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domenica 25 settembre 2016

Quel popolo di Aleppo che non merita solidarietà


di Robi RonzaLa N Bussola Q, 24-09-2016

Avendo avuto occasione di visitare la città un paio d’anni prima dello scoppio della guerra, Aleppo non è per me qualcosa di remoto. Sono luoghi ed edifici conosciuti, monumenti ammirati, gente incontrata. Perciò la notizia, diffusasi ieri, della ripresa dei bombardamenti aerei sui suoi quartieri orientali mi tocca anche personalmente. 
Tuttavia, più che mai in questa guerra, l’informazione è così strumentalizzata e distorta che in fin dei conti ancora una volta l’unica cosa certa è che le sofferenze degli abitanti della città non accennano a finire; che il mistero del male di cui la strage degli innocenti è paradigma non cessa di riproporsi.  Sappiamo, insomma, che Aleppo è di nuovo un campo di battaglia. Al di là di questo dato complessivo tutto il resto è confuso ed incerto, fermo restando un fatto sin qui sempre confermato: il grosso delle notizie sulle sofferenze dei civili a causa dei bombardamenti e dei cannoneggiamenti proviene dai quartieri orientali sotto il controllo degli “insorti”. 

Delle bombe e dei tiri di mortaio che invece prendono di mira i quartieri occidentali sotto il controllo dei governativi, dove tra l’altro vive la maggior parte dei cristiani, si sa poco, tardi e male. Come si ricorderà, infatti, la malaugurata rivolta senza prospettive contro il regime di Assad, che ormai cinque anni fa precipitò la Siria nella guerra, si fondava su una strana alleanza fra Stati Uniti, ambienti della borghesia progressista locale e movimenti integralisti islamici, questi ultimi incautamente ritenuti da Washington non determinanti. Nonostante tutto quello che da allora a oggi è accaduto, l’occhio di riguardo verso gli “insorti”, con cui l’ordine costituito dei media e delle grandi Ong cominciò a guardare alla crisi siriana, non è più venuto meno. 

Perciò – osserviamo per inciso -- le grandi agenzie e i grandi giornali continuano tra altro a definire “insorti” quella che invece è in larga misura una grande “legione straniera”, armata e rifornita attraverso la Turchia; in realtà una forza di invasione costituita da jihadisti provenienti da circa quaranta diversi Paesi di ogni parte del mondo.  Nel convulso conflitto che ne è derivato, anche a seguito del successivo intervento della Russia, con le potenze della coalizione che mentre fanno la guerra ai jihadisti (dell’Isis e di altre sigle) si fanno anche la guerra tra loro, chi paga le spese del conflitto è innanzitutto la popolazione civile. 

Non però soltanto quella che si trova nelle aree sotto il controllo degli “insorti”; e quindi subisce i bombardamenti aerei russi e governativi di cui poi le grandi agenzie e gli uffici  stampa delle grandi Ong distribuiscono a piene mani informazione e servizi video. Non sta meglio, infatti, quella che si trova nelle aree sotto il controllo del governo di Damasco, e quindi subisce i tiri  indiscriminati di mortaio e gli agguati dei cecchini degli “insorti”. Ad Aleppo, che aveva circa tre milioni di abitanti, si stima che ne restino ancora circa un milione e mezzo; si tratta in genere dei più poveri tra i poveri, di coloro che non hanno né i mezzi economici né la possibilità pratica di allontanarsi dalla città. 

Di questi circa tre quarti vivono nell’area sotto il controllo del governo e il resto in quella sotto il controllo degli “insorti”.  In quanto ai cristiani, dei 150 mila che vi abitavano ne restano ad Aleppo circa 30 mila. Rimane in funzione una sola parrocchia, quella di San Francesco, cui provvedono cinque frati della Custodia di Terra Santa, fra cui padre Firas Lufti e padre Ibrahim, che molti in Italia e altrove in Europa hanno avuto modo di conoscere. La parrocchia è divenuta un centro di soccorso, di aiuto sanitario e alimentare e di assistenza aperto a tutti, cristiani e musulmani. 

Sembra purtroppo che le potenze coinvolte nella crisi non riescano a risolverla con un accordo diplomatico. In tal caso siamo inevitabilmente alla vigilia di una grande battaglia per la definitiva conquista di Aleppo, chiave di volta del conflitto. E perciò alla vigilia di altre distruzioni indiscriminate e di altre sofferenze di innocenti e di indifesi, in particolare donne, vecchi e bambini. Attendiamoci tra l’altro la consueta informazione unilaterale, ricca di immagini e di particolari con riguardo alle sofferenze causate dai bombardamenti aerei delle forze della coalizione e del governo di Damasco, e muta invece sulle sofferenze causate dalle armi degli “insorti” ai civili che vivono nei quartieri sotto controllo governativo. 

Le tv, le grandi Ong francesi e inglesi, e gli inviati dei grandi giornali ci parleranno molto delle prime. Le seconde dovremo per lo più immaginarcele, ma nella realtà non saranno da meno.

venerdì 23 settembre 2016

Patriarca Gregorios: dramma rifugiati, la vera risposta è mettere fine alla guerra.


IL SUSSIDIARIO
16 settembre 2016

Gregorio III : in mezzo ai profughi ci sono anche i jihadisti

Ben 75mila profughi siriani si trovano intrappolati in un deserto al confine con la Giordania, dopo che le autorità del Paese hanno chiuso il confine per il timore di infiltrazioni da parte dei terroristi. Un rapporto di Amnesty International basato su immagini riprese dal satellite, filmati e testimonianze in prima persona mostra la drammatica situazione all’interno dell’area nota come il Berm. Il numero dei rifugi improvvisati fuori da Rukban, uno dei due valichi tra la Siria e la Giordania, è cresciuto da 363 di un anno fa a 6.563 del luglio scorso a 8.295 di settembre. I profughi nel deserto del Berm sono senza cibo né assistenza medica, con una diffusione impressionante di malattie e una mortalità molto elevata. Ne abbiamo parlato con Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano con doppia sede a Damasco e Beirut.

Che cosa è possibile fare per i 75mila profughi intrappolati al confine tra Siria e Giordania? 
Tutto ciò che posso fare è invitare il mondo intero a lavorare per la pace. Queste vittime e tragedie nascono dal fatto che qualcuno fa la guerra, manda i soldati e arma i terroristi. Tutto ciò è frutto di questa mancanza di un progetto di pace in Siria da parte della comunità internazionale. Se ci fosse la pace tutti i rifugiati rimarrebbero nelle loro case e avrebbero sia da mangiare sia da bere. Mentre finché c’è la guerra, ciascuno è sotto il bastone del terrorismo internazionale. Dateci la pace per favore, è questo che mi sento di gridare al mondo intero.

