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giovedì 18 agosto 2016

Di video indignati, bombe su Aleppo e dolore dei bambini


Viviamo tempi difficili e sappiamo che in guerra la prima cosa a morire è sempre la verità.  Quando non è palese disinformazione si tratta di servizi o articoli orientati a carpire la benevolenza o l'orrore di chi ascolta, vede, legge.. 

Anche questo video dei bimbi estratti (vivi per fortuna) da un luogo bombardato, non sfugge a questa logica.  In questo caso lo scopo è semplice: fermare la liberazione di Aleppo dai ribelli jihadisti.  Quando la battaglia infuria e l'alleanza Siriani, Russi, Iraniani fa progressi diventa necessario demonizzarli e additarli come gli assassini che colpiscono deliberatamente i civili o gli ospedali.  Nessuno dice che questi civili, quando non sono le famiglie stesse dei jihadisti, sono usati da costoro deliberatamente come scudi umani.  Purtroppo è così: i civili pagano sempre il fatto di essere in mezzo a una battaglia, sia che parteggino per l'una o l'altra parte. 


Ma la cosa peggiore è quando queste vittime non sono accidentali ma deliberatamente volute.
Per fare un esempio basta vedere la differenza di trattamento riservata all'odierno video girato dai ribelli e un altro dove il bambino sgozzato non è certo una morte accidentale.  

Così oggi si invoca la cessazione dei bombardamenti e l'ONU minaccia il fermo dei soccorsi umanitari, dando molto risalto all'operato degli Elmetti Bianchi (finanziati dal Qatar) per i quali magari si proporrà anche la candidatura al Nobel per la pace. Poco importa se loro stessi sono una delle parti belligeranti (ci sono immagini che li ritraggono armati di kalashnikov e con la bandiera di alNusra). 
 Troviamo solo uno stigma verso questo gruppo di bestie feroci, senza però attardarsi a chiedere che siano messi TUTTI in condizioni di non nuocere: anzi, si minimizza dicendo che si tratta di qualche caso isolato che non rappresenta la totalità dei ribelli.  
Credo che in casi come questi, senza abdicare alla nostra umanità, dovremmo fermarci un momento a riflettere su QUALE Siria, quale Iraq, quale Medio Oriente, quale mondo vogliamo e cercare di capire quali sono le forze che in questo frangente lo perseguono.  Non è un lavoro da poco: richiede un'attenzione quotidiana ma non possiamo esimerci dal farlo. 
  Gb.P,  Ora pro Siria 

Mette in guardia il Patriarca Gregorios Laham : nuovo fronte della 'guerra dell'informazione'

Asia News, 18-08-2016

Una "guerra dell’informazione” fatta di bugie, proclami, presunte rivelazioni e che scorre parallela ai “combattimenti con le armi” per distrarre e pilotare l’opinione pubblica internazionale e la popolazione locale. È quanto afferma ad AsiaNews il Patriarca melchita Gregorio III Laham, commentando la notizia secondo cui almeno 18mila persone sarebbero morte per torture e privazioni nelle carceri del governo siriano dall’inizio del conflitto nel marzo 2011. “Come si può credere a questa cifra, alla correttezza dei dati - si chiede il prelato - se non vi è accesso alle carceri e ci si basa solo su alcune testimonianze parziali”.  
In queste ore Amnesty International ha diffuso un rapporto in base al quale emerge che fra il 2011 e il dicembre 2015 si sono registrate “almeno 18mila” vittime nelle prigioni siriane. La denuncia è frutto dei racconti di 65 “sopravvissuti alle torture”, secondo cui vi sarebbe “un uso sistematico” della tortura, dello stupro e di maltrattamenti da parte delle guardie carcerarie.   Il governo siriano ha già respinto con forza il rapporto, negando le accuse di torture e la stima dei morti in cella, pari a 300 vittime al mese.   Il documento di AI parla inoltre di abusi sessuali durante le operazioni di controllo, perpetrati il più delle volte da secondini maschi ai danni di detenute femmine. Inoltre, ai detenuti sono negate cure mediche e non possono lavarsi in modo adeguato per prevenire la diffusione di malattie. 
Per il capo della Chiesa greco-melchita “non è possibile provare” queste cifre e verificare la veridicità di queste informazioni. Inoltre la fonte Amnesty International “non è così indipendente” e nel contesto del conflitto siriano “si sono spesso verificate manipolazioni di notizie”. “Dietro queste [presunte] rivelazioni - aggiunge il patriarca - vi è un colore politico, nel contesto di una guerra di informazione, come è avvenuto in passato per la vicenda delle armi chimiche”. 
Gregorio III parla di una “manovra” in atto per screditare “il governo siriano e la Russia” nel momento in cui sta nascendo un nuovo asse - Mosca, Teheran, Pechino - in grado di contrastare le ambizioni statunitensi nell’area. “Questa è un’altra partita - riferisce - nel contesto della ‘guerra’ fra Stati Uniti e Russia”. 
Una valutazione, racconta il prelato, che è condivisa da gran parte della popolazione siriana che si sente vittima “di una guerra sporca” che, in cinque anni, ha causato 250mila morti e 11 milioni di sfollati. “Noi patriarchi - afferma Gregorio III - da tempo diciamo che una vera alleanza internazionale può vincere il terrorismo, ma vi sono interessi contrapposti”. L’unica “voce di verità” è quella di papa Francesco che non si stanca “di lanciare appelli per l’amata Siria”, che denuncia l’ipocrisia di una comunità internazionale “che parla di pace e poi vende armi” alle parti in lotta. 
“In realtà - prosegue il patriarca - la situazione in alcune aree della Siria sotto il controllo governativo, come Damasco e Homs, è di relativa calma e dal mese di febbraio non si registrano gravi episodi di violenza. I problemi maggiori sono al confine con la Turchia e ad Aleppo, metropoli vittima di distruzioni, bombe, devastazioni. Il 50% della popolazione è fuggito e la città di prepara a vivere la madre di tutte le battaglie”. Criticità, aggiunge, si registrano anche a Madaya, dove vi sarebbero almeno 40mila abitanti bisognosi di cure mediche. “L’area è sotto l’assedio di Daesh  e dei governativi - spiega - e gli aiuti non arrivano anche perché i terroristi si mescolano fra la cittadinanza e usano i civili come scudi umani come successo a Palmira e Homs in passato”. 

