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martedì 22 novembre 2016

Verso la liberazione finale? No alla proposta De Mistura

Nella Conferenza Stampa, il Ministro degli Esteri siriano Al-Moallem ha sottolineato che De Mistura ha parlato di "amministrazione autonoma" nella parte orientale di Aleppo, cosa  categoricamente rifiutata dal Governo.

"In effetti, gli abbiamo detto che siamo d'accordo sulla necessità di far sì che i terroristi siano mandati fuori dalla parte orientale di Aleppo, a prescindere dalle nostre differenti valutazioni circa i loro numeri, ma non ha alcun senso  lasciare che 275.000 dei nostri concittadini rimangano ostaggi di 5- 6 o 7mila militanti. Nessun governo al mondo lo accetterebbe ", ha aggiunto al-Moallem.

"E' possibile che le Nazioni Unite vogliano premiare i terroristi che stanno continuando a sparare proiettili su Aleppo Ovest che causano la morte di migliaia di persone e il ferimento di tanti altri?" , ha detto al-Moallem.
«E oggi un missile è stato sparato sulla scuola al-Furkan , uccidendo 11 studenti . Ha senso premiarli? Inoltre, i terroristi hanno anche bombardato il Palazzo di Giustizia, la Facoltà di Giurisprudenza e al-Bassel Hospital. Quei terroristi non hanno un deterrente morale ", ha aggiunto.
Il ministro ha ribadito che l'idea di "auto-amministrazione" è totalmente respinta "perché mina la sovranità nazionale della Siria e dà un premio per il terrorismo", aggiungendo:
"La Siria ha dato tre opportunità di tregua per evacuare i residenti dai quartieri orientali di Aleppo, ma le organizzazioni terroristiche non hanno permesso loro di uscire attraverso i corridoi sicuri, e hanno bombardato i corridoi con colpi di mortaio e hanno impedito ai civili di uscire nonostante tutti i preparativi effettuati dal Governatorato di Aleppo per garantire la loro uscita in modo sicuro ".
Il ministro ha continuato dicendo che:
 "Sono state date loro più di una possibilità e non le accettano, e ora si parla di dimostrazioni locali circa magazzini alimentari che sono tenuti dai terroristi che stanno vendendo cibo sul mercato nero per la nostra gente di Aleppo orientale."
"Anche ai convogli umanitari è stato impedito di entrare dai mortai. Pertanto, credo che sia il dovere dello Stato siriano di salvare i cittadini dall' essere ostaggi ", ha detto al-Moallem.

"Quando de Mistura stava parlando di un cessate il fuoco, gli abbiamo chiesto garanzie da parte dei paesi che sostengono i terroristi, ma ha detto che non ci sono tali garanzie",  aggiungendo "Non abbiamo visto nulla che aiuti una ripresa del dialogo intra-siriano ... forse [egli] è in attesa di una nuova amministrazione degli Stati Uniti o di un nuovo segretario generale delle Nazioni Unite. " ...

Rispondendo alla domanda di SANA sulle aspettative della Siria circa una nuova amministrazione degli Stati Uniti, al-Moallem ha sottolineato che "E' troppo presto per parlare degli slogan sollevati durante la campagna elettorale ... Nessuna persona onesta che ha esaminato le politiche della scorsa Amministrazione l'ha vista correggere i suoi errori",  aggiungendo: "Quello che vogliamo dalla prossima Amministrazione non è solo di smettere di sostenere i gruppi armati , ma anche di frenare i paesi regionali noti per sostenerli. ".

Circa lo svolgimento di una conferenza che raccolga la"opposizione interna" con figure di "opposizione esterna" a Damasco, al-Moallem ha detto:
"Diamo sempre il benvenuto a qualsiasi riunione siriano-siriano, lontana da intervento straniero, al fine di tenere il dialogo sul futuro, quindi, diciamo che se questa conferenza si terrà a Damasco l'accogliamo, e se si terrà a Ginevra, diremo benvenuto."

Rispondendo ad una domanda sullo spingere i terroristi da Aleppo a Idleb, al-Moallem ha detto:
"Noi non li spingiamo a Idleb, ma il loro centro di comando è lì, ed è un governatorato che confina con la Turchia, il che significa che il loro punto di raccolta logistico e umano è in Idleb, in ogni caso, se scelgono un luogo diverso da Idleb, a noi non importa. ".

  "Non abbiamo alcun dubbio che le nostre forze armate vinceranno la battaglia di Aleppo, e la decisione della dirigenza è che la situazione in Aleppo ritorni alla normalità, e che le nostre famiglie nei quartieri orientali siano liberate da quei terroristi che prendono i civili come scudi umani ".



Una lettera ISIS nel 2013, "per informazioni, visita la nostra sede nell'ospedale dei bambini" .. in Est Aleppo! 


Verso la liberazione finale?


Qara, 18 novembre 2016 
No, non ci siamo ancora, ma ad Aleppo la "madre di tutte le battaglie" è in preparazione. Per la prima volta, dall'inizio di questa guerra ingiusta contro la Siria, possiamo chiederci: ci sarà l’attesa liberazione finale di Aleppo e di tutta la Siria?.  Il presidente Siriano sarà in grado – in un prossimo futuro - di tenere un discorso televisivo alla popolazione da Aleppo per – prima di tutto -commemorare, ringraziare e pregare per le centinaia di migliaia di martiri siriani caduti in questa guerra? Per questo, ci vuole prima la chiusura ufficiale dell'era di Hillary Clinton, cioè, la fine dell’ossessione americana per il controllo dell’intero pianeta. I paesi che la Hillary classificava come nemici, sono stati ridotti nel caos o isolati o puniti. Invece i paesi che lei classificava come amici sono stati promossi. Il 28 ottobre 2016 la Russia è stata espulsa dal Consiglio dei diritti umani dell'ONU, mentre l’Arabia Saudita ha ricevuto un secondo mandato di ufficio. Praticamente nessuno ha protestato. Il 15 novembre, la delegazione saudita per la 3 ° Commissione dell'ONU per la promozione e la tutela dei diritti umani, ha fatto una proposta per una risoluzione in cui è stato denunciata "la situazione dei diritti umani in Siria" (approvata con 116 voti a favore, 15 contrari, 49 astenuti). Ebbene, queste sono situazioni che provocheranno un giorno la caduta totale della Commissione dei diritti umani dell’ ONU, nello stesso modo che l’Americano medio ora ha protestato contro la corruzione dell’élite votando chiaramente per Trump. Al paese (l’Arabia Saudita) in cui le persone valgono meno di animali, è stata concesso - come procuratore generale sul livello venerabile mondiale – di criticare il paese (la Siria) che ha il più alto livello di sviluppo nell' intero mondo arabo anche in materia di uguaglianza e rispetto dei diritti umani. Che rimane della credibilità di tali organizzazioni internazionali? Un giorno tutto questo finirà male! 
In ogni caso, il rappresentante siriano permanente all'ONU ha espresso una risposta schiacciante.. (Bachar al-Jaafari: Quando il terrorista diventa il difensore degli diritti umani, diventa possibile che lo SI presieda le operazioni di mantenimento della pace dell' ONU..., mondialisation.ca, 17 novembre 2016. In francese: Quand le terroriste devient le défenseur des droits de l’homme, ildevient possible que l’EIIL préside les opérations de maintien dela paix de l’ONU..., mondialisation, ca.17 novembre 2016).)

