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venerdì 29 novembre 2019

Le leggi internazionali e il rimpatrio dei jihadisti dell'ISIS


Impressionante video girato all'interno di Raqqa tra i miliziani ISIS nel 2014

Nell' intervista con Paris Match, il presidente siriano Bashar el-Assad non lascia dubbi sul fatto che i terroristi che hanno commesso crimini sul territorio siriano devono essere processati in Siria.

Quando gli è stato chiesto dal giornalista Régis Le Sommier cosa succederà ai terroristi dell'IS che si trovano detenuti nelle prigioni  del YPG (curdi), ha risposto: 
“Ogni terrorista sul territorio dello Stato siriano è soggetto alla legislazione siriana e le leggi siriane sono chiare riguardo al terrorismo. Abbiamo tribunali specializzati sul terrorismo e loro saranno perseguiti.  Ogni terrorista. Siriano o straniero. Il terrorismo è terrorismo. Senza distinzione di nazionalità."

Alla domanda se non considererà, ad esempio, il loro ritorno in Europa, come fa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, risponde:
"Erdogan sta cercando di ricattare l'Europa. Qualcuno che si rispetta  non parla in questo modo. Ci sono istituzioni e leggi. Il ritorno in un altro paese di terroristi, o chiunque sia stato processato e condannato, è soggetto ad accordi bilaterali tra Stati. Per quanto riguarda far uscire qualcuno dalla prigione che si sa essere un terrorista e mandarlo a casa per uccidere civili, è immorale."


Quanto alla presenza di francesi in territorio siriano inviati a sostegno dei curdi che combattevano Daesh, (almeno tale fu il significato dato dal governo Hollande alla loro missione e alla consegna di armi ai ribelli siriani):
"Lei pensa francamente che noi possiamo inviare forze siriane in Francia per combattere il terrorismo in Francia senza essere invitati dal governo francese? Il diritto internazionale regola il comportamento degli Stati nel mondo, non le intenzioni. Non è sufficiente voler combattere il terrorismo, dobbiamo osservare le regole internazionali. Certo, suppongo che in questo caso le intenzioni siano buone, ma non ci crediamo davvero. Anche il governo siriano ha combattuto Daesh. Perché non supportarlo? Perché i governi francesi combattono Daesh e intanto sostengono Al Nosra? Entrambi sono terroristi!"

mercoledì 27 novembre 2019

Discorso di Sua Santità Aphrem II alla Conferenza sui Cristiani Perseguitati


Discorso di Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II

Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente e capo supremo della Chiesa Siro-Ortodossa


alla seconda Conferenza Internazionale sui Cristiani Perseguitati

26 novembre 2019, a Budapest - UNGHERIA
(traduzione Gb.P. OraproSiria)



Eccellenza Primo Ministro Viktor Orban,
Santità ed Eccellenze,
Ospiti illustri,
Signore e signori,

