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domenica 3 aprile 2016

Perché diciamo NO alla partizione della Siria


 Piccole Note 
2 aprile 2016

Non esiste una «soluzione militare» alla questione dell’estremismo islamico, del quale l’Isis è la rappresentazione più mostruosa: è quanto si legge in un articolato editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 2 aprile. Che spiega come un’eventuale vittoria sul piano militare contro l’Isis non basterà a chiudere la partita: «Alla sconfitta militare dello Stato islamico dovrà accompagnarsi una conferenza di pace, presenti tutte le potenze interessate, che dia vita, sulle ceneri del vecchio Iraq e della vecchia Siria, a nuove organizzazioni statali (rispettivamente dei sunniti, degli sciiti e dei curdi) e a nuovi confini.
E sapendo comunque nella futura carta geopolitica del Medio Oriente, se si formeranno, come è probabile, Stati mono-religiosi o mono-etnici, non ci sarà spazio, purtroppo, per altre minoranze, cristiani in testa. L’Europa dovrà allora accoglierli con la necessaria generosità».

Nota a margine. Panebianco ha il dono di parlare chiaro. Quello della ripartizione di Iraq e Siria secondo confini etnici o religiosi è una vecchia idea dei neocon (ne abbiamo accennato più volte). Un progetto che avrebbe dovuto compiersi per via militare, tale il motivo del sostegno delle «potenze interessate» ai vari movimenti jihadisti che hanno portato l’orrore in Iraq e Siria (e in Europa). Si parla di Arabia Saudita, Turchia, ma anche di influenti ambiti interni a Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e altri.
 L’imprevisto intervento militare russo ha fatto fallire l’opzione militare. Ora sembra si voglia provare attraverso la via diplomatica: le stesse «potenze interessate» spingeranno in tal senso al tavolo dei negoziati, almeno questa è la tesi di Panebianco.
Invero non si capisce a cosa siano davvero «interessate» tali potenze: se al petrolio sul quale galleggiano i due Stati o all’influenza che potranno avere sui micro-stati che nasceranno da tale frammentazione. 

Ma al di là, si nota lo strano rovesciamento della dottrina neocon, un tempo basata sull’idea di esportare la democrazia a suon di bombe: nel caso specifico i principi fondanti della democrazia, ovvero il rispetto della sovranità e della volontà popolare, non sono neanche presi in considerazione.
 
Val la pena, infine, ricordare come nel dicembre del 2015, l’Onu ha votato una risoluzione  nella quale ribadiva «il suo forte impegno per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale della Repubblica araba siriana». C’è un modo di arginare la follia del caos ed è quello di rispettare la legalità internazionale, della quale le Nazioni Unite dovrebbero rappresentare un punto di riferimento.

Diversa e altrettanto bizzarra la soluzione prospettata per le minoranze cristiane: si prevede una loro deportazione (soft) di massa, a prescindere dalla loro volontà e da quella delle popolazioni dei futuri (ed eventuali) micro-stati nati da tale frammentazione.
 
Tra le aspirazioni dei vari movimenti jihadisti, sostenuti, finanziati e armati dalle «potenze interessate», c’era anche questa: un Medio Oriente svuotato dalla presenza cristiana.
Tra l’altro restano fuori le altre minoranze – ad esempio agli yazidi massacrati dall’Isis – escluse dal “generoso” abbraccio europeo: le mandiamo al Polo?

http://piccolenote.ilgiornale.it/27996/quale-futuro-per-iraq-e-siria

Kerry’s Plan at Balkanising Syria

.....  Ma alcuni potrebbero non comprendere appieno le implicazioni del federalismo e di come è intrinsecamente legato alla balcanizzazione. Alcuni citano il fatto che la Russia e gli Stati Uniti sono federazioni riuscite, come prova del fatto che dalla federazione non c'è nulla da temere. Tuttavia, il punto che rende queste dichiarazioni sul federalismo così pericolose è che secondo il piano Yinon i confini di una Siria federale sarebbero tracciati lungo linee confessionali, non sul ​​fatto che uno stato possa sostenere la sua popolazione. Ciò significa che una piccola quantità di persone otterrà tutte le risorse, e il resto della popolazione della Siria sarà lasciato morire di fame. Inoltre, la Russia e gli Stati Uniti sono alcune delle più grandi nazioni del mondo così che il federalismo può avere senso per loro. In contrasto, la Siria è un piccolo Stato con risorse limitate. A differenza di Stati Uniti e Russia, la Siria si trova in Medio Oriente, il che significa che l'acqua è limitata. Nonostante il fatto che la Siria è nella cosiddetta mezzaluna fertile, la Siria ha subito massicce siccità da quando la Turchia ha prosciugato  i fiumi che scorrono in Siria e Iraq. Le risorse idriche della Siria devono essere razionate tra i suoi 23 milioni di persone. In Medio Oriente, le guerre sono anche lotte per l'acqua .  Le aree che il piano Yinon intende ritagliarsi della Siria, sono le zone costiere di Latakia e della regione di Al Hasake. Si tratta di aree in cui si trovano  notevoli quantità di risorse di acqua, agricoltura e olio. L'intenzione è quella di lasciare la maggioranza della popolazione siriana senza uno sbocco sul mare e creare una situazione in cui la guerra perpetua tra siriani divisi è inevitabile.  Ironicamente i promotori del Piano Yinon cercano di dipingere il federalismo come una strada per la pace. Tuttavia, l'Iraq che è stato spinto nel federalismo nel 2005 dall'occupazione degli Stati Uniti ora è tutt'altro che pacifico.     Molto semplicemente, 'divide et impera' è il piano.

