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lunedì 10 agosto 2020

C'è speranza per il Libano


... e viene da questi giovani, che non assaltano palazzi governativi, non impiccano in piazza le sagome dei politici, non urlano la rabbia all'ombra dei loschi 'pugni di Otpor'... 



Migliaia di giovani sono impegnati a ripulire la città da detriti e macerie; aiutano persone anziane a sopravvivere; offrono acqua e cibo pagando con soldi propri o raccolti fra amici e parenti. Anche giovani rifugiati siriani si mettono al lavoro. Un pastore protestante siriano, musulmano convertito al cristianesimo, offre panini e bottigliette d’acqua agli sfollati.

Beirut ( AsiaNews)

La città colpita da una bomba quasi atomica – le esplosioni del 4 agosto erano pari a un decimo della forza della bomba di Hiroshima – è paralizzata e devastata; il lavoro per ridarle un aspetto decente è gigantesco. L’esercito è ovunque, ma si deve occupare di sicurezza, evitare sciacallaggi, proteggere i siti sensibili, garantire il traffico e il passaggio dei mezzi di soccorso. La Protezione civile è impegnata a estrarre corpi da sotto le macerie, accogliere colleghi venuti da tutto il mondo, coordinare i lavori. I politici sono impegnati in riunioni per trovare un modus vivendi, anzitutto fra di loro, per dare poi una risposta alle condizioni poste dalla comunità internazionale: il presidente francese Emmanuel Macron ne è stato il portavoce ed ambasciatore, spiegando le condizioni a cui il Libano può accedere a nuovi prestiti, togliendo il blocco al Paese.

Intanto, la città è coperta di detriti, vetri, alberi sradicati dalle esplosioni, case senza mura che come un tetro palcoscenico espongono ciò che rimane visibile di una vita interrotta all’improvviso; balaustre, balconi, muri, palazzi e ponti che rischiano di cadere da un momento all’altro.

Persone anziane e sole, che desiderano pulire le loro case ma non hanno le forze o il coraggio, non sanno da dove iniziare. Piangono, pregano, sperano, nascondendo il viso fra le mani per vergogna, dolore, impotenza.

In questo scenario disperato è risorta la vera forza di un popolo, il proprio futuro, l’energia nuova, pulita, dinamica, non schiava di interessi politici o economici: i giovani.

Accorsi da ogni dove, dal nord, dal sud, dalle montagne, organizzati in piccoli gruppi di amici, armati di scope, pale, guanti e sacchetti, dormono a cielo aperto, lavorano senza parlare, senza vantarsi, agiscono in silenzio, senza un capo, senza un coordinatore, disorganizzati ma gli effetti che producono sono strabilianti.

Puliscono, riempiono sacchetti, spazzano strade e marciapiedi, gli edifici pubblici, le cliniche, gli ospedali, i luoghi di culto: come api, o formiche lavorano senza sosta, senza criticare, pronti a confortare chiunque soffre, abbracciare, offrire acqua, panini, frutta, pasti caldi.

Sono sorte bancarelle ad ogni 10 metri, che offrono bottigliette d’acqua, cibo, frutta: il tutto raccolto con iniziative proprie, donazioni da famiglie, amici, parenti.

Perchè siamo qui?”, mi spiega Leila Mkerzi, una ventenne con la maglietta dell’ordine di Malta, “Perché è nostro dovere. Aspettare che lo Stato da solo possa pensare a tutto vuol dire ritardare l’emorragia”. E riprende la scopa per spazzare la scala che porta da Jemmeizeh ad Ashrafieh.

Un altro gruppo, tre giovani con una signora, sono davanti ad un negozio: comprano con soldi propri scope, sacchetti e guanti. Il commerciante non fa loro alcuno sconto. “Non vogliamo nulla, vogliamo solo vivere” dice uno dei ragazzi. Poi interviene subito sua madre, la signora Rita Freim: “Non pensiamo più, abbiamo la testa completamente vuota, non contiamo più su nessuno; nessuno dall’estero ha mai fatto qualcosa di concreto per noi. Cosa fa il mondo? Ci inviano due tre aerei di aiuti, si lavano la coscienza e vanno. Che è venuto a fare Macron? Un’altra farsa. Non ho più speranze”. E mentre si accinge a pulire precisa: “Io non ho speranza, ma loro – i giovani, sì. E io li aiuto perché sono ancora viva”.

Nelle strade di Beirut devastata, i giovani sono decine di migliaia: amici di scuola, universitari, scout, parrocchiani, musulmani, cristiani. Un gruppo di giovani dello Chouf, si rifiuta di dire chi fra loro è druso; un gruppo di armeni venuti da Bourj Hammoud, un altro quartiere distrutto, rivendica: “Siamo libanesi e basta”.

La maggior parte di questi giovani è nata dopo il 2005-2006. Non hanno conosciuto gli orrori della guerra civile, ma hanno visto privazioni e governi falliti; hanno vissuto senza corrente elettrica, acqua potabile, lavoro. Ordinati, volenterosi, vogliono creare con le loro mani un Paese migliore, un futuro migliore senza aspettarsi nulla dall’estero. Certo, sperano di ottenere qualche sostegno o aiuto, ma se non arriva, faranno quello che possono con le loro forze.

Fra di loro vi sono anche giovani siriani rifugiati in Libano. Non è il loro Paese, ma il dolore e la volontà di cambiare li ha uniti ai libanesi.

Ho visto un solo religioso, in clergyman che distribuiva panini e bottigliette d’acqua agli sfollati: è un pastore protestante siriano di Afrin (nord della Siria, occupata dai turchi). Si chiama Hassan: era musulmano, convertito al cristianesimo. “ Vedo Cristo in ognuno di queste persone che oggi soffrono, non hanno un tetto e hanno fame”, dice prima di sparire in mezzo alla folla dei disperati che affollano il centro di Beirut.

A sostegno della popolazione di Beirut e del Libano, in appoggio alla Caritas Libano, AsiaNews ha deciso di lanciare la campagna "In aiuto a Beirut devastata". Coloro che vogliono contribuire possono inviare donazioni a:

- Fondazione PIME - IBAN: IT78C0306909606100000169898 - Codice identificativo istituto (BIC): BCITITMM -

Causale: “AN04 – IN AIUTO A BEIRUT DEVASTATA”

lunedì 3 agosto 2020

I Siriani tra il dilagare del virus e l'impossibilità di cure


Introduciamo l'articolo di Kamal Alam con una breve cronaca dal vivo giunta oggi da Damasco:
"Situazione sanitaria qui in Siria diventata catastrofica!: l'allentamento delle misure di precauzione con la festa dell'Eid, manifestazioni sportive e  fiere, ha ridato vita alla propagazione di COVID-19!
Non vi è più nessun posto negli ospedali, nessuna medicina, si gioca la carta dell'immunità, per alcuni, ma... Ma qui non ci sono medicine, quindi per i più vulnerabili è come giocare alla roulette russa! La differenza con l'Europa, a causa della legge di Cesare, è che qui non c'è nemmeno il tampone o i test, quindi le persone colpite rimangono a casa, e naturalmente il numero dei morti è in costante aumento.
Perché non dimentichiamo che la Siria è stato uno dei Paesi con i più bassi casi di COVID a maggio, mentre il resto del mondo era in emergenza sanitaria.
Si cerca di ricorrere ai rimedi naturali, ma naturalmente bisogna ancora potersi permettere queste vitamine, o frutta e verdura, che sono diventate costose con la svalutazione della sterlina e il commercio al mercato nero in dollari."
 Eric Lefevre da Damasco, 3 agosto 2020

