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venerdì 19 febbraio 2016

Adesso appoggiamo Al Qaeda?



La Bussola quotidiana, 19-02-2016di Gianandrea Gaiani

Le truppe siriane e curde avanzano in tutto il nord  e Ankara perde il controllo mostrando il suo vero volto e soprattutto il suo vero ruolo nel sostenere da ormai cinque anni i movimenti armati contro il regime di Bashar Assad, inclusi quelli jihadisti.
Sembrano confermarlo i bombardamenti aerei e d’artiglieria turchi che da cinque giorni cercano di fermare l’avanzata delle milizie di difesa popolare curde (Ypg), armate e appoggiate dai russi e alleate di Damasco che stanno strappando ai qaedisti di al.-Nusra e dello Stato Islamico gli ultimi tratti di confine. Nonostante dichiari di combattere l’Isis e abbia reso noto di aver ucciso almeno 200 combattenti del Califfato nelle ultime settimane, Ankara preferisce evidentemente condividere i 900 chilometri di frontiera con la Siria con i jihadisti piuttosto che con i curdi dell’Ypg, che considera alleati dei curdi turchi del Pkk e accusa dell’attentato che mercoledì ha ucciso una trentina di soldati turchi.

L’Ypg nega ogni coinvolgimento in un attentato che sembra voler regalare al presidente Recep Tayyp Erdogan il pretesto per un “casus belli” ma del resto il timore del governo turco ha radici antiche ed è legato al rischio che venga proclamato uno Stato indipendente curdo anche se le intese tra Ypg e Damasco prevedono solo una larga autonomia. Promessa da Bashar Assad e accettata dai curdi, consapevoli che l’alternativa, cioè la caduta del regime e l’avvento al potere dei movimenti jihadisti, non li vedrebbe cancellati con l’imposizione della sharia.

I turchi, nostri alleati nella NATO, non si sono limitati ad aiutare Isis e i qaedisti del Fronte al-Nusra con i bombardamenti ma per cercare di respingere i curdi che si avvicinano alla città di confine di Azaz hanno fatto entrare in Siria tra i 500 e i 2mila combattenti islamisti che combattono sotto le bandiere di al Qaeda che a quanto pare erano ospitati in Turchia,  probabilmente nei campi di addestramento protetti dai servizi segreti di Ankara. I rinforzi jihadisti disporrebbero di armi pesanti e mezzi blindati, come riferiscono media locali, a conferma del peso rappresentato dal supporto turco.

Contemporaneamente il Califfato ha lanciato però una controffensiva contro i curdi nell’area di Ayn Issa, tra Raqqa e il confine turco a conferma dei sospetti che esista un coordinamento tra qaedisti, Isis e Turchia. La rabbia di Ankara è legata anche al fatto che i curdi stanno occupando quel settore del nord siriano, tra Marea e Jarablus in cui i turchi premono da tempo sugli alleati per poter istituire una “zona cuscinetto” protetta da una no-fly zone in cui schierare 10 mila militari e trasferire 2 milioni di profughi siriani attualmente ospitati in Turchia.


Una proposta che porterebbe la Turchia a schierare forze militari in Siria creando i presupposti per trascinare nel conflitto l’Alleanza Atlantica e che, ciò nonostante, viene oggi sostenuta con forza anche dalla Germania, ormai appiattita sulle posizioni turche nel timore che Erdogan apra le frontiere dell’Europa ad altri due milioni di profughi e immigrati clandestini. Il Cremlino ha ovviamente bocciato l’ipotesi di no-fly zone precisando  che intende continuare a colpire i “terroristi” (termine con cui Mosca definisce tutti i gruppi islamisti dell’opposizione a Bashar Assad) nell’area di Aleppo e lungo il confine turco.

Quello che dovrebbe indurre a serie riflessioni sul ruolo strategico dell’Europa non è solo il sostegno della Merkel a Erdogan che aiuta ambiguamente lo Stato Islamico oltre ad ospitare, addestrare e alimentare le forze qaediste di al-Nusra e le milizie islamiste alleate dell’Esercito della Conquista, ma soprattutto il fatto che il Consiglio europeo ha deciso di chiedere alla Russia e al regime siriano di interrompere subito gli "attacchi contro i gruppi dell'opposizione moderata, che minacciano le prospettive di pace, avvantaggiano l'Isis e provocano la crisi dei rifugiati". Espressione sibillina che non tiene ambiguamente conto della realtà. 
L’avanzata delle truppe siriane appoggiate dai russi sta travolgendo le difese dei qaedisti, delle milizie salafite, dei fratelli musulmani e dello Stato Islamico: tutti movimenti che si pongono l’obiettivo di instaurare la sharia in Siria.