.....  http://journal-neo.org/2016/03/29/kerry-s-plan-at-balkanising-syria/

giovedì 31 marzo 2016

L’attentato in Pakistan e la liberazione di Palmira

Piccole Note,
30 marzo 2016

Il feroce attentato in Pakistan, che ha causato 72 vittime innocenti, ha oscurato la notizia della conquista di Palmira ad opera delle forze di Damasco. È proprio quanto si riproponevano gli autori della strage di Pasqua, d’altronde le Agenzie del terrore conoscono a menadito le tecniche della propaganda e le sanno manipolare in maniera più che sofisticata, come hanno ampiamente dimostrato in questi anni.
Già, perché la conquista di Palmira è ormai derubricata a episodio secondario, mentre invece ha una rilevanza geopolitica di primaria importanza, sotto diversi profili.
Anzitutto strategici, perché ha dimostrato che nonostante la ritirata dei russi la controffensiva di Damasco contro le milizie jihadiste, e l’Isis in particolare, non si è affatto conclusa e anzi continua con efficacia (mentre in Iraq la fantomatica coalizione internazionale guidata dagli Usa continua a latitare).

Di immagine, perché ha strappato all’Isis una città che era diventata simbolo della barbarie identificativa di tale movimento terrorista, che attraverso l’odiosa quanto inutile distruzione delle antichità archeologiche amplificava nel mondo il suo messaggio apocalittico (altro esempio di propaganda sofisticata).

Infine, la riconquista di Palmira toglie all’Isis un ulteriore mezzo di finanziamento, dal momento che il business dei reperti archeologici, rivenduti in Occidente ha fatto entrare nelle casse dell’Agenzia del terrore e dei suoi capibastone milioni di euro (nessuno degli acquirenti di tali reperti è stato ancora identificato, nonostante le indagini in tal senso non siano affatto impossibili) .
Il fatto poi che Palmira sia stata riconquistata nel giorno di Pasqua non è affatto casuale: sarebbe potuta cadere il giorno prima o quello dopo. Invece si è scelto proprio questo giorno, per lanciare un messaggio di speranza al mondo. Da qui anche la pronta reazione delle forze del caos in Pakistan, che anzitutto vogliono annichilire la speranza.

Aver lasciato ad Assad il merito della liberazione della città è stato un capolavoro tattico di Putin: rafforza il presidente siriano sia in patria che all’estero, favorendo così la chiusura dei negoziati di Ginevra, Questi, infatti, potranno avere un esito positivo solo se i suoi avversari internazionali capiranno che lo spazio per un regime-change in Siria si è definitivamente chiuso.
Il fatto che la conquista di Palmira sia avvenuta poco dopo gli attentati di Bruxelles indica chi davvero sta contrastando l’Agenzia del terrore, nonostante tanta narrativa occidentale tesa a dipingere Assad e Putin come dittatori sanguinari, figure pericolose per la pace del mondo.

L’Isis, e chi lo supporta a livello internazionale, sa invece perfettamente chi sono i suoi veri avversari. Tanto che con la bomba in Pakistan ha inteso inviare un ulteriore segnale: il terrorismo può colpire in Asia e dilagare fino ai confini della Russia. Un progetto che le agenzie del terrore coltivano da tempo .

Non solo: il tentativo di far dilagare il caos in Pakistan punta anche a destabilizzare il governo di Nawaz Sharif, che sta tentando di chiudere il decennale contrasto con l’India attraverso la mediazione russa. Una riconciliazione necessaria per restringere gli spazi di manovra alle forze del caos nel cuore dell’Asia.
In tutto questo, e nonostante tutto questo, le cancellerie occidentali continuano a considerare Mosca un nemico più che un partner indispensabile per porre un argine al terrore globale. Una scelta folle, che condanna l’Europa a dispiegare un’azione di contrasto al terrorismo totalmente inadeguata.
Urgono correttivi, ma l’élite europea (culturale, economica e politica) da tempo ha dimostrato una scarsa propensione alla lungimiranza. 
Del simbolismo esoterico della strage di Pasqua  potete leggere  qui.

http://piccolenote.ilgiornale.it/27950/lattentato-in-pakistan-e-la-liberazione-di-palmira


PALMIRA LIBERATA MA NON È MERITO DELL’OCCIDENTE

Danni gravissimi con stime di almeno 5 anni per ristrutturare quanto è stato distrutto secondo Maamoun Abdelkarim, responsabile per le antichità e i musei siriani.

di Gianandrea Gaiani 
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La liberazione di Palmira rappresenta lo specchio più nitido dell’ambiguità dell’Occidente, incapace o privo della volontà di combattere davvero lo Stato Islamico e prono di fronte alle pretese dei regimi islamisti di Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti pretenderebbero di sostituire il regime di Assad con la dittatura della sharia.
Neppure i rapporti stilati negli ultimi dieci anni da diversi servizi d’intelligence (e resi noti da Wikileaks) che denunciano la massiccia infiltrazione di imam Salafiti in Europa ad opera dei sauditi (o dei Fratelli Musulmani finanziati da turchi e Qatar) ha indotto le cancellerie europee ad aprire gli occhi sulla natura di alcuni “alleati”.....

