Traduci

lunedì 2 aprile 2018

Cosa pensano i cristiani siriani?


 di James Perloff , 31 marzo 2018
"H" (iniziale dell'intervistata) è nata a Damasco e immigrata legalmente negli Stati Uniti dalla Siria più di 20 anni fa, molto prima che iniziasse la guerra. È diventata cittadina degli Stati Uniti ed ha conseguito un dottorato in un'università americana. Parla perfettamente inglese e arabo. Di recente è tornata da un viaggio in Siria, dove ha molti familiari e amici che la tengono informata della situazione. È anche una dei cristiani più gentili e devoti che abbia mai incontrato. Sto mantenendo il nome di H riservato, poiché non voglio con questa intervista mettere a repentaglio la sicurezza della sua famiglia in Siria, o lo stato del suo lavoro professionale negli Stati Uniti.
Inizialmente avevo previsto che la nostra discussione sarebbe stata divisa in due parti; per prima cosa le ho voluto dare un breve quadro sui retroscena della politica americana. Quando ci siamo seduti, ho detto a H che sono giornalista dal 1985. Ho iniziato a spiegare che l'America è gestita da un'oligarchia che si nasconde dietro una facciata di democrazia bipartitica, che i candidati presidenziali sono stati a lungo preselezionati, che gli americani sono stati ripetutamente ingannati riguardo alle guerre passate e presenti e che la nostra stampa è controllata dallo stesso establishment che controlla i politici.  H stava sorridendo e ho potuto rapidamente capire che nulla di ciò che dicevo fosse una novità per lei. E così è stato appurato che il famoso commentatore "Syrian Girl" (i cui account Facebook e YouTube sono stati censurati) ha detto il vero: i siriani sono ben informati sul Nuovo Ordine Mondiale. In effetti, i siriani conoscono meglio le realtà della geopolitica americana di quanto non la conosca la maggior parte degli americani. Così, dopo circa quattro minuti, ho riso e ho detto a H che la mia "lezione" era finita. Le ho chiesto perciò di dirmi la verità sulla Siria. 
JP (James Perloff): Prima di tutto, parlami di Bashar al-Assad. I media americani e molti politici qui lo ritraggono come un dittatore malvagio che opprime il popolo della Siria e che deve essere rovesciato con uno dei nostri continuamente ripetuti “regime changes.”. Come giudica e che cosa pensa la gente della Siria riguardo ad Assad? Soprattutto, vorrei che tu dicessi ai miei lettori come i cristiani della Siria lo considerano.
il giorno di Pasqua, il presidente Assad e la moglie Asmaa
sono andati a visitare Christine, la giovane cristiana che ha
perso una gamba nel bombardamento del 22 gennaio dai
miliziani della Ghouta sul quartiere cristiano di Bab Touma

H: Lo amano. I cristiani lo adorano. Egli rispetta tutte le religioni. Molti americani hanno l'idea sbagliata che la Siria sia uno stato musulmano. Non lo è: è uno Stato laico, sebbene i cristiani siano in minoranza. Ogni mese, Bashar visita le suore del monastero di Mar Thecla, quelle che sono state rapite dall'ISIS, e ha anche visitato il monastero di Seidnaya.  
Bashar non avrebbe dovuto diventare presidente, lo sai. Suo fratello era stato preparato per quella posizione. Bashar ha studiato medicina e si è specializzato in oculistica, un oftalmologo. Ma dopo che suo fratello morì, suo padre gli chiese di prepararsi a prenderne il posto per la leadership della Siria.   Bashar ha portato grande prosperità in Siria. Anni fa, dopo che gli Stati Uniti hanno posto delle sanzioni contro di noi, siamo stati costretti a farci noi i nostri prodotti di consumo. È stato difficile, ma siamo diventati autosufficienti e abbiamo iniziato a esportare molti prodotti. Sai, la Siria non aveva debito pubblico prima della guerra. Quindi noi troviamo "umoristico" quando la stampa americana ci definisce un "paese del terzo mondo", considerando quanto debito gli Stati Uniti hanno.
Quanto ad Assad, è amato dai Siriani. E' solito uscire senza protezione tra la gente, senza guardie del corpo. Sai, è un alawita [gli alawiti sono una branca dell'islam sciita], mentre la maggior parte dei musulmani siriani sono sunniti, ma lo amano comunque. Certo, alcuni di loro preferirebbero avere un presidente sunnita, e ci sono persone che si oppongono a lui. Ma non c'è un presidente che sia benvoluto da tutto il suo popolo; guarda Obama, o Trump, nessuno ha il 100 per cento di approvazione, ma la maggioranza dei siriani ama Bashar. Conosco personalmente persone che sono andate a scuola con lui, e tutti garantiscono per la sua personalità.
JP: Nell'esercito siriano, i Cristiani stanno combattendo a fianco dei musulmani?
H: Sì, Stanno combattendo lo stesso nemico. Molti Cristiani sono morti nell'esercito siriano. Ti troverò alcune foto di soldati cristiani che pregano in chiesa prima di andare in battaglia.