Due anni fa, molti di noi erano riuniti in questa stesso luogo su invito di Sua Eccellenza Viktor Orban per la Prima Conferenza Internazionale sui Cristiani Perseguitati. Riteniamo che l'evento sia il primo del suo genere in Europa, in cui un Governo europeo prende molto sul serio la questione della persecuzione dei Cristiani e organizza una conferenza internazionale su questo problema. Dopo due anni, ci incontriamo di nuovo per la Seconda Conferenza Internazionale sui Cristiani Perseguitati; questo dimostra il costante impegno dell'Ungheria in merito alla questione della persecuzione dei Cristiani, nonostante le forti critiche che ha dovuto affrontare da diversi ambiti. D'altra parte, la passione e l'azione ungherese a favore dei Cristiani perseguitati sono diventate una fonte di ispirazione per alcuni altri Paesi che ora danno pubblicamente sostegno a questa causa, sebbene gli sforzi e le azioni ungheresi non siano stati ancora seguiti da altri. Desideriamo esprimere la nostra profonda gratitudine al Primo Ministro ungherese Sua Eccellenza Sig. Viktor Orban, nonché a tutti gli efficienti funzionari e al personale della Segreteria di Stato ungherese per l'Aiuto ai Cristiani Perseguitati e Hungary Helps guidati dal Ministro di Stato Mr. Tristan Azbej, per il loro costante supporto alle persone che soffrono a motivo del terrorismo, della violenza e dell'ingiustizia in tutto il mondo.
Negli ultimi cinque anni, capi di Chiese e leader religiosi cristiani del Medio Oriente hanno lanciato l'allarme per le minacce esistenziali contro la presenza ed il futuro dei Cristiani in Medio Oriente. Abbiamo messo in evidenza la persecuzione e la pulizia etnico-religiosa a cui siamo sottoposti, principalmente da gruppi armati, alcuni dei quali supportati e finanziati da poteri regionali e internazionali, in Iraq, Siria, Libano, Egitto e altri paesi del Medio Oriente. Tuttavia, le nostre grida non sono state ascoltate da molti. Sono stati fatti pochissimi passi concreti per contrastare questa reale minaccia alla nostra esistenza come popolazione originaria nella terra dei nostri antenati.
Ciò che abbiamo affrontato come Cristiani è a dir poco un genocidio. Più di cinque anni fa, improvvisamente, ISIS o Daesh emerse nella storica città di Mosul, causando l'esodo di tutta la sua popolazione cristiana che si rifugiò nelle città e nei villaggi delle pianure di Ninive (qui desidero lodare l'eroismo e coraggio di Sua Eminenza Mor Nicodemus Daoud Sharaf, che è qui tra noi, che è stata una delle ultime persone a lasciare la città dopo essersi assicurato che tutti i suoi fedeli fossero fuggiti). Queste stesse persone furono ancora una volta cacciate dal loro luogo di rifugio insieme agli abitanti della pianura di Ninive; circa 125.000 cristiani si ritrovarono senza casa e quando finalmente arrivarono nella regione curda dell'Iraq, furono ospitati da chiese locali, ma molti di loro, senza alcun riparo, dormivano per le strade e nei parchi sotto il sole cocente di agosto.
La tragedia del Nord Iraq, tuttavia, non è stata un singolo evento e non è iniziata allora e lì. Ricordiamo cosa era successo ai Cristiani durante la guerra civile in Libano e come la massiccia migrazione abbia indebolito la popolazione cristiana lì. Ancora oggi, il Libano sta vivendo molti disordini e i Cristiani potrebbero essere nuovamente costretti a migrare in gran numero a causa dell'instabilità politica e delle manifestazioni quotidiane che si svolgono in quel paese. Allo stesso modo, ricordiamo gli eventi in Egitto in cui le chiese furono attaccate e molti cristiani divennero martiri per la loro fede. Come possiamo dimenticare i 21 giovani decapitati sulla costa mediterranea in Libia per essersi rifiutati di rinnegare Cristo come loro Signore e Salvatore?
In Iraq, diversi membri del clero, come il vescovo Faraj Raho, padre Boulos Iskandar a Mosul e padre Youssef Adel a Baghdad, furono martirizzati per la loro fede. La chiesa di Nostra Signora della Salvezza (Sayyidat al Najat) a Baghdad fu teatro di un orribile crimine commesso da alcuni fanatici musulmani; due sacerdoti e circa 50 parrocchiani pagarono il tributo ultimo per la loro fede e divennero martiri per Cristo.
In Siria, la città di Sadad, che è una città esclusivamente cristiana siriaca, fu invasa dal gruppo fanatico di Al-Nusra (Al Qaeda) e in un giorno 45 persone furono martirizzate, tra cui 7 membri della stessa famiglia che furono uccisi e i loro corpi gettati in un pozzo. Al-Qaryatayn è un'altra città nella zona centrale della Siria che ha avuto diverse centinaia di famiglie cristiane invase da Daesh (ISIS) e più di 250 cristiani sono stati presi in ostaggio per diversi mesi. Dopo 6 anni e mezzo, stiamo ancora aspettando di conoscere il destino dei due Arcivescovi di Aleppo rapiti Boulos Yaziji e Mor Gregorius Youhanna Ibrahim. Il loro rapimento fu un chiaro messaggio al loro gregge in Aleppo e ai Cristiani in Siria in generale che il Cristianesimo non ha posto nella regione. Crediamo che l'attacco suicida durante una celebrazione a cui abbiamo partecipato personalmente a Qamishli - Siria, in commemorazione del Sayfo (genocidio Assiro) nel giugno 2016, avesse le stesse motivazioni.
In tutti questi casi, e in molti altri, ai Cristiani fu data una delle tre scelte: o convertirsi all'Islam, o pagare la Jizya (tassa per gli infedeli) o andarsene, altrimenti sarebbero stati uccisi. Molti di loro hanno scelto di lasciare non solo le aree occupate da terroristi e gruppi armati, ma il paese in generale. La nostra stima è che oltre il 90% dei Cristiani ha lasciato l'Iraq e quasi il 50% dei Cristiani di Siria ha lasciato il Paese.
Questa drammatica riduzione del numero di Cristiani nella regione indebolirà senza dubbio la nostra presenza e il nostro contributo. È quindi molto importante fare tutto il possibile per incoraggiare quei Cristiani che sono ancora nella regione a rimanere nella loro patria ancestrale, fornendo loro i mezzi necessari per ricostruire le loro case e i mezzi di sussistenza. A questo proposito, desideriamo evidenziare il sostegno fornito dall'Ungheria. La scorsa settimana, ad esempio, l'Ungheria ha concesso una sovvenzione di 162 milioni di fiorini, che supera i 500.000 dollari, per consentire alla chiesa di riabilitare un centinaio di appartamenti nell'Antica Homs, consentendo così a un centinaio di famiglie di ritornare al loro quartiere cristiano, oltre a contribuire a costruire un centro comunitario per le famiglie sfollate che sono finite nella città di Lattakia: a condizione che questa sovvenzione ci arrivi, poiché stiamo incontrando gravi difficoltà nel ricevere donazioni o effettuare qualsiasi tipo di transazione bancaria.
Questo, tuttavia, non può essere paragonato alla sofferenza del popolo siriano, a causa delle ingiuste e illegali sanzioni imposte su di noi dagli Stati Uniti e dall'Unione europea. Colgo l'occasione per chiedere a voi, fratelli e sorelle, di contribuire a far togliere queste sanzioni che fanno male solo alla gente comune. Sono anche felice di riferire che domani verrà firmato un protocollo d'intesa tra la "Pazmany Peter Catholic University" di Budapest e la "Antioch Syrian University", che è la prima università a conduzione cristiana fondata a Damasco un anno fa. Anche questo è un frutto del rapporto con il Segretariato di Stato per l'Aiuto ai Cristiani Perseguitati.
Cari amici,
Leggiamo nel vangelo di Giovanni la domanda che Nostro Signore Gesù pose all'ufficiale che lo schiaffeggiava in faccia quando il sommo sacerdote stava interrogando Gesù: "Se dico la verità, perché mi hai colpito?" (Giovanni 18: 23). Oggi, a noi Cristiani che portiamo la croce e camminiamo sulle orme di nostro Signore Gesù Cristo, non è permesso porre la stessa domanda: perché ci perseguitate? Ma non conosciamo già la risposta a questo? Il divino Maestro non ci ha forse avvertito che saremmo stati perseguitati per il Suo nome?
Come padri nello spirito incaricati dal Signore di occuparci del Suo gregge, noi, pastori della Chiesa, portiamo il dolore e la sofferenza nonché le speranze e le aspirazioni del nostro popolo, alla comunità internazionale. Abbiamo l'obbligo di ricordare al mondo che noi Cristiani, sale della terra e luce del mondo, siamo chiamati a continuare a testimoniare nella terra in cui è nato il Cristianesimo. La nostra presenza in quella parte del mondo è una necessità, non solo per la nostra sopravvivenza, ma anche per la sopravvivenza e il benessere dei fratelli e delle sorelle musulmani con cui viviamo; da sempre i Cristiani hanno avuto un ruolo attivo nelle loro società, sia all'inizio storico dell'Islam fino alla storia recente. Siamo stati (e siamo) particolarmente attivi negli aspetti educativi e sociali della vita.
Tuttavia, per sopravvivere e prosperare nella nostra patria, crediamo che debbano esistere determinate condizioni, come:
- La libertà di religione deve essere garantita per tutti gli esseri umani. I Cristiani hanno bisogno dell'assicurazione legislativa che, come tutti i loro compatrioti, possono rendere culto liberamente e senza paura.
- Lo Stato deve essere laico, che non si basi su alcuna religione specifica, ma rispetti tutte le religioni e sia in grado di proteggere tutti i suoi cittadini.
A seguito di un incontro dei Patriarchi e dei capi delle Chiese a Damasco nell'agosto 2019, abbiamo rilasciato una dichiarazione in cui "abbiamo sottolineato l'importanza della partecipazione di tutte le componenti del popolo siriano nell'elaborazione di una visione comune per il futuro del loro paese, all'interno di uno Stato fondato sulle basi della democrazia, dello stato di diritto, della parità di cittadinanza e del rispetto delle diversità".
- Rispetto dei diritti umani e delle libertà che assicurino la qualità della vita e la dignità per tutti.
- Il principio della parità di cittadinanza deve essere rispettato nei nostri paesi. I Cristiani non dovrebbero sentirsi cittadini di seconda classe; ma uguali agli altri nei loro diritti e doveri.
- Il dialogo a diversi livelli è di fondamentale importanza: un dialogo nazionale in cui gruppi diversi si assumano le loro responsabilità comuni nel promuovere la riconciliazione e la tolleranza tra le persone.
In conclusione
Cari fratelli e sorelle,
Riunirci nel quadro di questa Seconda Conferenza Internazionale sui Cristiani Perseguitati ci rassicura sull'amore e la cura che nutriamo gli uni per gli altri ed invia un forte segnale di solidarietà ai Cristiani sofferenti in tutto il mondo. Preghiamo per il successo di questa conferenza e chiediamo al Signore di benedirci con tutto ciò che possiamo condividere nel portare la Sua croce come una grande famiglia.
Grazie.

