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martedì 24 aprile 2018

Padre Daniel: Nessuno parla più degli sfollati della Ghouta, ma il nostro monastero è tra loro!


Qara, 14 aprile 2018

Come promesso, ricevete ora un rapporto dal campo in cui 25.000 persone vivono, dopo essere state liberate dalla Ghouta orientale, ma non possono ancora ritornare alle loro case. È proprio per loro che voi avete contribuito così generosamente. Grazie grazie!. 

Come un campeggio sovraffollato
 
Come giovane prete ho avuto l’incarico di servire e celebrare l'Eucaristia durante il weekend in due diversi campeggi del comune di Mol (Belgio). Era la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70. Un bel lavoro di vacanza per un giovane sacerdote. 

Martedì scorso ho potuto accompagnare Zaki a Dwayr, a Nord di Damasco, dove la gente rifugiata dalla Ghouta orientale viene accudita dalla nostra comunità di Mar Yakub. Infatti noi ci siamo assunti la responsabilità di prenderci cura di 25.000 rifugiati. 

Ho avuto immediatamente l'impressione, come mezzo secolo fa, di girovagare nuovamente per la provincia dello Zilvermeer (Belgio) anche se le differenze sono enormi.

L'ingresso qui è controllato dai soldati. Per dir le cose in modo semplice, facevo parte della squadra di Mar Yakub e indossavo (per l'occasione) la giacca con il distintivo del monastero (una croce con quattro palline che simboleggiano le quattro direzioni del globo, cioè il mondo intero) e il segno dell'UNHCR, l'organizzazione dei rifugiati delle Nazioni Unite. Il sole splendeva fino al pomeriggio quando ha iniziato a piovere: la pioggia è sempre considerata come una benedizione eccezionale. Ovunque molte persone, molti giovani e molti bambini. Ci sono grandi edifici in pietra e all'esterno è possibile vedere la biancheria appesa a un filo tra due pile di cemento.

Tra gli ulivi si vedono caserme di legno con o senza telo. Tra gli alberi si vede il bucato appeso. Qua e là i bambini si siedono per strada con delle caramelle, sperando di poter vendere qualcosa. Davanti alle caserme ci sono anche delle tende, dove una famiglia sta intorno al fuoco cucinando. Ci sono anche grandi tende, dove dormono donne e bambini. Si vedono anche molti grandi serbatoi rossi che forniscono l’acqua necessaria.  Ho alzato il pollice al camion della spazzatura e ai tre uomini a bordo, che mi hanno sorriso e salutato con gratitudine. Un po’ dovunque si vedono uomini responsabili della pulizia della spazzatura dentro e fuori dagli edifici. Le donne puliscono i dormitori delle loro famiglie.

Prima siamo andati alla nostra piccola caserma "barakske" accanto alla nostra "clinica mobile" (con la croce della nostra comunità in collaborazione con la Mezzaluna Rossa) e siamo stati accolti molto calorosamente dalla "équipe di “Mar Yakub", che vediamo ogni settimana al nostro monastero. Inoltre, quasi tutta l’équipe (oltre 30 persone) è qui, con la conseguenza che i quattro centri di servizio a Qara funzionano temporaneamente al minimo. Questi ragazzi sono molto felici per la mia visita. Sono anche molto orgogliosi di poter aiutare qui. Più in là c'è il vero "hospitainer" di cui potete vedere qui l’interno. Dopo facciamo una passeggiata sul terreno. In generale c’è un'atmosfera rilassata.
Da lì siamo andati in cucina, che adesso fornisce ogni giorno cibo a circa 10.000 persone, ma questo servizio dovrà essere esteso ancora ad un numero maggiore. Qui c'è un’operosità piacevole e allegra. Ci sono grandi bollitori in cui il riso è mescolato con verdure per mezzo di una vera pala (molto pulita).  In altri bollitori si fa la zuppa. C’è un buon profumo in cucina. Altri stanno stanno cuocendo il pane su una piastra calda. Il pane viene tagliato a fette sottili e condito con formaggio, zatar e rimesso sulla piastra. Vogliono che io mangi e mi offrono una sedia. Ha davvero un buon sapore. Un giovane uomo, un cristiano, il cui matrimonio abbiamo consacrato e che ora è padre di un bel bambino, è con la nostra squadra e allo stesso tempo ci fa anche da fotografo. Anche se non mi piace il giornalismo selfie, il giovanotto fa tante (anche troppe) foto con me. Le sue foto sono anche migliori perché quella fatta in cucina non era così chiara, a motivo di tutto il vapore. Di solito le persone amano essere fotografate, anche se le donne musulmane sono sempre un po’ riluttanti.  
Alcune donne si prendono cura di mantenere puliti i diversi luoghi.

Quando siamo arrivati ​​in cucina, il camion che avevamo caricato la mattina presto prima di partire (con sedie a rotelle, attrezzature mediche e altri materiali), era appena arrivato. Questo camion infatti serve di solito anche per trasportare e distribuire il cibo alle famiglie che non possono ancora prendersi cura di se stesse. L'autista mi ha invitato ad accompagnarlo presso le persone a cui sa che deve essere consegnato. Alcuni uomini assicurano una distribuzione ordinata. Uomini e donne stanno aspettando in file separate con una loro pentola o un secchiello. Riso e yogurt (o qualcosa di proveniente dal nostro caseificio) vengono distribuiti. È sorprendente che ciò avvenga ordinatamente in tutta tranquillità, questo è in contrasto con ciò che hanno sperimentato i nostri fratelli alla prima distribuzione in Deir Ezzor, che era stata appena liberata il giorno precedente: la gente di Deir Ezzor era così affamata che la distribuzione diventò così caotica che alla fine l'esercito dovette intervenire. Qui a Dwayr la situazione è come l’avevo vissuta a Qousseir: ordinata e tranquilla.


Ritornando verso la cucina, un uomo della Equipe della Mezzaluna Rossa ci indicò una serie di caserme piene di ammalati. Ho chiesto di poterli visitare, se mi era concesso. Per discrezione non ho fatto alcuna foto. Tuttavia, sono stato più che benvenuto ovunque, anche se potevo solo pregare un Padre Nostro e un'Ave Maria in arabo, e anche imporre loro le mani e benedirli nel nome di Gesù. 
Nella prima baracca c’erano tutti bambini piccoli ammalati. Dopo aver preso in braccio un bambino e pregato sopra di lui, sono venute anche altre madri con i loro bambini. In una delle caserme, le infermiere stavano lavorando. Nell'ultima caserma giaceva una vecchia donna, che mi prese la mano e continuò a baciarmi. 
Signore Gesù, ti prego, benedici tutti questi malati. 