Il dottor Nabil Antaki da Aleppo scrive:
Attenzione: non cadete nella trappola!
Un'amica francese mi ha appena consultato su una petizione che circola nel Web a proposito delle distruzioni causate dall'Esercito siriano e dagli aerei russi sugli ospedali di Aleppo: petizione che si chiede alle persone oneste di firmare. Essa verrebbe poi inviata come ''Lettera aperta '' a Obama e Merkel. Non firmatela credendo di aiutarci! Non firmatela per esprimerci la vostra solidarietà! Ecco quello che ho risposto alla mia amica:
Approfittando della simpatia delle persone per le giuste cause e della loro solidarietà con i sofferenti, le usano per i loro scopi politici.
Questa lettera è uno strumento di propaganda molto abile.
Esattamente come:
1. L' OSDH (Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo) che, sotto un nome che ispira fiducia, nasconde un ufficio con sede a Londra, creato dalla CIA per fare disinformazione nel conflitto siriano. I suoi dispacci sono, purtroppo, utilizzati da tutti i Media occidentali e presentati come Vangelo.
2. La macabra barzelletta sull' ''ultimo pediatra di Aleppo'' di qualche mese fa. Questa lettera ad Obama è firmata da personaggi fittizi tranne uno o due: 15 nomi inventati. Come al solito, vogliono fare l'amalgama tra le poche zone in mano ai terroristi e il resto di Aleppo.
In essa si raccontano menzogne.
Vi si dice, ad esempio, che 15 ospedali di Aleppo sarebbero stati bombardati in un mese!!! Se dovessimo contare tutti gli ospedali e le strutture sanitarie che, secondo i comunicati dei terroristi o di Medici senza Frontiere (MSF) sarebbero stati bombardati dall'Esercito siriano, significherebbe che la Siria ha più ospedali della Francia!''.
  ( trad. M.A. Carta)

domenica 14 agosto 2016

Nostra Signora Fonte della Pace: un'icona tutta siriana per l' instancabile Memoria del Mistero

L’immagine della Vergine che ci accompagna nella preghiera nella nostra piccola chiesa, non ha la pretesa di essere una “icona” classica, ma come tutte le icone è nata dalla preghiera e vuole condurre alla preghiera. 
Per questo ci è stato chiesto di condividerla con voi..


E’ un’immagine nata dal nostro cammino e dalla nostra vita: le sembianze di Maria e del Bambino sono quelle di una giovane madre siriana, persona semplice e forte, nostra amica.. Lei stessa non sa di essere stata “ritratta”, a partire da una fotografia, ma è giusto così. È il volto di tutte le mamme siriane….e dei loro bambini..
Il supporto su cui è dipinta la Vergine è una lastra di pietra grezza, basaltica, grigio-azzurra, la stessa roccia che compone il nostro terreno e con la quale molte case, soprattutto antiche, sono costruite. Lei, Maria, è lì, solida, incarnata in questa terra, in questa storia..
Allo stesso tempo, la grana ruvida, grezza, della superficie fa gioco con la luce cangiante del giorno, e soprattutto al tramonto la luce fa vibrare i colori e l’oro del fondo rendendoli vivi..

Il suo nome, il suo “titolo”, è Nostra Signora Fonte della Pace, è nato da subito, prima ancora che iniziasse questa devastante guerra, è nato dalla coscienza che Maria si trova al crocevia di popoli e religioni, arrivando là dove nessun altro arriva, legame fra popoli e culture diverse, perché attraverso il suo “sì” è legame tra l’uomo e Dio. Lei è Fonte a cui tutti possono accostarsi, e bere.
Fonte della Pace, Pace maiuscola non per amore della ridondanza, ma perché la Pace che lei dona non è semplicemente assenza di conflitti, un rispettoso convivere e collaborare... La Pace che lei porta è il Cristo, non altro, senza compromessi.. E se è madre aperta a tutti, è però Madre di tutti proprio in virtù della generazione del Figlio, e dell’essere stata donata dal Figlio stesso , sulla Croce, come Madre per tutti gli uomini.
Maria è seduta, sul trono regale: Maria Regina, quindi Maria Assunta in cielo, già nella pienezza del compimento della sua vicenda umana. E il trono su cui siede- il solo punto di rosso dell’immagine, vivo, forte, fondante – altro non è se non l’amore del Padre, il suo cuore su cui si appoggia, stabile, ogni cosa creata.
In grembo, in piedi, il Figlio: la veste di Gesù è verde, verde come la creazione perfetta, così come è uscita dalle mani e dalla benevolenza del Padre. Il Padre vuole la vita, ed ha chiamato dal nulla all’esistenza tutte le cose per mezzo del Figlio. Per questo il colore che descrive l’esuberanza della vita è il verde.
Maria è l’apice di questa creazione perfetta: questo fiume di vita, portato dal Figlio, riveste la Madre – la tunica verde-e da lei sgorga e si diffonde in tutte le direzioni sulla terra, come acqua abbondante che lava e risana.
E questo fiume della vita vera ed eterna è la Pace di Dio.

Maria è anche rivestita di una sopravveste bianca, che è il colore predominante. Il bianco è il colore dell’umiltà, che è la caratteristica fondamentale della verginità, che si compie nell’assenso illimitato di Maria alla volontà del Padre, all’accoglienza del Figlio, all’opera dello Spirito Santo in lei.
L’umiltà con cui l’uomo risponde a Dio, ritorna da Dio all’uomo come veste dell’abbondanza di misericordia che tutto ricopre con la sua grazia. Nell’immagine, anche il capo di Maria è velato di bianco: ed è sul velo bianco che si posa la corona, segno della predilezione divina che ha accompagnato Maria nella sua vita, passo dopo passo, fino al trono della gloria.
Ma, ancora, sulle spalle di Maria un manto blu, segno del mistero di Dio, della vita Trinitaria che genera nel suo grembo tutta l’economia della salvezza. E se il manto da una parte lascia vedere l’opera della Grazia, dall’altra non può essere completamente aperto se non nel compimento del tempo : il manto blu torna a coprire il grembo di Maria, là dove il Cristo che viene nel mondo poggia i suoi piedi, ha la sua origine.
In corrispondenza del cuore di Maria e di Gesù, lo Spirito Santo: nella Bibbia, il cuore è il centro dell’uomo, è la persona stessa. Lo Spirito è lo Sposo di Maria, colui che stende su di lei la sua ombra luminosa. La colomba argentata è sostenuta dalla mano del Figlio, a sua volta sostenuta dalla mano della Madre. Lo Spirito sta dispiegando le ali, segno della sua azione originante, sia nella Incarnazione, che nell’opera tutta della storia del creato : lo Spirito si libra verso la creazione in attesa.
Il suo colore è l’argento: come per il rosso del Padre, l’argento si trova solo qui. Al centro di ogni cosa, al centro degli altri colori, questa luce vivida richiama in controcanto l’oro che tutto avvolge. Non è bianco, non è oro, è la luce, la grazia propria dello Spirito. 
E, a lato, la mano destra della Vergine, posata con dolcezza sul ginocchio, ma aperta a tutti, rivolta verso chi guarda: mano che invita, dolcemente, a venire, a farsi avanti, all’incontro col Figlio.. con la vera Vita.