 Le sanzioni del "Caesar Act" stanno paralizzando il settore sanitario della Siria


di Kamal Alam* . Traduzione Gb.P. OraproSiria
28 luglio 2020
È passato un mese da quando il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato l' entrata in vigore delle sanzioni del Caesar Act il 17 giugno. C'è stata una chiara discrepanza nelle priorità degli Stati Uniti, come si vede dalle differenze tra Pompeo e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump a cui fa riferimento l'ex ambasciatore delle Nazioni Unite John Bolton nel suo nuovo libro; Trump era più interessato agli ostaggi che a ciò che Pompeo o Bolton avevano da dire sulla Siria. Ma qualunque sia la politica alla base del Caesar Act, sta danneggiando i comuni siriani che già soffrono per il crollo dell'economia libanese. L'assistenza sanitaria rappresenta il miglior esempio di questo.
Crisi politica e finanziaria
Molto prima dell'entrata in vigore del Caesar Act, l'economia della Siria era crollata per sanzioni già austere, combinate con un'economia di guerra che ha drasticamente peggiorato le condizioni di vita per la popolazione in generale. I siriani soffrono di molti disturbi oltre a quelli dovuti direttamente alla guerra, tra cui il cancro , il diabete e la rinascita di malattie un tempo eradicate come la poliomielite, che è ricomparsa nel 2015, ma ora se n'è andata.
La situazione attuale è terribile, persino peggiore del previsto dopo nove anni di combattimenti. Ciò è stato esacerbato dalla crisi politica e finanziaria nel vicino Libano, insieme alla pandemia globale di coronavirus . Gli aiuti sanitari emiratini e kuwaitiani alla Siria hanno aiutato gli ospedali di Damasco, ma non sono sufficienti. David Beasley, direttore esecutivo del World Food Programme, ha ripetutamente affermato che il mondo deve aiutare i siriani in Siria come il modo migliore per affrontare la crisi generale.
Prima della guerra, l'assistenza sanitaria siriana era l'invidia della regione, come rilevato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Circa 1,6 milioni di rifugiati iracheni avevano fatto casa in Siria ed erano in grado di accedere a cure di alta qualità. A questo proposito, un'analisi della Brookings Institution ha descritto un ambiente accogliente in Siria. La Siria aveva già affrontato le guerre in Iraq e in Libano e il suo sistema sanitario ha curato i rifugiati iracheni, libanesi e palestinesi meglio di qualsiasi altro stato arabo. Il suo sistema sanitario è da tempo collegato alle economie di confine.
Fuori Servizio
In un precedente articolo scritto in collaborazione con Peter Oborne, ho sostenuto che le sanzioni finanziarie ostacolano i pagamenti per le importazioni di assistenza sanitaria, il che è un grosso ostacolo, nonostante i funzionari occidentali affermino che il Caesar Act non ha alcun impatto sulle transazioni sanitarie. Sul campo, è una storia diversa, lontana dal comfort dei "cervelli pensanti" di Londra o Washington.
I medici hanno riferito che era difficile persino parlare con i fornitori, a causa della loro paura delle sanzioni e dell'impossibilità di predisporre i pagamenti. Molti ospedali e centri sanitari sono fuori servizio e necessitano di una ricostruzione urgente. Mentre paesi come Emirati Arabi Uniti, Indonesia e Kuwait avevano aiutato, il Caesar Act ora minaccia di fermare la cooperazione internazionale.
Le apparecchiature diagnostiche, come gli scanner MRI e CT, mancano o mancano le parti vitali. Mancano i ventilatori e le attrezzature di laboratorio. I cardiologi mi hanno detto che mancano gli endoscopi, i cateteri cardiaci e gli stent coronarici, insieme alle apparecchiature per dialisi renale, tutto a causa delle sanzioni. Anche gli ospedali privati che potevano permettersi le riparazioni non possono ottenerli, poiché le aziende non vogliono vendergli l'attrezzatura necessaria per paura di ripercussioni. Le attrezzature e i medicinali essenziali sono soggetti a sanzioni in termini di fornitura, produzione e importazione. Le banche si rifiutano di aprire il credito per l'importazione di beni sanitari urgentemente necessari nel timore che le sanzioni possano influire sulla loro attività. Le compagnie di assicurazione si rifiutano di fornire copertura e, quando lo fanno, i costi sono insostenibili. Inserendo la Siria tra le aree ad alto rischio, le compagnie di navigazione si rifiutano di importare apparecchiature mediche in Siria. Le grandi aziende si rifiutano di inviare attrezzature, medicine, ambulanze o persino latte in polvere per neonati.
Rompere con gli Stati Uniti
L'assistenza sanitaria non riguarda solo le cure pratiche e applicabili, ma anche la ricerca vitale.. I medici non possono partecipare a conferenze regionali a causa delle restrizioni sui visti o iscriversi a riviste scientifiche in quanto non possono pagare le tasse richieste a causa delle sanzioni finanziarie. La maggior parte dei chirurghi mi ha detto che si affidavano alle ricerche di prima della guerra, e al limitato accesso alle applicazioni sanitarie online.
Ci sono enormi domande sulla saggezza e sulla fattibilità a lungo termine delle sanzioni, anche da parte degli alleati europei. L'economista siriano Amer al-Hussein ha sostenuto che potrebbe essere il momento per l'UE di rompere con gli Stati Uniti sulla politica siriana. Il professore Adeel Malik di Oxford, esperto di economie arabe, osserva che ci sono molte prove che evidenziano come le sanzioni non riescano a raggiungere i loro obiettivi e invece rafforzano gli interessi del regime. In un'intervista con Malik, egli mi dice: “Il caso iraniano è istruttivo. Le sanzioni statunitensi hanno danneggiato il settore privato indipendente e le classi medie, l'elettorato cioè, che potrebbe spingere per una riforma economica e politica ", ha detto Malik. “Nell'Iraq dell'era Saddam, le sanzioni hanno fatto fiorire molte opportunità di contrabbando. Le sanzioni sono una punizione collettiva della società. Sono una vergogna morale e come tali dovrebbero essere considerate. "
L'assistenza sanitaria siriana sta soffrendo. Essa ha un ruolo regionale al di là dello stato siriano e, come tutte le cose relative alla guerra in corso, quando la Siria soffre, la regione soffre.
*Kamal Alam è specializzato nella storia militare contemporanea del Medio Oriente. È stato Fellow presso il Royal United Services Institute dal 2015 al 2019. Attualmente è Fellow presso The Institute for Statecraft e tiene conferenze in diversi college di personale militare in Medio Oriente.
https://www.middleeasteye.net/opinion/caesar-act-deals-another-blow-syrias-beleaguered-health-sector

sabato 1 agosto 2020

Jocelyne Khoueiry, la combattente, ha reso le armi all'Amore


Con profonda commozione e personale affetto, partecipiamo al dolore della Famiglia delle consorelle  e  della comunità cristiana libanese per la morte della grande amica Jocelyne Khoueiry.

Con le combattenti del tempo della guerra, lasciate le armi, ha creato il movimento ′Libanese-Donna 31 maggio', 'Sì alla vita' e Il Centro San Giovanni Paolo II che lavorano per la formazione della donna, la difesa della vita, il sostegno alla famiglia e ai bambini.
Consapevoli che la visione profetica di Jocelyne ha colto il bisogno primario del nostro tempo, riproponiamo un breve video della sua storia e le sue parole:
"Siate consapevoli della vostra missione di donne e madri. Siete voi che educate gli eroi e i missionari di domani. Siete voi che trasmettete la Fede in Dio e l'amore della vostra terra ai vostri figli, che tenete saldi e sostenete i vostri mariti e mantenete i vostri figli e le vostre figlie sulla via dell'onore e del sacrificio! Voi siete i combattenti della resistenza e i resistenti dell'Oriente cristiano! »

Una piccola memoria personale:

giovedì 30 luglio 2020

Siria resiliente: Sfidare Cesare.

