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lunedì 9 marzo 2020

Padre Firas: «Ecco come soffre la Siria»


di Maria Acqua Simi 
Padre Firas Lutfi è un frate francescano della Custodia di Terra Santa. Siriano, da pochi mesi si trova a Beirut perché è stato nominato Ministro della regione di San Paolo (Siria, Libano e Giordania). Dove si trovano i “dimenticati di Iblid”, ricordati all’Angelus da papa Francesco.
«È una responsabilità che nessuno vorrebbe portare sulle spalle, mi affido ogni giorno al Signore e a Lui affido anche i trenta frati che vivono in questi tre Paesi», racconta. La situazione non è semplice. Mentre l’intervista è in corso, veniamo raggiunti dalla notizia che il Libano è stato dichiarato fallito. Default. La Svizzera del Medio Oriente, da mesi percorsa da proteste e manifestazioni, ha ceduto. È crollata sotto il peso di un debito economico diventato insostenibile, causato dalla corruzione della politica (dove tutti sono colpevoli, ma nessuno si sente responsabile) e dall’instabilità dovuta all’influenza che forze regionali (Iran, Turchia, Paesi del Golfo) e internazionali esercitano a quelle latitudini.

«La nostra prima preoccupazione, molto concreta, è come far arrivare gli aiuti in Siria. Se fino a due anni fa, in piena guerra, potevamo in qualche modo far passare denaro e generi di prima necessità dalla frontiera libanese, oggi non è più così perché l’intero sistema bancario libanese è bloccato». Non si blocca però l’emergenza umanitaria: «Se in Libano è difficile trovare lavoro e il Paese subisce la pressione fortissima di milioni di profughi, in Siria ci sono bambini che ad Aleppo e in altri villaggi più lontani muoiono di freddo». E non è una metafora. Mancano letteralmente vestiti e coperte, non c’è nafta per far funzionare i generatori, non parliamo dell’energia elettrica.

«Questo, lo devo dire, è causato soprattutto dall’embargo internazionale che impedisce di far transitare aiuti in Siria. A pagarne il prezzo più altro sono i civili. Noi frati però non andiamo via, rimaniamo per stare vicino alla nostra gente». Come nei villaggi di Yacoubie e Knaye, racconta. Lì padre Hanna Jallouf, 67 anni, e padre Luai Bsharat, quarantenne, continuano la loro opera di carità a fianco delle oltre trecento famiglie cristiane presenti, sebbene da anni ormai l’intera area sia sotto controllo degli jihadisti e delle milizie di Al Nusra. «Vivono sotto la sharia. Le chiese e i cimiteri sono stati spogliati delle croci, non possono celebrare messa pubblicamente né tantomeno fare processioni. Anche i terreni (è una grande zona di agricoltura, ndr) non possono essere coltivati e la sopravvivenza dipende dagli aiuti delle poche Ong internazionali che riescono a raggiungerli». I due religiosi hanno cura di tutta la comunità cristiana, non solo quella latina, ma anche quella armena e quella greco-ortodossa. In queste ultime settimane, dopo gli scontri con la Turchia che ha invaso l’area appoggiando i ribelli, si sono fatti carico di aiutare moltissimi musulmani fuggiti dalla zona di Idlib o dai campi profughi.

L'immagine può contenere: spazio all'aperto
«Non vedo padre Hanna dal 2013, è troppo pericoloso recarsi in quelle zone, però ci sentiamo spesso al telefono e mi spalanca il cuore sapere che loro rimangono anche per custodire i luoghi della memoria cristiana. La memoria è importantissima, perché viviamo calpestando la terra di quella che era conosciuta come l’antica Antiochia, citata nel Nuovo Testamento, dove per la prima volta i seguaci di Cristo prendono il nome di cristiani. Lì passarono Paolo, Pietro, Luca e ancora oggi i cristiani e i frati presenti hanno la coscienza della storia grandissima a cui apparteniamo tutti: quella cristiana che è fatta di carità e testimonianza». Questo si traduce in pacchi alimentari per migliaia di persone, messe celebrate a dispetto di qualunque condizione, assistenza negli ospedali, cura dell’educazione dei giovani, supporto alle giovani coppie che «sempre meno, ma con sempre più coscienza» decidono di sposarsi. 

Nelle zone più difficili da raggiungere come quelle dove si combatte, la gente si arrabatta come può per sopravvivere, cercando di scampare alle milizie (i frati sono stati più volte rapiti, alcuni parrocchiani sono stati uccisi) e di sopravvivere all’inverno che quest’anno è stato particolarmente rigido. Andare via non è un’opzione, anche perché ormai è quasi impossibile
La presenza cristiana in Siria in questi nove anni di guerra è crollata: erano quasi due milioni nel 2010, ora tantissimi sono fuggiti. Ad Aleppo, per dare un’idea, si è passati dalle 200mila presenze alle 30mila. A rimanere nel Paese ora sono perlopiù anziani, malati, bambini e vedove. I pochi adulti rimasti devono confrontarsi con la mancanza di lavoro. «Oggi un dollaro vale mille lire siriane. Come fa a vivere una famiglia che guadagna 50 dollari al mese? Come può mangiare, vestire e mandare a scuola i figli? Con il guadagno di un mese vivono si e no una settimana», racconta ancora padre Firas. Che pone l’accento su una piaga nascosta, quella dei bambini nati durante le occupazioni e rimasti orfani oppure da donne che sono state violentate e dunque mai registrati e considerati i figli della vergogna. Solo ad Aleppo sono circa duemila, hanno un’età compresa tra i quattro e i sette anni e vagano per la città come fantasmi, non sono registrati all’anagrafe e non vanno a scuola. Per questo i francescani e Ahmad Badrehddin Hassoun, gran muftì di Aleppo, si sono uniti per aiutarli. Per l’islam non esiste l’adozione, ma il muftì ha condotto uno studio secondo il quale, nel rispetto della religione, una famiglia musulmana può prendere a carico un bambino e tenerlo in affido fino alla maggiore età. «Tengo particolarmente ad aiutare quei bambini, perché il dolore innocente ci interroga ogni mattina, ci fa chiedere al Signore un senso».