venerdì 22 novembre 2019

Buone Notizie da Damasco


Giungono direttamente a OraproSiria 
da amici di Damasco queste notizie su eventi che stanno accadendo in Siria in questi giorni, ignorati dai media.




Prima notizia, quella del grande annuncio che il presidente Assad ha decretato l'aumento degli stipendi di tutti i dipendenti e di tutti i lavoratori in Siria, sia privati che statali, e anche dei militari. Prevede l'aumento di 20mila Lire Siriane ad ogni lavoratore e 16mila ad ogni pensionato.
Questa notizia ha dato gioia ai siriani, specialmente dopo il recente continuo aumento del valore di cambio del Dollaro che sembrava potesse mettere in ginocchio l'economia del Paese e del popolo siriano a causa dell'aumento del costo della vita, visto che la valuta di riferimento è il Dollaro, mentre la gente deve pagare con la lira siriana. Questo riduceva la popolazione a una vita di grande povertà. Tanti ci chiedono e si chiedono da che parte arrivano questi soldi. Il presidente ha dichiarato che grazie a Dio, la Siria non ha debiti con nessuna banca internazionale e questo è già un buon segno. Ha detto anche che le casse dello Stato sono fornite e possono mantenere e supportare la ricostruzione della Siria per i prossimi dieci anni.
Questo è significativo per noi che siamo stati messi in ginocchio dalle sanzioni internazionali che speriamo siano presto tolte. E poi anche il sequestro di tanti miliardi di Lire Siriane e di Dollari ad alcuni funzionari pubblici e faccendieri privati che erano corrotti. Soldi requisiti che sono stati fatti confluire nuovamente nelle casse dello Stato. Oltre a questo si sono rese disponibili anche grosse cifre in dollari, che erano destinati alle armi dei terroristi, recuperate durante le varie tappe della liberazione delle zone da loro occupate. Questo aiuta anche a rivalutare la moneta siriana.

Un'altra notizia è che la Germania fa il primo passo per l'eliminazione delle sanzioni verso la Siria, mandando una delegazione a dialogare con il governo siriano per riallacciare rapporti anche commerciali e conseguentemente all'eliminazione delle sanzioni da parte della Germania. Questo è senz'altro un passo positivo anche se la Germania può essere mossa da interessi ( appalti e rientro profughi) derivanti da questi accordi. Ma ben vengano questi interessi se sono positivi per la Siria. 
Anche la Svizzera ha confermato una sovvenzione di 450 milioni di euro per la ricostruzione.

Una notizia che è circolata in Italia è che talune organizzazioni mendicano del danaro (non posso dire raccolgono, ma piuttosto direi per rubare) da destinare ai bambini siriani che mancherebbero delle vaccinazioni, soldi che dicono di destinare anche a coprire le spese della scuola dei bambini siriani. Voglio a questo proposito chiarire una cosa importantissima: prima di tutto le scuole siriane sono gratuite e quindi non c'è nulla da pagare e tutti i bambini sono accolti, sia quelli residenti che quelli che sono sfollati interni provenienti da altre zone della Siria, bambini e ragazzi che essendo siriani hanno il diritto di frequentare e studiare in ogni scuola in cui si inseriscono senza spendere nulla. Riguardo poi alle vaccinazioni va ribadito che queste sono state sempre effettuate fedelmente in questi otto anni di guerra, su tutti i bambini, secondo il periodo previsto fissato dal Ministro della Sanità. Ogni bambino dispone di un libretto delle vaccinazioni dove sono registrate le date a partire dalla nascita fino ai 5 anni di età. Vaccinazioni riguardanti le diverse malattie sono elencate sul libretto e mai ci sono stati problemi al riguardo: tutti i bambini hanno potuto usufruirne.
Anzi.. è stata costituita una commissione per arrivare a coprire con queste vaccinazioni anche quei bambini nati nelle zone occupate dai terroristi che prima non avevano potuto eseguirle. E' stata così colmata anche questa lacuna facendo arrivare i vaccini anche a loro. Questo lo dico con molta sicurezza.

Infine la splendida notizia dell'inaugurazione e dell'apertura della fabbrica di prodotti farmaceutici destinati alla chemioterapia per la cura dei tumori. Questo è un ottimo indicatore della rinascita della Siria. La fabbrica è localizzata a Deraa.
Questo era uno dei tasti più dolorosi per molti siriani, proprio per l'impossibilità a curarsi da queste terribili malattie che ormai sono diventate molto diffuse, a motivo dell'embargo imposto dall'Occidente anche su questi medicinali. Tanta gente (bambini, adulti e anziani) arriva a Damasco da ogni parte proprio per l'aumento esponenziale di queste patologie.
Grazie a Dio oggi la Siria rinasce e mostra che si fa carico di far fronte anche a questo spaventoso problema aprendo questa fabbrica che potrà fare molto per il popolo siriano.

mercoledì 20 novembre 2019

La vera "Fonte di Pace"