Abbiamo già speso 18.000 €. per materiale necessario di pubblica utilità (acqua, elettricità, ecc.) e di igiene (bagni, ecc). I soldi che arriveranno, saranno spesi adesso per la cucina, per espandere questo progetto e per mantenerlo, perché quest’attività purtroppo sarà ancora necessaria per molto tempo. 
L’ accoglienza calorosa infatti non era per me, ma per voi che avete aperto il vostro cuore e il vostro portafoglio in modo tanto generoso.
Che Dio vi benedica tutti generosamente, come voi siete stati generosi donatori!

     Padre Daniel 

PER CHI VOLESSE INVIARE CONTRIBUTI INDICHIAMO DI NUOVO LE COORDINATE BANCARIE : 
IBAN: BE32 0682 0832 4402/BIC: GKCC BEBB(da Belfius, Pachecoln 44, Bruxelles; con il nostro nome Herman Victor MAES
indirizzo: Abdijlaan 16 B-2400 MOL-POSTEL, con riferimento: Damasco).  
IMPORTANTE: sul bonifico, nella casella “comunicazione” non si può indicare 'Causale Siria' o il bonifico viene rifiutato dalle banche, a causa delle sanzioni. E’ meglio scrivere: “Monastero di San Giacomo”.

lunedì 23 aprile 2018

"A te voglio cantare davanti agli Angeli" : ad-Dio caro padre Elias!


Drammatico incidente sulla strada da Aleppo a Khanasser ci ha portato via il caro don Elias Yeghiche, direttore del coro Naregatsi.  Il nostro amico ora canta nelle braccia di Gesù .

sabato 21 aprile 2018

“Non dimentichiamo”. Per ricordare i due Vescovi di Aleppo, e i sacerdoti rapiti cinque anni fa


Preghiere per ricordare la vicenda dei due Vescovi Metropoliti di Aleppo - il siro ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Boulos Yazigi - di cui non si hanno notizie certe dal giorno del loro rapimento, avvenuto il 22 aprile del 2013.

Ugualmente avvolta nel totale silenzio è la sorte dei due sacerdoti Michel Kayyal (armeno cattolico) e Maher Mahfouz (greco ortodosso) rapiti il 9 febbraio 2013 sulla strada da Aleppo a Beirut, per la cui liberazione si mossero i due Vescovi di Aleppo, a loro volta subito sequestrati.

"Ci rivolgiamo quindi ai cristiani di tutto il mondo: pregate per i rapiti; pregate per la Siria, una terra insanguinata devastata da un'inesorabile ondata di male; pregate per gli uomini torturati e mutilati, per le donne e le ragazze violentate, per i cristiani perseguitati; pregate per quanti commettono queste indicibili atrocità, e soprattutto pregate che il mondo esca da questa insopportabile spirale di silenzio e accorra in aiuto dei suoi fratelli e delle sue sorelle."

lunedì 16 aprile 2018

Siria: la posta in gioco dietro la battaglia di Al Ghouta


L’ennesima denuncia pretestuosa, secondo un collaudato copione, di un attacco chimico attribuito al governo di Damasco da parte delle solite organizzazioni non governative finanziate da Paesi occidentali - puntuali all’appello i famigerati White Helmets, cinici terroristi camuffati da angelici soccorritori – è stata accolta dalla stampa mainstream con la solita ipocrita ‘’indignazione’’ volta a farci digerire la volontà imperiale di sbranare definitivamente la Siria.
Gli USA, dopo la sconfitta del cosiddetto ‘’Stato islamico ‘’ e la riunione ad Ankara lo scorso 4 aprile tra i leaders di Russia, Turchia e Iran, paventando l’estromissione dal teatro siriano, annunciano bombardamenti con la giustificazione appunto di punire Damasco per l’attacco chimico. Così le avvisaglie di un conflitto bellico fuori dall’ambito territoriale in cui ha avuto origine sembrano incombere su un Mediterraneo sempre più invaso da navi da guerra, portaerei e sottomarini provenienti da ogni direzione per una folle partita a scacchi dalle incalcolabili conseguenze.
E l’Italia? L’Italia, come d’altronde la Francia, non ha più alcuna politica estera. È solo un'appendice di Washington, e lo dimostrano i nostri politici, che per far parte del futuro governo devono giurare fedeltà indefettibile all’impero ed alla NATO suo braccio armato, nonostante un’economia depauperata da decenni di ‘’crisi’’ e guerre ‘’umanitarie’’, a partire dalle guerre jugoslave, quelle dell’area mediorientale e africana, da embarghi imposti a destra e a manca - che sono un’altra forma iniqua di belligeranza contro i popoli - da spese militari sempre più esorbitanti e soprattutto dalla follia di una guerra che, partendo dalle coste siriane, rischia appunto di sconvolgere l’intera area mediterranea.
Di chi la colpa se il Mediterraneo diventa sempre più simile a un vulcano in eruzione? chiede, retoricamente, l’autore del seguente articolo: conoscitore profondo di fatti mediorientali e di geopolitica, notoriamente non proprio simpatizzante del governo siriano ma eticamente e razionalmente avverso alla guerra contro la Siria.
Intanto, anche oggi 14 aprile 2018, la Siria e il suo popolo subiscono l’ennesimo scellerato sacrificio sull’ altare in cui si celebra l’ingordigia di vecchi e nuovi imperialismi.
Nota storica:
Nel 27 a.C., Roma comprende, come anteriormente Alessandro Magno, l’importanza strategica della Siria, crocevia dei tre mondi. Dal suo territorio si poteva controllare la Giudea, inviare spedizioni armate contro l’Egitto, contenere l’avanzata delle tribù dall’Arabia e avere una finestra aperta sull’Asia. L’Eufrate era fondamentale per le sue mire espansionistiche in quanto permetteva il controllo di Parti e Sasanidi. L’eterna e complessa ‘’Questione d’Oriente’’- che si perpetua fino ad oggi e vede sempre la Siria al centro delle brame universali – nelle relazioni tra il mondo occidentale-marittimo e l’Asia, ha origini remote. Per esemplificare al massimo, diremo che rimonta almeno al III-II millennio a.C., con le lotte per il dominio di Siria e Canaan prima tra L’Egitto e la Mesopotamia, poi tra i popoli dell’Asia Minore e, nel I millennio a.C., tra il mondo greco-egeo e l’Iran. Per non parlare dell’epoca delle Crociate (ricordo tra le tante la battaglia dell’Ager Sanguinis, nell’attuale provincia di Idleb, chiamata anche battaglia di Sarmada, avvenuta il 28 giugno 1119 tra l'esercito del Principato d'Antiochia, comandato da Ruggero di Salerno e l'esercito di al-Ghazi, governante di Aleppo) e dell’epoca ottomana…
Maria Antonietta Carta