Lei che cosa ne pensa del fatto che la Giordania non lascia entrare chi fugge dalla guerra? 
La Giordania ha paura del traffico di terroristi. Sono tanti i jihadisti che transitano dopo essersi infiltrati in mezzo ai rifugiati, e ciò ha costretto le autorità di Amman a chiudere le frontiere. I terroristi stanno facendo tanto male sia all’interno sia all’esterno della Siria.
Chi dovrebbe prendersi cura dei rifugiati nel Berm? 
Sia la Siria sia la Giordania, ma quando c’è la guerra i rifugiati rimangono ovunque senza nessun aiuto, diventando spesso vittime e ostaggi. E i rifugiati non sono soltanto i 75mila del Berm, ce ne sono molte altre migliaia. Sono tutti aspetti della guerra. Per questo Papa Francesco ha invitato i Paesi del Medio Oriente a pregare per la pace.

In che modo è possibile ricostruire la pace in Siria? 
Questo è il vero dilemma per tutti. Quando nel 2014 Papa Francesco si recò in viaggio in Giordania, invitò tutti a “operare per la pace” in modo da formare un’alleanza internazionale con la partecipazione di Stati Uniti, Russia, Ue e Paesi arabi ed evitare la tragedia delle vittime della guerra. E’ soltanto un’alleanza internazionale che può mettere fine alla guerra e al terrorismo, nessuno può costruire la pace da solo. Unione Europea, Stati Uniti e Russia devono formare un’alleanza internazionale che prenda delle decisioni comuni, e l’Arabia Saudita seguirà.

Secondo lei i Paesi europei dovrebbero accogliere un numero maggiore di rifugiati? 
In teoria sì, ma la vera questione è mettere fine alla guerra per risolvere il problema dei rifugiati alla radice. I Paesi europei non sono preparati per questo flusso migratorio. E’ molto difficile fare fronte a tutti i bisogni dei migranti per quanto riguarda l’abitazione, il cibo e la scuola. E’ inutile quindi discutere su chi debba accogliere i rifugiati, la vera risposta è mettere fine alla guerra.

Intanto che c’è la guerra però bisogna fare qualcosa per i rifugiati. Che cosa? 
I Paesi europei stanno già facendo tanto per accogliere i rifugiati e non possono fare di più: il numero delle persone ospitate è già molto alto. Gli Stati del Vecchio Continente non sono preparati per un’ondata migratoria così massiccia.
Qual è l’impegno della Chiesa in Siria? 
La Chiesa in Siria sta lavorando per aiutare la gente a ricostruire chiese e case e per venire incontro ai bisogni dei bambini. Stiamo lavorando per ricostruire il Paese.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/9/16/SIRIA-Gregorio-III-Damasco-in-mezzo-ai-profughi-ci-sono-anche-i-jihadisti/723602/


Lettera di mons Samir Nassar, arcivescovo di Damasco

AED France
La famiglia disgregata
Sei anni di guerra son riusciti a svellere il baluardo della società siriana: la famiglia, la cellula di base che ha assorbito i colpi e le disgrazie di questa violenza senza fine, salvare il paese e la Chiesa fino al 2014 ... L'insicurezza, l'intolleranza, la violenza e la distruzione caotica hanno sradicato più di due milioni di famiglie. Prive di casa e disperse un po' ovunque,  come le famiglie potrebbero ancora portare questa prova così pesante?
Le madri eroiche
Dall'inizio della guerra, dal 15 marzo 2011, è comune vedere una la famiglia incentrata su una mamma. Sono gli uomini che vanno in guerra e muoiono lì spesso. Un detto popolare recita: "un ragazzo senza padre non è un orfano"  ; la famiglia è riunita attorno alla madre che assicura l'unità e la sopravvivenza della casa ... In questa lunga e pesante sofferenza, queste madri eroiche vivono in povertà e nelle lacrime, hanno onorato la loro vocazione, vivendo in tende e pagando con la vita.  C'è un sacrificio più grande?

L'esodo di giovani
La mobilitazione generale decretata nel mese di ottobre 2015, chiamando tutti i giovani con meno di 45 anni al servizio militare, ha messo in difficoltà quelle famiglie che non hanno potuto partire e aspettavano sul posto la fine di questa guerra interminabile. Questa fascia di età è la spina dorsale delle attività economiche ancora rimanenti ... Questi giovani sono scomparsi rapidamente. Alcuni hanno raggiunto le caserme e gli altri hanno scelto di fuggire, seguendo l'immigrazione clandestina spesso irreversibile, destabilizzando il mercato del lavoro e la modesta vita familiare privata delle risorse.. Quale futuro per  una comunità senza giovani?
La Chiesa indebolita
Gli effetti di questi cambiamenti hanno indebolito la Chiesa. Le famiglie spesso scelgono di raggiungere il figlio partito ... Da qui l'esodo accelerato delle famiglie ... uno svuotarsi vertiginoso di fedeli in tutte le parrocchie. Squilibrio demografico: in assenza di giovani, le nostre figlie lasciate sole si sposano con musulmani poligami. Quindi ci sono meno matrimoni e un minor numero di battesimi. Per la prima volta, la Chiesa si trova ad affrontare un problema cruciale: un prete su tre presente a Damasco ha scelto di trasferirsi in altri paesi ... più tranquilli. Come trattenere i sacerdoti a Damasco? Cosa diviene la Chiesa senza preti?

Guardiani di pietre
Le Città morte nel nord della Siria sono una forte fonte di ispirazione su ciò che potremmo diventare ... Come evitare di diventare guardiani di pietre? Tocca ai cristiani orientali di riconsiderare la loro vocazione e di vivere nella scia della chiesa primitiva, piccola minoranza che viveva senza garanzie nè protezione. Saremo in grado di assumere questa sfida apostolica?  "O ci ridurremo a guardiani di pietre? "

14 settembre 2016- Festa della Croce Gloriosa 
+ Samir Nassar, Arcivescovo maronita di Damasco
http://www.aed-france.org/syrie-lettre-de-mgr-samir-nassar-archeveque-de-damas/

martedì 20 settembre 2016

Indignati per tutto quello che stiamo subendo, che vediamo, sentiamo: noi, di Aleppo!