Reuters segnala che mercoledì gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni "per tagliare i fondi per il governo del presidente siriano Bashar al-Assad" e hanno avvertito che chiunque intrattenga rapporti commerciali con Damasco rischia di essere inserito nella lista nera. Si distingue il grottesco inserimento nelle sanzioni anche del figlio adolescente di Assad, Hafez, di altre 4 persone e 10 entità, tra cui un'unità dell'esercito siriano.
In realtà sono gli stessi siriani ad affrontare il peso delle sanzioni e della crisi economica che impedisce la ricostruzione delle infrastrutture e il mantenimento dei posti di lavoro.
Per questo ci sembra molto interessante il racconto della coraggiosa iniziativa di intrapresa 'dal basso' qui raccontata.
OpS

Conferenza delle piccole imprese 
per combattere le sanzioni 
e la 'Caesar Act USA'
di Vanessa Beeley . Traduzione Gb.P. OraproSiria

Due settimane fa, ho partecipato a una conferenza di due giorni a Damasco, in Siria. L'iniziativa nasce da un'idea di un uomo d'affari e imprenditore siriano, il dott. Hani Barakat, che ha riunito un gruppo di uomini d'affari giovani e intraprendenti per discutere gli ostacoli che devono affrontare i giovani siriani quando provano a intraprendere qualsiasi tipo di iniziativa commerciale.
Il loro percorso verso il successo è stato duramente influenzato dalle sanzioni illegali della Coalizione degli Stati Uniti (e le precedenti sanzioni contro la Siria del 1979) e ulteriormente influenzato dalla recente e punitiva Legge Cesare - una svolta barbara delle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti sulla base di un rapporto fraudolento di "tortura nelle carceri siriane".
Durante i due giorni, gli ostacoli logistici e burocratici sono stati discussi apertamente. Le critiche al governo e agli elementi all'interno del settore commerciale sono state ascoltate ed esaminate e analizzate in modo costruttivo. Alla fine delle due giornate, il team guidato dal dott. Barakat ha redatto un riassunto completo delle problematiche sollevate ed ha proposto soluzioni per accelerare l'avviamento delle piccole imprese.
Il dott. Barakat intende portare la conferenza in tutte le principali città della Siria per approntare una relazione riguardo alle problematiche per regione e per settore. Il contingente di Aleppo era presente a Damasco ed è in attesa dell'incontro di Aleppo che seguirà nei prossimi mesi.
Il dott. Hani Barakat alla conferenza di Damasco "Sfidare Cesare". Foto: Vanessa Beeley

Durante il discorso introduttivo il dott. Barakat, ha toccato anche i seguenti punti:
Sarebbe meglio regalare tutto piuttosto che svendere il Paese come hanno fatto alcuni. Se potete aiutare questo Paese, non dovreste esitare a farlo. La vittoria in campo economico significa sicurezza e stabilità per tutti nel Paese ".
Voi (la piccola comunità imprenditoriale) siete la nostra speranza, siete l'esercito siriano contro il terrorismo economico. L'eroica vittoria dell'Esercito Arabo Siriano contro il terrorismo militare è la nostra vittoria, ma è anche una vittoria per il mondo intero. Abbiamo tutti un debito enorme nei confronti dell'Esercito arabo siriano il cui sacro sangue è stato versato per difendere la Siria e il suo grande popolo. Siete un popolo con pazienza, dignità, onore e resistenza. Il mondo intero vi è stato contro ma non vi siete arresi. Ora non è il momento di arrendersi alla paura e all'illusione seminate dalla quinta colonna, specialmente sui social media. "
Il nostro comandante, il presidente Bashar Al Assad, ha guidato il Paese in salvo dopo gli attacchi alla nostra gente. Non abbiamo mai abbandonato il Paese durante i periodi più bui e non lo faremo ora. Combatteremo la guerra economica con lo stesso coraggio.
Questa organizzazione si paga tutto da sola, non c'è corruzione, solo etica, morale e scienze politiche. C'è gente che sta ostacolando questa iniziativa perché intendo combattere la corruzione.
Il motivo principale per cui ho avviato questa iniziativa è per ridurre la sofferenza del popolo siriano. Voglio offrire reali opportunità di lavoro e incoraggiare attivisti e giovani a creare le proprie piccole imprese. Siamo una candela in un tunnel molto buio ma ci sono persone che tornano da fuori della Siria per aiutare a ricostruire. Voglio che la prossima generazione possa guardare indietro e ringraziare questa generazione per non aver abbandonato questo Paese nel momento del bisogno. Se l'esperimento funziona qui a Damasco, trasferiremo in ogni altra grande città della Siria lo stesso concetto.”

martedì 28 luglio 2020

Aghia Sofia


“Aghia Sofia, dalle tue pareti hanno cacciato i santi:
Aghia Sofia, ho pregato ancora tra le tue mura.
Solitaria e attonita la Vergine regge il Bambino senza sorriso.
Così da secoli annerisce l’oro dei mosaici nel museo dei vincitori.
Sono scesa in silenzio alle cisterne d’acqua, buie cattedrali della terra,
lontano dall’impronta dei sultani che ti hanno trapassato il cuore”.
Coro: Ensemble in Canticis Solisti: Olga Chechetkina e Dmitry Zhavko Testo: Marina Valmaggi


Forse non lo sanno e pensano di aver conquistato qualcosa per Dio e per se stessi. Ma lo sappiamo bene noi che lo sperimentiamo ogni giorno crocifissi con Cristo. La nostra vita, con le difficoltà e le sofferenze, la precarietà e le consolazioni del suo amore sono Basiliche e Cattedrali infinitamente più belle di Santa Sofia. Perché nessuno potrà strapparle dalla mano di Cristo, e perché, in Lui, sono già incastonate nell'eternità dove la corruzione non potrà raggiungerle.
La Sapienza in onore della quale essa fu edificata infatti, è quella della Croce, nascosta persino agli angeli, ma rivelata ai piccoli, che risplende come una lode purissima sull'altare immacolato delle stigmate che li unisce a Cristo.

Fa soffrire vedere una Chiesa trasformata in moschea, ma Dio sa, Dio agisce misteriosamente anche negli eventi più dolorosi e difficili da comprendere e accettare. E oggi, giorno della prima preghiera islamica nella cara Santa Sofia, risuonano le Parole di Gesù che solo i cristiani conoscono, perché vive e compiute nella loro vita: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv 4, 23-24).

Che il Signore, in questo tempo difficile e gravido di persecuzione, ci conceda il dono di adorarlo in spirito e verità, per avere l'onore, la gioia e la pace di rendergli gloria con tutta la nostra vita.

don Antonello Iapicca (Fb)

giovedì 23 luglio 2020

Tulsi Gabbard approva una disposizione che richiede un rapporto sull'impatto umanitario delle sanzioni statunitensi su altri Paesi

 Segnaliamo l'importante iniziativa del Membro della Camera dei Rappresentanti per lo Stato delle Hawaii TULSI GABBARD : per la prima volta viene proposto al popolo americano di conoscere le conseguenze sulle popolazioni colpite dalle misure disumane approvate dall'Amministrazione USA, quali il recente 'Caesar Act', ed assumerne la responsabilità. 
In Siria, che attraversa la più grave crisi economica della sua storia, la gente sta morendo di fame a causa delle sanzioni e della Legge Caesar. L'inflazione ha reso tutto costoso, la gente non riesce più a comprare medicinali e cibo, e mentre il COVID 19 si diffonde rapidamente, la malnutrizione colpisce e la mancanza di vitamine e difese indebolisce il sistema immunitario.
E' un disastro umanitario quel che sta per accadere!  