Nel frattempo, la portaerei russa Admiral Kuznetsov è ancorata in Siria per aiutare la distruzione delle scorte armate, le fabbriche di armi e i laboratori di armi chimiche dei terroristi e  liberare il paese dai jihadisti. I cittadini sono pregati di evacuare questa zona e gli ospedali sono forniti di materiale extra. Martedì 15 novembre sono stati fatti bombardamenti, nelle quali sono stati eliminati una trentina di combattenti di al-Nusra, tra cui il comandante Abul Baha al-Asfari. L'intera operazione di liberazione di Aleppo è ora nelle mani della Russia, che attualmente ha installato una zona no-fly per evitare le azioni illegali dell'occidente e i loro vassalli contro la Siria.

Continuiamo a sperare, lavorare e pregare per la pace definitiva in Siria.

Padre Daniel Maes

domenica 20 novembre 2016

I terroristi prendono di mira le scuole elementari di Aleppo


20 novembre: giornata internazionale dei diritti dei bambini
Questa domenica mattina, come ogni giorno, pioggia di colpi di mortaio lanciati dai terroristi di Aleppo-Est sui nostri quartieri. Ma oggi hanno raggiunto una scuola elementare nel quartiere Al Furqan: 10 bambini morti e moltissimi feriti.
I media occidentali segnaleranno questo crimine di guerra?
I governi si indigneranno e protesteranno?
Ma come?! Pensavamo che tutte le scuole fossero nella zona Est di Aleppo, e che la guerra fosse una aggressione unilaterale sui civili?
Tante distorsioni. Vogliono farvi credere che Aleppo Est è fatto solo di ospedali, panifici e scuole . L'esercito è accusato di aver usato barrel bombs che colpiscono a caso, ma ha anche la magica capacità di mirare con precisione gli ospedali segreti. E in qualche modo i ribelli sono riusciti a sfuggire a ogni singola bomba, ma i caschi bianchi sono impegnati a salvare bambini dagli edifici ...
E circa la scuola elementare a Aleppo Ovest, dove 10 bambini sono stati uccisi oggi? DEVE essere il governo .. Non possono essere i caschi bianchi-combattenti per la libertà-ribelli moderati ..! Indovinate di nuovo ...
 dottor Nabil Antaki da Aleppo 

Talvolta, vivere in mezzo alle sofferenze inenarrabili che provoca la guerra, straziati dal lancinante incessante sibilo rabbioso di spari ed esplosioni che accompagnano la morte e la distruzione, diventa troppo faticoso anche per persone risolute e con forti spinte ideali quali Pierre Le Corf. Ma anche quando sembra naufragare nella stanchezza e nello sconforto, egli continua a raccontare, con rara efficacia, la tragedia della gente di Aleppo.

Dalla pagina di Pierre le Corf
‘’Per voi, oggi domenica 20 novembre 2016, una piccola finestra su Aleppo. Non riesco a trovare le parole giuste, in questa situazione. Tante emozioni. Tanti ricordi. Sinceramente... mentre qui, nella zona ovest di Aleppo, continuano a cadere proiettili di mortaio e granate. Essi si mischiano al rumore dei combattimenti nella zona est e sul cielo. I terroristi stanno sparando su di noi in questo momento (proprio di adesso la notizia di razzi che hanno ucciso almeno dieci bambini in una scuola) e cercano di distruggere gli aerei che stanno bombardando le loro postazioni per proteggere – almeno limitando gli attacchi - un milione e duecentomila civili qui ad ovest. Quando gli aerei si allontanano, anche per poco tempo, i razzi e i mortai riprendono a pioverci addosso.
Non mettetemi in difficoltà, non sono qui per fare politica o intavolare dibattiti. Parlo soltanto di ciò che vedo da ormai molti mesi e di ciò che mi raccontano coloro che sono fuggiti, anche recentemente, dalle zone occupate dai gruppi islamici (e non dai ribelli, come li chiamano in Occidente).
Intere famiglie che, durante la fuga, hanno avuto la fortuna di sopravvivere tra cecchini e mine anti-uomo, dato che nessuno ha 300$, il denaro da pagare [preteso dai terroristi, N.d.T.] per essere autorizzati a lasciare Aleppo est, devono allontanarsi in condizioni molto precarie. Come, ad esempio, Mahmud.

Solo vessilli neri intorno alla città. Nessuna libertà di opinione o di partiti. Non è questione di buoni o di cattivi. Questa guerra è mortale qui e dall’altro lato, ma dovete comprendere che la gente muore per gli spari dall’est verso l’ovest e viceversa soltanto a causa dei gruppi islamici armati e prepotenti in mezzo a civili usati direttamente o indirettamente come ostaggi. Sono là e uccidono. Le persone intorno ad essi muoiono. È molto semplice eppure tanto difficile da far comprendere.
Il mio fine è l’essere umano. Prego per tutti gli uomini, le donne, i bambini inermi, ma voglio sottolineare che questa guerra è una tragica messinscena e che ad alimentare veramente la morte sono le ideologie e gli interessi esterni, che distruggono la vita quotidiana, la storia della Siria e la speranza di tutti coloro che la abitano. Scusate se parlo troppo e magari non in maniera sufficientemente chiara … ma dovete capire ciò che accade in realtà e non ciò che raccontano i media, talvolta malevoli talvolta apatici. Dovete capire che voi ne siete i ripetitori …
Sono stanco di assistere alla morte gratuita di tanta gente per gli interessi di alcuni individui. Sono stanco di essere soltanto oggetto di intrattenimento banale (incompreso o deformato) per animare discussioni conviviali tra due bicchieri di vino e apparire intelligente.
"We are superheroes" se volete offrire un contributo per gli interventi di primo soccorso e per materiale medico: https://www.facebook.com/heroesworldtour/videos/1211332675598163/

Traduzione di Maria Antonietta Carta

mercoledì 16 novembre 2016

Jihadisti cinesi in Siria

Proponiamo ai nostri lettori la traduzione di un articolo un po' differente da quelli che solitamente pubblichiamo, inerenti le comunità cristiane....  Ci ha colpito, perchè scritto da una persona che conosce bene gli accadimenti e, soprattutto, perchè ci offre uno sguardo dal di dentro su alcuni temi cruciali.   Agli inizi del 2011, Steven Sahiounie (padre siriano, madre statunitense della California) era uno spensierato ragazzo che abitava a Latakia con la sua famiglia. A marzo dello stesso anno, la Siria fu spinta nel baratro infernale di una sporca guerra per procura. Adesso Steve fa il giornalista e racconta la guerra contro il suo Paese, come in questo interessante articolo sui jihadisti Uiguri, di cui quasi niente si scrive, che stanno in pratica colonizzando alcune località della Siria, ma hanno mire ancora più ambiziose e immaginano una jihad ben più vasta... 
 M.A.C.