Sono questi i “moderati” che l’Europa vuole salvare dalle bombe russe?  Al Consiglio d’Europa fingono di non sapere che i ribelli cosiddetti “moderati” ormai non esistono più o sono ridotti a piccole milizie di nessuna importanza militare e politica con l’esclusione  delle Forze Democratiche Siriane guidate dai curdi e appoggiate dagli USA che però non vengono attaccate dallo schieramento russo-siriano.
Allora i casi sono due: o alla Ue la politica estera continua ad essere un optional affidata a improvvisati che non sanno ciò che dicono oppure a Bruxelles qualcuno ha deciso che in Siria siamo schierati al fianco dei jihadisti, alleati di al- Qaeda e Califfato. Forse con la speranza che se li aiutiamo contro Assad smetteranno di compiere attentati a casa nostra.


mercoledì 17 febbraio 2016

AIUTATECI A RESTARE. Concluso il Progetto 'Fabbrica di Cioccolato'

la "Fabbrica di cioccolato"
.... Poi Fiorenza ha detto che l’Isis non può uccidere noi perché noi amiamo la vita, loro amano la morte, ma se noi amiamo la vita allora vogliamo viverla fino in fondo.”
“ Mi ha colpito quando Fiorenza ha raccontato che in Siria l’Isis sta distruggendo tutte le opere sante e per questo i cristiani devono fuggire. Ma i cristiani scappano anche perché l’Isis vuole far convertire le persone dalla vita alla morte e distruggere tutte le loro case. I cristiani riusciranno a respingere l’Isis così: credendo in Dio, pregando e cercando di convertire la morte alla vita.”


Questi sono due brani tratti dai testi scritti dagli alunni di una scuola di Lecco che ha invitato Fiorenza a parlare del suo viaggio in Siria e ha poi promosso una raccolta di fondi, in occasione delle feste natalizie, per questo scopo.

All'appello per sostenere il progetto di micro-credito ideato a partire dall'incontro con l'ingegner Joni Ghezzi , cooperatore salesiano aleppino oggi rifugiato a Kafroun (nella Valle dei Cristiani), hanno risposto moltissimi privati, Parrocchie, gruppi e Associazioni: nel giro di due mesi siamo riusciti a raccogliere 9.098 euro  tramite il supporto di AIULAS-Aiutiamo la Siria e la campagna promossa da Piccole Note attraverso San Callisto ONLUS.  

Abbiamo così potuto rispondere pienamente ai bisogni indicati da Joni, che aveva ricevuto un primo acconto con cui ha fatto le spese iniziali ed ora potrà completare gli acquisti necessari ad avviare il lavoro.





Joni il 7 febbraio ci scrive :
Grazie per la vostra generosità per questa piccola nostra intrapresa. Dio vi dia la salute, pace e gioia. Per l'avanzamento del progetto ho avuto qualche difficoltà nel garantire il reperimento del cioccolato e trovare i materiali dalla fabbrica, quindi mi dispiace per il ritardo, però oggi ho ricevuto la prima quantità di cioccolato. Ho comprato tutti gli stampi per cioccolatini di cui avremo bisogno, sono 163 in varie forme.  Ho anche ho comprato un primo frigorifero.  Ecco i costi: 
163 Kg di cioccolato: 1073 €  
          165 modelli : 1304 euro
          Frigo: 488 €   
Dopo queste prime spese, comprerò: .un secondo frigo.carta per imballaggio cioccolatini.attrezzature per il lavoro.generatore di energia elettrica, necessario a causa della carenza e dei frequenti tagli di corrente elettrica fornita dallo Stato.Inoltre l'affitto di un paio di locali per il lavoro.
State sicuri che i preparativi vanno avanti bene, nonostante le difficoltà con i materiali e l'elettricità, ed ho già fatto un buon cioccolato. 
Quindi grazie e pregate sempre per la Siria!




