per gli altri ... È lo stesso per la pace, la gioia, la salute, il cibo, la scienza, i soldi, la libertà, la parola ... Tutto questo è per tutti.

Se lo comprendi e agisci di conseguenza, allora e solo allora la tua vita e quella di ogni essere umano diventeranno amore, dignità, gioia e serenità.

Sì, questo è per me l'aspetto luminoso e positivo di questo oscuro dilemma globale.

Qui, naturalmente, sta la grande difficoltà, al punto che può arrivare ai limiti dell'impossibile, per la stragrande maggioranza degli uomini. In effetti, in che cosa è sorprendente che i miliardi di persone lasciate indietro nel mondo dicano: dov'è la vita? Dov'è la speranza? Dov'è la gioia? O… ? O… ? O dov'è Dio?

Sì, questa è la nostra condizione pietosa in tutto il mondo.

Si può immaginare l'esistenza di poche centinaia di milioni, esclusivamente occidentali, sui sette miliardi che riempiono la terra, oltre a poche centinaia di "arricchiti occidentalizzati", provenienti da paesi sottosviluppati? Essi sembrano ignorare completamente, nel concreto della loro vita e delle loro relazioni, la verità della morte, in tutto ciò che questa verità possiede come esigenze capaci di indirizzare gli uomini a condurre una vita di rettitudine, con i loro fratelli umani e con Dio, sulla terra e nell'eternità? Sono arrivatii a condurre uno stile di vita che suggerisce che Dio è davvero morto per loro - nonostante alcune manifestazioni di religiosità nell'uno o nell'altro - e che saranno soli a vivere eternamente sulla terra. Per questo si permettono, consciamente o inconsciamente, di attaccare ogni legittimità e ogni valore, e calpestano tutti gli uomini, tutti i popoli, tutta la natura, senza mai accontentarsi!

Oggi è diventato evidente che il mondo è diviso in due parti, una, numericamente piccola ma di illimitata prepotenza, l'altra, composta dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che prova con tutta la sua forza a resistere, per assicurarsi un minimo di vita accettabile.

Quanto a noi, in Siria, lo siamo stati in verità, per più di nove anni, e rimaniamo al centro di questo combattimento cosmico. Abbiamo difeso la sopravvivenza, non solo della Siria, ma di tutta l'umanità. Poi è arrivato il giorno benedetto in cui, nel cuore dell'inferno dei combattimenti, si è formato un fronte di resistenza mondiale, che raggruppava Russia, Cina, Iran e Hezbollah libanese, oltre ad alcuni piccoli Paesi. La Siria è al centro di questo fronte, a causa della sua situazione e della sua leggendaria resistenza.

Ecco perché, in mezzo a questo dilemma del CoronaVirus, dico spontaneamente, senza alcuna affettazione:  Benedetto il giorno in cui, grazie al CoronaVirus, tutti gli uomini, dai "più forte" al "più debole", dal "più ricco" al "più povero", stanno tremando, nei loro "palazzi", o nelle loro immense "haciendas", o nelle loro "case", oppure nei loro bassifondi, o sotto i ponti dei fiumi, o alle fermate delle metropolitane, nelle città dell'Europa, degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia, o nella più totale miseria, ridiventati così tutti uguali nella paura della morte.

D'ora in poi, questa nuova realtà è davvero un evento che non può essere ignorato, e che richiede al mondo intero di farne una linea di demarcazione, a livello di tutta l'umanità, tra presente e futuro, prima che sia troppo tardi.

È evidente che oggi il mondo intero si trova di fronte a un bivio e a un dilemma, e quindi di fronte a una scelta: o è un avvio rapido e onesto, per trovare un Ordine Internazionale Nuovo, che garantisca sicurezza e giustizia, e di conseguenza pace per tutti, oppure l'annientamento totale, prima o poi.

So, naturalmente, che tali parole provocheranno spontaneamente reazioni, che mi accusano di lasciarmi trasportare da sogni "impossibili". Non mancheranno di affermare che l'umanità ha affrontato problemi altrettanto gravi, che ne è uscita e che poi tutto si è ritrovato come in passato.

Questa obiezione può sembrare plausibile a prima vista; ma ignora la differenza essenziale tra la natura dell'attuale crisi del Covid19, e ciò che rischia di causare come nuove crisi, e la natura di tutte le crisi precedenti senza eccezioni.

È che oggi, la morte, presente e imminente, aleggia su tutti. Pone una doppia domanda, che condensa il destino dell'umanità attuale, e che non è mai stata posta da nessuna delle crisi precedenti. Eccola :

Noi umani, vogliamo che la nostra esistenza sulla terra sia limitata alla sola terra, in modo che i forti divorino i deboli all'infinito, o vogliamo tornare alla nostra ragione e al nostro Creatore, che sono il nostro supremo ricorso, per vivere sulla terra la vita che la nostra ragione ci impone, ed essere come Dio ci ha voluto: fratelli uguali in tutto, che cercano di ricostruire la nostra Terra, per piacere a Dio e per rendere felice ogni uomo?