JP: Adesso, per quanto riguarda i cosiddetti "ribelli" che gli Stati Uniti sostengono, quanti sono in realtà i Siriani?
H: Dall'80 al 90 per cento sono stranieri - la maggior parte non parla nemmeno l'arabo [la lingua madre della Siria]. Vengono da tutto il mondo: Afghani, Sauditi, Libici, Ceceni, persino dal Canada. Sono addestrati in Turchia e in Giordania.
JP: Mi è stato detto che gli Stati Uniti pagano questi mercenari più di quanto paghino i nostri stessi soldati (USA).
H: Questo non saprei, ma combattono per chi li paga di più.
JP: Sembrerebbe giusto dire che il Nuovo Ordine Mondiale crede di poter far lavorare chiunque per sè se li pagano abbastanza bene, che si tratti di banchieri, politici, giornalisti, o soldati. Ora in America sentiamo molti termini confusi per descrivere i "ribelli": Isis, Daesh, Al Qaeda, Al Nusra, i Caschi Bianchi. Puoi chiarire?
H: ISIS è lo stesso di Daesh e sono supportati dall'Arabia Saudita. Jabhat al-Nusra ottiene supporto dal Qatar. Sono entrambi alleati degli Stati Uniti, e gli Stati Uniti lo sanno, e continuano a chiamarli "ribelli moderati". Jabhat al-Nusra, Al Qaeda, i Caschi Bianchi, sono fondamentalmente gli stessi. Qualunque sia il loro nome, sono pagati per fare la guerra in Siria contro il governo.
JP: Come sicuramente sai, il film The White Helmets ha ricevuto un Oscar come "Miglior documentario". È un grande esempio di come Hollywood sia politicizzata. Ovviamente, Hollywood è gestita dallo stesso sistema che controlla i mezzi di informazione e il governo.
H: In realtà, non ne ero a conoscenza, né ho visto quel film. In Siria, li chiamiamo "Evil Helmets" o anche "Devil Helmets." Costruiscono un sacco di notizie false. Quando i combattimenti iniziarono intorno a Homs, uomini incappucciati vennero e cacciarono la mia zia e alcuni dei suoi vicini fuori dal letto; li hanno fatti alzare per stare fuori all'aperto solo con i loro pigiami. I militanti li hanno filmati e poi la registrazione è stata trasmessa da Al Jazeera dicendo: "Questo è ciò che Assad sta facendo al suo popolo". Come forse sapete, Al Jazeera ha fatto un accordo con il canale di Al Gore. Tutto ciò mi ricorda il film Wag the Dog, in cui il governo ingaggia un regista di Hollywood per filmare una guerra falsa, che verrà trasmessa nei notiziari come se stesse davvero accadendo. Oggigiorno è facile fabbricare notizie false.
JP: Voglio raccomandare ai miei lettori di guardare Wag the Dog (titolo italiano "Sesso & Potere") se non l'hanno fatto. Ora, che cosa succederebbe ai Cristiani siriani se Assad fosse rovesciato e queste persone fossero vittoriose?
H: Tu non vorresti saperlo... A Maaloula, quattro cristiani, tre uomini e una signora, avevano pistole puntate alla loro testa dall'ISIS e fu loro imposto di rinunciare a Cristo o sarebbero stati uccisi. Si sono rifiutati di rinunciare a Cristo. Quindi furono tutti uccisi; gli uomini morirono martirizzati e la donna fu creduta morta, ma era ancora viva e visse per raccontare la storia. Ma voglio che tu sappia che tutti questi gruppi non solo uccidono i Cristiani, ma uccidono anche i musulmani che non sono d'accordo con le loro convinzioni, che siano sunniti, sciiti o membri di altri rami dell'Islam.
JP: Per me, è una follia che abbiamo sostenitori di Trump qui in America, che si professano cristiani ma che tifano per la sua politica "Assad se ne deve andare", che è identica alla politica Neocon "Assad se ne deve andare" di Obama, John McCain e Hillary Clinton. Come sai, dopo che ha lanciato i 59 missili da crociera contro la base aerea di Shayrat, ho scritto un articolo chiamato "14 Ragioni per cui gli attacchi aerei della Siria furono davvero una cattiva idea". Un esempio per tutti: non è possibile smantellare armi chimiche bombardandole; questo le libererebbe solo nell'atmosfera, danneggiando le persone. Questa è la prova lampante che l'amministrazione Trump sapeva che Assad non aveva usato armi chimiche contro il suo stesso popolo.
H: E quale sarebbe il movente di Assad, subito dopo aver avuto un'enorme vittoria militare? [Aleppo]. Ogni volta che i media iniziano a parlare di armi chimiche, ciò significa solo una cosa: che l'esercito siriano ha avuto una grande vittoria. Come quella che abbiamo appena avuto in Ghouta, di cui avevamo disperatamente bisogno, perché se Ghouta fosse caduta Damasco poteva cadere, e quella sarebbe stata la fine della Siria. L'America vuole impedire il progresso dell'armata siriana, quindi creano una scusa per bombardare l'esercito di cui abbiamo disperatamente bisogno per proteggerci.
23 marzo: notte di celebrazione della popolazione di Damasco
per la vittoria dell'esercito siriano a Ghouta 

