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lunedì 9 aprile 2018

USA/Syria: pronti a colpire 'per sentito dire'


Strano strano: l’Osservatorio siriano per i diritti umani, totalmente consegnato alla causa del regime-change in Siria, quindi non certo uno strumento in mano ad Assad, non dà alcuna notizie dell’asserito attacco chimico che sarebbe avvenuto a Douma, presso Ghouta orientale. Attacco che l’Occidente attribuisce ad Assad.
L’Osservatorio è dedito alla propaganda contro il governo siriano. I suoi oppositori lo accusano di Inventarsi o distorcere notizie alla bisogna; un po’ come quando si narrava che i comunisti mangiavano i bambini.    Allo scopo si avvale di fonti sul campo, fonti jihadiste, ovvio, e terroriste. Ha quindi un rapporto diretto con gli attori presenti nel teatro di guerra. Nel caso specifico, la banda Jaysh al-Islamfinanziata e armata dall’Arabia Saudita, che controllava Douma.

Il resoconto dell’Osservatorio siriano dei diritti umani 

Bene, l’Osservatorio dedica alle interna corporis di Douma tantissimi articoli, di cui cinque solo oggi (almeno fino al momento in cui abbiamo realizzato questa piccola nota), dettagliando cosa è successo nel quartiere assediato di Damasco.    Note in cui si narra che ci sono stati pesanti bombardamenti da parte delle forze russo-siriane, e che in seguito a queste la popolazione civile si è ribellata agli jihadisti e gli ha chiesto di accettare l’accordo proposto dai loro nemici e di abbandonare il quartiere.  Hanno persino manifestato sotto la casa del capo della milizia, per fargli capire che doveva sloggiare.
Magnanimamente, i jihadisti alla fine hanno accettato, spiegando in un comunicato che lo facevano per il bene della popolazione civile. E ora pare che stiano andando via, sotto la “pressione popolare”, imbarcati su 26 autobus messi a disposizione da Damasco. Saranno destinati ad un’altra zona della Siria controllata da altri jihadisti.
Bene, in nessuno di questi articoli si parla di gas tossico, attacco chimico o quanto altro. Solo in un articolo del 7 aprile si accenna a “11 persone, tra cui almeno 5 bambini, soffocate, dopo il bombardamento di un aereo da guerra”.
Al di là della veridicità o meno della notizia (l’Osservatorio non è molto attendibile, per usare un eufemismo), resta che non parla di gas, ma di generici sintomi di soffocamento di 11 persone.   Va da sé che se si lancia un attacco chimico i sintomi sono ben più gravi e le persone colpite risulterebbero in numero ben maggiore.   Inoltre, di solito, le notizie riguardanti gli asseriti attacchi chimici del passato erano corredate con foto raccapriccianti. In questo caso di foto ne sono circolate pochine e tutte molto più che generiche: potrebbero essere state scattate ovunque.
Quella che circola di più l’abbiamo messa in esergo al nostro articolo e inquadra un bambino con un respiratore, mentre la sua compagnetta non ha nulla, se non legittima paura. Foto che non provano nulla insomma, se non l’innocenza violata dei bambini in questa sporca guerra.   Una sporca guerra che si alimenta di menzogne. I siti russi rilanciano le dichiarazioni della Croce rossa siriana, che dice di non aver trovato tracce di gas a Douma.
E in realtà, non si capisce perché i jihadisti incistati nel quartiere non hanno denunciato quell’attacco nel comunicato rivolto ai cittadini di Douma che l’Osservatorio siriano per i diritti umani riporta tutto nel dettaglio: non una riga sull’asserito attacco chimico (cliccare qui).  Perché tacere? Si poteva ben denunciare che a seguito dell’attacco chimico avevano deciso di andar via…
Si noti che questo articolo, e soprattutto il comunicato degli jihadisti, è successivo all’attacco in cui L’Osservatorio denuncia i presunti sintomi di soffocamento. Non una riga su gas e attacchi chimici. Nemmeno una…
Vuoi vedere che si sono inventati tutto?
Ps. Ovvio che da oggi tutto può cambiare e magari anche sul sito dell’Osservatorio scorreranno fiumi di inchiostro su gas e quanto altro. Ma il dato rilevato resta. E conferma quanto scritto stamane: la storia dell’attacco chimico è una messinscena costruita ad arte per attaccare Assad

Siria: l’attacco chimico, tragico pretesto

Un altro attacco chimico in Siria scatena la reazione internazionale. “Ora l’America di Trump dovrà colpire. Dovrà rispondere alle immagini spaventose che giungono dalla Siria”, scrive Franco Venturini sul Corriere della Sera di oggi. Si potrebbe concordare. Ma difficilmente Washington bombarderà Ryad, che sostiene i jihadisti di Jaysh al-Islam, l’organizzazione jihadista che ha lanciato l’attacco.  Perché, con ritornello ripetitivo quanto stantio, i politici e i media dell’Occidente accusano Damasco e Putin. E si preparano a colpire la Siria.

Un attacco chimico annunciato

Solo che stavolta Mosca non starà a guardare. Ha allertato le difese schierate in Siria, e sono tante. Sarà la terza guerra mondiale? Washington dovrebbe riflettere prima di compiere passi fatali. L’escalation è una possibilità, anche se ad oggi remota.
Sull’attacco chimico è inutile spiegare che Assad  non ha alcun interesse a usare i gas contro i suoi nemici, anzi, sui quali sta avendo la meglio usando armi convenzionali.
Per un beffardo incrocio di destini, proprio oggi sembra si sia chiuso l’accordo con gli assassini di Jaish al islam che controllano Douma, il quartiere nel quale sono stati sganciati i gas. Dovrebbero andarsene altrove, liberando l’area dalla loro nefasta occupazione.  Ma al di là, degli sviluppi, resta che non interessa a nessuno accertare i fatti. La responsabilità di Assad è dogma inderogabile. Come furono le armi di distruzione di massa di Saddam. E anche se gli interventisti palesano qualche dubbio, restano fermi nell’asserire che Assad va colpito.
Come fa Venturini con quel cenno col quale abbiamo iniziato questa nota. Nel proseguo dell’articolo, infatti, ammette che la responsabilità del governo siriano è dubbia…  A fine marzo avevamo riportato che “i ribelli siriani che combattono nel Ghouta avrebbero simulato un attacco chimico contro i civili come pretesto per un attacco americano“. Una constatazione non nostra, ma del sito Debkafile, collegato ai più che informati servizi segreti israeliani, che pure non hanno in grande simpatia Assad, anzi.
E da giorni media russi e iraniani avevano allertato su un attacco chimico imminente ad opera dei cosiddetti ribelli per incolpare i siriani.   Sempre Debkafile, oggi riporta: “Alcune fonti a Washington sospettano che alcuni gruppi dell’opposizione siriana stiano innescando l’escalation nella speranza di provocare un’azione militare USA in Siria, ribaltando l’intenzione annunciata dal presidente Trump di riportare a casa le truppe statunitensi“.