E infine, l’oro. La luce divina, la santità che tutto avvolge…La scena si svolge come in una grotta, che è come una porta , una iconostasi. La luce si diffonde , dietro e davanti, ci invita ad entrare, a passare la porta, ed insieme viene verso di noi, si diffonde nella fenditura, segno dell’Incarnazione, punto di incontro del Divino e dell’umano.
Luce che tutto trasfigura, luce che è la santità a cui tutti siamo chiamati : “siate santi, perché Dio è santo”.
Le aureole, non hanno un margine, una linea di separazione. E’ solo un diverso traslucere dello stesso oro del fondo: la santità di Gesù, di Maria, la nostra…hanno la stessa origine: la santità di Dio.
E poi.. ognuno pregando trova altre parole, altre immagini. Una icona è fatta per questo : un invito alla preghiera…


Le sorelle trappiste del Monastero 'Adhzra yanbu'a-s-salam'
Vergine Fons Pacis  
 Azeir, Siria 

venerdì 12 agosto 2016

Appelli di pace ed emergenza umanitaria 'selettiva'

Ringraziamo Dio:  
le suore della Congregazione di S. Giuseppe dell'Apparizione che gestiscono l'Ospedale S. Louis di Aleppo smentiscono la notizia (apparsa oggi su quotidiani cattolici)  che il loro Ospedale è stato colpito da bombe e che una o due suore siano rimaste ferite. 




Piccole Note, 11 agosto 2016

E così, dopo tanta attesa, disturbata da un fallito colpo di Stato in Turchia tentato proprio per mandare all’aria questo impossibile riavvicinamento, Putin ed Erdogan si sono incontrati. 
Un incontro che chiude i mesi di gelo, seguiti all’abbattimento di un velivolo militare russo da parte dei turchi, al quale Mosca aveva risposto emanando sanzioni durissime contro Ankara. 
Proprio le sanzioni russe sono state al centro dei colloqui: saranno gradualmente sollevate, ma, cosa molto più importante per Ankara, sarà ripristinato il progetto Turkish Stream, la nuova via del petrolio russo diretto in Europa.

E però sulla crisi siriana, il vero nodo da sciogliere per dare effettiva valenza ai rapporti tra i due Stati e per dare una speranza di stabilità alla regione, le divergenze sono ancora tutte la sciogliere.  
Significativa la sintesi delle rispettive agenzie di stampa: se quella turca, Anadolu, accenna solo a una convergenza non meglio specificata su un «obiettivo finale» (si immagina di pace), Ria Novosti dettaglia che la questione siriana sarà messa a tema in prossimi incontri, che si terranno tra i rispettivi ministri degli Esteri e dirigenti dei servizi segreti.  
Purtroppo a complicare la diatriba è la complessità della crisi siriana: i tanti attori regionali e locali ne fanno una vera e propria guerra mondiale.
Una guerra dalla quale si può uscire solo attraverso un compromesso tra Mosca e Washington. 
Compromesso che, però, finora, sembrava dover tagliar fuori la Turchia, uno dei protagonisti della crisi, dal momento che gli Stati Uniti, garanti del fronte anti-Assad, erano più propensi a favorire i loro alleati sauditi (e in generale il fronte sunnita), piuttosto che accondiscendere alle mire territoriali di Ankara.  
Ciò perché sia per Washington che per Israele, convitato di pietra di questa guerra, è sempre stato prioritario rafforzare l’asse anti-Iran piuttosto che accondiscendere alle mire territoriali turche sul suolo siriano.  
Da questo punto di vista, l’incontro tra il sultano turco e il nuovo Costantino,  avvenuto nell’omonimo palazzo di San Pietroburgo, spariglia le carte: se è vero che non è possibile chiudere la crisi siriana solo attraverso un accordo tra i due convenuti, è però possibile che Putin sia in grado di offrire a Erdogan quei benefici che invano il sultano ha preteso dai suoi alleati Nato, frenati dall’ossessione anti-iraniana. 
Putin ha molto da offrire, non solo direttamente, ma anche attraverso i suoi alleati nella regione: dall’Iran ai Paesi caucasici, area di vitale importanza per gli interessi turchi.

Vedremo gli sviluppi, purtroppo complicati dalle elezioni americane. I neocon, ormai certi dell’elezione della loro beniamina Hillary Clinton, stanno già progettando un futuro di bombe: sulla Siria come sull’Iran. In questo clima è ardua ogni possibile chiusura della crisi. 
Anzi, il prolungamento del conflitto è vitale per chi crede che la Clinton alla Casa Bianca saprà ribaltare la situazione che vede oggi Assad e i suoi alleati in vantaggio.

E per prolungare il conflitto si usa di tutto: non solo armi e miliziani, ma anche, e soprattutto, la propaganda.  
In particolare l’emergenza umanitaria, mai come in questa crisi utilizzata a scopi militari: ogni volta che sembra che la vittoria arrida alle forze lealiste, l’Onu e altre agenzie umanitarie lanciano appelli disperati sulle condizioni umanitarie del popolo siriano, completamente ignorate quando a martellare sono le forze del terrore anti-Assad.

È accaduto anche su quest’ultima decisiva, battaglia di Aleppo. Grazie all’appello dell’Onu, in parte accolto dalla Russia, le forze anti-Assad possono rifiatare, ricevere aiuti umanitari (come ad esempio le bombole di gas usate per massacrare i civili della parte opposta della città), come anche  armi e munizioni.   
Così il gioco al massacro potrà continuare per altri mesi. Quanto basta per rinfocolare le speranze dei neocon, ai quali serve prolungare il conflitto fino a che la loro protetta non siederà alla Casa Bianca. Per questi ambiti vale alla lettera il titolo di un noto film di Alberto Sordi: finché c’è guerra c’è speranza.

martedì 9 agosto 2016

Dietro l'incontro Putin-Erdogan, o degli equilibri futuri dell'intero Medio Oriente, mentre l'Europa è inebetita.


