Traduci

venerdì 25 marzo 2016

Siria: «È come un Calvario in attesa di Pasqua»

Monsignor Vasil'di ritorno dalla Siria : "Una sofferenza che però porta in sé speranza della risurrezione"

Vescovi Cattolici di Siria

Terrasanta.net

di Carlo Giorgi | 23 marzo 2016

«Pochi sanno che tre delle quattro suore di Madre Teresa trucidate in Yemen, avevano svolto un lungo 
servizio in Siria. A Damasco ho incontrato le loro consorelle e ricordo bene le loro parole. Mi hanno ricordato il loro impegno per i siriani nonostante le difficoltà e, anzi, contro ogni speranza…». 
L’arcivescovo Cyril Vasil’, segretario della Congregazione per le Chiese orientali, è appena tornato dalla Siria dove si è recato per incontrare, prima della Pasqua, i cattolici locali. 
Il 17 marzo ha partecipato all’Assemblea dei vescovi cattolici di Siria, nella città costiera di Tartus. Nei giorni precedenti però si è recato, grazie a una scorta militare, a Damasco, nelle città di Saydnaya e Yabrud; riuscendo a visitare anche il monastero di Mar Musa, del cui fondatore, padre Paolo Dall’Oglio, rapito dai fondamentalisti nel 2013, non si hanno purtroppo ancora notizie.
«Il Papa parla sempre de “la mia amata Siria” e anche il prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, il cardinal Leonardo Sandri, è sempre in contatto con clero e vescovi del posto – spiega mons. Vasil’ –. Così il mio viaggio è stato solo la conferma di questa attenzione della Santa Sede per i cristiani siriani.
Oltre ai vescovi, ho potuto incontrare sacerdoti, religiosi e laici. Ho trovato molto interessante poter parlare coi sacerdoti dei problemi pastorali in questa situazione di guerra: ad esempio, i pastori della diocesi di Bosra e Horan, a sud di Damasco, guidano piccole parrocchie di una zona abbastanza povera. Molti loro fedeli per via della guerra sono andati all’estero o si sono rifugiati nelle grandi città. Questo li pone in una situazione del tutto nuova».
Qual è l’atteggiamento dei cristiani oggi in Siria? Nella comunità cristiana convivono due desideri contrastanti. Da una parte c’è il desiderio di rimanere e continuare a vivere in patria nel modo più normale possibile. Dall’altra non si può negare che c’è una tendenza allo scoraggiamento. Si fatica a trovare una prospettiva per il futuro, non solo a causa delle persecuzioni dirette, ma anche per una situazione di tensione nei confronti dei cristiani che perdura da molto tempo. Così i cristiani sono portati a emigrare. Si tratta di due tendenze presenti in tutte le comunità parrocchiali, diocesane e nelle famiglie stesse… Spesso gli anziani preferiscono rimanere, ma al tempo stesso desiderano un futuro per i loro figli. Questo provoca grande sofferenza.
I cristiani siriani vedono la convivenza con i musulmani ancora possibile? Ci sperano ancora perché nel recente passato non hanno mai avuto difficoltà di convivenza con i musulmani; anzi, la società siriana è stata contrassegnata da una fraterna e pacifica convivenza. Adesso una radicalizzazione del fondamentalismo islamico, spesso di radice straniera, ferisce questo tessuto. L’equilibrio di un tempo è danneggiato e purtroppo è difficile dire cosa avverrà in futuro.
Che impressione generale del Paese ha riportato? Gli effetti della tregua in atto si vedono? Ero stato in Siria anche un anno fa e ricordo che sopra Damasco sentivo continue esplosioni, mentre in cielo sfrecciavano aerei militari. Questa volta sono stato in zone sotto il controllo del governo centrale e tutto mi è sembrato sicuro e pacifico. Anche per la tregua, che sembra reggere, non ho visto alcun tipo di ostilità. La vita nelle grandi città sembra normale, se non fosse per i continui check-point della polizia e dell’esercito. Certamente la situazione non è così nelle zone in cui il conflitto è vivo. Non ho potuto verificare di persona, ma la testimonianza delle persone che vengono da zone periferiche conferma che la situazione è molto precaria sia per aspetti umanitari come cibo, acqua e corrente elettrica, sia per il pericolo immediato di essere feriti o rapiti anche dalla criminalità comune.
Mar Musa, il monastero di padre Paolo Dall’Oglio, è ancora abitato? 
Sì. Questa volta ho potuto visitare anche fisicamente il monastero di Mar Musa, dove mi ero recato diverse volte anche prima della guerra. I monaci e le monache sono ancora presenti e svolgono la loro attività nella vicina cittadina di Nebeq. Ho potuto incontrarli assieme agli altri religiosi siriani.
Via Crucis a Homs
I cattolici siriani quest’anno riusciranno a celebrare la Pasqua? 
Nelle grandi città, dove c’è libertà di culto e tranquillità, spero che il triduo si riesca a celebrare normalmente. Ricorderò sempre una frase che mi disse lo scorso anno il parroco della cattedrale siro-cattolica di Homs. Erano appena finiti i combattimenti e si cercava un luogo in città dove fare la via crucis. “Dove farla? Un luogo vale l’altro - diceva il parroco - tutto qui è un calvario”. All’epoca era tutto segnato da quella sofferenza che ricorderemo in questi giorni.
Una sofferenza che però porta in sé speranza della risurrezione. Una risurrezione che vogliamo per la Siria, per l’intera nazione e per i cristiani in modo particolare.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=8229&wi_codseq=%20%20%20%20%20%20&language=it



Fra Ibrahim da Aleppo: La Pasqua è pace e misericordia per una comunità ferita dalla guerra