Lettera da Aleppo n. 37 
dai Maristi Blu, 17 novembre 2019
trad. italiana: Gb.P. OraproSiria
Dopo l'offensiva turca contro la Siria di quasi un mese fa, riceviamo messaggi quotidiani dai nostri amici che chiedono notizie e domandano cosa stia succedendo. Proverò a riassumere brevemente una situazione molto complessa. Inizierò condividendo il contesto precedente il 9 ottobre, per illustrare poi gli ultimi sviluppi.
Da u
n anno e mezzo, non c'è stata quasi battaglia in Siria. Vivevamo in uno stato di "né guerra né pace", uno status quo prolungato. Lo Stato siriano controllava il 70% del territorio comprese le principali città. Tuttavia, erano rimaste 3 aree occupate che dovevano essere liberate e dove la situazione era congelata: 
Gran parte della Siria nord-orientale, una striscia di 25% del territorio, con la Turchia a nord e l'Iraq a est (e che contiene i principali giacimenti petroliferi) è stata occupata dalla milizia curda (YPG), sostenuta dagli americani (e dai francesi) che, oltre alla loro presenza fisica illegale, hanno addestrato, armato e finanziato i curdi. Questa milizia, composta da siriani curdi, pensava di poter approfittare del caos della guerra per creare un Kurdistan siriano o, in alternativa, una regione autonoma.  Un'altra piccola parte della Siria nel nord-ovest (la regione di Afrin), anch'essa abitata da siriani curdi, era stata occupata dall'esercito turco nel gennaio 2018, costringendo a fuggire quasi 140.000 persone.  Infine, la provincia di Idlib, occupata da diversi anni dal fronte islamista Al Nosra, tra cui decine di migliaia di terroristi stranieri.
Sull'altro versante, la situazione politica era allo status quo. I colloqui di Ginevra sono da tempo morti e sepolti, sostituiti dagli incontri di Astana e Sochi sotto gli auspici di Russia, Turchia e Iran, che organizzavano dei cessate il fuoco e stavano cercando di formare un comitato misto per riscrivere una nuova costituzione.
Per tornare al 9 ottobre, va notato che dall'inizio della guerra in Siria la Turchia ha considerato come la sua "bestia nera" i curdi siriani che vivono principalmente nelle città al confine con la Turchia e che hanno beneficiato della guerra nelle altre regioni della Siria per assumere il controllo della Siria nord-orientale. Ciò ha provocato l'ira dei turchi che non vogliono una regione curda autonoma in Siria che possa dare ali al movimento indipendente curdo in Turchia e alla sua milizia, il PKK. Devo sottolineare che i curdi rappresentano il 25% della popolazione turca e vivono nelle regioni meridionali, vicino al confine siriano. Molte volte in passato la Turchia ha minacciato di invadere le aree detenute dall'YPG, ma si tratteneva a causa delle minacce statunitensi.
Il 9 ottobre, dopo che il presidente Trump ha annunciato il ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria (in realtà, si sono solo spostati più a sud in Siria), la Turchia ha lanciato la sua operazione "fonte di pace" (sic) ed ha invaso illegalmente la Siria. L'offensiva è preceduta da raid aerei sulle principali città (Qamishli, Derbasiye, Ras Al Ayn, Ain Arab) della regione, abitata da curdi, cristiani e musulmani siriani, provocando un massiccio esodo di residenti verso altre città della regione. I combattenti curdi dell'YPG, abbandonati dagli americani, chiedono all'esercito siriano di venire in loro soccorso riaffermando la loro cittadinanza siriana e il loro attaccamento allo Stato siriano e fuggendo verso sud lasciando il campo aperto ai turchi. Dopo 5 giorni di combattimenti, la Turchia e la Russia negoziano un cessate il fuoco, stabilendo che tutti i combattenti curdi dovranno spostarsi a 35 km dalle frontiere turche, che l'esercito siriano potrà tornare e ripristinare l'autorità dello Stato e che pattuglie miste russo-turche controlleranno il confine.
Da allora, la situazione è di nuovo congelata. Tutto è successo come se lo scenario fosse stato scritto in anticipo. I turchi hanno ottenuto ciò che volevano: una zona di sicurezza in territorio siriano profonda 35 km dove è vietata la presenza militare curda. Lo Stato siriano è il grande vincitore avendo recuperato, senza combattere, gran parte dei territori che non aveva più controllato dall'inizio della crisi siriana e mostrando alla Turchia che è nel suo interesse fermare il suo sostegno ai terroristi islamisti e ristabilire le normali relazioni con la Siria. I russi hanno dimostrato la loro influenza che è diventata considerevole. Gli americani mantengono il controllo dei pozzi petroliferi siriani e si riconciliano con la Turchia, essendo il sostegno americano ai curdi il principale argomento di contesa tra loro. E i curdi, come molte volte in passato, sono al pari del ripieno del tacchino, usati per 3 anni dagli americani per indebolire lo Stato siriano e combattere Daesh e poi abbandonati quando la volontà del loro padrino lo decide. Eppure, molti attori politici li avevano avvertiti di questo possibile risultato e che era nel loro interesse rimanere nel seno dello Stato siriano.
Quasi in concomitanza, il Comitato costituzionale siriano, creato il 23 settembre dopo infiniti negoziati, ha tenuto la sua prima riunione a Ginevra il 30 ottobre. Nessuno si aspetta un rapido risultato in quanto le condizioni per l'adozione dei vari articoli della nuova costituzione sono difficili e richiedono la quasi unanimità dei 150 membri della commissione.
Per quanto riguarda la regione di Idlib, l'esercito siriano aveva lanciato diverse offensive per liberarla dai terroristi islamisti ma, ad ogni tentativo, doveva fermare l'offensiva a seguito delle pressioni delle potenze occidentali che, per impedire la vittoria dello Stato siriano, hanno paventato una possibile crisi umanitaria. Esattamente come fecero durante la liberazione di Aleppo 3 anni fa. Tuttavia, durante l'ultima offensiva, i ribelli armati hanno dovuto ritirarsi di 10 km più a nord, il che ha messo fuori portata dei loro cannoni le 2 città cristiane della regione di Hama, Mhardé e Squelbiyé. Queste 2 città sono state bombardate per 2 anni dai terroristi di Idlib e hanno subito diversi assedi. Bisognava vedere gli abitanti di queste città esultanti per le strade, per comprendere il loro sollievo e la loro gioia.