.... leggi l'articolo completo qui : 

martedì 29 marzo 2016

La tragedia dei cristiani uccisi in Oriente


Cari fratelli e sorelle, ieri, nel Pakistan centrale, la Santa Pasqua è stata insanguinata da un esecrabile attentato, che ha fatto strage di tante persone innocenti, per la maggior parte famiglie della minoranza cristiana – specialmente donne e bambini – raccolte in un parco pubblico per trascorrere nella gioia la festività pasquale. 
Desidero manifestare la mia vicinanza a quanti sono stati colpiti da questo crimine vile e insensato, e invito a pregare il Signore per le numerose vittime e per i loro cari. Faccio appello alle Autorità civili e a tutte le componenti sociali di quella Nazione, perché compiano ogni sforzo per ridare sicurezza e serenità alla popolazione e, in particolare, alle minoranze religiose più vulnerabili. 
Ripeto ancora una volta che la violenza e l’odio omicida conducono solamente al dolore e alla distruzione; il rispetto e la fraternità sono l’unica via per giungere alla pace. La Pasqua del Signore susciti in noi, in modo ancora più forte, la preghiera a Dio affinché si fermino le mani dei violenti, che seminano terrore e morte, e nel mondo possano regnare l’amore, la giustizia e la riconciliazione. 
 Papa Francesco, al Regina Coeli del 28 marzo

La lezione di speranza dal dramma dei nuovi martiri

I nuovi martiri ci invitano a guardare al Crocifisso per trovare rinnovata speranza a livello personale, ecclesiale e sociale. La loro vicenda infatti, come ogni testimonianza autentica, possiede un’imponente dimensione pubblica, culturale e sociale, che attende ancora di essere raccolta e adeguatamente valorizzata. Con la sua stessa esistenza il martire denuncia il culto della violenza che si è diffuso in ampie parti del Medio Oriente e di cui oggi si raccolgono i tragici frutti. Ma soprattutto smaschera la contro-testimonianza dell’uomo bomba.

Il jihadista che pensa di poter imporre la «sua verità» attraverso la sofferenza delle sue vittime è l’opposto del martire, è l’anti-martire. I martiri non sono andati a cercarsi la loro fine, ma nel momento della scelta non hanno avuto esitazioni: hanno creduto che il male non ha l’ultima parola. Ed è a questa certezza che noi ora abbiamo così bisogno d’attingere. Nel frastuono di commenti sui dolorosi fatti di Bruxelles, sono ancora queste umili voci a dirci la parola più vera.
Angelo Scola,  Arcivescovo di Milano 

sabato 26 marzo 2016

Cos'è questa Speranza che voi proclamate?

Ai nostri lettori e amici auguriamo buona e Santa Pasqua, 
riproponendo la lettera dei fratelli Maristi di Aleppo


La forza invincibile della compagnia di Gesù è la vittoria possibile oggi, in ogni circostanza.
"Oggi è la festa della nostra Speranza" 
( papa Francesco, omelia della veglia pasquale)
Christus vincit!

“Cristo risorto indica sentieri di speranza alla cara Siria, Paese dilaniato da un lungo conflitto, con il suo triste corteo di distruzione, morte, disprezzo del diritto umanitario e disfacimento della convivenza civile. Alla potenza del Signore risorto  affidiamo i colloqui in corso, affinché con la buona volontà e la collaborazione di tutti si possano raccogliere frutti di pace e avviare la costruzione di una società fraterna, rispettosa della dignità e dei diritti di ogni cittadino”. (Papa Francesco Urbi et Orbi Pasqua 2016)


Lettera da Aleppo n° 25
dai Maristi Blu,
13 marzo 2016


Fa bel tempo in questa domenica mattina di marzo, un cielo blu, un sole radioso che riscalda: il cessate il fuoco entrato in vigore da due settimane ha spinto la gente all'ottimismo .
Nei primi giorni esso è stato rispettato: il cinguettio degli uccelli al risveglio ha sostituito il rumore delle bombe. L' elettricità e l'acqua sono ritornate per due giorni, dopo un'interruzione totale di parecchi mesi. Gli abitanti di Aleppo hanno trascorso notti bianche a fare il bucato, farsi un bagno, a riempire i serbatoi di acqua per la paura che l'approvvigionamento di acqua e di elettricità sia solo temporaneo come già è successo più volte nel passato . Purtroppo la ripresa non è durata che pochi giorni. Poi i cecchini hanno ripreso il loro sporco lavoro uccidendo civili innocenti . Poi i colpi di mortaio hanno ricominciato a piovere su alcuni quartieri, il gruppo terrorista che tiene la parte est della città non essendo interessato alla tregua. L'approvvigionamento di acqua e di elettricità è stato di nuovo interrotto. Anche se dovrebbe essere ripristinato, gli aleppini sanno che il regime di razionamento ricomincerà, l'acqua verrà erogata un giorno alla settimana e l'elettricità due ore al giorno. Malgrado tutto, questa mattina, tutti hanno il sorriso sulle labbra e la speranza nel cuore.

In questi ultimi tempi, gli avvenimenti si sono susseguiti: l'esodo dei Siriani a centinaia di migliaia verso l'Europa che causa tensioni tra i paesi europei e tra gli abitanti di uno stesso paese; l'offensiva dell'armata siriana nel governatorato di Aleppo per liberare la nostra città assediata da tre anni e mezzo dal gruppo terrorista al Nusra; il cessate il fuoco proclamato, ma non sempre rispettato, in vigore da 15 giorni: esso riguarda lo Stato siriano e un centinaio di gruppi ribelli ma non i due principali considerati unanimemente come terroristi; il taglio dell'unica strada ( attaccata dai gruppi armati ) che collega Aleppo al resto del paese per la durata di otto giorni ha avuto come conseguenza l'interruzione dell'approvvigionamento della città dei prodotti essenziali, e ciò a pochi giorni dal triste quinto anniversario dell'inizio della guerra in Siria.

Questo è l'inizio della fine dell'incubo? Il cessate il fuoco è il preludio a una soluzione politica prossima? I paesi occidentali, sommersi dai milioni di rifugiati, hanno deciso di accelerare la soluzione politica per fermare il flusso migratorio? Ci lasceranno finalmente vivere di nuovo in pace tra noi, siriani, come l'abbiamo fatto per secoli? Bisogna essere ottimisti e sperare, o realisti e aspettare? Queste domande, per il momento senza risposte, i siriani in generale e gli aleppini in particolare se le pongono per tutto il giorno.