A tutti voi amici sostenitori, grazie di cuore!
Che il Signore nella sua generosità vi renda il centuplo e che questo piccolo seme di speranza sia l'inizio di un futuro migliore per la nostra coraggiosa 'amata Siria'

da Fiorenza e staff Ora pro Siria



domenica 14 febbraio 2016

APPELLO PER ALEPPO dal Vicario Apostolico mons Abou Khazen

scuola dei Gesuiti
missili sul quartiere di Sulaymaniyya



il martire cristiano Elias Abiad, uno dei 4

martire Vikene Voskergian































          Cari amici : Pace e Bene  
Vi scrivo da Aleppo dove siamo da qualche giorno sotto continui bombardamenti  sui civili causando morti, feriti e distruzione, solo la notte scorsa abbiamo avuto  nei nostri quartieri 4 quattro morti e più di quindici feriti, oltre le case e gli appartamenti danneggiati! 
Questi bombardamenti vengono effettuati dai gruppi chiamati 'opposizione moderata' e come tali difesi , protetti ed armati ma in realta'  non differiscono dagli altri JIHADISTI se non col nome solamente. 
Sembra che abbiano avuto il fuoco verde per intensificare i loro bombardamenti sui civili. Forso vogliono fare fallire i negoziati di pace?! O fare intervenire delle forze  regionali ed impedire l' esercito regolare di avanzare e liberare la regione dal terrorismo e dai Jihadisti?! 
Facciamo appello di fare cessare questi bombardamenti ed incoraggiare le parti a sedere sul tavolo delle trattative e che i siriani risolvano col dialogo i loro problemi tra di loro.  
Il Signore ci dia la sua Pace. 
Grazie e saluti.  
+Georges-Abou-Khazen Vicario Apostolico di Aleppo 

(ricevuto via mail, domenica 14 febbraio alle ore 17,50)

venerdì 12 febbraio 2016

In attesa del grande incontro tra Francesco e Kirill: il sogno del 'cessate il fuoco' e ... "tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.

Il Vescovo di Aleppo: l'incontro tra Francesco e Kirill è anche il frutto delle nostre sofferenze. E questo ci consola


Agenzia Fides 12/2/2016

“I cristiani di qui si sono accorti che le loro sofferenze non cadono nel nulla: l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill lo percepiscono come il frutto della croce che stanno vivendo. La sofferenza di tutti i cristiani del Medio Oriente porta il frutto dell'unità, e ne potrà portare anche altri. Questo per noi è una grande consolazione e ci aiuta a andare avanti, anche se dobbiamo ancora soffrire”. Così il Vescovo Georges Abou Khazen OFM, Vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, descrive all'Agenzia Fides i sentimenti che registra in questi giorni tra i cristiani della sua città, mentre le notizie sull'incontro a Cuba tra il Vescovo di Roma e il Primate della Chiesa ortodossa russa si mescolano a quelle su un possibile, imminente cessate il fuoco nei teatri di guerra siriani. 
“Qualche giorno fa” aggiunge il Vescovo francescano “un alto rappresentante del Patriarcato di Mosca ha detto esplicitamente che a rendere urgente l'incontro di Cuba è stata la comune sollecitudine per le sofferenze dei fratelli cristiani del Medio Oriente. Di questo abbiamo parlato anche nelle omelie e nei nostri incontri: i fedeli ritrovano coraggio, quando si accorgono che le loro sofferenze hanno a che vedere in maniera misteriosa con l'unità tra i fratelli separati, dove Cristo ci abbraccia e ci consola tutti”.
Il Vicario apostolico di Aleppo riporta anche le attese suscitate nella popolazione dalle notizie su un possibile, imminente cessate il fuoco imposto alle parti coinvolte nel conflitto siriano: “Per noi” dice a Fides il Vescovo Abou Khazen “sarebbe un sogno. Rimane l'incognita dei gruppi jihadisti. Sappiamo che per buona parte sono stranieri: chi li comanda? A chi rispondono? Aderiranno alla tregua?”. 
Il Vicario apostolico fornisce anche notizie di prima mano sulla situazione di Aleppo: “L'esercito regolare avanza con l'aiuto dei russi, e nei quartieri liberati ricomincia a funzionare l'acqua e la luce, riaprono le scuole. In molte situazioni si offre la possibilità di riconciliazione ai siriani che si erano legati coi gruppi di ribelli. Sono le milizie combattenti controllate da stranieri che impongono ancora le resistenza e la guerra. 
E tra la popolazione prevale apprezzamento per il ruolo giocato dai russi”.