Ovunque, spiega, il bisogno è grande «e per questo chiediamo al Signore ogni giorno una fede salda». Senza retorica chiarisce che è come avere addosso una ferita che non si rimargina mai. «Siamo in Quaresima e come Gesù viviamo il calvario. Questa guerra ha toccato tutti noi, ci tocca ogni giorno. Nessuno qui avrebbe mai pensato di dover abbandonare la sua terra o di morire sotto delle bombe. Ha scosso i nostri cuori, le nostre certezze, ci ha fatto conoscere cosa sia il dolore in tutte le sue forme. Ma anche se ogni tanto capita di lasciarci andare allo sconforto, abbiamo sempre davanti come esempio Gesù. E la nostra fede ne esce rafforzata, diventa più matura giorno dopo giorno. Come diceva San Paolo è un tesoro in vasi di creta. Spesso abbiamo paura, siamo sommersi dalle preoccupazioni, ma continuiamo a custodirla perché cresca e porti frutto».

domenica 8 marzo 2020

Preghiera da Aleppo per l'Italia colpita dal coronavirus; e dall' Italia per chi alimenta la sofferenza del popolo siriano


La preghiera del Papa per la prima volta in streaming e non dalla finestra dello studio privato del palazzo apostolico: 
"Sono vicino a chi soffre per l’attuale epidemia di coronavirus e a tutti coloro che se ne prendono cura. Mi unisco ai miei fratelli Vescovi nell’incoraggiare i fedeli a vivere questo momento difficile con la forza della fede, la certezza della speranza e il fervore della carità". 
Al termine della preghiera mariana ha ricordato gli abitanti di Idlib e del nord della Siria: 
"Rinnovo il mio dolore per questa situazione disumana di queste persone inermi, tra cui tanti bambini, che stanno rischiando la vita. Non si deve distogliere lo sguardo di fronte a questa crisi umanitaria, ma darle priorità rispetto ad ogni altro interesse. Preghiamo per questa gente, questi fratelli e sorelle nostri, che soffrono tanto al nord-ovest della Siria, nella città di Idlib". 

Al ricordo del Papa, vogliamo supplicare il Signore per quanti sono impegnati a lottare contro il terrorismo, per quelli che hanno sacrificato la loro vita e versato il sangue per il Vangelo e la libertà. 
Senza dimenticare i Cristiani rimasti ad Idlib, sottoposti dai jihadisti a immani sofferenze, oltre ad essere costretti ad osservare la legge della sharia. 
Non dimentichiamo CHI continua a causare dolore al popolo siriano;  CHI propaga menzogne nascondendosi sotto l'ala della crisi umanitaria per difendere gli interessi di quanti hanno provocato 9 anni di guerra in Siria. 

Per raggiungere la pace non basta parlare degli effetti, è opportuno indicare le cause. 
Quanta tristezza sentire parlare da CHI in questi anni ha favorito i terroristi, di pace e di aiuto ai bambini di Idlib! 
Che Dio ci perdoni! 
   Don Salvatore Lazzara

mercoledì 4 marzo 2020

Siria. La distruzione della memoria : Città Morte del Massiccio Calcare

LETTURE PER CAPIRE (2° PARTE)
(1° PARTE QUI)

2. Le chiese paleocristiane
Di Maria Antonietta Carta

Il Massiccio Calcare
Da li, in epoca romano-protobizantina, si esportava nel resto della Siria e in altre parti dell’impero l’olio di oliva, prodotto di grande valore commerciale per il suo vasto impiego: saponi, lubrificanti, cosmetici, unguenti, base dell’alimentazione popolare, illuminazione pubblica e privata. Anche i suoi vini erano conosciuti a Roma e in Gallia.

Nel IV secolo, vi si stabilirono i primi monaci cristiani e, a partire dal V secolo, i pellegrini cominciarono a giungere da Oriente e Occidente per venerare Simeone stilita. Conserva più di settecento siti con migliaia di edifici, tra cui vestigia di 1200 chiese, una ogni 3 km2 e, visitandolo si assiste all’ininterrotto sviluppo, dal I VI secolo, di un’architettura nata dall’occupazione romana, ma più vicina a quella apparsa tra il Mediterraneo e l’Altipiano iranico e con originali apporti dell’arte della costruzione locale, soprattutto nell’impiego delle pietre di grosso taglio senza alcun elemento coesivo. Questa regione della Siria, (lunga 140 Km circa in direzione Nord-Sud e larga dai 20 ai 40) compresa tra Antiochia, terza metropoli dell’Impero Romano, Aleppo antichissimo emporio internazionale, Chalcis ed Apamea centri carovanieri e strategici, ricca di vestigia storiche è oggi vittima della bramosia di conquista di uno degli arroganti governanti dei nostri giorni oscuri: il presidente della Turchia Erdogan. Ho frequentato e studiato per lunghi anni questi luoghi ora devastati dalla guerra e voglio raccontarveli così come sono scolpiti nella mia memoria.

Lasciando Aleppo, la confusione, i rumori, le mille atmosfere di quella vivace città mediorientale e dirigendosi a Nord-Ovest verso la via che, anticamente, portava ad Antiochia o verso Sud-Ovest alla volta di Apamea, si iniziava un viaggio in luoghi formati per lo più da altipiani e colli di gruppi montagnosi situati tra le steppe dell’Est e il Mediterraneo: i Gebel (montagna in arabo) Sim’an a Nord, Barisha-A’la-Wastani al centro e a Sud il Gebel Zawiye che, nella parte orientale degrada verso la steppa. Si tratta di territori quasi privi di risorse idriche: un deserto petreo spesso mitigato soltanto da radi e stentati lazzeruoli, allori e pistacchi selvatici, forse fantasmi di boschi un tempo lussureggianti, macchie di terra rossa sottratta da tenaci contadini alle rocce per coltivarvi l’ulivo e da due fertili piane interne, Sarmada e Rouj. Ma, guardando con attenzione, dal confuso magma del calcare ecco che si delineava il contorno di edifici solitari o di interi paesi con strade ingombre di massi squadrati, muri bordati di portici a pilastri o colonne, porte o finestre con architravi scolpiti, parapetti di balconi, capitelli. Non mi sono mai stancata di quei panorami e di quelle vestigia tante volte incontrati, dei silenzi e delle atmosfere di luoghi dove il tempo sembrava essersi fermato per oltre settecento anni.