Nel frattempo, noi, i Maristi blu, continuiamo il nostro lavoro di solidarietà con le famiglie sfollate e/o senza risorse. Rami, uno dei nostri volontari, mi domandava l'altro giorno: “ perché voi insistete a dire che noi siamo un'associazione di solidarietà e non un organismo umanitario?” La risposta è ovvia. Per noi, Maristi blu, i beneficiari non sono dei numeri su degli elenchi; essi non sono esseri virtuali da sfamare, da accogliere e da curare; essi hanno un nome. Dietro ad ogni nome, c'è un volto, c'è una persona umana con il suo passato, spesso infelice o in lutto, con i suoi drammi, le sue sofferenze, i suoi sogni spezzati, il suo futuro ipotecato; una persona che ha anche dei desideri e dei progetti. Noi vogliamo stabilire con loro un rapporto che permetta ad essi di mantenere, nonostante tutto, la loro dignità, la loro umanità ed una certa speranza.

La famiglia di S.B. non è un numero. Ha ricevuto, un mese fa, una granata nel suo appartamento; Soubhi ha avuto una frattura del cranio e del braccio ed ha perduto il suo naso. Sua moglie Gina ha perduto gli occhi e le palpebre e tutte le ossa del viso: questo non è che un magma di carne bruciata; e il loro figlio è stato ucciso sul colpo.

La famiglia H.R. non è solamente una “beneficiaria”. Essa ha un passato doloroso, un presente troppo difficile e un avvenire incerto. La mamma Lina e i suoi nove figli, sfollati e sistemati in una carcassa di palazzo, dentro una camera senza muri e senza sanitari, sono delle persone umane. Il marito è scomparso da mesi. Per sopravvivere, i figli più grandi raccolgono la plastica e il cartone per venderli per il riciclaggio e i più piccoli raccolgono il pane dai bidoni della spazzatura per seccarlo e venderlo come alimento per il bestiame.

M.K., vedova, madre di cinque figli, due volte sfollata, il marito ucciso da un cecchino all'inizio della guerra, una delle sue due figlie morta un anno fa a seguito dell'esplosione di una granata, un figlio studente in medicina che cerca faticosamente di studiare nella cantina in cui abitano. M. o sua figlia vengono a piedi tutti i giorni a casa nostra (due ore per andata e ritorno ) per prendere un pasto caldo per la famiglia. Forse che M. è solo un numero sulla lista dei beneficiari del pasto di mezzogiorno? Non ha forse bisogno che la si guardi con amore, che la si ascolti con rispetto e che la si accompagni con discrezione?

Questi sono alcuni esempi, tra molti altri, dei drammi vissuti dalle famiglie sfollate e/o senza risorse che sono supportate dai Maristi blu.

I nostri diversi progetti continuano e si sviluppano

Abbiamo creato un nuovo “ Paniere” per 244 nuove famiglie che abbiamo accettato di prendere in carico su richiesta di un'associazione che non ha più i mezzi per proseguire la sua attività. In totale sono 800 famiglie sfollate che ricevono un aiuto mensile: un cesto alimentare sostanzioso, un cesto sanitario completo, e recentemente il costo per un abbonamento mensile a “1 AMPERE” presso i generatori privati che sono spuntati ovunque in città per supplire l'elettricità “ufficiale” che non è più fornita. Per Pasqua, ogni famiglia riceverà un buono per l'acquisto di un chilo di carne, genere diventato talmente costoso che le nostre famiglie non possono pagarlo.

I Maristi blu per l'alloggio degli sfollati” prosegue il suo aiuto per ospitare le famiglie in piccoli appartamenti: 150 famiglie sono già state soccorse, alcune da tre anni.
Vestiti, materassi, coperte, taniche di acqua e utensili da cucina sono forniti su richiesta quando c'è un bisogno. Un pasto caldo è distribuito tutti i mezzogiorno a 550 persone.

L'interruzione totale dell'approvvigionamento di acqua ci ha spinto a comprare un quarto furgone. Dotati di un serbatoio, di un piccolo generatore, di una pompa e un tubo, fanno il pieno del loro serbatoio di acqua alle centinaia di pozzi artesiani un po' ovunque in città e poi vanno a percorrere la città per riempire i serbatoi di 250 a 500 litri che abbiamo fornito alle nostre famiglie, Questo progetto, “Ho sete” è molto apprezzato dalle famiglie.

La disoccupazione, l'aumento vertiginoso del costo della vita e gli spostamenti fanno sì che la maggior parte degli aleppini non abbia più i mezzi per curarsi. Con il progetto medico dei Maristi blu aiutiamo le famiglie a comperare una ricetta, a pagare il costo delle radiografie o degli esami di laboratorio, a pagare le spese dell'ospedalizzazione per un trattamento o per una operazione chirurgica: un centinaio di cure mediche sono finanziate ogni mese da noi.

Il nostro programma “Civili feriti di guerra”, grazie al volontariato di medici e chirurghi e alla cooperazione delle suore di San Giuseppe dell'Apparizione, continua a curare gratis i civili feriti di guerra nell'ospedale Saint Louis.

Il nostro progetto “ Goccia di latte”, distribuisce ogni mese del latte in polvere a 2700 bambini da 1 a 10 anni e del latte per neonati a 275 bebè di meno di un anno che non sono allattati al seno dalle loro mamme. Presto inizieremo un nuovo progetto “I Maristi blu per l'eliminazione dell'analfabetismo”. Di fatto, avevamo constatato che gli adulti di molte famiglie sfollate non sapevano né leggere né scrivere, Questo progetto permetterà loro di sfruttare questo periodo di guerra, di disoccupazione, di vuoto, per il proprio sviluppo.
“Imparare a crescere” per i bambini da tre a sei anni; “ Voglio imparare” per i bambini da 6 a 13 anni e Skill School per gli adolescenti, proseguono il loro percorso con un numero sempre maggiore di richieste di iscrizione da parte dei genitori o dei giovani.