Patriarca Laham: L'accordo sulla   Siria un passo positivo, 

ora uniti contro lo Stato islamico


Gregorio III auspica che l’accordo “possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. Egli esorta a mantenere in vita l’alleanza contro Daesh e gli altri gruppi jihadisti. Ora devono mediare “il governo siriano e la vera opposizione interna”. Solo i combattenti mercenari stranieri non vogliono la pace. Dall’incontro fra Francesco e Kirill la speranza di una Pasqua unita e fissa. 
Asianews, 12-02.2016
Una notizia “positiva”, che “tutti noi speriamo possa dare benefici al Paese e al suo popolo”. La decisione di cessare il fuoco “era già contenuta nella risoluzione Onu 2254 del dicembre scorso”, poi vi sono stati “i dialoghi, subito interrotti” di Ginevra; ora “speriamo che mettano in pratica questi propositi e lavorino per la pace”. È “felicissimo” il patriarca melchita Gregorio III Laham, che conferma “l’importanza” dell’accordo per la “fine delle ostilità” in Siria entro una settimana raggiunto nella notte da Usa e Russia, insieme ad altre 15 nazioni. Alla cessazione delle operazioni militari decisa dal Gruppo di sostegno internazionale per la Siria (Issg) sono escluse le battaglie contro i gruppi jihadisti di al Nusra e dello Stato islamico.  
....     “Per raggiungere una vera pace - prosegue Gregorio III - è necessario che si incontrino il governo siriano e la vera opposizione interna. In realtà l’opposizione è fatta di molti gruppi e schieramenti, almeno 28, ma non dobbiamo prendere in considerazione in questo panorama variegato i gruppi terroristi. Essi non devono essere parte delle discussioni”. 
L’altro aspetto “essenziale” per il patriarca melchita è che “gli aiuti arrivino a tutta la popolazione che versa in stato di bisogno”. Tuttavia, aggiunge, “i militanti in molti casi non fanno arrivare gli aiuti, ma confiscano tutto quello che arriva. Questo è successo per molto tempo a Yarmouk, dove lo Stato voleva mandare aiuti, che venivano confiscati dai miliziani”. 
Gregorio III conferma quanti affermato nei giorni scorsi dal vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, secondo cui i siriani non vogliono più la guerra, ma “sono gli stranieri a fomentarla”. In Siria operano bande di mercenari, jihadisti, estremisti e criminali comuni che trovano nel conflitto una fonte di sostentamento. “Il Paese è diventato un mercato - spiega il patriarca melchita - e i combattenti agiscono per denaro, guadagno materiale, e questa è una delle ragioni della presenza numerosa di stranieri”. 
.....

mercoledì 10 febbraio 2016

Le giravolte della Merkel e la guerra siriana e irachena


Piccole Note, 9 febbraio '16

In un articolo di oggi, la Repubblica riporta la notizia, ripresa da un’agenzia di stampa curda, che in questi giorni in Iraq l’Isis ha giustiziato trecento innocenti. «Hanno sentito avvicinarsi l’attacco delle truppe governative e i bombardamenti della coalizione a guida Usa e hanno reagito nel modo più sanguinoso», ha commentato Giampaolo Cadalanu nel suo scritto.
Riportiamo questa notizia come corollario alla nota riguardante l’indignazione di Angela Merkel riguardo i raid russi in Siria. Un po’ di indignazione per quanto fa l’Isis alle popolazioni che ha schiavizzato sarebbe quantomeno equa… ma tant’é, ne abbiamo già accennato in una Nota.

La vendetta  dell’Isis colpisce anche ad Aleppo, dove i miliziani del terrore stanno bombardando in maniera più assidua i quartieri sotto il controllo del governo, come riporta in una sua commovente missiva padre Ibrahim Alsabaghalla quale rimandiamo (inutile aggiungere parole).