Trump e il ritiro dalla Siria

Trump, obnubilato dai fumi dell’incendio che ieri è divampato alla Trump Tower, (funesto presagio), si è scagliato lancia in resta per un’azione militare. La sua idea di ritirare le truppe dalla Siria sembra dunque appartenere al passato.   Oggi le difese siriane danno notizia di aver abbattuto alcuni missili Tomahawk lanciati contro una loro base aerea, un attacco che Mosca attribuisce a Israele.    Gli autori della strage di Douma sembrano dunque aver conseguito i risultati sperati.
Resta la perplessità per un complesso mediatico unidirezionale, come riscontrato durante la guerra in Iraq e quella in Libia. L’Unione sovietica aveva la Pravda, parola russa che significa verità.   Ai media occidentali è consentita certa libertà su temi secondari, ma, quando il sistema si compatta su una decisione che riguarda il suo stesso destino, hanno anche loro una Pravda alla quale attenersi, pena l’esclusione dal sistema stesso.   Una Pravda più sofisticata, certo, ma non meno perniciosa. Pericolosa deriva. Totalitaria.

venerdì 6 aprile 2018

Ritorno a Deir Ezzor



di Alexandre Goodarzy
responsabile di SOS Chrétiens d'Orient

La mia ultima visita a Deir Ezzor risale a dieci anni fa. Sto tornando in questa città che ora sembra così lontana da Damasco. Dovevo vedere come si presenta adesso, dopo tanti anni di assedio e di guerra.
La strada rimane pericolosa anche se l'intera zona è stata riconquistata e pacificata dall'Esercito Arabo Siriano e dai suoi alleati. Quindi scegliamo di volare a Qamishli, una città di origine siriaca situata nell'estremo nord-est del paese, vicino al confine turco. Poi saliremo a bordo di un veicolo che ci porterà a Hassakeh, più a sud. Resteremo lì durante la notte. Nelle prime ore del mattino successivo prenderemo un altro veicolo per continuare verso sud per raggiungere il fiume Eufrate e giungere a Deir Ezzor, la nostra destinazione finale. Viaggiamo con Padre Gabriel, un prete Siriaco Ortodosso di Hassakeh, che ha gentilmente accettato di guidarci in sicurezza verso la nostra destinazione.
Dobbiamo passare un check point dopo l'altro, quelli dei Curdi del PYD e quelli dell'Esercito Siriano, prima di raggiungere la "Porta di Deir Ezzor" che possiamo vedere da lontano in una foschia nebulosa. È nera. L'arredamento funebre diventa sempre più chiaro man mano che ci avviciniamo alla città. Le carcasse "disossate" di auto e camion stanno sparpagliate su entrambi i lati della strada. Questa scena mi ricorda Aleppo e le molte ore di viaggio su strade che non hanno niente altro da offrire che scene di totale desolazione da Ithrye quando si prende la strada di Khanasser.   Veicoli leggeri e pesanti che sono esplosi sulla strada sono i silenziosi testimoni della violenza usata per fermarli sul loro percorso. È semplicemente impossibile immaginare lo scenario! Persone che volevano fuggire, o - forse - tornare a casa - letteralmente distrutte dagli uomini in nero.
Proseguiamo verso la città ma è impossibile accedervi direttamente. Dobbiamo fare una lunga deviazione. Questo ci dà l'opportunità di attraversare villaggi dove si sono verificati terribili massacri "prima che gli Hezbollah venissero a liberarci", ci racconta un mercante locale che ci vende bottiglie d'acqua. Il marchio della Bestia Islamica è onnipresente. Può persino essere visto sulle facciate di alcune case. Può essere ancora letto sui cartelli stradali nonostante le molte mani di vernice che sono state usate per cancellarlo.   Questi villaggi stanno tornando alla vita davvero! I più giovani tornano a scuola e i padri che stanno bevendo il tè sul ciglio della strada sono occupati con i lavori manuali che richiedono il loro lavoro per guadagnarsi il pane quotidiano.   Sono presenti molti soldati. I tratti tesi sui loro volti e nei loro occhi abituati alla vista della guerra testimoniano quanto han dovuto lottare per riconquistare alcune centinaia di metri quadrati di terreno.
 Finalmente raggiungiamo le rive dell'Eufrate. Niente più ponti, sono stati tutti distrutti durante le lotte tra l'Esercito Arabo Siriano e lo Stato Islamico.
I Russi sono dall'altra parte del fiume. Hanno allestito una sorta di ponte galleggiante che è legato a due anfibi che spingono il ponte da un lato all'altro. È il modo consueto di attraversare il fiume, ma Padre Gabriel chiede a uno dei soldati di farci attraversare con uno Zodiac. In questo modo abbiamo diritto a una speciale crociera di benvenuto. Mentre Padre Gabriel sta aspettando il ponte galleggiante per portare la sua auto dall'altra parte, noi beviamo un bicchiere di mate e aspettiamo che egli si unisca a noi.
Una volta completata la traversata, continuiamo sulla strada per gli ultimi chilometri che ci separano ancora da Deir Ezzor e dal suo centro. Guidiamo lungo la zona dell'aeroporto che è stata brutalmente assediata dai terroristi per un lungo periodo di tempo. Questo mi porta a ripensare a grandi eroi, come il generale Issam Zahreddin, e a immaginare tutti gli anni di intensi combattimenti che lui e i suoi uomini hanno dovuto affrontare, principalmente per le popolazioni locali le cui vite hanno cercato di risparmiare o di salvare.  Ricordo anche le numerose volte in cui l'esercito americano ha bombardato senza sosta la Guardia nazionale siriana , indebolendo così l'Esercito Siriano di fronte al nemico. Questo obiettivo "sbagliato" ha portato alla perdita di un posto strategico detenuto dall'Esercito Siriano, dividendolo in due parti ed isolandole l'una dall'altra e rendendo l'Esercito Siriano più vulnerabile di fronte ai barbari dello Stato Islamico! Nonostante ciò, erano rimasti saldi fino a quando l'Armata siriana non è riuscita a penetrare attraverso le linee meridionale e occidentale e a spezzare l'assedio.
Passiamo poi nelle aree più danneggiate e distrutte della città, quelle della prima linea, dove sorgevano le chiese e il cinema Fouad. Non è rimasto nulla. Questi edifici sono tutti sbriciolati, solo un mucchio di detriti. L'unica chiesa che è ancora in piedi è la chiesa Siriaco Ortodossa. Il tetto dell'edificio, o ciò che ne rimane, è ancora sul posto e ci offre una "vista mozzafiato" su un paesaggio urbano desolato.
Solo rovine a perdita d'occhio. Eppure la vita sta riprendendo il sopravvento. Gli uomini stanno tornando per vedere cosa rimane del loro negozio o della loro casa. Puliscono, rassettano, prestano attenzione a ogni punto su cui mettono i piedi. Nonostante questo le mine stanno ancora mutilando e uccidendo, anche anni dopo la fine dei combattimenti.
Il tempo passa velocemente. Abbiamo già passato ore a osservare i resti della città. Dobbiamo tornare indietro. È impossibile attraversare l'Eufrate dopo le 14:00 e sono già le 13:00. È il momento di dire addio ..
Sulla via del ritorno, lasciando la città, ci fermiamo a una diga che arriva fino all'altezza di un ponte. È distrutto e sprofonda nel fiume. Lo riconosco, è quello che fu costruito nel secolo scorso dai Francesi. Lo ricordo perché 10 anni fa mi tuffai da questo ponte nell'Eufrate e vi feci il bagno. Era diventato una specie di rituale! Ogni volta che andavo a Damasco, passavo a Palmyra, poi continuavo verso Deir Ezzor prima di tornare ad Aleppo. Il passaggio per Deir Ezzor era invariabilmente segnato da ore di nuoto nell'Eufrate. L'immagine del ponte è rimasta impressa nella mia testa. A volte ripenso a tutti questi giovani che vivevano lì e con i quali condividevamo questi momenti, mi chiedo che ne sia stato di loro... Il ponte in questione è distrutto, ma non posso fare a meno di sorridere ripensando a tutto questo ...
Scattiamo qualche foto e poi ripartiamo velocemente, infatti è già troppo tardi. Non si lascia passare più nessuno a quest'ora, né in un senso né nell'altro. Ma il rispetto che i Siriani hanno per gli uomini di chiesa ci apre le porte e rende molte cose più facili. I soldati dell'Esercito siriano, gli uomini di Hezbollah, i Russi, gli Afghani e miliziani curdi del PYD che incrociamo non rifiutano niente ad un uomo di chiesa, quale che sia la loro religione. Alla vista di un prete, ci si inchina e si fa un'eccezione ...
Arriviamo in extremis ad attraversare l'Eufrate in direzione opposta, poi riprendiamo il nostro percorso per Hassakeh e Qamishli dove il nostro aereo ci aspetta per ritrovare Damasco, anch'esso sotto le bombe... nel momento in cui il mondo si lamenta per il destino di questi stessi delinquenti che cercano di fare di Damasco quello che essi hanno già fatto di Deir ez Zor, di Aleppo, di Mosul e di molte altre città in Medio Oriente... 
Il bilancio, a Damasco, era pesante al nostro ritorno: 38 morti e 50 feriti ...