JP: Sì. Infatti, subito dopo che Trump bombardò la base aerea, l'ISIS lanciò una nuova offensiva per riprendere Homs. Quindi, quello che Trump in effetti ha fatto è stato sferrare un attacco a sostegno dell'ISIS, il che è molto ironico, dal momento che egli è arrivato al potere in gran parte in quanto oppositore dell'estremismo islamico. Naturalmente, l'America ha sostenuto a lungo l'ISIS con armi e addestramento. Dimmi, cosa ne pensano i siriani delle motivazioni del governo degli Stati Uniti?
H: In Siria noi diciamo: L'America non è l'America, l'America è Israele.
JP: Ci sono ex membri del Congresso, come Cynthia McKinney e Jim Traficant, che hanno confermato ciò che hai appena detto.
H: Mia madre è di Homs; è qui che i militanti hanno avuto la loro prima vittoria. Sai che bandiera hanno sollevato lì quando è successo?
JP: No, non lo so.
H: Era la bandiera israeliana. I miei amici e familiari ne hanno fatto delle foto, poi è stata rapidamente rimossa.
JP: Beh, immagino che non dovrebbe essere una sorpresa. L'ISIS non attacca mai Israele, i suoi feriti sono stati curati negli ospedali israeliani, e c'era un colonnello israeliano [Yusi Oulen Shahak], catturato tra le forze dell'ISIS. Ho letto di recente che i militari statunitensi hanno comandato un'esercitazione congiunta con gli israeliani, la più grande di sempre. Includeva un finto attacco alla Siria, al Libano e persino a Gaza.
H: Non lo sapevo, ma so che gli americani hanno circa 20 basi in Siria. Hanno ricevuto aiuto dai curdi.
JP: Venti? Bene, allora sono davvero seri nell'estendere la guerra. E loro non hanno il diritto di essere lì. Puoi immaginare come reagirebbero gli Americani se un paese straniero lanciasse missili cruise su di noi e costruisse basi sul nostro suolo? A proposito, dove hai preso quell'informazione sulle 20 basi?
H: Dalle notizie siriane, così come dai miei contatti in Siria.
JP: Quanto ritieni affidabili i mezzi di comunicazione siriani?
H: Beh, devo dire che in ogni Paese ci sarà una certa dose di parzialità sui suoi mezzi di informazione. Ecco perché è sempre importante avere informazioni anche dai tuoi contatti attraverso i social media e da amici e familiari sul campo; quelli possono dirti cosa sta realmente accadendo.
JP: Poi voglio chiederti che sentimenti provano i siriani per i Russi.
H: Se non fosse stato per l'intervento della Russia, la Siria sarebbe caduta molto tempo fa. I russi sono brave persone secondo l'opinione dei siriani. Non ci hanno mai tradito. Sai, quando ero ragazza in Siria, vivevamo molto vicino ai loro uffici governativi. Li vedevo in piscina. Ero molto a mio agio tra loro, erano brave persone che si occupavano dei loro affari. I siriani si fidano che la Russia sa mantenere la parola data, ma nessuno si fida degli Stati Uniti. Tutti in Siria e in tutto il Medio Oriente sanno che l'America può essere tuo amico un giorno, poi pugnalarti alle spalle il giorno seguente, perché hanno tradito i Paesi Arabi così tante volte.
JP: Beh, ne abbiamo un sacco di esempi, come sono sicuro che tu sappia, un tempo armavamo Saddam Hussein e prima di lui i Talebani.
H: Sì. Al proposito, c'è stato un tempo in cui i Siriani amavano davvero e rispettavano l'America. Ma questo è cambiato negli ultimi venti anni.
JP: In questo momento c'è un enorme risveglio cristiano in Russia, e Putin, naturalmente, è un Cristiano Ortodosso. Recentemente ho letto che una delle ragioni per cui è intervenuto in Siria è stata anche quella di proteggere la Chiesa Ortodossa, che è presente in Siria da 2.000 anni, e che è stato incoraggiato a farlo dal Patriarca Kirill.
H: Beh, questo non lo so, potrebbe essere vero. Tuttavia, voglio anche dire che nessuna nazione sacrifica i suoi soldati a meno che non sia anche nel suo interesse nazionale. La Russia ha interessi petroliferi e di gas naturale in Siria, e le dà anche ulteriore accesso al mare, di cui ha bisogno. Certamente, l'Occidente ha i suoi piani per il petrolio e il gas siriani, che minaccerebbe l'economia russa. Devi capire che la situazione in Siria è molto complessa. Abbiamo le alture del Golan che Israele ci ha tolto e non vuole restituire, quindi la Siria è in contrasto con Israele. Ci sono gruppi sunniti in Siria che vorrebbero sostituire Assad con un presidente sunnita; ciò renderebbe felice l'Arabia Saudita, che è un paese sunnita, e indebolirebbe l'Iran che è un paese sciita. Ci sono molti fattori e ragioni per questa guerra, chiamiamola pure una guerra mondiale che viene combattuta attraverso mercenari in Siria, così come in Iraq e nello Yemen. Gli stessi giocatori sono in quei Paesi. Quindi, per farla breve, è una guerra tra due grandi potenze, America e Russia, con i loro alleati, sulla nostra terra. In effetti, quest'ultimo affare con l'ex spia russa assassinata, e l'espulsione dei diplomatici russi, potrebbe non essere una coincidenza che ciò sia avvenuto nello stesso periodo del nostro successo a Ghouta. La nostra informazione è che i Russi hanno severamente avvertito gli Stati Uniti di non interferire bombardando il nostro esercito, o ci sarebbero state conseguenze.
JP: Beh, ci siamo chiesti tutti se l'Occidente stesse usando l'affare Skripal per iniziare una Guerra Mondiale! Ma in altre parole, potrebbero davvero tentare di fare pressione sulla Russia per fare marcia indietro in Siria.
H: Sì, o fare qualche tipo di accordo sulla Siria.
JP: Adesso voglio farti una domanda a cui ti potrebbe essere difficile rispondere: un giorno, qualche settimana fa, ti ho visto piangere e vestirti di nero. Ti ho chiesto cosa fosse successo e mi hai detto che la tua zona vicino a Damasco era stata pesantemente bombardata dagli israeliani.
H: Non solo dagli israeliani, ma anche da Jabhat al-Nuṣra. Usano un tipo di bomba illegale, non riesco a ricordare come si chiama. Ma ci sono state molte vittime e nessuna di queste è stata riportata dai media americani. Noi [H e la sua famiglia] siamo stati fortunati, perché eravamo appena arrivati, ma non nel preciso momento in cui è stato bombardato.
JP: Ho letto che gli Israeliani cercano di giustificare questi attacchi dicendo che ci sono Iraniani in Siria.
H: Oh, Jim, gli Israeliani non si giustificano! Fanno quello che vogliono. Sanno che possono farla franca per ogni loro azione.
JP: Bene, permettimi di chiederti questo. Ci sono gli Iraniani in Siria?
H: Sì, certo. Abbiamo volontari iraniani nell'esercito siriano. Abbiamo perso così tanti soldati in questa guerra, quindi abbiamo bisogno anche del loro aiuto.
JP: Ma gli Iraniani, perché dovrebbero combattere per la Siria?
H: Perché sanno che se la Siria cadesse, l'Iran sarebbe la prossima.
JP: Beh, questa è una ragione che ha senso.
H: Certamente: gli Iraniani supportano anche Hezbollah in Libano. Lo sapevi che solo in America Hezbollah è considerata terrorista? In Europa, nessuno li chiama così.
JP: Quanto sono ottimisti o pessimisti i Siriani riguardo alla vittoria?
H: Noi speriamo nella vittoria, e siamo incoraggiati dai successi dell'esercito siriano, ma la gente si sta consumando. Molti sono affamati e depressi; molti di loro non hanno più soldi, perché non sono stati in grado di lavorare per anni a causa della guerra. In Siria, quando qualcuno dice "Buona giornata", il saluto ha un significato diverso rispetto all'America. In Siria "Buona giornata" di solito significa: "spero che tu torni vivo e tutto intero". Perché sai, puoi tornare vivo, ma non essere ancora tutto di un pezzo.
JP: C'è qualcos'altro che vorresti far sapere agli Americani?
H: Sì, La ragione per cui esiste una "crisi dell'immigrazione siriana" è la guerra. Molte persone sono state costrette ad andarsene perché non avevano scelta. Lasciateci soli, e non ci sarà più nessun problema di immigrazione siriana. Vorrei anche dirvi che amo l'America, e sono felice, grata e onorata di essere chiamata Americana. Sono semplicemente in disaccordo con le sue politiche in Medio Oriente. Vorrei incoraggiare le persone a guardare oltre i titoli e a pensare, prima di formarsi un'opinione. I governi di tutto il mondo creano falsi pretesti per le guerre. Sfido gli Americani, i leader Americani e i leader del mondo, a competere nel progresso dell'umanità invece di competere nella creazione di armi che distruggono l'umanità. È un mio sogno vedere le persone lavorare insieme anziché l'una contro l'altra, creando abbondanza, non paura e scarsità. Quando gli altri stanno bene, stiamo tutti bene. Come disse l'apostolo Giovanni, se non ami tuo fratello che hai visto, come puoi amare Dio che non hai visto?
  ( trad. Gb.P.) 

