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martedì 19 marzo 2019

La battaglia quotidiana di MHARDEH



La notte cade sulla Siria . A nord della città di Hama, una pioggia gelida spazza la piccola città di Mhardeh. In macchina, sono accompagnato da Salem, un cristiano damasceno che ha combattuto per più di cinque anni per difendere questa città, che è diventata un simbolo della resistenza siriana al terrorismo internazionale.  I controlli militari si intensificano fino a quando arriviamo all'ufficio del signor Simon, capo della Forza nazionale di difesa a Mhardeh Siamo attesi, i soldati aprono il grosso portone. Uscendo dalla macchina, la pesante atmosfera della guerra svanisce e sentiamo le tipiche frasi di accoglienza siriana, quelle che ti fanno sentire subito a casa. Accompagnati da tre soldati armati, iniziamo a radunarci davanti all'albero dei martiri: cento ritratti in memoria di coloro che sono caduti sotto le bombe che hanno ferito la città per più di sette anni. Ho notato quello di un adolescente, a malapena uscito dall'infanzia, con gli occhi color blu scuro. Ci raccogliamo alcuni momenti.
Il signor Simon ci accoglie nel suo ufficio a braccia aperte. Istintivamente, quest'uomo ispira immenso rispetto, senza essere inaccessibile, al contrario. In mezzo al collo, la cicatrice di un proiettile che non riuscì a ucciderlo impressiona. Il suo sorriso cancella istantaneamente queste stigmate della guerra. Il signor Simon è sopravvissuto a tre tentativi di omicidio. Organizza personalmente la difesa della sua terra, della sua città, della sua casa, delle famiglie di Mhardeh.  Ci parla semplicemente della sua vita di soldato, delle prove che comporta, delle difficoltà materiali, dell'addestramento dei suoi uomini. Ci mostra, divertito, il modo in cui parlano di lui nei media filo-jihadisti, i cosiddetti massacri di cui è accusato, il modo in cui viene infangato. Sembra che sia incrollabile. Nei momenti peggiori della battaglia di Mhardeh , alcuni anni fa, il signor Simon ha tenuto duro dove persino l'esercito russo voleva ritirarsi.
mhardeh siria difesa nazionale sos christian or
In seguito parliamo con i soldati. Studenti, macellai, fornai, ingegneri. La guerra ha preso la loro vita per renderli soldati. Costretto all'eroismo del campo di battaglia. È forse proprio questo attaccamento alla loro città, alla loro professione, ai loro sogni che dà loro la forza di combattere.
Il signor Simon ci porta poi a casa. Sua moglie ci accoglie come se fossimo dalla sua famiglia. Diverse donne in città sono qui, vengono a cercare conforto e sostegno da colui che è diventato, di fatto, l'eroe della città. Il signor Simon prende in braccio suo nipote, che porta il suo nome. Il piccolo ha nove mesi, cresce dolcemente al suono di attacchi missilistici e mortai, ma nel bel mezzo di una famiglia amorevole e forte. È una festosa atmosfera, il ritorno dell'eroe a casa. Il comandante della battaglia ritorna al suo ruolo di nonno e si lascia andare alla tenerezza col "piccolo Simon". E con noi evoca la sua preoccupazione: perché ha resistito, i suoi figli e i suoi nipoti saranno sempre sotto la minaccia di una vendetta.  Nella casa, nascoste agli occhi dei bambini, ci sono le armi che richiamano il guerresco quotidiano. E se non bastasse, le incessanti chiamate radio o telefoniche ricevute dal comandante militare sarebbero sufficienti. Risponde a ciascuno di loro, senza lasciare dalle braccia suo nipote.
La nostra successiva giornata a Mhardeh sarà punteggiata dai bombardamenti sulla città e sui suoi dintorni. I boati sono a volte assordanti e lunghi, a volte brevi e molto forti. Facciamo il lavoro per il quale siamo venuti. La moglie del capo ci conduce dalle famiglie bisognose che aiutiamo nel miglior modo possibile attraverso le donazioni. Ogni viaggio deve essere veloce, devi spesso rifugiarti al riparo.  Nessun colpo cadrà nelle nostre vicinanze e attendiamo le autorizzazioni della moglie del signor Simon, informata in diretta, per passare da un punto all'altro. Ci rendiamo conto degli effetti della pesante atmosfera della guerra su questi civili. Nel tardo pomeriggio, ci rallegriamo con i soldati vedendo da lontano il fuoco missilistico che la Forza di difesa nazionale invia per contrastare gli attacchi jihadisti. Dietro questa collina, all'orizzonte, ci sono le posizioni dei terroristi.
vergine mhardeh sos christian orientÈ un giorno senza morti a Mhardeh , ma i danni materiali sono pesanti. Una o due volte alla settimana, i terroristi violano il cessate il fuoco che loro stessi hanno chiesto.  Dipendendo dalle decisioni oscure prese dalla comunità internazionale, Mhardeh resiste. Per difendere il suo modo di vivere, la sua comunità, la sua città e la sua famiglia, il cristiano deve prendere le armi e, se necessario, dare la sua vita. La guerra è ancora molto presente in Siria.
Rientriamo il giorno dopo a Damasco, con il cuore a questa città e ai suoi difensori. Il nostro passaggio è stato l'occasione per valutare un po' meglio i bisogni e permetterci di tornare con un aiuto più concreto ai civili e ai soldati di Mhardeh. Combattendo il terrorismo internazionale sul loro territorio, difendono anche tutti coloro che lo hanno di fronte, compresi gli europei. Il nostro debito è enorme, anche la nostra gratitudine.
Sotto assedio da 7 anni, 20.000 cristiani sono bombardati dai terroristi. Nessun media parla di loro. Sono soli a combattere per sopravvivere. Impotenti, hanno visto passare i convogli degli jihadisti trasferiti verso Idlib.
160 Martiri. Civili innocenti, padri e adolescenti, famiglie in lutto.
La lotta di Mhardeh è la nostra. La tua donazione, un'arma per la pace.

                                                 trad Oraprosiria 

giovedì 14 marzo 2019

Siria, tra la piaga delle sanzioni e del terrorismo

Cosa avrebbe dovuto essere discusso nella "Conferenza dei donatori UE" a Bruxelles? Ci si aspettava un programma di soccorso per ripristinare l'economia nazionale siriana, invece sotto l'ipocrisia dell'assistenza umanitaria si è ribadita ancora la volontà di impedire la ricostruzione del Paese. Nessun ripensamento sulle illegali sanzioni economiche imposte dagli USA e dall'UE nel 2011, e sempre in vigore.

 Siria. L'orrore senza fine
Nessuna volontà di porre termine alle sofferenze della popolazione siriana. Scrive oggi da Aleppo Pierre Le Corf: ‘’Provo a digitare un numero al telefono ma le mie mani tremano. Una prima esplosione mi fa scoppiare il cuore, mi allontano a prendere l'auto. Torniamo ‘’tranquillamente’’: due granate cadono davanti a me a dieci metri di distanza ... e siamo arrivati in centro. Aspettiamo all'angolo di una strada per capire se ce ne saranno altre o potremo andare avanti. Faccio una fotografia. Due ragazzini continuano a gironzolare nonostante gli faccia segno di allontanarsi. Mi rifugio in un bar. La gente continua a correre…
Ieri, il mio gruppo di ragazzini ed io ci siamo trovati in un quartiere più periferico proprio mentre un cecchino sparava dall'altra parte della strada. Le pallottole rimbalzavano da terra, la gente correva, e la strada troppo grande per nasconderla con dei drappi ... merda. Solo merda. Vero, la città rivive in molti quartieri e io provo a mostrare la gioia, i bambini, il coraggio ... ma anche ciò che descrivo ora [gli attacchi dei terroristi] è ancora qui. Forse non sembra tanto sconvolgente, ma sono armi antiuomo ... e le schegge feriscono chiunque anche a decine di metri di distanza.''
Poi, sempre notizie di ieri e di oggi, la cittadina di Mhardeh ancora bombardata dai terroristi; decine di uccisi dalla coalizione occidentale a Deir el-Zor e il fosforo bianco che tortura con inaudite sofferenze e brucia i corpi gettato contro civili inermi; nuovi focolai di terrore a Daraa nel sud; e così via con le atrocità che non risparmiano nessun gruppo etnico o confessionale. Su tutto ciò, la mannaia delle sanzioni economiche. Perché è l’intera Siria, come Nazione, come Popolo, come Civiltà, come Memoria che deve essere annientata, secondo le menti perverse che hanno voluto questa guerra.
Le sanzioni non sono una tribolazione di questi ultimi otto anni. La popolazione siriana le patisce da molto tempo prima e, molto tempo prima, bambini e adulti sono stati vittime innocenti dei suoi effetti tremendi, spesso mortali, a causa della mancanza di farmaci o del latte sostitutivo per neonati, ad esempio. Steve, l’autore dell’articolo, era un ragazzino ancora: un ragazzino che, come milioni di altri, è cresciuto troppo in fretta e angosciosamente. Invece io, che vivevo in Siria, capivo e ricordo. Ho visto tanti, troppi, patirne le conseguenze. Perciò, al solo sentirle menzionare provo sempre un dolore profondo. E rabbia, perché le sanzioni sono uno strumento irragionevole, spregevole, disumano. Cito quelle dal 2006 al 2012 ( Con il Paese che attraversava una difficile crisi per una lunga siccità, con conseguente abbandono delle zone rurali e aumento del proletariato urbano. Per non parlare dell’aggiuntivo costo economico e sociale dovuto alle  centinaia di migliaia di rifugiati iracheni accolti dalla Siria dopo la seconda guerra del Golfo, e di quelli libanesi in seguito alla seconda guerra israelo-libanese del 2006) in risposta alla "minaccia inusuale e straordinaria del governo siriano agli interessi economici, di sicurezza nazionale e di politica estera degli Stati Uniti’’ (sic!) e probabilmente propedeutiche all’inizio del caos. Ancora di più, molto di più, oggi che questo infelice Paese è stanco, anzi stremato e dilaniato da un conflitto brutale che dura da otto anni. L’inverno rigido che sta per finire, i Siriani l’hanno trascorso senza gasolio per riscaldarsi e senza gas per cucinare. Immaginate gli abitanti delle città e i milioni di sfollati interni, in particolare nelle aree controllate dalle forze governative dove l'impatto di queste sanzioni illegittime ha portato ad un aumento spaventoso dei prezzi dei prodotti alimentari: una gran parte è disoccupata o svolge lavoretti precari con magrissimi guadagni, mentre il costo della vita diventa proibitivo anche per chi prima era benestante, perché l’economia di un intero Paese è castigata. In realtà, una condanna iniqua contro vecchi, bambini, malati, mutilati, uomini e donne incolpevoli, con la giustificazione paradossale di una ‘’guerra umanitaria’’.
    Maria Antonietta Carta 