Milizie di Al-Qaida composte da jihadisti Uiguri Cinesi, reclutate da Erdogan e inviate in Siria

di STEVEN SAHIOUNIE , 12 NOVEMBRE 2016

Il presidente turco Erdogan ha utilizzato il suo esercito mercenario per lottare contro le forze armate siriane nell'ntento di sovvertire l'ordinamento politico vigente . Questo progetto bellico contro la Siria è stato concepito, sostenuto ed elaborato dagli USA come risulta dal promemoria del 2007, che descrive come “noi distruggeremo sette Paesi in cinque anni, a cominciare dall'raq, poi la Siria, il Libano, la Libia, la Somalia, il Sudan e infine l'Iran”
http://www.globalresearch.ca/we-re-going-to-take-out-7-countries-in-5-years-iraq-syria-lebanon-libya-somalia-sudan-iran/5166

L'esercito mercenario del Presidente Erdogan è costituito da Cinesi Uiguri provenienti dalla regione estremo occidentale della Cina, la provincia autonoma dello Xinjiang (antico Turkestan orientale) con capitale Urumqi. Musulmani sunniti, gli Uiguri sono una delle cinquantasei nazionalità riconosciute ufficialmente dalla Repubblica popolare cinese. Parlano l'antico Turco, da cui deriva la lingua ufficiale che si usa oggigiorno in Turchia.

Durante molti anni, Erdogan ha appoggiato le rivendicazioni degli Uiguri oppressi dal governo cinese, comparandoli agli antenati del popolo turco e sostenendo l'esistenza di uno stretto legame storico ed etnico tra la Turchia moderna e il popolo uiguro. In un suo discorso, egli ha dichiarato che “il Turkestan orientale non è soltanto la patria dei popoli turchi, ma anche la culla della storia, della civiltà e della cultura turca. I martiri del Turkestan orientale sono i nostri martiri.” e per Turkestan orientale egli intende appunto la provincia cinese dello Xinjiang, patria del popolo uiguro [che costituisce la maggioranza relativa della popolazione della regione, 42- 46% N.d.T.]
Erdogan ha dunque utilizzato il suo esercito di mercenari uiguri, a cui ha rilasciato passaporti turchi per l'ingresso in Turchia. I servizi di immigrazione presso gli aeroporti turchi hanno riconosciuto questi passaporti e li hanno confiscati, permettendo, tuttavia, ai loro detentori l'ingresso nel Paese. Il Presidente ha organizzato anche il loro viaggio dagli aeroporti fino all'ingresso in Siria, attraverso la lunga e permeabile frontiera a nord di Idleb, una città di media grandezza della regione nord occidentale.
Nel Distretto di Zeytinburnu a Istanbul, Nurali T., un Turco Uiguro che lavora al trasporto dei terroristi in Siria con il permesso implicito del governo turco e in particolare dei servizi segreti, fornisce passaporti ai militanti di tutto il mondo. Secondo un responsabile dell'ufficio di Nurali T., “oltre 50 000 Turchi Uiguri con passaporti falsi sono arrivati in Turchia, via Tailandia e Malesia, per entrare in Siria dopo aver trascorso una giornata a Istanbul”. Questi militanti trascorrono quindi un giorno in hotels o pensioni, prima di passare in Siria attraverso le frontiere controllate dai terroristi. http://chinamatters.blogspot.com/2015/07/turkey-plays-uyghur-card.html
Idleb divenne un focolaio di violenza e distruzione sin dai primi mesi della crisi siriana nel marzo 2011. Alla fine dell'estate 2011, era stata abbandonata dai suoi abitanti in fuga verso i campi profughi turchi o a Latakia. Fu quindi trasformata in un quartier generale della Free Syrian Army (Esercito libero siriano) e in base operativa.
Quando il senatore repubblicano John McCain, dell'Arizona, fece il suo famoso viaggio illegale in Siria, si incontrò con i comandanti dell'Esercito siriano libero (ASL) presso Idleb. Infine, l'ASL ha reclutato e invitato gruppi di Al-Qaeda di Libia, Afghanistan, Cecenia e di altri Paesi arabi e occidentali: dagli Stati Uniti all'Inghilterra, dall'Europa all'Australia. Poichè la maggioranza dei siriani non sostiene la rivoluzione armata, l'ASL ha scelto di convocare i fratelli jihadisti del mondo intero. L'ufficio statunitense della CIA ad Adana, in Turchia, che dirige il comando e gli approvvigionamenti dell'ASL, non si fa alcun problema nel permettere ad Al-Qaeda ed ai suoi affiliati di rafforzare le truppe assottigliate dell'ASL. Gli Stati Uniti hanno utilizzato l'ASL e filiali di Al-Qaeda come Jibhat al-Nusra, Esercito islamico, Nour-al Din al Zinki e Ahrar al Sham, per combattere contro le forze armate governative siriane, evitando così di dispiegare i loro soldati. In effetti, l'ASL e tutte le altre milizie armate agiscono come 'soldati statunitensi sul terreno'.


Il Partito Islamico del Turkestan (TIP) è un grosso gruppo politico radicale islamico composto da Uiguri. Il loro capo è l'emiro Abd al-Ḥaqq al-Turkistānī.
Dal 2001, il TIP è affiliato ad Al-Qaeda. I capi sul terreno di battaglia del TIP nella provincia di Idleb sono Abu Rida al-Turkestani e Ibrahim Mansur. Nel 2013, il TIP si è alleato con Jibhat al-Nusra, che figura nella lista dei gruppi terroristici vietati negli Stati Uniti. L'Osservatorio siriano dei Diritti Umani ha dichiarato: “I Ceceni che hanno lasciato I'ISIS (Islamic State of Iraq and the Levant) sono stati rimpiazzati dal Partito Islamico del Turkistan uiguro, alleato di Al-Qaeda”.
'Islam Awazi', il celebre centro mediatico del Partito Islamico del Turkestan (TIP), pubblica tre o quattro video mensili nella rubrica 'Un appello dalla prima linea della jihad' che riportano i 'successi' militari dei combattenti del TIP. Inoltre, produce un video mensile 'Turismo dei credenti' che mostra la vita 'pacifica' et 'militare' dei combattenti uiguri in Siria. In particolare, il 22 luglio 2016, il Partito Islamico del Turkestan ha distribuito un video intitolato “Il mio Desiderio”, con fotografie di combattenti uiguri in Siria.
http://thediplomat.com/2016/08/chinas-nightmare-xinjiang-jihadists-go-global/