AsiaNews, 25 marzo 2016

La comunità cristiana di Aleppo si avvicina alla Pasqua “preparando le liturgie”, abbellendo le chiese “con fiori e addobbi preparati dai giovani; stiamo cercando di coinvolgere tutti i fedeli, soprattutto quanti hanno sofferto, persone che hanno avuto dei morti, famiglie spezzate che abbiamo cercato di curare dal punto di vista materiale, psicologico e spirituale”. È una festa all’insegna della pace, della misericordia e della riconciliazione quella che si apprestano a vivere i cristiani di Aleppo, città martoriata da cinque anni di sanguinoso conflitto.
Come racconta ad AsiaNews p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della parrocchia latina di Aleppo, la “fragile tregua” nel conflitto siriano, che “funziona in parte”, ha permesso alla gente “di respirare, infondendo una nuova speranza”. Dopo mesi è tornata l’elettricità e anche sul fronte dell’acqua la situazione è migliorata, e questo ha portato sollievo fra gli abitanti.
Nel periodo di Quaresima e nella Settimana Santa la parrocchia ha coinvolto “bambini e giovani” nell’organizzazione delle celebrazioni: “Ieri hanno preparato l'adorazione - racconta p. Ibrahim - e i più piccoli hanno seguito con attenzione il gesto della lavanda dei piedi fatta dal vescovo. Un rito che insegna loro il senso dell’autorità e il valore della responsabilità”. Sempre ieri si è svolta una processione, con i bambini “contentissimi” nel “portare le candele”. Un gesto che hanno compiuto anche “in occasione della festa delle Palme. Oggi celebreremo la Via Crucis - aggiunge - mentre domani ci saranno i battesimi, per far sentire anche i bambini partecipi delle iniziative della comunità”. 
Per rendere ancora più gioiosa la festa di giovani e piccoli, fra quanti hanno sofferto di più per la guerra, la parrocchia ha deciso di distribuire dolci e alimenti legati alla festa: “Due settimane fa - sottolinea il sacerdote - abbiamo realizzato che nelle case non ci sono cioccolatini, uova, carne. Per questo abbiamo organizzato una piccola festa nella sala parrocchiale, in cui verrà riservato un angolo ai bambini per dipingere le uova e preparare gli addobbi, sotto la guida attenta degli scout”. 
Nell’anno della Misericordia, anche la comunità di Aleppo ha voluto insistere sull’importanza del sacramento della riconciliazione: “I fedeli - spiega p. Ibrahim - si sentono chiamati a tornare ad attingere alla fonte della misericordia, accostarsi alla lavanda dei piedi, l’adorazione e le confessioni. A ogni funzione le chiese sono gremite di fedeli”. 
Certo, prosegue, i fedeli “aspettano tempi migliori” ma “sono pieni di gratitudine” per quanto è stato fatto. “La gente da sola non riesce a sostenersi - prosegue - perché manca il lavoro, i prezzi sono alti, non sempre vi è l’elettricità. Il sostegno che ha dato la Chiesa in questi mesi è immenso e loro ce ne sono grati, lo vedono come segno e gesto di misericordia. Fra le molte iniziative vi sono la riparazione di case danneggiate dalla guerra, il pagamento di debiti bancari, la distribuzione di cibo, cisterne di acqua, etc… tutte cose rese possibili grazie all’impegno della Chiesa e il contributo di molti benefattori”. 
In queste settimane il vicariato latino di Aleppo ha insistito sul fatto che è necessario coinvolgere i fedeli nella preparazione delle feste, per far comprendere il valore del sacrificio, della partecipazione. Per questo durante la Quaresima i parrocchiani “hanno visitato anziani e malati, messo da parte piccoli quantitativi di denaro e altri beni, per offrirli ai più poveri”, all’insegna dello slogan: “C’è sempre un piatto, un oggetto o un bene in più da donare. Tutti, anche i poveri, devono essere partecipi e donare a chi è ancora più povero”. 
Lo scorso 21 marzo si è celebrata la festa della mamma. Per l’occasione i giovani hanno distribuito più di 200 pacchi di dolci alle madri del quartiere. Mamme che vivono da sole perché i figli sono scappati e il marito non c’è, e poi le vedove, alcune delle quali giovani e con figli. Una distribuzione che ha coinvolto tutte le mamme, senza distinzioni fra cristiane e musulmane perché “la mamma è di tutti” afferma il sacerdote. 
Domenica, infine, è prevista la solenne celebrazione presieduta dal vicario apostolico dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, alla quale parteciperà l’intera comunità, cui seguirà il tradizionale scambio di auguri. Il giorno successivo, dopo alcuni anni in cui l’iniziativa era “sospesa per via della guerra”, le classi del catechismo e le loro famiglie (600 persone) andranno al Collegio di Terra Santa, dove vi è “un grande spiazzo all’aperto in cui si celebrerà la messa; poi un pranzo al sacco in comune”. La guerra, la crisi, hanno “distrutto molte famiglie e persone”, conclude p. Ibrahim, ma al contempo “hanno fatto tornare tante famiglie al Padre, alla Chiesa, al valore della misericordia. Ha risvegliato in loro qualcosa di dimenticato e abbandonato, per questo godiamo di questa gioia e siamo contenti di vivere la comunione e la testimonianza”

giovedì 24 marzo 2016

Alle origini della Chiesa: Dura-Europos - Syria, la chiesa più antica al mondo

GIOVEDI' SANTO 2016

Questo potrebbe non sembrare granchè, ma aspetta di vedere quello che hanno trovato all'interno...


Doura Europos è un'antica città della Mesopotamia, situata oggi in Siria (in prossimità del villaggio di Salhiyah), fondata da Seleuco  Nicatore (attorno al 300 a.C.), sulla riva destra del fiume Eufrate. Antico insediamento semitico, divenne parte dell'impero macedone sotto i seleucidi, che le diedero il nome della loro città di origine, Europo

Doura Europos era una grande città  carovaniera molto legata alla vicina Palmyra.


Situata in Dura-Europos,  nota oggi semplicemente come la "casa-chiesa Dura-Europos.", si ritiene che sia stata costruita intorno all'anno 229 come abitazione e che abbia iniziato ad essere usata come chiesa tra l'AD 233 e 256. Ciò significa che risale circa a 1782 anni fa.
Come si può vedere dalla foto, solo poche pareti sono rimaste. Il sito è stato scavato dagli archeologi nei primi anni del 20° secolo, e gli studiosi hanno scoperto alcune cose molto interessanti.

Prima di tutto, hanno trovato frammenti di pergamene con le preghiere eucaristiche che sono legate al testo della Didachè  (un testo precoce extra-biblico cristiano risalente al 1° secolo).

Ma la cosa più sorprendente: la chiesa aveva affreschi incredibili nella zona adibita a battistero (dove avrebbero celebrato i battesimi). 
Queste sono alcune delle più antiche immagini cristiane del mondo.