Quanto al nostro centro di formazione, il MIT,  i suoi seminari sono molto apprezzati. Purtroppo non possiamo accettare che 20 candidati su 50- 60 richieste di iscrizione per ogni workshop. Ne facciamo due al mese, della durata di tre giorni, destinati a giovani adulti da venti a quarant'anni per consentire loro di acquisire delle conoscenze e su vari argomenti, come, recentemente, “ come realizzare un PowerPoint ... Come utilizzare il programma Excel ... Come valutare il rendimento di un progetto” , eccetera.

La nostra equipe di direzione, i nostri 50 volontari, i nostri dipendenti, i medici, in breve tutti i Maristi blu lavorano alacremente perché tutti questi progetti siano pensati, pianificati, guidati ed eseguiti nel miglior modo possibile: in una maniera Marista. Vale a dire: conoscere “ i beneficiari”, trattarli sempre con rispetto e amore, ascoltarli nel bisogno ed essere per loro una fonte di speranza. Noi vi dobbiamo molto, cari amici, che ci sostenete con i vostri messaggi di solidarietà, le vostre preghiere e le vostre donazioni.

Presto festeggeremo la Pasqua, la festa della resurrezione, la festa della Speranza. Rami, ancora lui, mi ha interrogato dicendomi: che cos'è questa speranza che voi proclamate mentre noi viviamo da cinque anni nel buio più completo? Gli ho risposto: per noi, i Maristi blu,
“ Sperare è rimanere attaccato quando tutto trema
è accettare il rischio quando tutto è consegnato.
È proporre una presenza quando tutto è non-senso.
Sperare è rimanere abitato dall'amore,
nutrito dalla tenerezza,
animato dalla pace.
Sperare è andare avanti quando tutto sembra bloccato
quando tutto sembra finito
quando tutto è condannato.
È vivere al limite, alla frontiera, all'estremo
di una scelta essenziale:
“ Non temere niente,
Io ti porto nel palmo della mia mano
Io faccio di te il mio amico”.

Sperare è dire Magnificat
Tu sei nella mia vita
e io sono nella tua
un eterno poema di Amore.
È la Speranza che ci aiuta a superarci nel dono e nella dedizione, ad amare di più di quanto potessimo immaginare, a credere con tutto il nostro cuore e non solamente con tutta la nostra ragione.

La Speranza vuol dire che Gesù che si è incarnato e morto sulla croce per noi, è risuscitato, ed Egli vive in noi.

Dopo la sua resurrezione, Gesù mandò a dire ai suoi discepoli che lo attendessero in Galilea. I discepoli erano tristi e disperati perché Gesù era morto. Essi avevano perduto ogni speranza. Il loro appuntamento in Galilea, con Gesù resuscitato, ha dato loro la Speranza. Hanno saputo che dopo la morte c'è la resurrezione, e dopo le tenebre ci sarà la luce”.

Buona Pasqua!
Nabil Antaki
per i Maristi Blu

E' possibile sostenere uno dei progetti dei Maristi Blu di Aleppo inviando il contributo a  AIULAS-Aiutiamo la Siria :  http://www.aiulas.org/i-nostri-progetti-1/gasolio-per-aleppo/

venerdì 25 marzo 2016

Siria: «È come un Calvario in attesa di Pasqua»

Monsignor Vasil'di ritorno dalla Siria : "Una sofferenza che però porta in sé speranza della risurrezione"