Ora mi sembra che l'immensa Sapienza di Dio abbia preceduto le suppliche degli oppressi, incapaci di cambiare nulla alle loro condizioni. Ci ha sorpreso con un Evento straordinario, sfuggito a tutte le scienze umane. Voleva anche che Damasco fosse, fra tutte le città del mondo, il luogo privilegiato di questo sacro Evento.

Da parte mia, vedo un legame segreto ma reale tra, da un lato, questo straordinario Evento religioso, e la guerra infernale intrapresa contro la Siria, e, dall'altro, l'attuale crisi provocata dal Virus.

All'epoca nessuno, al di fuori dell'amministrazione americana, poteva immaginare la portata di ciò che era stato pianificato contro Damasco, e a partire da Damasco, contro il mondo arabo, infine contro il mondo intero. Lo potevano sapere solo quelli che si nascondevano dietro ciò che pubblicava un articolo di 12 pagine, dal titolo: "Strategie d'Israele negli anni 80" , firmato dallo stratega Oded Yinon nel numero del febbraio 1982 di una rivista israeliana, che porta il nome di "Kévonim" (che significa "orientamento"), e che era diffusa a Gerusalemme.

È necessario ricordare quanto è accaduto da quel giorno, nella realizzazione di questo Piano dichiarato alla luce del sole, a livello dell'intera regione, oltre a quanto già realizzato, ed ancora in corso in Palestina, dalla decisione di spartizione del 1947?

Per quanto riguarda questo Evento religioso, meglio conosciuto con il nome di ʺSoufaniehʺ, è avvenuto negli ultimi giorni di novembre 1982, pochi mesi dopo l'articolo della rivista ʺKévonimʺ.

È per caso?

Pongo questa domanda ʺspontaneaʺ, con la certezza di chi sa che i molteplici aspetti di questo insolito Evento religioso, confermano uno straordinario intervento divino, con dimensioni religiose globali, che ha finito per imporre la sua presenza in quasi tutte le chiese del mondo, soprattutto in Vaticano. Tutti gli scienziati, medici e teologi, che arrivarono pieni di dubbi e alcuni di confutazioni, finirono per adottarlo, insegnandolo anche nelle università, in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, difendendolo nei loro scritti, riconoscendone l'autenticità, l'importanza e la delicata puntualità.

Coloro che hanno seguito questo Evento hanno avuto, partendo dall'unità dei molteplici aspetti di questo Evento, l'assoluta convinzione, durante i tanti anni che hanno preceduto la guerra e durante questa guerra, nonostante il suo orrore e la sua durata, che in Siria non eravamo soli ad affrontare quasi il mondo intero, in tutto ciò che aveva di malizia demoniaca, di intelligenza progettuale, di scienza omicida, di armi mostruose, di denaro corruttore e di esseri umani che ci erano stati inviati a centinaia di migliaia, da diverse regioni e carceri di tutto il mondo dopo essere stati proditoriamente privati di ciò che fa un uomo: la ragione!

Sì, lo dico senza ombra di dubbio: in Siria avevamo la prova assoluta che non eravamo soli. Dio era con noi, quando i capi dell'Occidente e tutti i loro servi ribadivano, ebbri di certezza, che la caduta della Siria era imminente, da un giorno all'altro.

Quanto a noi, figli di Soufanieh - tale è il nome del modesto quartiere dove si sono verificati questi fatti straordinari - la nostra certezza della Presenza di Dio in mezzo a noi, poggiava sulla successione di questi fatti stessi, e più particolarmente sui messaggi celesti, che la Vergine ha trasmesso per la prima volta dalla notte del 18/12/1982, e che Cristo ci ha consegnato, dal pomeriggio di giovedì 31/5/1984.

Rimanendo nei limiti del mio argomento, lascio da parte la posizione delle persone a Damasco e altrove, di fronte a questo Evento. Mi attengo ad alcuni dei suoi messaggi, che hanno radicato in noi la certezza della presenza del Cielo con tutti i suoi figli di Siria. Ma trovo utile segnalare una cosa importante, particolare di questo Evento. Con questo intendo il fatto che la Beata Vergine e Cristo, durante questo Evento, hanno usato la lingua araba. E questa è la prima volta nella storia.

Quanto a questi messaggi, mi limito a quelli più importanti che toccano il nostro argomento.

La notte del 18/12/1982, la Beata Vergine iniziò così il suo primo messaggio:

" Figli miei, ricordatevi di Dio, perché Dio è con noi ... "

La mattina di venerdì 11/4/1983 la Beata Vergine disse anche, ma in Arabo dialettale:

“… Il mio cuore era consumato per il mio Figlio Unigenito. Non si esaurirà su tutti i miei figli. ... "

Devo ammettere che in questo giorno abbiamo capito, soffocati dall'angoscia, che qualcosa di terribile si stava preparando contro la Siria e che ciò avrebbe ucciso, come è stato ucciso suo Figlio, un gran numero tra di noi, ma non tutti! Ed ecco, nel suo messaggio abbagliante, Ella proclamava l'uguaglianza tra suo figlio Gesù e coloro che considerava suoi figli, in Siria, quelli che la considerano come loro Madre.