Siria: la posta in gioco dietro la battaglia di Al Ghouta

di René Naba, in International News Middle East Politics Syria, 28 marzo 2018. pubblicato con la rivista Golias http://golias-news.fr/ Golias Hebdo N ° 518 marzo 2018

"Razionalità’’ occidentale nella guerra siriana
Ai primi di febbraio 2018 si apre un nuovo fronte alla periferia di Damasco, nella zona di al-Ghouta, con l'intento di ridurre la pressione militare sulle forze turche e i loro ausiliari del Free Syrian Army nel nord della Siria, mentre l'offensiva turca, "Operazione ramo d'ulivo" contro le forze curde della Siria, lanciata il 19 gennaio 2018, segna il passo, sollevando i timori di una stagnazione turca nel calderone siriano.

Gli obiettivi alla base della nuova battaglia di al-Ghouta, condotta principalmente da alleati della Turchia e del Qatar -Ahrar al Sham e Jaysh al Islam- avrebbero lo scopo sia di risollevare i gruppi islamisti, screditati dopo una serie di clamorosi rovesci a partire dalla riconquista di Aleppo nel dicembre 2016, sia di reinserire le potenze occidentali ed i loro alleati petromonarchici nel gioco diplomatico, dopo esserne stati estromessi dalle forze militari russe e dai loro alleati regionali, le forze governative dell’esercito arabo siriano, i Pasdaran (Iran ) ed Hezbollah (Libano).

Sabato 24 febbraio 2018, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha adottato all'unanimità una risoluzione in cui si chiede "senza indugio" un cessate il fuoco umanitario di un mese in Siria, mentre le battaglie nel settore orientale della Ghouta, alla periferia di Damasco, infuriano. Due gruppi islamici "Jaysh al - Islam" (Esercito dell'Islam, filo-Sauditi) e Faylaq al -Rahman (La Brigata di al-Rahman, pro-Turchia-Qatar) hanno sostenuto questa risoluzione che esclude i gruppi considerati terroristi (Daesh, Jabhat al - Nusra, al - Qaïda). Questo fatto conferma che la battaglia di Ghouta non è un assalto delle forze governative contro civili innocenti, come tendono a sostenere la propaganda occidentale e i loro alleati petromonarchici, ma contrappone l'esercito del governo siriano a gruppi terroristici, frammisti alla popolazione civile come "scudi umani" e che beneficiano delle strutture di transito e della fornitura di armi degli Israeliani.

La Turchia ha impegnato truppe nell'area di Afrin il 19 gennaio contro le forze curde, guidate da Francesi e Statunitensi, per far fallire la creazione di un'entità curda indipendente nel nord della Siria.   Agli occhi degli strateghi occidentali una tale entità compenserebbe il fallimento della proclamazione di uno stato curdo indipendente nel nord dell'Iraq: un progetto concepito dagli USA e Israele per servire da piattaforma alle loro attività anti-iraniane dal nord dell'Iraq, al confine con l'Iran.

La nuova strategia occidentale, concordata durante una riunione a Londra l’11 gennaio 2018, avrebbe previsto col rilancio della campagna sulle armi chimiche la partizione del Paese, per sabotare sia il processo di riconciliazione tra Siriani, portato avanti sotto l’egida russa a Sochi, sia l'inserimento della Turchia, unico Paese musulmano membro fondatore della NATO, che sta prendendo le distanze dai suoi alleati atlantisti.
Per approfondire questo argomento, vedere il seguente link:
Antecedentemente punta di diamante nella lotta contro la Siria, Ankara teme ora che il progetto occidentale porterà allo smembramento della Turchia con il risveglio dell'irredentismo curdo. Il presidente Erdogan si sta impegnando quindi per creare una barriera umana araba nell'area di confine tra Turchia e Siria, insediando in questo settore i 3,5 milioni di rifugiati Siriani presenti nel suo territorio, per eliminare così questo gravame umano e finanziario in prospettiva delle prossime elezioni.
Noti per la loro flessibilità, e benché inquadrati da Americani e da Francesi, i Curdi hanno fatto appello al presidente siriano Bashar al-Assad per ‘’difendere l’integrità territoriale" della Siria e incrociare le armi contro la Turchia, nonostante siano stati tra i grandi architetti dello smembramento del loro paese ospitante.
Oltre questa ripresa bellicosa, si pone la questione della razionalità occidentale e dei loro alleati curdi nella guerra siriana:
Riguardo ai Curdi: l’alleanza con gli Stati Uniti, artigiani della cattura di Abdullah Ocalan - leader carismatico del movimento separatista curdo in Turchia - e la richiesta alla Siria, dopo aver contribuito al declino del suo stato centrale, è come minimo un'incoerenza. 
Riguardo agli Occidentali: opporsi all'indipendenza della Catalogna e della Corsica e invece provocare la spartizione della Siria è quantomeno una duplicità nociva alla credibilità del loro discorso moralizzatore.