21 luglio 2020 Comunicato stampa
Traduzione italiana di Gb. P. per OraproSiria
Washington, DC - Ieri la Camera ha approvato un emendamento all'annuale 'National Defense Authorization Act' (Legge sulla difesa nazionale) presentato dalla Rappresentante nel Congresso USA Tulsi Gabbard, che richiede un rapporto iniziale e annuale al Congresso da parte dell'Amministrazione circa l'impatto umanitario delle sanzioni statunitensi. Attualmente non esiste alcuna valutazione all'interno del governo degli Stati Uniti per determinare l'impatto delle sanzioni statunitensi su altri Paesi. Questa disposizione obbligherà ad esaminare e riferire circa l'impatto umanitario che le sanzioni statunitensi hanno avuto (ed hanno) sulla popolazione dei Paesi soggetti a sanzioni globali. L'emendamento è stato approvato come parte di un gruppo di emendamenti al disegno di legge con un voto di 336 favorevoli e 71 contrari ed è parte del disegno di legge completo approvato oggi dall'Assemblea.
Tali rapporti sarebbero richiesti su tutte le sanzioni globali esistenti imposte ai governi stranieri dagli Stati Uniti, nonché su eventuali nuove sanzioni di questa natura che l'amministrazione desiderasse imporre. È richiesto un rapporto aggiornato ogni anno.
"Troppo spesso le sanzioni statunitensi sono comminate a un altro Paese nel tentativo di "punire" il leader di quel Paese senza considerare quale sia il reale impatto di tali sanzioni sulle popolazioni. In realtà, queste sanzioni sono come un assedio dei nostri giorni, che incidono maggiormente sui cittadini del Paese sanzionato, limitando la loro fornitura di cibo, acqua, medicine e forniture di base di cui hanno bisogno per sopravvivere, causando gravi malattie, sofferenza e morte. Nel frattempo, il leader del Paese sanzionato spesso non ne soffre", ha detto la rappresentante Tulsi Gabbard. “Al momento non esiste alcuna valutazione o responsabilità per i leaders del nostro Paese in merito alle catastrofi umanitarie causate da queste sanzioni. La mia disposizione ha incluso nella NDAA modifiche, richiedendo una valutazione iniziale seguita da relazioni annuali sull'impatto umanitario delle sanzioni statunitensi su altre nazioni ".
"Mi congratulo con la rappresentante Gabbard per aver lavorato in modo bipartisan per imporre, per la prima volta, rapporti ufficiali sui danni causati da sanzioni di ampia portata", ha affermato Erik Sperling, direttore esecutivo di Just Foreign Policy . "È giunto il tempo che il popolo e i politici americani abbiano le informazioni di base sull'impatto dei nostri regimi sanzionatori su decine di milioni di persone che non hanno mai fatto nulla contro gli interessi statunitensi. Attivisti umanitari di base in tutto il Paese si mobiliteranno e contatteranno i loro rappresentanti per garantire che questa disposizione sia introdotta nella legge. "
"L'emendamento alla NDAA (Legge sulla difesa nazionale) della rappresentante Tulsi Gabbard è un primo passo molto importante verso lo sviluppo della supervisione del Congresso sull'uso di ampie sanzioni economiche. Contribuirà inoltre a far luce sull'impatto mortale delle sanzioni sulle popolazioni innocenti. Nel corso degli anni, il governo degli Stati Uniti ha imposto decine di sanzioni economiche senza mai dover rivelare pubblicamente l'impatto che queste misure hanno sulle economie e sulle situazioni umanitarie dei Paesi sanzionati. Siamo consapevoli di alcuni dei terribili effetti delle sanzioni grazie a studi indipendenti che hanno dimostrato come i tassi di malattie, malnutrizione e mortalità aumentino in modo significativo nei Paesi bersaglio di sanzioni; ma il governo degli Stati Uniti non ha mai ufficialmente riconosciuto questo e altri "danni collaterali" causati da sanzioni. Inoltre, più e più volte il presidente degli Stati Uniti ha ordinato sanzioni senza mai dover spiegare quali obiettivi di politica estera il governo si aspetta di raggiungere o riferire se uno di questi obiettivi è effettivamente raggiunto", ha detto Alexander Main, direttore della politica internazionale presso il 'Center for Economic and Policy Research'. "L'emendamento di Gabbard aiuta a correggere questa palese mancanza di responsabilità riguardo all'uso delle sanzioni e contribuirà a sensibilizzare sugli effetti letali e spesso controproducenti delle sanzioni."
Il contesto: L'emendamento adottato richiede che il Presidente, il Segretario di Stato, il Segretario del Tesoro, il Segretario al Commercio, l'amministratore USAID e l'Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, riferiscano al Congresso sull'impatto umanitario di tutte le sanzioni globali esistenti o nuove proposte. L'amministrazione è inoltre tenuta a fornire un rapporto di aggiornamento annuale al riguardo.
L'anno scorso, la rappresentante Tulsi Gabbard ha espresso preoccupazione per il fatto che le sanzioni potrebbero minare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti con un ampio impatto sulla popolazione generale, infiammando le tensioni regionali e danneggiando gli alleati degli Stati Uniti.

Informazioni sulla Rappresentante Tulsi Gabbard: la deputata del Congresso Tulsi Gabbard sta esercitando il suo quarto mandato alla Camera degli Stati Uniti in rappresentanza del Secondo Distretto delle Hawaii, e fa parte dei Comitati dei servizi armati e dei servizi finanziari della Camera. In precedenza ha fatto parte della Commissione per gli affari esteri e della Commissione per la sicurezza interna. È stata eletta nel Consiglio comunale di Honolulu nel 2010, e prima ancora all'età di 21 anni, è stata eletta alla legislatura statale delle Hawaii nel 2002, diventando la persona più giovane mai eletta nello Stato. Tulsi Gabbard ha prestato servizio nella Guardia Nazionale dell'Esercito delle Hawai per oltre 17 anni, è una veterana di due dispiegamenti in Medio Oriente e continua a servire come Maggiore.
https://gabbard.house.gov/news/press-releases/rep-tulsi-gabbard-passes-provision-requiring-us-report-humanitarian-impact-us

lunedì 20 luglio 2020

Riapre la cattedrale maronita S.Elia di Aleppo

Vatican News 20 luglio
"Un segno di speranza e di rinascita non solo materiale ma dell'intera comunità, nonostante i numeri dei cristiani qui vadano ancora riducendosi, a causa dell'estrema povertà, legata alle sanzioni che gravano sulla popolazione inerme". La testimonianza che si trasforma in un appello alla preghiera e alla vicinanza, arriva dall’arcivescovo maronita di Aleppo, monsignor Joseph Tobij. Ai nostri microfoni presenta, dopo lunghi lavori di restauro, la riapertura e riconsacrazione oggi 20 luglio, della cattedrale maronita di Sant’Elia di Aleppo, gravemente danneggiata durante la guerra ancora in corso in Siria. Al restauro ha contribuito tra gli altri, Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) che è stata uno dei maggiori finanziatori del progetto, con una donazione di 400mila euro.

La storia di un luogo sacro e caro al Paese

Costruita nel 1873 nel quartiere Al Jdeydeh, l’edificio aveva subito gravi danni nel 2013 per mano di un gruppo di jihadisti il cui scopo era distruggere ogni segno della cristianità nel Paese.

“La principale difficoltà della riedificazione è stata il reperimento dei fondi, che è stato agevolato e sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La ricostruzione del tetto di legno, esattamente come quello originale, è stata un’altra sfida. Mancavamo di competenze locali in questo settore, per cui abbiamo chiesto ad architetti italiani di disegnare il progetto del tetto di legno”, spiega monsignor Tobij che ringrazia Acs e tutti donatori che hanno permesso la realizzazione del progetto: “Senza l’aiuto di Acs e la generosità dei benefattori non saremmo stati in grado di pregare ancora e diffondere speranza nei cuori dei fedeli attraverso la ricostruzione della cattedrale”. Secondo fonti della fondazione pontificia, infatti, i cristiani della capitale siriana sono oggi appena 30mila, contro i 180mila prima della guerra scoppiata nel 2011.

R. - Si tratta della nostra cattedrale maronita, qui abbiamo smesso di celebrare da otto anni, quindi per noi è un momento cruciale per tutta la diocesi e la sua riapertura vuole dire che riprendiamo la vita; è dunque un segno di speranza, un messaggio di ricostruzione, non solo ricostruzione di pietre ma di comunità. E poi è un modo per dire alla gente ad Aleppo, in Siria e nel mondo, che noi ancora ci siamo, ancora esistiamo, nonostante il calo tanto grande del numero dei nostri cristiani. Noi esistiamo.

D: La Cattedrale ha subito la violenza, come tutto il territorio e tutta la popolazione. Però ora grazie alla beneficenza, grazie alla collaborazione e alla solidarietà è rinata: una vicenda emblematica della storia della Siria degli ultimi anni?

R. -Infatti, è stata una partecipazione di "comunità", partecipazione del "corpo di Cristo sparso nel mondo" e questo per noi è già un segno di comunione tanto grande.

D: Questa inaugurazione cade in un momento particolare per la Siria: sono 20 anni al potere di Bashar al-Assad, un lungo periodo segnato spesso dalla guerra e poi siete anche ad una svolta con il rinnovo del Parlamento. Come vive oggi la popolazione e come guarda al futuro?

R. - Dal punto di vista della sicurezza, eccetto certe zone della Siria nord- nord ovest, la situazione è migliorata. Invece c'è una guerra peggiore delle bombe. C'è la guerra delle sanzioni economiche appesantite ultimamente e la conseguenza diretta di questo è la povertà che è aumentata in modo eccessivo. Per darvi un esempio, un impiegato statale guadagna circa 20 euro al mese, quindi potete immaginare quanta sofferenza, anche senza bombe: mancanza di medicine, mancanza di macchinari di tutti i generi, e tutto per causa delle sanzioni e dell'embargo, con la ruota dell'economia ancora ferma. E questo dà alla gente un senso di tristezza e di buio per il futuro, non sappiamo cosa ne sarà del nostro futuro. E così tanti ancora mirano al sogno occidentale e a scappare da qua e dalla fame.