Oggi, i radicali ispirati dallo Stato islamico ripetono l'esperienza del TIP che ha massacrato i cinesi Han (Gli Han sono il popolo cinese storico) nelle stazioni di Kunming e di Guangzhou con coltelli, asce e machetes nel 2014. In Cina, il TIP ha una lunga storia di attacchi terroristici contro i non musulmani, e adesso che i suoi membri sono numerosissimi in Siria, è diventato un serio concorrente nella jihad mondiale. A Pechino, nell'ottobre 2013, cinque persone sono morte quando un'auto si è schiantata contro un gruppo di pedoni vicino a piazza Tienanmen; e il TIP ha rivendicato l'attacco con un video. Questo fatto ricorda l'attacco con un camion nella Promenade des Anglais a Nizza, con numerosi morti e feriti, durante la festa nazionale francese, il 14 luglio 2016.
I terroristi del TIP a Idleb sono stati molto fieri di distruggere le varie Chiese cristiane nella regione. Come in numerose zone della Siria, la regione di Idleb aveva accolto musulmani, cristiani ed altre sette minoritarie. Il TIP ha ripreso in numerosi video i campanili con il loro vessillo e la distruzione delle chiese.
Gli Uiguri sono una comunità povera e poco istruita, con forti legami familiari, e alcuni di essi hanno risentito l'alienazione politica del governo cinese e della società. Perciò la maggior parte gli Uiguri emigrati a Idleb hanno portato con sé le famiglie al completo: uomini sposati, donne, bambini e parenti anziani: una situazione completamente diversa della maggior parte dei jihadisti, giovani che viaggiano soli. Per questa composizione particolare del jiahdismo in Siria, sono nate nuove esigenze rispetto ai campi terroristi tipicamente maschili.
Il TIP ha occupato un villaggio intero nella provincia di Idleb, Az-Zanbaqi, che ospita oggi
3.500 Uiguri dei due sessi e di ogni età. Essendo i bambini molto numerosi, hanno creato le loro scuole. Il Corano e l'addestramento militare 'dei giovani jihadisti' sono le materie principali che si insegnano a questi bambini. Il loro sogno è sopravvivere alla jihad siriana e affermarsi nei combattimenti terroristici per poi tornare e combattere in Cina per trasformarla in uno Stato islamico.
I petroldollari dell'Arabia Saudita e del Qatar servono per finanziare il progetto di cambiamento di regime in Siria. Il denaro viene distribuito in Turchia da un funzionario saudita. Gli Stati Uniti fomentano la politica di sovvertimento, la Turchia è la base logistica delle operazioni e la Siria il campo di battaglia in cui la maggior parte dei caduti sono civili inermi.
La Turchia è una democrazia moderna che, da molto tempo, si vanta del suo governo laico, ma il AKP, partito al potere, è in realtà un partito islamista. Erdogan ha operato cambiamenti sostanziali nel tessuto sociale e politico del Paese, con lo scopo di orientare la società turca verso un islam radicale. L'islam radicale non è una religione e neppure una setta. E' una ideologia politica. I Fratelli musulmani sono un partito politico mondiale che si fonda sull'islam radicale e per questa ragione illegali in numerosi Paesi, tra cui Egitto e Siria. Il presidente turco invece è un loro partigiano e difensore e, infatti, ha ospitato a Istanbul la Coalizione nazionale siriana (SNC), ala politica dell'opposizione armata siriana.
Anche gli Stati Uniti proteggono i Fratelli musulmani, che hanno appartenenti e uffici in quasi tutte le grandi città. Il Congresso ha dibattuto sulla loro proscrizione, ma la legge non è passata, e membri della Fratellanza islamica hanno occupato cariche importanti nell'amministrazione Obama e in Dipartimenti chiave come il Dipartimento della Giustizia e il Dipartimento della Difesa. Anche in Inghilterra li troviamo ovunque ed hanno forti legami con il governo britannico. Altrettanto può dirsi per l'Australia.

L'Arabia Saudita è la terra di elezione del wahhabismo, il Qatar promuove il salafismo mentre la Turchia, gli Stati Uniti e l'Inghilterra sono basi di Fratelli musulmani. Tutti e tre rivendicano esattamente l'identico islam radicale. Tuttavia, la grande maggioranza dei musulmani nel mondo rigetta l'islam radicale e il 'culto della morte' detto Stato Islamico, nato dalle tre correnti sopracitate.
La Chinatown siriana non è un luogo turistico con sfavillanti lanterne rosse e saporiti piatti di Noodles,... per questo, bisogna andare a San Francisco o a Seattle. La 'Chinatown' siriana è un villaggio tra colli e uliveti, un centro abitato da terroristi non una città turistica. Un giorno, il visto di questi 'turisti' uiguri scadrà e loro avranno due opzioni: affrontare la morte nei campi di battaglia o tornarsene a casa attraverso l'antica e celebre Via della Seta dei loro antenati.
Steven Sahiounie | 5 novembre 2016


Traduzione Maria Antonietta Carta 

lunedì 14 novembre 2016

"Damasco prisma di speranze": «Oggi la via di Damasco – dice il Patriarca Laham- è diventata la strada per la pace nel mondo intero»


Nell’ambito delle celebrazioni del Centenario del Pontificio Istituto Orientale (P.I.O.), il convegno internazionale “Damasco, prisma di speranze” ha voluto offrire un'opportunità di confronto e dialogo rivolto ai Pastori del Medio Oriente, finalizzato alla ricostruzione di un tessuto di relazioni e di mutuo aiuto ai Cristiani in quelle aree di conflitto e di eroica testimonianza.
Il progetto da realizzare sorge da due domande che arrivano dalla Provincia dei Gesuiti del Vicino Oriente, che si interroga sui concetti di identità e appartenenza e su come educare al futuro dopo 5 anni di un conflitto dove sembra impossibile parlare di speranza. E Damasco è il luogo simbolo di quel conflitto e della realtà dei cristiani in quella parte di mondo. Il Pontificio Istituto Orientale ha voluto porsi come “luogo simbolo” di conversazione, per tematiche come dignità dell’uomo o di un intero popolo/comunità, con un’attenzione particolare ad una visione geopolitica ad ampio raggio, attraverso i contesti educativo-religiosi. Questo è l'orizzonte al quale il convegno è orientato (e che vedrà nel prossimo anno 2017 la seconda sessione) per un futuro di coesistenza e di collaborazione tra le varie anime dei popoli medio-orientali.

Gregorio III° Laham, patriarca della Chiesa cattolica greco-melchita con sede a Damasco, in questi giorni a Roma per il convegno al P.I.O. e è noto per il suo entusiasmo e la sua franchezza. Sua Beatitudine non usa mezzi termini quando si affronta la questione della coesistenza tra cristiani e musulmani, quello della responsabilità internazionale nel conflitto siriano, ma insiste soprattutto su un punto: la presenza cristiana in Oriente non deve essere voluta per se stessa, ma per i compiti richiesti alla comunità cristiana in questa regione di guerra e di occupazioni.
Riportiamo qui alcuni pezzi di interviste, dalle quali emerge con chiarezza il suo pensiero. Non è tipo da farsi intimorire e quando si tratta della sua gente - e per SUA gente non fa distinzione fra musulmani, cristiani o altre confessioni - parla senza peli sulla lingua:

"In Occidente mi si accusa di sostenere il presidente Assad. Ma coloro che danno di queste lezioni vengano sul posto per rendersi conto del terrore che gli islamisti ci incutono". "Non si può far dipendere l’avvenire di un Paese e dell’intero Medio Oriente da una persona sola. Pensarlo è del tutto illogico, anche un bambino piccolo è in grado di capirlo. Mi domando quindi come si possa affermare che tutti i problemi dipendano da Assad, quando è evidente che non è così. Questa è una falsa presentazione del problema."