Lettera da Aleppo N. 27
(17 settembre 2016)
Rivolta e Compassione

La tregua negoziata tra i russi e gli americani è entrata in vigore 5 giorni fa. Finora, è abbastanza rispettata. Gli Aleppini di confessione musulmana hanno potuto celebrare l'Eid al Adha (Festa del Sacrificio), nelle strade e nei giardini pubblici, senza il timore dei mortai e delle bombole di gas piene di chiodi e di esplosivi che i ribelli lanciavano su Aleppo da 4 anni e 2 mesi facendo ogni giorno numerose vittime. Finora, non vi è stata nessuna strage, come accadde 70 giorni fa durante la festa del Fitr, quando colpi di mortaio lanciati sui quartieri civili, su strade piene di famiglie in festa hanno fatto decine di morti, soprattutto bambini. Ma gli Aleppini stanno in guardia, essi sono scettici circa il rispetto prolungato della tregua, dal momento che quest'ultima non riguarda i due gruppi riconosciuti come terroristi dalla comunità internazionale, Daech e al-Nusra.

La situazione è recentemente diventata molto complicata. Vi è ora una internazionalizzazione del conflitto sul terreno. Da un lato, la Turchia, che per anni ha sostenuto i terroristi lasciandoli transitare attraverso i suoi confini e armandoli, è diventata un attore diretto sul campo. In effetti, il suo esercito è entrato Siria (senza l'accordo della Siria, che è uno stato sovrano, membro fondatore delle Nazioni Unite) per così dire combattere Daech ma soprattutto per combattere le milizie curde che controllano diverse città e villaggi nella zona di confine, sul lato siriano, dellaTurchia meridionale. Ora queste milizie sono supportate, consigliate e armate dagli Stati Uniti, che sono, in linea di principio, gli alleati della Turchia. Che confusione. D'altra parte, gli Stati Uniti hanno ammesso che essi avevano una base in Siria con dei membri delle forze speciali sul lato di Hasaka, in Siria orientale. Infine, non si evoca più la ripresa dei negoziati e le posizioni rimangono congelate.

Aleppo, la nostra città soffre sempre. I media occidentali ne hanno fatto la vetrina mediatica del conflitto. Gli Aleppini avrebbero fatto a meno di questa reputazione. Soffrono da oltre 4 anni e non vedono l'ora che questo incubo finisca. Essi si ribellano quando i media parlano solo della sofferenza dei civili di alcuni quartieri di Aleppo orientale controllati dai ribelli e terroristi e che contano 250.000 abitanti. Le sofferenze del milione e mezzo di Aleppini dell'ovest di Aleppo vengono ignorate. Sono indignati per le decine di colpi di mortaio, razzi o bombole di gas che cadono quotidianamente sui quartieri civili di Aleppo senza che nessuno protesti. Sono indignati per il taglio totale di energia elettrica da lungo tempo, poiché le centrali elettriche sono nella parte dei ribelli. Sono indignati per il taglio totale dell'acqua durante l'ondata di calore estiva (40 gradi all'ombra), costretti ad utilizzare l'acqua dei 300 pozzi perforati in città negli ultimi 2 anni. Sono indignati per il blocco che subiscono ogni tot di tempo e la penuria conseguente. Essi si ribellano nel vedere, ogni volta che l'esercito siriano avanza un po' o vince una battaglia per allentare la morsa che i terroristi hanno imposto ad Aleppo, i governi e i media gridare al crimine contro l'umanità e chiedere una tregua per fermare l'avanzata dell'esercito siriano.

I drammi che noi viviamo o che vediamo, sono così numerosi che ne siamo continuamente rivoltati. Alcuni esempi:
Mahmoud, un bambino di 6 anni, senza padre, è nato senza braccia. Viveva con la madre, la sorella e lo zio in una piccola città del governatorato di Aleppo sotto il controllo di Daech. Questo gruppo non consente agli abitanti delle città che controlla di emigrare, li tiene come scudi umani. La famiglia, come molti altri, ha deciso di lasciare la città di notte per venire a Aleppo. Mahmoud era portato da suo zio, quando una mina posta da Daech, è esplosa uccidendo lo zio e tranciando le gambe e i piedi di Mahmoud. Abbiamo dovuto amputarlo. E ora Mahmoud è senza braccia e senza gambe. Compassione e rivolta.

Il progetto immobiliare 1070 è composto da decine di edifici incompiuti a causa della guerra, senza pareti, senza bagno, solo il pavimento e il tetto. Essi sono stati occupati da centinaia di famiglie sfollate, che avevano lasciato i loro appartamenti nel luglio 2012, quando i ribelli hanno invaso i loro quartieri, e si sono rifugiate ad Aleppo sotto il controllo dello stato siriano. Erano dapprima state alloggiate in scuole pubbliche poi trasferite al "1070" dove si sono stabilite con teloni come pareti, con taniche per l'acqua e secchi per i servizi igienici. Un mese fa, 1070 è stato il bersaglio, per più giorni consecutivi, di mortai e razzi lanciati da terroristi di Al Nosra prima che invadessero il quartiere. Questi sfollati, per la 3° volta, hanno abbandonato i loro morti e feriti e quel poco che avevano racimolato in 4 anni di miseria per andare a vivere sotto le tende piantate sullo spartitraffico nel bel mezzo della circonvallazione. Compassione e rivolta.
L'esodo degli abitanti di Aleppo, in particolare i cristiani, continua. Dopo Europa e Canada, ora è la volta dell' Australia per il rilascio dei visti ai rifugiati siriani. I cristiani di Aleppo sono solo un quarto rispetto a prima della guerra.

Tra rivolta e compassione, noi Maristi Blu continuiamo i nostri programmi per le famiglie sfollate e per i più poveri.

Il progetto "Maristi Blu per gli sfollati" continua a distribuire cesti alimentari e igienico-sanitari mensili a 850 famiglie. Li aiutiamo anche a pagare il prezzo di sottoscrizione di "1 Ampere" ai generatori privati ​da cui ottenere luce per qualche lampadina di notte. Diamo loro ogni mese un poco di carne o di pollo. Affittiamo per loro piccoli appartamenti in cui alloggiare. Quest'anno, per il rientro a scuola, abbiamo dato materiale scolastico a tutti i bambini che frequentano la scuola in aggiunta al nostro aiuto a pagare le tasse universitarie.


Il progetto "civili feriti di guerra" continua a curare, gratuitamente, i civili di tutte le fedi, feriti da proiettili o da schegge, nell'ospedale St Louis gestito dalle Suore di San Giuseppe dell'Apparizione.

Il "Progetto Medico dei Maristi Blu' finanzia più di 100 azioni mediche al mese per aiutare i pazienti che non possono permettersi il costo di un intervento chirurgico, un ricovero in ospedale, una radiografia o anche una consulenza o le analisi di laboratorio.

Il progetto "Ho sete", continua a distribuire acqua gratuitamente alle famiglie di cui ci prendiamo cura. I nostri 4 furgoni, dotati di serbatoi, fanno la spola per tutto il giorno tra i pozzi e gli appartamenti.