Durante la mia visita a Mhardeh e Sqelbiye, sono stato toccato dalle parole di speranza e di fede di eroi come Simon e Nabel. Questi due guerrieri della Difesa Nazionale affrontano quotidianamente migliaia di terroristi siriani e stranieri a sud di Idlib. Le decine di autobus che hanno svuotato la Ghouta (alle porte di Damasco) dei suoi jihadisti si stanno stipando davanti ai loro occhi nei villaggi vicini. È da questi stessi villaggi dove vengono inviati, che gli abitanti di Mhardeh e Sqelbiye riceveranno nuovi attacchi!
La guerra è finita per Damasco ma non per quelli che vivono in prima linea, non per Simon, non per Nabel!
Nonostante tutto, essi rimangono fiduciosi, pieni di speranza, sempre sorridenti! Ci ripetono spesso con orgoglio che  "le campane continueranno a suonare a Mhardeh e Sqelbiye!"
Possa Dio benedirvi e proteggervi, cari Simon e Nabel.
Dio benedica Mhardeh e Sqelbiye.
Dio benedica la Siria.
Alexandre, capo della missione in Siria.

lunedì 2 aprile 2018

Cosa pensano i cristiani siriani?


 di James Perloff , 31 marzo 2018
"H" (iniziale dell'intervistata) è nata a Damasco e immigrata legalmente negli Stati Uniti dalla Siria più di 20 anni fa, molto prima che iniziasse la guerra. È diventata cittadina degli Stati Uniti ed ha conseguito un dottorato in un'università americana. Parla perfettamente inglese e arabo. Di recente è tornata da un viaggio in Siria, dove ha molti familiari e amici che la tengono informata della situazione. È anche una dei cristiani più gentili e devoti che abbia mai incontrato. Sto mantenendo il nome di H riservato, poiché non voglio con questa intervista mettere a repentaglio la sicurezza della sua famiglia in Siria, o lo stato del suo lavoro professionale negli Stati Uniti.
Inizialmente avevo previsto che la nostra discussione sarebbe stata divisa in due parti; per prima cosa le ho voluto dare un breve quadro sui retroscena della politica americana. Quando ci siamo seduti, ho detto a H che sono giornalista dal 1985. Ho iniziato a spiegare che l'America è gestita da un'oligarchia che si nasconde dietro una facciata di democrazia bipartitica, che i candidati presidenziali sono stati a lungo preselezionati, che gli americani sono stati ripetutamente ingannati riguardo alle guerre passate e presenti e che la nostra stampa è controllata dallo stesso establishment che controlla i politici.  H stava sorridendo e ho potuto rapidamente capire che nulla di ciò che dicevo fosse una novità per lei. E così è stato appurato che il famoso commentatore "Syrian Girl" (i cui account Facebook e YouTube sono stati censurati) ha detto il vero: i siriani sono ben informati sul Nuovo Ordine Mondiale. In effetti, i siriani conoscono meglio le realtà della geopolitica americana di quanto non la conosca la maggior parte degli americani. Così, dopo circa quattro minuti, ho riso e ho detto a H che la mia "lezione" era finita. Le ho chiesto perciò di dirmi la verità sulla Siria. 
JP (James Perloff): Prima di tutto, parlami di Bashar al-Assad. I media americani e molti politici qui lo ritraggono come un dittatore malvagio che opprime il popolo della Siria e che deve essere rovesciato con uno dei nostri continuamente ripetuti “regime changes.”. Come giudica e che cosa pensa la gente della Siria riguardo ad Assad? Soprattutto, vorrei che tu dicessi ai miei lettori come i cristiani della Siria lo considerano.
il giorno di Pasqua, il presidente Assad e la moglie Asmaa
sono andati a visitare Christine, la giovane cristiana che ha
perso una gamba nel bombardamento del 22 gennaio dai
miliziani della Ghouta sul quartiere cristiano di Bab Touma