Cristo Buon Pastore
la donna samaritana al pozzo

Cristo e Pietro camminano sulle acque
rappresentazione del racconto evangelico
della guarigione del paralitico


le donne al sepocro









https://churchpop.com/2015/06/22/behold-the-oldest-church-in-the-world


Si avvicina la Colletta del Venerdì Santo, lo strumento attraverso il quale, ogni anno, la Chiesa sostiene le comunità cristiane che con fatica e coraggio abitano i luoghi della vita, morte e Resurrezione di Gesù

LA COLLETTA DEL VENERDÌ SANTO, SOSTEGNO ALLE PIETRE VIVE

     leggi qui:      http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=8120&wi_codseq=%20%20%20%20%20%20&language=it

domenica 20 marzo 2016

I Vescovi siriani: lavorare per una pace vera, non falsa diplomazia

icona dei misteri della Settimana Santa

Mons. AUDO:  la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.

Radio Vaticana, 18 marzo 16

R. – Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello internazionale, anche se non so a quale risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua, di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’ nuova e anche questo dà speranza alla gente.

D. – Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa tendenza?
R. – È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per partire.

D. – Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche a Bruxelles?
R. – Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di tutto per allontanarle dalla Siria.

D. – Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro: “genocidio”…
R. – Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti. C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione politica. Ma se  in Siria non c’è soluzione politica, di nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo per le minoranze soprattutto per i cristiani.

D. – Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R. – Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non c’è soluzione. Questo è il problema.



Vescovo Hindo:  la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”

Agenzia Fides 18/3/2016

Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i propri interessi”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio” alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri gruppi minoritari. 
A mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh – ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede e per ciò che opera”.

Secondo l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa, c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come 'ribelli moderati...'”
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani. Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza nella regione”. 

Secondo l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.

giovedì 17 marzo 2016

Fra 10 anni non ci saranno più cristiani in Medio Oriente

Lettera dell'arcivescovo maronita di Damasco al vescovo di Evry


Esodo dei Cristiani d'Oriente:

Dal 2003 (la guerra in Iraq) e, soprattutto, dal 2011 (l'onda delle primavere arabe), l'esodo dei cristiani orientali continua a crescere.
Alcuni reports danno 10 anni per girare la pagina del cristianesimo nel Vicino Oriente ... 
Una visione pessimistica forse.  Ma l'esperienza sul campo vede un movimento di emigrazione crescente, perfino allarmante ...
'Come partire' è l'argomento delle discussioni quotidiane.  Partire non importa dove, non importa come, anche prendendo rischi pericolosi.  Una famiglia ha appena mandato il suo figliolo dodicenne in una carovana di fuggitivi.. un bambino di 12 anni non verrà respinto, potrà invitare, in seguito, la sua famiglia a raggiungerlo. 
Egli troverà nella terra di asilo una accoglienza conveniente?
Davanti alla situazione di stallo militare e a una pace ancora lontana, per evitare il servizio militare e per fuggire una guerra assurda che dura da troppo tempo, i giovani sono in maniera massiccia alla testa dei fuggiaschi ...  
Quale futuro per una Chiesa senza giovani? 
E' la fine fatale del cristianesimo apostolico in una Terra Biblica diventata ostaggio della violenza e dell'intolleranza in nome di una fede radicale che non supporta il pluralismo e non ammette la differenza.

Percorso futuro

Come la Chiesa del Vicino Oriente potrebbe progettare il futuro?  Diverse strade sono aperte:
  1. - Seguire i fedeli nei paesi della diaspora per aiutarli a mantenere la loro fede originaria.
  2. - Costruire alleanze tra le minoranze del Vicino Oriente per difendere i loro diritti di cittadini contro l'egemonia di un certo Islam "intollerante".
  3. - Cercare garanzie da parte delle Grandi Potenze che offrono una protezione.
  4. - Accettare di vivere all'ombra dell' Islam e continuare una testimonianza piena di difficoltà e di sfide.
I cristiani d'Oriente si trovano ad affrontare delle scelte quasi suicide (1,2 e 3) 
Resta la quarta scelta, assai difficile da assumere.  Vivere nell'ombra dell'Islam richiede un ritorno ai primi secoli della Chiesa che sottolinea la vita nascosta di Gesù 'a Nazareth.  Questo dinamismo è favorito dalla lettera dell'Anno di Misericordia annunciato da Papa Francesco. 
Porre il volto misericordioso di Cristo dà un vivace dinamismo alla testimonianza evangelica.
Il comitato sociale che visita i prigionieri musulmani in Siria mette in evidenza il Buon Samaritano nel cuore di queste persone in difficoltà.  Un cammino provvidenziale, una sfida che permette il seguito della missione e fa la gioia del Bambino Divino.
+ Arcivescovo Samir Nassar  

arcivescovo maronita di Damasco
Ndr: L'accompagnamento spirituale dei rifugiati rimane un vero problema per delle popolazioni private di pastori.
 ( trad. dal francese: OpS)

lunedì 14 marzo 2016

5 anni di sofferenza e di menzogne: LETTERA APERTA di Padre Daniel ai Governanti Occidentali

Nell'anniversario infausto dei 5 anni della 'rivoluzione siriana' , padre Daniel scrive dal Monastero di Mar Yacub in Qara una 'Lettera aperta' al Signor D. Reynders, Ministro belga degli Affari Esteri 