Vescovi Cattolici di Siria

Terrasanta.net

di Carlo Giorgi | 23 marzo 2016

«Pochi sanno che tre delle quattro suore di Madre Teresa trucidate in Yemen, avevano svolto un lungo 
servizio in Siria. A Damasco ho incontrato le loro consorelle e ricordo bene le loro parole. Mi hanno ricordato il loro impegno per i siriani nonostante le difficoltà e, anzi, contro ogni speranza…». 
L’arcivescovo Cyril Vasil’, segretario della Congregazione per le Chiese orientali, è appena tornato dalla Siria dove si è recato per incontrare, prima della Pasqua, i cattolici locali. 
Il 17 marzo ha partecipato all’Assemblea dei vescovi cattolici di Siria, nella città costiera di Tartus. Nei giorni precedenti però si è recato, grazie a una scorta militare, a Damasco, nelle città di Saydnaya e Yabrud; riuscendo a visitare anche il monastero di Mar Musa, del cui fondatore, padre Paolo Dall’Oglio, rapito dai fondamentalisti nel 2013, non si hanno purtroppo ancora notizie.
«Il Papa parla sempre de “la mia amata Siria” e anche il prefetto della Congregazione delle Chiese orientali, il cardinal Leonardo Sandri, è sempre in contatto con clero e vescovi del posto – spiega mons. Vasil’ –. Così il mio viaggio è stato solo la conferma di questa attenzione della Santa Sede per i cristiani siriani.
Oltre ai vescovi, ho potuto incontrare sacerdoti, religiosi e laici. Ho trovato molto interessante poter parlare coi sacerdoti dei problemi pastorali in questa situazione di guerra: ad esempio, i pastori della diocesi di Bosra e Horan, a sud di Damasco, guidano piccole parrocchie di una zona abbastanza povera. Molti loro fedeli per via della guerra sono andati all’estero o si sono rifugiati nelle grandi città. Questo li pone in una situazione del tutto nuova».
Qual è l’atteggiamento dei cristiani oggi in Siria? Nella comunità cristiana convivono due desideri contrastanti. Da una parte c’è il desiderio di rimanere e continuare a vivere in patria nel modo più normale possibile. Dall’altra non si può negare che c’è una tendenza allo scoraggiamento. Si fatica a trovare una prospettiva per il futuro, non solo a causa delle persecuzioni dirette, ma anche per una situazione di tensione nei confronti dei cristiani che perdura da molto tempo. Così i cristiani sono portati a emigrare. Si tratta di due tendenze presenti in tutte le comunità parrocchiali, diocesane e nelle famiglie stesse… Spesso gli anziani preferiscono rimanere, ma al tempo stesso desiderano un futuro per i loro figli. Questo provoca grande sofferenza.
I cristiani siriani vedono la convivenza con i musulmani ancora possibile? Ci sperano ancora perché nel recente passato non hanno mai avuto difficoltà di convivenza con i musulmani; anzi, la società siriana è stata contrassegnata da una fraterna e pacifica convivenza. Adesso una radicalizzazione del fondamentalismo islamico, spesso di radice straniera, ferisce questo tessuto. L’equilibrio di un tempo è danneggiato e purtroppo è difficile dire cosa avverrà in futuro.
Che impressione generale del Paese ha riportato? Gli effetti della tregua in atto si vedono? Ero stato in Siria anche un anno fa e ricordo che sopra Damasco sentivo continue esplosioni, mentre in cielo sfrecciavano aerei militari. Questa volta sono stato in zone sotto il controllo del governo centrale e tutto mi è sembrato sicuro e pacifico. Anche per la tregua, che sembra reggere, non ho visto alcun tipo di ostilità. La vita nelle grandi città sembra normale, se non fosse per i continui check-point della polizia e dell’esercito. Certamente la situazione non è così nelle zone in cui il conflitto è vivo. Non ho potuto verificare di persona, ma la testimonianza delle persone che vengono da zone periferiche conferma che la situazione è molto precaria sia per aspetti umanitari come cibo, acqua e corrente elettrica, sia per il pericolo immediato di essere feriti o rapiti anche dalla criminalità comune.
Mar Musa, il monastero di padre Paolo Dall’Oglio, è ancora abitato? 
Sì. Questa volta ho potuto visitare anche fisicamente il monastero di Mar Musa, dove mi ero recato diverse volte anche prima della guerra. I monaci e le monache sono ancora presenti e svolgono la loro attività nella vicina cittadina di Nebeq. Ho potuto incontrarli assieme agli altri religiosi siriani.
Via Crucis a Homs
I cattolici siriani quest’anno riusciranno a celebrare la Pasqua? 
Nelle grandi città, dove c’è libertà di culto e tranquillità, spero che il triduo si riesca a celebrare normalmente. Ricorderò sempre una frase che mi disse lo scorso anno il parroco della cattedrale siro-cattolica di Homs. Erano appena finiti i combattimenti e si cercava un luogo in città dove fare la via crucis. “Dove farla? Un luogo vale l’altro - diceva il parroco - tutto qui è un calvario”. All’epoca era tutto segnato da quella sofferenza che ricorderemo in questi giorni.
Una sofferenza che però porta in sé speranza della risurrezione. Una risurrezione che vogliamo per la Siria, per l’intera nazione e per i cristiani in modo particolare.

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=8229&wi_codseq=%20%20%20%20%20%20&language=it



Fra Ibrahim da Aleppo: La Pasqua è pace e misericordia per una comunità ferita dalla guerra

AsiaNews, 25 marzo 2016

La comunità cristiana di Aleppo si avvicina alla Pasqua “preparando le liturgie”, abbellendo le chiese “con fiori e addobbi preparati dai giovani; stiamo cercando di coinvolgere tutti i fedeli, soprattutto quanti hanno sofferto, persone che hanno avuto dei morti, famiglie spezzate che abbiamo cercato di curare dal punto di vista materiale, psicologico e spirituale”. È una festa all’insegna della pace, della misericordia e della riconciliazione quella che si apprestano a vivere i cristiani di Aleppo, città martoriata da cinque anni di sanguinoso conflitto.
Come racconta ad AsiaNews p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della parrocchia latina di Aleppo, la “fragile tregua” nel conflitto siriano, che “funziona in parte”, ha permesso alla gente “di respirare, infondendo una nuova speranza”. Dopo mesi è tornata l’elettricità e anche sul fronte dell’acqua la situazione è migliorata, e questo ha portato sollievo fra gli abitanti.
Nel periodo di Quaresima e nella Settimana Santa la parrocchia ha coinvolto “bambini e giovani” nell’organizzazione delle celebrazioni: “Ieri hanno preparato l'adorazione - racconta p. Ibrahim - e i più piccoli hanno seguito con attenzione il gesto della lavanda dei piedi fatta dal vescovo. Un rito che insegna loro il senso dell’autorità e il valore della responsabilità”. Sempre ieri si è svolta una processione, con i bambini “contentissimi” nel “portare le candele”. Un gesto che hanno compiuto anche “in occasione della festa delle Palme. Oggi celebreremo la Via Crucis - aggiunge - mentre domani ci saranno i battesimi, per far sentire anche i bambini partecipi delle iniziative della comunità”. 
Per rendere ancora più gioiosa la festa di giovani e piccoli, fra quanti hanno sofferto di più per la guerra, la parrocchia ha deciso di distribuire dolci e alimenti legati alla festa: “Due settimane fa - sottolinea il sacerdote - abbiamo realizzato che nelle case non ci sono cioccolatini, uova, carne. Per questo abbiamo organizzato una piccola festa nella sala parrocchiale, in cui verrà riservato un angolo ai bambini per dipingere le uova e preparare gli addobbi, sotto la guida attenta degli scout”. 
Nell’anno della Misericordia, anche la comunità di Aleppo ha voluto insistere sull’importanza del sacramento della riconciliazione: “I fedeli - spiega p. Ibrahim - si sentono chiamati a tornare ad attingere alla fonte della misericordia, accostarsi alla lavanda dei piedi, l’adorazione e le confessioni. A ogni funzione le chiese sono gremite di fedeli”. 
Certo, prosegue, i fedeli “aspettano tempi migliori” ma “sono pieni di gratitudine” per quanto è stato fatto. “La gente da sola non riesce a sostenersi - prosegue - perché manca il lavoro, i prezzi sono alti, non sempre vi è l’elettricità. Il sostegno che ha dato la Chiesa in questi mesi è immenso e loro ce ne sono grati, lo vedono come segno e gesto di misericordia. Fra le molte iniziative vi sono la riparazione di case danneggiate dalla guerra, il pagamento di debiti bancari, la distribuzione di cibo, cisterne di acqua, etc… tutte cose rese possibili grazie all’impegno della Chiesa e il contributo di molti benefattori”. 
In queste settimane il vicariato latino di Aleppo ha insistito sul fatto che è necessario coinvolgere i fedeli nella preparazione delle feste, per far comprendere il valore del sacrificio, della partecipazione. Per questo durante la Quaresima i parrocchiani “hanno visitato anziani e malati, messo da parte piccoli quantitativi di denaro e altri beni, per offrirli ai più poveri”, all’insegna dello slogan: “C’è sempre un piatto, un oggetto o un bene in più da donare. Tutti, anche i poveri, devono essere partecipi e donare a chi è ancora più povero”. 
Lo scorso 21 marzo si è celebrata la festa della mamma. Per l’occasione i giovani hanno distribuito più di 200 pacchi di dolci alle madri del quartiere. Mamme che vivono da sole perché i figli sono scappati e il marito non c’è, e poi le vedove, alcune delle quali giovani e con figli. Una distribuzione che ha coinvolto tutte le mamme, senza distinzioni fra cristiane e musulmane perché “la mamma è di tutti” afferma il sacerdote. 
Domenica, infine, è prevista la solenne celebrazione presieduta dal vicario apostolico dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, alla quale parteciperà l’intera comunità, cui seguirà il tradizionale scambio di auguri. Il giorno successivo, dopo alcuni anni in cui l’iniziativa era “sospesa per via della guerra”, le classi del catechismo e le loro famiglie (600 persone) andranno al Collegio di Terra Santa, dove vi è “un grande spiazzo all’aperto in cui si celebrerà la messa; poi un pranzo al sacco in comune”. La guerra, la crisi, hanno “distrutto molte famiglie e persone”, conclude p. Ibrahim, ma al contempo “hanno fatto tornare tante famiglie al Padre, alla Chiesa, al valore della misericordia. Ha risvegliato in loro qualcosa di dimenticato e abbandonato, per questo godiamo di questa gioia e siamo contenti di vivere la comunione e la testimonianza”