Allo scoppio della guerra in Siria, la presenza russa era ai minimi termini. Sette anni dopo, la Russia ha una base aerea importante a Hmeiymin, sulla costa siriana - la prima in Medio Oriente dal tempo degli zar - ed una seconda base navale a Tartus. La Cina, ha uno scalo in Tartus adiacente alla base navale russa: la prima calata militare cinese nel Mediterraneo dalla notte dei tempi. 
 In crisi con la NATO, di cui è membro fondatore, la Turchia si avvicina notevolmente a Iran e Russia, leader della sfida all'egemonia israelo-occidentale in Medio Oriente. l'Iran è ora militarmente presente in Siria, al confine con Israele, mentre lo Stato ebraico ha perso il controllo assoluto del cielo, come dimostra la distruzione di un bombardiere israeliano F16 nello spazio aereo siriano, e gli Hezbollah libanesi, agguerriti dai combattimenti in Siria, sono diventati grandi decisori regionali. Di chi è la ‘’colpa’’?

Per approfondire l’argomento
http://www.madaniya.info/2018/01/05/le-mic-mac-de-la-france-dans-son-projet-de-creation-dun-etat-sous-controle-kurde-a-raqqa-en-syrie/
https://www.les-crises.fr/nos-cris-dindignation-a-propos-du-siege-de-ghouta-sonnent-creux-car-nous-ne-ferons-rien-pour-sauver-les-civils-par-robert-fisk/

traduzione: Maria Antonietta Carta

sabato 14 aprile 2018

Dichiarazione dei Patriarchi di Antiochia Greco-Ortodosso, Siro-Ortodosso e Greco-Melkita Cattolico sull'attacco a Damasco


Damasco, 14 aprile 2018

Dio è con noi; lo comprendano tutte le nazioni e si sottomettano!

Noi, i Patriarchi: Giovanni X°, Patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, Ignazio Aphrem II°, Patriarca Siriaco Ortodosso di Antiochia e di tutto l'Oriente, e Giuseppe Absi, Patriarca Melchita-greco cattolico di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme, condanniamo e denunciamo la brutale aggressione che ha avuto luogo questa mattina contro il nostro prezioso Paese, la Siria, da parte degli Stati Uniti, dalla Francia e dal Regno Unito, con l'accusa secondo cui il governo siriano avrebbe usato armi chimiche. Leviamo le nostre voci per affermare quanto segue:
1. Questa brutale aggressione è una chiara violazione delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite, perché è un assalto ingiustificato a un paese sovrano, membro dell'ONU.
2. Ci provoca grande dolore che questo attacco provenga da Paesi potenti a cui la Siria non ha causato alcun danno in alcun modo.
3. Le accuse degli Stati Uniti e di altri paesi secondo cui l'esercito siriano starebbe usando armi chimiche e che la Siria è un Paese che possiede e usa questo tipo di arma, sono affermazioni ingiustificate e non supportate da prove sufficienti ed evidenti.
4. Il tempismo di questa ingiustificata aggressione contro la Siria, quando la Commissione internazionale indipendente di inchiesta stava per iniziare il suo lavoro in Siria, mina il lavoro di questa commissione.
5. Questa aggressione brutale distrugge le possibilità di una soluzione politica pacifica e porta a un'escalation e a maggiori complicazioni.
6. Questa ingiusta aggressione incoraggia le organizzazioni terroristiche e dà loro lo slancio per continuare nel loro terrorismo.
7. Chiediamo al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di svolgere il suo ruolo naturale nel portare la pace piuttosto che contribuire all'escalation delle guerre.
8. Facciamo appello a tutte le Chiese dei Paesi che hanno partecipato all'aggressione, perché adempiano ai loro doveri cristiani, secondo gli insegnamenti del Vangelo, e condannino questa aggressione, richiamando i loro governi a impegnarsi per la protezione della pace internazionale.
9. Salutiamo il coraggio, l'eroismo e i sacrifici dell'Esercito Arabo Siriano che coraggiosamente protegge la Siria e fornisce sicurezza alla sua popolazione. Preghiamo per le anime dei martiri e per il riabilitazione dei feriti. Siamo fiduciosi che l'esercito non si piegherà davanti alle aggressioni terroristiche esterne o interne, ma continuerà a combattere coraggiosamente contro il terrorismo fino a quando da ogni centimetro della terra siriana sarà sradicato il terrorismo. Allo stesso modo, lodiamo la coraggiosa posizione di Paesi che sono amichevoli nei confronti della Siria e della sua popolazione.
Offriamo le nostre preghiere per la sicurezza, la vittoria e la liberazione della Siria da ogni tipo di guerra e terrorismo. Preghiamo anche per la pace in Siria e in tutto il mondo e chiediamo di rafforzare gli sforzi della riconciliazione nazionale per proteggere il paese e preservare la dignità di tutti i Siriani.

San Charbel ( e Padre Bottegal) salvi la Siria


Nessun testo alternativo automatico disponibile.


Prendo una notizia da Repubblica. Potrei riprenderla da qualunque giornale, tanto tutti gli articoli sono in fotocopia: dipendono da rilanci d’agenzie, mica hanno una squadra di giornalisti sul posto.
«Un nuovo attacco aereo a Douma con armi chimiche provoca almeno 100 morti e mille feriti. Continua una guerra diplomatica Usa-Russia, con Washington che chiede ai russi di abbandonare Assad e Trump denuncia “l'insensato attacco chimico” con un tweet in cui punta il dito contro il presidente Putin: “La Russia e l'Iran sono responsabili per il sostegno all'Animale Assad. Ci sarà un alto prezzo da pagare”. Una fonte dell'amministrazione fa sapere che la Casa Bianca non esclude la rappresaglia contro Assad: un raid missilistico contro obiettivi del regime siriano. “Non escluderei” alcuna opzione, ha affermato alla Abc Thomas Bossert, consigliere di Trump per la sicurezza nazionale e l'antiterrorismo, in contatto con Trump da sabato sera per valutare una risposta. “Quelle foto sono orribili - ha aggiunto -, in questo momento stiamo esaminando l'attacco”».

Che pena. Già il dire “quelle foto sono orribili” indicano che Bossert si fida delle foto. Di quelle foto, ovviamente, non sappiamo (1) quando sono state scattate (2) dove sono state scattate (3) da chi sono state scattate (4) perché sono state scattate.

Ad esempio, avete già visto la povera bimba che chiude gli occhi alla sua bambola per non vedere gli orrori della guerra? Ce l’hanno già propinata come bimba di Gaza anno 2014, bimba siriana anno 2016, bimba siriana anno 2018. Pare che sia semplicemente una bimba turca 2007 che sta giocando, ma anche questo non ha importanza. L’unica cosa certa è che una foto non è nulla e da una foto non si può dedurre nulla.