Il Massiccio Calcare fu tra le prime regioni della Siria colonizzate dai Romani: l’Antiochene e l’Apamene. Traiano l’aveva assegnata a veterani emeriti e funzionari indigeni che vi avevano edificato le prime ville e introdotto la coltivazione intensiva dell’ulivo e della vite. A partire dal I secolo, furono edificati borghi, villaggi e, nelle alture, templi. Dal III secolo, vi si stabilì una popolazione semitica e i latifondi lasciarono il posto a medie e piccole proprietà. Lungo le piste carovaniere e la via Antiochia-Chalcis, fino alla conquista araba ponte tra Ctesifonte, Bisanzio, l’Asia e il Mediterraneo, si incrociavano soldati, pellegrini e mercanti. Nella seconda metà del VI secolo, ebbe inizio il declino. Le cause furono molteplici: invasioni di cavallette, peste, siccità, terremoti, incursioni dei Persiani e, dopo la conquista araba, il blocco del Mediterraneo da parte dei Bizantini, che secondo alcuni storici causò la fine dei commerci tra Occidente e Siria. Dal X secolo, chiusero anche i grandi complessi monastici, tra cui il famoso convento di Teleda, quando i monaci si schierarono a fianco dei principi musulmani contro Costantinopoli intenzionata a riconquistare la Siria. Il Massiccio fu terra di frontiera nel periodo delle Crociate: si costruirono cittadelle, si fortificarono numerosi monasteri e chiese e vi si svolsero battaglie cruente come quella dell’Ager Sanguinis presso Sarmada (28 giugno 1119) tra l’esercito di Ruggero principe di Antiochia e le truppe di al-Ghazi. Steli funerarie e vestigia di moschee attestano un parziale ripopolamento e una certa rinascita economica durante il regno Ayyubide (1169-1291). Con l’occupazione mamelucca (1291) e ottomana (1515) fu decadenza totale. La regione rimase quasi isolata dal resto del Paese fino agli ultimi decenni del XIX secolo, epoca in cui ricominciò lentamente a popolarsi. Durante la prima metà del XX secolo, i nuovi abitanti continuavano a stabilirsi negli antichi edifici.

Chiese paleocristiane del Massiccio Calcare
Scrive lo storico di arte paleocristiana, bizantina e altomedievale André Grabar in: L’age d’or de Justinien: ‘’Il numero di chiese in Siria durante i secoli V e VI è superiore a quello di altre provincie dell’impero di quella medesima epoca.’’ La Siria è dunque un luogo privilegiato per la storia dell’architettura cristiana e il Massiccio Calcare, essendo rimasto disabitato in gran parte per centinaia di anni, custodisce numerosissimi edifici sacri paleocristiani nelle loro forme originali; un numero maggiore di quanto, forse, possa contarne qualsiasi altra regione della terra.
Anche piccolissimi villaggi ne possedevano due o tre, e alcuni siti conservano vestigia di quattro, cinque, sei e persino otto chiese. Il fiorire di edifici sacri presso quelle comunità rurali non dipendeva dal numero degli abitanti, ma dalla sua composizione etnico-religiosa: popolazione semitica ed ellenistica, dispute cristologiche, soprattutto tra Calcedonesi e Monofisiti, all’interno dello stesso villaggio, come mi insegnò il P. Pasquale Castellana durante le nostre escursioni in quei luoghi straordinari, ’’Se i fedeli che aderivano al Concilio di Calcedonia avevano la loro chiesa a Sud, quelli anticalcedonesi ne costruivano una a Nord; se la prima era situata a Ovest, un’altra era costruita dagli antagonisti a Est.’’ Già dal IV secolo, si veneravano le reliquie dei martiri. Le loro ossa, distribuite alle chiese, erano collocate dentro urne di pietra (reliquiari) posti accanto all’altare del presbiterio.
reliquiario


I fedeli versavano l’olio in un foro a imbuto, praticato nel coperchio, e lo raccoglievano con panni e fiale da una nicchia sotto la fossetta che conteneva le reliquie. Nella prima metà del secolo V, la cappella della navata a Sud, prothesis, diventò Martyrium.

La chiesa di Qirq Bize, nel Gebel A’la, è particolarmente interessante per la storia dell’architettura sacra in Siria. Appena anteriore o di poco successiva all’Editto di Costantino (313 d.C.), segna il passaggio dalla Domus-ecclesiae precostantiniana ai luoghi espressamente di culto. Fu concepita in funzione delle case e di un edificio pubblico, l’andron, tipico di quella regione. Dell’architettura domestica riprende la posizione Est-Ovest, il cortile con porticato (che sostituiva il temenos dei templi politeisti) e le due porte nel lato sud. Aveva un’unica navata rettangolare (di m. 14,75 x 6,40) con il bema (lungo m. 3,77) e il santuario, o presbiterio, che occupava l’estremità est. Il santuario, profondo 3 m. circa, era rialzato rispetto al resto della sala e vi si accedeva per mezzo di due gradini. Ai lati del primo gradino, erano collocati due reliquiari, (e altri tre stavano accanto alla parete sud del santuario). Il secondo gradino, l’arco trionfale, il martyrion e una balaustra decorata da simboli scolpiti furono aggiunti in tempi successivi. Il porticato, a colonne, poggiava su una piattaforma rocciosa. Nel cortile, come nelle case, una grande cisterna per la raccolta dell’acqua piovana: coperta da cinque lastre di pietra e con un’apertura quadrata. L’ingresso del cortile era monumentale.
Le chiese di Ishroq e Ma’ramaya (Gebel Barisha) sono quasi contemporanee e simili a Qirq Bize per le dimensioni e le caratteristiche architettoniche. A Nouriye (Gebel Barisha) si conserva la prima chiesa con abside sporgente e a Banqousa (Gebel Barisha) la prima basilica. Della stessa epoca, sono le basiliche di Sinhar, Borj Heidar, Kharab Shams, nel Gebel Sim’an, tutte con le arcate della navata centrale sostenute da colonne.
Borj Heidar
Kharab Shams
 Dopo il concilio di Efeso (431 d.C.), a Sheikh Souleiman (nel Gebel Sim’an) fu edificata una basilica in onore della Madonna.
I templi cristiani non nascono isolati e dominanti sulle alture come i templi politeisti ma, a eccezione delle cappelle monastiche, fanno parte del centro abitato. Le chiese del IV secolo sono piccole, allungate e massicce, hanno stretti colonnati, l’abside affiancata da due locali laterali e quasi sempre chiusa all’esterno da un muro dritto. Gli elementi decorativi sono pochi, semplici e limitati a capitelli, architravi, che recano scolpiti i primi simboli cristiani (croci greche e di Malta, monogrammatiche, a sei bracci inscritte in cerchio) e al marthyrium. Verso la fine del secolo, acquista risalto la facciata ovest. Dal V secolo, che vede operare uno tra i pochi architetti di cui è conosciuto il nome, Markianos Kyris, lo stile architettonico e quello decorativo si affinano sempre piu e acquistano tratti originali. La scultura di Lintelli, pareti, archivolti, cornici diventa esuberante e artisticamente notevole. I motivi essenziali: croci a sei o otto bracci, chrismon, rosette a sei petali, elici, si sviluppano in innumerevoli varianti stilistiche, sono scolpite in rilievo e talvolta racchiuse o anche costituite da nastri perlati, motivi accordellati e, con termine improprio, arabescati, provvisti di borchie all’esterno o di perle o globuli all’interno (motivi che si trovano anche nella decorazione degli edifici civili). Le finestre, talvolta, si fanno geminate con la separazione di una colonnetta.