In un'altra intervista del febbraio di quest'anno pubblicata sul sito “L’Oeuvre d’Orient” nella quale si sofferma sulla crisi siriana, il quasi ottantatreenne patriarca, siriano di nascita, parla del “martirio del suo Paese” e accusa le grandi potenze che si rifiutano, dice, “di combattere Daesh con i mezzi necessari” contrastando invece il governo. “Non temo solo per i cristiani ma per tutto il popolo siriano. Le bombe stanno cadendo ovunque. Gli americani, i russi, gli inglesi, i francesi, i turchi, e anche Israele ci bombarda, come è avvenuto lo scorso dicembre per eliminare un membro di Hezbollah, presente a Damasco. Tutto questo, dicono, per sbarazzarsi di Daesh e portarci la pace. Ma in attesa di questa pace che non viene, ad essere uccisi sono civili siriani. Uomini, donne, bambini che muoiono ogni giorno a decine”.
Le grandi potenze ci accusano di sostenere una dittatura, ma il nemico non è Assad né i suoi alleati, è Daesh con le sue legioni straniere, Ceceni, Giordani, Tunisini, Sauditi, e anche Europei che vengono ed occupano le nostre terre. È da loro che dobbiamo liberarci. Il popolo siriano soffre il martirio. Cinque anni di guerra, e il pedaggio è pesante: tra 250.000 e 300.000 morti, migliaia di feriti, mutilati, sfollati, orfani, e l’Occidente sta ancora parlando e sempre dell’uscita di Assad, ma mai di quella dei terroristi. Sono quelli che scacciano i cristiani dalle loro case e che sgozzano i siriani che osano affrontarli. Per quanto tempo ancora dovremo vivere sotto il giogo di questi assetati di sangue?”.
Devo aiutare tutti i Siriani – conclude – poco importa a quale religione appartengano. Bisogna preparare il dopo guerra e ritrovare la voglia di ricostruire insieme la Siria”.

Attraverso quest'altra intervista, rilasciata l'11 novembre a Radio Vaticana, Gregorio III° Laham dice la sua senza perifrasi su quello che più gli sta a cuore. La sua voce denota stanchezza, per gli anni, ma ancor più per il tanto dolore per una situazione che ancora non vede vicina una soluzione alla tragedia siriana.

Il Patriarca: – La Siria è la colonna vertebrale del mondo arabo. Distruggere la Siria vuol dire distruggere il mondo arabo intero. Nella Siria, tutti i cittadini si sentono appartenenti al mondo arabo e alla Siria senza nessuna distinzione di religione: non c’è musulmano, non c’è cristiano, non c’è druso; sono tutti arabi. E in Siria sono tutti Siriani. E dunque la situazione della Siria è critica, difficile, e innanzitutto la situazione dei cristiani è molto grave. Dobbiamo lavorare affinché la pace del Signore regni nel mondo intero, ma innanzitutto nel Medio Oriente, perché la pace è un tesoro, un capitale, un’energia. Con la pace tutto è possibile, tutto realizzabile; senza la pace non si può fare niente di bene e niente di buono. E siccome Dio è la pace, rivolgiamo i nostri desideri al buon Dio perché – ripeto – è l’unico a poter fare qualcosa, perché salvare la Siria vuol dire salvare il mondo arabo intero.

D. – Che notizie ha della comunità cristiana che è dovuta fuggire dalla Siria?
R. – Purtroppo, sono i cristiani che pagano il prezzo di questa situazione catastrofica. Tantissimi sono già fuori, e quelli che sono rimasti vivono una tragedia, una situazione orribile e stanno pensando di seguire l’esempio di quelli che hanno già lasciato la Siria e sono andati via. E dunque, l’unico modo di poter fare la pace nel mondo arabo è fortificare la Siria affinché il mondo arabo possa di nuovo cambiare.

D. – Sente vicino Papa Francesco?
R. – Oh… abbiamo una benedizione, una grazia del buon Dio, avendo questo Papa: un uomo di preghiera e un uomo pragmatico. E dunque ringraziamo il Signore per averlo come capo della Chiesa, ma anche come esempio per il mondo intero di pace, di giustizia e di fratellanza. Di pace.


Al convegno il patriarca ha ricordato come a Maalula il 60 per cento dei cristiani sia ritornato ed ha spiegato che il progetto 'una camera per una famiglia' ha permesso il rientro di molti. Il Patriarca ha poi lanciato un appello ai governi di tutto il mondo a far tornare gli ambasciatori: "venite e vedete e non usate notizie di terza mano".
"La Chiesa non ha lasciato il suo popolo" ha ricordato, e ha chiesto che l’Occidente dialoghi con l’ Islam, anche con i migranti, tramite una maggiore forza della fede e della identità cristiana.
Essenziale ricordare che i cristiani sono autoctoni in Medio Oriente e la strada della convivenza passa necessariamente per la condanna delle islamizzazioni violente che nulla hanno a che fare con il vero Islam.

Redazione OpS

venerdì 11 novembre 2016

Trump e la fine della battaglia di Aleppo (finalmente)?



Piccole Note, 11 novembre 2016

Solo due settimane fa il dramma di Aleppo occupava gran parte dei giornali. Che ogni giorno ripetevano il consueto mantra teso a dipingere l’esercito siriano e i suoi alleati, russi in particolare, come dei sanguinari stragisti.

Era in corso l’attacco ad Aleppo Est, teso a liberare quella zona della città dai suoi sanguinari, questi sì, occupanti. Sono i cosiddetti ribelli siriani, beneamati in Occidente che ha loro affidato (direttamente o indirettamente) il compito di buttar giù il governo di Damasco.

Beneamati nonostante le milizie che controllano Aleppo Est siano quelle di Al Nusra, o Jaish al-Fatah come si fanno chiamare dopo un’operazione di restyling tesa ad accreditarsi come “buoni”. In realtà restano gli assassini di sempre, tanto da venir indicati come terroristi anche dagli Stati Uniti.

È attorno a questo gruppo militare, il più armato, organizzato e feroce, che si sono strette, in un’alleanza organica e subalterna, le varie milizie che controllano Aleppo Est. I ribelli beneamati appunto.

Eppure e nonostante questo, e nonostante che ogni giorno da Aleppo Est vengano lanciati missili e colpi di artiglieria contro la popolazione civile di Aleppo Ovest, la battaglia di Aleppo non veniva descritta come una guerra di liberazione, alla stregua di quanto avviene a Mosul o Raqqa preda dell’Isis. Ma come un massacro ad opera delle forze governative.

Le operazioni per liberare Aleppo erano iniziate mesi fa, ma all’inizio della campagna elettorale americana avevano subito un’accelerazione.

I siriani, ma soprattutto i russi, temevano che la Casa Bianca potesse essere appannaggio di Hillary Clinton. Cosa che avrebbe comportato il rischio di un conflitto Usa-Russia, dal momento che la signora aveva più volte affermato la necessità di contrastare tali operazioni, sia aumentando il sostegno ai cosiddetti ribelli sia intervenendo direttamente nel conflitto.