sabato 31 marzo 2018

Mons. Abou Khazen: "Pregate perché il Cristo risorto possa infondere la pace ad Aleppo e in tutta la Siria”.

Kristos Anesti, Alithos Anesti
Cristo è risorto, è veramente risorto
Christ est ressuscité, il est vraiment ressuscité

da Asianews

La comunità cristiana vive le celebrazioni della Settimana Santa che preparano alla Pasqua “in un clima misto” di “speranza”, perché si possa arrivare presto “alla pace”, e di “scetticismo”, perché non è dato sapere ancora “come andrà davvero a finire”. È quanto racconta ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, che non nasconde la propria preoccupazione “per il nuovo intervento straniero [leggi la Turchia, ad Afrin] nel nord del Paese”. “Speriamo bene - aggiunge - ma la sensazione è che stanno spogliando questo povero Paese e si stanno dividendo le sue vesti”. 
Le intenzioni di preghiera dei fedeli, racconta il prelato, sono “sempre rivolte alla pace. Quando cesseranno le armi, allora sarà possibile ripartire con il lavoro e tornare a una vita più tranquilla, serena, com’era prima del conflitto”. “È commovente - prosegue il prelato - vedere tutte queste persone che si riuniscono per partecipare alle preghiere, alle celebrazioni, ai riti con un unico desiderio che li unisce: celebrare la pace”. Questa, aggiunge, “sarà l’ottava Pasqua di guerra. Tuttavia, resta viva la speranza è che la testimonianza di Cristo Salvatore possa infondere un rinnovato ottimismo e che, dopo la Via Crucis, giunga anche la resurrezione”. 
Da poco entrato nel suo ottavo anno, il conflitto siriano continua a mietere vittime fra la popolazione civile. Aleppo, un tempo capitale economica e commerciale della Siria, oggi porta i segni di questa lunga striscia di sangue: molte industrie e officine, cuore della produzione locale, sono ridotte in macerie. Migliaia di famiglie sono fuggite e la stessa comunità cristiana si è ridotta di oltre i due terzi. Il futuro resta un’incognita, soprattutto per i giovani.
In un contesto di violenze e devastazioni, la Chiesa ha avviato in questi anni diversi progetti di sostegno e aiuto alla popolazione. Fra i tanti ricordiamo la pulizia della città, gli aiuti alle giovani coppie di sposi, dai pacchi alimentari ai fondi per le forniture elettriche, i centri estivi per centinaia di bambini, i contributi per coprire le spese sanitarie e le medicine, le visite, gli esami, le cure. Sono tutte iniziative a favore dei bisognosi, che in molti casi la gente di Aleppo - per anni epicentro del conflitto siriano sino alla liberazione nel dicembre del 2016 - non si può permettere.
Da una città martoriata giungono però anche segni di speranza: il 18 marzo scorso 35 giovani della parrocchia latina hanno ricevuto il sacramento della Cresima dalle mani del vicario apostolico, assieme al locale parrocco p. Ibrahim Alsabagh. Il segno di una comunità viva, che vuole crescere e testimoniare la presenza di Cristo, fonte di pace e salvezza. “Il numero dei fedeli - sottolinea mons. Georges - in questi anni è diminuito ma la nostra resta una Chiesa viva. Vedere l’assiduità con cui le persone presenziano alle funzioni è fonte di speranza. Se il Signore ci salverà e ci darà un futuro, sarà anche grazie a questa comunità viva”. 
“Abbiamo sperimentato morte e distruzione - afferma il prelato - ma allo stesso tempo abbiamo vissuto grandi testimonianze di amore e solidarietà. La guerra continua e miete ogni giorno nuove vittime, un numero esagerato di morti. Le persone continuano a scappare dal proprio Paese. Di fronte a tutta questa sofferenza non possiamo restare sordi e impassibili, anche dopo otto anni non possiamo rassegnarci alla logica della violenza e della guerra”. 
La fede è più forte della morte, sottolinea il prelato, per questo le cerimonie sono sempre gremite di fedeli. Fra i momenti più significativi dei prossimi giorni “la visita a tutte le chiese della città che i cristiani di Aleppo faranno al termine dei riti del Venerdì Santo. Una sorta di processione che si snoda per le vie della città e che si concluderà a notte inoltrata”. “In occasione della Pasqua - conclude - rinnovo l’invito a pregare per questa nostra comunità, che è viva. Perché il Cristo risorto possa infondere la pace ad Aleppo e in tutta la Siria”.

venerdì 30 marzo 2018

La Via Crucis dei cristiani in Siria

La testimonianza di don Mounir Hanachi, direttore del centro salesiano a Damasco


intervista di Federico Cenci

P
er molti cristiani nel mondo la salita sul Calvario è una realtà vissuta quotidianamente, sulla propria pelle. Per i cristiani in Siria la “passione” dura da otto lunghi anni. In quel Paese martoriato le stazioni della Via Crucis sono storie di vita che è possibile leggere negli sguardi della gente o nei loro racconti carichi di trasporto emotivo.
Si legge l’inquietudine per le condanne a morte decretate dai terroristi e dall’indifferenza occidentale. Si avverte il batticuore per gli ultimi gesti di affetto in famiglia prima delle separazioni forzate. Si percepisce l’emozione per gli episodi di grande umanità e di altruismo. Si piange per le migliaia di vittime del conflitto. Ma poi c’è anche la “risurrezione”. I cristiani di Siria ne sono convinti. Qualche segno inizia a farsi largo a mo' di un raggio di luce nell’oscurità, come la riapertura dell’oratorio salesiano di Damasco, che accoglie 1.300 ragazzi, avvenuta la Domenica delle Palme dopo la sospensione delle attività a febbraio. In Terris ne ha parlato con don Mounir Hanachi, 34enne direttore del centro salesiano della parrocchia di San Giovanni Bosco, nella Capitale.
Don Mounir, che senso assume la riapertura dell’oratorio?
“È stata una gioia immensa. Può immaginare la felicità dei ragazzi nel riappropriarsi di momenti di aggregazione, di studio, di sport. In questi anni di guerra non era la prima volta che sospendevamo le attività, ma mai ci era capitato di doverlo fare per cinque settimane di seguito. Ringraziamo il Signore e quanti ci hanno sostenuto con la preghiera. E ringraziamo anche l’esercito siriano e i suoi alleati per la liberazione della Ghouta”.
Per cinque anni, Ghouta Est è stata occupata dai “ribelli”. Cosa ha significato per voi abitanti di Damasco questa presenza?
“Sono stati cinque anni all’insegna del sangue. Il suono dei colpi di mortaio e dei missili era una presenza costante, che ha seminato morte. Ci sono stati tanti bambini tra le vittime, abbiamo perso diversi ragazzi dell’oratorio. Oggi in Siria non trovi una famiglia che non abbia perso almeno una persona cara o che non si sia divisa, perché in molti sono fuggiti all’estero. Esperienze che ho vissuto anch’io: mio nonno è stato rapito mentre viaggiava lungo l’autostrada, gli sono stati sparati contro dei proiettili, siamo riusciti a riscattarlo pagando una cifra enorme. Ci vorranno almeno due generazioni per sanare le ferite”.
Questi “ribelli” chi sono?
“Sappiamo tutti chi sono i ‘ribelli’: gruppi armati composti da molte persone venute dall’estero. Hanno ricevuto il sostegno da alcuni Paesi occidentali e del Golfo. Ma questo ormai è chiarissimo”.
Nelle scorse settimane ha scritto una lettera pubblica per denunciare “la manipolazione dell’informazione” in Occidente riguardo ciò che accade in Siria. A cosa si riferiva?
“Prima di tornare in Siria vivevo in Italia. Tutti i giorni avevo modo di leggere come venivano manipolate le informazioni sul conflitto pur di gettare discredito sul governo siriano. Leggevo i siti siriani, raccoglievo le testimonianze dirette, e poi vedevo che tutto ciò era stato totalmente stravolto dai media italiani ma non solo. E questo è avvenuto per anni. Il ruolo del giornalista dovrebbe essere quello di riportare i fatti, non di fare propaganda”.
La manipolazione dei media ha ferito il popolo siriano?
“Moltissimo. La delusione è palpabile. Così come la frustrazione qui da noi, perché non si riusciva a rompere il silenzio sulla sofferenza vissuta da 8milioni di persone a Damasco durante l’occupazione del Ghouta”.
Come valuta l’atteggiamento della comunità internazionale in questi otto anni di guerra?
“Come siriani non crediamo più alla comunità internazionale: sono state spese tante parole, ma pochi fatti. Crediamo soltanto all’esercito nazionale siriano, che ha il diritto di difendere il popolo siriano”.
Nel contesto tragico della guerra avvengono anche episodi di grande umanità?
“È dura, ma di episodi ne avvengono molti. Ci sono momenti di forte crisi, di smarrimento. Però la fede cristiana in Siria è davvero forte. I ragazzi dell’oratorio, le loro famiglie consegnano tutto al Signore e vanno avanti con la speranza che il domani sarà migliore. Tra fratelli nella fede ci trasmettiamo il coraggio a vicenda”.
Che senso assume la Settimana Santa per chi, come voi, vive in una terra martoriata?
“Dalla Domenica delle Palme siamo entrati in un clima di grande devozione, con processioni e momenti di preghiera comunitaria in chiesa. Dopo anni di paura nel manifestare pubblicamente la propria fede, finalmente si sta tornando alla normalità”.
Dopo la “passione”, si avverte già l’arrivo della “resurrezione”…
“Esattamente. Se torna la pace, riprendono anche le attività e dunque l’opportunità per la gente di non essere costretta ad emigrare”.