Ad Aleppo la situazione è stabile. Vengono forniti i servizi essenziali, acqua 5 giorni a settimana ed elettricità 18 ore al giorno. L'università e le scuole funzionano normalmente. Gruppi armati ribelli installati nei sobborghi occidentali continuano a lanciare bombe su Aleppo in diverse occasioni. Di recente, un proiettile è caduto a 200 metri dall'ospedale St. Louis e dal mio ufficio ed ha causato la morte di una persona e altri numerosi feriti. La crisi economica è molto acuta con un impressionante tasso di disoccupazione, un costo della vita da capogiro, inflazione al galoppo e continuo aumento della povertà.
Noi, i Maristi Blu, portiamo avanti tutti i nostri progetti per aiutare le famiglie povere e/o sfollate, con sempre maggiori difficoltà di finanziamento.
Il nostro impegno per l'assistenza del campo "Shahba" con gli sfollati da Afrin continua nonostante il pericolo. Il campo si trova a 55 km da Aleppo e a soli 3 km dalle linee turche. Molto spesso le bombe cadono vicino al campo. Questo non ci impedisce di andarci due volte a settimana per distribuire cibo e prodotti sanitari, curare i malati, insegnare ed educare bambini e adolescenti e formare gli adulti. Vedere la gioia negli occhi dei bambini e seminare un po' di speranza nel cuore delle persone è per noi una grande soddisfazione.
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I bambini dei nostri 2 progetti educativi ("Imparare a crescere" con 65 bambini e "Voglio imparare" con 110 bambini dai 3 ai 6 anni) sono ripresi a ottobre. C'è una forte richiesta da parte dei genitori di iscriverli presso di noi, perché in Siria gli asili sono privati e a pagamento, a differenza delle scuole dell'obbligo, e i genitori delle nostre famiglie semplicemente non possono permettersi di pagare. Ora siamo alla nostra massima capacità di accoglienza, data l'esiguità dei nostri locali. I bambini, irradiando felicità, sono accompagnati da 24 educatrici.
Il nostro programma di supporto psicologico, Seeds, a motivo dei bisogni crescenti è cresciuto molto quest'anno. Oltre a sostenere i bambini e gli adolescenti che beneficiano dei nostri vari progetti, abbiamo adesso due nuovi gruppi di bambini e adolescenti. Il team di Seeds è cresciuto di numero e i diversi membri ora sono una ventina, sotto la guida di uno psicologo.
Continuiamo il nostro programma di "microprogetti" per dare lavoro agli adulti, per consentire loro di vivere degnamente del frutto del loro lavoro e combattere l'emigrazione. Nel 2019, abbiamo organizzato 4 sessioni di formazione di 48 ore durante le quali abbiamo insegnato a 75 persone come creare e gestire un nuovo progetto e abbiamo finanziato 45 progetti che consentiranno a 80 famiglie di uscire dalla povertà e diventare indipendenti, per vivere senza l'aiuto delle ONG. Riteniamo che nelle attuali circostanze, aiutare le persone a trovare un lavoro sia la priorità.
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Il nostro progetto "Heartmade" di abbigliamento femminile realizzato con scampoli di tessuti è decollato e si sta sviluppando. Aiuta a trovare un lavoro alle donne, a sviluppare le loro capacità, la loro creatività e il loro senso della bellezza, a rispettare l'ambiente combattendo gli sprechi degli scarti di tessuti e di capi di abbigliamento producendo pezzi unici "fatti a mano". Abbiamo installato energia solare nel nostro laboratorio per fornire elettricità alle macchine da cucire e noleggiato un negozio per vendere i nostri prodotti. Undici donne stanno lavorando a questo progetto per far vivere 11 famiglie e intendiamo sviluppare questo progetto e coinvolgere nuove persone.
L'immagine può contenere: 23 persone, persone che sorridono
Tutti i nostri altri progetti intendono aiutare le famiglie a vivere e crescere. "Goccia di latte" distribuisce latte a 2900 bambini di età inferiore a 11 anni; 200 famiglie sfollate vengono aiutate a vivere in un appartamento fino a quando non possono tornare a casa; il nostro programma medico si fa carico dell'assistenza medica o chirurgica di circa 150 pazienti al mese. Nel nostro centro di formazione per adulti "MIT", organizziamo 2 sessioni di 3 giorni di formazione ogni mese per 20 adulti per ogni sessione; trenta donne partecipano alle sessioni di sviluppo della donna ogni settimana; i posti per le sessioni del nostro progetto "taglio e cucito" sono sempre al completo, così come per il progetto "Speranza" per l'insegnamento delle lingue straniere.
Con i nostri 85 volontari e dipendenti, serviamo le famiglie povere e/o sfollate di Aleppo che ci considerano la vera "Fonte di Pace". Cerchiamo di aiutarli a vivere degnamente, di accompagnarli materialmente e psicologicamente e di mostrare loro una presenza attiva e solidale. Eppure tutto ciò che facciamo è solo qualche goccia nell'oceano dei bisogni della gente. Negli anni precedenti avevamo più risorse per trovare i finanziamenti necessari. Le fonti si stanno prosciugando ma i bisogni sono ancora presenti fintanto che la pace non verrà ristabilita.
In effetti, anche se la guerra sta finendo, non è ancora l'appuntamento con la pace. Dopo otto anni e mezzo di una guerra assurda e atroce, è tempo che i siriani possano vivere normalmente come qualsiasi altro cittadino del mondo.
Con questa speranza nel cuore, vi ringrazio, cari amici, per la vostra amicizia, la vostra solidarietà e il vostro sostegno, e vi trasmetto i saluti di tutto il nostro gruppo.
Un'ultima parola: se per Natale e Capodanno volete fare un regalo a una persona cara, prendete in considerazione di offrirle il nostro libro "Les lettres d' Alep" pubblicato da Harmattan e che potete ordinare dal vostro rivenditore o online presso l'editore, presso Fnac o su Amazon. [n.d.t.: per Pasqua sarà disponibile la traduzione in italiano delle 'Lettere di Aleppo'].
Nabil Antaki, per i Maristi Blu.
PS: La violenza persiste. I cristiani in Siria sono di nuovo in lutto. Lunedì 11 novembre un prete cattolico di Qamishli e suo padre sono stati assassinati mentre si recavano a Deir Al Zor per sostenere il loro gregge. Lo stesso giorno, due autobombe sono esplose vicino alla chiesa caldea di Qamishli.