Il progetto "goccia di latte" distribuisce ogni mese a quasi 3000 bambini di età compresa da pochi giorni a 10 anni, i quantitativi di latte sufficienti per un mese.

All'inizio dell'estate, abbiamo attrezzato una parte del nostro cortile per farne un giardino con altalene, scivoli ecc ... Abbiamo così inaugurato il nostro Spazio-Estate di divertimento in cui le famiglie vengono a trascorrere cinque pomeriggi a settimana in un luogo più sicuro che i loro quartieri. I bambini giocano sotto la supervisione di educatori e gli adulti trascorrono un momento piacevole giocando a carte, a backgammon o semplicemente per rilassarsi sorseggiando un caffè, tè o soda e sgranocchiando dei semi. I nostri 2 bus fanno andata e ritorno tra il nostro centro e i quartieri. Questa iniziativa ha portato gioia a tutti ed è stata una buona terapia anti-stress.

La nostra squadra di visite agli sfollati si è ampliata con diversi volontari, vecchi Maristi della Famiglia Champagnat. Visitano regolarmente le famiglie a casa, anche quando abitano nelle periferie più pericolose come la "1070", per costruire solidarietà, informarsi sulle loro esigenze e cercare di porvi rimedio.

I nostri progetti educativi stanno andando bene. Gli insegnanti dei 2 progetti "imparare a crescere" e "voglio imparare" si incontrano, dall'inizio di settembre, ogni mattina per corsi di formazione e programmi di apprendimento in attesa dell'anno scolastico. Questo sarà difficile dato il numero record di domande di ammissione e le domande accolte nonostante lo spazio esiguo.
 Tutti i bambini del "Voglio imparare" e che non frequentavano la scuola per vari motivi, hanno superato questa estate i test di livello del Ministero dell'Educazione Nazionale e si uniranno al programma scolastico, senza partire da zero. Si tratta di una questione di orgoglio per i bambini, i loro genitori e per noi.
 "Skill School", continua a soddisfare gli adolescenti. Il loro numero ha raggiunto 75, che è il massimo della nostra capacità.

Il nostro centro di formazione per adulti, "il M.I.T.", oltre alle sessioni di tre giorni organizzate da 3 anni più volte al mese, introdurrà tra pochi giorni una nuova formula. Una sessione di 100 ore che si sviluppa su 8 settimane, 3 pomeriggi a settimana, per permettere alle persone che lavorano di partecipare. Il tema è "Come intraprendere il proprio progetto?. Abbiamo assunto i migliori esperti di Aleppo per aiutare i giovani adulti ad intraprendere e completare un progetto e guadagnarsi da vivere. Insegneremo, in modo pratico, ai partecipanti come trovare l'idea di un progetto, come raggiungerlo, come valutare il costo del prodotto, come fare un budget, come stabilire un piano d'azione, come ottenere il finanziamento, come fare il marketing e le vendite. Alla fine della sessione, i partecipanti presenteranno i loro progetti alla giuria di esperti e li aiuteremo a finanziare i migliori progetti realizzabili.
 Il nostro progetto "lotta contro l'analfabetismo" ha concluso la sua prima sessione di 40 partecipanti. Tutti hanno passato l'esame del Ministero della Cultura e hanno ricevuto un certificato che attesta che sono di livello 4° anno elementare. Bisogna vedere la felicità di questi grandi adulti che ricevono i loro certificati e tutti orgogliosi di saper leggere e scrivere.

Continuiamo a sostenere le famiglie, ad essere in ascolto, a fornire supporto psicologico, a capire i loro bisogni, a ridare loro la dignità spesso violata, per dare una speranza e far sentire che siamo solidali con loro.

Indignati per tutto ciò che stiamo subendo, vediamo, ascoltiamo e sentiamo, sì, noi Maristi Blu siamo indignati. Non possiamo accettare l'inaccettabile.
La com-passione è uno dei nostri valori. Condividiamo le sofferenze dei nostri fratelli e sorelle, il loro sconforto, la loro disperazione e i loro drammi.

La solidarietà è il nostro modo di vivere la carità e l'amore con loro e per loro.

Aleppo 17 settembre 2016
Nabil Antaki
Per i Maristi Blu

  (traduzione OpS)

domenica 18 settembre 2016

Soldati siriani bombardati a Deir El Zor da aerei coalizione, le faide USA per sabotare la tregua

posizione geografica (e causa) dei luoghi contesi 
Gli Occhi della Guerra, 18 settembre 16

Alla fine la tregua è stata rotta. Non da un gruppo ribelle né dai qaidisti “riciclati” di Jabhat Fatah al-Sham, ovvero gli ex miliziani (ora diventati “jihadisti buoni”) di Al Nusra. A rompere la fragile tregua siriana sono stati i caccia della coalizione a guida Usa che hanno bombardato le postazioni dell’esercito siriano nei pressi di Deir el-Zor, uccidendo almeno 80 militari e ferendone più di cento. Soldati che si trovavano lì per fronteggiare i terroristi del sedicente Stato islamico che, dopo lo strike, si sono sentiti liberi di avanzare e che sono stati fermati dai militari siriani rimasti in piedi.
Ovviamente è partito subito il gran can can delle accuse: Russia e Siria hanno affermato che, per l’ennesima volta, gli Usa hanno aiutato i terroristi e Washington ha ribattuto che si è trattato di un semplice errore. Questa la cronaca, passata poi in secondo piano a causa della bomba esplosa a New York che ha provocato il ferimento di 29 persone.
Ma c’è un aspetto più interessante, che avevamo trattato la scorsa settimana, e che val la pena riprendere.L’accordo sulla Siria siglato da John Kerry e Sergej Lavrov non è andato giù ad Ashton Carter, segretario della Difesa degli Stati Uniti. Secondo la ricostruzione fornita dal New York Times, Carter avrebbe esercitato una forte pressione su Barack Obama affinché non appoggiasse i piani di pace di Kerry. Il presidente se ne sarebbe fregato delle voci del Pentagono, rendendo così possibile la pur fragile tregua che ha retto fino a ieri sera.

Da Washington hanno fatto sapere che il bombardamento contro l’esercito siriano è stato del tutto accidentale. Può essere. Del resto, la coalizione a guida Usa che combatte contro il sedicente Stato islamico in Siria non ha mai dato prova di grande precisione militare. Anzi, gli Usa hanno più volte paracadutato armi ai terroristi dell’Isis. Gli stessi caccia americani che hanno colpito i militari siriani non sono stati in grado di colpire i miliziani dell’Isis che scappavano da Mambij per dirigersi ad Al Bab oppure a Raqqa. Se li sono fatti passare sotto il naso.
Lo strike di ieri potrebbe essere un errore. Può darsi. Anche se tutto ciò contraddice la propaganda sulle bombe americane, le uniche che – secondo i media – non colpiscono mai i civili e non provocano effetti collaterali. Le faide tra Pentagono e Kerry suggeriscono inoltre che la partita che si sta svolgendo in America è molto più ampia rispetto a quanto possiamo pensare e che gli Usa si trovano davanti ad un bivio. Da che parte voglia davvero andare resta però un mistero. Forse, le prossime presidenziali ci aiuteranno a capirlo.