Le sanzioni dell'UE che colpiscono i Siriani e impediscono la ripresa.

 di Steven Sahiounie  

‘’Il Consiglio dell'Unione europea ha recentemente inserito sette ministri del governo siriano nell'elenco delle persone e delle entità soggette a sanzioni. Ciò porta a 277 il numero di individui presi di mira da un divieto di viaggio e del blocco dei beni e altre 72 entità soggette al blocco dei beni.

Le attuali sanzioni dell'UE contro la Siria comprendono: embargo sul petrolio, restrizioni commerciali e limitazioni negli investimenti, congelamento dei fondi della Banca Centrale siriana nella UE, restrizioni all'importazione di hardware militare, apparecchiature e tecnologie di internet e telecomunicazioni.

L'attacco USA-NATO-UE è iniziato nel marzo 2011 e le prime sanzioni dell'UE risalgono al 1 ° dicembre 2011. La politica dell'UE nei confronti della Siria era l'immagine speculare della politica americana, che mirava al "cambio di regime" per mezzo di terroristi spacciati per ribelli.

Le origini del piano ordito dagli USA per distruggere la Siria e insediare un governo fantoccio risalgono a decenni fa. Uno dei tanti motivi per cui il piano fu messo in atto nel 2011 fu il rifiuto del presidente Assad di firmare, nel 2009, un accordo con il Qatar, per il passaggio nel territorio siriano di un oleodotto che avrebbe fornito gas naturale all'Europa, escludendo quindi la Russia dai mercati europei, di cui è il fornitore principale, per paralizzare la sua economia. Questo era il piano USA-NATO-UE.
Le richieste dell'UE alla Siria si trovano nella risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e nel Comunicato di Ginevra del 2012. Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza per l'UE, ritiene che non ci possa essere una soluzione militare al conflitto, che la fine della guerra può avvenire solo attraverso una transizione politica e che non può esserci pace duratura sotto l'attuale "regime", che è il termine occidentale usato per 'governo' della Siria.
Indipendentemente dal fatto che l'opposizione non sia sostenuta dalla maggioranza dei cittadini siriani all'interno del Paese, l'UE è impegnata a sostenere la Commissione per i negoziati (HNC) come unica rappresentanza dell’opposizione. L’ex segretario generale della coalizione nazionale siriana (SNC), Nasr al-Hariri, è il capo della HNC, notoriamente legato alla Fratellanza musulmana, considerata un'organizzazione terroristica fuorilegge in Egitto, Russia e Siria. La SNC, nata a Istanbul all'inizio del conflitto, era composta prevalentemente da seguaci della Fratellanza musulmana.
L'effetto delle sanzioni UE sulla vita quotidiana della popolazione è devastante. I Siriani sono sopravvissuti a otto anni di guerra solo per continuare a soffrire grazie agli Europei.
L'embargo petrolifero, infatti, causa una grave penuria di elettricità, gas per usi domestici, benzina, farmaci, che erano gratuiti presso gli ospedali pubblici, e la riduzione dell'insegnamento universitario gratuito. Prima della guerra, l'assistenza sanitaria era gratuita per tutti i cittadini e l'istruzione fino al dottorato.
Le sanzioni commerciali e di investimento hanno portato alla perdita di posti di lavoro e quindi di reddito, alla chiusura di negozi e imprese, quindi all'emigrazione per motivi economici.
L'embargo sulle banche siriane ha comportato l’impossibilità di acquistare attrezzature mediche necessarie e salvavita, compresi i ricambi per riparare le macchine esistenti, e di riparare o sostituire apparecchiature sofisticate come i generatori per la produzione di elettricità.
"L'impatto delle sanzioni economiche imposte alla Siria ha pesantemente compromesso l'acquisto di alcuni farmaci specifici, tra cui quelli contro il cancro", ha affermato Elizabeth Hoff (rappresentante dell'Organizzazione mondiale della sanità in Siria). ‘’Le sanzioni hanno impedito a molte compagnie farmaceutiche internazionali di trattare con le autorità siriane e ostacolano le banche straniere nella gestione dei pagamenti per i farmaci importati’’.
Se le sanzioni europee non fossero sufficienti, il loro partner USA ne ha ancora di più. e colpiscono una lunga lista di Paesi, tra cui Iran, Russia, Corea del Nord, Venezuela.
La Siria sta attraversando l'ultimo periodo del conflitto, e ha riconquistato la maggior parte del suo territorio. La pace e la stabilità torneranno e con lei molti rifugiati. La prossima fase sarà certamente la ricostruzione, ma la politica dell'UE e degli Stati Uniti mira a impedire ogni ricostruzione. Con le sanzioni dell’Unione europea e degli Stati Uniti in vigore, nessun materiale potrà essere importato, nessuna impresa e nessun fornitore straniero potranno partecipare, e nessun trasferimento di fondi per la ricostruzione o nuovi progetti residenziali potrà aver luogo. Ciò che l'attacco USA-NATO-UE non è riuscito a fare nei campi di battaglia, si cerca di ottenerlo con le sanzioni.

martedì 12 marzo 2019

Lettera di Aleppo n. 35 dai Maristi Blu: veramente arrabbiati!