Si può notare che anche in Iraq, come spiega l’articolo di Repubblica, si bombarda, e anche qui la gente fugge dalle bombe, ma in questo Paese le bombe sono della Nato e forse per questo non fanno indignare nessuno.
  Al momento l’ondata di profughi iracheni è meno consistente (e inesistente sui media per i quali sembrano importanti solo i profughi siriani), anche perché i combattimenti vanno a ralenti, ché sembra che detta coalizione non abbia alcuna fretta di liberare il Paese dal cancro del terrorismo (si attende l’evoluzione della vicenda siriana, il vero nodo della vicenda).
  Si fa notare, inoltre, che anche tra le milizie che imperversano in Iraq, tantissimi, molto più che in Siria dove incarognisce la legione straniera tirata su da turchi e sauditi, sono iracheni (ex componenti del partito Baath di Saddam).
Solo che in Siria per questo motivo vengono chiamati ribelli, in Iraq, a quanto pare, ci sono solo terroristi… bizzarrie del linguaggio…
Invece la categoria dei ribelli siriani è alquanto elastica. Abbraccia gruppi di jihadisti provenienti da mezzo mondo. E molto aperta, dal momento che miliziani di una formazione passano all’altra con facilità. Se serve propalare il terrore diventano dell’Isis, quando devono trattare passano a milizie più moderate. Come frequenti sono i passaggi di armi dall’una all’altra, come dimostrano i moderni equipaggiamenti che hanno in dotazione tutti indistintamente.
  I “ribelli” siriani in realtà sono davvero pochini, basta considerare ad esempio che, per ammissione degli stessi Stati Uniti d’America, l’ultima leva è andata malino: dei 1500 ribelli siriani previsti ne hanno tirati su solo 54, quasi tutti poi uccisi nella loro prima missione dai miliziani di al Nusra, formazione legata ad al Qaeda e, dicono anche i media mainstream quando se ne ricordano, ad Ankara.
Già, Ankara. Da tempo martella senza tregua i villaggi curdi in Siria e Iraq. Bombardamenti indiscriminati, che la Turchia propaganda come eliminazione di pericolosi terroristi. Domenica scorsa, ad esempio, hanno bombardato il villaggio di Cizre, uccidendo sessanta civili, come denuncia il blog dell’Ufficio informazioni del Kurdistan in Italia (secondo loro anche usando armi chimiche, come dimostrerebbero le foto pubblicate; chi ha cuore forte, può vedere sul loro sito).
Solo uno dei tanti bombardamenti sui civili ad opera di Ankara. Tanto che monsignor Rabban al-Qas, vescovo caldeo di Amadiya nel nord Kurdistan, ha commentato alcuni di tali raid con queste parole: «Bisogna avere il coraggio di dirlo: questo è terrorismo bello e buono!».

Ma al di là dell’indignazione della Merkel, che paga così il suo tributo al Califfo di Ankara per trattenere nei suoi confini i milioni di profughi destinati al Vecchio Continente, val la pena accennare alle incognite future.
La vicenda dei profughi, che resta una tragedia, viene usata come una clava contro i russi, nel tentativo di frenarne la campagna militare, la quale, con Aleppo ormai  praticamente accerchiata, tra poco sarà a un punto di svolta. Tante però le incognite, non solo quelle legate alle mene di sauditi e turchi per entrare direttamente in guerra (con possibile allargamento del conflitto alla Nato).
Anzitutto il problema dei profughi, che andrà aumentando con l’avanzata di russi e siriani. Più volte  gli americani e la Ue hanno chiesto alla Turchia di serrare le frontiere per chiudere i rifornimenti all’Isis.  Richiesta non accolta: troppo ampio il confine. Invece in questi giorni le ha chiuse ai profughi in fuga dai villaggi vicini ad Aleppo. E ha annunciato che creerà un campo di accoglienza alla frontiera, un modo come un altro per alimentare l’emergenza a fini anti-russi e mettere un piede in terra siriana.

  C’è il rischio che usi di questo stratagemma per creare un corridoio “umanitario” in territorio siriano per portare aiuto agli jihadisti asserragliati dentro Aleppo. Con rischi di escalation. 
D’altra parte Damasco e i suoi alleati hanno fretta di chiudere la partita, per tornare a sedersi sul tavolo dei negoziati con Aleppo ormai liberata (o conquistata secondo il punto di vista del mainstream, che annovera gli jihadisti tra i campioni della democrazia). Una fretta, però, che non giova a condurre una campagna militare cittadina, dove l’alta densità abitativa rende i civili più a rischio che altrove.
   Gli jihadisti potrebbero profittarne per tentare di aumentare al massimo le vittime civili, usando anche delle consuete strategie stragiste atte a incolpare gli avversari. Per mettere in seria difficoltà il nemico e macchiare di orrori indicibili, e per sempre, questa campagna militare.