AGGIORNAMENTO: dai Fratelli Maristi di Aleppo 

I siriani sono unanimemente indignati per il raid statunitense che ha ucciso più di 60 tra i giovani soldati dell'esercito siriano. Sono tutti figli di famiglie siriane che stanno facendo il servizio militare.
Nessuno qui crede nella versione ufficiale americana che dice che è un errore umano. Riteniamo che l'intervento diretto degli Stati Uniti dopo quello della Turchia di due settimane fa complica notevolmente la situazione e rende ancora più difficile una soluzione politica.
Gli Aleppini sono tuttavia ancora un po' fiduciosi, perché la tregua ad Aleppo è abbastanza ben rispettata da 6 giorni, fatta eccezione per alcune violazioni occasionali.

Questo porta un po' di speranza alla gente, mentre oggi e domani ci sarà l'inizio della scuola.

Nabil Antaki

venerdì 16 settembre 2016

fra Firas: la tregua per ora funziona, aiutateci togliendo le sanzioni

Le immagini di questa pagina si riferiscono alla celebrazione  della festa
di Eid Al Adha nello spazio giochi
allestito dai Fratelli Maristi di Aleppo

IL SUSSIDIARIO,
14 settembre 2016

“Ad Aleppo il coprifuoco è entrato in vigore in un clima pieno di aspettative. Dopo oltre cinque anni di guerra la gente è ormai stanca e desidera veramente con tutto il cuore che questa pace abbia inizio a ogni costo”. E’ la testimonianza di padre Firas Lutfi, viceparroco della chiesa di San Francesco ad Aleppo e superiore del Collegio di Terra Santa.
Il cessate il fuoco è incominciato in tutta la Siria a partire dal tramonto di lunedì, e nelle prime 24 ore ha retto tutto sommato bene. Per padre Firas, “se non si instaura una pace duratura anche quella minoranza di cristiani rimasti qui perché sentono di avere una missione se ne andranno, e la Chiesa siriana si trasformerà in un museo vuoto”. Mentre sulle sanzioni economiche stabilite dall’Unione Europea dice: “Colpiscono soprattutto la povera gente, andrebbero subito eliminate”. 

Quale clima si respira ad Aleppo nel primo giorno dall’entrata in vigore della tregua? 
Qui ad Aleppo si respira un clima di positività e una grande speranza che questa tregua sia davvero definitiva, che sia l’inizio di una pace piena, completa e vera. L’atmosfera è piena di aspettative, anche se qualcuno teme che la tregua sia utilizzata da entrambe le parti per armarsi ancora di più. Ma dopo oltre cinque anni di guerra la gente è ormai stanca e desidera veramente con tutto il cuore che questa pace abbia inizio a tutti i costi.

Ci sono state violazioni della tregua? 
Lunedì alcuni lanci di razzi hanno causato danni materiali e diversi feriti. Non si tratta però di una violazione della tregua, in quanto non tutte le fazioni sono state incluse nell’accordo tra Usa e Russia. Mosca infatti ha insistito sulla necessità di dividere in modo rigoroso i gruppi che appartengono a un’opposizione moderata da un lato e Isis e Al Nusra dall’altra.
Nel primo giorno di tregua la gente è uscita di casa o continua a nascondersi? 
In realtà il primo giorno di tregua ha coinciso con la festa musulmana del Sacrificio, durante la quale la gente di solito sta in casa.
Chi era fuggito dai quartieri bombardati vi è ritornato? 
No. Quando si accende il conflitto in una zona della città, quei quartieri smettono di essere abitabili e le case sono tutte distrutte o semi­distrutte. La gente quindi cerca delle stanze in affitto altrove e non torna se non a condizione che i militari abbandonino completamente quella zona. Comunque gli aleppini sono abbastanza fiduciosi, anche se qualcuno è perplesso in quanto in passato è avvenuto che queste tregue durassero per una o due settimane, e poi tutto precipitasse nuovamente nella situazione peggiore.

In città ci sono acqua, cibo, medicinali e ospedali funzionanti? 
In questo momento sta funzionando tutto abbastanza bene, anche per merito di questa tregua in quanto prima si aveva paura di portare gli aiuti nelle zone colpite. Gli ospedali sono attivi, anche se hanno il problema della mancanza di medicine. A volte i medicinali più costosi non sono più disponibili, e si tende quindi ad attendere l’arrivo di Onu, Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Il problema dell’emergenza dell’acqua è diminuito rispetto a qualche mese fa, anche se persiste nei quartieri vicini alle colline.
I cristiani di Aleppo come stanno vivendo questo momento? 
I cristiani nelle zone controllate dal governo siriano vivono la loro fede come prima, e sia pure con tanta prudenza partecipano alla messa. Il numero dei cristiani, in Medio Oriente ma soprattutto in Siria, sta però sempre più diminuendo. Solo nella città di Aleppo i cristiani prima del conflitto erano 150mila mentre adesso sono meno di 30mila. In tutta la Siria i seguaci di Gesù erano l’8­9% della popolazione, pari a 2 milioni di persone, mentre adesso sono 1 milione. Stiamo quindi parlando di un’emorragia, in quanto i cristiani si trasferiscono altrove in cerca della sicurezza e di una vita dignitosa.
E chi è rimasto? 
Il piccolo gregge che è rimasto lo ha fatto perché è convinto di avere una vocazione specifica: restare nel Paese dove è nato e dove la Chiesa apostolica trae le sue origini. La stragrande maggioranza però se ne è già andata, e se non si approda subito alla pace la Chiesa siriana rischia di trasformarsi in un museo senza fedeli. Il dramma cui stiamo assistendo in Medio Oriente è lo svuotamento della Chiesa che ha vissuto qui da due millenni.
Che cosa possiamo fare noi europei per aiutare chi vive in Siria? 
La priorità è abolire le sanzioni economiche che colpiscono soprattutto le persone più povere. Le banche in Siria sono praticamente tagliate fuori da tutto il resto del mondo. Le sanzioni infatti non bloccano solo l’invio di armi, ma anche qualsiasi trasferimento finanziario dall’Europa in Siria. Un mio parente in Italia o un’opera di carità italiana che aiuta i poveri, non possono inviare soldi alla mia parrocchia ad Aleppo perché le sanzioni lo impediscono. L’unico modo per portare le donazioni è farlo di persona quando si viaggia, anche se sappiamo che gli aeroporti europei prevedono un tetto di 3mila euro.
Qual è la logica da cui nascono le sanzioni? 
Chi ha instaurato le sanzioni lo ha fatto nella convinzione che i trasferimenti di denaro verso la Siria finiscano tutti alle organizzazioni terroristiche, mentre nella realtà non è sempre così. Le sanzioni impediscono anche di fare donazioni alla gente comune.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2016/9/14/CAOS-SIRIA-Firas-Lutfi-la-tregua-per-ora-funziona-aiutateci-togliendo-le-sanzioni/723181/