Quel giorno abbiamo avuto la certezza che stavamo camminando verso una prova molto grande, ma che l'avremmo vinta, grazie a Dio, nonostante essa ci sarebbe costata un dolore lancinante, e ad un prezzo altissimo.

Va sottolineato che la Beata Vergine è già apparsa in molti luoghi del mondo, e che ha consegnato lì, nella lingua locale, messaggi importanti, ma che hanno sempre chiamato gli uomini a tornare a Dio, ad amare gli altri, oltre che alla preghiera. Ma non notiamo in nessuna delle sue numerose apparizioni, riconosciute dalle Chiese, sia cattoliche che ortodosse, che abbia pronunciato qualcosa che si avvicina a ciò che ha consegnato in quel breve messaggio a Damasco.

Passammo cinque mesi in preghiera. All'improvviso avvenne la prima manifestazione di Cristo, durante la quale Egli disse in arabo letterario:

Io sono l'Inizio e la Fine.
Sono la Verità, la Libertà e la Pace.
La mia Pace vi do. ... "

Un messaggio del genere ha bisogno di una spiegazione?

Poi i messaggi di Cristo si sono susseguiti, densi e forti, fino al Sabato Santo, 10/4/2004, dove ci ha detto, davanti a un imponente gruppo di medici, teologi e giornalisti, convenuti da tutto il mondo:

"Il mio ultimo Comandamento per voi:
Tornate tutti a casa vostra,
ma portate l'Oriente nei vostri cuori.
Da qui è scaturita di nuovo una luce,
di cui voi siete l'irraggiamento,
per un mondo sedotto dalla materia, dalla sensualità e dalla celebrità, al punto che ha quasi perso i suoi valori.
Quanto a voi,
salvaguardate la vostra orientalità.
Non permettete che la vostra volontà, la vostra libertà e la vostra fede siano alienate, in questo Oriente. "

Sette anni dopo, scoppiò questa orribile guerra.

Tuttavia, dichiaro davanti a Dio e al mondo intero, senza alcuna esitazione ma con l'umiltà del credente:

Eravamo tutti, figli di Soufanieh, perfettamente in pace, di fronte agli orrori che si stavano commettendo, anche se schiacciati dalle sofferenze e dal dolore.

Fu allora, il Giovedì Santo della Settimana Santa, il 17/4/2014, che era il giorno della Festa Nazionale in Siria, che Cristo ci ha consegnato questo messaggio inaspettato:

"Le ferite che hanno sanguinato su questa terra,
sono proprio le stesse che sono nel mio corpo.
Perché la causa e l'autore sono gli stessi.
Ma state certi che il loro destino somiglia a quello di Giuda stesso."

Per duemila anni Cristo non aveva mai usato un linguaggio come questo, né vicino né lontano.

In questo giorno, la nostra serenità raggiunse dentro di noi i limiti dell'impossibile.

Perché colui che parla al mondo in generale, e ai Siriani in particolare, è Cristo Gesù, Figlio della Siria. E Cristo intende esattamente sempre quello che dice. Le Sue parole ci hanno ricordato ciò che disse ai suoi discepoli poche ore prima della sua crocifissione:

Abbiate fiducia: Io ho vinto il mondo! "

Anche qui chiedo: queste parole hanno bisogno di una spiegazione?

Queste parole di Cristo, non significano forse che il mondo è in cammino verso una nuova fase, come quella che ha accompagnato la Sua crocifissione, la Sua morte e che ha seguito la Sua risurrezione?

Non è questo il significato delle Sue ultime parole:

"Ma state certi che il loro destino somiglia a quello di Giuda"?

Sì, fatemi finire.

Dalla Siria, io annuncio ai governanti del mondo che il loro destino è in via di sparire, proprio come il destino di Giuda.

Non ci sono, in quanto sta accadendo a livello mondiale, a causa del Coronavirus, i segni premonitori dell'ascesa di un nuovo mondo?

Ecco questo Occidente, armato di armi finanche nello spazio, annegato nei mari rossi della moneta delle armi, posseduto dalla follia di un'egemonia totale sul mondo, che crolla davanti alla sua scandalosa incapacità medica, in alcuni dei suoi Paesi più influenti, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, ad affrontare un virus che sta decimando i suoi figli a migliaia. Dall'altra parte, i paesi "maledetti", come Cina, Russia e Cuba, stanno affrontando questo virus, sconfiggendolo e correndo in aiuto di questi stessi occidentali dominatori.

Sì, sorgerà inevitabilmente un nuovo ordine mondiale, come risultato dell'epidemia di Coronavirus in espansione, e cambierà totalmente il corso di tutta l'umanità, per porre fine a una precedente ingiustizia e risparmiarsi la catastrofe atomica in divenire.

Certamente non c'è altra scelta per l'umanità oggi, se non la ʺResurrezioneʺ di un ordine mondiale nuovo, che ha avuto inizio con la crocifissione della Siria, e che nulla può fermare la luce della Sua Resurrezione su tutta la Terra.

Padre Elias Zahlaoui

Damasco, 25/03/2020