Servirebbe una trattativa seria. Ma l’indignazione unilaterale della Merkel rischia di complicarla. Di fatto è una presa di posizione a favore di quanti hanno armato e finanziato le Agenzie del terrore, turchi e sauditi in testa, che, forti di tali appoggi, non hanno alcuna intenzione di abbandonare i propri pupilli (cosa che metterebbe subito fine al conflitto).
Non resta che sperare nella consueta ambiguità dell’Angela teutonica, usa a giravolte politiche e diplomatiche (come successo per i rifugiati, ai quali prima ha spalancato le porte e ora cerca finestre dalle quali buttarli di sotto).
http://piccolenote.ilgiornale.it/27094/le-giravolte-della-merkel-e-la-guerra-siriana-e-irachena

Vicario apostolico di Aleppo: I siriani non vogliono più la guerra, sono gli stranieri a fomentarla


AsiaNews, 10 febbraio '16

L’esercito regolare siriano, con la collaborazione dei russi, "ha iniziato la campagna di liberazione della regione di Aleppo. Fra i civili in fuga, vi sono anche combattenti del fronte dei ribelli con le loro famiglie, la gente ha paura. Ma l’obiettivo dei militari è ripulire il territorio e far rientrare i civili; e in alcune aree questo è già successo”. È quanto riferisce ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, raccontando gli ultimi sviluppi della guerra nella “capitale del nord” della Siria. “L’obiettivo è liberare la zona dai miliziani estremisti - spiega il prelato - e permettere alle persone di rientrare nelle loro case. In alcune aree hanno riaperto le scuole ed è tornata parte della fornitura di luce e acqua”. 
Secondo fonti Onu l’assedio dell’esercito ad Aleppo, un tempo hub commerciale e industriale della Siria, potrebbe privare fino a 300mila persone degli aiuti. Dal 2012 la città è divisa in due, con la zona ovest sotto il controllo di Damasco e il settore orientale ai ribelli. Le Nazioni Unite chiedono alla Turchia di aprire i confini e consentire l’ingresso di 30mila rifugiati, accampati alla frontiera. 
In una situazione di tensione, mons. Georges Abou Khazen intravede spiragli positivi: “Molti dei combattenti locali, dei guerriglieri siriani, chiedono di mettere fine alla guerra, vogliono anch’essi la riconciliazione e il dialogo con esercito e governo. Dove invece - aggiunge - vi è una prevalenza di miliziani stranieri e jihadisti, legati a potenze straniere della regione e fuori dalla regione, vincono le armi. È un dato di fatto che i locali vogliano trovare una via per il dialogo, cercando di evitare altre battaglie sanguinose per città e villaggi”. 
.....
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-di-Aleppo:-I-siriani-non-vogliono-pi%C3%B9-la-guerra,-sono-gli-stranieri-a-fomentarla-36646.html

martedì 9 febbraio 2016

Mercoledì delle ceneri, 10 febbraio, giornata mondiale di preghiera e digiuno per la Pace in Siria e in Iraq

«Pregate e digiunate affinché il Signore abbia misericordia di noi».



Aiuto alla Chiesa che Soffre promuove una giornata mondiale di preghiera e digiuno per la Pace in Siria e in Iraq, invitando tutti i cristiani del mondo ad aderire all’iniziativa che porta il titolo: 
«Porterai la loro Croce per un giorno? Nel mercoledì delle ceneri prega e digiuna per Iraq e Siria»
È possibile prendere parte alla campagna anche attraverso i social network, utilizzando gli hashtag #fastandpray #carrythecross e #AshWednesday.
imposizione delle Ceneri lunedì 8- 02-2016 ad Aleppo


«Da cinque anni ormai continuiamo a camminare nel deserto – scrive il patriarca Gregorios III – ed il vostro costante aiuto è stato per noi come la manna che il Signore ha fatto scendere dal cielo per gli Israeliti». Il patriarca pone l’accento sulla drammatica situazione in cui versano la sua comunità e l’intero popolo siriano. «Assistiamo alle atroci sofferenze dei bambini, all’agonia dei loro genitori e siamo costantemente circondati dall’odio e dalla morte. L’unico nostro desiderio è di tornare a vivere in pace».
mercolediceneriIl prelato siriano chiede a tutti i cristiani del mondo di pregare e digiunare per aiutare i loro fratelli nella fede mediorientali. «In questa Quaresima, portate la nostra Croce come Simone di Cirene ha fatto con Gesù».
Un appello cui si unisce il patriarca Sako, denunciando la sofferenza della sua comunità. «Chi poteva lasciare l’Iraq lo ha già fatto. Milioni di bambini nei campi profughi hanno fame, ma hanno soprattutto sete di futuro: vogliono una scuola ed una casa. Avete fatto tanto per noi, ora vi chiedo: pregate e digiunate perché possiamo rimanere nella nostra amata patria e perché chi l’ha già lasciata possa farvi ritorno. Così che in questa Pasqua, nella terra di Abramo, i cristiani possano finalmente, risorgere dalle ceneri».