Da diversi mesi non ci sono più combattimenti in Siria. Tutti i commentatori ritengono che la guerra sia finita e che lo Stato siriano l'abbia vinta. Isis (lo stato islamico) è stato sconfitto e resta solo una piccola sacca di territorio sotto il suo controllo all'estremo est della Siria. Lo Stato siriano controlla ora il 70 % del territorio di cui quasi tutte le grandi città.
Eppure la pace non è all'orizzonte.
Da un lato, tutti i gruppi armati ribelli sono ora raggruppati nella provincia di Idlib. Al Nusra, ramo di Al Qaeda, riconosciuta come gruppo terroristico da parte delle Nazioni Unite e della comunità internazionale, sta eliminando con le armi o fagocitando tutti gli altri gruppi, islamici come lei. Da mesi l'esercito siriano vuole lanciare un'offensiva per liberare quest'ultima provincia dalle mani dei terroristi, di cui 30.000 sono stranieri, ma le potenze occidentali, con l'intermediazione della Russia e della Turchia, lo impediscono; ragione invocata: rischio di crisi umanitaria grave; la ragione vera, per ammissione stessa di alcuni leader occidentali: che cosa fare di tutti questi terroristi stranieri che vorrebbero fuggire verso l'Europa se partisse l'offensiva, e potrebbero poi terrorizzare gli europei dopo aver seminato il terrore in Siria? Siamo ARRABBIATI di fronte a un tale cinismo.
D' altra parte, un'altra guerra si svolge sul nostro territorio, quella che oppone la Turchia e la milizia curda. La prima ha invaso il nord-Ovest della Siria con il pretesto di combattere i terroristi curdi provocando l'esodo di 140.000 persone dalla regione di Afrin. La seconda, sostenuta dall'esercito americano, ha approfittato della guerra in Siria per prendere il controllo della Regione Nord-Orientale della Siria al fine di creare una regione autonoma. La Turchia, ovviamente, non ci sente da questo orecchio e non vuole affatto una regione autonoma curda in Siria che incoraggi i curdi della Turchia a fare lo stesso.
Infine, gli americani, che hanno stabilito illegalmente 2 basi militari in un paese sovrano, vorrebbero ritirarsi secondo la decisione del Presidente Trump. Ma la sua amministrazione e il congresso non sono d'accordo e stanno cercando di sabotare questa decisione. Per fare una buona figura, il ministro degli esteri degli Stati Uniti ha dichiarato che gli americani si ritireranno solo se la Turchia darà garanzie di non attaccare i curdi. Questo ha messo in collera Erdogan che vuole fare la guerra ai curdi come vuole.
Esempio di questo guazzabuglio: la città siriana Menbij è occupata dalle milizie curde, pattugliata da unità americane, sorvegliata da truppe turche installate a 5 km a nord e dall'esercito siriano a 15 km a sud.
Certo che siamo ARRABBIATI: contro la presenza degli Stati Uniti e della Turchia installati illegalmente in un paese sovrano, contro questa guerra turco-curda che impedisce l'instaurazione della pace tanto desiderata dai siriani, contro il cinismo dei governi che impediscono la liberazione di Idlib per non dover risolvere il problema dei loro cittadini terroristi. Scusate, cari amici e amiche per questa introduzione che è abbastanza lunga quando l'avrei voluta breve. Ma dovevo spiegare perchè, ora che la guerra iniziale è quasi finita, non abbiamo ancora la pace. Ora sapete che le grandi potenze mondiali e regionali fanno la politica (e la guerra) secondo i loro interessi senza preoccuparsi dei paesi che invadono e dell'interesse dei loro popoli. Siamo ARRABBIATI e, allo stesso tempo, impazienti di vedere gli invasori tornarsene a casa loro.
Questo stato di "né guerra né pace" impedisce la ricostruzione del paese, i potenziali investitori vogliono investire solo una volta che la pace sia stata instaurata. Di conseguenza, l'economia è ferma, la povertà e la disoccupazione sono impressionanti, il costo della vita raggiunge picchi vertiginosi e la gente continua a soffrire. I ricchi hanno esaurito i loro risparmi, la classe media è stata dissanguata e i poveri sono diventati ancora più poveri. Siamo ARRABBIATI con le sanzioni imposte dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti contro la Siria, che non fanno altro che aggravare la situazione umanitaria senza avere alcun impatto sulla fine delle ostilità e sull'instaurazione della Pace.
L' esodo dei siriani, soprattutto i cristiani, continua, anche più che durante le ore buie della guerra. Il Nunzio Apostolico in Siria, Monsignor Zenari, ha annunciato, durante un congresso in Ungheria, che i cristiani rappresentano solo il 2 % della popolazione, vale a dire mezzo milione per una popolazione di 23 milioni di cittadini. Lo sapevamo, ma è la prima volta che questa cifra viene annunciata in pubblico. La mia città, Aleppo, che contava tra i 150.000 e i 200.000 cristiani nel 2011 prima della guerra, ora ne conta solo tra 25.000 e 30.000. la Siria, culla del cristianesimo, si spopola dei suoi cristiani. Negli anni precedenti, i siriani fuggivano a causa della guerra, dei suoi rischi e delle sue sofferenze e anche per garantire un futuro stabile e migliore ai loro figli. Dopo la fine delle ostilità però continuano ad andarsene, sia per evitare che vengano arruolati nell'esercito come riservisti mentre sono già padri di famiglia, sia a causa della crisi economica e delle sue conseguenze: la disoccupazione e la povertà.
Durante i duri anni della guerra, i nostri programmi di soccorso miravano a nutrire, vestire, curare e alloggiare gli sfollati e le famiglie in necessità. Insieme ad altre associazioni locali abbiamo contribuito alla sopravvivenza della popolazione, sostenuti in questo da organizzazioni e associazioni internazionali. Adesso, riteniamo che la priorità sia fornire lavoro alle persone per aiutarle a vivere dignitosamente del frutto del loro lavoro e diventare indipendenti dagli aiuti ricevuti per 7 anni. E poi, se uno ha un buon sostentamento pensa meno a lasciare il paese. Per questo noi, i Maristi blu, abbiamo creato, più di 2 anni fa, il programma dei micro-progetti. Abbiamo già organizzato 12 sessioni di apprendimento durante le quali insegniamo, in 48 ore, distribuite su 3 settimane, a 20 giovani (e meno giovani) adulti "come creare il proprio business" e finanziamo i migliori progetti, quelli che riteniamo fattibili, redditizi e sostenibili. In 2 anni abbiamo finanziato un centinaio di micro-progetti e, in tal modo, aiutato circa 200 famiglie che possono vivere dignitosamente.
Purtroppo, le nostre risorse sono diminuite di molto. Con la fine dei combattimenti, le donazioni private sono diminuite notevolmente. E le associazioni di beneficenza internazionali rifiutano, per la maggior parte, di finanziare programmi di sviluppo e alcune propongono di finanziare ancora programmi di soccorso. Come se si volesse che la gente rimanga nel bisogno, nell'accattonaggio e nella dipendenza piuttosto che ritrovare la dignità e la speranza. Che dire delle associazioni cristiane? Molte hanno adottato lo stesso atteggiamento: sì all'aiuto alimentare, all'assistenza medica, al restauro delle case e delle chiese, alla pastorale. No, ai progetti di sviluppo, ai progetti che danno lavoro alle persone. Eppure papa Francesco ha esortato più di una volta i cristiani della Siria a non lasciare la terra dei loro antenati, la terra delle loro radici cristiane. Ma l'esodo continua; presto saremo rimasti solo una manciata per riempire belle chiese restaurate ma vuote. E voi vorreste che noi non fossimo ARRABBIATI?! Ci battiamo ogni giorno contro queste politiche assurde e ingiuste ma forse un giorno anche noi incroceremo le braccia e andremo a raggiungere le folle in esilio!!!
Noi proseguiamo con gli altri progetti sempre con lo stesso entusiasmo, amore e solidarietà con i più poveri e gli sfollati. Come sapete, abbiamo la responsabilità delle 125 famiglie curde sfollate, cacciate da Afrin dai turchi e installate in un campo di tende in totale isolamento, il campo Shahba. Questo campo è situato a 3 km dalle linee del fronte in una regione circondata dai gruppi ribelli armati. Oltre alla distribuzione regolare degli alimenti e dei prodotti sanitari, dei fornelli a gas, dei thermos, delle coperte ecc., le nostre squadre si occupano dei bambini piccoli, dei più grandi, degli e delle adolescenti e delle donne per dare, per quanto possibile, l'istruzione, l'educazione e lo sviluppo umano.
Il nostro nuovo progetto "Bamboo" si occupa degli adolescenti di Aleppo che hanno sofferto per la guerra. Attraverso attività educative e un monitoraggio personale fornito dai membri del nostro Progetto di Seminario di supporto psicologico, stiamo cercando di curare le ferite della guerra ed aiutarli a trovare un equilibrio e uno sviluppo. I nostri altri progetti educativi, "Imparare a crescere" e "Voglio imparare" perseguono l'educazione dei bambini dai 3 ai 6 anni di famiglie sfollate o indigenti.  "La goccia di latte" distribuisce latte a 3.000 bambini ogni mese, con tuttavia molte difficoltà per trovare sul mercato il latte speciale per lattanti. Continuiamo ad aiutare 300 famiglie sfollate ad alloggiare pagando i loro affitti e ad aiutare i malati nel bisogno di farsi trattare e/o operare. Le nostre sessioni di Sviluppo della donna sono apprezzate dalle partecipanti. Il nostro progetto Heartmade per il riciclaggio dei vestiti va di bene in meglio.
Recentemente abbiamo ricevuto la visita del fratello Juan Carlos, il provinciale della provincia mediterranea dei Fratelli Maristi da cui dipende la comunità di Aleppo, accompagnato da Koki, un responsabile marista laico e impegnato. Hanno vissuto con noi 4 giornate molto intense, hanno condiviso tutte le nostre attività, hanno apprezzato la nostra missione e il nostro spirito e ci hanno offerto il loro apporto e il loro supporto e quello di tutti i Maristi della provincia.
Abbiamo appena aperto un account su Instagram: maristesbleus. Potete tramite le foto seguire e condividere in solidarietà i nostri vari programmi.
Il nostro libro "le lettere di Aleppo" non sta andando come il pane, ma si vende abbastanza bene. Racconta il nostro vissuto e la nostra testimonianza durante gli anni di guerra e racconta la nostra risposta, attraverso la nostra associazione Maristi blu, alla sofferenza, alla miseria e alle sofferenze dei nostri connazionali. Invitiamo i nostri amici a procurarselo a diffonderlo intorno. Lo potete fare direttamente presso l'editore Harmattan o ordinarlo presso la vostra libreria o online. [ N.D.T.: la nostra amica Maria Antonietta Carta sta lavorando alla versione italiana del libro e speriamo che esso sarà pubblicato in Italia entro l'anno. Contiamo ugualmente sul vostro aiuto alla diffusione].  
Presto sarà il 15 marzo 2019: saranno già 8 anni dall'inizio di questa guerra iniqua, assurda e atroce che ha distrutto il nostro Paese, ha ucciso 400.000 persone, ha spinto all'esilio un milione di cittadini , ha fatto 4 milioni di profughi nei paesi vicini e 8 milioni di sfollati interni che non vivono più nella loro casa.
ARRABBIATI, sì, lo siamo! Ma manteniamo comunque la speranza di vedere la guerra finire e la Speranza di vedere la Pace finalmente instaurata.
Aleppo, 18 febbraio 2019
Nabil Antaki, per i Maristi Blu
trad. Italiana di Gb.P.