La riproponiamo ai governanti di ITALIA e di tutti paesi occidental



Deir Mar Yakub, Qâra, Siria - 11 marzo 2016

Eccellenza,
Sono un belga residente in Siria, mi riferisco a Lei, onorato ministro del nostro amato paese, per fornirVi informazioni sulla mia situazione e inoltre per chiederVi di continuare a collaborare alla nostra protezione e anche alla protezione del popolo siriano.
Nel 2010, io, padre Daniel Maes, sacerdote norbertino dell’ abbazia Fiamminga Postel-Mol sono venuto in Siria, al servizio della comunità religiosa di Mar Yakub in Qâra, Qalamoun. Ero arrivato con molti pregiudizi e sospetti. Il contatto con la popolazione e il paese, tuttavia, mi ha fatto subire uno shock culturale.
È vero, le libertà individuali e politiche in Siria non sembravano molto grandi e neanche così importanti (nel frattempo ci sono stati grandi cambiamenti come la creazione di un sistema pluripartitico). Ma dall’altra parte c’era una società armoniosa composta di molti gruppi religiosi ed etnici diversi , che già da secoli convivevano in pace. Inoltre c'era l'ospitalità orientale generosa e una sicurezza molto grande, che non abbiamo mai conosciuto nel nostro paese. Furti e violenze erano praticamente inesistenti. Il paese non aveva nessun debito e non c’era nessun senzatetto. Al contrario, centinaia di migliaia di rifugiati dai paesi circostanti erano stati accolti e anche mantenuti come se fossero veri cittadini. Per di più, la vita quotidiana era anche molto economica, come anche gli alimenti. Le scuole, le università e gli ospedali erano tutti gratis, anche per noi stranieri che appartenevamo ad una comunità monastica siriana, come noi stessi abbiamo sperimentato.
Nel frattempo era scoppiata una guerra terribile. Con i nostri occhi abbiamo visto come stranieri (non Siriani) hanno organizzato manifestazioni di protesta contro il governo. Questi hanno fotografato e filmato le loro stesse manifestazioni, che in seguito sono stati riprese e distribuite - dalla stazione TV  Al Jazeera in Qatar – e cosi in tutto il mondo con il falso messaggio che il popolo siriano si stava ribellando contro una dittatura. Questi stranieri hanno poi invitato i giovani del nostro villaggio ad unirsi a loro. Ci sono stati attentati e omicidi nelle cerchie sunnite e cristiane per dare l'impressione che si trattasse di una vendetta simile ad una guerra civile interna. 
Nonostante questi tentativi di provocare odio e caos, il popolo siriano è rimasto unito. Come una famiglia unita, i siriani hanno protestato contro i gruppi terroristici stranieri e contro i paesi che li supportano. Centinaia di migliaia di persone innocenti sono stati uccise, tra cui molti soldati del governo e uomini della sicurezza. Scuole, ospedali e infrastrutture sono state rase al suolo. Diversi milioni di cittadini sono fuggiti all'estero. La maggior parte tuttavia sono fuggiti nel paese stesso verso le zone che sono protette dall'esercito. 
Infatti, il governo aveva deciso di non proteggere i suoi pozzi di petrolio nel deserto, ma aveva messo come priorità assoluta la protezione dei cittadini. 

 Nel novembre 2013 anche noi siamo stati il bersaglio di attacchi armati. Gli attacchi e bombardamenti , intorno a noi, di decine di migliaia di uomini armati pesantemente erano così gravi che, umanamente parlando, non c’era nessuna possibilità di scampare alla morte e alla devastazione. Grazie a Dio, la nostra intera comunità è stata salvata in modo miracoloso e fino ad oggi è rimasta illesa, insieme al popolo di Qâra, grazie all'esercito. 

L’intervento russo tempestivo - su richiesta del governo siriano - ha portato una profonda modifica e ha combattuto finalmente in modo esperto tutti i tipi di gruppi terroristici, per il quale il popolo siriano è, e rimane ancora molto grato. Questo dà speranza. Tuttavia, migliaia di jihadisti stranieri, armati, addestrati e pagati continuano ad arrivare in Siria per provare a rompere ancora la strenua resistenza del popolo.
Ora sperimentiamo  la più grande crisi umanitaria dopo la seconda guerra mondiale. Noi stiamo cercando di contribuire a queste sfide e aiutare tutti i bisognosi. La nostra comunità ha organizzato tre centri : in Damasco, Tartous e qui nel monastero, da dove partono gli aiuti. 
Due settimane fa, abbiamo anche potuto offrire aiuto nella città di Aleppo – la città più colpita della Siria - con più di 8.500 pacchi di alimenti, con un'ambulanza e con un quarto "hopitainer", che consiste in un ospedale mobile estremamente costoso. Proprio per quello, Madre Agnes-Mariam, fondatrice e superiora di questo monastero, ha recentemente ricevuto a Mosca, a nome della Comunità, l'importante premio “Femida” per la pace e per la giustizia.  
Possiamo continuare a fornire l'assistenza solo grazie al generoso sostegno dei nostri numerosi benefattori, di alcune organizzazioni internazionali e di paesi come l’Olanda, che sono disposti a sostenerci per aiutare le persone più bisognose, indifferenti alla loro appartenenza religiosa o etnica.

Con grande fiducia, ci rivolgiamo a Lei per chiederVi di non farVi ingannare dalle bugie e manipolazioni dei mass media, ma Vi chiediamo di riconoscere coraggiosamente ciò che realmente accade in Siria. Non dimentichiamo i recenti esempi tragici. Sulla base di gravi menzogne sono già stati massacrati popoli e distrutti interi paesi. Alcune grandi potenze hanno voluto impadronirsi del petrolio, dell'oro, delle banche e dei depositi di armi. Anche il nostro paese belga ha contribuito a destabilizzare alcuni paesi, dove oggi c’è un caos totale. Si tratta di azioni illegali e disumane. E perchè ?

La Siria è un paese sovrano, la culla delle civiltà più antiche e culla della preziosa fede cristiana . La Siria ha un governo legittimo e un presidente legittimamente eletto dalla stragrande maggioranza del popolo con le sue varie comunità religiose e gruppi etnici. Nessuna legge internazionale può giustificare alcuna interferenza straniera in Siria. La decisione sul futuro o sul governo della Siria riguarda solo i Siriani stessi. 
Sulla base di bugie grossolane, Lei collaborerà  ad uccidere e distruggere ulteriormente questo popolo, contro ogni diritto internazionale e contro la dignità umana? 
I campi dei rifugiati devono diventare ancora più grandi? 
Volete buttare un intero popolo in una miseria senza speranza solo perché le superpotenze vogliono costruire un “pipeline” e vogliono anche impadronirsi del petrolio, del gas e altre ricchezze naturali e vogliono conquistare il territorio della Siria per la sua posizione molto strategica?
Pace e sicurezza per questo popolo richiedono il riconoscimento dell'inviolabilità del suo territorio, della sua indipendenza, della sua unità nazionale e dell’identità culturale. 
Inoltre, una tregua fragile momentanea deve essere rotta da nuovi interventi illegali militari?