mercoledì 28 marzo 2018

Lettera di padre Daniel: chiediamo aiuto per assistere gli sventurati sfollati dalla Ghouta


 Qara,  23 marzo 2018



Cari e buoni amici,

la condizione delle decine di migliaia di persone che sono state liberate da parte dell’esercito da Ghouta Est è straziante, mentre gli attacchi dei terroristi continuano la comunità internazionale rimane in silenzio o continua a incolpare la Siria. Il giorno della "festa della mamma" c’è stato un attacco in un mercato a Damasco che ha causato più di 60 morti, che non è stato mostrato né dai "Caschi Bianchi" e neanche dall’ "Osservatorio" dei ribelli a Londra e cosi questo attentato rimane nascosto ai media.
Con la nostra Comunità, volontari e collaboratori, vogliamo occuparci dell’accoglienza d’emergenza di 25 000 persone che arrivano sfinite da Est Ghouta in Damasco, come descritto dettagliatamente nel nostro rapporto. Le numerose foto e video ci danno un quadro della tragica situazione .Ora abbiamo davvero bisogno di aiuto. Siamo stati aiutati molte volte ad alleviare la sofferenza. Ora possiamo solo gridare che abbiamo un urgentissimo bisogno di aiuto finanziario per acquedotti, servizi igienici mobili, prodotti igienici, punti di pronto soccorso e tante cose inaspettate ..... per una moltitudine di gente sofferente e priva di tutto. Grazie a
tutti coloro che vogliono aiutarci in questo momento. Che il Signore Gesù Cristo benedica e ricompensi tutti i benefattori:
IBAN: BE32 0682 0832 4402/BIC: GKCC BEBB (da Belfius, Pachecoln 44, Bruxelles; con il nostro nome: Herman Victor MAES
indirizzo: Abdijlaan 16 B-2400 MOL-POSTEL, con riferimento: Damasco).

Addendum non irrelevante: Sul bonifico, nella casella “comunicazione” non si può parlare delle condizioni della Siria altrimenti il bonifico viene rifiutato dalle banche. E’ meglio scrivere: “Monastero di San Giacomo”.

Commovente
Questa settimana molte decine di migliaia di persone sono state liberate da Ghouta orientale, un gruppo di circa 30 volontari della Mezzaluna rossa e della nostra comunità sono andati sabato a Damasco per aiutare. Domenica mattina uno di loro ci ha dato le sue prime impressioni, prima di ritornare a Damasco. È un libanese, registrato come collaboratore presso la
coalizione d’amore Preemptive ( lo potete trovare su internet). Questa organizzazione (che assiste fra altro anche la nostra mega cucina in Aleppo) si concentra - soprattutto in Iraq e in Siria – sul dare aiuto alle vittime di guerra per re-integrarle nella società civile e cosi ricostruire la loro vita. Il nostro amico ci ha anche mostrato le immagini dei flussi di persone. Alcuni di loro sono crollati dallo sfinimento. Acqua e cibo sono stati distribuiti. La gente raccontava in quali condizioni terribili dovevano sopravvivere. Molti terroristi cercano di fuggire insieme con i cittadini, ma sono spesso riconosciuti e arrestati. I più grandi capi ISIS sono stati misteriosamente portati in salvo con elicotteri statunitensi. E oltre alla minaccia di morte, tortura, sofferenza e esaurimento per la popolazione civile, c’è anche stato l'abuso sessuale. Praticamente tutte le giovani donne e ragazze sono incinte. È un deliberato crollo mentale della società da parte dei terroristi, con il sostegno delle potenze occidentali che sono venute per portare la cosiddetta “democrazia e libertà”.
Domenica, un punto luminoso: il presidente siriano è venuto a visitare i soldati e civili per congratularli e incoraggiarli. E' stato accolto con entusiasmo e calore.