Da qui la necessità opposta di conquistare Aleppo prima della vittoria annunciata della Clinton.
Eppure una quindicina di giorni prima del voto americano Putin e il governo siriano avevano cambiato strategia e allentato la pressione.

Le operazioni militari sulla città erano state sospese per diversi giorni, e l’esercito siriano e i suoi alleati si sono limitati a contrastare gli attacchi altrui (ma non in altre zone della Siria, dove il rischio di colpire civili è molto minore).

Una pausa umanitaria ignorata dai media occidentali, che pure aveva un alto valore strategico e militare. Siriani e russi si sono così sottratti al fuoco incrociato della narrazione mediatica d’Occidente, in attesa degli eventi.
Trump, infatti, aveva più volte elogiato la campagna “siriana” dei russi, al contrario della Clinton, in quanto tesa a contrastare il terrorismo di marca islamista.

Un’eventuale vittoria del tycoon poteva infatti aprire la strada a un compromesso alto e virtuoso. Che avrebbe consentito ai siriani di riprendere il controllo della città evitando un bagno di sangue.

Una scommessa, quella di Putin, dal momento che lo stop alle operazioni militari consentiva ai suoi nemici di rafforzarsi, come accaduto per le pause umanitarie del passato. Con tutti i rischi connessi.

Alla fine, però, Putin ha vinto la scommessa. Con Trump presidente sembra altamente probabile che la battaglia di Aleppo abbia termine.

Come ben sanno anche i terroristi asserragliati nella parte orientale della città, che hanno accusato il colpo e appaiono più che confusi. Tanto che sembra abbiano chiesto una tregua, ipotesi da loro finora sempre rigettata.

È possibile anzi che qualcosa evolva, in senso virtuoso, fin da subito. Obama ha ancora cento giorni di regno prima di passare le consegne. Finora ha frenato, come ha potuto e non senza ambiguità, i tanti dottor stranamore che lo hanno ficcato in questa guerra.

Ormai libero dai vincoli oscuri che lo legavano, tra cui l’ipotesi di una presidenza Clinton, potrebbe riservare sorprese. Difficile si riesca a mettere in piedi in così pochi giorni altre iniziative diplomatiche globali sulla Siria.

Potrebbe però ritirare il sostegno americano ai cosiddetti ribelli che tengono Aleppo, imponendo tale scelta anche all’Arabia saudita. Consentendo così a Damasco di riprendere il controllo della città senza eccessivi spargimenti di sangue. Cosa che, di fatto, chiuderebbe la guerra siriana (o almeno una sua fase).

Sui media rimbalza la notizia che gli Stati Uniti abbiano dato ordine di eliminarei capi di Al Nusra. Un’indiscrezione enfatizzata da Mosca, per bocca del vice-ministro degli Esteri. Sergey Ryabkov.

E che andrebbe nella direzione indicata, al dì del rammarico per la funesta sorte di tali terroristi (così purtroppo va il mondo al quale si sono consegnati: quando non servono più…).

Va da sé che la pausa umanitaria decretata unilateralmente da russi e siriani rivela anche altro, ovvero che Putin da tempo avesse contezza delle possibilità di vittoria di Trump.

Al contrario dell’Occidente, che ha dovuto inseguire le fantasie di sondaggisti farlocchi, egli può contare sulle informazioni  della sua intelligence. Evidentemente un po’ più accurate.

mercoledì 9 novembre 2016

Padre Boutros di Aleppo colpito da un cecchino: "ringrazio Dio perchè posso condividere la croce di tante persone che oggi soffrono in Siria"


VATICAN INSIDER ,
8 novembre 2016

Guardare la morte in faccia è un’esperienza che può offrire un sussulto di fede anche a chi non crede in Dio. Tanto più Raban Boutros Kassis, vicario patriarcale siro-ortodosso di Aleppo, oggi dice di vivere un’esperienza di profonda vicinanza a Cristo. E’ scampato per miracolo a un attentato, finendo sotto il fuoco di un cecchino che due giorni fa, mentre era in auto, sulla strada del ritorno tra Homs e Aleppo, lo ha colpito due volte alla spalla. Il suo autista è riuscito a condurlo all’ospedale cattolico di san Luigi ad Aleppo, una delle poche strutture ancora funzionanti, ancorchè oberata di feriti, mutilati, malati. Un intervento chirurgico di urgenza gli ha salvato la vita e oggi i medici lo dichiarano fuori pericolo. Raggiunto al telefono da Vatican Insider, Raban Boutros Kassis racconta come questa esperienza lo abbia cambiato.  

Come si sente e cosa prova oggi, dopo aver rischiato la vita?  
«Nel mio cuore si agitano sentimenti contrastanti. Prima di tutto ringrazio Dio che mi ha protetto e mi ha conservato ancora in vita. Sono un miracolato. E ringrazio Dio perchè, in questa condizione e in questa esperienza, posso condividere la croce di tante persone che oggi soffrono in Siria, specialmente ad Aleppo. Ogni giorno la gente è ferita, vi sono mutilati, malati, ogni giorno si muore. Oggi posso dirmi felice di gustare il calice amaro della croce, in comunione con Cristo e con tanti innocenti che soffrono. Ma nel cuore ho la certezza che la morte non è l’ultima parola: l’ultima parola è la Risurrezione». 

Può raccontare cosa è accaduto?  
«Ero in auto con il mio autista, stavamo rientrando ad Aleppo, percorrendo l’autostrada a Sud della città. All’improvviso abbiamo visto delle persone che ci hanno sparato. Due proiettili di arma da fuoco esplosi da questi cecchini mi hanno raggiunto alla spalla. Dio ha voluto non abbiano colpito organi vitali. Il mio autista mi ha prontamente portato all’ospedale cattolico di san Luigi dove i medici, che ringrazio di cuore, mi hanno sottoposto a un immediato intervento chirurgico. Quella strada è in un’area controllata dalle truppe governative siriane, ma viene chiusa di sera perchè di notte gruppi di terroristi del Daesh e di Jubat Al-nusra nottetempo la infestano di mine. E diventa un luogo di morte». 

Come si vive oggi ad Aleppo?  
«La città è spaccata in due e il conflitto continua, mentre i civili sono quelli che soffrono. Ad Aleppo Ovest ci sono due milioni di persone. Le aggressioni e gli attacchi si susseguono, specie nei nostri quartieri, ogni giorno. Il nostro vescovado, ad Aleppo Ovest, è molto vicino al fronte con la parte Est di Aleppo. Durante bombardamenti con colpi di mortaio siamo stati colpiti diverse volte e siamo sotto il fuoco dei cecchini. Ci sono anche tentativi di sequestri che seminano terrore. Per questo molti cittadini, e tra loro i cristiani, hanno lasciato Aleppo, specie quanti hanno bambini, perchè non vogliono vederli feriti, mutilati o uccisi». 