Per comprendere cosa sono di fatto le sanzioni alla Siria:

Due appelli da firmare per chiedere la rimozione delle sanzioni: 


mercoledì 14 settembre 2016

Omelia oggi papa Francesco: “Quanto piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero: 'Uccidere in nome di Dio è satanico'”.

“Dobbiamo pregarlo - è un martire!
E i martiri sono beati
– dobbiamo pregarlo, che ci dia la mitezza,
la fratellanza, la pace,
anche il coraggio di dire la verità:
uccidere in nome di Dio è satanico”.
Così il Papa alla Messa per p. Hamel
Sono sincero: I Musulmani in Chiesa (con tutti gli abusi e gli equivoci che si sono creati) e i Cristiani in Moschea non mi convincono. Detto questo, ritengo importanti i gesti che i Musulmani,tramite le loro autorità, stanno compiendo qui in Italia e in altre nazioni. Di particolare importanza l'incontro ceceno a Grozny, dove circa 200 personalità musulmane di Egitto, Russia, Siria, Sudan, Giordania, Europa si sono incontrate per condannare la dottrina Wahhabita dell’Arabia saudita (Qui).
Come cristiani o come laici, li abbiamo continuamente sollecitati a gesti e assunzione di posizioni di rottura verso l'islam violento e fondamentalista e tutti i gesti che vanno in questo senso sono da apprezzare e valorizzare come segni di speranza e di buona volontà. Sono importanti per almeno due motivi: il primo è politico e riguarda tutti i focolai di guerra che vedono l'islam come movente (o pretesto) per conquistare aree sempre più vaste di territori in molte parti del mondo (Medio Oriente, Africa, Asia..). Sentir dire da parte di autorevoli imam che l'islam non può essere usato per combattere gli "infedeli" e vessarli in ogni modo, ha risvolti politici che potrebbero innescare sviluppi importanti in ordine alla pace e alla pacifica convivenza tra popoli e religioni diverse. Il secondo aspetto, non meno importante è una riflessione interna all'islam stesso, che potrebbe avere sviluppi relativi a una possibile rilettura di molte parti del Corano. Riguardo a questo secondo aspetto uso molto prudentemente il condizionale in quanto l'autore del Libro ritiene prescrittive, immodificabili e non interpretabili le Sure e gli Hadit che ne fanno un tutt'uno come parola autentica di Allah. Non sono il solo ad avere dubbi in tal senso, mi rifaccio piuttosto a scritti "profetici" di Charles de Foucauld o di Sant'Alfonso Maria de Liguori che riguardo all'Islam hanno espresso seri dubbi sulla sua evoluzione e riformabilità.
Ricordo che i Musulmani possono ricorrere in particolari situazioni alla dissimulazione (Taqqya): laddove siano minoranza e debbano carpire la benevolenza delle comunità contigue alla loro, possono accettare anche leggi e modi di vita a loro non proprio graditi, finché non siano essi ad essere maggioranza con la possibilità di farsi valere anche a livello politico e quindi legiferare islamicamente (Sharia).  Io faccio conto soprattutto sui musulmani che, prescindendo da quelle parti del Corano che vorrebbero gli infedeli combattuti e sottomessi, assumono posizioni pacifiche a fraterne nei confronti di tutti. In Egitto ci sono Musulmani che proteggono le Chiese insieme ai Cristiani quando queste sono nel mirino dei fondamentalisti. A Lahore, Musulmani hanno aiutato i Cristiani a ricostruire chiese. 
La Speranza è una virtù cristiana, l'ingenuità e il buonismo non sono invece virtù: "puri come colombe e scaltri come serpenti".
Mani tese ed occhi aperti quindi. Incontriamoci e dialoghiamo, poi preghiamo per la Pace e la fraterna convivenza. Non dimenticando che, come dice il Vescovo Negri,anzitutto "noi siamo sfidati sulla evangelizzazione e sulla educazione di un popolo cristiano capace poi di interloquire efficacemente con tutti i nostri fratelli che vivono con noi nelle varie situazioni della vita, e dare perciò il nostro contributo originale e significativo a una società in cui le differenze di cultura, di identità, di professione, di fede, devono esprimere la ricchezza della vita umana".
Gb.P.

Charles de Foucauld: "Così l'islam ci dominerà"

Forse nessun europeo è stato così vicino ai musulmani d’Africa come il beato Charles de Foucauld (1858-1916), che a loro ha dedicato la vita fino al martirio. A distanza di quasi cent’anni, una sua lettera a René Bazin, scritta due mesi prima della morte, suona come una vera profezia che fa riflettere: 