 








Alcuni elementi sembrano anticipare il romanico. Ricordiamo, tra le tante di questo periodo: le basiliche di Babisqa, Kseijbe, Dar Qita, Qasr el-Banat, Sarfoud, Taqle e Mouchabbak.



Baqirha



Alla fine del V secolo, con le basiliche di Qalb Loze e S. Simeone Stilita che racconterò in seguito) e durante tutto il VI, l’architettura sacra raggiunge il suo pieno sviluppo. Si costruiscono una quantità straordinaria di chiese, battisteri, cappelle monastiche. Le absidi diventano profonde, escono sempre più frequentemente dal perimetro dell’edificio e in alcuni casi sono circondate da due ordini di colonne. Le arcate si allargano e le colonne della navata centrale, ormai più alta, ampia e luminosa, sono anche sostituite da robusti pilastri, elemento originale, come a Qalb Loze, o Roweiha, dove compare per la prima volta l’idea dell’arco trasversale. Archi trionfali e capitelli sono superbamente scolpiti, porte finestre sottolineate da modanature che possono prolungarsi fino ad avvolgere l’intero edificio. L’esterno diventa monumentale. I cortili, più vasti, ospitano battisteri e mausolei, e le facciate si arricchiscono di finestre o torri laterali unite da un arco che forma vestibolo e atri, come a S. Simeone, Qalb Loze, Tourmanin, Rouweiha. In casi eccezionali, la basilica è situata al centro di un temenos, ma continuano a costruirsi le semplici chiese a una sola navata e le basiliche a tre navate tipiche della regione.
Sitti el Roum
Deir Sim'an

Le fotografie sono dell'autore dell'articolo 

lunedì 2 marzo 2020

Tutti parlano di 'crisi umanitaria', ma non di chi la provoca


Lettera da Mar Yakub di P. Daniel 
 venerdì 28 febbraio 2020

Cari amici,
   tutta la stampa occidentale è improvvisamente molto preoccupata per la crisi umanitaria della popolazione nel Nord Siria e soprattutto per l'orrore causato dall'esercito siriano e russo. Organizzazioni internazionali richiedono un immediato cessate-il-fuoco. Anche il mio paese, il Belgio, per un mese presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sembra non avere la minima idea né un interesse per la causa di tale miseria.

La Russia, fortunatamente, ricorda alle “Eccellenze” la semplice verità : la Siria ha tutto il diritto e il dovere di combattere i terroristi sul suo territorio (e se fra i terroristi ci sono anche soldati turchi, quello è colpa loro). Delle centinaia di migliaia di terroristi che per 9 anni hanno massacrato e martirizzato il popolo siriano e che hanno saccheggiato tutti i beni e distrutto il paese, sembra che i nostri media non sono al corrente. Questi giornalisti non si ricordano neanche la situazione della Siria prima che l'Occidente la invadesse con i suoi "aiuto umanitario, libertà e democrazia”. L’analfabetismo, che mezzo secolo fa era ancora molto alto, è rapidamente calato con la venuta del ‘riformista’ Bachar al-Assad, con la prospettiva della totale scomparsa entro il 2015. I diritti delle donne possono reggere il paragone coi paesi occidentali in modo più che sufficiente. Il paese produceva quello che era necessario, con un surplus di 20% per gli alimenti. La Siria era anche in grado di esportare energia elettrica al Libano, mentre oggi la Siria si trova per 2/3 del tempo senza energia elettrica.

Il paese non aveva nessun debito, e l'economia era ben equilibrata e differenziata ( l'agricoltura, l'industria, le miniere, il commercio delle piccole e medie imprese e il turismo). Il bilancio dello Stato si basava sul reddito delle imposte e del petrolio. Le riserve della banca centrale erano pari a 36 miliardi di dollari e nel 2012 erano già discese a 2 miliardi. L'industria farmaceutica siriana forniva del 90% dei bisogni interni e esportava in 54 paesi. 

Le università e gli ospedali statali erano e sono ancora oggi gratis. Questa settimana è venuto a vivere con noi per qualche giorno uno studente da Damasco: il prossimo anno completerà i suoi studi di medicina generale e tutto è stato gratis. Ieri il nostro esuberante bambino Yacub (che vive nel monastero sotto la cura delle Monache) ha rotto il braccio. Lo hanno curato molto bene nell’ospedale statale a Deir Atieh e gli hanno messo un gesso, tutto gratuitamente. E questo mentre i prezzi di quasi tutto sono andati alle stelle a causa delle sanzioni e della guerra, che l'Occidente continua ad incoraggiare. 

Se gli Stati Uniti, Israele, Turchia, gli Stati del Golfo e la NATO - con i loro servizi segreti e cacciatori di teste - smettono il loro lavoro satanico e vanno via della Siria e riconoscono la sua sovranità e integrità territoriale, invece di comportarsi come stati canaglia che agiscono contro ogni dritto internazionale e contro la Carta delle Nazioni Unite, allora i siriani molto rapidamente potranno di nuovo vivere in pace, prosperità e armonia, come abbiamo sperimentato quasi un decennio fa. Sono infatti proprio loro che hanno decisamente pianificato ed attuato il disastro umanitario senza precedenti per il popolo siriano, solo perché il popolo siriano non voleva sottomettersi al dominio anglosassone.

Speriamo e preghiamo che il linguaggio minaccioso di guerra della Turchia rimanga un bluff e che la NATO non colga l’occasione per aggiungere ancora più miseria alla Siria e al mondo intero.