giovedì 24 marzo 2016

Alle origini della Chiesa: Dura-Europos - Syria, la chiesa più antica al mondo

GIOVEDI' SANTO 2016

Questo potrebbe non sembrare granchè, ma aspetta di vedere quello che hanno trovato all'interno...


Doura Europos è un'antica città della Mesopotamia, situata oggi in Siria (in prossimità del villaggio di Salhiyah), fondata da Seleuco  Nicatore (attorno al 300 a.C.), sulla riva destra del fiume Eufrate. Antico insediamento semitico, divenne parte dell'impero macedone sotto i seleucidi, che le diedero il nome della loro città di origine, Europo

Doura Europos era una grande città  carovaniera molto legata alla vicina Palmyra.


Situata in Dura-Europos,  nota oggi semplicemente come la "casa-chiesa Dura-Europos.", si ritiene che sia stata costruita intorno all'anno 229 come abitazione e che abbia iniziato ad essere usata come chiesa tra l'AD 233 e 256. Ciò significa che risale circa a 1782 anni fa.
Come si può vedere dalla foto, solo poche pareti sono rimaste. Il sito è stato scavato dagli archeologi nei primi anni del 20° secolo, e gli studiosi hanno scoperto alcune cose molto interessanti.

Prima di tutto, hanno trovato frammenti di pergamene con le preghiere eucaristiche che sono legate al testo della Didachè  (un testo precoce extra-biblico cristiano risalente al 1° secolo).

Ma la cosa più sorprendente: la chiesa aveva affreschi incredibili nella zona adibita a battistero (dove avrebbero celebrato i battesimi). 
Queste sono alcune delle più antiche immagini cristiane del mondo.


Cristo Buon Pastore
la donna samaritana al pozzo

Cristo e Pietro camminano sulle acque
rappresentazione del racconto evangelico
della guarigione del paralitico


le donne al sepocro









https://churchpop.com/2015/06/22/behold-the-oldest-church-in-the-world


Si avvicina la Colletta del Venerdì Santo, lo strumento attraverso il quale, ogni anno, la Chiesa sostiene le comunità cristiane che con fatica e coraggio abitano i luoghi della vita, morte e Resurrezione di Gesù

LA COLLETTA DEL VENERDÌ SANTO, SOSTEGNO ALLE PIETRE VIVE

     leggi qui:      http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=8120&wi_codseq=%20%20%20%20%20%20&language=it

domenica 20 marzo 2016

I Vescovi siriani: lavorare per una pace vera, non falsa diplomazia

icona dei misteri della Settimana Santa

Mons. AUDO:  la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere.

Radio Vaticana, 18 marzo 16

R. – Prima di tutto, il fatto che c’è qualcosa a livello internazionale, anche se non so a quale risultato possa portare, per noi è già una cosa molto positiva e dà speranza. La seconda cosa importante è che qui sul terreno sentiamo che c’è un piccolo cambiamento: c’è un po’ d’acqua, di elettricità, non ci sono bombe che cadono. È una cosa un po’ nuova e anche questo dà speranza alla gente.

D. – Ma la gente continua ad andare via o sta cambiando anche questa tendenza?
R. – È una cosa che inizia, ma se non c’è un accordo chiaro, una soluzione politica, la gente comincerà di nuovo ad organizzarsi per partire.