Mercoledì sera siamo andati a congratularci con la moglie di Zaki seguendo la tradizionale "giornata della mamma", all'inizio della primavera. La famiglia Zaki abita nella nuova costruzione del nostro monastero Mar Yakub e appartiene alla nostra comunità. Il signor Zaki è il responsabile di tutti i collaboratori qui e della Mezzaluna rossa nella regione. Il signor Zaki e i collaboratori presenti ci hanno mostrato molte foto. Sono scoraggiati perché possono fare così poco per quella che viene definita una catastrofe umanitaria. Tra le decine di migliaia di persone ci sono molti gravemente feriti e hanno urgentemente bisogno di un intervento chirurgico, mentre finora è solo possibile essere vicini a loro. La gente è contenta di essere fuggita dall'inferno dei terroristi, ma sembra ora quasi un’ impresa impossibile dare un' accoglienza provvisoria per più di 80.000 persone indigenti. Dormono a terra in massa. Ma nel più grande bisogno, nasce sempre la grande generosità. Due bambini sono seduti a terra cercando l’uno per l’altro le briciole da un pacchetto vuoto di patatine. Un medico decide di lavorare gratuitamente una giornata ininterrottamente. I volontari che arrivano per dare aiuto da ogni villaggio...

Siamo tutti profondamente colpiti dall’attuale immenso bisogno di Damasco e preghiamo ancor più per queste persone che hanno grandi necessità e stiamo già lavorando per preparare gli aiuti umanitari disponibili in loco. Il modo di concretizzare l’aiuto è al momento non ancora del tutto definito. La nostra comunità si occuperà di 25.000 persone. Queste persone sono divise in 4 gruppi, alcuni sistemati in un edificio in cemento, altri hanno tende, altri caserme di legno e altri teli di plastica. Fortunatamente, il freddo dell’inverno è finito. Secondo il nostro responsabile, la massima preoccupazione è l’igiene. Per ogni 100 persone, una persona deve essere risponsabile per la pulizia ( tantissimi bidoni della spazzatura e servizi igienici mobili....). C'è urgentemente bisogno di acqua corrente.

Eccoci alla Settimana Santa, in tutta la storia dell’umanità nessuna notizia è importante quanto la morte di Gesù sulla Croce, seguita dalla sua Risurrezione. Quest’evento ha diviso la storia dell’uomo per sempre in due: un’era antica di sacrifici distruttivi e violenti e una nuova era dell’auto-sacrificio liberatore della riconciliazione e dell’amore. Con la morte sulla croce, Gesù ha attirato a sé tutte le vittime innocenti, dalla fondazione del mondo alla fine dei tempi. Sfortunatamente, siamo rimasti bloccati per gran parte nell’era antica.

Vi auguro una Settimana Santa e Benedetta e una Gioiosa Pasqua.
P. Daniel

lunedì 26 marzo 2018

Aleppo: un progetto dei Francescani per i bambini rifiutati perchè nati da jihadisti

 Ad Aleppo centinaia di bambini figli dell’Isis sono senza identità, mai iscritti all’anagrafe nè andati a scuola e rifiutati totalmente dalla società, sono i bambini nati nel periodo dell’occupazione jihadista dai matrimoni temporanei o da unioni forzate. 
Aleppo Bambini

ATS pro Terra Sancta
marzo 2018

Avevamo tirato tutti un sospiro di sollievo, ormai un anno e mezzo fa, quando le televisioni di tutto il mondo trasmettevano le immagini degli aleppini festeggiare la libertà raggiunta dopo mesi di scontri nella città martire. Ci eravamo illusi, forse per un attimo, che tutto sarebbe finito presto. Che a una guerra disastrosa durata anni avremmo potuto forse scrivere la parola “fine”. Quello che accadde dopo, purtroppo, è storia.
Nell’ultimo periodo i riflettori sono tornati a puntare Damasco, colpita da una nuova ondata di violenza, ed è opinione più che diffusa che la guerra sarà ancora lunga. Oggi siamo costretti a ricordare il triste anniversario che ci trascina nell’ottavo anno di questo conflitto, iniziato dall’illusione portata delle cosiddette “primavere arabe”, arrivate in Siria nel marzo 2011. Ciò che sembrava un sogno di rivalsa venne trasformato presto in un incubo di jihadismo e fondamentalismo, da cui tutto il Medio Oriente non è ancora riuscito a uscire.
In questi lunghissimi sette anni noi di ATS pro Terra Sancta non siamo rimasti con le mani in mano. Oltre ad aver aperto e reso operativi quattro centri di emergenza in alcune città colpite dalla guerra (Damasco, Aleppo, Knayeh e Latakiah), abbiamo garantito l’assistenza sanitaria e migliaia di famiglie e l’educazione a centinaia di bambini che non potevano più andare a scuola. Siamo intervenuti in ogni situazione che chiedeva il nostro aiuto, spesso grazie alla preziosa collaborazione dei frati che non hanno mai lasciato il Paese.

All’inizio dell’ottavo anno di guerra, vogliamo ripeterlo a voce forte: noi non ci arrendiamo!

Vogliamo andare avanti ad aiutare i siriani e la Siria, dove i cristiani hanno cominciato a chiamarsi proprio con questo nome.  Per questo nelle ultime settimane abbiamo voluto lanciare un nuovo progetto ad Aleppo che si prenderà cura dei bambini orfani, abbandonati dalle proprie famiglie e di tutti coloro che sono nati da donne in seguito a stupri e abusi. È una parte della società che nessuno vuole guardare, un problema che spesso viene nascosto per non creare scandalo. In questi casi infatti, i bambini e le loro madri non ricevono nessun tipo di assistenza dallo Stato (anzi, vengono guardati con ostilità perché considerati figli del peccato e non vengono iscritti all’anagrafe), e in tante occasioni vivono in condizioni terribili.
bambini aleppoSono emarginati da tutti e bisognosi di tutto: di cibo, acqua, ma anche di un recupero psicologico e sociale. Per questo il vicario apostolico di Aleppo mons. George Abou Khazen, fra Firas Lutfi e il Gran Muftì di Aleppo, hanno deciso di dar vita a questa nuova iniziativa che – speriamo – possa tamponare questa grave emergenza sociale. L’obiettivo principale è sostenere i bambini e le loro mamme nella società provvedendo ai loro bisogni più urgenti. Noi di ATS pro Terra Sancta abbiamo scelto di essere al loro fianco per regalare un sorriso a questi bambini. E mentre aspettiamo che le grandi potenze internazionali trovino un accordo che possa portare a una accordo di pace lunga e duratura, noi rinnoviamo in particolare il nostro impegno per i più poveri e indifesi: i bambini della Siria.
Il futuro del Paese è anche nelle loro mani. Sappiamo che i militari possono solo vincere la guerra. Ma costruire la pace è un’altra cosa: implica un lavoro quotidiano e costante, di educazione e formazione delle coscienze. Perché non trionfi la rabbia o il rancore per il male ricevuto, ma la convinzione di poter ricominciare. E la speranza di poter tornare a chiamare la Siria – ancora una volta – una terra di incontro e di pace. Grazie al vostro aiuto, noi continuiamo a lavorare per questo.
Sostieni questo progetto! : 

https://www.proterrasancta.org/it/in-siria-noi-non-ci-arrendiamo/

venerdì 23 marzo 2018

Invocazione a Santa Rafqa, perché protegga la sua gente e la sua terra da altre e peggiori distruzioni.