Eccellenza, uno statista degno e capace si prepara per il futuro; uno statista degno e capace rispetta il diritto internazionale e la sovranità di altri paesi; uno statista degno e capace vuole che anche il  proprio paese sia rispettato e uno statista degno e capace serve il suo popolo (la parola latina “minister” significa “servitore).
Eccellenza, siate coraggioso, prendete contatto con il governo siriano, ripristinate le relazioni diplomatiche e rimuovete immediatamente tutte le sanzioni contro il popolo siriano, perché sono niente altro che terrorismo economico, offrite generosamente il vostro aiuto e il sostegno a nome del popolo belga.
Chi serve invece gli interessi delle potenze straniere per trascinare altri popoli nella miseria più profonda, è un leader terrorista, è anche indegno di essere chiamato uno statista.
Possiamo chiederVi di non schierarVi dalla parte degli assassini, ma dalla parte delle vittime innocenti? 
 E’ questo che noi, il popolo siriano e tantissimi uomini di buona volontà in Belgio e altrove, si aspettano da Lei. Per questo, noi Vi saremo molto grati e il futuro Vi ricorderà e Vi onorerà come uno statista degno.
Vorrete accettare non solo il nostro grido d’allarme ma anche i nostri rispettosi saluti,

  Padre Daniel Maes (da Postel-Mol)  

  ( trad A. Wilking) 


Ci permettiamo di suggerire ai nostri lettori di rileggere alcune delle testimonianze dell'indimenticabile monsignor Giuseppe Nazzaro sulla realtà dei fatti e sul significato della 'rivoluzione siriana':

Testimonianza di Mons. Nazzaro : La Primavera Siriana - dai prodromi al Califfato


  

sabato 12 marzo 2016

Se la violenza genera misericordia: mons Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco

L'ultima devastazione : Chiesa St Sergio e Bacco Tabqa (Thawra) sulla diga dell'Eufrate a 50 Km da Raqqa

VaticanInsider, 11 marzo 16
di Paolo Affatato

Nella logica paradossale del Vangelo, nella sapienza della Croce, rivelata solo ai «piccoli», in quella debolezza che, come dice san Paolo, diventa «forza», «la violenza che da cinque anni lacera la Siria è divenuta fonte e generatrice di misericordia», per famiglie, preti di ogni confessione, consacrati. 
Lo racconta a Vatican Insider Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, che vede la sua comunità ferita dalla sofferenza ma – in modo misteriosamente riconducibile solo all’azione di grazia del Padre – farsi instancabile promotrice di compassione e perdono, misericordia e solidarietà. Un dono di Dio, «capace di trarre il bene anche dal male», rimarca Nassar, nello speciale Giubileo che, tra mille difficoltà, lutti e disagi di un conflitto prolungato, si vive anche in Siria. Con questo sguardo provvidenziale è stata accolta dai cristiani locali la morte del diacono Camille, colpito a marzo del 2013 dalle schegge di un proiettile di mortaio. La sua morte ha infuso rinnovato vigore spirituale ai cattolici maroniti che hanno avviato la costruzione di tre cappelle nei quartieri periferici della capitale, in aree ridotte in macerie.  

Come si vive la misericordia tra i rifugiati, tra famiglie disgregate e segnate dalla guerra?  
«Ci sono già 12 milioni di rifugiati siriani e il numero sembra destinato a crescere ancora. Le organizzazioni di solidarietà hanno messo a disposizione tutte le risorse e vengono travolte dalle crescenti necessità di questa gente. Oggi, allora, è la famiglia, baluardo della società mediorientale, ad assorbire il trauma, dando sollievo e conforto. In una generosa dimostrazione di solidarietà, le famiglie – fino a un numero di venti persone – condividono una singola stanza, dividendo il pane quotidiano, la vita di ogni giorno e anche i luoghi di sepoltura. Queste famiglie agiscono per gratuità, non cercano alcun rimborso o contraccambio e sono incarnazioni silenziose della misericordia».

Come vivono in questa situazione i sacerdoti?  
«In primis va detto che il compito sacramentale dei sacerdoti in tutte le Chiese orientali è stato notevolmente ridotto a causa della guerra. Ma quello pastorale si è ampliato: i sacerdoti sono diventati preziosi “assistenti sociali” a servizio delle famiglie povere colpite. I preti, nel loro servizio instancabile, mostrano il volto misericordioso del Signore. Invece di scappare, accettano con coraggio la loro missione di oggi, come fedeli servitori della misericordia, fino all’ultimo, perché rischiano la vita. La comunità cristiana in Siria ha già perso cinque sacerdoti che hanno offerto la loro vita, donandosi totalmente al dialogo e all’aiuto dei più vulnerabili. Due vescovi e quattro preti sono tuttora dati per dispersi, sequestrati mentre erano in missione cercando di portare aiuti a persone in estrema necessità».

Vi sono anche molti consacrati che si dedicano al soccorso della popolazione...  
«Suore, monaci e laici consacrati si sono dedicati anima e corpo ad aiutare la popolazione siriana, ridotta in miseria. Aleppo è stata senza acqua ed elettricità per un lungo periodo di tempo. La vita era a luce di candele. E come si può vivere senza acqua? Alcuni gruppi di religiosi si sono impegnati a portare l’acqua in casa a tante persone anziane e malate. Sono andati alla ricerca di acqua nei pozzi disponibili, portandola in cisterne, perfino in gusci vuoti di bomba, per fornire 20 litri di acqua a ogni casa. Le cosiddette “mense del cuore”, poi, preparano cibo per i bisognosi e rappresentano un’ancora di salvezza per molti che sono ammalati, soli o vulnerabili. Accanto all’aiuto umanitario, i religiosi si prodigano in un’opera di tipo psicologico e spirituale: confortare e aiutare a superare i traumi della guerra. Per esempio a Damasco ci sono team specializzati che offrono supporto psicologico ai bambini traumatizzati dalla guerra e dalla violenza. Riuniscono bambini di tutte le religioni per una sorta di “rieducazione alla pace”: imparare cosa vuol dire vivere insieme e accettare serenamente le differenze. Questo è un progetto d’avanguardia che rivela l’impegno silenzioso della Chiesa e che rappresenta una via per il futuro. Un altro movimento, guidato dai Gesuiti, si rivolge ai giovani, oggi più che mai decisi a lasciare il paese, per accompagnarli in questo tempo di disagio e far sì che restino».

Ci sono altre iniziative degne di nota, a beneficio della popolazione?  
«Molte iniziative vanno avanti nel nascondimento, lontane dai riflettori dei mass-media, come le attività quotidiane svolte dalla Società di San Vincenzo de’ Paoli, da confraternite mariane, da orfanotrofi, ordini religiosi, preti e laici che girano instancabilmente per i luoghi affollati dai rifugiati. Nello slancio di carità, che manifesta la compassione verso il prossimo, resta centrale la famiglia, segno resistente e duraturo dello splendore della misericordia, che di fatto oggi fa andare avanti la Chiesa e il Paese».