D. – Lei ha parlato di un Paese che comunque si è svuotato per i due terzi: circa un milione di cristiani non ci sono più. Che effetto le fa vedere queste enormi folle migranti di cui si sta discutendo anche a Bruxelles?
R. – Io ho ripetuto sempre che la soluzione non sta nell’accogliere o meno queste persone, o nel chiedere alla Turchia di giocare non so quale ruolo, ma la responsabilità è di fare la pace e di aiutare la gente affinché possa tornare nei propri Paesi per vivere. Questa è la soluzione. Si deve aspettare ora una decisione politica per avere fiducia: che sia una decisione che non porti alla distruzione della Siria aiutando questi gruppi armati per interessi economici e strategici a livello internazionale e regionale. Le grandi potenze devono essere oneste con loro stesse, non fare della falsa diplomazia piangendo sulle minoranze cristiane e poi dall'altra parte fare di tutto per allontanarle dalla Siria.

D. – Ma esiste ancora ora pericolo per i cristiani come perle altre minoranze secondo lei? Pericolo di persecuzioni, di uccisioni, di pulizia etnica? Dagli Stati Uniti è arrivato questo termine duro: “genocidio”…
R. – Penso che non vi sia pericolo perché non ci sono bombardamenti. C’è meno pericolo perché forse sanno che si vuole una soluzione politica. Ma se  in Siria non c’è soluzione politica, di nuovo questa gente sarà armata e pagata e di nuovo ci sarà pericolo per le minoranze soprattutto per i cristiani.

D. – Ma il termine persecuzione è un termine ancora reale?
R. – Personalmente, quando parlo della Siria preferisco non parlare di persecuzione da parte dei musulmani contro i cristiani. Non è la vera storia dei cristiani in Siria. La causa vera è che questi gruppi armati sono incitati a attaccare i cristiani. Perché? Ci si deve chiedere il perché: per destabilizzare il Paese e dire che non c’è soluzione. Questo è il problema.



Vescovo Hindo:  la dichiarazione Usa sul 'genocidio' dei cristiani in Medio Oriente è “un'operazione geopolitica strumentale”

Agenzia Fides 18/3/2016

Hassakè – Il percorso che ha portato l'Amministrazione Usa a riconoscere come “genocidio” le violenze perpetrate dallo Stato Islamico (Daesh) sui cristiani rappresenta “una operazione geopolitica” che “strumentalizza la categoria di genocidio per i propri interessi”. 
Così l'Arcivescovo siriano Jacques Behnan Hindo, alla guida dell'arcieparchia siro cattolica di Hassakè-Nisibi, commenta per l'Agenzia Fides le dichiarazioni rilasciate ieri dal Segretario di Stato Usa John Kerry in risposta alla mobilitazione di gruppi e istituzioni che da tempo sollecitavano la leadership politica statunitense a applicare la definizione di “genocidio” alle varie forme di brutalità e oppressione consumate dai militanti dell'autoproclamato Califfato Islamico sui cristiani e su altri gruppi minoritari. 
A mio giudizio” ha affermato ieri Kerry, assecondando le richieste poste da una vasta rete di organizzazioni e sigle, “Daesh è responsabile di genocidio contro gruppi nelle aree sotto il suo controllo, compresi yazidi, cristiani e musulmani sciiti. Daesh – ha aggiunto Kerry - è genocidario per auto-definizione, per ideologia e per i fatti, in ciò che esso dice, per ciò in cui crede e per ciò che opera”.

Secondo l'Arcivescovo Hindo, che svolge la sua opera pastorale in una delle aree più travagliate della Siria nord-orientale, “la proclamazione del genocidio viene compiuta puntando i riflettori sul Daesh e censurando tutte le complicità e i processi storico-politici che hanno portato alla creazione del mostro jihadista, a partire dalla guerra fatta in Afghanistan contro i sovietici attraverso il sostegno ai gruppi armati islamisti. Si vuole cancellare con un colpo di spugna tutti gli strani fattori che hanno portato all'emersione repentina e anomala di Daesh. Mentre solo fino a poco tempo fa, c'erano addirittura pressioni turche e saudite - fatte quindi da Paesi alleati degli Usa – affinchè i jihadisti di al-Nusra prendessero le distanze dalls rete di al Qaida, in modo da poter essere classificati e magari aiutati anche dall'Occidente come 'ribelli moderati...'”
A giudizio dell'Arcivescovo siro-cattolico di Hassakè-Nisibi, la dichiarazione di “genocidio contro i cristiani” da parte dell'Amministrazione Usa rappresenta anche un tentativo di recuperare terreno, davanti all'accresciuto prestigio russo tra i popoli del Medio Oriente: “l'intervento russo in Siria” sottolinea l'Arcivescovo “ha fatto crescere l'autorevolezza di Mosca in un ampio settore dei popoli del Medio Oriente, non solo tra i cristiani. Circoli potenti negli Usa temono questo, e allora adesso giocano la carta della protezione dei cristiani. Sembra di essere tornati al XIX secolo, quando la protezione dei cristiani del Medio Oriente era anche strumento di operazioni geopolitiche per aumentare l'influenza nella regione”. 

Secondo l'Arcivescovo, intervistato dall'Agenzia Fides, è fuorviante anche presentare i cristiani come vittime esclusive o prioritarie delle violenze del Daesh: “Quei pazzi” fa notare Mons. Hindo “uccidono sciiti, alawiti e anche tutti i sunniti che non si sottomettono a loro. Dei 200mila morti del conflitto siriano, i cristiani rappresentano una parte minima. E lo ripeto, in certi casi ai cristiani viene concesso di scappare o di pagare la tassa di sottomissione, mentre per i non cristiani c'è solo la morte”.