domenica 10 marzo 2019

Presidente Aoun: Il Libano e tutta la terra del Levante conducono una medesima lotta per il pluralismo e contro i settarismi


AsiaNews - “Stanno cercando di disegnare un nuovo Machrek [insieme delle nazioni arabe a est del Cairo e nord della Penisola arabico], lontano dalla propria identità federativa e dalla diversità religiosa”. 
Il capo di Stato Michel Aoun ha approfittato della “Conferenza della sede regionale della Caritas in Medio oriente e Nord Africa” che si tiene in Libano, per affrontare il problema dei rifugiati siriani dall’ambito geopolitico. 
 Imitato in questo senso dal patriarca della Chiesa maronita, il card Beshara Raï, il presidente ha dichiarato che il Libano e l’intero Machrek conducono una medesima lotta per il pluralismo e contro la formazione di Stati segregati e razzisti. È necessario, ha affermato il porporato, combattere tutto ciò che spinge a una redistribuzione demografica delle popolazioni della regione, con una finalità di epurazione religiosa ed etnica che “trasforma le nostre società levantine in società razziste, unilaterali, divergenti e conflittuali”. 
 In particolare, Aoun ha messo in guardia i presenti contro un “contagio intellettuale, che si propaga e si trasmette rapidamente, soprattutto attraverso i social network” e che ha preparato il terreno all’intolleranza, all’estremismo e al terrorismo. Dal canto suo, nel contesto di un intervento incentrato sul “bene comune nelle società pluraliste”, il capo della Chiesa maronita, tornando sulla questione delle migrazioni forzate dei popoli negli ultimi decenni ha insistito ancora sul ritorno dei siriani sfollati dalla guerra. Questo, ha aggiunto, deve avvenire in maniera indipendente rispetto a una soluzione politica del conflitto militare che devasta il Paese dal marzo 2011. 
 Alcuni estratti fra i più significativi dell’intervento del capo di Stato:
“L’artefice del Patto Nazionale, Michel Chiha, ha detto: ‘Chiunque cerchi di controllare una comunità confessionale in Libano, cerca di distruggere il Libano nella sua interezza’. Da qui è giocoforza constatare che questo vale allo stesso modo per il Levante - il Mashrek. Il nostro Mashrek è un miscuglio di culture, un crocevia di civiltà, una culla di religioni monoteiste. Si tratta di un modello unico nel suo genere, dotato di una ricchezza spirituale, culturale e cognitiva; qualsiasi attacco a una di queste componenti non è altro che un attentato a questo modello e alla sua unicità”. 
 “Tutti gli eventi degli ultimi anni sono, senza ombra di dubbio, volti a trasformare le nostre società levantine in società razziste, unilaterali, divergenti e conflittuali. Infatti, l’emorragia umana, la migrazione forzata senza contare i tentativi instancabili volti a un cambiamento demografico; le diverse ondate di sfollati nel corso degli ultimi decenni; la partizione della Palestina e lo sfollamento della sua popolazione, sommata alla pressione esercitata della parte restante della sua gente, negando il diritto al ritorno per i palestinesi e il loro stanziamento nelle nazioni della diaspora; tutti questi sono avvenimenti che tracciano i contorni di un nuovo Levante (Machrek), lontano dalla sua identità federativa e lontano dalla sua diversità religiosa, comunitaria e culturale”. 
Minacce di terrorismo ed estremismo
 “Nostro compito è respingere e resistere a questi tentativi con determinazione e perseveranza: la terra del Levante (Machrek) non deve svuotarsi dei propri abitanti; la culla di Cristo, la strada per il Golgota e il Santo Sepolcro non possono esistere senza i cristiani, così come Gerusalemme e la moschea di al-Aqsa senza i musulmani, come l’acqua non può continuare a scorrere se la sua fonte di prosciuga”. 
 Le minacce più grandi che gravano oggi sul nostro mondo e sulla nostra regione in particolare sono l’estremismo e il terrorismo, che si nutrono l’uno dell’altro. Il pericolo sta nel fatto che si tratta di un contagio intellettuale che si propaga e si trasmette rapidamente, soprattutto attraverso i social network. Esso si basa sull’ignoranza, sulla povertà e l’emarginazione per seminare idee e credenze distruttive e per creare un ambiente favorevole al terrorismo”. 
 Inoltre, il capo dello Stato ha ricordato di aver lanciato una iniziativa alle Nazioni Unite per fare del Libano un centro permanente per il dialogo fra le diverse civiltà, culture e razze, da perseguire attraverso la creazione di una “Accademia dell’incontro e del dialogo fra gli uomini”. Una entità il cui obiettivo è quello di diffondere una cultura dell’incontro nella fedeltà, secondo quella che è “l’essenza del Libano” che, come lo ha definito papa Giovanni Paolo II, è “più di una nazione, è un messaggio”. 
  Il capo dello Stato non ha mancato di ricordare l’importanza di Caritas-Libano, strumento della pastorale sociale della Chiesa che “nella sua azione interconfessionale, inter-etnica e inter-statale” arriva a fornire “aiuto e servizio in caso di bisogno”. Una azione che si sviluppa “a prescindere dalla religione, dall’identità e dall’appartenenza etnica”.  

Alle radici del dibattito, in questi giorni riacceso dalle dichiarazioni del Regno Unito: conoscere la guerra nel paese dei cedri.
Conferenza di Mario Villani, febbraio 2019

mercoledì 6 marzo 2019

Quaresima 2019: La preghiera dei Cristiani siriani


L'intenzione di preghiera proposta da Papa Francesco per il mese di marzo recita: 
"Per le comunità cristiane, specialmente per quelle che sono perseguitate, affinchè sentano la vicinanza di Cristo e il riconoscimento dei loro diritti.".   
La commenta il dott. Nabil Antaki, dei Maristi Blu, medico impegnato tra i più poveri di Aleppo dal 1986. Dopo l'inizio della guerra, decide di restare sul posto in loro aiuto. Vive ancora lì e oggi è un testimone. Possano le sue parole sostenere la nostra preghiera.

Da ALEPPO, Dr. NABIL ANTAKI , 1 marzo 2019
"Prima dell'inizio di questa ignobile guerra che stiamo subendo in Siria da quasi 8 anni, la Siria era un paese sicuro, stabile, prospero e l'unico stato laico della regione. Tutte le confessioni erano rispettate e i cristiani avevano tutti i loro diritti di cittadini a pieno titolo (eccetto quello di essere candidato alla presidenza della repubblica, perché la costituzione vigente stabilisce che questa carica debba spettare ad un musulmano). I Cristiani della Siria, appartenenti alle varie Chiese (11 in tutto) Cattoliche, Ortodosse o Protestanti, non sono stati affatto perseguitati e non lo sono tutt'ora in Siria nel 70% del territorio siriano controllato dal governo. L'attuale presidente del parlamento siriano è cristiano, oltre a diversi ministri e molti parlamentari.
I Cristiani siriani sono stati perseguitati negli ultimi 8 anni dai gruppi armati ribelli, costituiti per il 90% da islamisti, da jihadisti e da wahabiti, spesso degli estranei alla Siria venuti dalla Tunisia, dal Marocco, dalla Giordania, dall'Arabia Saudita o dall'Europa, ecc. arrivati in Siria per fare la jihad.
Molte piccole città e villaggi a prevalenza cristiana sono stati circondati, bombardati, invasi e distrutti dagli islamisti: Maaloula, dove la gente parla ancora l'aramaico, la lingua di Gesù;  Sadad invasa due volte, Mhardeh sottoposta ad assedio a ripetizione (tutt'ora) ecc.
Molti cristiani sono stati uccisi dai ribelli islamisti; ad Aleppo due vescovi sono stati rapiti da terroristi islamici già 5 anni fa e da allora nessuno conosce la loro sorte. Diversi sacerdoti sono stati uccisi, altri rapiti.
Chiese ed altri luoghi di culto cristiani sono stati distrutti o danneggiati a seguito di bombardamenti mirati o casuali dai terroristi ribelli. Tra queste le Cattedrali dei Greco-cattolici, dei Maroniti, dei Siro-cattolici e Greco-ortodossi ad Aleppo, il Memoriale del genocidio armeno del 1915 a Deir al Zor ecc.
Infine, a causa della guerra e per la persecuzione degli islamisti, la Siria, la culla del cristianesimo, si svuota dei suoi cristiani. L'esodo continua, adesso ancor più che durante le ore buie della guerra. Il Nunzio apostolico in Siria, mons Zenari, ha annunciato in una conferenza in Ungheria che i cristiani rimangono adesso solo il 2% della popolazione, cioè mezzo milione per una popolazione di 23 milioni di cittadini . Lo sapevamo, ma è la prima volta che questa cifra è stata annunciata in pubblico. Nella mia città, Aleppo, seconda città siriana per dimensione, il numero dei cristiani è passato da 200.000 prima della guerra a 27.000 oggi.
Tuttavia, nell'oceano di tenebre che ci ha invaso, è rimasto un barlume di speranza, una convinzione, una speranza che dopo il buio ci sarà la Luce . La fede dei cristiani si è rafforzata, le loro preghiere sono diventate più ardenti e la loro pratica religiosa più assidua.
In Siria, i cristiani non chiedono tanto che vengano rispettati i diritti delle loro comunità (che già lo sono), quanto la fine della guerra e l'instaurazione della Pace. "
    Trad. Gb.P.
https://www.prieraucoeurdumonde.net/en-syrie-les-chretiens-attendent-linstauration-de-la-paix/