Ne vuole riferire qualcuna in particolare?  
Vorrei segnalare l’opera del Movimento della Fraternità, fondato in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1967 da padre Paul, sacerdote Lazzarista che, grazie a diversi collaboratori, ha creato un centro di produzione di protesi per disabili. Il Movimento è stato tra i primi a rispondere a questo conflitto spietato che ogni giorno crea nuovi feriti e mutilati. Agendo in partnership con i circuiti di beneficenza legati alle parrocchie, il Movimento cura la riabilitazione per i feriti e mutilati, offendo loro un periodo di riposo. Questo è il volto del “Buon Samaritano”, che in Siria assume i tratti di padre Paul, un autentico “genio della sanità”».

Com’è nata l’idea di costruire tre nuove cappelle e cosa significa?  
«Per noi è un gesto di reazione pacifica, compiuto in nome di Cristo, contro la morte e la distruzione. Le cappelle sono segno di una comunità che è tuttora viva e vigile. La prima, intitolata ai Martiri di Damasco del 1860, è stata inaugurata all’inizio dell’anno, le altre due saranno ultimate nei prossimi mesi. Sono davvero commosso vedendo con quanta sollecitudine e cura l’intera comunità maronita si è fatta carico dei tre progetti, che rappresentano un concreto segno di speranza e fiducia nel futuro della Chiesa in Siria, in quest’Anno della Misericordia. Le abbiamo volute anche in memoria del diacono Camille, ucciso nel marzo 2013 dalle schegge di un colpo di mortaio mentre si trovava vicino a una chiesa. Dopo quell’evento ho detto ai sacerdoti che, se volevano, potevano lasciare la città. Ma tutti mi hanno risposto: se tu resti, restiamo anche noi. La nostra missione sotto le bombe continua ed è segno di una fede martirizzata che si rifiuta di morire».

giovedì 10 marzo 2016

Siria. Colloqui pace, si entra nel vivo il 14 marzo

I curdi accusano l' opposizione siriana di bombardare con dei prodotti chimici, del gas fosforo, un quartiere di Aleppo a prevalenza curdo, Sheikh Maqsood, che ha avuto 160 morti  tra cui donne e dei bambini, negli ultimi 3 giorni
https://www.rt.com/news/335069-kurds-turkey-syria-rebels-sarin/

Radio Vaticana, 8 marzo 2016

Il parere di Janiki Cingoli, direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente:
R. – L’elemento di novità è l’accordo tra Stati Uniti e Russia. Gli Stati Uniti hanno capito che la questione siriana non può essere risolta solamente dal cosiddetto “campo occidentale”, alleato all’area sunnita, ma che è necessario porsi come obiettivo una via di uscita della crisi siriana che includa tutte le componenti interne del Paese, tutti i "player regionali" e internazionali e che non sia la vittoria di una parte sull’altra. L’altro elemento è che non si è più posta come pregiudiziale la fuoriuscita di Assad. Sul terreno, oggi Assad è più forte, grazie all’intervento della Russia e degli Hezbollah e quindi dell’Iran, e dunque c’è uno stato di fatto che fa sì che la transizione sia una transizione realistica.
D. – La tregua sul terreno è comunque traballante, la situazione umanitaria rimane critica… Ecco, una situazione così ancora instabile non inficia la diplomazia che deve andare avanti? Sarà solo un piccolo tassello questo appuntamento? E’ normale che sia cosi?       R. – Credo proprio che sia normale, entro certi limiti, che sia così. Noi dobbiamo capire che si esce da anni di massacri terribili e quindi non possiamo pensare che questa "exit strategy" sia una cosa facile. Ci sono grandi odi e grandi fossati da colmare. E c’è il fatto che continua la guerra con l’Is e con le formazioni legate ad a-Qaeda, come al-Nusra. Quindi questi qui, tra le altre cose, possono utilizzare la tregua in atto con le altre componenti e con Assad per cercare di espandere la propria pressione, come è avvenuto con le esplosioni a Baghdad e altrove che sono state rivendicate da Is. Quindi, evidentemente cercano di giocare il loro ruolo in questo momento in cui le armi degli altri tacciono o dovrebbero tacere. Quindi, la situazione è molto complicata e tuttavia l’elemento di svolta è che si è passati da una visione in cui si doveva appoggiare l’insurrezione per sconfiggere il tiranno – l’unica cosa poteva essere la vittoria degli uni e la sconfitta degli altri – a una visione che veda un governo che includa tutte queste componenti, che dia garanzia a tutte queste componenti. Altrimenti non se ne esce, perché ognuna di queste componenti sa che la vittoria dell’altro significa la sua morte e quindi diventa una guerra senza fine. Certo, ci sono resistenze e ognuno tira dalla sua parte, ma credo che sia un passo fondamentale che consenta di andare da un lato a questo discorso di transizione e, dall’altro, a una lotta contro questa sacca dell’Is e delle formazioni legate al-Qaeda, che a questo punto risultano abbastanza isolate.
D. – Lei come giudica il lavoro dell’Onu in questa circostanza e il lavoro di Staffan De Mistura?       R. – E’ stato un lavoro paziente, certamente encomiabile. Devo dire che su questo ha giocato un ruolo estremamente positivo Federica Mogherini, che non si accodata alle posizioni più oltranziste, che ha facilitato ad esempio l’accordo fra Russia e Stati Uniti sulla questione delle armi chimiche. Credo sia prevalsa una visione che non si può far precedere le armi a quello che è l’obiettivo politico che si vuole conseguire: il processo deve essere l’inverso.

lunedì 7 marzo 2016

'Chi troverà una donna forte e virtuosa? Il suo valore è di gran lunga superiore alle perle' (Proverbi 31,10)

Un convoglio di aiuti è stato inviato dal Convento Mar Yacub di Qara ad Aleppo all'inizio di febbraio.
Il convoglio era costituito da un'ambulanza, un ospedale mobile e 13 camion caricati con beni di soccorso nell'ambito della campagna di solidarietà con la città di Aleppo. Il Convento di Qara ha già supportato con materiali sanitari diverse province siriane sin dall'inizio della crisi, tra cui due ospedali mobili a Homs e Daraa e un numero di ambulanze.