domenica 17 novembre 2019

Prepararsi al Natale tra le bombe a Idlib


Negli ultimi mesi i venti di guerra hanno ripreso a soffiare violentemente nella Siria settentrionale: a nord ovest l’esercito di Damasco combatte l’ultima resistenza jihadista, mentre da inizio ottobre i turchi hanno invaso l’area curda a nord est. E nonostante le roboanti notizie dal sapore di propaganda che annunciano importanti conquiste sul piano diplomatico o il successo di operazioni quali l’uccisione di Abu Bakr Al-Baghdadi Califfo dell’ISIS, nelle provincie del Nord regna il caos.
Inutile dire – lo abbiamo ripetuto molte volte – che chi paga le salatissime conseguenze di questa tragedia durata nove anni è la gente comune che fatica a sopravvivere per la guerra dove si combatte ancora e per una pace che non offre molto altro oltre alle macerie e alla fame, nei luoghi dove le bombe non cadono più.
Per questo la testimonianza arrivata in questi giorni di uno degli ultimi due religiosi cristiani rimasti a Knaye e Yacoubieh, due villaggi della provincia di Idlib nel nord est della Siria, ci colpisce particolarmente:
“Siamo un piccolo battello in un mare di calunnie. Non usciamo quasi mai, perché c’è il rischio di venire derubati o essere addirittura rapiti. Subiamo violenze di continuo e continuamente siamo perseguitati e calunniati. Gesù dice ‘Beati voi quando vi perseguiteranno e diranno ogni male contro di voi’ e questa per noi è davvero una consolazione e una certezza in mezzo a tutta la violenza. Le bombe continuano a cadere intorno a noi, in questo scontro senza fine tra le forze governative e i jihadisti rimasti. Recentemente hanno messo in carcere tre membri della comunità con accuse false e non sappiamo se saranno sottoposti ad un giusto processo o se ci chiederanno grosse somme per il riscatto. Perché sotto il controllo jihadista, regna l’anarchia.
Nonostante questo, a breve inizieremo alcune attività per prepararci al Natale, la festa dell’unica speranza che ci sostiene. Coi bambini abbiamo iniziato a preparare dei presepi da regalare a ciascuna delle 250 famiglie della comunità, mentre con i ragazzi prepareremo un concerto per il giorno dopo Natale. Non possiamo mostrare nulla all’esterno, non possiamo esporre decorazioni, ma ogni casa avrà il suo presepe e ognuno di noi si preparerà nel suo cuore alla festa. Oltre alle attività in parrocchia, daremo a ogni famiglia un pacco alimentare più sostanzioso di quelli che già distribuiamo e un piccolo contributo economico di aiuto. Questo è stato possibile grazie al vostro aiuto, perché non possiamo ricevere altro sostegno al momento. Il vostro aiuto e le vostre preghiere ci permettono di sopravvivere in questa tragedia senza fine”.
È fondamentale per noi continuare a sostenere i due francescani e le comunità di Knaye e Yacoubieh, che non ricevono nessun altro tipo di sostegno e sono nella tribolazione.
   A questo link per il tuo dono:
https://campaign.proterrasancta.org/natale-knaye-yacoubieh/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=nataleaknayeb&utm_term=10novembre2019&utm_content=it

giovedì 14 novembre 2019

Flash di una turista in Siria


Sulla strada per uscire da Damasco in viaggio verso il cuore della Siria, il nostro autobus ha superato Jobar (Ghouta orientale), l'enorme quartiere della città occupato da gruppi terroristici per anni e liberato dall'Esercito Siriano e dai suoi alleati nella primavera del 2017.
Stavo facendo delle foto dal finestrino, cercando di catturare l'altro aspetto della distruzione della guerra, quando abbiamo superato questo giovane uomo sulla sua bicicletta. Il suo sguardo dice tanto. Tutte le persone qui hanno un DPTS (disturbo post traumatico da stress), senonché il trauma è in corso e sono tutti così stanchi. Risoluti e laboriosi come sempre, ospitali oltre misura... ma così dannatamente stanchi.
E' più facile paradossalmente - o almeno così mi sembra - quando il lupo è proprio alla tua porta e la vita si riduce a sopravvivere un giorno alla volta. Adesso i lupi se ne sono andati da Damasco e da gran parte della Siria, ma ora a incombere è la realtà di affrontare il prossimo inverno, il prossimo anno ... il futuro.
La Siria ha vinto questa guerra, ma dagli Stati Uniti, da Israele e dall'Europa è vietato che qui sia finita anche per la gente. Succede invece che continuino ad essere presi a calci nello stomaco, mentre cercano di alzarsi da terra e di ricostruire, con sanzioni e divieti che possono essere definiti solo come una insolita e crudele punizione. Sono ancora dei paria nella maggior parte del mondo - o visti come patetiche vittime. Riesci a immaginare di essere trattato in questo modo? Quando sono arrivata al confine c'era un piccolo SNAFU (un disguido, o inesattezza) sul mio Visto. Niente di importante, ma sono rimasta lì per qualche ora per risolvere il tutto. Mentre stavo aspettando, gli ufficiali mi hanno offerto caffè, tè alle erbe e cioccolatini mentre mi avranno ripetuto almeno 100 volte il benvenuto nel loro paese. A Palmira, i soldati a guardia di quel prezioso sito sono usciti e hanno dato a noi tutti delle bibite.
Tutto questo mentre gli Stati Uniti rubano il loro petrolio con l'aiuto di alcuni traditori curdi; la Turchia invade i loro confini come fa da quasi 9 anni; e i terroristi continuano a occupare la provincia di Idlib perché gli Stati Uniti e la Turchia continuano a proteggere ciò che resta dei loro beneficiati terroristi.
Tutto ciò che la Siria chiede è che le forze militari non invitate e presenti illegalmente se ne vadano, e di avere la possibilità di ottenere investimenti e ricongiungersi al mondo per ricostruire le proprie vite, l'economia e le infrastrutture. Più di un milione di ex rifugiati sono tornati nel Paese. Ciò che frena la maggior parte degli altri - ed è anche il motivo per cui delle persone ancora se ne vanno o vogliono farlo - sono in primo luogo le dannate sanzioni. Essi non chiedono l'elemosina - anche se gli Stati Uniti e tutti i mandanti di questa guerra mostruosa dovrebbero doverosamente pagare centinaia di miliardi di riparazioni - chiedono solo di essere trattati come esseri umani. La Siria non ha tutt'ora alcun debito estero - un altro dei suoi terribili "crimini" contro l'impero USA/globalista.
Quello che porta davvero persone come me a tornare ancora e ancora sono questi esseri umani. Ciò non vuol dire che la Siria non abbia la sua normale quota di corrotti e criminali, ma dai filosofi cosmopoliti agli agricoltori figli dei figli dei figli di contadini, gli amici che incontriamo qui sono indimenticabili e degni di qualsiasi impegno a loro nome.
Janice Kortkamp 3/11/2019
trad. Gb.P. OraproSiria

lunedì 11 novembre 2019

Isis rivendica l'uccisione del parroco armeno-cattolico di Qamishli. “Colpiscono il pastore per colpire il gregge”.

Ringrazio Dio – disse Papa Wojtila – per la vita di tutti coloro, ovunque essi siano, che soffrono per la loro fede in Dio, per la loro lealtà a Cristo Salvatore, per la loro fedeltà alla Chiesa. Ogni epoca passata, presente e futura produce per l’edificazione di tutti luminosi esempi della potenza che è in Gesù Cristo”.  “In duemila anni di storia ai cristiani è stata chiesta non poche volte la prova suprema del martirio. Restano vivi nella memoria soprattutto i martiri della prima era cristiana. Ma anche nei secoli successivi sono molti coloro che in diverse circostanze hanno versato il sangue per Cristo, tanto in oriente, quanto in occidente. Ai martiri si rivolge con particolare intensità la venerazione del popolo di Dio che in essi vede rappresentata dal vivo la passione di Cristo. Il sangue dei martiri, diceva Tertulliano, è seme di nuovi cristiani. Esso è anche linfa di unità per la Chiesa, mistico corpo del Cristo”.