Cosa vuole dire alla comunità internazionale?  
«Non posso far altro che rinnovare l’appello per salvare questa città martire. E chiedere aiuti umanitari. Aleppo è assediata e da oltre tre anni la gente rimasta soffre per mancanza di acqua, cibo, elettricità, gas.  Il governo siriano fa quel che può per cercare di garantire il minimo di assistenza sanitaria e educativa. Noi restiamo in città come i Pastori che vogliono stare vicini al gregge, per nutrire e dare conforto a chi soffre. La nostra richiesta è che tutti i foreign fighters e i terroristi che oggi alimentano la guerra tornino ai loro paesi di origine. E che le interferenze esterne in questa guerra finiscano». 

Come’è la situazione della comunità cristiana?  
«I cristiani condividono la sorte sofferente di tutti gli altri cittadini. I battezzati che non hanno lasciato Aleppo sono circa 35mila. E hanno fatto questa scelta sopportando con coraggio immani sofferenze e disagi. Dimostrano un attaccamento e un amore sviscerato per questo luogo, questa città santa e martire, e hanno quella forza che solo la grazia di Dio può donare. D’altro canto non possiamo biasimare chi è fuggito per salvare la propria famiglia. Questa settimana ad Aleppo abbiamo registrato, solo tra i cristiani, 20 morti e 40 feriti. Prima della guerra i cristiani di tutte le diverse confessioni ad Aleppo erano, in totale, circa 250mila. Dunque circa l’80% dei fedeli è fuggito: è una vera emorragia».  

Ha un pensiero speciale, vivendo questa sua sofferenza?  
«Vorrei ricordare oggi e affidare nuovamente a Dio i due vescovi rapiti da tre anni e mezzo, Paul Yagizi, Metropolita d’Aleppo per i greco-ortodossi d’Antiochia, e Gregorios Ibrahim, vescovo d’Aleppo per i siro-ortodossi. Con loro ricordiamo anche i due preti Michel Kayyal, della Chiesa cattolica armena di Aleppo, e Maher Mahfouz, sacerdote greco ortodosso. Non sappiamo ancora nulla della loro sorte. Speriamo siano ancora vivi e preghiamo perchè siano presto liberati». 

martedì 8 novembre 2016

La presenza francescana in Siria



Siria,  il paese dove infuria la guerra ormai da oltre cinque anni: i conventi francescani in questo paese, in situazione di guerra, che funzione hanno oggi? Pare che tanta gente in Occidente non abbia idea che ci siano dei cristiani in Siria e nemmeno dell'esistenza dei Frati Minori in quel paese islamico.


Durante il tempo dei crociati tra 1099 -1291 D.C. , religiosi combattenti arrivarono in Siria per proteggere i castelli sorti in quel tempo, gli “Ospedalieri” a differenza di quelli Templari che assunsero il tempio di Salomone in Gerusalemme come base della loro sede, un altro ordine di religiosi - i frati minori fondati da Francesco di Assisi (1182 – 1226 D.c) - arrivò a Dumiat in Egitto a incontrare il governatore il Re el-Kamel figlio del Re el.Adel ayubida fratello di Saladino. Gli storici arabi proclamarono questi religiosi 'frati della corda', in considerazione della corda che si mettono intorno al bacino che contiene i tre nodi simboli della povertà, castità e obbedienza; nei secoli la presenza di questi frati rimase in Siria fino ai giorni nostri, mentre il primo convento di frati ad Aleppo fu fondato nel 1859 nella zona di Aleppo vecchia, in seguito con l’incremento demografico e il numero crescente dei cristiani fu costruita una parrocchia grande dedicata a S. Antonio nel centro moderno di Aleppo.
Per realizzare questo progetto, racconta un anziano, fecero come i frati in occidente che giravano di città in città con una scatola in mano chiedendo offerte. Attualmente ad Aleppo ci sono tre conventi di frati francescani mentre altri tre sono a Damasco, inoltre alcuni in diverse città siriane. I frati di questi conventi sono gente del posto, non ci sono fra loro frati dell’occidente, questi fratelli locali hanno vissuto la guerra, e a conseguenza della tragica situazione condividono la sofferenza con la gente, quotidianamente aiutandoli col distribuire la borsa alimentare e l’acqua e pure un aiuto materiale per comprare il carburante a riscaldare la casa e tanto altro tutti giorni..

In uno dei conventi che vive sotto il controllo dei ribelli non si possono suonare le campane e le donne vanno a sentire la messa velate e tutto viene svolto a bassa voce; in un altro convento di zona diversa pure conquistata dai ribelli il frate del convento ha aperto le porte a quelli fuggiti accogliendo tutti pure essendo di diverse religioni , senza distinzioni il frate procura il cibo per i rifugiati con grave rischio, quindi il frate è stato rapito più volte e poi liberato grazie ai mediatori del posto.
Queste sono alcune delle vicende dei frati francescani in Siria e il loro modo semplice e coraggioso di affrontare la vita durante questa guerra.

Essi seguono le orme dei frati di san Francesco che già nel 1800 diedero la loro testimonianza fino al martirio in terra siriana: ricordiamo i Martiri Francescani di Damasco, un gruppo di 11 martiri dei musulmani, uccisi per la fede il 10 luglio 1860; di essi sei erano Padri Francescani Minori, due erano Fratelli professi Francescani e tre erano fratelli di sangue laici maroniti. Sono conosciuti come ‘Beati Martiri di Damasco’ .


Sempre a Damasco, riposa padre Tommaso da Calangianus, esperto in farmacopea, che divenne famoso per aver curato migliaia di bambini, a prescindere dalle distinzioni etniche e religiose ; fu ucciso con “omicidio rituale” per mano di ebrei, tanto che l’epigrafe mortuaria, fatta incidere sulla tomba in italiano e arabo, testimonia:  “D.O.M. Qui riposano le ossa del padre Tommaso da Sardegna assassinato dagli ebrei il 5 febbraio nell’anno 1840”.
Nella chiesa dei francescani di Terra Santa, a Bab Tuma, il ricordo delle violenze subite sopravvive in due lapidi: una, dedicata al cappuccino padre Tommaso e l’altra ai frati minori.

        
testo di 
Joseph Mistrih 

La croce francescana
È formata da quattro croci ed è il simbolo di quattro stati 'crociati':
Antiochia
Edessa 
Tripoli
Il regno di Gerusalemme

venerdì 4 novembre 2016

DA ALEPPO OVEST (2°parte): testimonianze dei Fratelli Maristi

Estratti dal Diario :

Il 30 ottobre 2016: l'offensiva dei ribelli armati è al suo terzo giorno. Da una parte, avanzando dal lato ovest, hanno preso la Dahiyet al Assad, e dall'altra parte bombardano con mortai tutte le zone di Aleppo da tutti i lati: quello a ovest, da dove provengono gli assalitori, e da est, dove stanno tutti quelli che sono assediati. Gli abitanti di Aleppo sono molto terrorizzati. Soprattutto quelli che abitano in Hamadaniye e ad Halab al Jadida hanno lasciato le proprie abitazioni.