H: Lo amano. I cristiani lo adorano. Egli rispetta tutte le religioni. Molti americani hanno l'idea sbagliata che la Siria sia uno stato musulmano. Non lo è: è uno Stato laico, sebbene i cristiani siano in minoranza. Ogni mese, Bashar visita le suore del monastero di Mar Thecla, quelle che sono state rapite dall'ISIS, e ha anche visitato il monastero di Seidnaya.  
Bashar non avrebbe dovuto diventare presidente, lo sai. Suo fratello era stato preparato per quella posizione. Bashar ha studiato medicina e si è specializzato in oculistica, un oftalmologo. Ma dopo che suo fratello morì, suo padre gli chiese di prepararsi a prenderne il posto per la leadership della Siria.   Bashar ha portato grande prosperità in Siria. Anni fa, dopo che gli Stati Uniti hanno posto delle sanzioni contro di noi, siamo stati costretti a farci noi i nostri prodotti di consumo. È stato difficile, ma siamo diventati autosufficienti e abbiamo iniziato a esportare molti prodotti. Sai, la Siria non aveva debito pubblico prima della guerra. Quindi noi troviamo "umoristico" quando la stampa americana ci definisce un "paese del terzo mondo", considerando quanto debito gli Stati Uniti hanno.
Quanto ad Assad, è amato dai Siriani. E' solito uscire senza protezione tra la gente, senza guardie del corpo. Sai, è un alawita [gli alawiti sono una branca dell'islam sciita], mentre la maggior parte dei musulmani siriani sono sunniti, ma lo amano comunque. Certo, alcuni di loro preferirebbero avere un presidente sunnita, e ci sono persone che si oppongono a lui. Ma non c'è un presidente che sia benvoluto da tutto il suo popolo; guarda Obama, o Trump, nessuno ha il 100 per cento di approvazione, ma la maggioranza dei siriani ama Bashar. Conosco personalmente persone che sono andate a scuola con lui, e tutti garantiscono per la sua personalità.
JP: Nell'esercito siriano, i Cristiani stanno combattendo a fianco dei musulmani?
H: Sì, Stanno combattendo lo stesso nemico. Molti Cristiani sono morti nell'esercito siriano. Ti troverò alcune foto di soldati cristiani che pregano in chiesa prima di andare in battaglia.
JP: Adesso, per quanto riguarda i cosiddetti "ribelli" che gli Stati Uniti sostengono, quanti sono in realtà i Siriani?
H: Dall'80 al 90 per cento sono stranieri - la maggior parte non parla nemmeno l'arabo [la lingua madre della Siria]. Vengono da tutto il mondo: Afghani, Sauditi, Libici, Ceceni, persino dal Canada. Sono addestrati in Turchia e in Giordania.
JP: Mi è stato detto che gli Stati Uniti pagano questi mercenari più di quanto paghino i nostri stessi soldati (USA).
H: Questo non saprei, ma combattono per chi li paga di più.
JP: Sembrerebbe giusto dire che il Nuovo Ordine Mondiale crede di poter far lavorare chiunque per sè se li pagano abbastanza bene, che si tratti di banchieri, politici, giornalisti, o soldati. Ora in America sentiamo molti termini confusi per descrivere i "ribelli": Isis, Daesh, Al Qaeda, Al Nusra, i Caschi Bianchi. Puoi chiarire?
H: ISIS è lo stesso di Daesh e sono supportati dall'Arabia Saudita. Jabhat al-Nusra ottiene supporto dal Qatar. Sono entrambi alleati degli Stati Uniti, e gli Stati Uniti lo sanno, e continuano a chiamarli "ribelli moderati". Jabhat al-Nusra, Al Qaeda, i Caschi Bianchi, sono fondamentalmente gli stessi. Qualunque sia il loro nome, sono pagati per fare la guerra in Siria contro il governo.
JP: Come sicuramente sai, il film The White Helmets ha ricevuto un Oscar come "Miglior documentario". È un grande esempio di come Hollywood sia politicizzata. Ovviamente, Hollywood è gestita dallo stesso sistema che controlla i mezzi di informazione e il governo.
H: In realtà, non ne ero a conoscenza, né ho visto quel film. In Siria, li chiamiamo "Evil Helmets" o anche "Devil Helmets." Costruiscono un sacco di notizie false. Quando i combattimenti iniziarono intorno a Homs, uomini incappucciati vennero e cacciarono la mia zia e alcuni dei suoi vicini fuori dal letto; li hanno fatti alzare per stare fuori all'aperto solo con i loro pigiami. I militanti li hanno filmati e poi la registrazione è stata trasmessa da Al Jazeera dicendo: "Questo è ciò che Assad sta facendo al suo popolo". Come forse sapete, Al Jazeera ha fatto un accordo con il canale di Al Gore. Tutto ciò mi ricorda il film Wag the Dog, in cui il governo ingaggia un regista di Hollywood per filmare una guerra falsa, che verrà trasmessa nei notiziari come se stesse davvero accadendo. Oggigiorno è facile fabbricare notizie false.
JP: Voglio raccomandare ai miei lettori di guardare Wag the Dog (titolo italiano "Sesso & Potere") se non l'hanno fatto. Ora, che cosa succederebbe ai Cristiani siriani se Assad fosse rovesciato e queste persone fossero vittoriose?
H: Tu non vorresti saperlo... A Maaloula, quattro cristiani, tre uomini e una signora, avevano pistole puntate alla loro testa dall'ISIS e fu loro imposto di rinunciare a Cristo o sarebbero stati uccisi. Si sono rifiutati di rinunciare a Cristo. Quindi furono tutti uccisi; gli uomini morirono martirizzati e la donna fu creduta morta, ma era ancora viva e visse per raccontare la storia. Ma voglio che tu sappia che tutti questi gruppi non solo uccidono i Cristiani, ma uccidono anche i musulmani che non sono d'accordo con le loro convinzioni, che siano sunniti, sciiti o membri di altri rami dell'Islam.
JP: Per me, è una follia che abbiamo sostenitori di Trump qui in America, che si professano cristiani ma che tifano per la sua politica "Assad se ne deve andare", che è identica alla politica Neocon "Assad se ne deve andare" di Obama, John McCain e Hillary Clinton. Come sai, dopo che ha lanciato i 59 missili da crociera contro la base aerea di Shayrat, ho scritto un articolo chiamato "14 Ragioni per cui gli attacchi aerei della Siria furono davvero una cattiva idea". Un esempio per tutti: non è possibile smantellare armi chimiche bombardandole; questo le libererebbe solo nell'atmosfera, danneggiando le persone. Questa è la prova lampante che l'amministrazione Trump sapeva che Assad non aveva usato armi chimiche contro il suo stesso popolo.
H: E quale sarebbe il movente di Assad, subito dopo aver avuto un'enorme vittoria militare? [Aleppo]. Ogni volta che i media iniziano a parlare di armi chimiche, ciò significa solo una cosa: che l'esercito siriano ha avuto una grande vittoria. Come quella che abbiamo appena avuto in Ghouta, di cui avevamo disperatamente bisogno, perché se Ghouta fosse caduta Damasco poteva cadere, e quella sarebbe stata la fine della Siria. L'America vuole impedire il progresso dell'armata siriana, quindi creano una scusa per bombardare l'esercito di cui abbiamo disperatamente bisogno per proteggerci.
23 marzo: notte di celebrazione della popolazione di Damasco
per la vittoria dell'esercito siriano a Ghouta 