lunedì 4 marzo 2019

Sostenere il futuro della Siria e della regione - Conferenza di Bruxelles, 12-14 marzo 2019

i bambini siriani sono nati e conoscono solamente un Paese in guerra
Siamo ormai prossimi al fatidico 15 marzo, data convenzionale dell'infausto inizio della crisi siriana, che entra nel NONO ANNO! Potete immaginare con quanto interesse e quale speranza leggiamo che tra pochi giorni si svolgerà la Conferenza dell'UE sul 'futuro della Siria' : conoscendo la situazione drammatica in cui si trovano oggi i siriani, che i nostri amici religiosi dalla Siria continuamente testimoniano, cerchiamo di scorgere nel documento preparatorio i segnali di un'alba di ripresa e di reale volontà di porre fine al disastro.... Ne citiamo qui sotto alcuni passaggi e lasciamo al vostro giudizio le conclusioni.
L'UE e l'ONU copresiederanno  la terza conferenza "Sostenere il futuro della Siria e della regione", che si svolgerà tra il 12 e il 14  marzo  2019 a Bruxelles.Mentre la  guerra siriana entra nel suo nono anno, la situazione umanitaria continua a deteriorarsi. Oltre 11 milioni di siriani hanno ancora bisogno di assistenza umanitaria, e più di 5 milioni di rifugiati siriani sono sfollati al di fuori del paese.Sulla base delle due precedenti edizioni, la conferenza cercherà di mobilitare ulteriormente: 
l'aiuto umanitario  per i siriani che si trovano all'interno del paese e nei paesi vicini   
il sostegno politico  per il processo di pace guidato dalle Nazioni Unite 
https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/international-ministerial-meetings/2019/03/12-14/

Corriamo quindi al paragrafo 'La risposta dell'UE alla crisi siriana', e che cosa leggiamo? : Gli aiuti umanitari saranno vincolati alla 'soluzione politica' e gli 'obiettivi strategici dell'UE rimangono quelli definiti nei sei settori fondamentali.. OVVERO : la Siria non sarà aiutata nella ricostruzione fino a quando non sarà pronta una soluzione politica gradita all'Occidente.
Il 28 maggio 2018 il Consiglio ha prorogato  fino al 1 giugno  2019  le misure restrittive dell'UE nei confronti del regime siriano. Alla luce della repressione attualmente in corso contro la popolazione civile, l'UE ha deciso di mantenere le misure restrittive nei confronti del regime siriano e dei suoi sostenitori, in linea con la strategia dell'UE sulla Siria.Il Consiglio ha anche aggiornato le informazioni relative a talune persone ed entità inserite nell'elenco, da cui ha inoltre cancellato due persone decedute. Nell'elenco figurano ora 259 persone e 67 entità oggetto di divieto di viaggio e congelamento dei beni. Le persone aggiunte più di recente all'elenco delle sanzioni sono state incluse a causa del loro ruolo nell'uso di armi chimiche, come è stato il caso per le 4 persone aggiunte il 19 marzo 2018.Più in generale, le sanzioni attualmente in vigore nei confronti della Siria includono un embargo sul petrolio, restrizioni su alcuni investimenti, il congelamento dei beni della banca centrale siriana detenuti nell'UE e restrizioni all'esportazione di attrezzature e tecnologie che potrebbero essere usate a fini di repressione interna nonché di attrezzature e tecnologie per il monitoraggio o l'intercettazione delle comunicazioni telefoniche o online.L'UE mantiene l'impegno a trovare una  soluzione politica duratura e credibile al conflitto in Siria, come definito nella risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e nel comunicato di Ginevra del 2012. Come indicato nella strategia dell'UE relativa alla Siria adottata nell'aprile 2017 e ribadito nelle conclusioni del Consiglio del 16 aprile 2018, l'UE ritiene che non vi possa essere una soluzione militare al conflitto e sostiene con vigore l'attività dell'inviato speciale dell'ONU e i colloqui di Ginevra tra le parti siriane.

E se non fosse proprio chiaro, sul portale del Consiglio UE si allegano alcune schede tra cui questa, per intero qui sotto riportata, contenente l'elenco di 'misure restrittive' che sono reiterate e in vigore fino al 1 giugno 2019.
Alla fine della lettura ci domandiamo: con simili 'strumenti di pressione' si osa dichiarare di 'sostenere il futuro della Siria e della Regione' ?
A Bruxelles avranno sentito parlare della miseria straziante della gente siriana, che muore di freddo per mancanza di gas e costretta a tagliare gli alberi dei giardini per cucinare? Dei bambini di Aleppo trovati morti congelati al mattino nelle culle gelide? Dell'impossibilità a riavviare attività commerciali e di ricostruzione degli edifici distrutti per il blocco delle transazioni bancarie e delle importazioni di materiali?
Della conseguente mancanza di lavoro che costringe la gran maggioranza dei giovani alla emigrazione? Dei bombardamenti della Coalizione Occidentale che hanno colpito indiscriminatamente le poche infrastrutture rimaste, centrali elettriche, silos di grano, ponti e vie di comunicazione? 
E mentre si lamenta la corruzione interna, non si legge parola sul ruolo delle mafie di guerra che tale corruzione alimentano a dismisura....
   OpS