D: A questo proposito, c'è un messaggio che si sente di lanciare in occasione di questo evento così importante per voi?

R. - Il mio messaggio è che, dato che la Chiesa rappresenta la comunità, una volta ricostruita la nostra cattedrale abbiamo tanta speranza di ricostruire anche la comunità, la diocesi intorno ad essa, e le stesse anime dei nostri fedeli, che spero traggano gioia da questo momento.
Posso lanciare un appello ai nostri fratelli nel mondo, di pregare per noi, perché la preghiera fa molto: è un fatto reale che va oltre l'umano. Lì è il Signore che agisce.

sabato 18 luglio 2020

Hezbollah tra due fuochi: la sua stessa società e i suoi alleati nazionali.


Di Elijah J. Magnier - 5 luglio 2020 – Fonte: ejmagnier.com
Traduzione italiana di Gb.P.
Il segretario generale libanese di Hezbollah Sayyed Hassan Nasrallah gode di un sostegno senza pari tra gli sciiti in Libano e, più in generale, tra l ' "Asse della resistenza" che guida. È il leader più famoso del Libano, è molto rispettato e ascoltato dai suoi sostenitori e nemici, in particolare Israele. Tuttavia, poiché la situazione finanziaria del Libano si è fortemente deteriorata, non è più in una posizione invidiabile e avrà bisogno di eccezionali capacità per mantenere l'unità del Libano in un momento in cui i suoi presunti alleati politici mostrano comportamenti ostili. I sostenitori di Hezbollah ed i suoi alleati politici non sono più in armonia. Le tensioni stanno raggiungendo livelli senza precedenti, non solo sui social media, ma anche per quanto riguarda le scelte politiche. C'è più di una ragione.
Sayyid Nasrallah ha un'influenza indiscussa sui suoi sostenitori poiché la maggior parte di loro fa eco alla parola "Sayyid" - come i suoi discepoli lo chiamano, ed usano anche l'acronimo "Samahto", termini arabi che significano "sua eminenza", un titolo religioso. I suoi discorsi diventano una tabella di marcia per i suoi sostenitori, analisti, giornalisti e politici, e i dettagli delle sue opinioni e idee politiche vengono ritrasmessi sulla maggior parte delle piattaforme mediatiche. Ma ciò non impedisce ai membri della società che sostengono Hezbollah - di cui Hezbollah è parte integrante - di non essere d'accordo con le dichiarazioni del Sayyid in merito al suo legame politico con i suoi alleati, in particolare il più grande partito cristiano "Tayyar al Watani al-Hurr " , il Movimento Patriottico Libero (FPM). In effetti, i sostenitori di Hezbollah hanno deciso di eludere le raccomandazioni del Sayyid e di "cavalcare la notte a cavallo di un cammello"- (un'espressione usata dall'Imam Hussein Bin Ali per i suoi sostenitori alla vigilia dell'ultima battaglia di Karbalaa, quando invitò i suoi sostenitori a partire al crepuscolo per evitare di essere visti dal nemico e quindi sfuggire alla morte all'indomani). Un'altra guerra si sta svolgendo sui social media in cui i sostenitori di Hezbollah esprimono duramente le loro frustrazioni, incidendo sulla zona favorevole a Hezbollah e contestando le sue preferenze politiche. In uno dei suoi ultimi discorsi, Sayyid ha sottolineato l'importanza di moderare gli scambi sulle piattaforme dei social media tra gli alleati, da tutte le parti, affermando che il legame con i suoi alleati è solido e saldo. Sayyid Nasrallah voleva sgonfiare l'attuale livello di tensioni derivante da una serie di eventi in Libano. Non c'è dubbio che il capo di Hezbollah sperasse di affrontare il vero problema tra alleati da una prospettiva diversa, lontano dalle piattaforme pubbliche.
Ma diamo un'occhiata a cosa sta realmente succedendo in Libano. Non esiste un'agenda nascosta dietro questo articolo e nessuna intenzione di alimentare le differenze nazionali esistenti. Il suo obiettivo è quello di rivelare una realtà che i libanesi stanno scoprendo in questo periodo di sofferenza finanziaria che il paese sta vivendo da mesi. Il livello di dissenso è aumentato al punto in cui è diventato inevitabile. È tempo di rispondere a questo dissenso.
Il Libano è in uno stato di grave discordia da quando la gente è scesa in piazza l'anno scorso per chiedere migliori condizioni di vita e per esprimere il suo disprezzo per i politici responsabili di decenni di corruzione e cattiva gestione. Ciò ha spaventato al momento tutti i politici perché hanno capito che il popolo libanese si ribellava contro tutti loro che sono accusati di essere responsabili di tre decenni di furto, perdita di posti di lavoro, ingiustizia e corruzione.
Come nel caso di analoghe proteste in Iraq, l'ambasciata americana ha tentato di sovvertire l'ondata popolare di proteste per deviare i manifestanti contro il nemico più temuto di Israele, Hezbollah.
Il "Movimento del Futuro" - fondato dal defunto Primo Ministro Rafiq Hariri e ora guidato da suo figlio Saad, entrambi obiettivi dei manifestanti - ha spinto la situazione sull'orlo della rivolta quando i suoi sostenitori hanno chiuso l'unica strada che collegava Beirut a sud di Libano. Hariri era turbato per non essere riuscito a formare un nuovo governo e essere sostituito da Hasan Diab. Hariri si è pentito di aver approvato la scelta di Diab e da allora ha cercato di minare ogni possibilità di successo per il nuovo governo. Chiudere la strada meridionale del Libano-Beirut, significa bloccare i movimenti di Hezbollah verso sud, necessari per mantenere la prontezza militare in caso di possibile guerra con Israele. In seguito al ripetuto blocco di questa via vitale, Hezbollah fece appello alle sue riserve situate lungo questa via per prepararsi a renderla nuovamente disponibile con la forzata. A questo punto, l'esercito libanese è intervenuto per evitare scontri, disinnescare le tensioni e ottenere l'impegno di tenere sempre aperta la strada. L'obiettivo era quello di preservare i diritti dei manifestanti pacifici, evitando nel contempo che i rivoltosi con un programma politico compromettessero la coesistenza libanese tra le diverse religioni.
Le dimostrazioni hanno messo in allarme i banchieri che negli anni avevano accumulato enormi ricchezze grazie all'ingegneria finanziaria della Banca centrale. Essi avevano portato di nascosto i loro beni fuori dal Paese prima dell'inizio della rivolta generale. Le banche hanno chiuso e impedito ai correntisti di recuperare i propri risparmi. Le banche hanno seminato il panico e distrutto ogni fiducia nel sistema bancario e in qualsiasi piano finanziario del governo. La gente si è precipitata a prelevare denaro dalle banche entro i limiti autorizzati, scambiando valute locali per dollari e accumulando ciò che potevano dei loro risparmi in denaro contante a casa.
L'ex primo ministro Saad Hariri si rese conto di aver perso la possibilità di tornare al potere, ma era più consapevole che mai che il percorso verso l'ufficio di un futuro primo ministro passava da Hezbollah. Hariri ha migliorato le relazioni con Hezbollah, l'organizzazione che ha insistito per il suo ritorno dall'Arabia Saudita quando è stato detenuto con la forza dal principe ereditario Mohammad Bin Salman. Nonostante l'appoggio di Hezbollah ad Hariri, l'ex primo ministro si è dimesso nel momento più difficile per Hezbollah e ha ammesso che le pressioni americane e saudite lo avevano costretto a chiedere un nuovo governo escludendo la partecipazione di Hezbollah, sapendo che quest'ultimo e i suoi alleati hanno la maggioranza in parlamento mentre Hariri è in minoranza.
I nemici politici diventano amici e gli amici diventano protettori dei nemici. È il Libano. Una delle principali forze trainanti del gruppo dell'8 marzo, e stretto alleato di Hezbollah, è il presidente Nabih Berri, accusato di essere una delle figure più corrotte in Libano con la famiglia Hariri. Berri si prese la responsabilità di proteggere il governatore della Banque du Liban (la Banca centrale) e uno stretto alleato di Riad Salameh. Salameh, che ha apertamente accusato Hezbollah di complottare per estrometterlo, a causa della sua compiacenza verso tutte le richieste americane, crede di essere in una posizione di forza. Berri ha rifiutato di sostituirlo per paura che "il dollaro raggiungesse le 20.000 sterline libanesi" .
In effetti, ci sono molte ragioni per cui il governatore filoamericano della banca è ancora in carica. Conosce i segreti di tutti i politici e sa tutto sul contrabbando di beni all'estero durante la crisi finanziaria. Ha distribuito prestiti a persone influenti a tassi di interesse insignificanti. Per molti anni, ha documentato a una successione di presidenti libanesi la terribile situazione finanziaria del paese, ma è stato sempre incaricato da ciascun presidente in carica di "guadagnare tempo" e prevenire la caduta della valuta libanese, fintanto che il prossimo presidente salisse al potere. Poiché gli americani lo proteggono, Salameh è per Berri "moneta di scambio" per dimostrare a Washington che è anche un protettore dei loro interessi in Libano. Inoltre, Berri non vuole sostituirlo, perché in quanto protettore di Salameh, controlla effettivamente il governatore della Banca centrale cristiana. Questo non accadrebbe se Salameh venisse sostituito e un nuovo governatore fosse nominato dal capo del più grande blocco parlamentare cristiano, Tayyar al-Watani , l'FPM guidato dal più feroce nemico politico di Berri, l'ex ministro Gibran Basil. In effetti, per molti decenni, Berri e il suo primo ministro (defunto) Rafiq Hariri hanno condiviso le posizioni chiave che, secondo l'accordo interno, erano la parte dei cristiani. Quando i siriani comandavano in Libano, ai cristiani non era permesso scegliere i propri rappresentanti. Tuttavia, questo squilibrio ha portato l'FPM a una feroce battaglia per riguadagnare tutte le posizioni perse, rendendo il suo leader Basil il nemico di tutti i partiti, cristiani, drusi, sunniti e sciiti, tranne Hezbollah.