Oggi la Chiesa fa memoria di Santa Rafqa


 Santa Rafqa (1832-1914), monaca libanese maronita che votò la propria esistenza al servizio di Dio. La sua fu una vita di intense sofferenze, autentiche gioie e vero amore per il prossimo. 
Già pochi giorni dopo la sua morte cominciarono a manifestarsi i primi miracoli per sua intercessione, la maggior parte guarigioni prodigiose 

per conoscerla, vedi: 
 http://www.charbelfriends.com/santa_rafqa.html




Intanto, continua il piano di cancellazione della memoria cristiana dalla terra in cui nacque il Cristianesimo

Dopo aver distrutto il sito di Ain Dara,  ieri l'aviazione turca ha bombardato l'antico sito Brad, situato a sud della città di Afrin e iscritto nella lista dei siti del patrimonio mondiale dell'UNESCO dal 2011.
Il direttore generale delle Antichità e dei Musei Siriani, Mahmoud Hamoud, ha detto che il bombardamento su Brad ha causato la distruzione di molti resti archeologici importanti, tra cui il mausoleo di San Marone, il fondatore dei Maroniti, e la chiesa di Julianos contenente il mausoleo.
"Questa aggressione è una nuova prova dell'esistenza di un piano sistematico per distruggere il patrimonio e la civiltà in Siria", ha detto, ed ha esortato le organizzazioni internazionali competenti che hanno iscritto questi siti nelle loro liste a fare il loro dovere "morale e umanitario" nel condannare l'aggressione turca in corso contro i siti archeologici siriani. 
La storica città di Brad, dove St. Maroun viveva una vita di pietà e dove era sepolto, è una testimonianza vivente di un periodo importante nella storia della Siria , la culla del cristianesimo.
Il villaggio, che si trova a 30 chilometri a nord-est di Aleppo, contiene la chiesa di Julianos, che è tra le più grandi della Siria settentrionale. Fu fondata nel tardo IV secolo d.C., e St. Maroun fu sepolto in una cappella che fu aggiunta in seguito. I documenti dicono che la chiesa di Julianos rimase l'unica chiesa della città per oltre 150 anni e che fu costruita sul sito di un tempio pagano. La chiesa di Julianos è lunga 42 metri, larga 22,5 metri e si compone di tre sezioni come si vede nel modello basilicale delle chiese, separate da due file di archi con la sezione centrale che contiene il santuario.
La chiesa del Martyrium, una piccola cappella, fu aggiunta alla chiesa 8 anni dopo la sua costruzione, e lì St. Maroun fu sepolto. St. Maroun nacque nel villaggio di Korash, a 45 chilometri da Aleppo, il suo nome significa "Piccolo Maestro".
Gli storici ritengono che il villaggio di Brad fu la capitale del Jebal Semaan (la montagna Samaan) durante il 4° e 7° secolo d.C, quando fu chiamato Kafer Brad, ed è la più grande città archeologica in quella zona. Prosperò durante il 2° e 3° secolo d.C come testimoniano le grandi strutture che risalgono a quel tempo che comprendono un andron (una struttura per intrattenere gli ospiti), un mercato, un bagno pubblico, un altare romano, frantoi e case di varie dimensioni.

 Jabal Semaan ha 25 villaggi e 32 templi e chiese costruiti tra il IV e il VII secolo dopo l'era cristiana. Qui c'è la chiesa più antica del mondo: Fafertine. Sul suo architrave è incisa la data della sua costruzione: 372 dC.  Più a sud, sulle rovine del tempio del dio Nabo, San Marone costruì, nel 398, la sua chiesa o basilica lunga 27,30 m e 16 m di larghezza. Dopo la morte di Saint Maron, Kfar Nabo si dotò di un hotel a due piani per accogliere i pellegrini. Costruito tra il 504 e il 505, ha facciate di colonne quadrate. Le croci sono incise sugli architravi, una delle quali reca la seguente iscrizione: "Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Dio si prende cura della nostra entrata e uscita. Per adempiere al voto di Zaccheo nel 553 " (che è equivalente nel calendario di Antiochia al 504/505 d.C.). L'area comprendeva anche un tempio dedicato alle reliquie dei martiri, la sua data di costruzione, 574 secondo il calendario di Antiochia, è incisa in siriaco sull'architrave del suo ingresso meridionale. Un certo numero di frantoi oleari indica l'espansione della coltivazione dell'olivo a Kafr Nabo, uno risalente al terzo secolo d.C.  Fino ai giorni odierni, la zona è ricca di oliveti fecondissimi . Da qui , ahimè prende il nome ' l'Operazione Ramo d'Ulivo ' dei Turchi.
“Nemmeno l’invasione mongola aveva fatto questi danni”, commenta il Direttore Mahmoud Hamoud.

martedì 20 marzo 2018

A Damasco i jihadisti fanno un massacro, ma l’Occidente continua ad appoggiarli

Oggi, 20 marzo, 35 civili sono morti e almeno 40 feriti per un missile lanciato dai terroristi, trincerati nella Ghouta, sul mercato di Khashkoul nel quartiere Jaramana, oltre a causare grande distruzione di edifici e beni nel luogo. 
Altri razzi lanciati dalla Ghouta sono caduti su Mezzeh e hanno colpito le chiese di Bab Touma.


 di Gianandrea Gaiani


Come accadde durante la guerra libica del 2011 e come accade ormai da sette anni n Siria, da quando iniziò la guerra civile, è la propaganda jihadista a ispirare la comunità internazionale e il mondo dei media. Come è successo ad Aleppo e oggi a Ghouta Est, l’Occidente si indigna per le stragi di civili provocate dalle forze di Bashar Assad e ignora i morti provocati dai ribelli, premendo per instaurare tregue e cessate il fuoco che andranno a tutto vantaggio delle milizie jihadiste.
Per inciso, le stesse che ideologicamente propugnano lo Stato islamico retto dalla sharia e appoggiano e giustificano il terrorismo e il jihad contro gli infedeli (cioè noi) che colpisce negli Usa e in Europa.
Difficile distinguere tra buoni e cattivi in una guerra civile ma, pragmaticamente, pare evidente che l’alternativa al governo di Damasco non è la democrazia cantonale svizzera ma uno Stato islamico basato sulla legge coranica e in cui non ci sarebbe spazio per sciti, cristiani o altre fedi diverse dal più ortodosso islam sunnita.
Ciò nonostante Usa ed Europa continuano a sostenere i ribelli siriani appoggiati da Turchia e monarchie sunnite del Golfo benchè questo conflitto abbia comportato una serie di minacce devastanti per il Vecchio Continente, dalla fuga dei cristiani all’immigrazione illegale, dai foreign fighters al terrorismo.   Una cecità spiegabile solo con la valutazione che la nostra classe politica non sa quello che fa o che i miliardi di petrodollari investiti in Europa dai monarchi del Golfo hanno permesso di comprare non solo aziende, armi, alberghi e squadre di calcio ma anche molte coscienze politiche.
Non si può interpretare diversamente la credibilità accordata dai governi e dai media Occidentali, così come dalle organizzazioni internazionali, alle notizie provenienti da Ghouta, sobborgo di Damasco in mano da anni a diverse milizie jihadiste, alle notizie a senso unico fornite da Ong e fonti tutte legate a doppio filo agli insorti.