ALLEGATO - MISURE RESTRITTIVE SIRIA

Le misure restrittive dell'UE in Siria comprendono:
  • Divieto di importazione di armi e materiale relativo dalla Siria.  Restrizioni all'esportazione di determinate attrezzature, beni e tecnologie che potrebbero essere utilizzati per la repressione interna o per la fabbricazione o la manutenzione di tali prodotti.  La misura include il divieto di assistenza finanziaria correlata nonché di assicurazione e riassicurazione.
  • Obbligo per gli Stati membri di ispezionare le navi e gli aeromobili se vi sono fondati motivi per ritenere che trasportino armi, materiale correlato o attrezzature che potrebbero essere utilizzate per la repressione interna.  Ciò vale per i porti marittimi degli Stati membri, per gli aeroporti e per il loro mare territoriale, conformemente al diritto internazionale.  Gli articoli che non possono essere esportati dall'UE in Siria devono essere sequestrati.
  • Divieto di importazione di petrolio greggio e prodotti petroliferi dalla Siria.  Il divieto riguarda l'importazione, l'acquisto e il trasporto di tali prodotti, nonché i relativi finanziamenti e assicurazioni.  Il divieto include anche il divieto di assistenza tecnica e finanziaria correlata.  A determinate condizioni, gli stati membri possono autorizzare deroghe a questo divieto.
  • Divieto degli investimenti nell'industria petrolifera siriana.  Questo copre prestiti e crediti, l'acquisizione o l'estensione di partecipazioni e la creazione di joint venture.  A determinate condizioni, gli stati membri possono autorizzare deroghe a questo divieto.
  • Divieto di investimento in società impegnate nella costruzione di nuove centrali elettriche per la produzione di elettricità in Siria.
  • Divieto di partecipare alla costruzione di nuove centrali elettriche, compresa la relativa assistenza tecnica o finanziaria.
  • Divieto delle esportazioni in Siria di attrezzature e tecnologie chiave per l'industria petrolifera e del gas.  Il divieto include anche il divieto di assistenza tecnica e finanziaria correlata.  A determinate condizioni, gli stati membri possono autorizzare deroghe a questo divieto.
  • Divieto di commercio di beni appartenenti al patrimonio culturale della Siria che sono stati illegalmente rimossi dalla Siria con l'obiettivo di facilitare il rientro sicuro di tali beni.
  • Il patrimonio della banca centrale siriana all'interno dell'UE è congelato ed è vietato mettere a disposizione fondi o risorse economiche, ma la disposizione consente al commercio legittimo di continuare a condizioni rigorose.
  • Divieto di commercio di oro, metalli preziosi e diamanti con enti pubblici siriani e la banca centrale.
  • Divieto di fornire banconote e monete alla banca centrale siriana.
  • Gli stati membri non devono concedere nuove sovvenzioni e prestiti agevolati al governo siriano.
  • Il congelamento dei beni e il divieto di viaggio su 259 individui e 67 entità responsabili o associate alla repressione violenta contro la popolazione civile siriana, sostenendo o beneficiando del regime, o rispondendo a determinati criteri di status.  Fondi o risorse economiche altrimenti congelati possono essere liberati in tutto o in parte, a determinate condizioni, se intesi, fra l'altro, a fini umanitari;  per le evacuazioni dalla Siria;  o per effettuare pagamenti a nome della Repubblica araba siriana all'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW), per attività connesse alla missione di verifica dell'OPCW e alla distruzione di armi chimiche siriane.
  • Divieto di esportazione di apparecchiature, tecnologie o software destinati principalmente al monitoraggio o all'intercettazione di comunicazioni Internet o telefoniche.
  • Nessun esborso e pagamento in connessione con accordi di prestito esistenti tra la Siria e la Banca europea per gli investimenti, nonché la sospensione dei contratti di assistenza tecnica relativi a progetti in Siria.
  • Divieto di negoziare obbligazioni pubbliche o garantite pubbliche siriane da o verso il governo della Siria o suoi enti pubblici e istituzioni finanziarie siriane.  Non sono consentiti servizi di intermediazione o di emissione di tali obbligazioni.
  • Divieto per le istituzioni finanziarie siriane di aprire nuove filiali o filiali nell'UE o di stabilire nuove joint venture o nuove relazioni bancarie corrispondenti con le banche dell'UE.
  • Alle banche dell'UE è vietato aprire uffici o conti in Siria.  A determinate condizioni, gli stati membri possono autorizzare deroghe a questo divieto.
  • Gli Stati membri devono limitare il sostegno finanziario a breve e medio termine agli scambi commerciali con la Siria, compresi crediti all'esportazione, garanzie e assicurazioni.  Niente più supporto a lungo termine.
  • Nessuna assicurazione o riassicurazione per il governo, gli enti pubblici, le società o le agenzie siriane (ad eccezione dell'assicurazione sanitaria e di viaggio o dell'assicurazione obbligatoria di terze parti per le persone o entità siriane nell'UE).
  • I voli cargo gestiti da compagnie siriane e tutti i voli operati da Syrian Arab Airlines potrebbero non avere accesso agli aeroporti dell'UE.
  • Divieto di esportare beni di lusso in Siria.
  • Divieto di esportazione di carburante per aerei in Siria.

sabato 2 marzo 2019

I Salesiani di Aleppo e la speranza dei giovani


(ANS – Aleppo) – Ad Aleppo non si combatte più, ma non per questo la situazione oggi è facile. Anzi, “alcuni addirittura dicono che erano meglio i tempi della guerra” racconta don Pier Jabloyan, Direttore della casa salesiana nella città, dove lui stesso è nato e cresciuto. Scarsità dei beni di prima necessità, difficoltà nell’approvvigionamento e lentezza nella ricostruzione finiscono per fiaccare l’animo e le speranze dei cittadini. I Salesiani, dopo aver resistito durante i lunghi anni della guerra, non mollano neanche ora. Perché prendono coraggio dai giovani stessi.
Don Jabloyan attualmente è responsabile per la comunità di Aleppo e quella di Kafroun, al confine con il Libano; un totale di cinque religiosi – tre sacerdoti, un coadiutore e un tirocinante coadiutore. Insieme mandano avanti un oratorio molto conosciuto e che, salvo i primi mesi iniziali – quando ancora non era chiaro che la guerra sarebbe stata lunga e logorante – è rimasto sempre aperto: “si può quasi dire che nessun giovane cristiano nato ad Aleppo non sia passato di qui” afferma il salesiano.
Osservare la tenacia avuta in passato, nelle attuali circostanzi, diventa uno stimolo per affrontare il presente. “La situazione oggi ad Aleppo è sempre difficile – prosegue –. Durante la guerra sapevamo che cadevano le bombe e i razzi, che c’erano grossi problemi e rischi per la vita… Ma finita la guerra aspettavamo la seconda fase, quella della ricostruzione, che credevamo partisse subito. Invece abbiamo capito che questo non avverrà fino a quando la situazione politico-militare non sarà più calma”.
Delle nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti stanno fermando la ricostruzione e costituiscono un problema anche per la vita quotidiana delle persone. “Immaginate, in un Paese come la Siria, produttore di gas, non abbiamo più gas, perché il materiale utilizzato per separare la sostanza per gli usi domestici adesso è stato sottoposto a embargo. L’unica preoccupazione giornaliera della gente ora è diventata procurarsi un po’ di gas, per la cucina, il riscaldamento… Questo fa soffrire tanto”.   Anche il dollaro “impazzito”, che sale e che scende molto rapidamente per i giochi di mercato, ha bloccato le compravendite finanziarie. “Nessuno ora ha intenzione di rischiare i propri risparmi”, continua don Jabloyan.
Aleppo ora è una città che vede il 30% dei suoi quartieri rasi al suolo e dove anche il futuro delle famiglie è minacciato almeno per diversi anni, dato che molti ragazzi a causa della guerra sono emigrati. Ma la permanenza ininterrotta dei salesiani durante il conflitto è quanto c’è di più significativo che essi possano offrire. “Siamo rimasti e restiamo ancora qui” afferma con soddisfazione. Purtroppo, però, “dall’inizio dell’anno abbiamo interrotto gli aiuti: perché non ci sono più! Prima distribuivamo sacchi di vivere e a volte anche contanti per aiutare le persone a mantenersi. Tutti materiali che ci arrivavano da tanti benefattori, soprattutto dall’Europa, ma anche dagli USA: gente che crede nella missione dei Salesiani, nel futuro… Ora tante persone ne stanno soffrendo”.
L'immagine può contenere: 23 persone, persone che sorridono, cielo e spazio all'aperto
Così i salesiani continuano a fare almeno quello che gli riesce meglio: animano l’oratorio, aperto tutti i giorni. Il venerdì è un giorno speciale, perché si fa catechismo. “Abbiamo quasi 750 ragazzi, oltre i catechisti che sono circa 50 e che attraverso il loro impegno e la loro testimonianza rendono un bel servizio alla Chiesa locale”.
“Perché – aggiunge – vi assicuro che non è facile parlare della fede in una situazione così drammatica. Anche se va detto che quando i nostri giovani manifestano la loro fede tra i loro coetanei, con il gioco, la testimonianza… sono loro a darci coraggio!”
Oltre al catechismo, che rimane il primo impegno per la comunità salesiana, i religiosi accompagnano anche i gruppi sportivi e le associazioni giovanili e curano gli incontri di formazione per i ragazzi delle superiori e dell’università “che vogliono essere ben formati nella fede cristiana, per capire come convivere con la guerra e mantenere fede”.
Inoltre, per conto della Conferenza Episcopale, i Salesiani hanno la cura dei detenuti cristiani nel carcere di Aleppo: “È bello, ci ricorda Don Bosco, i suoi inizi nelle prigioni…” prosegue il salesiano aleppino.
Tra le tante attività l’oratorio salesiano anima anche il teatro e organizza due spettacoli ogni anno, le cui repliche coprono circa 3 mesi l’anno. Dal progetto teatrale è nato poi un altro programma di video-animazione, che ora sta assumendo vita autonoma. Racconta don Jabloyan: “Durante la guerra non c’era alcuno studio di registrazione nella città, per cui ci siamo dati da fare per ottenere alcune attrezzature e formare alcuni giovani che seguissero attività dentro e fuori l’oratorio. In futuro vogliamo far crescere questo progetto, acquisire nuove strumentazioni ed estendere la formazione a un maggior numero di ragazzi e ragazze, perché comprenda tutto il Medio Oriente. La nostra idea è raccontare in forma gioiosa la spiritualità salesiana, ma in lingua araba, cosa molto rara da queste parti”.
Guardando al futuro con un po’ di speranza, il salesiano individua dei segnali benauguranti. In primo luogo, un appuntamento che avrà luogo in questo mese di marzo. “Tra qualche giorno ad Aleppo è previsto un primo sinodo della Chiesa di Aleppo: una Chiesa che conta sei vescovi di diversi riti cattolici, più tre vescovi dei riti ortodossi, quindi in totale nove vescovi per una sola città. Noi salesiani siamo chiamati ad occuparcene dal punto di vista della Pastorale Giovanile”.
Un certo ottimismo lo suscita anche il documento sulla fratellanza firmato dal Papa con l’Imam di al-Ahzar negli Emirati Arabi Uniti. Quel testo, afferma “invita ogni uomo a trovare un accordo sui principi basilari, quelli su cui non c’è da discutere. Lo vediamo con speranza, dopo l’esperienza del fondamentalismo religioso che ha portato tante persone a guardare l’altro come un nemico. È una bella testimonianza, e speriamo che nel prossimo futuro porti anche risultati concreti nella nostra situazione”.
“Speriamo – conclude – che le politiche internazionali, come il Papa, spingano verso una soluzione pacifica, molto attesa in Medio Oriente” conclude il salesiano.