C'è un altro motivo per cui Hezbollah in questo momento accoglie il presidente Berri: perché Riyad Salameh dovrebbe essere rimosso dalla sua carica per la sua responsabilità di non condividere con il pubblico la realtà della situazione finanziaria del Libano e non aver avvertito i depositanti? Perché ha accettato di risparmiare tempo, organizzare l'ingegneria finanziaria e creare una "bomba a orologeria" che sarebbe esplosa senza preavviso decenni dopo, lasciando oltre il 95% della popolazione senza accesso ai propri risparmi? Che rimanga, e subisca le conseguenze della sua stessa politica, perché non è in vista alcuna soluzione immediata.
Il dollaro ha già raggiunto la metà dell'obiettivo inquietante previsto da Berri in caso di espulsione di Salameh. Si va da 7.500 a 10.000 sterline libanesi, per un dollaro. Ne erano necessarie solo 1.500 alcuni mesi fa. Berri è diventato il punto focale per i gruppi politici del “14 marzo”. È il loro mediatore e protettore. Ha mantenuto la sua posizione per 28 anni ed è pienamente supportato da tutti quelli accusati di decenni di corruzione. È anche il "bravo ragazzo" agli occhi dell'Ambasciata americana perché egli trattiene il suo potente alleato, Hezbollah (come Berri ammette) dal prendere il controllo del Paese e quindi protegge gli alleati degli Stati Uniti, il gruppo del 14 marzo.
Hezbollah si opporrà fermamente a qualsiasi critica del suo principale partner Berri al fine di mantenere unito il fronte sciita. Tollera tutto ciò che fa il presidente 82enne. Ma allo stesso tempo, molti sostenitori di Hezbollah non possono sopportare i decenni di corruzione di Berri e della sua famiglia.
Il colpo più duro inflitto dagli alleati di Hezbollah è venuto dal "FPM - il Movimento Patriottico Libero", i cui membri del parlamento si sono rifiutati di sostenere una risoluzione anticorruzione presentata alla Camera dei Rappresentanti perché "non è presente nella Carta e contraddice la Costituzione ”. E' allora che prevalse la perplessità e che alleati politici e nemici si mescolarono in una situazione delle più confuse in Libano. La minaccia della fame e dell'oscurità completa dovuta alla carenza di carburante non è più una minaccia lontana. L'ex ministro Gibran Basil ha dichiarato che "l'accordo di Mar Mikhael regola il consenso" per tenere il Libano fuori dalla guerra civile. La domanda è: cosa potrebbe accadere se l'accordo di Mar Mikhael non fosse più valido?
Inoltre, l'FPM, alleato di Hezbollah, ha esortato il suo rappresentante, il Ministro della Giustizia, a convocare e umiliare un giudice, Muhammad Mazeh, che ha offerto poi le sue dimissioni. Il giudice Mazeh aveva emesso un'ordinanza rivolta ai media locali di "smettere di diffondere le tossine dell'ambasciata americana a Beirut, in particolare l'ambasciatore Dorothy Shea, che attacca apertamente Hezbollah, un componente della società libanese con deputati e ministri in carica al governo ". L'ambasciatore Shea, che aveva dichiarato che la crisi finanziaria libanese è stata causata da "decenni di corruzione e cattiva gestione", ha ritirato l' affermazione corretta iniziale che accusava Hezbollah di essere dietro l'attuale crisi ed esigeva il ritiro dei suoi ministri dal potere. Ella avrebbe anche affermato che il primo ministro Hassan Diab "era finito" . Non solo, il ministro degli Esteri libanese (membro dell'FPM) ha invitato l'ambasciatrice Dorothy Shea e si è scusato per l'ordinanza del giudice, invece di rimproverarla per aver violato l'articolo 41 dell'Accordo di Vienna (che proibisce agli ambasciatori di interferire negli affari interni di qualsiasi Paese). L'FPM non si è fermato qui: il console legale del presidente, Salim Jreisati, si è scusato con l'ambasciatrice americana, pregandola di mettere da parte la questione. Il presidente Michel Aoun, che ha guidato l'FPM prima di affidarne la direzione al genero Basil, ha assunto l'incarico grazie a Hezbollah. Fu Hezbollah a congelare la nomina di un presidente per 9 mesi al fine di imporre il presidente Aoun sul palazzo presidenziale di Baabda. Hezbollah è stato premiato con due ministri e un aiutante di campo al presidente che coccola il più feroce nemico di Hezbollah, l'amministrazione statunitense e il suo rappresentante in Libano, l'ambasciatrice Shea.
Sebbene i funzionari di Hezbollah non abbiano reagito al comportamento del funzionario dell'FPM, i suoi sostenitori sui social media si sono scatenati. Nel campo avversario, i sostenitori dell'FPM hanno difeso la posizione dei loro rappresentanti al governo.
Sono state espresse critiche per il suggerimento di Sayyed Nasrallah che il governo "vada verso Est" in Cina piuttosto che aspettare il sostegno americano che non arriverà mai. I media affermano che "la Cina non fa parte dell'asse di resistenza". Nessun funzionario o sostenitore di Hezbollah ha mai detto diversamente.
Altri sostenitori dell'FPM sui social media hanno criticato i combattenti di Hezbollah per essere pagati in dollari statunitensi, il cui valore è esploso rispetto alla valuta locale, mentre i libanesi stanno morendo di fame. In passato, i libanesi prendevano in giro gli attivisti di Hezbollah per il loro misero stipendio da 300 a 500 dollari americani per andare a combattere e morire in Siria.
2014: Sette mesi dopo la presa e la devastazione totale del sito cristiano di Maaloula da parte delle milizie islamiste di Al Nusra,  il villaggio fu liberato grazie ad un'offensiva condotta dagli Hezbollah libanesi appoggiati dall'esercito regolare siriano e da alcuni giovani del villaggio autocostituitisi in una milizia civica. Fu ancora grazie all'impegno degli Hezbollah che molti villaggi cristiani del Qalamoun siriano furono liberati dai takfiri fanatici.
Altre critiche sono state mosse alla "medicina iraniana che uccide ed è incompatibile con gli standard sanitari libanesi" . L'Iran esporta medicinali in Libano a prezzi molto inferiori ai prezzi di mercato. L'accusa che il cibo iraniano fosse "avvelenato" e commenti simili sulle piattaforme sociali hanno indicato una crescente alienazione dei sostenitori dell'FPM da Hezbollah.
Sayyid Nasrallah ha messo in guardia contro le distorsioni sui social network che distorcono la natura delle relazioni tra Hezbollah e l'FPM. Tuttavia, è vero che Basil ha perso il sostegno dei cristiani Suleiman Franjiyeh e Samir Geagea, del leader dei drusi Walid Jumblat, e dei sunniti Saad Hariri e degli sciiti Nabih Berri. La base di Hezbollah non simpatizza più con l'FPM quanto prima della crisi attuale. Sebbene Samir Geagea, il più feroce avversario di Basil, non abbia la maggioranza dei cristiani dalla sua parte, ha ridotto la sua distanza da lui.
Il capo dell'FPM ha solo Hezbollah come suo alleato. A differenza di Geagea, non ha il supporto americano. Quando verrà il momento delle elezioni presidenziali, gli americani non ricorderanno le scuse di tutti i funzionari dell'FPM all'ambasciatore americano perché gli Stati Uniti semplicemente non hanno alleati ma solo interessi. In ogni caso, gli Stati Uniti non sono più in grado di decidere chi sarà il prossimo presidente libanese.
L'attuale governo libanese di Hassan Diab ha deciso di non rinunciare all'Occidente ma di diversificare le sue scelte e accelerare la sua collaborazione con la Cina. Firma inoltre accordi con l'Iraq per l'importazione di carburante e benzina, in cambio dell'agricoltura libanese e dei prodotti locali, dotati di generose agevolazioni di pagamento. I libanesi stanno già ricevendo medicine e cibo dall'Iran. La carestia non è ancora imminente, Hezbollah aiuta la popolazione sciita a coltivare la terra fornendo fertilizzanti e altre necessità agricole.
La possibilità di una guerra civile è distante. Nessuno può opporsi alle forze armate libanesi e ad Hezbollah. Le due entità rappresentano un muro contro ogni possibilità di una guerra civile la cui esistenza è principalmente limitata ai social media.
Hezbollah è molto tollerante anche nei confronti dei libanesi che hanno protestato fuori dall'ambasciata degli Stati Uniti a Beirut e hanno espresso le loro condoglianze agli Stati Uniti per i Marines uccisi a Beirut nell'attacco suicida del 1983, scatenato dai bombardamenti americani su diversi siti libanesi e per aver preso parte alla guerra civile. Sebbene queste manifestazioni rappresentino uno spettacolo folcloristico e il loro peso nella politica libanese sia insignificante, Hezbollah non si comporta come l'ultimo dominatore sul campo o nel governo, anche se è la più potente forza militare nel paese e fa parte della più grande coalizione politica.
Hezbollah ha sempre eccelso nell'attraversare con attenzione i campi minati nazionali e regionali e nel girare i tavoli dei suoi nemici al momento giusto. Le attuali alleanze in Libano sono state scosse da una crisi economica che dovrebbe durare per molti anni. Questa crisi metterà sicuramente alla prova la diplomazia di Hezbollah e la coesione dei suoi membri.
Elijah J. Magnier
Ripreso dalla traduzione in francese di Il Saker Francophone