JP: Sì. Infatti, subito dopo che Trump bombardò la base aerea, l'ISIS lanciò una nuova offensiva per riprendere Homs. Quindi, quello che Trump in effetti ha fatto è stato sferrare un attacco a sostegno dell'ISIS, il che è molto ironico, dal momento che egli è arrivato al potere in gran parte in quanto oppositore dell'estremismo islamico. Naturalmente, l'America ha sostenuto a lungo l'ISIS con armi e addestramento. Dimmi, cosa ne pensano i siriani delle motivazioni del governo degli Stati Uniti?
H: In Siria noi diciamo: L'America non è l'America, l'America è Israele.
JP: Ci sono ex membri del Congresso, come Cynthia McKinney e Jim Traficant, che hanno confermato ciò che hai appena detto.
H: Mia madre è di Homs; è qui che i militanti hanno avuto la loro prima vittoria. Sai che bandiera hanno sollevato lì quando è successo?
JP: No, non lo so.
H: Era la bandiera israeliana. I miei amici e familiari ne hanno fatto delle foto, poi è stata rapidamente rimossa.
JP: Beh, immagino che non dovrebbe essere una sorpresa. L'ISIS non attacca mai Israele, i suoi feriti sono stati curati negli ospedali israeliani, e c'era un colonnello israeliano [Yusi Oulen Shahak], catturato tra le forze dell'ISIS. Ho letto di recente che i militari statunitensi hanno comandato un'esercitazione congiunta con gli israeliani, la più grande di sempre. Includeva un finto attacco alla Siria, al Libano e persino a Gaza.
H: Non lo sapevo, ma so che gli americani hanno circa 20 basi in Siria. Hanno ricevuto aiuto dai curdi.
JP: Venti? Bene, allora sono davvero seri nell'estendere la guerra. E loro non hanno il diritto di essere lì. Puoi immaginare come reagirebbero gli Americani se un paese straniero lanciasse missili cruise su di noi e costruisse basi sul nostro suolo? A proposito, dove hai preso quell'informazione sulle 20 basi?
H: Dalle notizie siriane, così come dai miei contatti in Siria.
JP: Quanto ritieni affidabili i mezzi di comunicazione siriani?
H: Beh, devo dire che in ogni Paese ci sarà una certa dose di parzialità sui suoi mezzi di informazione. Ecco perché è sempre importante avere informazioni anche dai tuoi contatti attraverso i social media e da amici e familiari sul campo; quelli possono dirti cosa sta realmente accadendo.
JP: Poi voglio chiederti che sentimenti provano i siriani per i Russi.
H: Se non fosse stato per l'intervento della Russia, la Siria sarebbe caduta molto tempo fa. I russi sono brave persone secondo l'opinione dei siriani. Non ci hanno mai tradito. Sai, quando ero ragazza in Siria, vivevamo molto vicino ai loro uffici governativi. Li vedevo in piscina. Ero molto a mio agio tra loro, erano brave persone che si occupavano dei loro affari. I siriani si fidano che la Russia sa mantenere la parola data, ma nessuno si fida degli Stati Uniti. Tutti in Siria e in tutto il Medio Oriente sanno che l'America può essere tuo amico un giorno, poi pugnalarti alle spalle il giorno seguente, perché hanno tradito i Paesi Arabi così tante volte.
JP: Beh, ne abbiamo un sacco di esempi, come sono sicuro che tu sappia, un tempo armavamo Saddam Hussein e prima di lui i Talebani.
H: Sì. Al proposito, c'è stato un tempo in cui i Siriani amavano davvero e rispettavano l'America. Ma questo è cambiato negli ultimi venti anni.
JP: In questo momento c'è un enorme risveglio cristiano in Russia, e Putin, naturalmente, è un Cristiano Ortodosso. Recentemente ho letto che una delle ragioni per cui è intervenuto in Siria è stata anche quella di proteggere la Chiesa Ortodossa, che è presente in Siria da 2.000 anni, e che è stato incoraggiato a farlo dal Patriarca Kirill.
H: Beh, questo non lo so, potrebbe essere vero. Tuttavia, voglio anche dire che nessuna nazione sacrifica i suoi soldati a meno che non sia anche nel suo interesse nazionale. La Russia ha interessi petroliferi e di gas naturale in Siria, e le dà anche ulteriore accesso al mare, di cui ha bisogno. Certamente, l'Occidente ha i suoi piani per il petrolio e il gas siriani, che minaccerebbe l'economia russa. Devi capire che la situazione in Siria è molto complessa. Abbiamo le alture del Golan che Israele ci ha tolto e non vuole restituire, quindi la Siria è in contrasto con Israele. Ci sono gruppi sunniti in Siria che vorrebbero sostituire Assad con un presidente sunnita; ciò renderebbe felice l'Arabia Saudita, che è un paese sunnita, e indebolirebbe l'Iran che è un paese sciita. Ci sono molti fattori e ragioni per questa guerra, chiamiamola pure una guerra mondiale che viene combattuta attraverso mercenari in Siria, così come in Iraq e nello Yemen. Gli stessi giocatori sono in quei Paesi. Quindi, per farla breve, è una guerra tra due grandi potenze, America e Russia, con i loro alleati, sulla nostra terra. In effetti, quest'ultimo affare con l'ex spia russa assassinata, e l'espulsione dei diplomatici russi, potrebbe non essere una coincidenza che ciò sia avvenuto nello stesso periodo del nostro successo a Ghouta. La nostra informazione è che i Russi hanno severamente avvertito gli Stati Uniti di non interferire bombardando il nostro esercito, o ci sarebbero state conseguenze.
JP: Beh, ci siamo chiesti tutti se l'Occidente stesse usando l'affare Skripal per iniziare una Guerra Mondiale! Ma in altre parole, potrebbero davvero tentare di fare pressione sulla Russia per fare marcia indietro in Siria.
H: Sì, o fare qualche tipo di accordo sulla Siria.
JP: Adesso voglio farti una domanda a cui ti potrebbe essere difficile rispondere: un giorno, qualche settimana fa, ti ho visto piangere e vestirti di nero. Ti ho chiesto cosa fosse successo e mi hai detto che la tua zona vicino a Damasco era stata pesantemente bombardata dagli israeliani.
H: Non solo dagli israeliani, ma anche da Jabhat al-Nuṣra. Usano un tipo di bomba illegale, non riesco a ricordare come si chiama. Ma ci sono state molte vittime e nessuna di queste è stata riportata dai media americani. Noi [H e la sua famiglia] siamo stati fortunati, perché eravamo appena arrivati, ma non nel preciso momento in cui è stato bombardato.
JP: Ho letto che gli Israeliani cercano di giustificare questi attacchi dicendo che ci sono Iraniani in Siria.
H: Oh, Jim, gli Israeliani non si giustificano! Fanno quello che vogliono. Sanno che possono farla franca per ogni loro azione.
JP: Bene, permettimi di chiederti questo. Ci sono gli Iraniani in Siria?
H: Sì, certo. Abbiamo volontari iraniani nell'esercito siriano. Abbiamo perso così tanti soldati in questa guerra, quindi abbiamo bisogno anche del loro aiuto.
JP: Ma gli Iraniani, perché dovrebbero combattere per la Siria?
H: Perché sanno che se la Siria cadesse, l'Iran sarebbe la prossima.
JP: Beh, questa è una ragione che ha senso.
H: Certamente: gli Iraniani supportano anche Hezbollah in Libano. Lo sapevi che solo in America Hezbollah è considerata terrorista? In Europa, nessuno li chiama così.
JP: Quanto sono ottimisti o pessimisti i Siriani riguardo alla vittoria?
H: Noi speriamo nella vittoria, e siamo incoraggiati dai successi dell'esercito siriano, ma la gente si sta consumando. Molti sono affamati e depressi; molti di loro non hanno più soldi, perché non sono stati in grado di lavorare per anni a causa della guerra. In Siria, quando qualcuno dice "Buona giornata", il saluto ha un significato diverso rispetto all'America. In Siria "Buona giornata" di solito significa: "spero che tu torni vivo e tutto intero". Perché sai, puoi tornare vivo, ma non essere ancora tutto di un pezzo.
JP: C'è qualcos'altro che vorresti far sapere agli Americani?
H: Sì, La ragione per cui esiste una "crisi dell'immigrazione siriana" è la guerra. Molte persone sono state costrette ad andarsene perché non avevano scelta. Lasciateci soli, e non ci sarà più nessun problema di immigrazione siriana. Vorrei anche dirvi che amo l'America, e sono felice, grata e onorata di essere chiamata Americana. Sono semplicemente in disaccordo con le sue politiche in Medio Oriente. Vorrei incoraggiare le persone a guardare oltre i titoli e a pensare, prima di formarsi un'opinione. I governi di tutto il mondo creano falsi pretesti per le guerre. Sfido gli Americani, i leader Americani e i leader del mondo, a competere nel progresso dell'umanità invece di competere nella creazione di armi che distruggono l'umanità. È un mio sogno vedere le persone lavorare insieme anziché l'una contro l'altra, creando abbondanza, non paura e scarsità. Quando gli altri stanno bene, stiamo tutti bene. Come disse l'apostolo Giovanni, se non ami tuo fratello che hai visto, come puoi amare Dio che non hai visto?
  ( trad. Gb.P.) 