Da venerdì 28 ottobre, ci sono stati molti morti e feriti tra la popolazione civile e l'esercito siriano. Ci dicono che gli ospedali sono sopraffatti dal numero dei feriti. Le autorità della città hanno decretato la chiusura delle scuole per una settimana.





Oggi abbiamo vissuto la nostra "pausa" (incontro) mensile con la squadra dei Maristi blu. Abbiamo organizzato, Leyla ed io, questa giornata sul tema "Chi è il mio prossimo?". Abbiamo iniziato a leggere la parabola del buon samaritano per mettere in rilievo chi è il "prossimo" secondo la visione cristiana. Con tutto il gruppo, 10 persone: i 2 Fratelli George, Margot, Luma, Mirna, Hadi, Kamel, Aline, Leyla ed io, abbiamo iniziato la visita a 3 famiglie tra quelle che vengono da noi e usufruiscono dei nostri programmi.


La famiglia "S." è composta dalla madre e da due fratelli adulti disabili mentali e il papà, anche lui malato mentale che vive presso le suore di madre Teresa. Già, in tempi normali, le piccole stradine di Midane sono brutte, e ora, a causa della guerra, sono terribili: piccole viuzze sporche, cavi elettrici che pendono dovunque e dagli immobili fatiscenti proviene un odore nauseabondo. Saliamo 5 piani per trovarci da questa famiglia. Un piccolo appartamento: una camera da letto per le tre persone e un soggiorno da 8 mq. La madre è anziana e deve fare tutto da sola, finanche portare le taniche d'acqua fino al quinto piano. Z., il figlio, è malato mentale e anche ipovedente. Ci ha parlato in "straniero", lingua composta da parole di sua invenzione. Suo fratello, disabile mentale come lui ma che si muove, non era a casa.

Poi siamo stati ad Achrafiyé, quartiere popolare dei poveri, bombardato dai ribelli-terroristi di Bani Zeid per 4 anni e considerato, prima della guerra, come il quartiere dei curdi. Una grande folla nelle strade, edifici per metà distrutti dalle bombe ma abitati. 

Facciamo visita ai "Sa." Il papà ha un problema di vista con un restringimento del campo visivo che permane nonostante le 2 operazioni chirurgiche che ha subito e non può lavorare, la mamma deve fare tutto e accudire 5 bambini di cui la maggiore ha 12 anni. Abitano in un appartamento infetto, piuttosto un tugurio, senza rubinetti né acqua. Per fortuna che la "Mezzaluna rossa" ha installato 2 grandi serbatoi alla rotonda. Devono fare la spola tutti i giorni per avere dell'acqua. Quando siamo arrivati, non c'erano in casa che i bambini, i genitori erano al funerale del cugino morto durante i combattimenti.
La nostra terza visita ci ha portato dal lato della rotonda Chihane dove vive la famiglia "H.R." una donna con i suoi 9 figli, l'ultimo di 16 mesi non ha conosciuto suo padre che li ha lasciati da più di un anno per andarsene da solo o con un'altra moglie in Turchia. Questa famiglia viveva prima della guerra a Boustan al Bacha. Nel luglio 2012, quando i ribelli hanno invaso Aleppo-Est, è scappata ed è venuta a stabilirsi in una delle scuole di Cheikh Maksoud dove l'abbiamo conosciuta.

Nel marzo 2013, i ribelli avevano invaso il quartiere, quindi se ne vanno una seconda volta per sistemarsi a "1070" un complesso immobiliare incompiuto (a causa della guerra) con delle carcasse di immobili senza pareti né sanitari. Questa famiglia ha quindi cercato di realizzare lì uno pseudo-appartamento. Nel frattempo, la mamma ha fatto sposare 2 delle sue ragazze piuttosto giovani, 15-16 anni. I ragazzi, tra cui quello di 12 anni , lavorano a rovistare nella spazzatura per raccogliere la plastica e il cartone per venderlo al riciclaggio e guadagnare un po' di lire per far vivere la famiglia. Il lavoro di Hammoudé, 10 anni, il nostro protetto, consisteva nel trasportare le taniche d'acqua dal serbatoio centrale del complesso "1070" a "casa" e veniva ogni giorno a casa nostra per prendere alcune porzioni del pasto caldo che serviamo ogni mezzogiorno a più di 800 persone. Che il tempo fosse bello o brutto, sotto il sole o con la pioggia, camminava per più di un'ora per venire da noi e altrettanti per tornare a casa con i secchi di cibo. È biondo con gli occhi azzurri ma spesso così sporco che stava diventando marrone. Allora, si faceva il bagno a casa nostra e i suoi colori naturali tornavano. Da un mese, il "1070" è stato invaso dai ribelli e per la terza volta, la famiglia H.R. l'ha lasciato per rifugiarsi a casa di una delle ragazze sposate. Poi hanno trovato un rifugio al quinto piano di un edificio per metà distrutto alla rotatoria Chihane. Quando siamo tornati alla loro "casa", siamo rimasti sorpresi nel vedere i pezzi mancanti delle pareti sostituiti con assi di legno non fissati; vale a dire, che possono essere spostati con un dito per poi trovarsi davanti il vuoto.

Ecco alcuni esempi della sofferenza e della miseria di qualche migliaio di famiglie che abbiamo in carico e aiutiamo a sopravvivere.
Al nostro ritorno, ci siamo scambiati le nostre impressioni, discusso su chi è veramente il nostro prossimo, di come trasformare una persona diversa da noi nel prossimo, senonché di avvicinarci noi stessi a lei per farne un prossimo a prescindere da una vicinanza familiare, di clan, religiosa o sociale.

Abbiamo parlato molto di dignità da ridare, di rapporto da pari a pari, di uno sguardo d'amore che non giudica ma trasforma il "diverso" nel prossimo. Tutti questi valori sono alla base del nostro lavoro di solidarietà.

Durante la nostra visita ad Achrafiyé, abbiamo incontrato molte famiglie di Halab al Jadida in fuga dal loro quartiere, recanti fagotti, vagando per le strade alla ricerca di un rifugio, di un appartamento in affitto. Achrafiyé è saturo, anche gli edifici distrutti, le cantine, le terrazze, le scale senza inferriate sono abitate. Questa sera, A-H. D. ha telefonato per chiedere aiuto perché hanno finalmente trovato un rifugio a 30.000 Lire Siriane mensili. Gli abbiamo detto di affittarlo e poi il tempo di arrivare a casa sua con la somma dell'affitto per 6 mesi. Un quarto d'ora più tardi, Leyla e i fratelli Giorgio erano sul posto ma l'appartamento era già stato affittato da altri.

Continuiamo a portare all'ospedale persone ferite da arma da fuoco e da colpi di mortaio lanciati sui quartieri civili di Aleppo ovest dai "gentili ribelli moderati". Oggi la famiglia Ghazal al completo: il papà morto sul colpo, le sue figlie con ferite gravi, la più giovane, 20 anni, muore dopo essere stata operata d'urgenza e la maggiore è ancora in terapia intensiva in condizioni critiche. Il fratello aveva trovato la morte già un mese fa, raggiunto da un cecchino.

  dal dottor Nabil Antaki, Aleppo
    (trad OpS)