Signore e Sovrano della mia vita, non darmi uno spirito di ozio, di curiosità, di superbia e di loquacità.
Concedi invece al tuo servo uno spirito di saggezza, di umiltà, di pazienza e di amore.
Sì, Signore e Sovrano, dammi di vedere le mie colpe e di non giudicare il mio fratello; poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli. Amin.
O Dio, sii propizio a me peccatore e abbi pietà di me.
Sì, Signore e Sovrano, dammi di vedere le mie colpe e di non giudicare il mio fratello; poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli. Amin.

domenica 7 febbraio 2016

Angelus papa Francesco domenica 7 febbraio: " Ora tutti insieme preghiamo a Maria per l'amata Siria"




"Con viva preoccupazione seguo la drammatica sorte delle popolazioni civili coinvolte nei violenti combattimenti nell'amata Siria e costrette ad abbandonare tutto per sfuggire agli orrori della guerra. Auspico che, con generosa solidarietà, si presti l’aiuto necessario per assicurare loro sopravvivenza e dignità, mentre faccio appello alla Comunità internazionale affinché non risparmi alcuno sforzo per portare con urgenza al tavolo del negoziato le parti in causa. 
Solo una soluzione politica del conflitto sarà capace di garantire un futuro di riconciliazione e di pace a quel caro e martoriato Paese, per il quale vi invito a pregare molto, anche adesso.
 Ora tutti insieme preghiamo a Maria per l'amata Siria (Ave Maria)."


 











Mentre l'esercito siriano avanza e libera  territori ai sobborghi  di Aleppo per raggiungere i confini turchi, i distretti cristiani di Aleppo ricevono una pioggia di proiettili lanciati dalle bande armate che fanno grande distruzione e vittime innocenti.



giovedì 4 febbraio 2016

#syriaconference e la risposta alla speranza del popolo siriano : la voce delle Monache Trappiste in Siria

La guerra in Siria e la tragedia delle sanzioni


Piccole Note, 3  febbraio 2016

Da Tibhirine ad Azeir. Questo l’itinerario spirituale che ha portato alcune suore trappiste in Siria, come lo racconta suor Marta, la superiora del monastero Vergine Fonte della Pace di Azeir. Ce lo racconta in una sua breve visita romana, durante la quale la incontriamo – al Santuario delle Tre Fontane – per avere notizie su quella tragedia siriana nella quale lei e le sue sorelle sono coinvolte da ormai cinque anni.

Quando avvenne il massacro dei monaci trappisti in Algeria, un eccidio controverso, attribuito gli islamisti ma sul quale si deve ancora fare luce, l’ordine cistercense si fece interpellare dall’accaduto. Fu allora che diversi fratelli e sorelle si offrirono per seguirne le orme, chiedendo di andare in Algeria. Non una sfida da raccogliere, come racconta oggi suor Marta, o una bandiera da rialzare dopo esser stata ammainata da feroci assassini. Semplicemente si trattava di seguire un itinerario cristiano avvincente che aveva fatto breccia nei cuori di tanti monaci e monache: quello di costituire una presenza cristiana nel mondo arabo, minoritaria e aperta al dialogo.

Una presenza di preghiera, ché questa è la caratteristica dei “trappisti”, abitata dalla speranza e dalla carità cristiana verso tutti. Ma le condizioni non erano favorevoli per l’Algeria, così, dopo aver scartato altre opzioni, alcune di quelle suore approdarono in Siria, in un paesino a due passi dalla frontiera con il Libano.
«Quando siamo arrivate, dieci anni fa», spiega suor Marta, «era tutto diverso: la convivenza tra islamici e cristiani era normale, un qualcosa di quotidiano che passava dalle minime cose piuttosto che un astratto dialogo culturale. Certo, il regime aveva le sue rigidità e i suoi limiti, ma grazie ad esso era possibile tale convivenza tra diversi e si viveva tranquillamente.
Si poteva ad esempio girare a qualsiasi ora senza nessun timore. C’era un profondo rispetto, aiuto reciproco, fondato sul fatto che si era tutti davanti a Dio nonostante le diversità del proprio credo. Ricordo che quando giravo per strada, per andare a fare la spesa o altro, gli autobus si fermavano a tirarti su anche al di fuori delle fermate ordinarie. Insistevano, dovevi salire per forza: “Per una benedizione”».
Un piccolo ricordo tra i tanti, che fa intravedere una stagione altra, ormai passata. Perché poi tutto è precipitato.