 Certo l’assenza di fonti neutrali è dovuta anche al rischio di omicidio e rapimenti che corrono i giornalisti che dovessero spingersi nelle aree in mano ai ribelli ma è altrettanti evidente che queste aggressioni compiute più volte ai danni dei media hanno il chiaro obiettivo di tenere lontane dal fronte le fonti neutrali per poter spacciare a piene mani la propaganda jihadista.
Gli esempi più eclatanti? I supposti attacchi con armi chimiche attribuiti al regime di Damasco sono stati maldestramente documentati da “Aleppo media center” e “Idlib media center”, cioè dagli uffici stampa delle milizie di al-Qaeda in Siria amplificati da diverse tv e media arabi per lo più basati nelle monarchie del Golfo ma hanno ugualmente avuto ampia eco e patenti di credibilità in tutto l’Occidente
Un copione già visto nel 2011 durante la guerra libica che determinò la caduta e la morte di  Muanmmar Gheddafi.  Ciò nonostante da sette anni i media italiani e di tutto il mondo riportano quasi sempre acriticamente le informazioni diffuse dall’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), Ong con sede a Londra e a tutti gli effetti vicina ai ribelli.  L’Ondus diffonde dati sulle vittime dei raid aerei e dei bombardamenti di artiglieria governativi su Ghouta impossibili verificare ma che vengono ciò nonostante riportati dai media senza esporre dubbi circa la loro veridicità o circa l’affidabilità della fonte, di parte come lo è, dall’altro lato della barricata, l’agenzia di stampa governativa siriana SANA.
Per questo è ridicolo che UE e Onu si straccino le vesti per le condizioni dei civili a Ghouta, sotto attacco in seguito all’offensiva delle truppe di Assad ma non si preoccupino della popolazione di Damasco bersagliata dai mortai e dai razzi dei ribelli (di cui peraltro parlano in pochissimi).  Eppure fonti di tenore opposto o meno allineate, come quelle del clero cristiano siriano, non mancherebbero per cercare di offrire un’informazione quanto meno bilanciata.
Ad Aleppo come a Raqqa e ora a Ghouta i jihadisti non consentono l’evacuazione dei civili perché li utilizzano come scudi umani e per sacrificarli sull’altare della propaganda. Lo hanno fatto in precedenza anche i miliziani dello Stato Islamico a Sirte e Mosul e quelli di Hamas a Gaza, a conferma che si tratta di una tattica comune ai gruppi insurrezionali.
In questo contesto appare chiaro per quale ragione la comunità internazionale chieda il ripristino di un cessate il fuoco a Ghouta che ha l’obiettivo non certo di soccorrere i civili ma di dare respiro alle milizie jihadiste circondate e condannate alla sconfitta.  Qualcuno vuole forse farci credere che cibo e medicinali consegnati a Ghouta Orientale vengano distribuiti alla popolazione invece che gestiti direttamente dai miliziani islamisti?
Le truppe governative appoggiate dalle milizie sciite alleate e dalle forze aeree russe avanzano su tutti i fronti applicando la stessa tattica utilizzata con successo per espugnare il centro di Aleppo, città tornata a una parvenza di vita normale dopo la cacciata dei ribelli, in gran parte stranieri.   Inevitabili, come in tutti i conflitti, le vittime tra i civili ma attribuirle a una sola fazione in campo significa voler diffondere “fake news” (quelle che fino a ieri definivamo “bufale”) in modo consapevole.
Eppure lo stesso Occidente che piange per i ribelli jihadisti di Ghouta , dove i governativi evacuano i civili per completare le operazioni belliche, sembra aver dimenticato i curdi che pure celebravamo come eroi quando combattevano lo Stato Islamico a Kobane. Ora che combattono gli invasori dell’esercito turco e delle milizie “moderate” dell’Esercito Siriano Libero, l’Europa si volta dall’altra parte.
Del resto c’è poco da aspettarsi dai “Cuor di Leone” che governano l’Europa, proni ai petrodollari del Golfo e al “sultano” di Ankara che ci prende ormai da anni a calci da Cipro alla Libia, dal fronte dei flussi migratori a quello del gas senza mai perdere occasione di accusare gli europei di nazismo e islamofobia.  Certo alla Turchia si può rimproverare la mancanza di scrupoli ma non certo di coerenza nel perseguire i propri interessi nazionali: negli anni scorsi Ankara non ha esitato a sostenere lo Stato Islamico, acquistandone il petrolio estratto nei pozzi occupati in Iraq e Siria e favorendo l’attacco jihadista a Kobane, pur di cacciare o vedere sottomessi i curdi in Siria.
Ciò nonostante non c’è bisogno di scomodare grandi giuristi per sapere che l’invasione turca di Afrin viola il diritto internazionale, così come la presenza militare statunitense in Siria. Possibile che in quella grande coniglieria che è divenuta l’Europa nessuno senta il bisogno di mostrare un sussulto di dignità?  Anche in virtù dei nostri interessi considerato che ogni occupazione militare porta alla fuga di masse di persone che almeno in parte cercheranno di riversarsi in Europa, anche perchè le ricche monarchie sunnite del Golfo che hanno voluto la guerra civile siriana non li vogliono.
D’altra parte quali equilibri guidino oggi la cosiddetta “comunità internazionale” anche nell’ambito della gestione dei conflitti è apparso chiaro l’anno scorso quando un rapporto dell’Onu accusò i sauditi e le altre monarchie del Golfo Persico impegnate nel conflitto nello Yemen di colpire volontariamente i civili nelle regioni in mano ai ribelli sciiti Houthi.   Riad minacciò di togliere i suoi cospicui finanziamenti alle Nazioni Unite se il documento di condanna non fosse stato ritirato e il segretario generale, all’epoca Ban Ki-moon, obbedì al diktat saudita pur esprimendo “profondo rammarico”.