È stata una vera e propria esecuzione quella che ha posto fine, oggi, alla vita di padre Ibrahim (Hovsep) Hanna, parroco armeno-cattolico di san Giuseppe, la cattedrale di Qamishli. Il sacerdote è stato freddato da due uomini insieme a suo padre che era in macchina con lui.

L’attentato, rivendicato dallo Stato Islamico, è stato compiuto nel distretto di Busayra, nella regione sotto controllo delle forze curdo-siriane, nel villaggio di Zar, nel distretto di Busayra, a est di Deir ez-Zor. A ricostruire al Sir la dinamica dell’attacco è padre Nareg Naamo, rettore del collegio armeno a Roma, amico del sacerdote ucciso che, afferma, “era sposato e padre di tre figli, due femmine e un maschio”. Quest’ultimo è un aspirante salesiano che studia fuori la Siria. “Padre Hanna era alla guida della sua auto. Nel sedile a fianco era suo padre, dietro un diacono ed un altro laico. L’auto è stata affiancata da due sconosciuti in moto che hanno aperto il fuoco uccidendo sul colpo il padre. Una volta che l’auto si è fermata i due hanno continuato a sparare colpendo il sacerdote al petto. Il diacono e il laico sono riusciti a salvarsi uscendo di corsa dall’abitacolo. Subito soccorso padre Hanna è stato portato all’ospedale a Deir ez-Zor e poi trasferito in ambulanza in quello di Hassaké per cure più efficaci. Ma qui è giunto morto. Padre Hanna stava andando a Deir ez-Zor per seguire una missione e verificare lo stato dei lavori di ristrutturazione della chiesa della città e di altri ambienti collegati. Non era la prima volta che vi si recava. Oggi è stata l’ultima”.
“Nella sola giornata di oggi – afferma padre Naamo – Qamishli ha subito ben tre attentati, provocati da un’autobomba e da due motocicli. Il bilancio parla di 6 morti e 20 feriti. Non possiamo tacere questa tragedia e dobbiamo pregare per tutti. Colpire il pastore significa colpire anche il gregge”. 

“Siamo vicini alla famiglia e a tutta la comunità. Conoscevo bene il padre con cui ho collaborato per tantissimi anni. Sono sconvolto”, conclude padre Naamo.

domenica 10 novembre 2019

Preghiamo per il Libano nella bufera

Dopo tredici giorni di proteste popolari il primo ministro libanese Saad Hariri ha rassegnato le dimissioni nelle mani del presidente Michel Aoun, che gli ha chiesto di restare in carica per la gestione degli affari correnti, aprendo così una crisi i cui sviluppi non sono al momento ipotizzabili ma che apre uno scenario preoccupante per le sorti del piccolo paese mediorientale e multiconfessionale, già dilaniato nel passato da una lunghissima guerra civile.

La scintilla che ha fatto scoppiare le proteste è stata l’istituzione di una tassa sulle comunicazioni a mezzo internet che sono molto utilizzate nel paese a causa dell’alto costo delle tariffe della telefonia mobile. Ma i motivi del malcontento popolare erano ben più ampi a partire dalla crisi economica che attanaglia il paese ormai da anni e non vede sbocchi, dalle infrastrutture carenti e malfunzionanti, e dall’impossibilità del governo a farvi fronte stante l’altissimo debito pubblico e la situazione internazionale, non ultima la guerra in Siria che ha riversato in Libano circa un milione di profughi su una popolazione residente di quattro milioni di abitanti. A tutto questo va aggiunta la corruzione endemica e, nell’immediato, i provvedimenti dell’amministrazione USA che, per strangolare economicamente Hezbollah, ha posto sotto embargo le banche libanesi legate al movimento politico sciita limitando i trasferimenti di dollari verso tutte le banche libanesi. Il presidente della Banca centrale del Libano, Riad Salameh, ha poi introdotto ulteriori restrizioni al prelievo dai conti in dollari il che in un paese come il Libano dove il dollaro circola esattamente come la lira libanese ha provocato un ulteriore malcontento.

Le proteste avevano una loro intrinseca ragione d’essere, cionondimeno hanno da subito mostrato l’esistenza di una regia alle loro spalle. Molti sono gli indizi di questa regia occulta. Anzitutto il fatto che i blocchi stradali e le barricate sono stati disposti strategicamente, per paralizzare il paese, da gruppi di dimostranti che si muovevano in motocicletta e in molti casi sono stati riconosciuti come sostenitori di Shamir Geagea. Questi blocchi e queste barricate non sono comparsi nelle aree del paese controllate da Amal o da Hezbollah anche se pure in queste aree ci sono state manifestazioni popolari imponenti. 

Gli unici ministri ad aver aderito dopo solo quattro giorni di proteste, e prima che il governo offrisse risposte al malcontento popolare, alla richiesta di dimissioni sono stati i quattro rappresentanti delle Forze Libanesi nella compagine governativa. 

Nel corso delle manifestazioni sono comparsi a più riprese simboli riconducibili a OTPOR, l’agenzia con cui i servizi USA addestrano i militanti con cui animare “Primavere arabe” o “Rivoluzioni colorate”. 
Da ultimo, ma non ultimo come importanza, il modo con cui buona parte dei media libanesi e mediorientali, in testa l’Orient Le Jour, equivalente libanese del nostro “corrierone” e come quest’ultimo legato a “Project Syndicate” fondato da George Soros, ha dato copertura agli avvenimenti. I media, pur dando spazio agli slogan contro il caro vita e la corruzione, hanno tranquillamente ignorato il fatto che la rabbia popolare si sia indirizzata inizialmente contro il mondo bancario e in particolare contro il presidente della Banca centrale di cui si sono chieste a gran voce le dimissioni quando non l’immediata carcerazione. Di contro si è voluto indicare come bersaglio principale della protesta contro la corruzione il presidente del partito che rappresenta il 70% dei Maroniti, il CPL, Gebran Bassil. Questi oltre ad essere il genero del Presidente Aoun e quindi obbiettivo trasversale ideale per chi non può permettersi di attaccare un uomo della popolarità del presidente, è anche nel mirino del principe ereditario Saudita avendo contribuito, come ministro degli esteri libanese, alle pressioni internazionali che portarono al rilascio di Saad Hariri arrestato a Ryad nel 2017.