Padre Daniel
 Trad. A. Wilking





La Turchia sta mandando i combattenti mercenari della Siria in Europa

1 marzo 2020
di Sonja van den Ende,
giornalista indipendente.
I cosiddetti rifugiati al confine turco-greco, per la maggior parte sono afgani, iracheni, combattenti ceceni, combattenti uiguri e forse una esigua minoranza è siriana. Da dove vengono? Da tutta la provincia siriana di Idlib, dalla Turchia e dai campi profughi all'interno della Turchia, che sono un luogo sicuro per i jihadisti di tutto il mondo. Inoltre, ci sono i restanti terroristi che sono sopravvissuti e fuggiti con le loro famiglie dall'Esercito siriano dopo essere stati cacciati dalla Siria e dalla Russia.
Il presidente Erdogan lo sta facendo di nuovo, giocando una doppia partita sia con la Russia che con l'UE-USA. Questa volta si tratta di quelli che chiama rifugiati. Ma sono davvero rifugiati siriani? No, certo che no, dopo aver indagato su vari video su canali diversi, dai media russi a quelli occidentali, è molto chiaro che sono un mucchio di "tutto", la maggioranza al confine erano dei giovani mascherati. Nelle prime 24 ore della cosiddetta crisi delle frontiere, secondo il governo greco, a 4000 persone è stato impedito di attraversare il territorio greco. Le riprese della scena mostrano grandi folle di uomini mascherati che camminano e corrono vicino alla barriera cantando "Turchia, Turchia, Takbir e Allah Akbar ", di solito il jihadista dice queste parole, specialmente Takbir. Si possono anche vedere nuvole di gas lacrimogeni, i Greci stanno facendo il possibile per fermare un altro flusso di cosiddetti migranti che entrano nel loro paese.
Un video mostra chiaramente cosa sta succedendo a Evros , il confine tra Turchia e Grecia, durante le prime ore di apertura del confine dalla parte turca. Gruppi costituiti da dozzine o centinaia di immigranti disperati, principalmente dall'Asia centrale, guidati in modo accurato e metodico dai media turchi e dai sindaci delle città turche, cercando di "rompere" il confine ed entrare nel territorio greco, cantando " Allah Akhbar e Takbir ". Combattevano contro i soldati greci dietro il confine e con la polizia greca o tentavano di attaccare i veicoli dell'esercito greco.
Una dichiarazione del ministero degli Esteri greco:
NON CONSENTIAMO DI PARLARE IN TURCO CON PASSAPORTI TURCHI PER ENTRARE IN GRECIA. Per favore, non siamo razzisti. Abbiamo molti musulmani all'interno della Grecia, ma osserviamo questa guerra da quasi un decennio. I takfiris di Idlib sono estremamente pericolosi. Le isole greche sono a un punto di rottura, in particolare Lesbo e Samo . Abbiamo evitato oltre 4.000 tentativi di attraversare illegalmente i nostri confini nelle ultime 24 ore. I rinforzi sono stati inviati alle frontiere terrestri e marittime.

Uiguri e ceceni Takfiri
L'esercito siriano è nelle ultime fasi della liberazione della provincia di Idlib in Siria. Idlib è l'ultimo "bastione" di combattenti jihadisti di tutto il mondo, tra cui europei, afgani, iracheni, marocchini, algerini, tunisini, ma soprattutto i combattenti ceceni e uiguri della provincia cinese dello Xinjiang , che sono una minoranza di lingua turca in Cina e Turchia e in grandi gruppi sono andati in Siria, principalmente a Idlib per condurre la Jihad. La Turchia è stata una destinazione di scelta per i cosiddetti rifugiati uiguri in fuga dalla Cina dagli anni '50 ed è ora sede di una considerevole popolazione della diaspora uigura (le stime indicano che il numero è compreso tra 15.000 e 50.000). Molti di loro si sono uniti anche alla Jihad e sono supportati dal regime turco, tanto che si può ben definire un vero esercito! Il gruppo "fresco" dalla Cina sono i combattenti più feroci, sanno che la Cina darà loro la pena di morte se vi tornassero. C'è per loro la possibilità di migrare verso l'Europa, perché la Turchia sta aprendo il confine con la Grecia.
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Combattenti ceceni o del Caucaso
Ceceni, Daghestani e altri combattenti stranieri provenienti dalla Russia settentrionale del Caucaso (dalla Georgia e dalla Cecenia) hanno formato alcuni dei più formidabili gruppi terroristici nel conflitto siriano. Questo è uno dei motivi per cui la Russia è andata ad aiutare la Siria nella lotta ai terroristi, che provengono da ex repubbliche russe. Il leader più famoso e brutale fu Abu Omar al-Shishani, poi ucciso in Siria. Inoltre, la connessione recente con la brutale uccisione in Germania, che è stata nascosta sotto il tappeto dai Tedeschi che hanno incolpato la Russia per aver ucciso questi terroristi sul suolo tedesco, è stata il risultato del conflitto siriano. Il 19 settembre 2019, vari mass-media occidentali hanno pubblicato un'indagine sulle circostanze dell'omicidio di Khangoshvili. Khangoshvili, di etnia cecena in possesso di un passaporto georgiano, che era un veterano della seconda guerra cecena e molto probabilmente ha combattuto in Siria sotto Abu Omar al-Shishani, è stato assassinato il 23 agosto 2019, nel centro di Berlino. Il numero di questi combattenti temibili è sconosciuto, le stime sono comprese tra 1.000 e 5.000 mila. Con la guerra persa, i sopravvissuti cercheranno di emigrare in Europa e stanno aspettando al confine greco.
Conclusione
Se l'UE e la NATO non cambieranno la loro politica nei confronti della Turchia e del suo pericoloso Presidente, una nuova crisi migratoria è imminente. Ma questa volta non arrivano i siriani, ma i mercenari turchi che hanno combattuto una feroce guerra in Siria e ucciso molti soldati siriani e cittadini siriani. Inoltre, se l'UE non cambia le sue politiche nei confronti dei migranti e soprattutto verso la Siria, la Turchia e la Russia, l'Europa sarà, ancora una volta, un porto per tutti i tipi di terroristi, affrontando attacchi terroristici ovunque e il continente perduto potrebbe persino vedere una guerra sul suo stesso suolo. Le condizioni sono lì: una popolazione totalmente ignara che è occupata da questioni relative alla LGTB, alla plastica e al clima, troppo cieca per vedere arrivare il pericolo e, d'altra parte, gli estremisti di destra, specialmente in Germania. Una scintilla e avremo un'esplosione totale.