sabato 31 marzo 2018

Mons. Abou Khazen: "Pregate perché il Cristo risorto possa infondere la pace ad Aleppo e in tutta la Siria”.

Kristos Anesti, Alithos Anesti
Cristo è risorto, è veramente risorto
Christ est ressuscité, il est vraiment ressuscité

da Asianews

La comunità cristiana vive le celebrazioni della Settimana Santa che preparano alla Pasqua “in un clima misto” di “speranza”, perché si possa arrivare presto “alla pace”, e di “scetticismo”, perché non è dato sapere ancora “come andrà davvero a finire”. È quanto racconta ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, che non nasconde la propria preoccupazione “per il nuovo intervento straniero [leggi la Turchia, ad Afrin] nel nord del Paese”. “Speriamo bene - aggiunge - ma la sensazione è che stanno spogliando questo povero Paese e si stanno dividendo le sue vesti”. 
Le intenzioni di preghiera dei fedeli, racconta il prelato, sono “sempre rivolte alla pace. Quando cesseranno le armi, allora sarà possibile ripartire con il lavoro e tornare a una vita più tranquilla, serena, com’era prima del conflitto”. “È commovente - prosegue il prelato - vedere tutte queste persone che si riuniscono per partecipare alle preghiere, alle celebrazioni, ai riti con un unico desiderio che li unisce: celebrare la pace”. Questa, aggiunge, “sarà l’ottava Pasqua di guerra. Tuttavia, resta viva la speranza è che la testimonianza di Cristo Salvatore possa infondere un rinnovato ottimismo e che, dopo la Via Crucis, giunga anche la resurrezione”. 
Da poco entrato nel suo ottavo anno, il conflitto siriano continua a mietere vittime fra la popolazione civile. Aleppo, un tempo capitale economica e commerciale della Siria, oggi porta i segni di questa lunga striscia di sangue: molte industrie e officine, cuore della produzione locale, sono ridotte in macerie. Migliaia di famiglie sono fuggite e la stessa comunità cristiana si è ridotta di oltre i due terzi. Il futuro resta un’incognita, soprattutto per i giovani.
In un contesto di violenze e devastazioni, la Chiesa ha avviato in questi anni diversi progetti di sostegno e aiuto alla popolazione. Fra i tanti ricordiamo la pulizia della città, gli aiuti alle giovani coppie di sposi, dai pacchi alimentari ai fondi per le forniture elettriche, i centri estivi per centinaia di bambini, i contributi per coprire le spese sanitarie e le medicine, le visite, gli esami, le cure. Sono tutte iniziative a favore dei bisognosi, che in molti casi la gente di Aleppo - per anni epicentro del conflitto siriano sino alla liberazione nel dicembre del 2016 - non si può permettere.
Da una città martoriata giungono però anche segni di speranza: il 18 marzo scorso 35 giovani della parrocchia latina hanno ricevuto il sacramento della Cresima dalle mani del vicario apostolico, assieme al locale parrocco p. Ibrahim Alsabagh. Il segno di una comunità viva, che vuole crescere e testimoniare la presenza di Cristo, fonte di pace e salvezza. “Il numero dei fedeli - sottolinea mons. Georges - in questi anni è diminuito ma la nostra resta una Chiesa viva. Vedere l’assiduità con cui le persone presenziano alle funzioni è fonte di speranza. Se il Signore ci salverà e ci darà un futuro, sarà anche grazie a questa comunità viva”. 
“Abbiamo sperimentato morte e distruzione - afferma il prelato - ma allo stesso tempo abbiamo vissuto grandi testimonianze di amore e solidarietà. La guerra continua e miete ogni giorno nuove vittime, un numero esagerato di morti. Le persone continuano a scappare dal proprio Paese. Di fronte a tutta questa sofferenza non possiamo restare sordi e impassibili, anche dopo otto anni non possiamo rassegnarci alla logica della violenza e della guerra”. 
La fede è più forte della morte, sottolinea il prelato, per questo le cerimonie sono sempre gremite di fedeli. Fra i momenti più significativi dei prossimi giorni “la visita a tutte le chiese della città che i cristiani di Aleppo faranno al termine dei riti del Venerdì Santo. Una sorta di processione che si snoda per le vie della città e che si concluderà a notte inoltrata”. “In occasione della Pasqua - conclude - rinnovo l’invito a pregare per questa nostra comunità, che è viva. Perché il Cristo risorto possa infondere la pace ad Aleppo e in tutta la Siria”.