"Ritengo che se, lentamente, dolcemente, i musulmani del nostro impero coloniale del Nord Africa non si convertono, sorgerà un movimento nazionalista simile a quello della Turchia. Si formerà un’élite intellettuale nelle grandi città, educata in Francia, ma senza lo spirito né il cuore francese, un’élite che avrà perso la fede islamica, ma che ne conserverà il nome per influenzare attraverso di essa le masse.
D’altra parte, la massa dei nomadi e dei contadini resterà ignorante e distante da noi, fermamente maomettana, portata all’odio e al disprezzo contro i francesi, contro la nostra religione, contro il nostro dominio, non sempre benevolo. Il sentimento nazionalista e barbaresco crescerà nell’élite colta. Quando troverà l’occasione, per esempio durante qualche situazione difficile per la Francia, interna o esterna, utilizzerà l’islam come una leva per sobillare le masse ignoranti e così cercare di creare un impero musulmano indipendente in Africa.
L’impero francese in Africa — Algeria, Marocco, Tunisia, Africa occidentale — ha 30 milioni di abitanti. Grazie alla pace, potrà averne il doppio in meno di cinquant’anni. Questa crescita demografica sarà accompagnata da un grande sviluppo materiale. I Paesi si arricchiranno, saranno solcati da ferrovie, popolati da persone agguerrite e addestrati all’uso dei nostri armamenti, guidati da un’élite educata nelle nostre scuole. O noi impariamo a fare i membri di questa élite dei francesi, oppure prima o poi ci cacceranno via. E l’unico modo per diventare francesi è diventare cristiani.
Non si tratta di convertirli in un giorno, né tanto meno con la forza, ma dolcemente, in silenzio, con la persuasione, l’esempio, la buona educazione e l’istruzione, attraverso un contatto stretto e affettuoso. Questo è un lavoro soprattutto per i laici, che possono avere con i musulmani dei contatti assai più numerosi e più intimi che non i preti.
I musulmani possono diventare dei veri francesi? Eccezionalmente sì, ma in generale no. Molti dogmi fondamentali dell’islam si oppongono ai nostri principi. Con alcuni, e penso ai musulmani liberali che hanno ormai perso la fede, ci sono accomodazioni possibili. Ma con altri, e mi riferisco a coloro che aspettano il Madhì, non v’è nessuna possibilità di accordo. Escludendo i liberali, i musulmani credono che, giungendo i tempi del Giudizio Universale, verrà il Madhì che proclamerà una guerra santa per stabilire l’islam su tutta la terra, dopo aver sterminato o soggiogato tutti i non-musulmani.
Secondo la loro fede, i musulmani ritengono l’islam come la loro vera casa e i popoli non-musulmani come destinati a essere sopraffatti da loro o dai loro discendenti. Considerano la sottomissione a una nazione non-musulmana come una situazione transitoria. La loro fede li assicura che usciranno vincitori da questo scontro con gli europei che oggi li dominano. La saggezza consiglia loro di patire con calma questa prova: “Quando un uccello intrappolato si agita, perde le piume e si spezza le ali, invece se resta tranquillo sarà integro il giorno della liberazione”.
Loro possono preferire un Paese a un altro, come preferiscono la Francia alla Germania perché ci ritengono più miti; possono intrecciare amicizie con tale o tal’altro francese; possono combattere con grande coraggio per la Francia, per sentimento o per onore; possono dimostrare spirito guerriero, fedeltà alla parola, come d’altronde i mercenari dei secoli XVI e XVII. Ma, di norma, esclusa qualche eccezione, finché saranno musulmani, non saranno dei veri francesi. Aspetteranno con più o meno pazienza il giorno del Madhì, quando allora attaccheranno la Francia.
Ecco perché sempre più musulmani algerini si mostrano così ansiosi di chiedere la cittadinanza francese. Come possono chiedere di far parte di un popolo straniero che sanno sarà irrimediabilmente sconfitto e sottomesso? Diventare francesi davvero, implicherebbe una sorta di apostasia, una rinuncia alla fede nel Madhì.
(Lettera del beato Charles de Foucauld a René Bazin, dell’Accademia Francese, 29 luglio 1916)"

http://www.lanuovabq.it/mobile/articoli-la-profezia-di-de-foucauldcosi-lislam-ci-dominera-16853.htm#.V9BvHvmLSM9

domenica 11 settembre 2016

Card. Leonardo Sandri :“Tutti là siamo nati", in quei luoghi, sotto le macerie frutto dei peccati, delle violenze e delle miopie di molti uomini e di molti poteri del mondo, è rimasta la sorgente posta da Dio