Per sapere (1) SE sono state usate armi chimiche (2) QUALI armi chimiche sono state usate (3) DA CHI sono state usate (4) PERCHE’ sono state usate, occorre ovviamente una lunga inchiesta indipendente e realizzata sul posto. Quanto può durare un’inchiesta simile? Diversi mesi, sicuramente. Se gli Stati Uniti partono in tromba per bombardare, significa solo che volevano bombardare, punto e basta; e le armi chimiche sono il solito pretesto.
Si accoda Macron, ovviamente: «Il presidente Macron ha detto che la Francia deciderà nei prossimi giorni con gli alleati Usa e Gb come rispondere al regime siriano sul presunto attacco con armi chimiche nella Ghouta. Eventuali raid degli aerei francesi avrebbero come obiettivo le “capacità chimiche” del regime siriano». Rispondere a un “presunto” attacco. Che pena.

Naturalmente si accodano anche i politici locali (Trump è brutto sporco cattivo; ma diventa un bravo ragazzo se si mette a bombardare Assad). Il neo-capogruppo PD al Senato Andrea Marcucci ha detto che «ciò che sta accadendo in Siria è inaccettabile. L'utilizzo delle armi chimiche va condannato, così come gli autori e mandanti di tale scellerati azioni. Nessuna attenuante per tale cieca violenza che ci ricorda le stragi nazifasciste della fine della seconda guerra mondiale». Anche Marcucci, ovviamente, per fare queste affermazioni perentorie, non sa niente di più di quello che sa Trump. Ossia nulla.

Vi ricordate la “madre di tutte le fake news” siriane? Si cominciò con il rapimento della bella Amina, la ragazza lesbica di Damasco che “combatteva” il regime di Assad. In realtà la bella Amina era Tom McMaster, un americano che scriveva da Edimburgo. Ma se andate a rivedervi l’articolo di Repubblica del 9 giugno 2011 troverete non solo la inesistente Amina «fermata da tre agenti in borghese armati e costretta a entrare nella loro auto nei pressi della piazza degli Abbasidi della capitale siriana», ma troverete addirittura «la sua partner Sandra Bagaria, intervistata in Canada dal New York Times».

E’ una noia, ormai. Mentre la verità è così semplice: l’occidente vuole distruggere la Siria dopo aver distrutto Afghanistan, Iraq e Libia. E prima di distruggere l’Iran.
Come è stato distrutto l’Afghanistan? Imputando ai Talebani la copertura di Osama Bin Laden, autore dell’attacco alle Torri Gemelli. I Talebani hanno sempre negato di c’entrare qualcosa con la vicenda dell’11 settembre. Ma i media li detengono gli USA, non i Talebani.
Come è stato distrutto l’Iraq? Imputando a Saddam le inesistenti “armi di distruzione di massa”.
Come è stato distrutta la Libia? Accusando Gheddafi di “bombardare il suo popolo”. Il suo popolo: il popolo più ricco dell’Africa, con il massimo livello ISU (Indice di Sviluppo Umano), senza debito, senza emigrazione, senza disoccupazione.
Come distruggono la Siria? Imputando ad Assad la “repressione di un movimento pacifico”, movimento che in realtà è stato da subito una guerra civile finanziata dall’esterno, dove più dell’80% dei “ribelli” sono miliziani non siriani.

La realtà della Siria era questa.
(1) Un paese senza debito. E si sa che “un paese senza debito fa rabbia agli usurai”. Assad aveva portato una grande prosperità in Siria; e paradossalmente le sanzioni avevano costretto la Siria a fare da sé i prodotti di consumo, finendo addirittura per esportarli.
(2) Un presidente amato. La gente ha la vaga idea che la Siria sia uno stato musulmano. In realtà è uno stato laico, dove tutte le religioni sono rispettate, compresa la minoranza cristiana. Era un paese “democratico”? Assad rispose una volta «Dipende con chi mi confrontate. La Francia è più democratica di noi. Ma noi siamo certamente più democratici dei vostri alleati della Penisola Arabica.» Assad è l’uomo giusto per imporre il pugno di ferro sull’islamismo radicale.
(3) Un paese dove tutti i “fondamentali” erano garantiti. Pace, benessere, convivenza tra le minoranze, possibilità di mangiare, curarsi, lavorare, studiare, viaggiare, pregare. Nessuna necessità di emigrare.

Ogni volta che i media iniziano a parlare di armi chimiche, significa una sola cosa: che l'esercito siriano ha appena ottenuto una vittoria importante. Assad vince a Ghouta, liberandola dai miliziani invasori (e Ghouta è la porta di Damasco) e prontamente gli USA e i loro media tirano fuori la notizia delle armi chimiche per aver la scusa di bombardare.

Scrivevo il 27 aprile 2017 un articolo sulla Siria intitolato “Gli sceneggiatori sono stanchi”. Oggi sono ancora più stanchi, perché la Hollywood della guerra ripropone sempre la solita solfa e la solita conclusione: Assad è cattivo e arrivano i missili USA a esportare democrazia. Trump in Siria come Obama in Libia. E io, con quest’articolo, vado a ripetere le stesse cose di un anno fa.

Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi.
«Cur - inquit - turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?»
«Qui possum facere quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor.»
«Ante hos sex menses male - ait - dixisti mihi».
«Equidem natus non eram!»
«Pater, hercle, tuus male dixit mihi!»
Atque ita correptum lacerat iniusta nece.
Come dite? Che paragonare Assad a un agnello è eccessivo? Niente di eccessivo. Chi non ha accesso ai media è sempre e comunque l’agnello. Verrà divorato dal lupo nell’applauso generale: l’Aquila americana colpisce il dittatore! Ma non c’è dittatore peggiore di chi usa i media per i propri scopi. Chi ci ha mentito su Afghanistan, Iraq, Libia, potrà mai dirci la verità sulla Siria?

Di fronte a questa situazione c’è ormai una sola possibilità: invocare San Charbel Makhluf, santo libanese, santo del Medio Oriente, di fermare gli americani e di salvare Assad e la Siria. Se potete condire la preghiera con un po’ di digiuno, viene meglio.