di Mauro Bottarelli
IL SUSSIDIARIO, martedì 9 agosto 2016

Quella in atto in questi giorni ad Aleppo è la versione moderna della battaglia di Stalingrado. E, a mio modesto avviso, ha lo stesso valore storico. Ovviamente, l'Occidente finge di non vedere e si nutre di veline, ma quanto sta accadendo in queste ore avrà una valenza strategica: dopo giorni di avanzata delle truppe lealiste spalleggiate da Hezbollah, infatti, i miliziani dell'Isis sono riusciti a rompere l'assedio e per farlo hanno messo in campo, usciti dal nulla, oltre 6mila uomini. È guerra vera, sul campo, combattuta senza copertura aerea da parte degli uomini del Califfato: Daesh è indebolita, ma non è morta. E Daesh combatte in Siria per una ragione che ormai travalica anche le necessità geopolitiche di chi l'ha creata, armata e supportata - ­ leggi Usa e sauditi ­- perché nella mente di quei terroristi c'è l'idea di abbattere Assad per costruire davvero un mondo dove l'unica legge sia quella di Allah e dove vivere secondo i suoi precetti.
L'America, non a caso, ha cambiato strategia e attacca l'Isis in Libia: troppo compromessa la questione siriana, troppo forte il supporto russo ad Assad e ora che anche Erdogan ha mollato l'osso, riallineandosi con Mosca, appare una guerra persa, ancorché si possano vincere ancora delle battaglie. Ora vedremo davvero quali sono gli interessi che hanno trasformato la Siria in un deserto di morte e sofferenza per due anni, ora capiremo davvero quale logica sottendeva l'agire occidentale in quel Paese, mentre si continua a morire in Yemen, nel silenzio più assoluto di media e istituzioni internazionali.
Sembra inoltre, stando a quanto riferito dall'agenzia iraniana Fars, che stiano giungendo a sud di Aleppo anche i migliori reparti di Hezbollah, in particolare quelli che avevano combattuto e conquistato nel maggio del 2013 la cittadina di Qusayr, località vitale per la sicurezza del regime, poiché punto di snodo delle comunicazioni tra le città della costa e Damasco, ma, soprattutto, porta di accesso della valle della Bekaa, in Libano. Non sorprende come le milizie libanesi siano ormai la spina dorsale delle forze del fronte di Assad che, nell'ultimo anno, è stato costretto a ricorrere alla leva obbligatoria per dipendenti pubblici e ad arruolare i detenuti beneficiari di amnistia. Una situazione, che sembra far dipendere la tenuta del regime di Assad da alleati stranieri, Hezbollah, milizie sciite e iraniani, ma soprattutto dall'appoggio di Mosca. Un appoggio che verrà testato anche in relazione a quello che avverrà nelle prossime ore e che potrebbe avere risvolti decisivi sul fronte di Aleppo.
Sul fronte delle forze dell'opposizione, inoltre, la battaglia di Aleppo sta facendo emergere l'importanza di un nuovo raggruppamento (Jaysh al Fateh) all'interno della galassia dell'opposizione, costituito dalle più importanti sigle militari, gruppi jihadisti (provenienti da al Nusra) e milizie sostenute dagli attori regionali e internazionali  schierati contro il fronte di Assad. È difficile capire quanto potrà protrarsi l'offensiva dei ribelli, che in queste ore si è estesa al distretto economico e industriale di Aleppo, dopo gli ingenti quantitativi di armamenti  e munizioni sottratti alle strutture militari strappate al controllo dell'esercito di Assad. Ad Aleppo non si gioca solo il destino della Siria, ma degli equilibri futuri dell'intero Medio Oriente.
Ma c'è di più. Domenica quasi 3 milioni di cittadini turchi sono scesi in piazza a sostegno del presidente Erdogan e della sovranità nazionale dopo lo sventato golpe di luglio: una vera e propria parata dell'orgoglio turco, un punto di svolta nazionalista che i media europei ovviamente non hanno colto nella sua complessità, riducendo tutto alla disputa nominalistica sulla reintroduzione della pena di morte: Ankara non vuole più entrare nell'Ue, almeno l'Ankara scesa in piazza l'altro giorno e quindi la questione non è più legata ai trattati o agli status, ma al rapporto politico che l'Unione vorrà intavolare da oggi in poi con la Turchia. Ma non vedo gente come Juncker o la Mogherini molto attenti sul pezzo.
Chi invece lo è, da bravo scacchista, è Vladimir Putin, il quale oggi riceverà a Mosca proprio Erdogan e gli mostrerà come gira il mondo: ovvero, attorno all'asse euro­asiatico che è nei progetti del Cremlino, altro nodo che l'Europa prona all'alleanza con Washington non riesce a capire e interpretare, limitandosi a pratiche autolesionistiche come le sanzioni contro Mosca per la questione della Crimea: solo nel 2015, ci sono costate qualcosa come 7,5 miliardi di euro. Ma qui non si tratta di vile denaro, né di scambi commerciali, qui siamo a uno snodo della storia: la parata turca, infatti, è stata tutto tranne che islamista, in piazza c'erano le bandiere rosse della nazione e non quelle verdi dell'islam ed Erdogan sembra aver capito ciò che oggi Putin certamente gli ribadirà. Il capo di Stato turco ha imparato la lezione come già a suo tempo la imparò Stalin: ovvero, è lo spirito della nazione che funge da magnete per il popolo. Avanti, prima di tutto, la patria e, al seguito, anche la religione, se serve.
La distensione fra Mosca e Ankara «non influirà sul ruolo della Turchia nella Nato», dicono all'Auswärtiges Amt tedesco, ma la tensione con l'Europa rischia di compromettere gli storici rapporti fra i due Paesi. Non è un caso che nei giorni scorsi i militari tedeschi di stanza nella base turca di Incirlik siano stati messi in allarme, con misure di sicurezza aumentate. Ufficialmente la minaccia resta sempre quella degli integralisti dell'Isis, ma il timore è altro: Ankara sa che la Germania è l'unica voce che conta nell'Unione e la Germania della Merkel è il burattino degli Usa in seno all'Ue. Di fatto, il duello Berlino-­Ankara è solo un proxy di quello tra Washington e Mosca. Viviamo in tempi che non riusciamo a interpretare, temo, poiché non leggibili con gli occhiali di un Occidente senza più valori morali forti: festeggiamo le nozze gay come fossero l'esempio maggiore di progresso e civiltà e ci indigniamo quando Hamza Roberto Piccardo provoca chiedendo la legittimazione anche della poligamia, essendo anch'essa una libertà civile. Come mai non si gridò all'allarme culturale quando Carlo Sibilia del MS5 propose nel 2013 di legalizzare le "unioni di gruppo" e i "matrimoni tra specie diverse"? Perché i grillini non fanno paura ma gli islamici sì?
Due punti di riflessione, allora. Primo, sono proprio proposte come quelle dei grillini o le forzature come quelle contenute nel ddl Cirinnà a dare forza alle provocazioni come quelle di Piccardo, il quale inserisce un concetto di sacro (per l'islam) nel diluvio di nulla laicista della società attuale, un mondo di diritti e piagnistei sociali. Secondo, se temiamo una deriva che intacchi la laicità occidentale del nostro Paese, perché chi demonizza Piccardo è al contempo al fianco, ancorché solo moralmente, dei No Borders e di chi ha progettato e reso possibile un'invasione di massa del nostro Paese? Quale livello di lettura della società è saltato, nel frattempo? È che non siamo pronti ai tempi che ci toccherà vivere, non abbiamo lo spirito necessario ad affrontarli con coerenza e lucidità.
Tornano in mente le parole di Nietszche in Della guerra e dei guerrieri: «La guerra e il coraggio hanno operato cose più grandi che non l'amore del prossimo. Non la vostra compassione, bensì il vostro valore ha finora salvato chi era in pericolo». Bene, l'islam ­ sia esso quello moderato e istituzionale di Erdogan che quello estremista del Califfato ­ questo concetto lo hanno assorbito in nuce, essendo cardine del loro credo. Lo stesso vale per la Russia di Putin, Paese dove non sta crescendo l'ateismo, né il laicismo, ma dove, anzi, sta crescendo la spinta vocazionista del credo ortodosso. L'Occidente, invece, è spoglio, arriva nudo al traguardo di un cambiamento di assetti ed equilibri storico: l'America non ha credo, né morale, è un mondo che gira attorno al denaro e all'opportunismo, vive di potere e con esso si auto­perpetua.
 L'Europa no, l'Europa è persa nel limbo di ciò che fu e ciò che vorrebbe essere, mondi antitetici che in momenti storici come questi vanno in corto circuito e ci lasciano senza risposte, se non i plausi alle unioni gay e la certezza del diritto come fondamento dell'impero amorale. Non stiamo capendo cosa ci accade attorno e temo che quando lo faremo, sarà tardi e i dadi saranno già stati tratti. Il mondo che nascerà dalla nuova Stalingrado, ci vedrà come comprimari. Con tutti i rischi e gli svantaggi che questo comporta.