  Trad. Gb.P.

https://oneworld.press/?module=articles&action=view&id=1342

sabato 29 febbraio 2020

Lo scontro tra Turchia e Siria visto da chi vive là


Ultimissime dalla Siria, 28 febbraio 2019

Lilly Martin, che la guerra non la vive attraverso i menzogneri comunicati dei media mainstream ma sulla propria pelle, scrive da Latakia:

Ieri sera abbiamo sfiorato il conflitto aperto. Come sapete, la Turchia ha invaso la Siria per sostenere al-Qaeda a Idlib, rifornendo i terroristi di missili antiaerei a spalla, impiegati anche per colpire un jet russo che sorvolava Idlib. La Russia e la Siria sorvolano entrambe Idlib e prendono di mira postazioni dei terroristi, che sono segnalate da osservatori sul terreno. Il pilota russo ha evitato di essere colpito prendendo contromisure contro il missile attirato dal calore del suo velivolo, ma ha riferito dell'evento.

Più tardi, l'aviazione siriana ha bombardato un gruppo di terroristi che stavano progettando di attaccare le forze di terra siriane nella regione di Idlib. L'esercito turco si nascondeva in mezzo ai terroristi, cercando di "mascherare" propria posizione. Per cui, quando l'aviazione siriana ha bombardato i terroristi, sono rimasti uccisi circa 34 soldati turchi e molti altri sono stati feriti. Quattro elicotteri turchi giunti sul posto hanno trasportato morti e feriti all'ospedale Reyhanli (in Turchia).
Ciò ha indotto il Presidente Erdogan a chiamare gli Stati Uniti poi la NATO e infine la Russia. Fondamentalmente, tutti loro non vogliono offrire [direi che forse non vogliono offrire apertamente N.d.T.]  aiuto alla Turchia perché:
  1. E' la Turchia che ha invaso la Siria, e i suoi soldati sono stati attaccati in Siria, quindi questa è stata un'azione militare legale, secondo il diritto internazionale.
  2. Il gruppo che la Turchia sta supportando a Idlib è al-Qaeda, e Stati Uniti, NATO e Russia non appoggeranno pubblicamente al- Qaeda, classificato come gruppo terroristico . Ricordate l'11 settembre?
  3. Erdogan ha due opzioni: 1. Ammettere la sconfitta e ritirarsi in Turchia. 2. Andare avanti, dichiarare guerra alla Siria e alla Russia, sapendo che sarà da solo nella sua guerra, e nessuno potrà aiutarlo, tranne i terroristi di al- Qaeda. Si potrebbe scrivere un libro sugli errori commessi da Erdogan che coopera con l'Islam radicale e la sua ideologia, definita da numerosi analisti politici un ‘’culto della morte’’.
      
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    Gruppi umanitari, Enti di beneficenza e Nazioni Unite sono di fatto un meccanismo di supporto ai terroristi e le loro famiglie, che consente il prolungarsi della sofferenza di bambini innocenti.  Questo progetto sunnita-utopico chiamato Idlib avrebbe dovuto essere eliminato anni fa. I libri di storia spiegheranno come l'Islam radicale sia stato usato quale strumento politico per attuare il "cambio di regime" e, anche se non ha mai avuto successo in 9 anni di guerra, Stati Uniti-UE-NATO-Turchia non possono lasciarlo morire. Continuano a nutrire la loro creatura come un animale domestico malato che non si vuole sopprimere. I civili sono stati nutriti da questi gruppi, a seconda dei finanziatori che pensano di servire, ma in realtà stanno pagando il fio per ulteriori sofferenze;
    senza considerare la morte e le sofferenze degli abitanti di Kessab, Latakia, M'Hardeh, Aleppo …, massacrati e mutilati da terroristi che l'Occidente sponsorizza da 9 anni.
                                                                     Lilly Martin
       traduzione: Maria Antonietta Carta

martedì 25 febbraio 2020

Abbandonate ma non dimenticate: le antiche grandi chiese e Città Morte della Siria

Proponiamo un breve reportage di viaggio, come introduzione alla pubblicazione del successivo studio approfondito di Maria Antonietta Carta dedicato alla fioritura dell'architettura sacra e ai movimenti ascetici nel Massiccio Calcare, con particolare rilievo su San Simeone lo Stilita.