Giovanni Lazzaretti
Taglio Laser, la Voce di Reggio, 14 aprile 2018

mercoledì 11 aprile 2018

Da suor Yola: "amici, siate con noi! #NoWarInSyria"

L'immagine può contenere: 8 persone, tra cui Yola Girges, persone che sorridono, persone in piedi e spazio all'aperto
L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono, persone sedute, bambino e tabellaL'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, persone sedute e bambinoL'immagine può contenere: 4 persone, tra cui Yola Girges, persone che sorridono, persone sedute, bambino, bimbo e spazio all'aperto

Voglio dire a tutti i miei amici italiani di divulgare questa verità che vi dicono i nostri bambini,  i nostri giovani:  per 7 anni abbiamo sofferto, sì, ma abbiamo toccato con mano che la Siria è più grande di tutti i potenti del mondo.
In Damasco Dio ha accecato Paolo e qui egli ha visto la luce e da carnefice è diventato Apostolo e portatore di Verità. 
E quindi Dio protegge la Siria SURIA ALLA HAMIHA.
La Siria è una terra Santa da 7000 anni non le potrà accadere nulla, ricordatevelo sempre . 
Questo ve lo dicono i bambini della Siria 
Allora lasciateci in pace e mai più la Guerra!

suor Yola Girges, Damasco

lunedì 9 aprile 2018

USA/Syria: pronti a colpire 'per sentito dire'


Strano strano: l’Osservatorio siriano per i diritti umani, totalmente consegnato alla causa del regime-change in Siria, quindi non certo uno strumento in mano ad Assad, non dà alcuna notizie dell’asserito attacco chimico che sarebbe avvenuto a Douma, presso Ghouta orientale. Attacco che l’Occidente attribuisce ad Assad.
L’Osservatorio è dedito alla propaganda contro il governo siriano. I suoi oppositori lo accusano di Inventarsi o distorcere notizie alla bisogna; un po’ come quando si narrava che i comunisti mangiavano i bambini.    Allo scopo si avvale di fonti sul campo, fonti jihadiste, ovvio, e terroriste. Ha quindi un rapporto diretto con gli attori presenti nel teatro di guerra. Nel caso specifico, la banda Jaysh al-Islamfinanziata e armata dall’Arabia Saudita, che controllava Douma.

Il resoconto dell’Osservatorio siriano dei diritti umani 

Bene, l’Osservatorio dedica alle interna corporis di Douma tantissimi articoli, di cui cinque solo oggi (almeno fino al momento in cui abbiamo realizzato questa piccola nota), dettagliando cosa è successo nel quartiere assediato di Damasco.    Note in cui si narra che ci sono stati pesanti bombardamenti da parte delle forze russo-siriane, e che in seguito a queste la popolazione civile si è ribellata agli jihadisti e gli ha chiesto di accettare l’accordo proposto dai loro nemici e di abbandonare il quartiere.  Hanno persino manifestato sotto la casa del capo della milizia, per fargli capire che doveva sloggiare.
Magnanimamente, i jihadisti alla fine hanno accettato, spiegando in un comunicato che lo facevano per il bene della popolazione civile. E ora pare che stiano andando via, sotto la “pressione popolare”, imbarcati su 26 autobus messi a disposizione da Damasco. Saranno destinati ad un’altra zona della Siria controllata da altri jihadisti.
Bene, in nessuno di questi articoli si parla di gas tossico, attacco chimico o quanto altro. Solo in un articolo del 7 aprile si accenna a “11 persone, tra cui almeno 5 bambini, soffocate, dopo il bombardamento di un aereo da guerra”.
Al di là della veridicità o meno della notizia (l’Osservatorio non è molto attendibile, per usare un eufemismo), resta che non parla di gas, ma di generici sintomi di soffocamento di 11 persone.   Va da sé che se si lancia un attacco chimico i sintomi sono ben più gravi e le persone colpite risulterebbero in numero ben maggiore.   Inoltre, di solito, le notizie riguardanti gli asseriti attacchi chimici del passato erano corredate con foto raccapriccianti. In questo caso di foto ne sono circolate pochine e tutte molto più che generiche: potrebbero essere state scattate ovunque.
Quella che circola di più l’abbiamo messa in esergo al nostro articolo e inquadra un bambino con un respiratore, mentre la sua compagnetta non ha nulla, se non legittima paura. Foto che non provano nulla insomma, se non l’innocenza violata dei bambini in questa sporca guerra.   Una sporca guerra che si alimenta di menzogne. I siti russi rilanciano le dichiarazioni della Croce rossa siriana, che dice di non aver trovato tracce di gas a Douma.
E in realtà, non si capisce perché i jihadisti incistati nel quartiere non hanno denunciato quell’attacco nel comunicato rivolto ai cittadini di Douma che l’Osservatorio siriano per i diritti umani riporta tutto nel dettaglio: non una riga sull’asserito attacco chimico (cliccare qui).  Perché tacere? Si poteva ben denunciare che a seguito dell’attacco chimico avevano deciso di andar via…
Si noti che questo articolo, e soprattutto il comunicato degli jihadisti, è successivo all’attacco in cui L’Osservatorio denuncia i presunti sintomi di soffocamento. Non una riga su gas e attacchi chimici. Nemmeno una…
Vuoi vedere che si sono inventati tutto?
Ps. Ovvio che da oggi tutto può cambiare e magari anche sul sito dell’Osservatorio scorreranno fiumi di inchiostro su gas e quanto altro. Ma il dato rilevato resta. E conferma quanto scritto stamane: la storia dell’attacco chimico è una messinscena costruita ad arte per attaccare Assad

Siria: l’attacco chimico, tragico pretesto

Un altro attacco chimico in Siria scatena la reazione internazionale. “Ora l’America di Trump dovrà colpire. Dovrà rispondere alle immagini spaventose che giungono dalla Siria”, scrive Franco Venturini sul Corriere della Sera di oggi. Si potrebbe concordare. Ma difficilmente Washington bombarderà Ryad, che sostiene i jihadisti di Jaysh al-Islam, l’organizzazione jihadista che ha lanciato l’attacco.  Perché, con ritornello ripetitivo quanto stantio, i politici e i media dell’Occidente accusano Damasco e Putin. E si preparano a colpire la Siria.