venerdì 30 marzo 2018

La Via Crucis dei cristiani in Siria

La testimonianza di don Mounir Hanachi, direttore del centro salesiano a Damasco


intervista di Federico Cenci

P
er molti cristiani nel mondo la salita sul Calvario è una realtà vissuta quotidianamente, sulla propria pelle. Per i cristiani in Siria la “passione” dura da otto lunghi anni. In quel Paese martoriato le stazioni della Via Crucis sono storie di vita che è possibile leggere negli sguardi della gente o nei loro racconti carichi di trasporto emotivo.
Si legge l’inquietudine per le condanne a morte decretate dai terroristi e dall’indifferenza occidentale. Si avverte il batticuore per gli ultimi gesti di affetto in famiglia prima delle separazioni forzate. Si percepisce l’emozione per gli episodi di grande umanità e di altruismo. Si piange per le migliaia di vittime del conflitto. Ma poi c’è anche la “risurrezione”. I cristiani di Siria ne sono convinti. Qualche segno inizia a farsi largo a mo' di un raggio di luce nell’oscurità, come la riapertura dell’oratorio salesiano di Damasco, che accoglie 1.300 ragazzi, avvenuta la Domenica delle Palme dopo la sospensione delle attività a febbraio. In Terris ne ha parlato con don Mounir Hanachi, 34enne direttore del centro salesiano della parrocchia di San Giovanni Bosco, nella Capitale.
Don Mounir, che senso assume la riapertura dell’oratorio?
“È stata una gioia immensa. Può immaginare la felicità dei ragazzi nel riappropriarsi di momenti di aggregazione, di studio, di sport. In questi anni di guerra non era la prima volta che sospendevamo le attività, ma mai ci era capitato di doverlo fare per cinque settimane di seguito. Ringraziamo il Signore e quanti ci hanno sostenuto con la preghiera. E ringraziamo anche l’esercito siriano e i suoi alleati per la liberazione della Ghouta”.
Per cinque anni, Ghouta Est è stata occupata dai “ribelli”. Cosa ha significato per voi abitanti di Damasco questa presenza?
“Sono stati cinque anni all’insegna del sangue. Il suono dei colpi di mortaio e dei missili era una presenza costante, che ha seminato morte. Ci sono stati tanti bambini tra le vittime, abbiamo perso diversi ragazzi dell’oratorio. Oggi in Siria non trovi una famiglia che non abbia perso almeno una persona cara o che non si sia divisa, perché in molti sono fuggiti all’estero. Esperienze che ho vissuto anch’io: mio nonno è stato rapito mentre viaggiava lungo l’autostrada, gli sono stati sparati contro dei proiettili, siamo riusciti a riscattarlo pagando una cifra enorme. Ci vorranno almeno due generazioni per sanare le ferite”.
Questi “ribelli” chi sono?
“Sappiamo tutti chi sono i ‘ribelli’: gruppi armati composti da molte persone venute dall’estero. Hanno ricevuto il sostegno da alcuni Paesi occidentali e del Golfo. Ma questo ormai è chiarissimo”.
Nelle scorse settimane ha scritto una lettera pubblica per denunciare “la manipolazione dell’informazione” in Occidente riguardo ciò che accade in Siria. A cosa si riferiva?
“Prima di tornare in Siria vivevo in Italia. Tutti i giorni avevo modo di leggere come venivano manipolate le informazioni sul conflitto pur di gettare discredito sul governo siriano. Leggevo i siti siriani, raccoglievo le testimonianze dirette, e poi vedevo che tutto ciò era stato totalmente stravolto dai media italiani ma non solo. E questo è avvenuto per anni. Il ruolo del giornalista dovrebbe essere quello di riportare i fatti, non di fare propaganda”.
La manipolazione dei media ha ferito il popolo siriano?
“Moltissimo. La delusione è palpabile. Così come la frustrazione qui da noi, perché non si riusciva a rompere il silenzio sulla sofferenza vissuta da 8milioni di persone a Damasco durante l’occupazione del Ghouta”.
Come valuta l’atteggiamento della comunità internazionale in questi otto anni di guerra?
“Come siriani non crediamo più alla comunità internazionale: sono state spese tante parole, ma pochi fatti. Crediamo soltanto all’esercito nazionale siriano, che ha il diritto di difendere il popolo siriano”.
Nel contesto tragico della guerra avvengono anche episodi di grande umanità?
“È dura, ma di episodi ne avvengono molti. Ci sono momenti di forte crisi, di smarrimento. Però la fede cristiana in Siria è davvero forte. I ragazzi dell’oratorio, le loro famiglie consegnano tutto al Signore e vanno avanti con la speranza che il domani sarà migliore. Tra fratelli nella fede ci trasmettiamo il coraggio a vicenda”.
Che senso assume la Settimana Santa per chi, come voi, vive in una terra martoriata?
“Dalla Domenica delle Palme siamo entrati in un clima di grande devozione, con processioni e momenti di preghiera comunitaria in chiesa. Dopo anni di paura nel manifestare pubblicamente la propria fede, finalmente si sta tornando alla normalità”.
Dopo la “passione”, si avverte già l’arrivo della “resurrezione”…
“Esattamente. Se torna la pace, riprendono anche le attività e dunque l’opportunità per la gente di non essere costretta ad emigrare”.