Di Susan Dirgham - Beloved Syria, 18 febbraio 2020



Città Morte, Siria, 2004 (di Chris H.)
L'autore di questo articolo, Jack Bettar, è uno studente di Sydney, in Australia, che ha una profonda passione per la storia e la scrittura. Ha pubblicato numerosi articoli sulla prima migrazione siriana a Sydney. Ha anche registrato storie orali di migranti siriani come un modo per conservare e tramandare sia le esperienze individuali che quelle comunitarie. Attualmente sta curando una mostra archivistica permanente che celebrerà i 125 anni di storia della Chiesa cattolica Melkita in Australia. Jack è anche un musicista appassionato, suonando sia musica classica che contemporanea e araba. È stato invitato a esibirsi alla Great Hall dell'Università di Sydney nel 2015.
Sparso tra fertili montagne, tra ulivi e pistacchi, e attraverso colline calcaree spazzate dal vento, si trova un assortimento di antiche rovine, alcune misteriose, ma tutte preziose non solo per la storia della Siria ma per la storia dell'umanità in generale.
Nei governatorati di Aleppo e Idlib (province), si possono trovare spunti unici e rari sulla vita di oltre millecinquecento anni fa e forse il più bel deposito al mondo di chiese e monasteri bizantini da scoprire.
Immagini: la Basilica di Qalb Lozeh.
An adorned arc at the 5th century basilica in Qalb Lozeh village in northwestern Syria on Thursday. Photo: AFP
Fu da Idlib, in particolare nella cittadina situata lungo la strada polverosa di Qalb Lozeh (tradotto come "Cuore di mandorle"), che arrivò l'ispirazione architettonica per la cattedrale più iconica e splendente del mondo, Notre Dame de Paris. Sebbene parzialmente in rovina, la basilica, costruita in pietra calcarea locale a metà del V° secolo, si trova ancora in tutto il suo splendore, in cima a una collina.
Ogni visitatore di Parigi ricorderà per sempre l'iconica facciata a doppia torre, la caratteristica che differenzia Notre Dame dalle cattedrali sue contemporanee, ma pochi sapranno che la prima chiesa a vantare questo grandioso design fu la Basilica di Qalb Lozeh a Idlib, ed anche che questa chiesa è un "antenato" di altre grandi cattedrali gotiche d'Europa.
Il suo stravagante nartece arcuato (In architettura, parte della basilica paleocristiana e bizantina riservata ai catecumeni e ai penitenti N.D.T.) ha accolto migliaia di pellegrini provenienti da tutta la Mezzaluna Fertile e oltre, molti dei quali intraprendevano il loro viaggio per ascoltare uno strano e devoto eremita (San Simeone) mentre predicava seduto su un pilastro per oltre 30 anni, proprio nel punto in cui in seguito una chiesa, commissionata dall'imperatore bizantino Zenone, sarebbe stata eretta in suo onore.
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Uno struggente senso di bellezza lascia stupito il visitatore della chiesa di San Simeone lo Stilita. Il complesso di oltre 5.000 metri quadrati della chiesa di San Simeone, costruita nel V° secolo dopo la morte del santo, comprendeva quattro basiliche, un monastero, alloggi, due chiese minori e un battistero, rendendolo il più eccezionale e più grande complesso religioso del suo tempo, non superato in tutta la cristianità fino alla costruzione di Santa Sofia a Costantinopoli (l'odierna Istanbul).  A differenza della Basilica di Santa Sofia, la chiesa di San Simeone, nell'odierno governatorato di Aleppo, fu costruita su una collina a decine di chilometri dalla città più vicina. La chiesa a forma di crocifisso custodiva la colonna di San Simeone al centro, dove si trova ancora [fino all'occupazione dei barbari di Al Nusra N.D.T.]. Per diversi secoli, i pellegrini sarebbero venuti alla chiesa e avrebbero staccato una scheggia dalla colonna, lasciandone solo un moncone.
Sebbene la credenza comune ponga le radici del rito maronita in Libano, a 30 minuti di auto dalla chiesa di San Simeone si arriva alle rovine di Brad. Qui, il patrono San Marone è nato ed è sepolto. La tomba modesta forma un complesso molto più grande tra cui la Chiesa Julianos, costruita dalla fine del 4° secolo ai primi anni del 5°, solo pochi anni prima della morte di San Marone e prima che Qalb Lozeh fosse edificato. La storia maronita in Libano iniziò solo molti secoli dopo.
La chiesa di Julianos, la Basilica di Qalb Lozeh, la chiesa di Saint Simeon e le rovine di altre chiese bizantine si trovano in un'area classificata nel 2011 dall'UNESCO come "Le città morte della Siria settentrionale".
Oltre alle imponenti rovine menzionate sopra, centinaia di siti meno importanti nelle Città Morte che sono notevolmente conservati, forniscono informazioni sulla vita antica attraverso l'esistenza di ville, torchi per l'uva, bagni pubblici insieme a frantoi per le olive e mulini. Questi villaggi forniscono un'eccezionale illustrazione del diffuso sviluppo del cristianesimo in Siria e nel Vicino Oriente e un'impareggiabile dimostrazione degli stili di vita e delle pratiche culturali di queste civiltà rurali.
I villaggi più famosi sono Serjilla e Bara sul Jebel Riha. A Bara, un insediamento che un tempo doveva essere stato circondato da vigneti e uliveti, sorgono appariscenti tombe piramidali e sarcofagi che si trovano unicamente solo in questa Città Morta.
Ross Burns, ex ambasciatore australiano e autore di "I monumenti della Siria: una guida", scrive che le città morte sono "un grande enigma archeologico". I lettori sono incoraggiati a sondare questo mistero. Burns scrive che nel X° secolo la regione era deserta; era "una zona di frontiera tra Bizantini e Arabi". Poi, nel tempo, le rotte mercantili furono interrotte e città agricole come Serjilla, che prosperarono nel commercio, si sciolsero nel paesaggio ormai sterile, lasciandosi dietro, lentamente sbiadendo, la testimonianza fisica della magnificenza di questi siti nei loro primi anni. Di fatto queste città si trovano nel territorio di due province balzate sulle prime pagine, sono un promemoria per l'antica gloria di questa regione e per il loro significato e l'influenza sul mondo. Si può sentire il potere delle pareti calcaree e sebbene permeate da una atmosfera inquietante a causa della mancanza di turisti, mantengono ancora il loro splendore e fascino romantico.
Immagini scattate in Città Morte, 2004. Susan Dirgham
Per maggiori informazioni
Nel villaggio di Qalb Lozeh nella Siria devastata dalla guerra, questa chiesa che "ha ispirato la Cattedrale di Notre Dame" è ancora in piedi , pubblicato su South China Morning Post , 20 aprile 2019
e su MiddleEastArchitect, 13 giugno 2019
Di seguito sono riportati i mosaici del periodo descritto nell'articolo. Provengono da una chiesa del governatorato siriano di Hama, che confina con Idlib e Aleppo.
Mosaico della Chiesa di San Michele, Huarte, 487 d.C. (cartolina)
Mosaici della chiesa di Huarte, Siria, V° secolo d.C. (cartoline)

domenica 23 febbraio 2020

Incontro pubblico con il Vescovo di Aleppo: Il grande investimento umano per il futuro della Siria *ANNULLATO

⛔️⛔️⛔️ A causa dell'ordinanza della regione Emilia Romagna e su indicazione del Sindaco l'incontro è annullato ⛔️⛔️⛔️



All’amata e martoriata Siria” è il pensiero che porta all’incontro con S.E. Mons. Georges Abou Khazen
 Il 24 febbraio ore 20,45 alla sala del Carmine via Garibaldi,16 a Lugo lo incontreremo insieme all’inviato speciale di Tempi, Rodolfo Casadei.

Un legame fortissimo con Aleppo nato con Mons. Giuseppe Nazzaro, precedente Vescovo latino in Siria, ed ora consolidato con Mons. Georges Abou Khazen. Una amicizia cominciata dalla commozione fraterna di amore e responsabilità verso l’umanità violata.
Una popolazione che è costretta ad abbandonare le proprie case a causa di azioni militari, moltissime sono le famiglie cristiane. 
L’impegno del Circolo JH Newman “liberailpresente” ha portato alla sensibilizzazione dei lughesi, di tutta la diocesi e si è allargato alla Regione e molte zone d’Italia tessendo una rete di sostegno cercando soluzioni. Dai medicinali, al gasolio, ai computer per gli studenti, all’acquisto e la riparazione di appartamenti fino al gas per la cucina e l’acquisto di frigoriferi. Azione resa possibile dall’impegno di don Leonardo Poli insieme alla Parrocchia e alla Caritas locale, oltre 70.000 euro solo nel 2019 e il sostegno è attivo da diversi anni.
Noi francescani abbiamo un carisma speciale- dice Padre Georges- privi di tutto eccetto dell’amore di Dio e per il prossimo. Rifiutiamo il nome di minoranza, tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio. Uguali in diritti, uguali in doveri. Ad Aleppo ci siamo trovati insieme e la necessità ci ha riunito.”