Un attacco chimico annunciato

Solo che stavolta Mosca non starà a guardare. Ha allertato le difese schierate in Siria, e sono tante. Sarà la terza guerra mondiale? Washington dovrebbe riflettere prima di compiere passi fatali. L’escalation è una possibilità, anche se ad oggi remota.
Sull’attacco chimico è inutile spiegare che Assad  non ha alcun interesse a usare i gas contro i suoi nemici, anzi, sui quali sta avendo la meglio usando armi convenzionali.
Per un beffardo incrocio di destini, proprio oggi sembra si sia chiuso l’accordo con gli assassini di Jaish al islam che controllano Douma, il quartiere nel quale sono stati sganciati i gas. Dovrebbero andarsene altrove, liberando l’area dalla loro nefasta occupazione.  Ma al di là, degli sviluppi, resta che non interessa a nessuno accertare i fatti. La responsabilità di Assad è dogma inderogabile. Come furono le armi di distruzione di massa di Saddam. E anche se gli interventisti palesano qualche dubbio, restano fermi nell’asserire che Assad va colpito.
Come fa Venturini con quel cenno col quale abbiamo iniziato questa nota. Nel proseguo dell’articolo, infatti, ammette che la responsabilità del governo siriano è dubbia…  A fine marzo avevamo riportato che “i ribelli siriani che combattono nel Ghouta avrebbero simulato un attacco chimico contro i civili come pretesto per un attacco americano“. Una constatazione non nostra, ma del sito Debkafile, collegato ai più che informati servizi segreti israeliani, che pure non hanno in grande simpatia Assad, anzi.
E da giorni media russi e iraniani avevano allertato su un attacco chimico imminente ad opera dei cosiddetti ribelli per incolpare i siriani.   Sempre Debkafile, oggi riporta: “Alcune fonti a Washington sospettano che alcuni gruppi dell’opposizione siriana stiano innescando l’escalation nella speranza di provocare un’azione militare USA in Siria, ribaltando l’intenzione annunciata dal presidente Trump di riportare a casa le truppe statunitensi“.

Trump e il ritiro dalla Siria

Trump, obnubilato dai fumi dell’incendio che ieri è divampato alla Trump Tower, (funesto presagio), si è scagliato lancia in resta per un’azione militare. La sua idea di ritirare le truppe dalla Siria sembra dunque appartenere al passato.   Oggi le difese siriane danno notizia di aver abbattuto alcuni missili Tomahawk lanciati contro una loro base aerea, un attacco che Mosca attribuisce a Israele.    Gli autori della strage di Douma sembrano dunque aver conseguito i risultati sperati.
Resta la perplessità per un complesso mediatico unidirezionale, come riscontrato durante la guerra in Iraq e quella in Libia. L’Unione sovietica aveva la Pravda, parola russa che significa verità.   Ai media occidentali è consentita certa libertà su temi secondari, ma, quando il sistema si compatta su una decisione che riguarda il suo stesso destino, hanno anche loro una Pravda alla quale attenersi, pena l’esclusione dal sistema stesso.   Una Pravda più sofisticata, certo, ma non meno perniciosa. Pericolosa deriva. Totalitaria.