domenica 7 agosto 2016

Il Papa: una preghiera per Aleppo vittima della ostinazione dei potenti


Cari fratelli e sorelle, 

purtroppo dalla Siria continuano ad arrivare notizie di vittime civili della guerra, in particolare da Aleppo. E’ inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto, il prezzo della chiusura di cuore e della mancanza della volontà di pace dei potenti. Siamo vicini con la preghiera e la solidarietà ai fratelli e alle sorelle siriani, e li affidiamo alla materna protezione della Vergine Maria. Preghiamo tutti un po’ in silenzio e poi l’Ave Maria

Angelus di domenica 7 agosto 2016


ULTIME NOTIZIE DA ALEPPO

Il dottor Nabil Antaki dei  Maristi Blu denuncia da Aleppo la situazione disperata in cui si trovano i suoi concittadini, e cioè un milione e cinquecentomila abitanti.
Aleppo (Ovest) è circondata e sottoposta a un blocco.
L' esercito siriano la settimana scorsa vinceva una battaglia, liberando il quartiere di Bani Zeid che sovrasta la città e da dove i ribelli-terroristi avevano incessantemente lanciato mortai e razzi sui quartieri residenziali di Aleppo per quattro anni. Era imminente la liberazione delle altre zone di Aleppo occupate dai ribelli. Purtroppo, i combattimenti che imperversano da tre giorni intorno all'unica strada che collega Aleppo al resto del mondo, nella regione di Ramousse (la più vicina alla periferia) hanno permesso ai terroristi di occuparla.
Questa strada, aperta alla fine del 2013, è il cordone ombelicale che collega Aleppo a Homs (via Khanasser), al resto del Paese e del mondo. Da essa, passano tutti i prodotti e le derrate alimentari, e gli Aleppini che lasciano la città o vi ritornano. 
Da giovedì sera, i rifornimenti sono cessati. Non abbiamo più benzina, gasolio, prodotti freschi (frutta, verdura e carne) e il pane è diventato raro. Gli abitanti sono molto preoccupati per il loro futuro immediato. Perché i governi occidentali non protestano, non si indignano, non minacciano, non presentano una risoluzione al consiglio di sicurezza dell'ONU per chiedere la revoca del blocco di Aleppo (Ovest), che conta 1.500.000 abitanti? Come avevano fatto dieci giorni fa quando l'esercito siriano circondava Aleppo-est pretendendo la sopravvivenza dei 250.000 abitanti di quella zona... Dove sono ora le proteste dei nostri amici che, cadendo nella trappola del politicamente corretto, chiedevano, dieci giorni fa la revoca dell'accerchiamento dei ribelli per motivi umanitari?
Già l'acqua e l'elettricità erano state tagliate (dai terroristi) da molto tempo. Per l'elettricità, i privati compravano dei generatori e l'acqua si è attinta da centinaia di pozzi artesiani negli ultimi due anni. Ma i generatori privati e le pompe dei pozzi d'acqua hanno bisogno di olio combustibile, e se non c'è più di olio combustibile non c'è più acqua. Con 40 gradi all'ombra un milione e cinquecento mila persone senza acqua!  
Mi chiedo se questo dobbiamo definirlo un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità!!!
Spero che questo non accada.. 
( trad M. A. Carta) 

giovedì 4 agosto 2016

La battaglia di Aleppo: quando la disinformazione impazza.....

Sono giorni drammatici per gli abitanti di Aleppo, che con l'offensiva dei russi e dei governativi  iniziavano a sperare la liberazione dai micidiali ordigni che per 4 anni hanno martoriato la città, riducendo il popolo alla disperazione, come ha testimoniato la giovane Rand Mittri alla GMG.  Ci meraviglia che perfino nella informazione cattolica oggi si diffondano versioni menzognere su quanto sta accadendo.  


Raccogliamo ancora una volta le attendibili testimonianze dei cristiani di Aleppo.

Su Avvenire oggi fra Ibrahim risponde: 
«Quando l’esercito siriano avanza con forza accadono sempre ritorsioni di questa entità. La violenza di questi giorni è provocata da chi ancora non ha voluto cedere ». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano di Aleppo, racconta gli scontri che stanno facendo vivere alla “capitale del Nord” i giorni «più terribili dall’inizio del conflitto». Secondo alcune Ong locali, sono almeno 50 i ribelli morti dall’avvio della controffensiva lanciata da Assad assieme ai russi e sono decine i caduti tra le forze del regime. Quaranta morti – più della metà donne e bambini – il bilancio degli attacchi che nelle ultime 48 ore hanno colpito le aree sotto il controllo delle forze del regime. «Il presidente Assad ha concesso un’amnistia completa a quanti si arrendono e lasciano le armi e, stando alle notizie che ci arrivano, una buona parte dei ribelli lo ha già fatto. I corridoi umanitari creati sono stati battuti da diverse famiglie, poi accolte». Alcuni però resistono, e rispondono al fuoco con ostinazione. «A opporre maggiore resistenza sono soprattutto i combattenti stranieri. L’esercito siriano – continua il frate damasceno – sta avanzando con determinazione, e questi piccoli gruppi di jihadisti hanno reagito violentemente perché si sentono accerchiati».

Hanno cominciato a utilizzare armi chimiche, «gas nervini da cui è impossibile scappare». Alcuni colpi hanno raggiunto anche le altre succursali francescane di Aleppo, come l’ex collegio di Terra Santa. Un parrocchiano di 55 anni è morto sotto le bombe incessanti. «La gente ha paura, fatica a dormire. Nella succursale colpita di al-Ram, ieri, non abbiamo nemmeno potuto celebrare la festa della Porziuncola in chiesa. Era troppo pericoloso, ci siamo dovuti rifugiare in un seminterrato e lì abbiamo celebrato la Messa, con i pochi che avevano rischiato di uscire di casa».