"Madre Agnès Mariam ha ricevuto in Russia il premio Femida due settimane fa. È come la versione russa del premio Nobel per la Pace. Ha ottenuto questo riconoscimento per il suo grande impegno nella crisi siriana. Noi come comunità di Mar Yacub siamo molto orgogliosi e ringraziamo il Signore Gesù. La tv russa 1TV.RU è venuta qui a fare una relazione in questa ultima settimana.
Femida (Dike) è la dea romana della giustizia, raffigurata con una benda sugli occhi (per la sua imparzialità, obiettività), la bilancia e una spada. In realtà, è diventato un simbolo ampiamente accettato della giustizia. In Russia il Femida è l'equivalente del premio Nobel. Questo premio è stato dato fino ad oggi esclusivamente ai russi che hanno lavorato soprattutto per la difesa della giustizia e dei diritti umani.
Madre Agnès Mariam è stato il primo straniero a ricevere questo premio."

http://www.maryakub.net/2016/03/05/report-russian-tv-in-our-monastery/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=facebook




Nel buio del conflitto siriano, una suora fa intravedere la luce

Suor Agnes Mariam de la Croix, fondatrice del movimento "Mussalaha"


"Mussalaha", "Riconciliazione": è questo il nome del movimento che grida al mondo che si fermi la guerra in Siria e che cessi il rumore delle armi. "Riconciliazione" lavora per una concreta pacificazione attraverso la mediazione tra le diverse parti di un conflitto in atto da anni, la cui unica vera vittima è il popolo siriano.
Cuore di questo movimento è una suora: Agnes Mariam de la Croix. "In un momento in cui il mondo ha disperatamente bisogno di una soluzione pacifica per porre fine allo spargimento di sangue in Siria, questa iniziativa (Mussalaha) spicca come un faro la cui luce alimenta la speranza che viene dall’interno della società siriana ed esprime il desiderio della maggioranza del popolo per un percorso di pace". Sono le parole con cui Mairead Maguire, pacifista britannica, cofondatrice della Community of Peace People, nonché Premio Nobel per la Pace nel 1976, ha proposto, in una lettera al Nobel Institute, che il riconoscimento venga assegnato a suor Agnes.
La religiosa nasce come Fadia Laham da padre palestinese e madre libanese, ma dice di sentirsi totalmente siriana. Ha trascorso la gioventù a Beirut. Scegliendo di dedicare la sua vita al Signore, decise di entrare in convento; successivamente fondò il Monastero di Mar Yacoub (San Giacomo) nella zona di Qalamoun in Siria, dove vive da circa 20 anni.
Verità e giustizia non possono non scuotere la coscienza umana; figuriamoci per una persona che ha già scelto di dedicare la sua vita al servizio degli ultimi. Infatti, dietro un sorriso sereno, gli occhi di suor Agnes svelano il dolore che ha visto e vissuto insieme alle persone innocenti che ha incontrato nella sua missione.
A conflitto siriano appena iniziato, la suora decise di scrivere una lettera ad una associazione umanitaria francese parlando della guerra mediatica e della disinformazione in atto contro il suo paese, e raccontando con coraggio ciò che stava realmente accadendo. Per questa lettera, i gruppi combattenti scatenarono critiche e polemiche contro di lei.
Suor Agnes tuttavia non si è abbattuta, anzi ha deciso di continuare con più animo la lotta contro la disinformazione, e grazie al suo contributo arrivò in Siria la prima delegazione di giornalisti stranieri, nonostante la chiusura totale del governo siriano timoroso per possibili infiltrazioni di spie internazionali.
La religiosa convinse le autorità (nei cui confronti è stata comunque critica in diverse occasioni) del bisogno di raccontare la verità in modo neutro e indipendente, denunciando i massacri e i crimini commessi dai gruppi terroristici composti da Jihadisti stranieri intervenuti nel paese per combattere la guerra santa.Non si tratta infatti di una rivolta popolare, ma esistono gruppi organizzati che creano manifestazioni ad hoc e che tentano, attraverso atti di violenza, di suscitare scontri settari e divisioni etnico religiose.
La strada è dura da percorrere. Le critiche piovono su suor Agnes da tutte le parti, anche da gruppi che si professano pacifisti ma chiedono l'intervento militare in Siria. Alcuni la accusano di appoggiare il governo siriano, quando invece la suora denuncia i crimini dei ribelli e smaschera le false notizie.
"Non faccio politica: il mio impegno è puramente umanitario", ha affermato in più di un'occasione. Le sue non sono parole vuote, e malgrado gli attacchi feroci dei movimenti vicini all'opposizione siriana e dei simpatizzanti dei ribelli, il suo ruolo è stato decisivo nelle zone di maggiore conflitto, dove è riuscita a trovare spesso soluzioni di compromesso tra combattenti e governo. Il tutto grazie alla rete di volontari del Movimento Mussalaha, che salvato tanti civili e riaperto i canali del dialogo e della riconciliazione.
Ciò ha consentito a suor Agnes di far evacuare famiglie, proteggere donne e bambini, agire non da spettatrice, ma in prima linea, tra la gente e nei luoghi ad altissimo rischio. La suora è instancabile e continua a girare il mondo come portavoce dei civili innocenti: ha già raccolto tanti aiuti durante i suoi viaggi in Europa e in Australia, riuscendo ad ottenere, tra le altre cose, un'ospedale ambulante e grandi quantitativi di medicine e di generi di prima necessità.
Mentre il mondo è in attesa che le diverse parti in conflitto si siedano al tavolo della trattativa a Ginevra, una suora tenace salva quotidianamente tante vite umane, aprendo una finestra di speranza sul massacro, attraverso la strada del dialogo e della riconciliazione.

  da Zenit.org , di  Naman Tarcha 

http://www.zenit.org/it/articles/nel-buio-del-conflitto-siriano-una-suora-fa-intravedere-la-luce

venerdì 4 marzo 2016

Mons. Khazen: "effetti positivi della tregua in atto, ma basta connivenze straniere con l’Isis, lasciate liberi i siriani di decidere per loro stessi”

piazza Hamdiya trasformata in cimitero per mancanza di spazio ora soprannominata dai locali Piazza dei martiri