Fate l’ecumenismo del sangue, diceva San Francesco. Con Rodolfo Casadei la possibilità di dialogare e conoscere le minacce che dallo scenario siriano arrivano fino all’Unione Europea. La Turchia, Erdogan, le polemiche di Trump, i curdi, dalla logica dell’odio e della vendetta al desiderio di pace, stabilità e prosperità in Siria. 
 UN NOME E UN FUTURO è il progetto per sostenere i bambini abbandonati di Aleppo voluto fortemente dal Vicario Apostolico Mons. Georges Abou Khazen, da fra Firas Lutfi e dal Gran Mufti di Aleppo, proposto nei mesi scorsi, portare l’attenzione ai loro bisogni essenziali, rinforzarli psicologicamente e sostenere le madri. L’occasione di una presentazione delle 500 famiglie coinvolte e dei 2.000 bambini aiutati.
Con il Patrocinio del Comune di Lugo, il Sindaco Davide Ranalli si è fatto portavoce verso gli imprenditori per aprire una possibilità di collaborazione alla ricostruzione di Aleppo, prima della guerra centro economico della Siria, paragonabile a Milano.
Wasp, azienda di Massalombarda, leader nel settore della stampa in 3D, ha donato all’Università di Damasco un laboratorio attrezzato, dove insegnanti e studenti sono continuamente al lavoro per realizzare protesi ai bambini mutilati che sono oltre 50.000.

Nove anni di guerra non hanno sfinito il popolo siriano che rimane tenace e pieno di speranza. Questa collaborazione, Università e mondo imprenditoriale, è un punto di riferimento che desideriamo fare crescere . Perché il popolo desidera la pace, questa guerra serve solo a chi desidera che la Siria diventi terreno di conquista.
L’intervento di Rodolfo Casadei, supportato dalle foto da lui raccolte, è preziosissimo perché l’opinione pubblica occidentale non è messa in condizione di capire cosa accade realmente in Siria, la maggioranza dei mass media propone una rappresentazione deformata della realtà.
La formidabile testimonianza di Padre Georges aiuterà a capire l’intensità di umanità, i gesti di condivisione che sono il grande investimento umano per il futuro della Siria. Con la certezza che ciò che “libera il presente” è la costruzione, da oggi, di un’esperienza che la renda sperimentabile e credibile.

Paola Paoletti, Circolo JH Newman “liberailpresente”

AI MARTIRI DI OGGI
 celebrazione della Santa Messa, ore 18,30 Chiesa della Collegiata di Lugo dal Vescovo di Imola Mons. Giovanni Mosciatti e Mons. Georges Abou Khazen
Invito alla cittadinanza, ai benefattori e alle oltre 200 famiglie che sostengono mensilmente le attività in Siria attraverso la Caritas

venerdì 21 febbraio 2020

Pezzi di vita ... da Aleppo finalmente libera

Il volontario francese Pierre Le Corf raccoglie nel suo diario i commoventi preziosi racconti di vita dei ragazzi di Aleppo di cui si prende cura.
Ne riportiamo uno, per capire cosa significa per un popolo che non desidera altro che di poter vivere in pace aver sopportato per 7 anni ogni giorno la minaccia di centinaia di mortai e razzi, paura, freddo, fame, esodo forzato, perdita di speranza; nell'evidenza che quei terroristi e soprattutto le organizzazioni straniere che li manovrano hanno distrutto il Paese ma non la volontà di resistere.


"Mi chiamo George e ho 16 anni. Ho imparato molto dalla guerra, abbiamo assunto grandi responsabilità e abbiamo guadagnato forza, capacità di resilienza ... abbiamo imparato a resistere per ciò in cui crediamo, a non lasciarci indebolire, per resistere, per capire il valore della nostra vita e per rafforzare la nostra volontà di farne qualcosa di positivo.
Ci sono stati momenti buoni e cattivi, il più bello è stato quando ho ritrovato mio cugino che non vedevo da 5 anni, ricordo che ci siamo abbracciati e pianto ... sì, siamo cresciuti insieme, ma quando la situazione si è deteriorata ad Aleppo lui si è rifugiato a Damasco, anche mio fratello è espatriato in Libano.
Conservo in me anche molti vissuti di bombardamenti.. Ricordo che una volta ero nel mio letto e un colpo di mortaio è caduto a qualcosa come 7 metri di distanza, sono stato fortunato. Quel suono ... gente che urlava ... la mia famiglia ha deciso di lasciare Aleppo per Tartous, 2 mesi dopo siamo tornati. Una delle cose che mi fa più male di ogni altra è il fatto che la maggior parte dei miei amici ha dovuto espatriare durante la guerra.
All'inizio non potevamo uscire, era troppo pericoloso, ma col tempo ci siamo abituati, abbiamo imparato a conviverci perché la vita deve continuare, siamo dei ragazzini che devono crescere e malgrado tutto dobbiamo avere speranza per il futuro.
Purtroppo c'erano molte volte in cui non avevamo altra scelta che semplicemente sopravvivere. Siamo stati sotto assedio per un po', non riuscivamo più a trovare cibo, non c'era più acqua, abbiamo provato ad attingerla dai pozzi ma spesso erano stati avvelenati, ... tutto questo mentre continuavano pesanti bombardamenti su di noi , proiettili che cadevano dappertutto ... eravamo intrappolati nelle nostre case, a volte per intere ore.
L'esercito libero (FSA), Al Nosra ecc. sono arrivati nelle nostre strade ma non sono riusciti a ottenere quello che cercavano perché è il nostro Paese e siamo rimasti qui, io odio l'idea di andarmene dalla Siria perché non ne vedo l'interesse, non c'è niente per me fuori, questo è il mio Paese, il nostro futuro è qui, la nostra vita è qui.
Di quello che sta succedendo qui, ancora una volta l'esercito libero (ESL o FSA), Al Nosra o gli altri gruppi sono quelli che ci massacrano, non il regime o l'esercito regolare siriano, come dicono i vostri media in Europa, questa è propaganda e molte persone lo sanno ma non lo dicono e non fanno nulla al riguardo ... i soldi, i soldi fanno tutto ... ma qui è la nostra vita e qui resteremo.
Spero che la vita torni bella come prima, ritrovandoci tutti come un'unica famiglia, amici, fratelli e sorelle, e spero che questa guerra sia alla fine".