È una ritorsione diversa dalle altre volte, e padre Ibrahim lo sa bene. Questa volta l’esercito è determinato a «farla finita con i terroristi che si trovano lì», come ha dichiarato l’ambasciatore di Damasco in Russia, Riad Haddad. «Sembra proprio che sia così. L’esercito ha ripreso zone sotto l’occupazione dei jihadisti, limitando i rifornimenti di armi, e gli attacchi sono diventati più violenti, più disperati ». Ultime cartucce di un’opposizione frammentaria, che tenta il tutto e per tutto per non perdere la città. «Una signora della parrocchia, sordomuta e madre di due piccoli, è stata colpita all’occhio dalla scheggia di una bomba. Se da una parte siamo convinti che questa guerra non continuerà ancora a lungo, di certo non sarà corta». Il parroco è consapevole che la crisi potrebbe durare ancora alcuni mesi, e «ho la netta sensazione che questo sia il momento peggiore. Assisto sempre più spesso a casi di febbre gialla ed esaurimenti nervosi. Il caldo è terribile e tanti soffrono di febbre notturna. Il vero dramma è che gli aleppini non sanno più dove trovare le medicine, perché anche l’emergenza sanitaria ha raggiunto picchi mai visti prima».

Secondo l’Unicef, «sono circa 1,5 milioni le persone, tra cui almeno 660mila bambini, che vivono in zone difficili da raggiungere tra il governatorato e la città di Aleppo: cifre impressionanti». «In questi giorni pieni di paura e di morte – conclude padre Ibrahim – andando per le strade vedevo uomini piangere come bambini. Seduti in strada, disperati. C’era un signore accovacciato sul ciglio di una strada che aveva già cambiato molte case, a causa degli scontri che mettevano in pericolo la sua famiglia. “Fino a quando?”, mi chiedeva, “Fino a quando dovremo vivere da profughi nel nostro Paese?”».

http://www.avvenire.it/Mondo/Pagine/Aleppo-stretta-finale-I-giorni-pi-atroci-1.aspx


E, in replica a Médecins sans frontières e a l'Orient le Jour, il dottor Nabil Antaki dei Fratelli Maristi di Aleppo, risponde alla giornalista Silvia Cattori: 



No, Aleppo non è assediata dall'Esercito siriano. Sono i gruppi armati che invasero alcuni quartieri orientali della città nel luglio del 2012. 

 Si, i terroristi assediavano Aleppo da quattro anni. L'offensiva dell'Esercito siriano doveva e deve liberarare la città. In parte, la missione è stata portata a termine giovedì 28 luglio, quando l'esercito ha finalmente cacciato i gruppi armati dal quartiere Bani Zeid. Questi gruppi hanno terrorizzato durante quattro anni gli abitanti di Aleppo, lanciando quotidianamente razzi e bombole di gas riempite di chiodi ed esplosivi che ogni giorno causavano decine di morti e feriti. 

 No, le strutture sanitarie non sono colpite deliberatamente dai bombardamenti aerei. Gli ospedali citati non esistevano prima della guerra e quindi, se fosse vero che esistono, questi luoghi di cura sono ospitati in edifici comuni. Inoltre, anche per ammissione di Médecins sans frontières (MSF), queste strutture sanitarie non sono state segnalate nè all'ONU, nè agli Stati Uniti, nè alla Russia. Bisogna sottolineare che gli edifici ospitanti strutture sanitarie sono anche impiegati dai terroristi per il loro sinistro lavoro: l'ospedale oftalmologico in Aleppo-est è inoltre il quartier generale di Al Nusra per la regione di Aleppo. E perché non si citano mai gli ospedali nelle zone controllate dallo Stato siriano [Ndlr], incendiati o distruttti dai terroristi sin dall'inizio del conflitto? 

 Si, i terroristi che occupano Aleppo-est fanno parte di Al Nusra, considerato gruppo terroristico da tutta la comunità internazionale (Europa et USA compresi). Dovrebbe essere neutralizzato come Daesh: la qual cosa gli aerei della coalizione internazionale a guida USA non fanno. 

 No, gli abitanti di Aleppo-est non temono di spostarsi nella parte della città controllata dallo Stato siriano, attraverso corridoi umanitari che le autorità hanno aperto perché il passaggio avvenga col minimo rischio di perdite civili, durante le incursioni o le battaglie. Al contrario, essi vorrebbero raggiungere gli altri 500.000 abitanti di Aleppo-est, già scappati dalle zone circostanti sotto controllo dei terroristi per rifugiarsi sotto la protezione dello Stato siriano. Sono i ribelli-terroristi che gli impediscono di allontanarsi e che li usano come scudi umani. 

Si, gli abitanti di Aleppo hanno sofferto per quattro anni. Hanno subito numerosi blocchi imposti dai terroristi. Un milione e cinquecentomila abitanti hanno subito penurie gravissime e nessuno ne ha parlato, nessuno si è indignato, nessuno ha protestato. 

 No, lo Stato siriano e gli alleati russi non vogliono fare vittime civili durante i combattimenti, nè vogliono provocare danni collaterali come è accaduto durante i bombardamenti francesi sul villaggio di al Tokhar del 19 luglio scorso con 164 vittime civili, o con il bombardamento americano dell'ospedale di Kunduz 

 Si, smettetela di manipolare l’opinione pubblica con la disinformazione. Ogni volta che i terroristi sono sotto assedio in qualche parte della Siria, governi e media lanciano l'allarme con la giustificazione di voler evitare una pretesa catastrofe umanitaria, quando in realtà il vero scopo è di allentare la stretta dell'Esercito governativo sui terroristi. I terroristi non cessano di colpire. Com'è che riescono ad essere riforniti di munizioni ed armi, ma vogliono far credere che non arrivano derrate alimentari e carburanti e che i civili corrono gravi rischi? 

 Nabil Antaki, Aleppo, 29 luglio 2016 
trad. Maria Antonietta Carta

mercoledì 3 agosto 2016

Gregorio III Laham chiede la preghiera e il digiuno “contro il terrorismo nei vari Paesi”


Patriarcato greco-cattolico melkita : appello  di agosto
Sulla soglia di questo mese di agosto, mese mariano, e all'inizio della preghiera di Paraklisiss (dal 1 ° al 14 agosto)  noi chiamiamo i nostri fedeli nelle nostre diocesi alla preghiera e al digiuno perchè con la preghiera e il digiuno combattiamo l'ondata di terrorismo che colpisce un Paese dopo l'altro in tutto il mondo. 
 In questo mese di luglio la Germania è stata colpita tre volte, e in tre giorni consecutivi, da questo terrorismo cieco e oggi è la Francia, dove padre Jacques Hamel è stato decapitato durante la celebrazione della Messa. Drammi che già vivono la nostra amata Siria, soprattutto in questi giorni in Aleppo e Qamishli, e il nostro caro Libano con la tragedia di Qaa, per non parlare del tentativo di assassinio contro il nostro fratello, Sua Beatitudine Efrem II, patriarca syro- ortodosso. 
 E' con profondo dolore che viviamo queste tragedie soprattutto quando  rifugiati siriani sono coinvolti, il che implica reazioni di odio e di razzismo nei confronti di altri rifugiati pacifici. Questo è ciò che abbiamo constatato durante le nostre visite ai nostri fedeli siriani rifugiati in Germania. 
 Facendo ancora una volta nostre le parole di Nostro Signore Gesù Cristo, "Questo tipo di demoni non può essere scacciato se non con la preghiera e il digiuno", appelliamo ancora una volta al digiuno e preghiera in preparazione alla festa dell' Assunzione della Vergine Maria affinchè per la sua intercessione, con il digiuno e la preghiera, possiamo scacciare questo terrorismo, questi crimini e violenze.  
Presentiamo a nostro nome e per conto di tutta la nostra gente, le nostre sentite condoglianze alla Francia e alla Germania,  pregando per il riposo delle anime di tutte le vittime, per una rapida guarigione dei feriti e il ritorno della pace in tutti i nostri Paesi.
Patriarca Gregorios III 
http://www.pgc-lb.org/fre/gregorios/view/aa