«Sulla Siria si è abbattuta questa immane tragedia», riprende suor Marta, «che ha fatto scorrere moltissimo sangue e che ci ha fatto scoprire un mondo nuovo, quello della disinformazione. Quando leggevo i giornali o vedevo in Tv i servizi dei media occidentali su quanto avveniva in Siria mi sentivo impotente: tutto veniva manipolato! La foto di una manifestazione pro-Assad veniva presentata come una contestazione del regime, le stragi chimiche fatte dai ribelli come eccidi delle forze governative… che, certo, avevano le loro responsabilità, ma in tutt’altra prospettiva di quella raccontata dai media.. se non fossi stata qui, non avessi visto e ascoltato da così vicino, non avrei mai immaginato si potesse arrivare a tanto».

Azeir e il suo circondario non hanno subito gli orrori del conflitto, se non in alcune circostanze e in piccola parte.
Nondimeno le strette di quanto sta avvenendo nel resto del Paese si sentono. «Non sappiamo come e quando finirà questa guerra. Quel che è certo è che la comunità internazionale non sta aiutando, anzi. Se all’inizio c’erano davvero alcuni ribelli siriani, da subito nella guerra ad Assad si sono infiltrate le  milizie straniere che hanno portato il terrore. Provengono da moltissime nazioni, cosa che ripetono le autorità e che colpisce la gente comune: hanno la consapevolezza di trovarsi nell’epicentro di una sorta di guerra mondiale, e che stanno resistendo a una pressione che proviene da mezzo mondo. “Più di centosettantasei Paesi contro di noi”, ripetono. Un’esagerazione, forse, ma non troppo».

Non che non ci sia un’opposizione siriana tra i tanti movimenti armati che circolano nel Paese, aggiunge suor Marta, ma i moderati ormai sono una presenza residuale. E la gente percepisce Assad come l’unica alternativa al caos e alla dissoluzione violenta della Siria. «Assad è un freno oggettivo al dilagare del terrore, questo è il sentimento comune basato su un fatto semplice: il Paese è talmente pieno di armi e mercenari, che un vuoto di potere di mezz’ora comporterebbe stragi e faide a non finire», spiega suor Marta.

«In questi anni si sono fatti alcuni tentativi di riconciliazione sponsorizzati dalla comunità internazionale. – aggiunge – Però sono state cose calate dall’alto: i cittadini siriani non avevano alcuna fiducia nelle figure che gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali immaginavano come nuovi dirigenti del Paese: è gente che vive all’estero, dicevano tutti, mentre qui ci ammazzano. “Fantocci”, era il termine con il quale venivano indicati. Oggi c’è una nuova possibilità, ci sono nuovi negoziati… preghiamo, speriamo, che altro possiamo fare?».

Già, la speranza. Nel luglio scorso, il suo monastero si era fatto portatore di un appello accorato perché fossero abrogate le sanzioni contro la Siria. Una esile voce ripresa, alcuni giorni fa dall’Avvenire, ovviamente senza alcun seguito. «Le sanzioni non servono a niente. Anzi. Il governo di Damasco non ne ha alcun danno, mentre stanno fiaccando la povera gente.
L’Occidente si commuove per la sorte dei profughi siriani o quando vede immagini di siriani denutriti a causa dell’assedio di alcune località, ed è giusto. 
Eppure nessuno parla del fatto che tutti i siriani si trovano da cinque anni sotto assedio da parte della comunità internazionale a causa delle sanzioni: soffrono la fame, la malattia a causa di queste. Gli adulti e i bambini muoiono per mancanza di medicine… che civiltà è quella che fa questo?».

«La speranza non si uccide solo con il fucile, ma anche con le sanzioni», continua suor Marta. «La nostra gente non solo è stata privata dei propri beni; non solo ha visto uccidere familiari e amici, ma viene depredata anche del suo futuro. Le sanzioni hanno spinto alle stelle i prezzi di tutti i beni. Senza energia, senza combustibile, privati del necessario, per la gente è impossibile intraprendere una qualsiasi attività lavorativa, tentare una pur piccola ripresa. 
E va tenuto presente che, ad aggravare la situazione, ci sono i tanti rifugiati che hanno trovato riparo all’interno del Paese: persone che hanno perso tutto e non possono far nulla per ricominciare».

«Le sanzioni non colpiscono chi è al potere», conclude suor Marta, «ma stanno abbattendo un intero popolo. O forse si vuole proprio questo: creare disperazione tra la gente per fiaccarne la resistenza e costringerla ad accettare un cambio di regime imposto dall’esterno, senza rispettare l’autodeterminazione, uno dei pilastri della democrazia».