giovedì 28 febbraio 2019

Il vescovo di Aleppo Antoine Audo: 'La Siria non è nulla senza i cristiani, così come è nulla l'Europa senza la presenza attiva dei cristiani'

Il 72enne Antoine Audo, Vescovo cattolico caldeo di Aleppo, non ha paura della risurrezione di ISIS: "Vado dappertutto ad Aleppo, anche se il pericolo di essere rapiti o attaccati è sempre presente.". Il Vescovo è convinto che in Siria la visione dei musulmani riguardo ai cristiani sia cambiata : "Sono colpiti dalla carità dei cristiani per i poveri", dice durante una visita a Utrecht.  
di Gerhard Wilts
20 febbraio 2019
Con un sentimento di gratitudine, il vescovo siriano Audo sta visitando l'Olanda per la prima volta. Venerdì sera parlerà ad Amsterdam della Chiesa in tempo di guerra, durante un simposio ecumenico. Ricorderà il ruolo del gesuita olandese Frans van der Lugt a Homs. "L'ho conosciuto come un sincero credente, un uomo di pace, che, nonostante le minacce, è rimasto devoto alla Siria e si è fatto amare da cristiani e musulmani". Il Padre è stato ucciso ad aprile 2014 dagli estremisti. "Padre Van der Lugt ha detto alla popolazione siriana di amare il loro Paese. Abbiamo ancora bisogno di questo amore per il nostro Paese", sottolinea Audo, di passaggio a Utrecht.
Dopo cinque aspri anni di guerra, la pace è tornata ad Aleppo, anche se accadono frequenti scontri a fuoco dentro e intorno alla seconda città della Siria. Il vescovo Audo è consapevole dei pericoli nascosti. Purtroppo, è ancora irrisolto il rapimento del Metropolita Siro Ortodosso Gregorios Ibrahim Youhanna e dell'arcivescovo greco ortodosso Boulos al-Yazigi, spariti da Aleppo nel 2013. La probabilità che i due capi della chiesa siano ancora in vita, Mons. Audo pensa che siano minime. "Ma non ho bisogno di protezione durante le mie visite di lavoro ad Aleppo", dice. "Inoltre, una maggiore sicurezza non è necessaria nelle chiese di Aleppo, perché le autorità hanno un buon controllo di sicurezza. Quanto è diversa la situazione in Iraq e in Egitto, dove la polizia deve vigilare sulle chiese e le istituzioni cristiane contro gli attacchi terroristici da parte di gruppi armati".
Il vescovo canuto sorride gentilmente. "Gli estremisti dell'ISIS sono stati sconfitti in Siria. Il loro ruolo è stato giocato e io non credo nella loro risurrezione ". Secondo lui, Daesh [il nome arabo di ISIS] era un'organizzazione artificiale creata fuori dalla Siria. "Ora è il momento di scoprire chi c'era dietro questa rete e con quale ordine quegli estremisti sono venuti in Siria".
Il vescovo caldeo rifiuta di parlare di una 'guerra civile' nel suo paese. L'esercito siriano ha dovuto combattere nel 2012 con "gruppi armati venuti da ogni dove, estremisti stranieri che hanno ricevuto denaro per usare la violenza in nome della rivoluzione e dei diritti umani. Hanno cercato la distruzione della fede cristiana in Siria come una vittoria storica", ha detto il vescovo. Allo stesso modo, le agenzie di stampa internazionali hanno indicato il presidente siriano Bashar Assad come un tiranno, sostiene. "Era un modo di vendere la guerra come se fosse giusta. È importante invece che i giornalisti si basino sulle giuste informazioni e non si limitino a ripetere ciò che le grandi agenzie di stampa riportano ".
Per comprendere il conflitto, Mons. Audo fa una distinzione su tre livelli.
"A livello regionale, molti conflitti derivano dalla secolare tensione tra sunniti e sciiti. Questa divisione religiosa è espressa politicamente attraverso la lotta per il potere nella regione; vedere perciò il grande coinvolgimento della Turchia e dell'Arabia Saudita (sunnita) contro la presenza del regime sciita dell'Iran sul nostro territorio ".
Inoltre, importanti potenze come la Russia, gli Stati Uniti, ma anche la Cina e l'India svolgono un ruolo in Siria a livello globale. Questi paesi hanno interessi economici e geopolitici nel Medio Oriente ricco di petrolio. "Sotto l'apparenza della protezione della democrazia e dei diritti umani, finanziano la lotta in Siria, forniscono armamenti e equipaggiano le milizie con armi di prima classe", dice Audo.
A livello locale, tutti i tipi di gruppi, tra i quali Alawiti, Drusi, Curdi, Cristiani, Sunniti e Sciiti, vengono usati o giocati l'uno contro l'altro. I gruppi armati tentano di portare il conflitto a una guerra puramente religiosa, ma "la stragrande maggioranza della popolazione e del governo siriani non rientrano tra questi", dice Audo. Eppure le conseguenze sono visibili, aggiunge. "Oltre il 60 percento degli edifici di Aleppo sono in rovina. A Homs, la terza città del paese, fino al 70% è stato distrutto. "
La situazione intorno ad Aleppo è migliorata dopo l'espulsione di ISIS e al-Nusra, ma una soluzione politica non è ancora in vista. "Nel nord-est della Siria ci sono problemi con i kurdi e le truppe americane e francesi", osserva Audo. "In Idlib sono stanziati molti combattenti sconfitti di ISIS e al-Nusra. Cosa ne sarà di loro? "
Inoltre, il vescovo sottolinea la povertà diffusa. Circa l'80% della popolazione siriana vive in povertà, mentre il 5% ha beneficiato della guerra. "Abbiamo bisogno di sostegno per aiutare le famiglie. La carenza di medicinali e cibo è intensa. Il cibo è scarso, la carne non ha prezzo. La popolazione dipende dai prodotti a base di cereali, ma a causa dei pasti carenti di vari nutrienti molte persone diventano deboli e malate."
Ora che la violenza sta diminuendo, la Chiesa ha la possibilità di mostrare il suo volto sociale. "Sono convinto che l'opinione dei musulmani riguardo ai cristiani sia cambiata: sono impressionati dalla carità dei cristiani per i poveri. Purtroppo, i cristiani siriani sono stati così terrorizzati dai gruppi estremisti musulmani che molti hanno perso la fiducia nei loro vicini musulmani".
Il vescovo si rammarica del fatto che molti dei suoi compatrioti vogliano fuggire dalla Siria cercando un rifugio sicuro in Europa. "Molti siriani dicono di voler andare via per proteggere i propri figli. In realtà, la perdita del loro figliolo è la prima cosa che accade loro quando arrivano in un paese europeo. I genitori perdono il controllo sulla loro famiglia, perché i loro figli in Europa abbandonano le convinzioni e le concezioni morali della casa".
Secondo lui, le Chiese olandesi devono fare uno sforzo per assicurare che i cristiani siriani possano rimanere nel loro Paese natale. "Ciò è possibile attraverso il sostegno a progetti educativi, attraverso l'assistenza alla ricostruzione, perché la Siria è troppo povera per farlo da sola. Ma occorre anche essere ben informati su ciò che sta realmente accadendo. Se l'Europa è incurante dell'ascesa dell'Islam, trovo che sia ingenua.
I cristiani siriani possono essere orgogliosi della loro storia. Appartengono alla Siria, che è importante per noi e per l'Europa. La Siria senza cristiani non è nulla, così come non è nulla neppure l'Europa senza la presenza attiva dei cristiani ".

   (trad. Gb.P.)
https://www.nd.nl/nieuws/geloof/syrie-is-niets-zonderchristenen.3287383.lynkx?

lunedì 25 febbraio 2019

Dove andranno gli Europei dell'ISIS?