venerdì 6 aprile 2018

Ritorno a Deir Ezzor



di Alexandre Goodarzy
responsabile di SOS Chrétiens d'Orient

La mia ultima visita a Deir Ezzor risale a dieci anni fa. Sto tornando in questa città che ora sembra così lontana da Damasco. Dovevo vedere come si presenta adesso, dopo tanti anni di assedio e di guerra.
La strada rimane pericolosa anche se l'intera zona è stata riconquistata e pacificata dall'Esercito Arabo Siriano e dai suoi alleati. Quindi scegliamo di volare a Qamishli, una città di origine siriaca situata nell'estremo nord-est del paese, vicino al confine turco. Poi saliremo a bordo di un veicolo che ci porterà a Hassakeh, più a sud. Resteremo lì durante la notte. Nelle prime ore del mattino successivo prenderemo un altro veicolo per continuare verso sud per raggiungere il fiume Eufrate e giungere a Deir Ezzor, la nostra destinazione finale. Viaggiamo con Padre Gabriel, un prete Siriaco Ortodosso di Hassakeh, che ha gentilmente accettato di guidarci in sicurezza verso la nostra destinazione.
Dobbiamo passare un check point dopo l'altro, quelli dei Curdi del PYD e quelli dell'Esercito Siriano, prima di raggiungere la "Porta di Deir Ezzor" che possiamo vedere da lontano in una foschia nebulosa. È nera. L'arredamento funebre diventa sempre più chiaro man mano che ci avviciniamo alla città. Le carcasse "disossate" di auto e camion stanno sparpagliate su entrambi i lati della strada. Questa scena mi ricorda Aleppo e le molte ore di viaggio su strade che non hanno niente altro da offrire che scene di totale desolazione da Ithrye quando si prende la strada di Khanasser.   Veicoli leggeri e pesanti che sono esplosi sulla strada sono i silenziosi testimoni della violenza usata per fermarli sul loro percorso. È semplicemente impossibile immaginare lo scenario! Persone che volevano fuggire, o - forse - tornare a casa - letteralmente distrutte dagli uomini in nero.
Proseguiamo verso la città ma è impossibile accedervi direttamente. Dobbiamo fare una lunga deviazione. Questo ci dà l'opportunità di attraversare villaggi dove si sono verificati terribili massacri "prima che gli Hezbollah venissero a liberarci", ci racconta un mercante locale che ci vende bottiglie d'acqua. Il marchio della Bestia Islamica è onnipresente. Può persino essere visto sulle facciate di alcune case. Può essere ancora letto sui cartelli stradali nonostante le molte mani di vernice che sono state usate per cancellarlo.   Questi villaggi stanno tornando alla vita davvero! I più giovani tornano a scuola e i padri che stanno bevendo il tè sul ciglio della strada sono occupati con i lavori manuali che richiedono il loro lavoro per guadagnarsi il pane quotidiano.   Sono presenti molti soldati. I tratti tesi sui loro volti e nei loro occhi abituati alla vista della guerra testimoniano quanto han dovuto lottare per riconquistare alcune centinaia di metri quadrati di terreno.
 Finalmente raggiungiamo le rive dell'Eufrate. Niente più ponti, sono stati tutti distrutti durante le lotte tra l'Esercito Arabo Siriano e lo Stato Islamico.
I Russi sono dall'altra parte del fiume. Hanno allestito una sorta di ponte galleggiante che è legato a due anfibi che spingono il ponte da un lato all'altro. È il modo consueto di attraversare il fiume, ma Padre Gabriel chiede a uno dei soldati di farci attraversare con uno Zodiac. In questo modo abbiamo diritto a una speciale crociera di benvenuto. Mentre Padre Gabriel sta aspettando il ponte galleggiante per portare la sua auto dall'altra parte, noi beviamo un bicchiere di mate e aspettiamo che egli si unisca a noi.
Una volta completata la traversata, continuiamo sulla strada per gli ultimi chilometri che ci separano ancora da Deir Ezzor e dal suo centro. Guidiamo lungo la zona dell'aeroporto che è stata brutalmente assediata dai terroristi per un lungo periodo di tempo. Questo mi porta a ripensare a grandi eroi, come il generale Issam Zahreddin, e a immaginare tutti gli anni di intensi combattimenti che lui e i suoi uomini hanno dovuto affrontare, principalmente per le popolazioni locali le cui vite hanno cercato di risparmiare o di salvare.  Ricordo anche le numerose volte in cui l'esercito americano ha bombardato senza sosta la Guardia nazionale siriana , indebolendo così l'Esercito Siriano di fronte al nemico. Questo obiettivo "sbagliato" ha portato alla perdita di un posto strategico detenuto dall'Esercito Siriano, dividendolo in due parti ed isolandole l'una dall'altra e rendendo l'Esercito Siriano più vulnerabile di fronte ai barbari dello Stato Islamico! Nonostante ciò, erano rimasti saldi fino a quando l'Armata siriana non è riuscita a penetrare attraverso le linee meridionale e occidentale e a spezzare l'assedio.
Passiamo poi nelle aree più danneggiate e distrutte della città, quelle della prima linea, dove sorgevano le chiese e il cinema Fouad. Non è rimasto nulla. Questi edifici sono tutti sbriciolati, solo un mucchio di detriti. L'unica chiesa che è ancora in piedi è la chiesa Siriaco Ortodossa. Il tetto dell'edificio, o ciò che ne rimane, è ancora sul posto e ci offre una "vista mozzafiato" su un paesaggio urbano desolato.
Solo rovine a perdita d'occhio. Eppure la vita sta riprendendo il sopravvento. Gli uomini stanno tornando per vedere cosa rimane del loro negozio o della loro casa. Puliscono, rassettano, prestano attenzione a ogni punto su cui mettono i piedi. Nonostante questo le mine stanno ancora mutilando e uccidendo, anche anni dopo la fine dei combattimenti.
Il tempo passa velocemente. Abbiamo già passato ore a osservare i resti della città. Dobbiamo tornare indietro. È impossibile attraversare l'Eufrate dopo le 14:00 e sono già le 13:00. È il momento di dire addio ..
Sulla via del ritorno, lasciando la città, ci fermiamo a una diga che arriva fino all'altezza di un ponte. È distrutto e sprofonda nel fiume. Lo riconosco, è quello che fu costruito nel secolo scorso dai Francesi. Lo ricordo perché 10 anni fa mi tuffai da questo ponte nell'Eufrate e vi feci il bagno. Era diventato una specie di rituale! Ogni volta che andavo a Damasco, passavo a Palmyra, poi continuavo verso Deir Ezzor prima di tornare ad Aleppo. Il passaggio per Deir Ezzor era invariabilmente segnato da ore di nuoto nell'Eufrate. L'immagine del ponte è rimasta impressa nella mia testa. A volte ripenso a tutti questi giovani che vivevano lì e con i quali condividevamo questi momenti, mi chiedo che ne sia stato di loro... Il ponte in questione è distrutto, ma non posso fare a meno di sorridere ripensando a tutto questo ...
Scattiamo qualche foto e poi ripartiamo velocemente, infatti è già troppo tardi. Non si lascia passare più nessuno a quest'ora, né in un senso né nell'altro. Ma il rispetto che i Siriani hanno per gli uomini di chiesa ci apre le porte e rende molte cose più facili. I soldati dell'Esercito siriano, gli uomini di Hezbollah, i Russi, gli Afghani e miliziani curdi del PYD che incrociamo non rifiutano niente ad un uomo di chiesa, quale che sia la loro religione. Alla vista di un prete, ci si inchina e si fa un'eccezione ...
Arriviamo in extremis ad attraversare l'Eufrate in direzione opposta, poi riprendiamo il nostro percorso per Hassakeh e Qamishli dove il nostro aereo ci aspetta per ritrovare Damasco, anch'esso sotto le bombe... nel momento in cui il mondo si lamenta per il destino di questi stessi delinquenti che cercano di fare di Damasco quello che essi hanno già fatto di Deir ez Zor, di Aleppo, di Mosul e di molte altre città in Medio Oriente... 
Il bilancio, a Damasco, era pesante al nostro ritorno: 38 morti e 50 feriti ...


Durante la mia visita a Mhardeh e Sqelbiye, sono stato toccato dalle parole di speranza e di fede di eroi come Simon e Nabel. Questi due guerrieri della Difesa Nazionale affrontano quotidianamente migliaia di terroristi siriani e stranieri a sud di Idlib. Le decine di autobus che hanno svuotato la Ghouta (alle porte di Damasco) dei suoi jihadisti si stanno stipando davanti ai loro occhi nei villaggi vicini. È da questi stessi villaggi dove vengono inviati, che gli abitanti di Mhardeh e Sqelbiye riceveranno nuovi attacchi!
La guerra è finita per Damasco ma non per quelli che vivono in prima linea, non per Simon, non per Nabel!
Nonostante tutto, essi rimangono fiduciosi, pieni di speranza, sempre sorridenti! Ci ripetono spesso con orgoglio che  "le campane continueranno a suonare a Mhardeh e Sqelbiye!"
Possa Dio benedirvi e proteggervi, cari Simon e Nabel.
Dio benedica Mhardeh e Sqelbiye.
Dio benedica la Siria.
Alexandre, capo della missione in Siria.