venerdì 17 luglio 2020

Preghiera a San Charbel Maklouf, per i popoli del Medio Oriente

Il Calendario liturgico pone la memoria di San Charbel il 24 luglio; molte comunità nel mondo la celebrano nella terza domenica di luglio con grande devozione per suo potere di intercessione presso Dio. La lista dei miracoli e delle grazie ottenuti da fedeli di tutte le confessioni implorando San Charbel è impressionante. San Charbel ha trascorso gran parte della sua vita nella preghiera, umiltà, ascesi e obbedienza in un povero eremo a Annaya, un piccolo villaggio situato sopra la città di Jbeil-Byblos in Libano. 

 Al monaco maronita, potente in miracoli e guarigioni, chiediamo la grazia di riportare la luce al suo caro paese, il Libano, e di intercedere perchè la Siria ritrovi la speranza della pace e del benessere.


PER CONOSCERE SAN CHARBEL :

mercoledì 15 luglio 2020

Siria: non si difendono i princìpi affamando dei bambini

In Siria, le sanzioni internazionali si aggiungono alle devastazioni di una guerra senza fine. Ferocemente, la comunità internazionale persiste nel confrontarsi nel Levante: russi, americani, cinesi, turchi o iraniani adducono tutti considerazioni etiche nel rafforzamento dei loro interessi strategici. Ma il risultato è chiaro: secondo il Programma Alimentare Mondiale, nove milioni di siriani vivono oggi nell'insicurezza alimentare.

di Charles de Meyer, presidente di SOS Chrétiens d'Orient

Punire lo Stato Siriano è punire tutti i Siriani
Militarmente, Damasco ha vinto la guerra. Disastro per alcuni, sollievo per altri, questo fatto contraddice le proiezioni di una coorte di esperti che gli aveva dato solo poche settimane prima di cadere all'inizio del conflitto. Nelle città, la vita ha ripreso i suoi diritti e i siriani hanno organizzato la loro vita quotidiana senza reale preoccupazione per l'enormità delle poste in gioco che li sovrastava. Hanno concordato con le comunicazioni internazionali, la mano sul cuore, che deploravano la carneficina, le privazioni, le ferite psicologiche e fisiche inflitte alle giovani generazioni. In breve, volevano riconnettersi con il loro destino.
La nuova serie di sanzioni Cesar imposte dagli Stati Uniti amplia notevolmente la cerchia di persone che sosterrebbero lo stato siriano. È importante capire che sotto il termine "regime", è lo Stato a essere preso di mira, e quindi l'intera popolazione dipendente da questo Stato. Che ci piaccia o no, punire lo Stato è punire tutti i siriani.

La domanda posta allora è la seguente: fino a quale punto le democrazie liberali sono disposte ad andare, per provocare la caduta di Bashar Al Assad, come fecero fino a far cadere Saddam Hussein? Agiscono in nome del diritto internazionale? Della morale pubblica? Dei diritti umani ? Ma allora, perché aver spinto il caleidoscopio degli islamismi a fare la guerra?

I regimi sanzionatori dimostrano regolarmente sia la loro parzialità che la loro inefficacia
No, queste sanzioni, come quelle dell'Unione Europea rinnovate alla fine di maggio, sono uno strumento di pressione, diplomatico. Dietro alcune voci sincere che portano le loro opzioni politiche per la Siria, si trovano una coorte di diplomatici falliti, di professori dipendenti dalle loro sovvenzioni eterogenee e dei veri ideologi. Per loro, non è la Siria che conta, è il fallimento di Bashar Al Assad, che essi hanno descritto come un nuovo Hitler.
Non discutiamo qui la pertinenza della loro opinione. Concentriamoci sul loro metodo. A livello internazionale, i regimi sanzionatori dimostrano regolarmente sia la loro parzialità che la loro inefficacia. Se fingono di concentrarsi su segmenti, persone o aziende, in realtà stanno creando un sistema a due livelli tra coloro che hanno il capitale per adattarsi agli accordi e quelli che non possono. In una parola, il loro vero effetto è rafforzare le posizioni di pochi, impoverendo la maggior parte. Per quanto riguarda la loro istituzione, che dipende dai servizi di intelligence, in sostanza non è trasparente e soggetta a tutte le manovre.