Di Elijah J. Magnier
Tradotto da: Alice Censi
Su Twitter, il posto prescelto dal presidente degli Stati Uniti per svelare la sua politica estera e le decisioni di stato, Donald Trump ha chiesto a Gran Bretagna, Francia, Germania e altri paesi alleati europei di "riprendersi gli oltre 800 militanti dell’ISIS catturati in Siria” , provenienti da 44 paesi, e se ciò non avvenisse, lui “ sarà costretto a liberarli”senza specificare dove e in quale paese. Trump non è più disposto a lasciar passare del tempo in attesa “che altri ( i paesi europei) facciano il loro lavoro”. Questo è quello che palesa l’ amministrazione americana in politica estera e nei confronti dei suoi alleati. Gli Stati Uniti avevano chiesto all’Europa, al Canada, all’Australia e ai paesi del Medio Oriente di mandare le loro truppe in Siria a “combattere l’ISIS”. Ma prima ancora, alcuni anni fa, gli Stati Uniti avevano chiesto ai paesi europei di lasciar partire i potenziali jihadisti alla volta della Siria e dell’Iraq e all’Arabia Saudita e alla Giordania di aprire le loro prigioni e perdonare i jihadisti affinchè potessero raggiungere la loro tanto ambita destinazione, il Levante, per distruggere così lo stato siriano e creare una situazione di “stato fallito”.   Questi desideri però non poterono essere realizzati e il presidente Bashar al-Assad non fu rimosso  in 3, o al massimo 6 mesi, come era stato previsto nel 2011. 
Oggi il mondo deve fare i conti con un nuovo rebus : cosa farne di quelli che abbiamo aiutato a raggiungere la Siria per terrorizzare, sottoporre a violenze, uccidere la popolazione e che adesso vogliono tornare nei loro paesi d’origine? E’ chiaro che l’amministrazione americana non ha alcuna intenzione di aiutare l’Europa a risolvere il problema dei suoi rifiuti umani che hanno abbracciato lo Stato Islamico proprio come volevano gli Stati Uniti.   Fino a questo momento, migliaia di membri dell’ISIS sono riusciti a tornare in Europa e molti di più sono rientrati nei loro paesi d’origine in Medio Oriente, Asia e Africa. Sono dei combattenti (alcuni di loro erano stati anche incarcerati nei loro paesi d’origine), che avevano risposto alla chiamata e raggiunto la Siria e l’Iraq con l’aiuto dei servizi segreti occidentali e dei loro alleati per unirsi alla jihad e aggregarsi al Califfato di uno “Stato Islamico”.    Viaggiavano verso il Levante per molte ragioni: per raggiungere un famigliare o degli amici, per amore dell’avventura, per l’adrenalina che scorre quando hai a disposizione delle armi per uccidere, per trovare una o più mogli, per far parte di un gruppo più accogliente e caloroso ( in Medio Oriente gli incontri sociali e famigliari sono più intimi e affettuosi che in Europa). Pochissimi avevano una discreta conoscenza dell’Islam prima di arrivare a destinazione, meno ancora erano quelli che conoscevano gli insegnamenti islamici , gli Hadith (racconti sulla vita del profeta Maometto) e le leggi islamiche. Ma molti di loro hanno in comune una cosa : hanno ucciso migliaia di iracheni e di siriani.
L’Europa e i paesi del Medio Oriente agevolavano “i corridoi della jihad” che portavano in Siria soprattutto attraverso la Turchia le cui autorità vedevano di buon occhio l’immigrazione jihadista. L’aeroporto di Ankara aveva dei corridoi speciali per ospitare i militanti appena arrivati e poi  mandarli a est. L’obbiettivo era quello di dividere la Siria e l’Iraq. Il mondo restava a guardare impassibile mentre l’ISIS accumulava enormi risorse finanziarie: rubava dalle banche centinaia di milioni di dollari in oro e denaro, vendeva petrolio, infrastrutture e manufatti alla Turchia,  incassava enormi somme di denaro dalle tasse che imponeva sui servizi, le case,l’elettricità, l’agricoltura, i transiti delle auto, gli scambi di merci e da altre fonti che garantivano enormi entrate nelle zone che controllava.   Il presidente Obama ebbe il coraggio di dire che non voleva inquinare l’aria della Siria e dell’Iraq bombardando i trasporti di petrolio dell’ISIS. Dal 2014 al 2015 gli Stati Uniti apparentemente combatterono l’ISIS in Siria ma il territorio che quest’ultimo dominava continuava a espandersi e prosperare. Fu necessario l’intervento russo che iniziò a settembre del 2015 per distruggere queste autocisterne e ridurre così il flusso di petrolio rubato verso la Turchia e in conseguenza le entrate dell’ISIS. 
E’ possibile che il leader dell’ISIS Abu Bakr al-Baghdadi abbia seguito l’esempio di Saddam Hussein che aveva nascosto delle risorse finanziarie e delle armi in vista di tempi difficili. I servizi di intelligence iracheni sono convinti che l’ISIS abbia dato vita a molte imprese private per continuare a poter disporre del denaro necessario a finanziare le sue insurrezioni e il reclutamento. Secondo fonti di informazione interne alle forze di sicurezza irachene, l’Unità di Intelligence Irachena ha arrestato decine di cellule collegate all’ISIS che gestivano beni per centinaia di migliaia di dollari per il gruppo.    L’ISIS è anche presente in grotte e posti nel deserto che unisce la Siria con l’Iraq. Decine di attacchi meno spettacolari ma significativi avvengono ogni mese nelle province di Salahoddine, Nineveh, Diyalah, Kirkuk e nelle montagne Hamrin-Makhol e causano la morte di decine di iracheni. Questo mese l’ISIS ha rapito 19 iracheni lungo i confini con l’Arabia Saudita (Ar’ar Nakheyb) nel deserto di al-Anbar. Sei corpi sono stati trovati finora.   L’ISIS infatti ha bisogno adesso di colpire il più possibile con attacchi terroristici per dimostrare di essere vivo e capace. Non sarebbe così strano che avvenissero parecchi attacchi insurrezionali in Medio Oriente anche se l’ISIS sta perdendo tutto il suo territorio.
Ma le insurrezioni dell’ISIS non sono così lontane dall’Europa dove ogni attacco procura al gruppo  molta più pubblicità e lo aiuta a rafforzare la sua propaganda. Gli attacchi di Parigi e Bruxelles (tanto per nominarne un paio) diedero una gigantesca sensazione di potere ai fans dell’ISIS. Questi attacchi furono organizzati dal comando dell’ISIS a Raqqa.   Così il ritorno di centinaia di militanti dell’ISIS in Europa creerà un gran problema a quei leaders europei che potrebbero essere tra coloro che hanno mandato questi candidati al terrorismo nel Levante dove poi molti sono diventati dei prolifici assassini in Siria e Iraq. Molti sono anche stati uccisi negli attacchi ma quelli che restano sono quelli che hanno capito meglio come si fa ad uccidere in modo efferato. 
L’ISIS è stato sconfitto e le circostanze che gli hanno permesso di crescere nel 2014 non ci sono più. Molti si stanno arrendendo nella loro ultima roccaforte in Siria. Tuttavia la sparizione del territorio dell’ISIS non significa la fine della sua presenza in Medio Oriente, in Europa e nel resto del mondo (soprattutto in Africa occidentale, Libia, Iraq, Egitto, Yemen, Afghanistan e nelle Filippine).  
Trump sta mettendo l’Europa in una situazione che rischia di esplodere chiedendole di riprendersi i suoi cittadini e facendo così capire che non vuole consegnare i prigionieri dell’ISIS al governo siriano. Non ci sono in Europa prigioni adatte a ospitarli, nessuno strumento per de-radicalizzarli o curare il lavaggio del cervello a cui sono stati sottoposti. Non ci sono garanzie che i militanti dell’ISIS arrestati non tentino di diffondere la loro ideologia e possano diventare cellule dormienti pronte ad attaccare alla prima occasione.  Ci sono modi per contrastare l’ideologia dell’ISIS usando i suoi stessi strumenti. Il suo credo può essere condannato a livello razionale e religioso dalle autorità religiose islamiche. Il gruppo è stato contestato dagli Ulema, esperti religiosi sunniti, che hanno criticato le sue razionalizzazioni e il suo stato auto-proclamato. Anche al-Qaeda è esposta ad un tale attacco ideologico. Ma quanto queste critiche potranno essere efficaci, non lo si può sapere.   Sebbene il ministro dell’interno francese Christophe Castaner sia pronto ad accogliere i militanti dell’ISIS che tornano in Francia la maggioranza dei paesi europei preferirebbe respingere i suoi rifiuti umani. Non hanno le risorse e le competenze per poter affrontare questi militanti che tornano a casa. Heiko Maas, il ministro tedesco degli esteri, ha commentato così il tweet di Trump: “non è così facile come pensano in America”. Le autorità europee dovrebbero imparare dal  governo siriano e da quello iracheno come si fa a combattere l’ISIS se no incontreranno mille difficoltà cercando di evitare e prevenire le metastasi di questo cancro.