ZENIT, 4 marzo 2016
di Federico Cenci


Si sarebbe dovuto tenere questa settimana un tour in Italia di mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo dei latini. Il presule avrebbe partecipato ad una celebrazione quaresimale e ad una serie di conferenze per raccontare il dramma che si sta consumando in Siria, sulla pelle dei suoi abitanti, specie delle minoranze religiose come i cristiani.  Tuttavia, proprio l’improvviso rinfocolarsi di questo dramma ha costretto mons. Abou Khazen a rinunciare al suo viaggio in Italia. Per telefono egli ha annunciato che doveva annullare gli appuntamenti  perché “Aleppo non ha vie percorribili in questo momento”, in quanto “l’unica strada che collega la città al Sud è stata liberata dall’esercito regolare, ma altre sono ancora in mano alle milizie armate”. Mons. Abou Khazen ha inoltre spiegato che Aleppo è “tagliata fuori dai rifornimenti”, pertanto non possono arrivare aiuti. A qualche giorno di distanza, ZENIT lo ha contattato per sapere come si sta evolvendo la situazione e quali sono le speranze del popolo siriano riguardo i negoziati di pace che riprenderanno il 9 marzo a Ginevra.
Eccellenza, cosa sta accadendo in queste ore ad Aleppo?   In queste ore ad Aleppo la situazione è meno difficile e meno grave di qualche giorno fa. L’esercito regolare è riuscito a rompere l’assedio e liberare l’unica strada che collega Aleppo alle altre zone della Siria, che l’Isis ed al-Nusra avevano in parte occupato. Quindi ora i rifornimenti, i viveri, il carburante, ecc. stanno arrivando in città. Ma siamo ancora da sei mesi  senza elettricità e da circa due mesi anche senza acqua. E in questi giorni i bombardamenti sui quartieri civili sono diminuiti notevolmente.
Quindi la tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti positivi?   La tregua scattata sabato scorso sta producendo effetti molto positivi: ha fermato i fiumi di sangue e risparmiato morte, distruzioni e tanto dolore e sofferenze. Sta inoltre incoraggiando il processo di riconciliazione tra i siriani in varie parti della Siria, oltre ad aver dato una bella spinta ai negoziati programmati. Questa tregua sta permettendo che gli aiuti umanitari arrivino nelle zone assediate. Speriamo solo che il cessate il fuoco duri.
Ritiene, come ha recentemente detto il presidente Bashar al-Assad, che la catastrofe umanitaria in Siria sia dovuta, oltre che alla guerra, anche all’embargo imposto dai Paesi occidentali?      L’abbiamo detto dall’inizio che l’embargo imposto dai Paesi occidentali è un crimine! Tale metodo non aiuta mai, come sempre chi ne soffre e ne paga le conseguenze è solo il popolo. Tutto il popolo, ma in modo speciale i più poveri e deboli: andiamo mendicando per aiutare la popolazione e la gente che soffre la fame, mentre a causa dell’embargo centinaia di migliaia di siriani che lavorano all’estero non possono trasferire una piastra alle loro famiglie in Siria. Migliaia di studenti siriani che si specializzano all’estero devono interrompere i loro studi perché le loro famiglie non possono inviargli il denaro necessario, né il Governo pagare la borsa di studio per molti di loro. La gente soffre il freddo – ad Aleppo d’inverno si arriva a temperature al di sotto degli zero gradi – senza che si possano avere né gasolio né gas per riscaldarsi. Per non parlare della mancanza di medicine, macchinari necessari per gli ospedali, pezzi di ricambio, etc… Mi chiedo, al di là di aver prodotto questi disastri, l’embargo è forse riuscito a portare la pace e risolvere il conflitto?
È cambiato qualcosa negli ultimi cinque mesi, da quando è iniziato l’intervento russo?    In questi  ultimi cinque mesi, da quando l’intervento russo è iniziato, molte cose sono cambiate. Nei 18 mesi di intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis (condotto dagli Stati Uniti e dai loro alleati, ndr), i terroristi avevano occupato il 50% dei territori occupati. In questi ultimi 5 mesi di intervento russo, l’Isis ha perso il 20% di territorio che occupava, e anche gli altri gruppi jihadisti – ad esempio al-Nusra – perdono posizioni. L’esercito regolare è riuscito ad avanzare e a liberare molti villaggi e cittadine, permettendo così ai profughi di tornare. Soprattutto, è riuscito a fare riaprire gli edifici scolastici in questi posti e far tornare i ragazzi alla scuola dopo qualche anno di abbandono. E poi ricordo che alla Russia dobbiamo riconoscere di essersi impegnata in modo particolare per i negoziati e per la tregua.
Lei ha parlato in passato di quella in Siria come di una “guerra per procura”. Quali Paesi sarebbero coinvolti? E a quale scopo?    Il mio non è un giudizio temerario. Sono i fatti a dimostrare questa affermazione e ormai anche tutti i mass-media lo confermano. Così come lo confessano i Paesi stessi coinvolti, a partire dagli Usa, passando per alcuni Paesi europei, la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar…
A quali fatti fa riferimento?   Ciò che affermo lo si può dedurre facilmente analizzando alcuni aspetti di questa guerra: come è stato possibile che decine di migliaia di combattenti stranieri riuscissero a varcare i confini per arrivare in Siria? Chi li ha armati ed addestrati? Come ho detto prima, durante l’intervento della cosiddetta coalizione internazionale anti Isis, con a capo gli Usa, l’Isis ha occupato il 50% della Siria, ossia la metà del territorio! E aggiungo: chi sta acquistando il petrolio dall’Isis a costi ridottissimi? Chi sta comprando i tesori archeologici rubati dall’Isis in Iraq e in Siria? Gli unici che combattono l’Isis sul territorio sono i curdi e l’esercito regolare siriano. Ebbene, la Turchia sta bombardando i curdi e gli Usa non ne vogliono sapere dell’esercito regolare…
Il 9 marzo a Ginevra riprenderanno i colloqui di pace per la Siria. Qual è la vostra speranza?   Abbiamo una forte speranza. Speranza che finalmente vengano lasciati liberi i siriani di negoziare e di decidere per loro stessi, senza imporre gli interessi delle potenze regionali straniere. Questa è la condizione affinché i colloqui siano proficui. I siriani sono ormai stanchi di questa assurda guerra, più stanchi ancora dei tanti combattenti stranieri giunti in Siria per creare scompiglio e per imporre la sharia.
Secondo Lei i cristiani siriani sono destinati a un futuro lontano dalla loro terra?  Purtroppo già molti cristiani hanno lasciato la Siria e l’Iraq per cercare un futuro altrove, lontano dalla loro terra. Altri sono invece decisi a rimanere nonostante tutto. Il nostro futuro sta nelle mani del Buon Dio, che nell’Antico Testamento ha realizzato il suo piano salvifico per mezzo del Piccolo Resto rimasto o tornato dall’esilio. La Siria è l’Antiochia da dove, dopo Gerusalemme, è partito l’annuncio della Buona Novella e dove i discepoli di Gesù sono stati chiamati cristiani per la prima volta. E non credo che questo nome e questi discepoli spariranno. Continueremo a dare testimonianza in Oriente. San Paolo si è convertito alle porte di Damasco ed il Signore è capace di mandare altri Paolo.