Speriamo di dimostrare la superiorità dei nostri valori aumentando il prezzo dei farmaci? Ci auguriamo di convertire le persone ai benefici delle nostre concezioni vietando loro di ricevere beni di prima necessità? I princìpi non si difendono affamando dei bambini.

https://www.valeursactuelles.com/monde/tribune-syrie-ne-defend-pas-des-principes-en-affamant-des-enfants-121300

SYRIE - LOI CÉSAR : ON VOUS PROTÈGE EN VOUS AFFAMANT:

mercoledì 8 luglio 2020

Gli strumentali 'aiuti umanitari' dell'Occidente alla Siria

La quarta conferenza UE-ONU sulla Siria finanzia Al Qaeda a Idlib

Di Steven Sahiounie, giornalista e commentatore politico
trad. Gb.P. OraproSiria
L'Unione europea (UE) dal 22 al 30 giugno ha ospitato una conferenza virtuale dal titolo "Supportare il futuro della Siria e della regione". Questa è la quarta conferenza di questo tipo incentrata sulla crisi in Siria, #SyriaConf2020, ed è stata copresieduta con le Nazioni Unite (ONU).
Josep Borrell , Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza/Vicepresidente della Commissione Europea, ha dichiarato: “I siriani hanno sofferto per troppo tempo. Dopo nove anni di conflitto, c'è il rischio che il mondo diventi immune alle immagini e ai resoconti di sofferenze inaccettabili e inutili, ma non possiamo permettere che ciò accada; non possiamo ignorare la loro condizione. È nostro dovere morale continuare a sostenere il popolo siriano. La conferenza mira a mobilitare ulteriormente la comunità internazionale seguendo gli sforzi guidati dalle Nazioni Unite per raggiungere una soluzione politica duratura alla crisi siriana in linea con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 2254. Questo è l'unico modo per riportare stabilità e pace per tutti i siriani. "
Borrell afferma che è un "dovere morale" sostenere il popolo siriano, ma l'UE, che egli rappresenta, non sostiene il popolo siriano, che sta soffrendo a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall'UE che rendono impossibile persino l'acquisto di medicine e impedisce qualsiasi ricostruzione delle case perse durante la guerra. Le parole di Mr. Borrell non hanno senso, tranne per quei siriani che hanno lasciato la Siria per un campo profughi straniero o che vivono sotto il controllo terroristico di Al Qaeda a Idlib .
La popolazione siriana era di circa 23 milioni nel 2011. A causa della guerra, molti Siriani se ne andarono a causa di fattori politici ed economici. Gli esperti hanno affermato che fino a un terzo della popolazione siriana ha lasciato il paese, lasciando circa i due terzi all'interno della Siria. Circa 14 milioni di siriani vivono oggi in Siria, dei quali tre milioni vivono sotto il controllo terroristico di Al Qaeda a Idlib e circa undici milioni vivono nel resto della Siria sotto il governo centrale di Damasco.
Russia, China veto UN Security Council resolution on Syria
Russia e Cina hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU per estendere le consegne di aiuti delle Nazioni Unite dalla Turchia verso la Siria, alle aree detenute dai ribelli di Idlib
Janez Lenarcic, Commissario Europeo per la Gestione delle Crisi, ha dichiarato: “La situazione umanitaria in Siria è a rischio ancora maggiore poiché la pandemia di coronavirus minaccia i più vulnerabili. L'UE non abbandonerà il popolo siriano nella più urgente necessità di assistenza all'interno del paese e nella regione ". L'UE non ha inviato alcuna fornitura a Damasco per i test o il trattamento di COVID-19; tuttavia, la Cina, la Russia , e la WHO (OMS) hanno inviato forniture per il contrasto al COVID-19.
Voci dalla Siria
Una mostra virtuale è online dal titolo " Voci dalla Siria e dalla regione ", che presenta una biografia e foto dei Siriani che sono stati colpiti dalla crisi siriana.
Una di quelle in primo piano è una donna, Ula Al-Jundi , della zona di Hama. Nel 2013 si è stabilita nella valle della Beqaa in Libano con suo marito e tre figli. È stata coinvolta nella sensibilizzazione delle donne siriane sui diritti civili lavorando con una ONG lì. Quella che è una sorprendente discordanza nella sua storia, è il fatto che non vive in Siria, ma in un paese straniero. Non può insegnare alle donne siriane i loro diritti civili, perché mentre vivono in Libano nessun uomo o donna siriana ha diritti civili siriani. I Siriani sono solo ospiti in un Paese straniero e il Libano non dà pieni diritti civili alle donne libanesi o alle straniere come le Siriane. Tuttavia, la Siria ha diritti civili per le donne, che sono storiche e culturali. In Siria, si vedono donne in quasi tutte le professioni: giudice , avvocato, medico, dentista, insegnante, tecnico di laboratorio, scienziato, agricoltore e anche membri del Parlamento, compresa l'ex presidente del Parlamento. Un partito politico in Siria è guidato da una donna, Barween Ibrahim.  Ula, e altri come lei, hanno scelto di lasciare la Siria per iniziare una nuova vita in un Paese straniero, eppure pretendono di fare cambiamenti in Siria, ma non vivono nemmeno lì. Il suo lavoro per le donne siriane non influisce sulle donne che vivono in Siria.
Michelle Bachelet , Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, (ed ex presidente del Cile) ha dichiarato il 30 giugno: "Le voci dei Siriani devono essere al centro di questo lavoro. Sono loro - le persone che hanno subìto questo conflitto e le violenze: vittime, vedove, rifugiati, giovani, membri di gruppi della società civile e molti altri - che costruiranno il futuro del loro paese. Dovrebbero essere queste donne e questi uomini a tracciare la via da seguire. Chiedo alla comunità internazionale di far sentire la voce delle persone in Siria in modo che possano condurci verso una pace tanto necessaria e duratura. Dobbiamo sostenere i Siriani nel realizzare un futuro di uguaglianza, diritti e dignità per tutti ".
La Bachelet menziona le persone siriane che hanno subìto il conflitto e la violenza; tuttavia, si riferisce solo a coloro che hanno lasciato la Siria. Non offre "di levare in alto la voce" di coloro che sono stati violentati, rapiti, torturati e mutilati dai terroristi al seguito dell'Islam radicale che erano sostenuti dall'UE e dagli Stati Uniti che stavano lottando per rovesciare il governo siriano. Dice che i Siriani "devono essere al centro" del lavoro per creare un futuro, eppure la maggior parte dei Siriani vive all'interno della Siria, ma non è consultata o inclusa in alcun piano per la Siria. Come può l'ex presidente del Cile escludere 14 milioni di siriani dalla sua visione?
Problemi dei bambini
Maryam Shamdin è membro fondatore della Syrian Humanitarian Women Network (HWN) e ha partecipato alla conferenza dell'UE. Shamdin è coinvolta nella formazione degli insegnanti su come affrontare l'estremismo religioso e la sua influenza sui bambini. L'estremismo religioso ha svolto un ruolo importante nel conflitto siriano, perchè gli Stati Uniti e l'UE hanno sostenuto bande armate aderenti all'Islam radicale, che non è né una religione né una setta. Gli Stati Uniti e la NATO hanno usato abilmente i Fratelli Musulmani, un gruppo terroristico bandito, per mobilitarsi attraverso le loro reti in Siria per creare quella che sembrava essere una rivolta popolare, ma che non era autoctona, ma di ispirazione occidentale. Tuttavia, Shamdin lavora in Turchia e Iraq. Ancora una volta, vediamo l'UE concentrarsi solo sui Siriani che vivono in paesi stranieri.
I rifugiati tornano a casa e ricostruiscono
L'unica soluzione per il futuro della Siria deve includere la ricostruzione di case, fabbriche, ospedali e scuole, sia private che pubbliche. I programmi devono essere impostati per consentire ai rifugiati siriani di tornare a casa e con la prospettiva di un'occupazione. La politica degli Stati Uniti e dell'UE è quella di mantenere i rifugiati a soffrire in campi profughi in Paesi stranieri mentre si tengono conferenze per i loro bisogni, chiedendo ai Paesi di donare fondi per sostenere le loro necessità all'estero. L'obiettivo è mantenere la Siria isolata e priva di speranza. I rifugiati all'estero e le persone che vivono a Idlib sono l'unico obiettivo di qualsiasi aiuto ai "Siriani". La maggior parte dei Siriani non ha mai lasciato la propria casa e soffre di difficoltà di proporzioni monumentali, ma non ha mai ricevuto alcun aiuto dagli Stati Uniti o dall'UE .
Sanzioni USA e UE
Le sanzioni statunitensi e dell'UE impediscono a qualsiasi siriano di importare materiali, macchine o forniture per ricostruire la propria vita in Siria. Anche medicine, forniture mediche e parti di ricambio per apparecchiature mediche sono proibite. Le sanzioni offrono una clausola umanitaria, ma nessuna società statunitense o europea è disposta a superare il lungo e difficile processo per usufruire prima delle deroghe.
Ho chiesto a Fouad Haddad, un laureato in MBA in Siria, quale fosse la sua reazione in merito alla recente conferenza dell'UE. Mi ha chiesto: "Hanno abolito le sanzioni?" Ho risposto: "No." Allora mi ha detto: "Fino a quando non toglieranno le sanzioni, qualsiasi conferenza non ha senso".
*Steven Sahiounie è un giornalista pluripremiato.
https://theduran.com/the-4th-eu-un-conference-on-syria-funds-al-qaeda-in-idlib/