mercoledì 28 marzo 2018

Lettera di padre Daniel: chiediamo aiuto per assistere gli sventurati sfollati dalla Ghouta


 Qara,  23 marzo 2018



Cari e buoni amici,

la condizione delle decine di migliaia di persone che sono state liberate da parte dell’esercito da Ghouta Est è straziante, mentre gli attacchi dei terroristi continuano la comunità internazionale rimane in silenzio o continua a incolpare la Siria. Il giorno della "festa della mamma" c’è stato un attacco in un mercato a Damasco che ha causato più di 60 morti, che non è stato mostrato né dai "Caschi Bianchi" e neanche dall’ "Osservatorio" dei ribelli a Londra e cosi questo attentato rimane nascosto ai media.
Con la nostra Comunità, volontari e collaboratori, vogliamo occuparci dell’accoglienza d’emergenza di 25 000 persone che arrivano sfinite da Est Ghouta in Damasco, come descritto dettagliatamente nel nostro rapporto. Le numerose foto e video ci danno un quadro della tragica situazione .Ora abbiamo davvero bisogno di aiuto. Siamo stati aiutati molte volte ad alleviare la sofferenza. Ora possiamo solo gridare che abbiamo un urgentissimo bisogno di aiuto finanziario per acquedotti, servizi igienici mobili, prodotti igienici, punti di pronto soccorso e tante cose inaspettate ..... per una moltitudine di gente sofferente e priva di tutto. Grazie a
tutti coloro che vogliono aiutarci in questo momento. Che il Signore Gesù Cristo benedica e ricompensi tutti i benefattori:
IBAN: BE32 0682 0832 4402/BIC: GKCC BEBB (da Belfius, Pachecoln 44, Bruxelles; con il nostro nome: Herman Victor MAES
indirizzo: Abdijlaan 16 B-2400 MOL-POSTEL, con riferimento: Damasco).

Addendum non irrelevante: Sul bonifico, nella casella “comunicazione” non si può parlare delle condizioni della Siria altrimenti il bonifico viene rifiutato dalle banche. E’ meglio scrivere: “Monastero di San Giacomo”.

Commovente
Questa settimana molte decine di migliaia di persone sono state liberate da Ghouta orientale, un gruppo di circa 30 volontari della Mezzaluna rossa e della nostra comunità sono andati sabato a Damasco per aiutare. Domenica mattina uno di loro ci ha dato le sue prime impressioni, prima di ritornare a Damasco. È un libanese, registrato come collaboratore presso la
coalizione d’amore Preemptive ( lo potete trovare su internet). Questa organizzazione (che assiste fra altro anche la nostra mega cucina in Aleppo) si concentra - soprattutto in Iraq e in Siria – sul dare aiuto alle vittime di guerra per re-integrarle nella società civile e cosi ricostruire la loro vita. Il nostro amico ci ha anche mostrato le immagini dei flussi di persone. Alcuni di loro sono crollati dallo sfinimento. Acqua e cibo sono stati distribuiti. La gente raccontava in quali condizioni terribili dovevano sopravvivere. Molti terroristi cercano di fuggire insieme con i cittadini, ma sono spesso riconosciuti e arrestati. I più grandi capi ISIS sono stati misteriosamente portati in salvo con elicotteri statunitensi. E oltre alla minaccia di morte, tortura, sofferenza e esaurimento per la popolazione civile, c’è anche stato l'abuso sessuale. Praticamente tutte le giovani donne e ragazze sono incinte. È un deliberato crollo mentale della società da parte dei terroristi, con il sostegno delle potenze occidentali che sono venute per portare la cosiddetta “democrazia e libertà”.
Domenica, un punto luminoso: il presidente siriano è venuto a visitare i soldati e civili per congratularli e incoraggiarli. E' stato accolto con entusiasmo e calore.

Mercoledì sera siamo andati a congratularci con la moglie di Zaki seguendo la tradizionale "giornata della mamma", all'inizio della primavera. La famiglia Zaki abita nella nuova costruzione del nostro monastero Mar Yakub e appartiene alla nostra comunità. Il signor Zaki è il responsabile di tutti i collaboratori qui e della Mezzaluna rossa nella regione. Il signor Zaki e i collaboratori presenti ci hanno mostrato molte foto. Sono scoraggiati perché possono fare così poco per quella che viene definita una catastrofe umanitaria. Tra le decine di migliaia di persone ci sono molti gravemente feriti e hanno urgentemente bisogno di un intervento chirurgico, mentre finora è solo possibile essere vicini a loro. La gente è contenta di essere fuggita dall'inferno dei terroristi, ma sembra ora quasi un’ impresa impossibile dare un' accoglienza provvisoria per più di 80.000 persone indigenti. Dormono a terra in massa. Ma nel più grande bisogno, nasce sempre la grande generosità. Due bambini sono seduti a terra cercando l’uno per l’altro le briciole da un pacchetto vuoto di patatine. Un medico decide di lavorare gratuitamente una giornata ininterrottamente. I volontari che arrivano per dare aiuto da ogni villaggio...

Siamo tutti profondamente colpiti dall’attuale immenso bisogno di Damasco e preghiamo ancor più per queste persone che hanno grandi necessità e stiamo già lavorando per preparare gli aiuti umanitari disponibili in loco. Il modo di concretizzare l’aiuto è al momento non ancora del tutto definito. La nostra comunità si occuperà di 25.000 persone. Queste persone sono divise in 4 gruppi, alcuni sistemati in un edificio in cemento, altri hanno tende, altri caserme di legno e altri teli di plastica. Fortunatamente, il freddo dell’inverno è finito. Secondo il nostro responsabile, la massima preoccupazione è l’igiene. Per ogni 100 persone, una persona deve essere risponsabile per la pulizia ( tantissimi bidoni della spazzatura e servizi igienici mobili....). C'è urgentemente bisogno di acqua corrente.

Eccoci alla Settimana Santa, in tutta la storia dell’umanità nessuna notizia è importante quanto la morte di Gesù sulla Croce, seguita dalla sua Risurrezione. Quest’evento ha diviso la storia dell’uomo per sempre in due: un’era antica di sacrifici distruttivi e violenti e una nuova era dell’auto-sacrificio liberatore della riconciliazione e dell’amore. Con la morte sulla croce, Gesù ha attirato a sé tutte le vittime innocenti, dalla fondazione del mondo alla fine dei tempi. Sfortunatamente, siamo rimasti bloccati per gran parte nell’era antica.

Vi auguro una Settimana Santa e Benedetta e una Gioiosa Pasqua.
P. Daniel