lunedì 1 agosto 2016

Da Aleppo a Cracovia: la testimonianza di Rand ai giovani della GMG




"Ciao. Il mio nome è Rand Mittri. Ho 26 anni, e  sono una laureata del Collegio di Scienze Naturali in Siria. Attualmente sto lavorando in un master presso l'Università di Aleppo, sempre in Siria. Sono con il Centro Salesiano Don Bosco  di Aleppo. Come forse sapete, la nostra città è stata distrutta, rovinata, e spezzata. Il significato nelle nostre vite è stato annullato. Siamo la città dimenticata.

Sono venuta qui per vedervi con 21 dei miei compagni che rappresentano i salesiani di tutto il Medio Oriente, tra cui la Siria, il Libano e l'Egitto. Con noi è Padre Simon, il leader della comunità salesiana. Ringraziamo Dio per essere con voi tutti qui.

Può essere difficile per molti di voi conoscere e capire l'intera gamma di ciò che sta accadendo nel mio amato paese, la Siria. Sarà molto difficile per me condividere con voi una vita di dolore  in poche frasi. Il dolore che è nel nostro cuore è troppo grande per esprimerlo a parole, ma cercherò di condividere alcuni aspetti della nostra realtà con voi, i nostri compagni di fede.

Ogni giorno viviamo vite che sono circondate da morte. Ma, come voi, chiudiamo le nostre porte dietro di noi quando ogni mattina partiamo per il lavoro o la scuola. E' in quel momento che ci assale la paura che non torneremo a trovare le nostre case e le nostre famiglie, come li abbiamo lasciati. Forse  saremo uccisi quel giorno. O forse le nostre famiglie lo saranno. E' una sensazione difficile e dolorosa  sapere che si è circondati da morte e uccisione, e non c'è modo di fuggire; nessuno ad aiutare.

Dio, dove sei? Perché ci hai abbandonato? Tu esisti ancora? Perché non hai pietà di noi? Non sei tu il Dio dell'amore? Passiamo diversi minuti ogni giorno ponendo queste domande. Non ho una risposta.

E' possibile che questa è la fine, e che siamo nati per morire nel dolore? Oppure  siamo nati per vivere, e  vivere la vita al massimo? La mia esperienza in questa guerra è stata veramente dura e difficile. Ma mi ha indotto a maturare e crescere prima del mio tempo, e a vedere le cose in una prospettiva diversa.

Io servo presso il Centro Don Bosco di Aleppo. Il nostro centro accoglie più di 700 giovani uomini e donne che vengono nella speranza di vedere un sorriso e sentire una parola di incoraggiamento. Essi sono anche alla ricerca di qualcosa che  altrimenti manca nella loro vita: il tratto umanitario genuino. Ma è molto difficile per me dare la gioia e la fede agli altri, mentre io stessa sono un fallimento di queste cose nella mia vita.

Abbiamo perso molte persone al nostro Centro in questa guerra. Jack, un ragazzo di 13 anni è morto in attesa di un autobus che lo portava a partecipare a una lezione di catechismo e a giocare con i suoi amici. Purtroppo, l'amarezza della guerra e l'odio nel cuore degli uomini hanno ucciso questo ragazzo. Anwar e Michelle ci hanno lasciato la sera, e ci aspettavamo di vederli il giorno dopo di nuovo al Centro. Ma purtroppo il loro sonno quella notte è diventata eterna perchè la loro casa è stata distrutta ed è crollata su di loro, e si sono uniti agli angeli in cielo. Morti sono i miei amici Nour, Antoine, William, e molti altri giovani uomini e donne che potevano essere migliori solo per aver osato avere fede nell'umanità. Sono tutti  martiri in questa sanguinosa guerra irragionevole che ha distrutto le nostre anime, i sogni e le speranze. La distruzione della vita umana è infinitamente maggiore perdita rispetto alla demolizione di mattoni e pietre.

A dispetto di tutto questo dolore, la mia vita e la vita dei miei amici nella chiesa ha continuato ad essere  vita di servizio e di dare gioia ai bambini e ai giovani della nostra città. Seguiamo le orme di Don Bosco, che ha aumentato la sua gioia di due volte in risposta all'accrescersi del dolore. Vediamo la presenza di Dio in un bambino che aiuta a attingere l'acqua. Vediamo Dio in coloro che lavorano per salvare gli altri in pericolo. Vediamo Dio in genitori che non si arrendono fino a quando non sono in grado di portare il cibo ai loro figli.

Attraverso la mia esile esperienza di vita, ho imparato che la mia fede in Cristo sovrasta le circostanze della vita. Questa verità non è condizionata dal vivere una vita di pace che sia priva di difficoltà. Sempre di più, credo che Dio esiste, nonostante tutto il nostro dolore. Credo che a volte attraverso il nostro dolore, Egli ci insegna il vero significato dell'amore. La mia fede in Cristo è la ragione della mia gioia e  speranza. Nessuno sarà mai in grado di rubare la vera gioia da me. Alla fine, chiedo al Signore Risorto di concedere a me, a tutti coloro che vivono in Siria, e alla gente di tutto il mondo, la grazia di mostrare il tocco della misericordia e di piantare gioia  nel cuore di ogni triste e abbandonata persona ferita. Questo è il messaggio per ogni cristiano sulla faccia della terra.


Vi ringrazio tutti e caldamente vi chiedo di pregare per il mio amato paese, la Siria.

Saluto a Papa Francesco del salesiano don Pier Jabloyan e della gioventù di Aleppo: non potendo partecipare si sono uniti alla GMG di Cracovia in un grande incontro dal titolo "muovi il cuore" 

venerdì 29 luglio 2016

Il “Fronte al Nusra” cambia nome. Il Vescovo Audo: puro tatticismo, i 'ribelli moderati' non esistono

Il dottor Nabil Antaki da Aleppo racconta: "Oggi, Bani Zeid è stato liberato dall'esercito siriano. Questo quartiere, occupato per quattro anni dai ribelli di al Nusra (al-Qaeda in Siria), era l'incubo degli Aleppini. Infatti, una gran parte dei mortai che sono caduti su Aleppo per anni, facendo migliaia di vittime civili, erano lanciati proprio da Bani Zeid dai terroristi di al-Nusra. La folla nei quartieri esulta, sollevata per non essere più il bersaglio dei terroristi che hanno preso la fuga verso il nord. Corridoi umanitari sono stati aperti dalle autorità governative per consentire ai civili dei quartieri orientali di allontanarsi, in previsione di una prossima liberazione."