Appare chiaro comunque che in Libano, come contemporaneamente in Iraq, il duopolio Saudita\Israeliano spalleggiato dallo stato profondo statunitense sta cercando la rivincita per la sconfitta dell’operazione siriana. In un paese fragile come il Libano questo può portare al riaccendersi di contrapposizioni laceranti. Oggi più che mai è necessario, come del resto auspicato dalle componenti maggioritarie dell’attuale compagine governativa, Presidente Aoun in testa, che si arrivi ad una riforma della legge elettorale che esca dal confessionalismo puro fonte di corruzione e di instabilità. Allo stato la cosa appare impossibile tanto che alcuni commentatori ritengono che l’unica via di uscita sia una presa di potere dell’esercito che nomini una costituente. Perché è evidente che una costituente eletta con le pastoie confessionali difficilmente partorirebbe una costituzione che ne sia priva.


Quale che sia l’esito di questa nuova tragica vicenda invochiamo su questo paese simbolo di convivenza la protezione della Vergine di Harissa e di San Marun.

Massimo Granata


Fonte:  http://www.appunti.ru/articolo.aspx?id=1111&type=home

venerdì 8 novembre 2019

Missione umanitaria d'emergenza tra gli sfollati del nord-est Siria

" anche tu abiti in una tenda? " mi chiedeva ieri una bambina. La bambina aveva fame e riusciva con difficoltà ad aprire gli occhi a causa del vento che la accecava di polvere!

Cari amici,
Vi scrivo dal furgone che ci riporta dal campo di sfollati della Jezireh, nel nord-est della Siria.
 A seguito dei bombardamenti turchi, abbiamo promesso che avremmo aiutato le famiglie esiliate più povere il più rapidamente possibile. Da lunedì siamo in azione.
 All'inizio di ottobre temevamo una crisi umanitaria. È arrivata e oggi stiamo agendo con urgenza per frenare i suoi meccanismi.

Lasciatemi raccontare della nostra visita in questo campo.
 Sono appena sceso da un furgone, nel quale sono stipate le pite di pane che distribuiremo. In pochi istanti, è una folla in coda.
I bambini hanno fame, le donne sono indifese. Ogni uomo in  età lavorativa è in città per trovare qualcosa per sostenere la sua famiglia! Nel frattempo, donne e bambini fanno la fila per procurarsi un po' di cibo, abbastanza per sopravvivere almeno due giorni!

Al momento in cui vi parlo, i trattori e le altre macchine edili sono ancora in piena attività! Il campo è realizzato sotto i loro occhi e tutti i mezzi sono messi a disposizione per accogliere migliaia di senzatetto ... L'inverno sta arrivando! Ma come pensare al riscaldamento domani quando non sappiamo cosa mangeremo oggi? Il cibo del corpo e dell'anima mancano ogni giorno!
 In questi pochi chilometri quadrati, ho davvero capito il significato del dono gratuito di sé. Qui, sono le persone che affrontano le maggiori difficoltà finanziarie quelle che vengono in aiuto di questi sfortunati nuovi arrivati. Le famiglie, già senza un soldo, accolgono gli altri che arrivano con solo i loro vestiti addosso. I poveri vengono in aiuto di altri poveri!
Un bell' esempio di carità. E noi? Cosa possiamo fare?

Ogni giorno, la mia squadra parte la mattina presto per comprare cibo e torna a tarda notte dopo aver fatto molte donazioni. Questa mattina abbiamo preso la strada alle 4:50.
La nostra azione d'emergenza a Jezireh finirà presto, ma questi pochi giorni, trascorsi in mezzo a famiglie in esilio, ci hanno pesantemente provato, fisicamente e moralmente . Uno dei miei compagni di squadra si è ammalato.
 Sono stato particolarmente rattristato nel vedere questa bambina, scalza su una strada sterrata pietrosa, il viso macchiato di nero a causa della polvere. Forse è perché sono un padre e non mi piacerebbe vedere mio figlio subire le conseguenze di una guerra decisa dai potenti di questo mondo.
Il tuo aiuto in azione!
Grazie alle vostre donazioni, in due giorni, abbiamo donato 9000 litri di acqua, 140 coperte e 70 pacchi alimentari a famiglie di sfollati.

Questo è già molto, eppure molto poco considerando le esigenze di migliaia di famiglie di sfollati a Hassake. Vorrei non dover scegliere le famiglie da aiutare, ma per mancanza di mezzi finanziari non ho scelta: ho dovuto selezionare le 70 famiglie più bisognose. Mi chiederò sempre se questa scelta è stata la migliore.
Sono ben consapevole che siete già costantemente sollecitati. Ma sono i nostri giovani che sono qui e che forniscono l'aiuto concreto che voi avete permesso loro di trasmettere! Grazie a voi e alle vostre donazioni, non siamo venuti a mani vuote ! Vi ringrazio per la vostra generosità. E per le vostre preghiere!

    
Alexandre Goodarzy
    Capo missione in Siria di SOS Chrétiens d'Orient

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mercoledì 6 novembre 2019

La Siria, i cristiani, il loro compito: testimonianza di padre Bahjat Karakash

Mercoledì 30 ottobre a Rimini si è tenuto un incontro pubblico dal titolo “Siria, la lunga Guerra (2011-2019), storie e testimonianze di Cristiani”
Nelle parole di Padre Bahjat Karakach del Convento della Conversione di San Paolo a Damasco, il racconto di come vivono i cristiani, la loro missione nella società siriana.  
In uno scenario apparentemente senza soluzioni il ruolo della minoranza cristiana può essere di decisiva importanza: “il numero dei cristiani è più che dimezzato, sicuramente, in Siria – ha dichiarato padre Karakach - ma possiamo dire sempre che, pur essendo piccola, resta una comunità molto impegnata nella società siriana, che cerca di portare i valori del Vangelo e i valori cristiani. Una comunità culturalmente formata, che non ha mai preso le armi, quindi è dialogante con tutti, è una garanzia anche per il futuro della Siria e per salvarla.   Il nostro Presidente Bashar al-Assad ha detto che i cristiani qui non sono un annesso, qualcosa in più, ma sono le radici di questa società e i garanti del pluralismo in Siria: la comunità cristiana ha questa missione ed è per questo che deve rimanere qui. Io dico sempre: aiutateci a non a lasciare questo Paese per altri migliori e a rimanere qui per continuare la nostra missione”. 

Padre Bahjat ha sviluppato una lucida lettura della situazione della guerra, con gli occhi di chi la sta subendo, mettendo a fuoco ruoli e compiti (disattesi) dei paesi occidentali. Ha soprattutto indicato il senso della presenza (minoritaria ma decisiva) dei cristiani in quelle terre dalla cultura antichissima.
Il Centro Culturale 'Il Portico del Vasaio'  propone l’audio integrale dell’incontro.

Ecco il file audio, da ascoltare in diretta o scaricare: 

http://blog.porticodelvasaio.org/wp-content/uploads/incontro-sulla-siria-2019.m4a