BERGAMO – Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella celebrazione Eucaristica per il conferimento dell’Ordinazione Episcopale a S.E. Mons. Pierbattista Pizzaballa, Arcivescovo Titolare di Verbe e Amministratore Apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini – Cattedrale di Bergamo, sabato 10 settembre 2016 A.D.
Patriarcato Latino di Gerusalemme
  Carissimo fra Pierbattista!
Abbiamo appena ascoltato queste parole : “la Santa Chiesa Cattolica chiede che sia ordinato Vescovo il presbitero Pierbattista Pizzaballa”. Il 15 settembre di ventisei anni fa, nella cattedrale di Bologna, l’amato Cardinale Biffi che impose le mani ordinandoti sacerdote diceva a te e ai tuoi compagni: “è la Sposa stessa di Cristo a implorare il suo Sposo: è dunque una richiesta impreziosita dalla indefettibile fedeltà sponsale.. motivata dalla sua preoccupazione materna.. Ciò che voi diventate, lo diventate per sempre; ciò che oggi avviene in voi, avviene una volta per tutte…”.
Contempliamo la Chiesa sposa di Cristo e Madre di tutti i credenti, e facciamo oggi una singolare esperienza della sua cattolicità: il mandato apostolico del Santo Padre Francesco, Successore dell’apostolo Pietro, la tua famiglia, prima chiesa domestica, l’amata Chiesa di Bergamo, che ci accoglie nella sua cattedrale, l’Ordine dei Frati Minori, in particolare i Frati della Custodia di Terra Santa, e ora la Diocesi Patriarcale di Gerusalemme, alcuni Nunzi Apostolici, Vescovi, Delegati ecumenici, sacerdoti e fedeli laici che qui si sono radunati per pregare e gioire insieme per l’opera che il Signore ha iniziato in te, e anche in loro attraverso la tua presenza e il tuo ministero.
  1. Nel mistero della Chiesa, insieme al Vescovo Pierbattista, ci rendiamo conto che al centro non c’è un uomo, ma la grazia di Dio che ha operato e opererà ancora più efficacemente dentro di lui. Ce lo ha ripetuto san Paolo, le cui parole appena proclamate sono diventate il tuo motto episcopale: “Sufficit tibi gratia mea  – Ti basta la mia grazia”. 
E’ una espressione ben lungi da un vago sentimentalismo o da una fede disincarnata. Paolo arriva a “vantarsi ben volentieri delle proprie debolezze, perché dimori in lui la potenza di Cristo”, di fronte ad una situazione di grande difficoltà nell’esercizio del ministero apostolico che gli è stato affidato dal Signore.
Attraverso le esperienze dolorose Paolo giunge alla percezione molto semplice che Cristo è il Signore e che il suo ministro si prepara liberando il cuore da tutto ciò che poteva essere una forma di successo proprio, divenendo strumento sempre più adatto nelle mani di Dio. Attraverso l’attimo di incomprensione con la comunità di Corinto, certamente riprende coscienza dell’assolutezza e della trascendenza indescrivibile del mistero di Dio, che gli era diventato così vicino nell’apparizione del Cristo sulla strada verso Damasco, tanto quasi da arrivare a sembrargli suo, mentre in realtà è al di là di ogni capacità umana di parlarne e di disporne. Il dolore dell’esperienza credente di Paolo fa scaturire insieme ad una lettera che lui stesso definisce “scritta tra le lacrime” anche l’altezza e l’intensità della riflessione sul ministero della Nuova Alleanza e della riconciliazione, come servizio (diakonía) ai fratelli nella fede e come collaborazione alla loro gioia. Invochiamo l’intercessione di san Paolo sul vescovo Pierbattista, perché il nuovo passo chiesto nella Chiesa alla sua vita di fede sia vissuto come modo per approfondire la propria esperienza di credente che lo renda autenticamente Pastore secondo il cuore di Dio.
  1. Il testo del profeta Isaia, tratto dal cosiddetto “libro della consolazione”, pone l’uomo di ogni tempo anzitutto dinanzi ad una domanda: “Perché spendi denaro per ciò che non sazia e non disseta, ritrovandoti ultimamente come il popolo disperso e esiliato a Babilonia?”. La risposta però consiste non in un giudizio di condanna da parte di Dio, ma in una promessa di fedeltà e di alleanza eterna. L’iniziativa ancora una volta è del Signore che redime, raduna dalla dispersione, ama e si prende cura. Ma Dio ha bisogno del profeta che se ne faccia portavoce ed interprete, uno che viva tra gli uomini e sia capace di ridestare in loro la fame e la sete dell’Autore della Vita. Il Vescovo allora, superato il senso di inadeguatezza e confermato nell’assoluto primato della grazia, di cui ha fatto egli per primo esperienza, passa annunciando la consolazione che viene da Dio “consolate, consolate il mio popolo; come sono belli sul monte i piedi del messaggero che annuncia la pace”. Tanti cuori in Terra Santa e particolarmente nel territorio del Patriarcato Latino hanno sete di giustizia e di pace: dimensioni fondamentali del vivere umano, che prima ancora che rivendicate come diritto dagli altri devono essere desiderate e operate nei rapporti dentro la Chiesa e tra le Chiese, oltre che con i credenti Ebrei e Musulmani. Essere Vescovo per la Chiesa Latina che è in Gerusalemme, Amministrandola a nome e per conto del Santo Padre, come pure guidando l’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa, è compito senz’altro arduo, ma potrà essere vissuto pieno di gioia e di serena determinazione, perché ancorati nella Parola del Signore e non nei nostri progetti umani. La Parola infatti non è incatenata né messa in fuga, ma efficace e porta frutto: “come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia… così sarà anche della parola uscita della mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero, e senza aver compiuto ciò per cui l’avevo mandata”.
  1. Nella Terra Santa, che tu, Padre Pierbattista, hai abitato e servito da 26 anni, il Verbo fatto carne ci ha fatto conoscere il desiderio di Dio, la salvezza per l’umanità, lì Colui che è la Parola del Padre ha portato a pienezza la Rivelazione, “parlando a noi come ad amici”. Come il Salmo, anche noi diciamo “Tutti là siamo nati”. Nella fede vogliamo rinnovare la consapevolezza che in quei luoghi, sotto le macerie frutto dei peccati, delle violenze e delle miopie di molti uomini e di molti poteri del mondo, è rimasta la sorgente posta da Dio, che zampilla per dare sollievo e fecondità. E’ la presenza stessa di Gesù che è il Vivente. Sacerdoti e fedeli, guidati dal Vescovo, dovranno avere ogni giorno il coraggio di scavare più in profondità dentro il proprio cuore, attraverso le vicende della storia, per ritrovare il Cristo che ne è il Signore. Allora la comunità cristiana, che chiede di essere preservata, sostenuta e protetta, continuerà ad essere dono per tutti, per coloro che abitano quei luoghi da secoli, ma anche per i pellegrini e per le migliaia di lavoratori migranti che ormai ne fanno stabilmente parte. L’unico strumento nelle nostre mani per evitare che i cristiani emigrino dal Medio Oriente, o vengano fatti uscire da progetti non chiari, è trovare sempre forme antiche e nuove per essere chiesa in uscita, che ha a cuore la promozione di spazi di incontro e riconciliazione. Il Vescovo, che nella porzione di Chiesa locale presiede nella carità, mentre vive il ministero della santificazione (munus sanctificandi), spezzando il pane della Parola e dell’Eucarestia, edifica la comunità cristiana come casa fondata sulla roccia. Ed insegnando, educa a pensare che tale stabilità, proprio perché ci è data da Dio, è anche dono che ci impegna a protenderci in avanti verso chi soffre, bisognoso di una speranza affidabile per la propria vita e il proprio destino, anche attraverso la solidarietà concreta – e pensiamo con riconoscenza a quanti, anche tra i presenti, da tutto il mondo si impegnano nel sostenere la vita delle Chiese in Terra Santa.
E’ lo stile del Pastore tratteggiato da San Gregorio Magno nella sua Regola Pastorale: “La Verità stessa, quando apparve in mezzo a noi assumendo la natura umana, si dà alla preghiera sul monte e compie miracoli nelle città, suggerendo con l’esempio ai pastori saggi di accostarsi con amore alle necessità degli afflitti, pur tenendo lo sguardo alla contemplazione. La carità infatti raggiunge le altezze quando scende con gesto d’amore alle infime necessità dei poveri, e quanto è maggiore la benevolenza nel piegarsi verso gli umili, tanto è più rapido il volo verso Dio” (2,5).

  1. Intercedano per te la Vergine Maria e San Francesco, e faccia loro corona la preghiera e il canto degli angeli di Betlemme: sia il tuo episcopato capace di mettersi in cammino, come sono raffigurati nella Basilica della Natività, per condurre il gregge a te affidato ad incontrare, riconoscere e servire il Verbo della vita; abbi il coraggio di tendere sempre la propria mano, come Tommaso, al costato trafitto di Cristo Crocifisso e Risorto, per essere confermato e confermare nella fede i fratelli. Sia un ministero di luce e di bellezza, che non si spaventa di fronte alle sfide che gli sono poste innanzi. Ti accompagni nel viaggio che oggi inizi questa parola del Santo Padre: “Il volto delle nostre comunità ecclesiali può essere coperto da ‘incrostazioni’ dovute ai diversi problemi e ai peccati. La nostra opera deve essere sempre guidata dalla certezza che sotto le incrostazioni materiali e morali, anche sotto le lacrime e il sangue provocati dalla guerra, dalla violenza e dalla persecuzione, sotto questo strato che sembra impenetrabile c’è un volto luminoso come quello dell’angelo del mosaico della Basilica di Betlemme. Coopera a questo ‘restauro’ – come già fece San Francesco – perché il volto della Chiesa rifletta visibilmente la luce di Cristo Verbo incarnato”. Amen.                                                http://it.lpj.org/2016/09/10/omelia-del-cardinale-leonardo-sandri-per-lordinazione-episcopale-di-mons-pizzaballa-bergamo-10-settembre/