Agenzia Fides 29/7/2016

La scelta della fazione jihadista Jabhat al-Nusra di cambiare nome e di annunciare la propria fuoriuscita formale dalla rete di al Qaida rappresenta “una pura mossa tattica per accreditare il simulacro di una fantomatica 'ribellione islamista moderata' che sarebbe presente nel ventaglio di forze impegnate nella guerra contro Assad. Una entità che in realtà non esiste”. 
Ne è convinto il gesuita siriano Antoine Audo, Vescovo caldeo di Aleppo. “Cambiare il nome, e dichiarare a parole la propria uscita dalla rete di al Qaida non cambia assolutamente nulla sul piano della realtà. Loro sono gli stessi, esponenti dello stesso estremismo sunnita jihadista. Cambiano nome per puro tatticismo. Un gioco ingannevole, per provare a presentarsi come rappresentanti di quella immaginaria 'opposizione moderata siriana' di cui sembrano avere bisogno certi poteri per continuare a perseguire i propri disegni sulla Siria”. 

Ieri, giovedì 2o luglio, Abu Muhammad al-Jawlani, capo militare del Fronte al Nusra, ha annunciato che il gruppo d'ora in poi si chiamerà Jabhat Fatah Al-Sham (“Il Fronte per la Conquista del Levante”).
In un video, trasmesso in esclusiva da al-Jazeera, al-Jawlani ha confermato anche la fuoriuscita di al Nusra dalla rete di al Qaida, motivando la decisione con l'intento di “ridurre le distanze tra le fazioni jihadiste” operanti nel conflitto siriano. Nello stesso video, il capo jihadista ha comunque ringraziato i vertici attuali di al-Qaeda (la rete jihadista creata da Osama Bin Laden) "per aver compreso il bisogno di rompere il legame". 
In passato, in diverse situazioni locali, le milizie di al Nusra sono state impegnate in scontri armati per il controllo del territorio anche con i jihadisti del cosiddetto Stato Islamico (Daesh). 

mercoledì 27 luglio 2016

“Sono anni che noi Vescovi del Medio Oriente mettevamo in guardia quei poteri occidentali che pur di perseguire i propri interessi non esitavano ad appoggiare i gruppi jihadisti"


Agenzia Fides 27/7/2016

La vicenda di padre Jacques Hamel, l'anziano sacerdote francese sgozzato mentre celebrava la Messa, “appartiene alla grande storia del martirio cristiano, come quelle dei martiri recenti delle Chiese in Oriente”. Per questo “non merita di essere strumentalizzata, magari proprio da chi, fino a poco tempo fa, per seguire i propri interessi, pensava di giocare di sponda con i gruppi jihadisti a cui fanno riferimento anche i giovani terroristi che lo hanno ucciso”.
Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, guarda dalla città martire siriana al tragico evento consumatosi ieri mattina nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, vicino Rouen.
 “Lungo i secoli” rimarca il Vescovo francescano conversando con l'Agenzia Fides, “i cristiani hanno sempre visto nel martirio la confessione più alta della fede. Mentre piangevano i loro martiri, li hanno sempre celebrati come quelli che redimono tutti noi e salvano il mondo, perchè prendono su di sé le sofferenze ricevute nel nome di Gesù, e così applicano ai loro contemporanei la redenzione portata da Cristo”. 
Questa dinamica, cosi intima al mistero di salvezza, a giudizio di mons. Georges non può essere sfigurata da chi fomenta indignazione per incassare qualche tornaconto di natura politica. 
 “Sono anni” fa notare il Vicario apostolico di Aleppo “ che noi Vescovi del Medio Oriente mettevamo in guardia quei poteri occidentali che pur di perseguire i propri interessi non esitavano ad appoggiare i gruppi di invasati che perseguono l'ideologia jihadista. Adesso vedo circolare reazioni feroci, che identificano tutto l'islam con quei gruppi accecati da un'ideologia di odio e di morte che sembra diffondersi dovunque, per vie misteriose. Occorre essere semplici come colombe e astuti come serpenti, come insegna il Vangelo. Ma la furbizia non consiste nel farsi contaminare dal veleno del serpente”.

http://www.fides.org/it/news/60518-ASIA_SIRIA_Il_Vescovo_di_Aleppo_padre_Hamel_e_gli_altri_martiri_salvano_il_mondo_non_strumentalizziamo_le_loro_sofferenze#.V5jBKvmLSM8



Di email e sacerdoti uccisi

«Il modo migliore per aiutare la crescente capacità nucleare iraniana è aiutare il popolo siriano a rovesciare il regime di Bashar el Assad […] è la relazione strategica tra l’Iran e il regime di Assad in Siria che rende possibile a Teheran di minare la sicurezza israeliana. Quindi quel regime va distrutto. […] La rivolta popolare esplosa contro il regime è quel che ci vuole». Questa una mail di Hillary Clinton, quando era Segretario di Stato, pubblicata sulla newsletter Cognitive liberty e ripresa da Alberto Stabile sulla Repubblica del 27 luglio.

Nota a margine. Nel suo articolo, Stabile fa notare la discrepanza tra le posizioni assunte allora dalla Clinton e quelle di Obama. Il presidente Usa,infatti, ha voluto a tutti i costi negoziare con l’Iran sul nucleare, considerando tale accordo come l’unico strumento atto a evitare minacce a Israele evitando, anche nell’interesse di Tel Aviv, pericolosissime avventure militari. 
  Da notare, inoltre, l’uso strumentale che Hillary Clinton fa delle ragioni di sicurezza israeliane, per accreditarsi come paladina di Tel Aviv presso l’ambito ebraico.

Ma al di là delle divergenze nel dibattito interno Usa, val la pena sottolineare come per «distruggere» Assad è stata strumentalizzata (in realtà “sollecitata”) la «rivolta popolare» siriana. Formula che nasconde l’aiuto, diretto e indiretto e a vari livelli (armi, soldi e altro) alle diverse bande di tagliagole che da anni insanguinano la Siria per ottenere quel sospirato regime-change che ancora sfugge.
  In questa prospettiva si è massacrato un popolo (per lo più islamico). E per questo sono state generate diverse bande armate di assassini di marca jihadista, tra cui l’Isis, che, come prevedibile e previsto, ora fanno strage in Occidente.

Assassini che hanno ammazzato, tra l’altro, anche tanti sacerdoti e religiosi e fedeli siriani. Omicidi dei quali non è importato nulla a nessuno, in particolare ai tanti che oggi sui media si affannano a spiegare come il fiore del male dell’Isis sia necessaria conseguenza della dottrina islamica.
  Omicidi mirati ignorati, che la sorte e i giochi di potere hanno associato al martirio di padre Hamal, ucciso ieri in Francia dalle stesse mani.